Da Cittadinanzattiva due proposte per la scuola che riparte

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Per far ripartire la scuola in sicurezza e nello stesso tempo pensare a soluzioni che vadano oltre l’emergenza, è in atto uno sforzo collettivo di analisi al quale anche Cittadinanzattiva contribuisce con alcune proposte inviate al gruppo di parlamentari, fra cui gli onorevoli Paolo Lattanzio (M5S), Rossella Muroni (LeU), Lia Quartapelle (PD) e Paolo Siani (PD), che ha raccolto l’appello di alcune organizzazioni della società civile e ne ha fatto oggetto di dialogo con il Governo.

Le due proposte
Sono proposte che si muovono nel solco dell’impegno tradizionale di Cittadinanzattiva che da sempre ha posto attenzione agli spazi della scuola come elemento essi stessi di apprendimento, alla sicurezza dei ragazzi, dei docenti e degli operatori, alle peculiarità del sistema scolastico nelle aree interne. Oltre al Piano scuole dell’edilizia scolastica, occorre garantire per le 40.749 scuole statali e per le 12.564 paritarie, una mappatura degli spazi interni (aule, corridoi, mense, palestre, biblioteche, laboratori, ecc.) ed esterni (cortile, orti, spazi verdi…) per garantire distanziamento fisico, sicurezza e benessere a tutta la popolazione scolastica.

«Tale mappatura dovrebbe essere realizzata da una equipe interna alla scuola – composta da Dirigente scolastico, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, Rappresentante per la sicurezza dei Lavoratori e rappresentanti del Consiglio di istituto (docenti, genitori, studenti) – per identificare i luoghi e gli spazi a maggior densità e di passaggio e tutti quelli attualmente inutilizzati in modo da definire un piano di azione (tempi, spazi, costi) per la mitigazione dei rischi da sottoporre agli uffici comunali e provinciali competenti in vista della riapertura», dichiara Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva.

Fondi ad hoc
«Per questo andrebbe prevista una quota aggiuntiva e vincolata, all’interno del Piano scuole, per la piccola manutenzione e il recupero di cortili, parcheggi, e di tutti gli altri spazi comuni all’interno delle scuole. Occorre inoltre prevedere un fondo specifico di 100 mln di euro, da aggiungere ai 45 milioni già stanziati (DM 186 del 26/03/2020), da destinare agli Enti locali per: realizzare, prima della riapertura, la sanificazione dei locali scolastici ad opera di soggetti specializzati autorizzati dai Comuni; dotare le scuole, per l’intero anno scolastico, di attrezzature per la pulizia ordinaria e di dispenser con sapone, asciugamani e carta igienica, visto che solo una su dieci ne dispone. Tale fondo andrebbe successivamente incrementato, passata la fase emergenziale, con le risorse del Fondo della Protezione civile da destinare alla sicurezza sanitaria dei locali e all’acquisto dei dispositivi di protezione individuale per il personale scolastico», continua Bizzarri.

Scuole delle aree interne
Un’attenzione particolare meritano le scuole nelle aree interne e ultraperiferiche frequentate da quasi mezzo milione di studenti, dai 6 ai 18 anni. Per queste aree sarebbe ipotizzabile una riapertura degli istituti comprensivi, laddove è possibile garantire sin d’ora la distanza di sicurezza, considerando che spesso gli alunni sono molto meno numerosi che altrove e talvolta vi è abbondanza di spazi anche inutilizzati a disposizione. Questi territori possono diventare una volta ancora una risorsa e un luogo di sperimentazione per il nostro Paese, per questo Cittadinanzattiva chiede: il potenziamento della connessione e dei supporti digitali (su questo tema è attiva la nostra campagna Riconnessi ); la garanzia di trasporti extraurbani gratuiti per gli studenti delle scuole secondarie di II grado di queste aree; la previsione di incentivi per gli insegnanti che accettino per l’intero anno scolastico incarichi presso le aree suddette.

Leo e gli altri 284 mila alunni con disabilità «Dimenticati da tutti»

da Corriere della Sera

Valentina Santarpia

L a lezione a distanza per Gian Marco è iniziata. Ma la sua attenzione è altrove: la madre cerca di catturare il suo sguardo, invano. «È già un miracolo se riusciamo a farlo stare seduto davanti al computer per qualche minuto», spiega Roberta Degano, romana, 39 anni. Gian Marco ne ha sette, frequenta la I elementare, è un bambino luminoso e solare ma tre anni fa gli è stata diagnosticata la sindrome di Helsmoortel-Van Der Aa, che porta ritardo cognitivo grave, tratti di autismo e altre disfunzioni. La sua malattia è classificata come rarissima, ma le sue caratteristiche sono purtroppo comuni a quelle di altri 284 mila studenti di tutta Italia. «È disabile, e come tale ha bisogno di terapie continue — sintetizza Roberta —. Ma dall’inizio di questa pandemia siamo stati abbandonati. Ci hanno fatti iscrivere ad un portale per le lezioni a distanza, ma bambini come Giammi non riescono a seguire. E stiamo perdendo anni di terapia. Sono stanca di battermi per diritti fondamentali, del silenzio che ci circonda».

Il silenzio di cui parla è quello delle istituzioni, che le associazioni di disabili denunciano da settimane. «Nel comitato di esperti per la scuola non è stato inserito alcun referente specifico per la disabilità — spiega il presidente di CoorDown, Antonella Falugiani —. Eppure questo comitato dovrà elaborare anche le strategie di rientro a scuola: e sappiamo bene che per una persona con disabilità intellettiva occorrono strategie per apprendere regole fondamentali, come il distanziamento sociale, l’utilizzo di mezzi pubblici, mascherine e dispositivi di sicurezza».

