Coronavirus, Azzolina: ‘In Cdm ipotesi scuola a distanza a settembre’

da ANSA

“E’ previsto un piano per riprendere le scuole in modalità in distanza se si riproponesse il problema virus anche in autunno?”. “E’ uno degli scenari a cui stiamo pensando”. Lo ha detto la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina rispondendo ad una domanda a Che tempo che fa. “Penso al problema atavico alle classi pollaio in cui è difficile tenere il metro di distanza. Con lo staff del Ministero lavoreremo a tutti gli scenari. Domani in Cdm discuteremo a un decreto che farà riferimento anche a questi aspetti”.

“La maggioranza prepara la fine di questo anno scolastico che non sarà perso grazie alla didattica a distanza e prepariamo anche l’inizio del prossimo”, ha proseguito Azzolina. Rispondendo poi ad un’altra domanda la titolare del Ministero dell’Istruzione ha chiarito che il governo non si è dato una data per decidere se e quando si ritornerà a scuola, “non ci siamo dati una data ma quando si ritornerà a scuola sarà perché avremo la certezza che i nostri figli, i figli degli italiani, saranno al sicuro”.

Ammessi per legge al mini esame 1,1 milioni di studenti italiani

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Ammissione maxi per esami sempre più mini. È l’effetto collaterale che l’emergenza coronavirus riserverà agli 1,1 milioni di studenti dell’ultimo anno di medie e superiori, privatisti inclusi, per effetto del decreto messo a punto dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e in arrivo sul tavolo di Palazzo Chigi. In un contesto generale che porterà tutti i loro colleghi delle classi precedenti a ottenere una promozione “per legge” anche con 2 o 3 insufficienze. Rinviando al prossimo anno scolastico la resa dei conti con i debiti da recuperare.

Maturità sempre più light

A giugno, quindi, l’ammissione alla maturità scatterà automaticamente per tutti e 510mila aspiranti maturandi. A prescindere che le scuole riaprano prima o dopo il 18 maggio: la data spartiacque scelta dal governo per decidere che tipo di esame dovranno affrontare a partire dal 17 giugno. Per quest’anno, infatti, non costituiranno requisiti obbligatori la partecipazione alle prove Invalsi, in italiano, matematica, inglese, e lo svolgimento delle ore minime di alternanza scuola-lavoro. L’esperienza “on the job” svolta nell’arco dell’ultimo triennio troverà comunque spazio in sede di colloquio orale.

L’esame sarà comunque “light” sia che si torni in classe entro il 18 maggio, sia dopo. Nel primo caso le prove rimarranno tre, due scritti e l’orale. Ma il secondo scritto (quello di indirizzo, il più temuto dai ragazzi), anziché essere uguale per tutti come il compito di italiano, verrà messo a punto dalle commissioni. tutte interne (tranne il presidente esterno). Nello scenario peggiore – e cioè che si riapra dopo quella data o non si riaprà – la maturità consisterà solo nel colloquio, che in caso di epidemia di Covid-19 ancora in corso potrebbe anche essere svolto a distanza.

La mini-maturità, in una qualsiasi delle due formule, andrà comunque superata, raggiungendo la votazione minima di 60. E anche le valutazioni ottenute in questi mesi di didattica forzosamente a distanza influirà sul risultato finale. Che potrebbe portare, in sede di esame, anche alla bocciatura. Anche se sembra più un’ipotesi di scuola visti gli altissimi tassi di promossi degli ultimi due anni scolastici (su cui si veda grafico in alto).

In terza media possibile il voto senza esame

Lo snellimento degli esami di Stato coinvolgerà anche i 577mila alunni in cerca della licenza media. Qui, seppure le attività didattiche ripartissero prima del 18 maggio, l’esame finale potrebbe perdere una o più prove (oggi sono tre scritti e un orale) o addirittura essere assorbito dal giudizio finale della commissione. E, dunque, sparire.

Per gli altri promozione «per legge»

Agli altri 7 milioni di studenti che non dovranno affrontare l’esame l’emergenza coronavirus porterà in dote la promozione «per legge», con la possibilità di recuperare eventuali insufficienze a partire dal prossimo 1° settembre quando si spera riaprirà il nuovo anno scolastico. Una scelta che rende, in periodo di lezioni online, il tema della valutazione molto delicato. Con l’unico deterrente rappresentato dalla necessità di trascinarsi i voti bassi di quest’anno anche l’anno prossimo e, per gli studenti di quarta superiore, pregiudicare sin d’ora il voto finale della maturità 2021.

Per consentire a chi resterà indietro di accelerare il recupero, il decreto in arrivo consente di anticipare al 1° settembre il ritorno in classe almeno per loro. Ma è una previsione che si scontra con la scelta di rinviare al 15 settembre la chiusura delle operazioni di immissione in ruolo. Con il rischio implicito che le classi, complice il blocco dei concorsi che non è ancora stato superato, siano piene di ragazzi ma vuote di docenti. Anche dei supplenti che possono essere nominati solo ad assunzioni concluse. Una complicazione nella complicazione.

Nelle lezioni online la tutela dei dati si affida al fai-da-te

da Il Sole 24 Ore

di Antonello Cherchi

A prescindere da se e quando si ritornerà sui banchi, una certezza quest’anno scolastico l’ha fatta propria: la didattica a distanza è possibile. Con gli alti e bassi dovuti all’emergenza che ci è precipitata addosso e all’inadeguatezza su alcuni versanti. Per esempio, quello della privacy.

Senza dar seguito alle rimostranze di qualche docente che ritiene violata la propria riservatezza per il fatto che sia inquadrata parte della propria casa durante la videolezione, la questione della tutela dei dati personali di professori e studenti non è affatto secondaria. Anche perché, soprattutto sotto la spinta dell’urgenza, in qualche caso si è fatto ricorso al fai-da-te, optando per applicazioni di videochiamata certamente performanti, ma non aliene da secondi fini. Ovvero la profilazione degli utenti.

Ma non è il solo dubbio che si è posto. C’è stato quello sull’acquisizione del consenso da parte di genitori, studenti e docenti circa il trattamento dei dati personali, sull’informativa da fornire loro, sui criteri di scelta delle piattaforme e sulla privacy policy dei gestori, sulla necessità di procedere, da parte degli istituti, alla predisposizione del documento sulla valutazione d’impatto. Sullo sfondo di tutti questi quesiti il regolamento europeo 679/2016 sulla tutela dei dati (altrimenti detto Gdpr, General data protection regulation), che disegna il perimetro in cui ci si deve muovere. Si tratta, però, di un sistema normativo articolato, non di immediata applicazione, a meno che non si sia supportati da un consulente o da un Dpo, il data protection officer (o responsabile della protezione dei dati personali), una figura introdotta proprio dal Gdpr.

Il vademecum del Garante

Ecco perché il Garante della privacy nei giorni scorsi ha deciso di intervenire con un provvedimento che sgombra il campo da alcuni dubbi. Intanto, la questione del consenso: non è necessario. Eppoi l’altro incubo che rovinava i sonni dei presidi: la valutazione d’impatto. «Non c’è bisogno», ha fatto sapere l’Autorità, perché il trattamento dei dati da parte delle scuole e degli atenei non è cosi massivo da comportare elevati rischi per gli interessati.

Il provvedimento contiene, inoltre, una serie di indicazioni per guidare nella scelta della piattaforma della didattica online e per delimitare lo spazio d’uso delle informazioni personali di ragazzi e professori. Si tratta, però, di suggerimenti che ogni scuola deve declinare per proprio conto. Sarebbero, dunque, necessari altri strumenti operativi: è l’obiettivo delle domande e risposte pubblicate qui a fianco. A cui si aggiungeranno, probabilmente a breve. le Faq che il ministero dell’Istruzione sta elaborando con il contributo del Garante.