La lettera

La ministra Azzolina ha scritto una lettera chiedendo di «sanare alcuni disallineamenti»

Nei vari provvedimenti del governo i disabili sono stati considerati solo marginalmente. Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) ha più volte segnalato che «il sistema italiano non è stato in grado di supportare la didattica a distanza per gli alunni con disabilità, il sostegno, l’uso di ausili alla comunicazione e la personalizzazione del software didattico». La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha scritto una lunga lettera dedicata al tema, per chiedere di sanare «alcuni disallineamenti», chiedere alle scuole di coinvolgere gli insegnanti di sostegno nella didattica a distanza e impegnarsi a fare di tutto perché la scuola resti inclusiva. «Ma non c’è niente di concreto. Non lasciare nessuno indietro… di grazia mi può spiegare come? — sbotta Vito Crea, calabrese, 58 anni, presidente di Angsa Reggio Calabria e Adda, padre di tre figli tra cui Francesca, 17 anni, autistica —. Sapete cosa vuol dire far indossare ogni mattina un casco al proprio figlio per girare in casa e impedirgli di sfracellarsi la testa contro il muro in una crisi autolesionista?».

Ci hanno fatti iscrivere a un portale per le lezioni a distanza, ma il mio Giammi non riesce a seguire: è un miracolo tenerlo al pc qualche minuto

Nell’ultimo decreto, del 26 aprile, si prevede che i centri di assistenza per disabili potranno riaprire dopo che le Regioni avranno predisposto protocolli per la prevenzione. Un primo passo? «Quattro righe dopo mesi di silenzio — commenta il presidente del Comitato famiglie lombarde disabili, Fortunato Nicoletti, pompiere, napoletano adottato da Milano, papà di 3 figli, tra cui Roberta, 4 anni fra poco e una malattia genetica, la displasia campomelica acampomelica, che richiede assistenza h-24 —. Nessuno si è informato in questi mesi dei nostri fragilissimi bambini, non è stato proposto un test alle famiglie o agli operatori, abbiamo interrotto le terapie per mancanza di sicurezza».

Nel comitato di esperti per la scuola non c’è un referente per la disabilità

Eppure dovranno elaborare anche le strategie di rientro

L’impressione è che, nell’emergenza della pandemia, «si siano dimenticati tutti di noi — dice Sara Anzellotti, 42 anni, di Rubbiate (Lecco), Movimento genitori Lombardia, madre di Leonardo, bambino autistico di 8 anni —. Stanno lasciando indietro i più fragili. Come scrive Bauman, si misura la tenuta di un ponte a partire dalla solidità del suo pilastro più piccolo. E invece cosa succederà? A settembre, al rientro a scuola, saremo considerati untori, diversi, sempre più disabili. Non abbiamo bisogno di un’altra spinta indietro: siamo fermi da quando la vita ci ha messo al muro, anni fa».

Maturità 2020, cresce il no all’esame in classe. Come si convertono i crediti

da Corriere della Sera

Gianna Fregonara

Mentre si discute sul da farsi per la ripresa di settembre, scoppia un’altra grana sul tavolo della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. L’Associazione nazionale presidi pubblica una nota in cui si spiega che non è detto che l’esame di maturità in classe si possa realmente fare. Pazienza se l’esame a distanza non lo ha mai provato nessuno e rischia di portare più problemi che altro, pazienza per l’importanza della prova per i ragazzi: la paura del contagio ha ancora la meglio. Si spiega nella nota che tra i «dirigenti, docenti e personale Ata ci sono notevoli perplessità» per il rischio sanitario che si potrebbe correre stando in classe per diversi giorni per completare gli esami. «Pur nella piena consapevolezza del valore simbolico dell’esame – scrivono i presidi – devono essere soppesate con estrema attenzione tutte le circostanze in cui esso dovrebbe svolgersi. Va affrontato e risolto al più presto il vero problema: definire specifici protocolli di sicurezza inerenti gli strumenti, le procedure e le connesse responsabilità. Non possiamo lasciare sole le scuole – e i dirigenti che ne gestiscono l’attività – nel decidere come organizzarsi. Servono regole chiare e servono subito». Per quanto riguarda il Lazio spiega Mario Rusconi, a capo dell’associazione presici della regione: «A Roma il patrimonio edilizio-scolastico nel 70% circa dei casi è risalente a prima degli anni ‘70 per cui gli spazi ampi come palestre, aule magne e corridoi spaziosi sono veramente difficili da trovare». Contro l’esame in presenza, c’è anche una petizione dei «partigiani della scuola» su change.org. E i sindacati, dalla Cgil alla Cisl e alla Uil chiedono risposte al governo al più presto: Senza protocollo di sicurezza non c’è alcuna possibilità di fare la maturità», ha detto da Francesco Sinopoli (Flc Cgil).

Le rinunce

Dal ministero fanno sapere che il protocollo per l’esame è quasi pronto. Ma è vero che in questi giorni in cui si stanno formando le commissioni (tutte composte da membri interni, salvo il presidente) cresce l’apprensione dei presidi per le possibili defezioni degli insegnanti: il termine per la composizione era il 30 aprile ma non tutti sono pronti. In caso di rinuncia da parte dei prof – devono farne parte necessariamente quello di italiano e della materia di indirizzo – si attingerà ai colleghi, magari più giovani, della stessa classe. Come estrema ratio è prevista l’ipotesi di assumere supplenti ad hoc.

L’appello dei sindacati uniti: “Un commissario per la ripartenza della scuola”

da ItaliaOggi

Corrado Zunino

ROMA – Servono investimenti, per far ripartire la scuola, “non una ministra che cambia opinione ogni ventiquattr’ore”. Lo dice Francesco Sinopoli, segretario della Cgil scuola, i lavoratori della conoscenza. E dettaglia Maddalena Gissi, segretaria Cisl (scuola): “Tre miliardi di euro, la cifra che circola, servono solo per pagare le supplenze per dieci mesi se fai lo sdoppiamento di infanzia e primaria”. La segretaria Snals, Elvira Serafini“Per riaprire infanzia e superiori sono necessari cinque miliardi e mezzo”.

Ruota molto intorno al tema delle risorse speciali, la videoconferenza dei cinque sindacati sempre più unitariamente contro la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che non ha mai osato mettere al centro del dibattito la questione. E il livello della tensione è così alto che la Cisl arriva a esplicitare: “Siamo fermi all’anno sotto zero, per la scuola e la ripartenza a settembre serve un commissario, che conosca la materia, ascolti i lavoratori e inizi a preparare un piano per un rientro che sarà difficilissimo”. Un commissario come per il Ponte Morandi, dice, qualcosa in più di un capo di un Comitato di esperti, il pur bravo Patrizio Bianchi, che, comunque, è già su posizioni distanti dalla stessa ministra che lo ha nominato. “Serve un vero e proprio Piano Marshall”.

Lo Snals fa sapere: “Non si può immaginare, a settembre, una classe metà in didattica a distanza, metà in aula. La scuola è interazione. La ministra non può andare in tv, dichiarare e poi spiegare: “Volevo vedere le reazioni del mondo dell’istruzione, un po’ di serietà. La scuola brucia e la Azzolina ogni giorno butta altro fuoco”.
Pino Turi, segretario Uil scuola: “C’è un ministro il cui unico piano è quello di escludere i sindacati. In tutti i settori si fanno accordi, non nell’istruzione. La gestione degli orari va lasciata alle singole scuole, autonome. E i concorsi in estate più gli spostamenti di centomila docenti in mobilità più la ripartenza più i centri estivi garantiranno il caos a settembre. Servirebbe fare meno movimenti possibili, qui si sta amministrando senza alcuna logica. Non ci piacciono i pieni poteri della Azzolina, tanto più perché sono stati assegnati a una ministra che non sa dove ci porta. Ha paura del confronto perché non ha idee e approfitta di un sindacato che, per la pandemia, non si può mobilitare”.
Lo scorso febbraio – prima della quarantena bimensile – uno sciopero confederale era già stato fissato: per il 17 marzo. Ora i cinque sindacati hanno segnato per mercoledì 13 maggio una campagna di videoassemblee sulle decisioni della ministra. E’ la lotta al tempo del Covid.

Rino Di Meglio, Gilda degli insegnanti: “Lo sa la ministra che un termoscanner costa migliaia di euro e che gli istituti scolastici in Italia sono 42.600? Forse non lo sa ed è giunta l’ora che ci rivolgiamo direttamente al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte”. Chiude Francesco Sinopoli: “Senza risorse straordinarie non c’è riorganizzazione dell’orario di lavoro né ripartenza a settembre, con priorità per materne ed elementari. Il ritardo è già grave, la scuola deve diventare una priorità del governo subito”

I sindacati sfiduciano la ministra

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Servono 12 miliardi per far ripartire la scuola in sicurezza a settembre. Mentre ieri la task force presieduta da Patrizio Bianchi proseguiva con il lavoro preparatorio al primo report, tra riunioni del gruppo dei 18 esperti ed audizioni, i sindacati in videoconferenza hanno messo sul tavolo il loro di programma: 12 miliardi aggiuntivi tra potenziamento degli organici, revisione e ammodernamento delle strutture edilizie, sdoppiamento delle classi, al massimo con 12 studenti, oltre e a guanti e mascherine per tutti. A fare il calcolo i segretari firmatari del contratto nazionale, Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda, che con toni piuttosto accessi hanno criticato l’operato della ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina. Chiedendo che dell’emergenza Coronavirus e dei problemi legati alla ripartenza del prossimo anno scolastico si occupi «un commissario straordinario».

I cinque segretari hanno nello specifico chiesto di assumere più docenti e Ata: per farlo servono 3 miliardi per scuola dell’infanzia e primaria, altri 2 miliardi per scuola secondaria di primo e secondo. Poi, oltre 5 milioni al dì per mascherine e guanti. Altri 6 miliardi servono per ristrutturare le scuole. Questi i costi per far ripartire una didattica in presenza.

Per garantire il diritto allo studio in questa fase di emergenza e per rilanciare la scuola serve «un punto di Pil da pianificare nel tempo. Se già avessimo il tempo scuola della condizione precedente ai tagli Gelmini e Tremonti saremmo già meglio», dice Francesco Sinopoli, segretario generale Flc-Cgil.

«Abbiamo bisogno di posti stabili già a settembre, non possiamo riprendere con 200 mila precari, e pensando di fare intanto concorsi e mobilità», attacca Pino Turi, segretario Uil scuola. Maddalena Gissi segretario Cisl scuola, oltre a denunciare l’eccesso di alunni per classe, parla di «difficoltà di rapporto con il ministero. Le uscite della ministra ci preoccupano molto».

Una bussola per partire in sicurezza è attesa dalla task force nominata dalla ministra e che chiuderà i propri lavori entro fine luglio. In questa settimana dovrebbe essere conclusa una prima fase. I ragionamenti, che riguardano docenti, personale, strutture edilizie e spazi utilizzabili, sono articolati secondo tre scenari: il peggiore è che a settembre si torni a scuola in una situazione che è quella che oggi detiene ancora la Lombardia. Quella migliore è che ci siano i tassi bassissimi di contagio della Basilicata. La realtà potrebbe essere però ancora diversificata tra regioni, e questo richiederà probabilmente strumenti e soluzioni diverse, che si sommano alle diversità ordinarie delle stesse scuole. Le soluzioni dunque saranno affidate in modo decisivo all’autonomia delle istituzioni e alle capacità organizzative di presidi e comunità educante.

Intanto c’è il nodo organici da risolvere e che la task force Bianchi, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, sta analizzando. Perché al di là delle richieste dei sindacati di raddoppiare il personale, pure sull’organico ad oggi in vigore vi sono incertezze: sono attese circa 170 mila supplenze. In tempi ordinari le cattedre non vengono mai coperte tutte prima dell’autunno inoltrato. Stante l’emergenza Covid-19, come garantire che i docenti a legislazione vigente previsti siano tutti al loro posto il primo settembre, pronti per fare i corsi di recupero e avviare una didattica articolata tra presenza e on line? Domanda ancora in attesa di risposta.

Nuove graduatorie provinciali per avere supplenti da settembre

da ItaliaOggi

Carlo Forte

La maggioranza al senato anticipa l’entrata in vigore dal prossimo 1° settembre di nuove graduatorie provinciali. Per ovviare alla carenza di candidati.