La cassetta degli attrezzi

L’Istruzione già fornisce una serie di indicazioni su come attivare la didattica online, opportunità che nel decreto legge in arrivo trova copertura normativa. Sul sito del ministero c’è una sezione ad hoc dove compaiono diverse piattaforme (da Google Suite a Office 365 Education di Microsoft, da Weschool di Tim a Amazon Chime, fino a Facebook) con le relative caratteristiche e le modalità per attivarle. Nonostante questo, i consigli per orientare la scelta degli istituti dovrebbero- pur nel rispetto dell’autonomia scolastica – essere probabilmente più stringenti, per non lasciarle le scuole alle prese con la gestione di problemi ingombranti come quello della privacy, che può comportare serie conseguenze sul piano civile e penale, senza trascurare il danno d’immagine.

Tutto questo considerando che il decreto legge “cura Italia” ha messo sul piatto della didattica a distanza 85 milioni – 10 per le piattaforme, 70 per le dotazioni e la connessione alla rete da parte degli studenti meno abbienti e 5 per la formazione del personale scolastico – e ha autorizzato il reclutamento per quest’anno scolastico di mille assistenti tecnici.

Misure che possono aiutare a mettere meglio a fuoco anche i dubbi sulla privacy. Come quello sulla possibilità di registrare le videolezioni da parte dello studente. Per esempio, con lo smartphone. «Lo si può fare», precisa l’Associazione nazionale dei presidi, ma solo per finalità di studio personali. Se, però, le immagini vengono divulgate, si configura la violazione della privacy di chi vi compare. La classe virtuale può, pertanto, essere l’occasione anche per una lezione che non è detto si impari tra i banchi: il rispetto dei propri dati personali e di quelli altrui.

«Nessun aggravio per le scuole, più coraggio sulle lezioni online»

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Dall’Authority per la privacy arriva una doppia conferma per le scuole: non dovranno chiedere ulteriori consensi alle famiglie per svolgere la didattica a distanza, né condurre l’analisi di impatto sulla protezione dei dati in loro possesso. Come spiega il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), Antonello Giannelli.

Cosa cambia per le scuole?

Sostanzialmente niente. Il Garante dà una serie di conferme e solleva gli istituti dalla preoccupazione di dover fare l’analisi di impatto prevista dal Gdpr, che sarebbe stata invece un macigno. Si tratta di un’attività onerosa e impegnativa, richiesta per un trattamento massivo delle informazioni. Ma le scuole gestiscono i dati di mille-2mila persone, non di milioni.

Per fare didattica a distanza non do vrete chiedere alcun consenso.

Non dovremo chiedere altre autorizzazioni perché siamo a tutti gli effetti un’amministrazione pubblica e non una società privata. Esattamente come una Asl, anche una scuola si limiterà a dare l’informativa, ma già lo fa all’atto dell’iscrizione, e il genitore firmerà di averla ricevuta.

Molte scuole utilizzano per le lezioni online il registro elettronico. Ma è sufficiente?

I registri elettronici sono lo strumento ufficiale per pianificare, coordinare e rendicontare le attività, comprese quelle valutative, della scuola, anche in relazione agli esiti della didattica a distanza. Come tali, sono caratterizzati da una certa rigidità, tipica degli strumenti amministrativi, che mal si addice alla didattica che, al contrario, richiede molta flessibilità e versatilità. In alcuni registri sono presenti funzioni di condivisione del materiale, invio e restituzione di compiti e test, forum d’aula, chat di classe o one-to-one. Alcuni produttori stanno dotando i registri con funzioni di live streaming e live meeting o di integrazione con altre piattaforme. In alternativa, queste ultime due funzioni, e altre di didattica a distanza, possono essere attivate dai docenti, al di fuori del registro elettronico, attraverso altre piattaforme che, però, non hanno l’ufficialità del registro. Se si vogliono realizzare vere esperienze di didattica online, è quindi preferibile adottare una delle tante applicazioni specificatamente dedicate allo scopo, che offrono funzioni utilissime come il controllo della classe, la distribuzione di attività, compiti e risorse, la valutazione, l’incoraggiamento alla collaborazione.

Alcuni docenti hanno chiesto agli studenti di fare i compiti in classe virtuale con uno specchio alle loro spalle per evitare che copino. Non esistono metodi più tecnologici?

Si tratta di un argomento spinoso. Questo modo di vedere la didattica e, più in generale, la scuola, nega alla base il valore della valutazione autentica e della “didattica per competenze”. Alcuni compiti dovrebbero essere progettati in modo tale da essere svolti anche con il libro aperto: consultarlo per aiutarsi a risolvere un problema dovrebbe essere in sé una competenza. In secondo luogo, queste difficoltà derivano dal desiderio di replicare a distanza esattamente ciò che si fa in presenza e questo è impossibile oltre che sconsigliabile. In terzo luogo, dobbiamo intenderci su cosa debbano accertare i “compiti”: se si tratta di prove basate esclusivamente sulla trasmissione di contenuti, è evidente che (ma questo avviene anche in presenza) si favoriscono comportamenti poco corretti. La soluzione sta nel rivedere radicalmente la prassi didattica: se il docente lavora per competenze, come prevede il nostro ordinamento scolastico, e propone attività stimolanti, creative e personalizzate che possono essere svolte solo con un impegno vero e autentico dello studente, si evita di favorire comportamenti scorretti.

Didattica a distanza, i contratti per le supplenze temporanee. Nota del Ministero

da Orizzontescuola

di redazione

Emergenza Coronavirus, didattica a distanza e necessità di nominare supplenti temporanei. Nota Ministero Istruzione n. 8615 del 5 aprile.

A firma del Dirigente generale Jacopo Greco una nota di chiarimenti sulle supplenze brevi e saltuarie conferite in base all’art. 121 del DL n. 18/2020.

Il quesito al quale la nota risponde è “conoscere se ciascuna istituzione scolastica abbia la possibilità di calcolare il limite delle risorse spendibili in questo periodo emergenziale sulla base delle spese sostenute negli anni precedenti, nonché di chiarire se, in caso di un fabbisogno maggiore rispetto a quello risultante dalla spesa storica, dovuto, ad esempio, ad un aumento di assenze per malattia dei titolari nella mensilità di riferimento, fosse possibile attribuire ugualmente incarichi di supplenza breve anche oltre i limiti della spesa storica ma nel rispetto dell’art. 121. ”

Il Ministero rileva che l’assegnazione delle risorse prevista dalla norma non si riferisce al limite entro il quale le istituzioni scolastiche possano conferire gli incarichi di supplenza breve e saltuaria in sostituzione del titolare assente.

Viceversa la previsione normativa, partendo dal presupposto che in questo peculiare periodo potrebbe verificarsi una riduzione del personale a tempo determinato incaricato di supplenze brevi, vuole porre rimedio a tale problematica consentendo all’Amministrazione di assegnare alle istituzioni scolastiche le risorse risultanti disponibili mediante un’analisi congiunta della tendenza della spesa rispetto ai livelli storici e delle risorse finanziarie disponibili nei capitoli di bilancio dello stato di previsione del Ministero dell’Istruzione sui quali insiste la spesa.

Ne consegue che, nel caso in cui tale evenienza non si verifichi, non si pone l’esigenza di attribuire incarichi di supplenza breve ulteriori e dunque non si procede ad assegnare un budget di risorse dedicato a tale finalità.

Il 15 aprile verrà effettuata un’apposita rilevazione dei contratti stipulati e caricati all’interno del sistema SIDI.

Sulla base di tale rilevazione sarà possibile desumere qual è la tendenza e, in caso di eventuale prosecuzione della sospensione dell’attività didattica in presenza, se ricorrano i presupposti giuridici e contabili per attivare le misure previste dalla norma in esame (salvaguardare i livelli occupazionali nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili nel corrente esercizio).