Saranno utilizzabili dagli uffici scolastici per disporre le supplenze annuali fino al 31 agosto e quelle temporanee fino al termine delle attività didattiche (30 giugno). Lo scorrimento degli elenchi avverrà solo se nelle graduatorie a esaurimento non dovessero essere inclusi aspiranti docenti in numero sufficiente a coprire le disponibilità. Gli aspiranti collocati nelle graduatorie provinciali potranno chiedere di essere inclusi anche nelle graduatorie di istituto di 20 scuole a loro scelta, ubicate nella stessa provincia dove risulteranno inclusi negli elenchi provinciali. E i dirigenti scolastici utilizzeranno le nuove graduatorie di istituto, così costituite, non solo per conferire le supplenze fino al 31 agosto e fino al 30 giugno, ma anche per le supplenze brevi e saltuarie. È quanto prevedono due emendamenti presentati in VII commissione al senato, il 29 aprile scorso, durante l’esame della legge di conversione del decreto-legge 22/2020 (AS 1774). Il primo emendamento (2.86) porta la firma di Bianca Laura Granato, capogruppo in commissione del M5S, e il secondo (2.85) di alcuni senatori di Leu ( prima firma la capogruppo, Loredana De Petris), del Pd (Francesco Verducci) e del gruppo misto (Elena Fattori ex M5S).

L’emendamento Granato dispone la sostituzione del comma 4, dell’articolo 2, del decreto-legge 22/2020, che proroga di un anno le attuali graduatorie di istituto. E prevede di anticipare al 1° settembre prossimo l’entrata in vigore dei nuovi elenchi provinciali previsti dal comma 6-bis, dell’articolo 4, della legge 124/99 attribuendo la ministro dell’istruzione il potere di dettare le norme di attuazione con un decreto non regolamentare. Il comma 6-bis, peraltro, è stato introdotto di recente dall’articolo 1-quater del decreto-legge 126/2019. E non fa alcun riferimento alle graduatorie di istituto, limitandosi ad assegnare alle nuove graduatorie provinciali una funzione sussidiaria rispetto alle graduatorie a esaurimento. Che sarebbero utilizzabili solo in coda a queste ultime e solo ed esclusivamente per disporre le supplenze annuali fino al 31 agosto e le supplenze fino al 30 giugno.

Le disposizioni che riguardano le graduatorie di istituto sono contenute, invece, nel comma 3, dell’articolo 1-quater, del decreto-legge 126/2019. Il dispositivo prevede che gli aspiranti docenti che saranno inseriti nelle nuove graduatorie provinciali potranno indicare fino a un massimo di 20 istituzioni scolastiche della provincia nella quale avranno presentato domanda per ciascuno dei posti o classi di concorso cui avranno titolo. L’indicazione delle 20 scuole avverrà contestualmente alla presentazione della domanda di inserimento nelle graduatorie provinciali.

Ma a differenza che in passato la domanda per le 20 scuole (cosiddetto modello B) non potrà essere finalizzata ad ottenere supplenze in una provincia diversa da quella indicata per le graduatorie provinciali. L’impossibilità di optare per un’altra provincia per le 20 scuole potrebbe indurre molti aspiranti docenti del Sud a non presentare la domanda per una provincia del Nord. E siccome la maggior parte degli aspiranti docenti, di solito, risiede al Sud, ciò potrebbe incrementare esponenzialmente il fenomeno deteriore delle messe a disposizione, con notevoli aggravi di oneri per le segreterie. Che a loro volta potrebbero determinare forti ritardi nell’assunzione dei supplenti e riflessi negativi sull’ordinato avvio dell’anno scolastico. Tanto più che, dal prossimo anno, si prevede che le cattedre da coprire con contratti a tempo determinato potrebbero superare la cifra record di 200 mila unità.

L’emendamento Verducci, invece, definisce il perimetro entro il quale il ministro dell’istruzione dovrebbe operare per modificare il regolamento sulle supplenze mettendo in sicurezza il decreto da eventuali vizi di legittimità derivanti da una delega in bianco. Il decreto dovrebbe essere emanato entro il 15 giugno e dovrebbe apportare modifiche al decreto 131/2007 semplificando la valutazione dei titoli e la disciplina sanzionatoria. In particolare il provvedimento dovrebbe limitare i titoli valutabili ai servizi prestati nelle scuole statali e paritarie, ai titoli di studio rilasciati da università, conservatori, accademie e istituzioni scolastiche e ai titoli di abilitazione e di specializzazione per il sostegno.

Il decreto ministeriale dovrebbe, inoltre, regolare la presentazione via web delle domande degli aspiranti avendo dura di disporre la comunicazione automatica del punteggio all’atto dell’inoltro delle istanze e l’informatizzazione della procedura di accettazione, mancata accettazione ed eventuale reclamo da parte degli aventi titolo. Infine, il provvedimento dovrebbe regolare anche l’assegnazione ai precari degli spezzoni inferiore a 6 ore, se aggregabili in spezzoni di entità superiore.

Precari assunti senza concorso

da ItaliaOggi

Carlo Forte e Alessandra Ricciardi

Incrementare il numero delle cattedre del concorso straordinario per il ruolo da 24mila a 40mila unità e trasformare la procedura da selezione per esami e titoli a procedura per soli titoli. Lo prevede un emendamento all’articolo 2 del decreto-legge 22/2020 (2.19) proposto il 29 aprile scorso in VII commissione del senato durante la discussione del disegno di legge di conversione (AS 1774) da Francesco Verducci e Andrea Marcucci (Pd), Loredana De Petris (Leu) e da Albert Laniece (Aut). Dunque, è scontro aperto all’interno della maggioranza tra il Movimento 5 Stelle, irremovibile dalla propria posizione storica di assoluta preclusione ad accettare che le immissioni in ruolo vengano disposte senza concorso, e il Pd e Leu che preferirebbero optare per una selezione per titoli a causa dell’emergenza sanitaria in corso.