La nota sulle supplenze

Coronavirus, rientro a scuola: maggio o settembre, come si farà a mantenere la distanza nelle aule?

da Orizzontescuola

di redazione

Coronavirus: non siamo ancora fuori emergenza ma a livello politico e scientifico si cerca di programmare già la fase 2, quella in cui pur riprendendo la vita sociale in presenza probabilmente dovremo modificare alcune delle nostre abitudini.

Ne abbiamo parlato in Coronavirus, quando e come avverrà fase 2 di riapertura? Lavoro in smart working e uso mascherine. E la scuola?

La scuola, ritorniamo sull’argomento, è un anello debole del sistema. Servizio essenziale, ha bisogno di essere ripensata in moltissime delle sue sfaccettature e il tempo non è tanto.

Tanto più se si decidesse di rientrare a maggio (nella prima bozza sul decreto scuola ancora da approvata, la data di discrimine è il 17 maggio).

Ma a preoccupare già i Dirigenti Scolastici è la ripresa anche a settembre “Maggio o Settembre – leggiamo su AGR – ma il problema rimane: come si fa a mantenere la distanza nelle aule italiane che sono piccole per contenere 25 alunni? Un problema ambientale sul quale qualcuno dovrà esprimersi”

Inail, contagi da Coronavirus sul lavoro saranno trattati come infortunio

da Orizzontescuola

di redazione

L’Istituto degli infortuni sul lavoro ha pubblicato una nuova circolare in merito ai contagi da Coronivirus che hanno colpito i lavoratori assicurati con lo stesso Istituto.

“Le infezioni da nuovo Coronavirus – si legge sul sito Inail – avvenute nell’ambiente di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa sono tutelate a tutti gli effetti come infortuni sul lavoro. A precisarlo è la circolare n. 13 del 3 aprile, con cui l’Istituto fornisce indicazioni in merito alle tutele garantite ai propri assicurati”.

Il presidente dell’Inail, Franco Bettoni, ha precistato: “Tutti i casi accertati di infezione sul lavoro faranno scattare la piena tutela dell’Istituto, come per gli altri infortuni o malattie, già a partire dal periodo di quarantena. Ci siamo già attivati, inoltre, per codificare il Covid-19 come nuova malattia-infortunio, per una corretta rilevazione dei casi a fini statistico-epidemiologici. Questa emergenza ha riportato in primo piano anche la necessità di garantire le stesse tutele ai milioni di lavoratori che non sono assicurati con l’Inail e non possono quindi accedere a rendite e indennizzi in caso di contagio. La recente estensione ai rider è solo il primo passo di un ampliamento della platea dei nostri assicurati, che dovrà includere le professioni che si collocano a metà strada tra subordinazione e autonomia, che oggi sono molto più vulnerabili di fronte alla minaccia del virus”.

La circolare del 3 aprile è scaricabile sempre dal sito Inail, dove si precisa che lo stesso principio adottato per i lavoratori impiegati nel sistema sanitario è esteso anche ad altre categorie che operano in costante contatto con l’utenza, come i lavoratori impiegati in front-office e alla cassa, gli addetti alle vendite/banconisti, il personale non sanitario degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, e gli operatori del trasporto infermi.

La didattica a distanza fa aumentare le ore di lavoro per i docenti?

da Orizzontescuola

di redazione

A un mese di distanza dal lockdown per il Coronavirus, ci si domanda quale sia lo stato dell’arte all’interno del mondo scolastico e se sia aumentato il carico di lavoro per i docenti.

A fare una rapida ricognizione è stato il giornale il Post. Con un articolo molto dettagliato ha ricostruito la storia di questa nuova situazione. Lo ha fatto parlando “con 17 insegnanti di scuole primarie, medie e superiori, che lavorano nelle province di Torino, Cuneo, Milano, Brescia Cremona, Mantova, Verona, Bologna, Forlì-Cesena, Firenze, Roma, Reggio Calabria e Catania, per farsi raccontare quello che si sta facendo in diversi contesti”.

Come è noto, la situazione di emergenza sanitaria ha costretto tutti i docenti a rivedere le modalità di insegnamento, facendo ricorso a una didattica a distanza organizzata in maniera rapida e imprevedibile, fra compiti assegnati e piattaforme su cui collegarsi.

Il dato di partenza è stato il sondaggio comunicato dalla ministra Azzolina al Senato il 26 marzo scorso, dove emergeva che l’80,7% degli iscritti nelle scuole italiane (8,3 milioni) erano stati raggiunti (6,7 milioni) dalla didattica a distanza e che l’89% aveva predisposto materiale particolare per gli alunni con disabilità.

Secondo i pareri dei docenti raccolti dal quotidiano, quasi tutti (se non tutti) hanno fatto immediatamente ricorso all’assegnazione di compiti a casa per prendere un minimo di tempo e cercare di riorganizzare al volo la nuova situazione. Detto ciò, la didattica a distanza mediata dal video non è stata così drammatica per gli insegnanti che hanno mandato le loro esperienze al Post. Anzi, “sono abbastanza ottimisti, contenti della partecipazione dei propri studenti alle attività didattiche a distanza e convinti del fatto che le attività che si stanno portando avanti, per quanto limitate rispetto alla didattica tradizionale, siano molto importanti”.

Dopo una carrellata di esperienze personali dei docenti, al Post risulta da questi racconti che l’orario di lavoro è aumentato: “stanno lavorando molto di più rispetto al normale”. Questa situazione è stata registrata all’inizio del cambiamento di attività, come era prevedibile, per riadattare il tutto alle nuove modalità ed esigenze e apprendere nuove competenze, come per esempio imparare a fare video o condividere in rete il materiale didattico.

Ma, anche a cambiamento avvenuto, i docenti continuano a lavorare di più: la correzione dei compiti e l’assistenza per chi ha difficoltà con la tecnologia o con la scarsa dimestichezza porta un ulteriore carico di lavoro .

Riapertura scuole, decidono i politici o i virologi? Di certo, non si può sbagliare

da La Tecnica della Scuola

Chi deciderà quando si tornerà a scuola, quando non ci sarà più il pericolo di contagio da Coronavirus? Il Governo o gli epidemiologi? Sono molti gli italiani che se lo chiedono. Il dubbio si è ampliato dopo lo scambio di battute, durante la trasmissione Che tempo che fa, andata in onda domenica 6 aprile su Rai Due, tra la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e lo scienziato e divulgatore scientifico Roberto Burioni.

Il botta e risposta Azzolina-Burioni

La titolare del ministero dell’Istruzione ha confermato che per decidere quando torneranno otto milioni di alunni in classe e oltre un milione tra docenti, Ata e presidi, sarà decisivo “quello che le autorità sanitarie diranno”.

Il medico, accademico e divulgatore scientifico ha replicato che su un possibile ritorno a scuola degli alunni italiani “la scienza dice ‘prudenza’, ma poi tocca alla politica scegliere”.

Lucia Azzolina, ha quindi ribadito che “la politica sarà ancora più prudente e si assumerà tutte le responsabilità, mai e poi mai metteremo a rischio la vita degli studenti”.

Chi ha ragione?

Quindi, come se ne esce? Ha ragione Matteo Renzi, quando dice che non bisogna commettere l’errore di far scegliere alla scienza, ma è la politica a tenere in mano l’economia del Paese? Si può pensare che in una condizione di reale pericolo di contagio si possa davvero, dopo Pasqua, riaprire le fabbriche e, a seguire, le librerie, le messe, i negozi e le scuole?

Ha ragione il virologo milanese Fabrizio Pregliasco, quando sostiene che “le misure devono restare stringenti fino a dopo Pasqua” e “ritardando l’ingresso a scuola dei piccoli, che possono essere veicolo del virus”?

Un ritorno a breve è improponibile

A sentire gli italiani, probabilmente no. A sentire, il popolo della scuola, certamente no.