L’emendamento, peraltro, recepisce le richieste avanzate coralmente dai sindacati firmatari del contratto di lavoro Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda , che hanno proposto già da tempo alla ministra Lucia Azzolina di optare per una selezione per titoli. Ed hanno ribadito la loro posizione il 28 aprile scorso in un comunicato unitario nel quale avvertono «che è necessario che il concorso straordinario venga espletato per soli titoli al fine di garantire tempi e modi di immissione in ruolo già a settembre; il personale così assunto parteciperebbe ad una formazione in servizio pari a quella già prevista dalla legge e sarebbe confermato in ruolo al termine dello stesso, previa prova orale selettiva». Sulla posizione potrebbe esserci la saldatura con la Lega guidata al senato dal presidente della VII commissione, Mario Pittoni, che sostiene l’impossibilità causa Covid -19 di procecere in tempi celeri con il concorso.

L’emendamento, se approvato, determinerebbe una modifica del decreto-legge 126/2019. Che è il provvedimento con il quale è stato istituito il concorso straordinario e la procedura straordinaria per il conseguimento della mera abilitazione al quale è stata data attuazione dalla ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, rispettivamente, con i decreti 510 e 497 del 28 aprile scorso. La modifica prevista consisterebbe nella cancellazione della prova scritta del concorso straordinario e della procedura per l’abilitazione e nella sostituzione con una selezione per soli titoli basata sul punteggio di servizio e sui titoli di studio.

Ciò comporterebbe una forte riduzione dei tempi di individuazione dei vincitori del concorso per effetto della cancellazione della prova scritta e, probabilmente, consentirebbe di assumere i vincitori già dal 1° settembre prossimo. La compilazione della graduatoria, infatti, si configurerebbe come un mero procedimento amministrativo.

Ripartire in sicurezza, senza dimenticare i più piccoli

da ItaliaOggi

di Emanuela Calza* *segretaria nazionale Flc-Cgil

La pandemia ha cambiato abitudini e prospettive di interi settori della vita sociale ed economica del Paese, portando con sé gravi conseguenze in tutti gli ambiti di vita delle persone; l’isolamento sociale e la sospensione delle attività ha riguardato, più e prima di tutto, il sistema pubblico di istruzione, determinando vuoti relazionali e interruzione del percorso formativo di milioni di alunni.

In questo preoccupante scenario, di scuola si è parlato poco e, soprattutto, la scuola dei più piccoli, primaria e dell’infanzia, sembra completamente scomparsa dai radar della politica.

In poco tempo i bambini sono tornati a essere, nella percezione collettiva, un problema delle famiglie, di cui ci si occupa marginalmente, riconoscendoli tutt’al più come soggetti bisognosi di cura e protezione, non certo titolari di diritti inalienabili, tra cui il diritto alla formazione e all’istruzione.

Eppure per loro la sospensione dell’attività in presenza ha rappresentato uno stravolgimento di vita e di opportunità, lasciandoli senza i punti di riferimento rappresentati dalla frequenza scolastica, privi delle sicurezze delle routines quotidiane, proiettati in una realtà di divieti e di paure, di dolore e di lutti.

Le maestre e i maestri si sono trovati di fronte a uno dei compiti più difficili: mantenere vivo il contatto con gli alunni e dare continuità, per quanto possibile, al percorso formativo, nella difficoltà di costruire con loro un senso allo stare a casa, di motivarli a rispondere agli stimoli filtrati attraverso uno schermo, a partecipare ad attività che non hanno il riscontro, di per sé gratificante, del «fare con gli altri».

Un lavoro prezioso che non ha potuto colmare le lacune e superare le criticità della «distanza» e non ci deve far sottovalutare la necessità urgente di riattivare la scuola in presenza, per riallacciare le fila di un percorso interrotto e restituire alle bambine e ai bambini quanto loro sottratto in questi lunghi mesi di sospensione La ripartenza dovrà avvenire, quindi, al più presto, in condizioni di sicurezza e di qualità, avendo presenti le ferite psicologiche e le disuguaglianze approfondite dall’esperienza dell’ olamento.

Precondizione per la riapertura delle scuole è avere indicazioni certe su comportamenti e dispositivi di protezione necessari e compatibili, consapevoli che le fasce di età a cui fanno riferimento le scuole dell’infanzia e primaria, dove corporeità e movimento, relazione e contatto interpersonale, sono elementi intrinseci ai processi di apprendimento, richiedono particolari attenzioni.

Solo dopo un’attenta valutazione di questi aspetti si potrà procedere alla proposta di modelli organizzativi, fondati su tempi distesi e spazi adeguati, da attuarsi con investimenti straordinari a tutti i livelli.

Occorre un piano di assunzioni per adeguare gli organici docenti e Ata alle nuove esigenze, implementare le figure di supporto quali gli assistenti per gli alunni disabili e i mediatori culturali, prevedere risorse aggiuntive per la sanificazione dei locali, degli arredi, delle suppellettili.

Servono investimenti in edilizia scolastica, a partire da una ricognizione dell’esistente, all’individuazione e dal recupero di spazi dismessi, alla costruzione di nuovi edifici per rendere applicabili le misure anticontagio, rendere fruibili in sicurezza tutti gli spazi, chiusi e aperti, compresi servizi igienici, mense ecc. progettare ambienti di apprendimento più belli e funzionali.

Sono risorse necessarie ora per organizzare e avviare la ripartenza, da utilizzare poi per sostenere e diffondere modelli organizzativi e didattici inclusivi, efficaci, capaci di colmare le disuguaglianze, offrire ai bambini e alle bambine una prospettiva concreta di successo formativo e fare del nostro Paese un modello di scuola e di democrazia in tutto il mondo.

Smart working sino a fine luglio, l’emergenza non è finita

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Il telelavoro continuerà ad essere la modalità ordinaria per lo svolgimento della prestazione di lavoro dei lavoratori della scuola fino alla cessazione dello stato di emergenza previsto per fine luglio. Lo ha ricordato ai dirigenti scolastici il capo dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del ministero dell’istruzione, Max Bruschi, con una nota emanata il 1° maggio scorso. Il passaggio alla fase 2 dell’emergenza Covid-19, dunque, non deve essere inteso come un allentamento delle misure di prevenzione del contagio. Che resteranno in vigore anche nella fase 2, così come previsto dall’articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito dalla legge 29 aprile 2020, n. 27.

Il decreto del presidente del consiglio dei ministri del 26 aprile scorso, peraltro, richiama espressamente proprio tale norma confermando «l’adozione del lavoro agile quale modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, ivi comprese le istituzioni scolastiche». E per questo motivo, l’amministrazione centrale ha ricordato ai dirigenti scolastici che « il lavoro prosegue presso le predette istituzioni con le modalità finora adottate sino al prossimo 17 maggio 2020 ». Ma sarà prorogata fino al termine dell’emergenza, ad oggi fissata a fine luglio.

Esami semplificati e nuova Dad

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Esami di stato in forma semplificata e rientro a scuola a settembre a giorni alterni. Nei prossimi giorni la ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, dovrebbe emanare l’ordinanza che recherà le disposizioni per lo svolgimento degli esami. E successivamente dovrebbero essere emanate anche le disposizioni sull’avvio del nuovo anno scolastico. Per quanto riguarda gli esami di stato è possibile anticipare il contenuto dell’ordinanza. Gli esami di III media saranno sostituiti da una tesina e dalla valutazione da parte del consiglio di classe. Gli esami di maturità, invece, consisteranno in un colloquio davanti a una commissione di docenti interni con presidente esterno.

Dunque, a viale Trastevere ha prevalso la linea della prudenza. La ministra, ha optato, infatti, per la soluzione prevista dal comma 4, dell’articolo 1, del decreto-legge 22/2020. Che dispone una versione semplificata per gli esami conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione qualora non si potesse autorizzare il rientro a scuola entro il 18 maggio.

La titolare del dicastero di viale Trastevere, peraltro, avrebbe deciso di optare per lo svolgimento degli esami di maturità in presenza. Le nuove disposizioni saranno formalizzate con una o più ordinanze da emanarsi a breve. Le ordinanze regoleranno la sostituzione dell’esame di stato conclusivo del primo ciclo di istruzione con la valutazione finale da parte del consiglio di classe che dovrà tenere conto di un elaborato del candidato.

L’ordinanza recherà anche le modalità e i criteri per l’attribuzione del voto finale, con specifiche disposizioni per i candidati privatisti. Per gli esami di maturità è prevista l’eliminazione delle prove scritte e la sostituzione delle prove con un unico colloquio.

L’ordinanza regolerà la prova orale articolandone contenuti, modalità anche telematiche e punteggio per garantire la completezza e la congruità della valutazione, e specifiche previsioni per i candidati esterni. La commissione degli esami di maturità sarà interamente formata da commissari interni con la sola eccezione del presidente esterno. E valuterà i candidati avendo a disposizione 60 crediti relativi all’andamento del triennio e 40 crediti per l’esame finale. In buona sostanza, dunque, sarà data maggiore importanza al curriculum rispetto al colloquio. E questa è la novità di quest’anno.

La normativa sugli esami di stato, infatti, prevede in via ordinaria l’esatto contrario: 40 crediti al curriculum e 60 crediti al colloquio. L’intenzione del legislatore pre-Covid 19, infatti, era quale di dare maggior rilievo alla terzietà del giudizio adottato da una commissione prima composta in prevalenza da docenti esterni e poi gradualmente riportata in equilibrio: metà esterni e metà interni più il presidente esterno.

L’emergenza sanitaria in corso, però, ha indotto il legislatore a rivedere in via del tutto eccezionale questo criterio, valorizzando la valutazione allo stato degli atti registrati nel periodo precedente alla sospensione delle lezioni. Di qui la modifica del computo del punteggio per la valutazione del curriculum e la valorizzazione del bagaglio di conoscenza pregressa degli studenti da parte dei docenti del consiglio di classe.

In più, per gli esami di III media, per i quali la normativa pre-Covid 19 prevedeva già la commissione interna, il legislatore ha ritenuto di cancellare prove scritte e colloquio, sostituendoli con una tesina presentata dagli alunni e la sostituzione dell’esame con una deliberazione del consiglio di classe allo stato degli atti, avuto riguardo anche all’elaborato presentato dall’alunno.

Quanto alle novità sull’avvio del nuovo anno scolastico, la ministra Azzolina ha previsto tre possibilità. La prima è che l’emergenza venga a cessare e si rientri a scuola.

Ipotesi ottimistica che probabilmente non troverà riscontro nella realtà. La seconda è che l’emergenza persista, nel qual caso si continuerà con la didattica a distanza. E infine, la terza, che è ritenuta più probabile, è che lo stato di emergenza si attenui e che si possa rientrare a scuola almeno parzialmente e con le dovute precauzioni. In quest’ultimo caso le classi verrebbero divise in due gruppi che frequenterebbero la scuola in presenza ma a giorni alterni.

Il giorno in cui uno dei due gruppi dovesse frequentare in presenza, l’altro gruppo seguirebbe le lezioni a distanza e via web e viceversa. Allo stato attuale si tratterebbe di una mera ipotesi, tutta da verificare, che comporterebbe un aggravio di oneri a carico dei docenti. E necessiterebbe di una disciplina contrattuale di dettaglio che manca del tutto. Anche nella fase attuale, peraltro, sebbene l’articolo 2, comma 3, del decreto-legge 22/2020 nel prevedere l’obbligo della didattica a distanza per i docenti faccia espresso riferimento al contratto di lavoro, la normativa non è stata modificata. E siccome nel contratto non è previsto il telelavoro per i docenti, la norma è attualmente priva dei requisiti di effettività.

Supplenti senza supplenze brevi: il flop delle proroghe

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Supplenti senza supplenze. È l’effetto delle difficoltà interpretative collegate all’applicazione delle nuove disposizioni introdotte dal decreto legge 18/2020. Che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto ampliare il novero degli occupati e che, invece, sta ottenendo l’effetto contrario.

L’articolo 121 del decreto-legge 18/2020 dispone, infatti, la proroga dei contratti di supplenza breve e saltuaria anche in caso di rientro del titolare. Sempre che tali proroghe fossero risultate finanziabili con le risorse che avrebbero essere assegnate alle istituzioni scolastiche in base alla spesa storica calcolata sulla sull’ultimo triennio. Tanto si evince dalla nota 392 emanata dal ministero dell’istruzione il 18 marzo scorso. Siccome la questione ha ingenerato forti perplessità tra gli addetti ai lavori, anche dopo l’emanazione della nota, l’amministrazione è intervenuta con ulteriori chiarimenti per altre due volte.