Negli ultimi giorni, alla nostra redazione sono giunte indicazioni – lettere, e-mail, commenti agli articoli e altro – tutti connotati dallo stesso pensiero: tornare a scuola in queste condizioni, con centinaia di persone che ogni giorno perdono la vita e i tanti contagi ancora in atto, è una richiesta improponibile.

L’opposizione dei genitori

Moltissimi genitori, ad esempio, hanno detto chiaro e tondo che non manderebbero i figli a scuola per pochi giorni e qualche settimana di lezione.

E non c’è da biasimarli. Pensare, infatti, che a breve la situazione di pericolo possa cambiare radicalmente è auspicabile. Ma non si può andare oltre alla speranza.

Se anche se i contagi “interni” si dovessero azzerare, infatti, chi può garantire che non via siano ritorni di contagio, come sta accadendo in Cina proprio in queste ore?

Pensare che anche uno degli oltre otto milioni di alunni e studenti possa ritrovarsi ricoverato in ospedale per avere preso il Coronavirus a causa di un ritorno affrettato a scuola, sarebbe imperdonabile.

Ma c’è anche la particolare condizione riguardante la mission della scuola che propende per un ritorno tutt’altro che affrettato: tornarci tra due settimane, due mesi o cinque mesi non comporterebbe alcun danno produttivo.

L’eccesso di prudenza va apprezzato

Su questo punto, ha ragione Azzolina quando dice che le scuole dovranno riaprire quando non sarà alcun rischio: l’eccesso di prudenza è da apprezzare.

Siamo invece meno d’accordo con la ministra dell’Istruzione, quando dice che il via libera dovranno darlo gli scienziati. Il ritorno in classe, quando si realizzerà, lo decideranno i politici. Certamente sulla scorta delle indicazioni dei virologi. Ma la responsabilità ultima sarà di chi firmerà i decreti. E di certo, quella decisione dovrà essere corretta.

Scuola nel caos: allarme per alunni, docenti e famiglie su valutazioni e Dad

da La Tecnica della Scuola

La confusione sembra regnare sovrana nelle faticose giornate della didattica a distanza, con alunni che faticano a seguire il ritmo di videolezioni, chat, mail, registro elettronico, whatsapp e docenti che lavorano decisamente più freneticamente che non nella normale attività didattica.

Adesso tutta l’attenzione è concentrata sul decreto che dovrebbe finalmente dare indicazioni concrete sullo svolgimento degli esami di Stato e sull’esito dell’anno scolastico per gli alunni delle classi intermedie. E già montano le polemiche, i dubbi, soprattutto la sorpresa per quello che è trapelato dalle bozze in merito a: valutazioni; incertezze su promozioni per tutti (ma con “debiti” da saldare a settembre dopo corsi di recupero, o soltanto lezioni di recupero prima dell’avvio del nuovo anno scolastico, e per chi?) che rischia di “vanificare” da qui in avanti il lavoro che con dedizione stanno svolgendo gli insegnanti nel caso molti alunni mettano in conto che tanto è tutto rinviato a settembre; esami di Stato conclusivi del percorso di studi delle scuole superiori ed esami al termine delle scuole medie.

La bozza del decreto rende probabilmente obbligatoria la Dad ma non cambia la libera scelta delle modalità di effettuazione

Come se ciò non bastasse nelle bozze circolate c’è il solito, “trito e ritrito” richiamo alla didattica a distanza, ma forse l’interpretazione “restrittiva” che ne è stata data non è esatta: nella bozza disponibile (poi vedremo se sarà confermata) all’art. 2 comma 3 si dice: “In corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione”. Quindi non vedo molta differenza almeno per chi sta già praticando la didattica a distanza, perché non si parla di “lezioni on line” (video lezioni a tutti i costi, e magari su un’unica piattaforma) bensì di “strumenti informatici o tecnologici a disposizione” e gli strumenti tecnologici e informatici a supporto della comunicazione e della possibilità di interagire (quello che si richiede ai docenti con gli alunni) non sono solo i collegamenti on line.

Tant’è che subito dopo si legge: “Le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi dei dirigenti scolastici nonché del personale scolastico, come determinati dal quadro contrattuale e normativo vigente, fermo quanto stabilito al periodo precedente, possono svolgersi nelle modalità del lavoro agile anche attraverso apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici, per contenere ogni diffusione del contagio”.

Quindi l’unica differenza di passo, se intendiamo bene (e se non si vuole forzare la situazione creando nuove polemiche, quando la stragrande maggioranza sta lavorando con grande vigore e dedizione, ed innescando effetti “boomerang”), sta nel verbo “assicura” invece del semplice auspicio: quindi la nuova “asserzione” è semmai rivolta a chi non ha preso parte sinora in alcuna forma alla didattica a distanza (per carità il rilievo è notevole perché chiama in ballo problematiche contrattuali, ma per non fare “confusione” e determinare ulteriore disappunto, che già diverse esternazioni passate della ministra hanno  generato, occorre dire – secondo me – che non si va a “schematizzare ingabbiandole” le modalità di didattica a distanza; e lo affermo, speranzoso di aver compreso il senso di quel comma del probabile futuro decreto, proprio io che non ho lesinato dubbi e aspre critiche in un precedente articolo.

D’altra parte a conferma di quanto sto scrivendo non trovo niente nella bozza che annulli o metta in discussione questo passaggio della nota n. 388 del 17 marzo scorso a firma del capo dipartimento Bruschi: “Il collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo; la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali e l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali: tutto ciò è didattica a distanza”.

Ogni disciplina ha una propria specificità anche nelle modalità più adatte all’applicazione della Dad

Mi pare chiaro. Anche perché mi stupirei se la ministra non comprendesse che le modalità della Dad vanno anche adattate alle discipline insegnate (pensando magari solo ai licei classici, scientifici, linguistici o nello specifico delle discipline a italiano, matematica, lingua straniera, storia dell’arte, filosofia, storia, scienze, …); ad esempio per le materie tecnico/esecutive degli istituti professionali e dei tecnici, ma anche degli indirizzi artistico/laboratoriali dei licei artistici più che le video lezioni sono utili forme di interazione magari addirittura più complesse di un collegamento “a timer”, perché per queste discipline serve uno scambio costante di spiegazioni e immagini con file ed allegati e di elaborati da restituire da parte degli allievi, che poi riceveranno di nuovo gli elaborati corretti, magari utilizzando lo strumento interattivo del registro elettronico insieme a chat di gruppi classe per comunicare, mail e whatsapp per ricevere e restituire corretti gli elaborati (magari sino a mezzanotte se si hanno tanti alunni in “classi pollaio”!).

Per fortuna ciascun docente, di qualsiasi materia, sa quale tipo di didattica a distanza sia più utile alla propria disciplina e alle esigenza dei propri alunni, che nessuno conosce meglio dei maestri e dei prof che li seguono quotidianamente, e non dietro una scrivania ministeriale (o forse ancor più dietro a taccuini e microfoni).

E la stessa ministra inizialmente aveva detto che pur non essendo sufficiente la mera consegna di appunti e compiti l’importante era stabilire una interazione con gli alunni per una didattica a distanza inclusiva, con i mezzi ritenuti più idonei. E quindi, aggiungo, anche che tenesse conto degli strumenti tecnologici a disposizione dei ragazzi: e non ci si copra adesso dietro la “foglia di fico” degli stanziamenti per la Dad, in particolare la somma di 70 milioni da assegnare alle scuole per poter dare in comodato d’uso gratuito i dispositivi digitali per gli studenti meno abbienti, perché tali dispositivi non sono ancora effettivamente disponibili (ci sono procedure da seguire) e anche quando lo fossero prima della fine dell’anno scolastico (cosa sulla quale ho qualche dubbio) i beneficiari cosa dovranno fare per averli materialmente? Non potendoli ricevere a casa, immagino che dovranno andarli a prelevare nelle sedi degli istituti scolastici. Non è rischioso?