Il 5 aprile scorso con la nota 8615, con la quale il ministero ha ribadito che le istituzioni scolastiche debbano «garantire che gli incarichi di supplenza breve e saltuaria continuino a essere regolarmente conferiti anche durante questo periodo emergenziale di sospensione della didattica in presenza». E ha chiarito, inoltre, che le supplenze brevi e saltuarie debbano essere disposte e prorogate durante il periodo dell’emergenza.

Anche in caso di rientro del titolare, sebbene entro il limite delle risorse assegnate. Infine, il terzo intervento interpretativo da parte dell’amministrazione centrale è stato effettuato con la nota 10133 del 25 aprile, con la quale il ministero ha comunicato alle scuole che, dai rilievi effettuati, già nei primi 15 giorni del mese di aprile le risorse per finanziare le assunzioni in deroga risultavano esaurite. «Ne consegue» si legge nel provvedimento «che potranno continuare ad essere conferiti incarichi di supplenza breve e saltuaria esclusivamente secondo le modalità previste dalla normativa vigente, restando inibita la possibilità di stipulare contratti in caso di rientro del titolare».

Le oscillazioni interpretative del ministero hanno indotto dirigenti scolastici ad astenersi dall’applicare le nuove disposizioni, nel timore di incorrere nella responsabilità per danno erariale a fronte dello sforamento delle risorse assegnate. E al permanere della sospensione delle lezioni in presenza, molti presidi si stanno astenendo anche dal disporre le supplenze per sostituire i docenti assenti. Non solo nelle scuole secondarie, dove da anni la prassi invalsa va nel senso di considerare utili ai fini delle sostituzioni le assenze inferiore ai 15 giorni, ma anche nelle scuole dell’infanzia e primaria dove tale limite non esiste.

Resta il fatto, però, che nulla è mutato nella normativa che regola le supplenze brevi. E le disposizioni in vigore non precludono l’assegnazione delle supplenze anche per assenze inferiori a quelle previste dalla legge sia che si tratti di scuole secondarie che scuole di altro ordine. Per quanto riguarda le secondarie, l’articolo 22, comma 6, della legge 448/2001 non vieta le supplenze di durata inferiore a 15 giorni. Il dispositivo, infatti, si limita a prevedere la mera facoltà, in capo ai dirigenti scolastici, di incaricare delle sostituzioni i docenti già in servizio, se disponibili. E dispone che i soldi risparmiati debbano essere versati, a consuntivo, nel fondo di istituto.

La stessa cosa vale per le scuole dell’infanzia e primarie. In questo caso la legge si limita a vietare le supplenze della durata di un solo giorno (si veda l’articolo 1, comma 33, della legge 190/2014). In ciò consentendo ai dirigenti scolastici di disporre le sostituzioni per assenze di durata superiore. Tale facoltà non è stata preclusa nemmeno dall’entrata in vigore della legge 107/2015. Che al comma 85, dell’articolo 1, si limita a conferire ai dirigenti la mera facoltà di provvedere alle sostituzioni per assenze non superiori a dieci giorni con docenti interni appartenenti allo stesso ordine di scuola (infanzia, primaria, secondaria). Sempre se disponibili o con ore a disposizione.

Negli istituti omnicomprensivi, in caso di assenza di un docente di scuola secondaria di II grado, le supplenze possono anche essere effettuate da un docente di scuola media. Ma in questo caso la legge prevede che non sia dovuta la cosiddetta indennità di mansioni superiori. E cioè la retribuzione che gli sarebbe spettata se fosse stato un docente della secondaria di II grado.

Resta ferma la necessità di ricorrere alle supplenze brevi e saltuarie solo per i tempi strettamente necessari ad assicurare il servizio scolastico, così come previsto dall’articolo 1, comma 78, legge 662/96. Ma ciò non comporta la cessazione del diritto soggettivo all’assunzione dell’aspirante docente utilmente collocato in graduatoria (si veda la sentenza della Corte di cassazione 5048/2020, paragrafo 2.2). E quindi i comportamenti omissivi dei dirigenti scolastici potrebbero esporre l’amministrazione al rischio di azioni risarcitorie.

Riservato, tre anni nelle statali

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Servono 3 anni di servizio dal 2008/2009 al 2019/2020 prestati in qualunque grado di istruzione nella scuola statale e la laurea o il titolo accademico di accesso alla classe di concorso. i requisiti previsti dal decreto 510 del 28 aprile scorso per partecipare al concorso straordinario per il ruolo nelle scuole secondarie. I posti messi a concorso sono 24mila in tutta Italia. Le domande di partecipazione potranno essere inoltrate, esclusivamente via web e dal sito del ministero dell’istruzione, dalle ore 9.00 del 28 maggio alle 23.59 del 3 luglio prossimo. Ognuno dei tre anni di servizio necessari a partecipare dovrà essere stato prestato per almeno 180 giorni o ininterrottamente dal 1° febbraio agli scrutini finali. Coloro che necessitano di far valere l’anno in concorso per completare il triennio saranno ammessi con riserva. E la riserva sarà entro il 30 giugno prossimo al conseguimento dei requisiti.

È necessario inoltre che almeno uno dei tre anni sia stato svolto nella classe di concorso per la quale si intenda partecipare. Tale ultimo requisito non è richiesto per i docenti di ruolo. La procedura verterà su una prova scritta computer basic, che si terrà ad agosto, incentrata su 80 quesiti a risposta multipla: 45 sulla disciplina e 30 su didattica e metodologia e 5 per l’inglese. I candidati avranno a disposizione 80 minuti. Il superamento della prova avverrà al conseguimento di un punteggio non inferire a 7/10 e comporterà l’inclusione nella graduatoria di merito previa valutazione dei titoli, per i quali la commissione ha a disposizione 20 punti.

Vinceranno il concorso i candidati che risulteranno collocati in graduatoria in posizione utile all’immissione in ruolo fino alla concorrenza dei posti messi a concorso. I candidati che supereranno la prova, ma non risulteranno tra i vincitori, saranno inseriti in un elenco a parte e potranno comunque conseguire l’abilitazione superando un esame al termine del prossimo incarico di supplenza e previo conseguimento dei 24 cfu.