Tornare a “prove muscolari” non conviene a nessuno, anche per non innescare un effetto “boomerang”

Appurata la fattiva disponibilità della quasi totalità degli insegnanti (pochissimi quelli che hanno rifiutato di attuare una qualsiasi forma di didattica a distanza, magari legittimamente dal loro punto di vista, anche se il momento consigliava forse un atteggiamento meno rigido, ma naturalmente anche da parte di certi presidi e della ministra e purché arrivasse una certa “gratitudine” e non “prove muscolari” ed esternazioni che sarebbe stato assai meglio evitare), non penso tra l’altro che convenga alla ministra Azzolina creare un nuovo “fronte conflittuale” o di polemiche (a meno che non rappresenti una sua strategia) mentre tutti (grande maggioranza dei presidi e grande maggioranza dei docenti) stanno lavorando cercando di venirsi reciprocamente incontro, come è doveroso in una comunità educante, a patto però che non vengano fuori dal cilindro (mi auguro nessuno pensi… alla “corona” anziché il cilindro!) di alcuni presidi idee tipo l’autonoma decisione di accorciare le vacanze di Pasqua.

Lezioni a distanza durante le vacanze di Pasqua? Certamente no

Né possono esserci decisioni di tale tipo neppure avallate da Consigli di istituto (come leggo in un articolo riportato in questo sito) perché i giorni di lezione persi non possono essere recuperati durante vacanze stabilite dal calendario fissato dagli Usr (bel concetto di autonomia scolastica!) e solo una disposizione dello stesso Usr o a livello nazionale del Ministero potrebbero “cambiare le carte in tavola” (nel frattempo giustamente ed opportunamente il M.I. ha ribadito che nei giorni stabiliti delle vacanze pasquali non è prevista didattica). Semmai i Consigli di istituto possono rivedere decisioni prese con proprie delibere ad inizio di anno scolastico. Un “sommesso consiglio” ai rappresentanti dell’Anp: un bel corso di formazione su tali questioni verso alcuni dirigenti non sarebbe opportuno, guardando ogni tanto “in casa propria”?

Altra cosa è convocare riunioni (Collegi docenti, CdC) per gli insegnanti durante le festività (non certo durante le ferie: ci mancherebbe anche questo in Italia!) purché convocate secondo le regole stabilite: certo, convocare un Consiglio di classe ordinario on line il pomeriggio del venerdì Santo sembra… un tantino eccessivo, ma ciascuno (presidi compresi) risponde alla sua coscienza: però magari un “richiamo” del Papa, vista l’importanza della giornata del venerdì Santo per la liturgia cattolica, siamo quasi certi… che farebbe molto effetto!

La conflittualità con i sindacati

Dicevo: non penso convenga alla ministra creare un nuovo “fronte conflittuale” o di polemiche, a meno che il recente  incontro in videoconferenza con i sindacati l’abbia di nuovo fatta irritare (sapesse come sono “irritati” i sindacati!). I rapporti con le organizzazioni sindacali non sono mai stati particolarmente “affettuosi” (per usare un eufemismo‼) prima per la questione dei concorsi, poi per le date fissate per le domande di mobilità (e mi sembrano più che legittime le proteste dei sindacati), passando per le spiegazioni chieste dai sindacati anche sul mancato confronto in relazione alla nota a firma Bruschi e su alcune esternazioni che potevano apparire autentici “diktat”: da questo momento in particolare, la Azzolina ha cominciato a dare segni di evidente “fastidio” verso il normale contraddittorio che deve caratterizzare in democrazia il rapporto fra governo e parti sociali (datoriali e rappresentanti dei lavoratori). E ha inasprito i toni, apparentemente senza alcuna ragione, rivolgendo nel contempo “un appello” ai dirigenti scolastici, praticamente “radunandoli” e “spronandoli” dicendo: “Voi sì che siete i comandanti della nave” (quindi, come ho scritto in un altro articolo che si occupava di Dad e valutazioni, ogni parere contrario ai loro “ordini” va considerato insubordinazione, forse… addirittura “ammutinamento”, con tutto quel che ne consegue?). E se i dirigenti sono i “comandanti della nave”, lei cosa è: l’Ammiraglio?

E la cosa inspiegabile è che, tranne rare eccezioni, presidi e docenti, come abbiamo detto, stavano lavorando spesso in sintonia, applicando con il buonsenso la didattica a distanza ben consci però che si tratta di una metodologia transitoria (ma non per l’Anp, secondo quanto si evince da alcune dichiarazioni ufficiali), in una fase di drammatica emergenza sanitaria, che non può sostituire il clima d’aula, la presenza fisica in classe, il confronto diretto con gli allievi (e che comunque può essere un buona pratica, ad esempio, per la “scuola in ospedale” e per la didattica domiciliare per gli alunni che non  potessero essere presenti in classe per periodi medio-lunghi).

E dalla richiesta di chiarimenti dei sindacati è scaturito lo “scatto d’ira” nei confronti delle organizzazioni sindacali da parte dei 10 presidi che hanno tra l’altro scritto in un comunicato “Lasciateci lavorare (…) Vergognatevi” (della serie “non disturbate il manovratore”, cioè il “comandante della nave”?), con reazioni anche aspre di molti docenti che hanno sottolineato che sono disposti a impegnarsi con dedizione alla causa, visto il momento, ma che ciò non vuol dire che i diritti contrattuali devono essere considerati un “privilegio”, soprattutto che la libertà di insegnamento non può essere “annullata” ed è introdotta nel contratto proprio perché discende dalla volontà dei “padri costituenti” che la hanno inserita nella nostra bellissima e sana Costituzione, non  è un capriccio sindacale‼).

Reazioni dei docenti anche in risposta a certe prese di posizione che sembrano ispirarsi, probabilmente prendendo alla lettera l’invito ad essere “comandante della nave”, al capitano Bligh nel film “Gli ammutinati del Bounty”.

Si torni a toni più pacati. La scuola ha bisogno di dialogo e confronto

Poi, improvvisamente, i toni della ministra sono tornati più distesi (una pacata riflessione? Un meditato calcolo? Un “rimbrotto” dall’alto?). Bene. Ritorna il buonsenso e ritorna il sereno. Anche perché c’era il rischio di innescare un effetto “boomerang” tra i docenti (quel paventato… “ammutinamento”?), se gli stessi non fossero spinti da senso etico verso gli alunni.

Ora aspettiamo il decreto e vedremo, anche se per Flora Frate, confluita dal M5S al “gruppo misto” e che fa parte della Commissione cultura della Camera dei deputati, vi sono elementi di preoccupazione, affermando: “i pieni poteri che invocava Matteo Salvini hanno fatto gola a qualcun altro, che li vorrebbe per sè. O almeno questa sembra l’intenzione” mentre “la scuola ha bisogno di dialogo, concertazione, confronto e rispetto e non di protagonisti solitari. Ogni altra ipotesi rappresenterebbe una deriva pericolosa, da scongiurare con ogni mezzo”, ma dichiarandosi fiduciosa in un intervento del premier Conte).

Strane convergenze si delineano: si vuole “burocratizzare” il ruolo del docente, magari in un’ottica aziendale della scuola?

Ma io sarei più preoccupato delle “strane convergenze” che si stanno coagulando attorno alla ministra dell’istruzione e ai suoi “consiglieri”: non solo in parte i “renziani” e qualche Ds come la vice ministra Ascani, peraltro nominata già sottosegretaria “in quota Renzi” ma poi rimasta nel Pd (pur avendo formato una sua “minicorrente”, mi risulta) ma persino la Aprea, deputata di Forza Italia, che torna alla carica (fiutando il momento favorevole) e spera di poter finalmente far passare (con un governo di cui fa parte un partito “progressista” ed un altro che aveva fatto della lotta alla legge 107 e quindi al “dirigismo” un proprio “cavallo di battaglia”) le riforme che definirei di un modello di scuola aziendalista da lei sempre caldeggiate, a cominciare dall’abolizione legale del titolo di studio (…visto che quest’anno l’esame di Stato sarà comunque stravolto, forse forse  è l’occasione buona per riprovarci”!).

Senza un riferimento personale alla Aprea, ma parlando di tutti coloro che vedono una “opportunità” in questo lungo, drammatico momento, dico francamente che a molti parlare di “opportunità” in questa fase tragica provoca indignazione.

Tornando a quanto accennato prima, non vorrei ci fosse una “idea strisciante e strategica” di burocratizzare il ruolo del docente e usarlo come esecutore e “gestore” di decisioni verticistiche. Argomento che va approfondito, ma non in questo articolo, anche per ragioni di spazio.

Valutazioni, promozioni, esami di Stato: che fare? Urge chiarezza

Il disorientamento è stato tanto anche nel leggere che probabilmente gli alunni saranno tutti promossi (d’altra parte si può parlare di valutazione formativa, che ha certamente una sua importanza, ma sinché ci si affida negli scrutini ad una valutazione sommativa, cioè voti, c’è poco da fare in effetti perché mettere voti  tramite prove on line a distanza è improponibile per affidabilità, perché creerebbe discriminazione tra gli alunni e perché aprirebbe la strada a contenziosi che se vuole “si prende” il M.I. senza però “caricarli” sulle spalle – e le tasche! – degli insegnanti). Ma almeno si tratta di capire cosa si farà da settembre in poi con i casi di alunni insufficienti prima della sospensione delle lezioni in aula, né si può pensare di bocciare chi magari aveva un voto insufficiente nel primo quadrimestre.

Si rischia di demotivare gli alunni: alcuni potrebbero non seguire più la Dad

Ma se gli alunni saranno tutti promossi e il debito formativo dovesse essere assegnato (e recuperato a settembre) a chi sino al momento dell’interruzione delle lezioni in aula, o peggio alla fine del primo quadrimestre, aveva marcate insufficienze, ciò non può provocare una grossa ingiustizia? Infatti, magari chi aveva sufficienze non segue più e invece chi ha seguito assiduamente ed andrebbe quindi premiato (per l’impegno, ma magari ha dimostrato anche un buona ripresa sul piano degli apprendimenti) verrà lo stesso “rimandato” a settembre!

Si rischia di creare una demotivazione negli studenti, e poi se non si fanno più coinvolgere vedrete che la colpa sarà del docente poco disponibile all’interazione, magari proprio quello che fa quotidianamente la didattica a distanza, sia essa tramite video lezioni o utilizzo di altra metodologia con scambio di messaggi su chat di classe, whatsapp, mail, mettendo magari anche a rischio la salute propria e degli alunni.

Uso eccessivo delle tecnologie: rischi per la vista e problemi di dipendenza

A tal proposito a parte il concreto rischio per i ragazzi di fenomeni di dipendenza dovuti all’uso eccessivo delle nuove tecnologie, stare per tante ore (e nella didattica a distanza è proprio così, in aggiunta al normale uso e spesso abuso che quotidianamente ne fanno soprattutto gli adolescenti) può determinare conseguenze gravi anche per la vista.

E tanti genitori, ancor più che gli alunni si lamentano degli eccessivi compiti assegnati e delle troppe ore passate dai loro ragazzi davanti agli schermi.

Inoltre, tantissimi genitori vorrebbero al più presto sapere, così come gli studenti (ed ovviamente anche gli stessi docenti, soprattutto in tema di valutazioni), cosa si prevede per questa fase finale dell’anno scolastico (un rientro a scuola lo ritengono da irresponsabili, e io concordo pienamente anche perché scienziati e medici fanno appello alla prudenza e all’estrema attenzione per ancora diversi mesi: sarebbe da folli, dopo tanti “sacrifici”, anticipare il rientro a scuola di ragazzi e insegnanti – oltretutto sia gli uni che gli altri per recarsi a scuola prendono quasi sempre mezzi pubblici – che rischierebbero in prima persona ma che rientrando a casa farebbero correre incredibili rischi ai propri familiari, tra cui spesso persone anziane‼).

Prudenza per le date del rientro a scuola (proposte di lezioni in aula a maggio vanno censurate!) e anche per le modalità di svolgimento degli esami

Prudenza anche per gli esami conclusivi di Stato e per quelli delle medie (nessuna accelerazione dei tempi perché soprattutto al sud ancora non si sa come l’emergenza evolverà e quando si potrà essere sicuri, tenendo conto anche del grande problema degli asintomatici): e poiché per tanti motivi nella seconda metà di luglio e ad agosto non si possono organizzare allora o si fanno a distanza (con quali modalità?) o slittano a settembre. Ma occorre chiarezza. Invece, a parte la commissione formata dai docenti della classe più un presidente esterno, non si sa nulla di preciso e la confusione aumenta. Siamo praticamente fermi a dichiarazioni di questo tenore, riportate in corsivo: “Abbiamo già in mente possibili soluzioni (beh, sarebbe sorprendente se proprio al Miur non ci avessero ancora pensato) che garantiscano agli studenti di fare un esame serio, giusto – ha detto qualche tempo fa la ministra – in cui non si perda il sapore dell’esame (il…sapore dell’esame?), ma devo tutelare gli studenti rispetto agli apprendimenti degli ultimi mesi”.

Una proposta di valutazione biennale per le classi intermedie

Per le classi intermedie, invece, io avevo avanzato in un precedente articolo una proposta di valutazione biennale (rivedendo quella della Cub scuola) e mi fa molto piacere che nella sostanza sia assai simile a quella avanzata dall’Andis, altro sindacato dei dirigenti scolastici, le cui posizioni mi appaiono molto più concilianti e apprezzabili, anche rispetto ad un approccio generale, rispetto ad altre analoghe organizzazioni sindacali dei dirigenti, ponendo questioni concrete da risolvere e non invece un “manifesto di intenti”, con minuziose prescrizioni, sui futuri assetti della scuola, che vanno concertate al momento opportuno, non in questo momento tragico di emergenza sanitaria, con tutte le componenti che rappresentano le “parti sociali” e alla fine del confronto ovviamente poi tocca al Parlamento, ancor più che ai decreti ministeriali, legiferare.

La proposta della valutazione biennale la riassumo in sintesi; andrebbe effettuata il prossimo anno scolastico (tenendo conto anche di questo a.s.), cioè facciamo un esempio per chiarezza: gli studenti di una attuale terza delle scuole di istruzione secondaria di II grado vengono promossi “con riserva” alla classe quarta, i docenti durante l’anno scolastico verificheranno quanto appreso dai discenti anche nell’attuale periodo della didattica  a distanza (valutando quindi anche l’impegno profuso in modo differente dagli alunni in questa fase, tenendo ovviamente in debito conto se i problemi rilevati non abbiano origine da difficoltà oggettive degli alunni, ad esempio gli strumenti tecnologici che possono effettivamente usare) facendo una didattica di “potenziamento” per le eventuali lacune degli allievi, nel frattempo si organizza ovviamente il programma dell’a.s. 2020/2021, valutando infine a giugno 2021 complessivamente il rendimento dell’a.s. 2020/2021 e il superamento delle lacune registrate nell’a.s. 2019/2020, con i consigli di classe chiamati a decidere il superamento di entrambi gli anni o di bloccare lo studente per l’ulteriore anno successivo alla classe frequentata nel 2020/2021, cioè la quarta classe.

Mi sembra una proposta di buonsenso (e quindi temo …non verrà presa in considerazione!).

Azzolina: “Fino a quando non ci sarà sicurezza non si tornerà in classe. Due scenari per la maturità”

da La Tecnica della Scuola

La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, interviene a Che Tempo che fa, su Rai Due. Tanti gli argomenti trattati: esami di Stato, valutazione, didattica a distanza e del decreto scuola per accompagnare, con responsabilità e serietà, la scuola e i ragazzi verso la fine di questo anno scolastico e l’inizio del prossimo.