Secondarie, 25 mila posti per il concorso ordinario

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Sono 25 mila posti: 20.465 per il posto comune e 4.355 per il sostegno. Sono queste le immissioni in ruolo autorizzate per il concorso ordinario a cattedre di scuola secondaria di I e II grado. Le domande di partecipazione potranno essere inoltrate, esclusivamente via web dal sito del ministero dell’istruzione, dalle ore 9.00 del 15 giugno alle 23.59 del 31 luglio prossimo. L’accesso alla procedura concorsuale sarà consentito ai possessori di un diploma di laurea quinquennale o quadriennale di vecchio ordinamento e, per le classi di concorso musicali ed artistiche, ai possessori di un titolo accademico di II livello o di un diploma di conservatorio o accademia di vecchio ordinamento. I candidati dovranno essere in possesso anche dei 24 cfu previsti dall’articolo 5 del decreto legislativo 59/17. Sono esenti dall’obbligo del previo conseguimento dei 24 cfu i candidati in possesso di abilitazione all’insegnamento. L’accesso al concorso sarà consentito anche agli abilitati. Se l’abilitazione sarà stata conseguita per una classe di concorso diversa da quella per la quale si partecipa, l’accesso sarà consentito solo se il candidato sarà in grado di vantare il possesso del titolo di studio di accesso specifico. I candidati che concorrono per le classi di concorso degli insegnanti tecnico pratici saranno ammessi anche con il solo possesso del diploma di scuola superiore specifico. La domanda potrà essere presentata per un ‘unica regione e il candidato potrà chiedere di partecipare, contemporaneamente, per una classe di concorso del I grado, per una del II grado e, se in possesso del titolo di specializzazione, anche per il sostegno sia per il I che per il II grado. Se giungeranno molte domande l’amministrazione potrà prevedere una prova preselettiva. Per le cattedre sul posto comune la selezione verterà su due prove scritte e una prova orale. Per il sostegno è prevista una sola prova scritta e un colloquio. Per il posto comune la prima prova scritta verterà su quesiti volti ad accertare la padronanza del tracciato epistemico della disciplina di riferimento. E la seconda prova scritta sarà incentrata sulla didattica e la metodologia. Al termine: il colloquio. Per il sostegno è prevista una sola prova scritta su didattica e metodologia speciale e poi il colloquio. In entrambe le procedure è previsto che il candidato possa essere ammesso alla prova successiva solo se per ogni singola prova abbia totalizzato almeno il punteggio di 7/10.

Fase 2, riecco i cantieri a scuola

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

La Fase 2 della scuola parte dall’edilizia scolastica. Dopo lo stop per l’emergenza covid, infatti, sono stati riaperti ieri i cantieri per oltre 2 mila interventi sugli edifici scolastici, grazie a un accordo con i ministeri delle infrastrutture, dello sviluppo economico e della salute. Con «meno burocrazia e più velocità», sottolinea la viceministra all’istruzione Anna Ascani. «In cabina di regia avevo confermato l’intenzione di utilizzare il momento di sospensione delle attività didattiche per mettere in sicurezza le scuole» e intervenire strutturalmente sugli edifici, spiega Ascani, così da garantire anche la riapertura delle scuole a settembre. A margine di quell’incontro il ministero dell’istruzione ha deciso un ulteriore passo avanti: «mantenere sempre aperti gli applicativi informativi per la rendicontazione e per i pagamenti, garantendo le risorse e fornendo sostegno e liquidità a enti locali e imprese».

Una novità che semplifica e snellisce le procedure. Di solito, infatti, gli enti locali hanno a disposizione tre finestre temporali durante l’anno per richiedere risorse, inserire procedure, rendicontare.

Un’esigenza che era stata rappresentata dall’Anci (associazione nazionale comuni italiani). Semplificazione è anche la parola chiave su cui insiste il presidente dell’Upi (unione province d’Italia) Michele De Pascale.

Senza misure in tal senso, osserva, «rischiamo di veder passare minimo un anno tra lo stanziamento delle risorse e l’apertura dei cantieri».

Sul piatto, oltre alle eventuale nuove risorse che potrebbero arrivare dal decreto di maggio, ci sono 855 milioni di euro in cinque anni della legge di Bilancio 2020 per la manutenzione straordinaria e l’efficientamento energetico delle scuole superiori e le risorse del Piano 2019 stanziate in erogazione diretta.

Di queste ultime, per una prima tranche di 510 milioni sono in corso le procedure di affidamento dei lavori, per i 310 milioni della seconda tranche saranno autorizzati gli interventi nelle prossime settimane. Le regioni dovranno mandare al Miur la lista degli interventi da fare nei singoli comuni, così che poi possano partire.

Da qui a settembre, aggiunge Ascani, «avremo bisogno di quegli interventi di edilizia cosiddetta leggera, quindi, di adeguamento delle strutture, per far sì che il distanziamento sia possibile anche all’interno delle nostre attuali scuole, differenziando magari gli ingressi per evitare gli assembramenti… A tutti bisognerà dare la possibilità di tornare a scuola».

Concorsi pubblici, prove preselettive maxi impensabili nei prossimi mesi. Le alternative

da Orizzontescuola

di redazione

Concorsi pubblici e prova preselettiva: ne parla la Ministra della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone

“Maxi preselettive per i concorsi pubblici non sono più pensabili nei prossimi mesi. Stiamo lavorando per velocizzare le procedure, senza perderne in qualità, grazie all’utilizzo dei supporti informatici e per dare valore alle capacità trasversali dei candidati, sempre più indispensabili nel mondo del lavoro.” così la Ministra.

Le prove,  dice il Ministro, dovranno essere delocalizzate e svolte al pc.

Una procedura effettivamente già sperimentata nei concorsi per la scuola che quindi non dovrebbero subìre modifiche.

A prevedere la prova preselettiva sono il concorso ordinario infanzia e concorso ordinario secondaria. La preselettiva si svolge nella regione scelta per il concorso, all’interno delle scuole, a gruppi. Un modello che potrebbe fare scuola.