Queste le sue parole: “La maggioranza prepara la fine di questo anno scolastico che non sarà perso grazie alla didattica a distanza e prepariamo anche l’inizio del prossimo. Fino a quando non ci sarà sicurezza non si tornerà in classe. Orgogliosa e fiera di quello che sta facendo il personale scolastico. Tornare a scuola il 18 maggio? Se è un rischio no. Ho il compito di tutelare i miei studenti e di garantire alle famiglie che fino a quando non ci sarà la sicurezza per tutto il personale scolastico e gli studenti di poter mettere piede in classe, non torneranno in classe. Quando si ritornerà a scuola è perché avremo la certezza che i figli di tutti gli italiani siano al sicuro. Sarei felicissima di riportare i miei studenti in classe, soltanto quando le condizioni lo permetteranno. Quando si ritornerà a scuola è perché avremo la certezza che i figli di tutti gli italiani siano al sicuro”.

“Maturità? Ci sono due scenari, se si torna il 18 maggio ci sarà un esame con la commissione interna con il tema di italiano su base nazionale, mentre la seconda prova, invece, sarà decisa da ogni singolo istituto. Se non si torna a scuola ci sarà solo una prova orale. All’esame di maturità saranno ammessi tutti. Non avendo la sicurezza di avere raggiunto tutti gli studenti con la didattica a distanza, è questa la decisione giusta da prendere. Tuttavia la promozione non sarà garantita”.

“Esame di terza media? Ci sono due scenari. Se non si torna a scuola gli studenti presenteranno un elaborato finale e saranno scrutinati dopo la presentazione di questo scritto”.

Sul prossimo anno scolastico dice: “Stiamo pensando a un piano per riprendere le scuole in modalità in distanza se si dovesse riproporre il problema coronavirus anche in autunno. Penso al problema atavico alle classi pollaio in cui è difficile tenere il metro di distanza. Con lo staff del ministero lavoreremo a tutti gli scenari. Lunedì in Cdm discuteremo a un decreto che farà riferimento anche a questi aspetti”.

Supplenze brevi, nota esplicativa del Ministero dell’Istruzione

da La Tecnica della Scuola

Pubblicata la nota del Ministero dell’Istruzione, n. 8615 del 5 aprile 2020, in merito al conferimento di supplenze anche a seguito del rientro in servizio del titolare, ai sensi dell’art . 121 del decreto legge n.18/2020

CLICCA QUI PER LA NOTA

Il Ministero dell’Istruzione risponde al seguente quesito: “Come conoscere se ciascuna istituzione scolastica abbia la possibilità di calcolare il limite delle risorse spendibili in questo periodo emergenziale sulla base delle spese sostenute negli anni precedenti, nonché di chiarire se, in caso di un fabbisogno maggiore rispetto a quello risultante dalla spesa storica, dovuto, ad esempio, ad un aumento di assenze per malattia dei titolari nella mensilità di riferimento, fosse possibile attribuire ugualmente incarichi di supplenza breve anche oltre i limiti della spesa storica ma nel rispetto dell’art. 121”.

Il Ministero dell’Istruzione rileva che l’assegnazione delle risorse prevista dalla norma non si riferisce al limite entro il quale le istituzioni scolastiche possano conferire gli incarichi di supplenza breve e saltuaria in sostituzione del titolare assente.

Le istituzioni scolastiche potranno conferire incarichi di supplenza breve e saltuaria per le sole finalità e secondo le modalità previste dalla normativa vigente in via ordinaria.

Allo stato attuale, pertanto, alla luce della tendenza emersa nel mese di marzo, non ricorrono i presupposti di cui all’art. 121 per lo stanziamento, nel corrente mese, di un budget di risorse da destinare in via straordinaria al conferimento di incarichi di supplenza breve ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente per compensarne la flessione.

Il 15 aprile verrà effettuata un’apposita rilevazione dei contratti stipulati e caricati all’interno del sistema SIDI.

Didattica a distanza: acquisti più facili per le scuole

da La Tecnica della Scuola

Dagli avvocati Marco Mancarella e Elio Guarnaccia riceviamo un contributo che può essere utile alle segreterie delle scuole che in questo periodo devono procedere agli acquisti previsti dall’articolo 75 del “decreto Cura Italia”.

Com’è noto, a partire dal 1 aprile 2019 le Pubbliche ‘Amministrazioni possono acquisire esclusivamente servizi cloud qualificati dall’Agenzia per l’Italia Digitale – AGID.
Si vedano a proposito le Circolari nn. 2 e 3 del 2018 e il commento di chi scrive.
Per quanto riguarda le scuole, sono inclusi i servizi di didattica a distanza o le piattaforme che permettono il lavoro agile o strumenti innovativi di voto elettronico per gli organismi collegiali.

I servizi cloud qualificati disponibili per la PA sono reperibili nel Catalogo dei servizi Cloud per le pubbliche amministrazioni e si aggiungono a quelli già disponibili a listino erogati nell’ambito del Contratto quadro SPC Cloud Lotto 1 fino alla loro scadenza fisiologica, prevista per luglio 2021.

Illegittimità in caso di acquisto di servizi cloud non qualificati

Da quanto appena esposto sorge dunque il lecito dubbio che un eventuale contratto sottoscritto da una PA successivamente al 1 aprile 2019 per un servizio cloud non qualificato AgID, sia illegittimo.
Il dubbio fu sottoposto formalmente ad AgID dall’Università del Salento (AgID – Prot. Ingresso n.0006958 del 21/05/2019) attivandone, ai sensi dell’art. 14-bis Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD (D.Lgs. 82 del 2005), il potere di emanazione di atti amministrativi generali e di verifica attuativa del Piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione, con il quale il cloud trova piena attuazione nel nostro Paese.
L’AgID, con nota del 8 agosto 2019 a firma dell’allora Direttore Generale dott.ssa T. Alvaro, dava risposta alla richiesta di parere, così chiarendo: “I contratti sottoscritti dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 2 del CAD, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi IaaS, PaaS e Saas, non ricadono nell’ambito d’applicazione delle Circolari AgID n.2/2018 e n.3/2018, se perfezionati prima del termine statuito nelle medesime Circolari. E’ possibile, invece, ravvisare profili d’illegittimità negli affidamenti effettuati in deroga alle previsioni delle Circolari di cui si discute, a decorrere dal 1 aprile 2019”.

AgID, in tal modo, rilevava i profili di illegittimità delle procedure amministrative che conducono alla stipula con il fornitore, pur senza pronunciarsi circa il tipo di patologia che investe il relativo contratto (nullità o annullabilità).
Tale indicazione è in ogni caso preziosa perché conferma che il procedimento amministrativo che conduce al contratto è da intendersi viziato a monte, per evidente violazione di legge.

E in questo periodo di emergenza epidemiologica e gestionale delle PA?

A seguito dell’emergenza epidemiologica in atto si pone il dubbio se tale vincolo del Cloud Marketplace sia ancora da tenere in considerazione.
La risposta può essere ricavata dal recente Decreto Legge “Cura Italia” n. 18 del 17 marzo 2020.
L’articolo di riferimento è il 75, rubricato “Acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione del lavoro agile e di servizi in rete per l’accesso di cittadini e imprese”. In tale articolo viene disciplinata una modalità innovativa, e per molti versi rivoluzionaria, per l’approvvigionamento di “beni e servizi informatici, preferibilmente basati sul modello cloud SaaS (software as a service), nonché servizi di connettività”, da acquisire mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara disciplinata ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lett. c), del Codice Contratti, selezionando l’affidatario tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up innovativa» o un «piccola e media impresa innovativa», iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese. Il tutto sarà possibile sino al 31 dicembre 2020.

Nell’intero articolo, che come detto comprende anche i servizi in cloud, non è mai citato l’obbligo di reperimento degli stessi sul Cloud Marketplace di AGID.
Né si rinviene una (classica) citazione alle citate Circolari AGID che hanno meglio definito l’obbligo.
Ulteriore conferma della volontà del Governo di derogare a tale obbligo in questa fase emergenziale, viene dal sito del Ministero per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione: nella pagina dedicata al nuovo Decreto Legge, infatti, vi è un’ampia spiegazione dei contenuti del suo articolo 75, che non contiene alcun riferimento all’obbligo di individuazione dei servizi tra quelli qualificati nel Cloud Marketplace di AGID.

Fuori dalla classica gerarchia delle fonti, alla ricerca di ulteriori conferme dell’interpretazione sinora esposta, è utile esaminare il contenuto della recente Nota MIUR 17 marzo 2020 in tema di “Prime indicazioni operative per le attività didattiche a distanza”: neanche in essa è ravvisabile alcun riferimento all’obbligo di servizi cloud qualificati AGID. Come anche in altri atti governativi, ad esempio in tema di lavoro agile, oggi divenuta modalità ordinaria di lavoro pubblico nel periodo emergenziale.

Conclusioni

La scelta peraltro sembra condivisibile, proprio in ragione dell’emergenza epidemiologica. Da un lato, la norma è stata pensata proprio per semplificare le procedure pubbliche di approvvigionamento, riducendo gli adempimenti procedimentali ed ampliando l’alveo degli operatori disponibili sul mercato.
Per altro verso, è inevitabile che le misure restrittive di contrasto al contagio possano rallentare i processi di qualificazione, e dunque la permanenza dell’obbligo oggi avvantaggerebbe in modo anticoncorrenziale gli operatori qualificati prima delle misure.
Appare evidente, dunque, che l’obbligo di reperimento di servizi cloud qualificati tramite il Cloud Marketplace AGID, debba essere considerato temporaneamente sospeso. Quantomeno sino al 31 dicembre 2020, come previsto dal medesimo DL n. 18/2020.
Le scuole -come tutte le PA in genere- ottengono dunque un significativo alleggerimento, che mira a compensare le enormi difficoltà sorte dall’epidemia Covid-19, potendo dunque selezionare beni e servizi ICT seguendo lo schema semplificato della nuova procedura negoziale temporanea.

Avvocato MARCO MANCARELLA
Professore di Informatica giuridica in Unisalento
ELIO GUARNACCIA
Avvocato amministrativista

Carta docente, estesa fino al 13 aprile la possibilità di acquistare dispositivi per la didattica a distanza

da La Tecnica della Scuola

Con l’estensione, fino al 13 aprile, delle misure restrittive ad opera del DPCM 1° aprile 2020 (quindi anche la sospensione delle attività didattiche), il Ministero ha deciso di prorogare la possibilità, per i docenti, di acquistare altri prodotti per l’aggiornamento professionale, oltre a quelli normalmente previsti.

Così si legge in una FAQ del M.I.:

La Carta del Docente consente “l’acquisto di hardware”. In particolare quali sono i dispositivi che si possono acquistare?

La Carta del Docente permette “di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali” (art. 1, comma 121, legge 107/2015). Di conseguenza, personal computer, computer portatili o notebook, computer palmari, e-book reader, tablet, strumenti di robotica educativa rientrano nella categoria degli strumenti informatici che sostengono la formazione continua dei docenti. Altri dispositivi elettronici che hanno come principale finalità le comunicazioni elettroniche, come ad esempio gli smartphone, non sono da considerarsi prevalentemente funzionali ai fini promossi dalla Carta del Docente, come non vi rientrano le componenti parziali dei dispositivi elettronici, come toner cartucce, stampanti, pennette USB, videocamere, fotocamere e videoproiettori. Dall’11 marzo 2020 al 13 aprile 2020 è ammesso comunque l’acquisto di dispositivi hardware finalizzati all’aggiornamento professionale anche per organizzare una didattica a distanza come webcam e microfoni, penne touch screen, scanner e hotspot portatili.

Quindi, tutto ciò che riguarda la didattica a distanza, normalmente non ricompreso tra i prodotti acquistabili con la Carta Docente, ora potrà essere comprato. Questo fino al 13 aprile, termine dell’efficacia del DPCM 1° aprile.

Cos’altro di può acquistare

I 500 euro per i docenti si possono spendere in diversi modi:

  • a) libri e testi, anche in formato digitale, pubblicazioni e riviste comunque utili all’aggiornamento professionale;
  • b) hardware e software;
  • c) iscrizione a corsi per attività di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali, svolti da enti accreditati presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
  • d) iscrizione a corsi di laurea, di laurea magistrale, specialistica o a ciclo unico, inerenti al profilo professionale, ovvero a corsi post lauream o a master universitari inerenti al profilo professionale;
  • e) titoli di accesso per rappresentazioni teatrali e cinematografiche;
  • f) titoli per l’ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo;
  • g) iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del Piano nazionale di formazione.

Didattica a distanza e diritti degli studenti


Didattica a distanza e diritti degli studenti
Mini-guida per docenti – 6 aprile 2020

Strumento metodologico-pratico e spunti per l’azione educativa nel rispetto dei diritti delle persone di minore età

Il documento è stato elaborato dai componenti del Comitato paritetico MIUR-AGIA, istituito nell’ambito del relativo protocollo d’intesa. Hanno collaborato Mariangela Di Gneo per i contenuti e Andrea Santilli per il progetto grafico

Il diritto alla salute, costituzionalmente tutelato, è un bene primario. Per tutelare la salute propria e quella della comunità, sono state assunte, per decisione del Governo, misure rigorose, tra cui la chiusura delle scuole. Ad essa hanno fatto seguito indicazioni ministeriali per il proseguimento delle lezioni attraverso la didattica a distanza, in modo che non venisse meno la garanzia del diritto all’istruzione, fondamentale per il presente e il futuro del nostro paese.

Tuttavia, per reggere efficacemente una situazione di straordinario cambiamento, è necessario, anche “cambiare le regole del gioco”, rendendo la didattica a distanza agile e leggera, senza che essa rinunci a svolgere il suo importante compito educativo. Tale compito, in questo momento in cui l’isolamento sociale è spesso fonte di disagio e di stress, può tradursi in un accompagnamento virtuale dei bambini e dei ragazzi al fronteggiamento del cambiamento, affinché da esso sia possibile trarre nuovi apprendimenti. In questa direzione è importante porsi all’ascolto dei bambini e dei ragazzi, dei loro disagi e delle lori paure, così come delle loro proposte.

Il Comitato paritetico istituito in attuazione del protocollo di intesa tra il Ministero dell’istruzione e l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha predisposto una mini-guida “didattica a distanza e diritti degli studenti” che offre riflessioni e stimoli a partire dal “Manifesto della scuola che non si ferma” del Ministero dell’istruzione e dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

L’obiettivo che ci si è posti, in questi difficili giorni in cui gli insegnanti si stanno mettendo in gioco sperimentando la didattica a distanza e i bambini e i ragazzi, dal canto loro, stanno vivendo a fatica l’isolamento sociale, è quello di offrire uno strumento metodologico-pratico, contenente degli spunti per proseguire l’azione educativa nel rispetto dei diritti delle persone di minore età, sanciti dalla Convenzione ONU del 1989.

Si tratta di uno strumento pratico che ha anche la finalità  di porsi quale interfaccia dei docenti, chiedendo loro di inviare all’indirizzo di posta elettronica lascuolanonsiferma@istruzione.it materiali, idee, video, spunti ulteriori che potranno diventare patrimonio comune della comunità educante.
Pertanto l’ottica è bidirezionale: si offre uno strumento metodologico-pratico, ma ci si pone anche in posizione di ascolto.

La guida è scaricabile sul sito dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza.