Contagio Covid a scuola rientra fra infortuni: necessario certificato medico. FAQ Inail

da OrizzonteScuola

Di redazione

L’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, Inail, ha recentemente pubblicato un report relativo alle denunce di infortunio pervenute nel mese di settembre. Nel rapporto vengono inseriti anche i casi d’infezione da Covid. La scuola entra nel report con ben 300 segnalazioni (lo 0,6% del totale).

La Cisl scuola ha realizzato una scheda di approfondimento con tutte le informazioni utili sui passaggi da attuare per denunciare l’infortunio (contagio) e permettere ai lavoratori di vedersi garantita la tutela Inail.

La premessa: “Qualunque medico presti la prima assistenza a un lavoratore infortunato sul lavoro o affetto da malattia professionale è obbligato a rilasciare il certificato ai fini degli obblighi di denuncia e a trasmetterlo esclusivamente per via telematica all’Istituto assicuratore. Ogni certificato di infortunio sul lavoro o di malattia professionale deve essere trasmesso esclusivamente per via telematica all’Istituto assicuratore, direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio, contestualmente alla sua compilazione”.

Il decreto 18/2020 all’art. 42 c. 2 ha specificato che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa …. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.

Vai alla scheda Cisl Contagio da Covid 19 e tutela Inail

Le Faq Inail

Ai fini della compilazione della Denuncia\comunicazione di infortunio il datore di lavoro deve essere in possesso del primo certificato medico completo diagnosi?
Sì. Il certificato, inviato in modalità on\off line dal medico esterno, è consultabile interamente dal Datore di Lavoro attraverso il servizio “Ricerca certificati medici”, disponibile all’interno dell’applicativo Denuncia\comunicazione di infortunio. Nel caso in cui il medico non provveda all’inoltro telematico, ma utilizzi il modello cartaceo, il lavoratore\infortunato dovrà consegnare il certificato al suo datore di lavoro. Il certificato dovrà essere completo della diagnosi, oltre che della prognosi, per poter permettere al datore di lavoro la corretta compilazione di tutte le sezioni obbligatorie della denuncia di infortunio e degli adempimenti connessi obbligatori per legge.

La modulistica conforme (mod. 1 SS – Certificato medico di infortunio), limitatamente alla prima pag., per l’inoltro prevede l’invio al datore di lavoro di tutti i dati compresa la diagnosi che, pur essendo un dato “sensibile”, è tra quelli che possono essere comunicati al datore di lavoro come previsto espressamente nel paragrafo 6.3 delle “Linee guida in materia di trattamento di dati personali per finalità di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati” (Provvedimento del 23 novembre 2006 – Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7/12/2006 n. 285 – Serie generale) redatte dal Garante della privacy. In detto paragrafo, infatti, viene precisato che la possibilità di conoscere dati sanitari del lavoratore da parte del datore di lavoro è limitata ai casi in cui quest’ultimo deve dare esecuzione ad obblighi di comunicazione legislativamente previsti. Tra questi rientra la presentazione all’Inail della denuncia/comunicazione di infortunio lavorativo corredata da specifica certificazione medica.

Sono un medico generico e sto redigendo un certificato di infortunio. Il modulo, reperibile sul sito Inail, è predisposto in tre copie (Inail, assicurato, datore di lavoro). La diagnosi, essendo un dato riservato, non dovrebbe essere esclusa dalla copia per il datore di lavoro?
No. Il certificato medico di infortunio (mod. 1 SS), limitatamente alla prima pag., deve essere completo di tutti i dati, compresa la diagnosi che, pur essendo un dato “sensibile”, è tra quelli che pertanto, nel caso di contagio da Covid-19 in ambito lavorativo, il medico provvede alla trasmissione all’Inail del certificato di infortunio e l’istituto scolastico provvede alla denuncia d’infortunio ai sensi l’articolo 53, D.P.R. 1124/1965, e successive modificazioni. I termini decorrono dalla ricezione del certificato medico di infortunio. La valutazione circa l’indennizzabilità spetta all’Inail. E’ da segnalare che, considerata la fase emergenziale, l’Inail ha accettato anche la certificazione di malattia redatta su modulistica Inps per i casi denunciati nel primo periodo di contagio possono essere comunicati al datore di lavoro come previsto espressamente nel paragrafo 6.3 delle “Linee guida in materia di trattamento di dati personali per finalità di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro privati” (Provvedimento del 23 novembre 2006 – Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7/12/2006 n. 285 – Serie generale) redatte dal Garante della privacy. In detto paragrafo, infatti, viene precisato che la possibilità di conoscere dati sanitari del lavoratore da parte del datore di lavoro è limitata ai casi in cui quest’ultimo deve dare esecuzione ad obblighi di comunicazione legislativamente previsti. Tra questi rientra la presentazione all’Inail della denuncia di infortunio lavorativo corredata da specifica certificazione medica.
Inoltre, come stabilito dall’art. 41 (Sorveglianza sanitaria) del D.lgs. n. 81/2008 che prevede l’effettuazione di una “visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione”, è consentito al medico, che redige un certificato definitivo, di segnalare la necessità di procedere al suddetto controllo da parte del Medico Competente.

La certificazione sanitaria per l’infortunio (certificato primo, continuativo, definitivo) come può essere effettuata? Il medico curante ha dei moduli predisposti, il certificato è a pagamento? Se la certificazione viene effettuata all’INAIL, il certificato è a titolo gratuito?
Tutti i certificati redatti all’interno degli ambulatori di una sede territoriale INAIL sono a titolo gratuito.
I certificati di infortunio o malattia professionale rilasciati fino al 31 dicembre 2018 dal medico curante (medico esterno) – che abbia aderito all’Accordo INAIL e rappresentanze sindacali – sono rimborsati dall’Inail a fronte della verifica dei requisiti previsti dal predetto Accordo. Qualora il medico, anche nell’esercizio della propria attività di libero professionista, abbia rilasciato un certificato contenente tutte le informazioni richieste dall’Istituto a fronte di un pagamento di un corrispettivo da parte dell’assicurato, l’Istituto procederà al rimborso direttamente a favore del lavoratore, nei limiti dell’importo di euro 27,50 e per un massimo di tre certificati per infortunio (incluso il primo certificato di pronto soccorso), previa acquisizione di copia della ricevuta fiscale attestante l’avvenuto pagamento.
Con decorrenza 1 gennaio 2019, in base a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2019, nessun compenso può essere richiesto agli assistiti per il rilascio dei certificati medici di infortunio o malattia professionale.
Il certificato deve essere trasmesso – a cura del medico esterno o ospedaliero – esclusivamente con modalità telematica (circolare Inail n. 10/2016 in applicazione del D. Lgs 151/2015). A partire dal 22 marzo 2016 (giorno di entrata in vigore del D. Lgs 151/2015), il medico o la struttura sanitaria che presta la prima assistenza ad un lavoratore infortunato o affetto da malattia professionale, ha l’obbligo di trasmettere per via telematica all’Inail, il certificato medico.
Nell’accezione di struttura sanitaria e medico rientra qualunque medico, ossia medico del lavoro, pronto soccorso, ospedale, medico di famiglia, etc. che presti la prima assistenza intesa quale “prestazione professionale qualificata rientrante nell’ambito di procedure organizzative strutturate per fornire assistenza medica, anche solamente di base, ad un lavoratore in caso di infortunio o malattia professionale.

Nel caso in cui, a causa di problemi tecnici organizzativi o altre cause oggettive, non sia possibile la trasmissione on line, il medico esterno o la struttura sanitaria, devono provvedere all’invio del certificato via PEC alla sede Inail competente in base al domicilio del lavoratore e rilasciare il certificato all’assistito che deve poi inoltrarlo al datore di lavoro (ai fini della compilazione della Denuncia/comunicazione di Infortunio).

D. Pennac, La fata carabina

Pennac diventa infinito

di Antonio Stanca

  Nato a Casablanca nel 1944, Daniel Pennac ha trascorso i primi tempi della sua vita tra l’Europa, l’Africa e l’Asia. Si è poi laureato e, stabilitosi a Parigi, ha insegnato Francese in Istituti di periferia. Qui è venuto a contatto con le fasce più povere della popolazione parigina, con le loro condizioni, i loro bisogni, qui ha maturato l’idea di scrivere di esse, di rappresentarle, da qui è derivata, a cominciare dagli anni ’80, la serie di romanzi detti di Belleville che avrebbe reso Pennac famoso in tutto il mondo. Molto tradotto, molto premiato sarebbe stato e quelle opere sarebbero risultate le sue più importanti anche se in molti altri generi si sarebbe applicato, racconti, saggi, monologhi, teatro, fumetti, fantascienza. Un autore eclettico sarebbe stato.

   Nel 2002 Pennac ha vinto il Premio Internazionale Grinzane Cavour, nel 2005 è stato insignito della Legion d’Onore per le arti e la letteratura, nel 2015 gli è stato assegnato il Premio Chiara alla carriera.

   Ora ha settantasei anni e di recente, nella “Universale Economica” della Feltrinelli, è comparsa la quarantanovesima edizione de La fata carabina, romanzo scritto dal Pennac nel 1987 e compreso nella serie di Belleville. Così si chiama un quartiere della periferia parigina dove lo scrittore immagina avvengano le storie da lui narrate. Personaggio in esse ricorrente è quello di Benjamin Malaussène, che svolge sempre la funzione di capro espiatorio. Anche ne La fata carabina c’è lui nella sua funzione e, come al solito, ci sono pure tanti altri personaggi, uomini e donne, bambini e vecchi, ricchi e poveri, giusti e ingiusti, buoni e cattivi, malati e sani, spacciatori e drogati, polizia e criminali. Su quest’ultimo confronto, in verità, s’incentra molta parte dell’opera, su come l’indagine della polizia del posto si estenda sempre più poiché sempre più difficile diventa scoprire chi ruba, chi uccide a Belleville. Qui è ormai di moda uccidere vecchietti che abitano in condomini fatiscenti o drogarli fino a far perdere loro la ragione e ricoverarli in ospedali psichiatrici dove moriranno poco dopo. E’ un’operazione crudele, nella quale rientrano, oltre a Benjamin e alla sua numerosa famiglia, molte altre persone che a volte non si capirà da quale parte stiano, se da quella delle vittime o dall’altra dei colpevoli. Rientreranno pure la bella giornalista che non ha paura dei ricatti, la figlia che vuole vendicarsi del padre ricco, i bambini poveri di un sottoscala, i traffici, i commerci illeciti di farmaci sospetti, di droga, l’amore, il sesso, la gioia, il dolore. E rientreranno, naturalmente, i poliziotti che si sono caricati di tanti sospetti da pensare di non riuscire a controllare la situazione, di non poter scoprire i colpevoli, di non saper fermare la strage. Ci sarà, infine, chi ha provveduto ad armare i vecchi, ad istruirli nell’uso delle armi affinché sappiano difendersi dai pericoli.

   Di tutto sta succedendo a Belleville e di tutto questo ha scritto Pennac nel suo romanzo: il suo sguardo si sposta in continuazione poiché molti sono i luoghi, i tempi, i personaggi, gli avvenimenti che è costretto ad inseguire, a mostrare. E’ simile ad una corsa continua quella compiuta dallo scrittore in quest’opera. Non finisce mai di dire, tante sono le situazioni che ha messo in moto che sembra non si possa arrivare alla loro conclusione, a vederle finite. Neanche quando si scoprirà di quale terribile truffa siano stati vittima quei vecchi, di come una grossa azienda edilizia abbia progettato di farli morire per liberare le loro case, abbatterle e costruire nuovi e più costosi edifici, neanche allora si potrà dire conclusa l’opera del Pennac perché molto di irrisolto, di sconosciuto rimarrà ancora.

   Immenso, infinito ha voluto farsi il Pennac di questo romanzo e ci è riuscito visto che  si conclude con una voce che narra e che non sembra aver intenzione di fermarsi.

Lavoratori fragili in smart working fino al 31 dicembre: chiarimento INPS su legge 126/2020

da OrizzonteScuola

Di redazione

I lavoratori fragili potranno fino al 31 dicembre 2020 lavorare “in modalità agile anche “attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento” o potranno svolgere “specifiche attività di formazione professionale anche da remoto”.

Lo precisa l’Inps in un messaggio di chiarimento sul Decreto Legge Agosto convertito nella legge 126/2020.

Il legislatore ha eliminato – spiega l’Inps – fra i requisiti previsti per l’individuazione dei lavoratori fragili, il riferimento all’articolo 3, comma 1, della legge n. 104/1992.

Pertanto – chiarisce – per accedere alla tutela il lavoratore “dovrà produrre la certificazione di malattia riportante il periodo di prognosi e l’indicazione della condizione di fragilità con gli estremi della documentazione relativa al riconoscimento della disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/2020 (il Dl Agosto, ndr) ovvero della condizione di rischio derivante da immunodepressione, esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita, attestata dagli organi medico-legali delle Autorità sanitarie locali territorialmente competenti”.

LEGGE 126/2020


Lezione sincrona e asincrona: facciamo il punto

da La Tecnica della Scuola

A due mesi dall’inizio dell’anno scolastico, in un andirivieni di indicazioni e restrizioni, per non smarrire la strada tra sigle e acronimi, vale la pena ricordare le corrette definizioni di didattica sincrona e asincrona, che costituiscono la base della DDI, didattica digitale integrata.

Rivediamole, anche alla luce delle Linee Guida di agosto 2020, dove si legge “Nel corso della giornata scolastica dovrà essere offerta, agli alunni in DDI, una combinazione adeguata di attività in modalità sincrona e asincrona, per consentire di ottimizzare l’offerta didattica con i ritmi di apprendimento, avendo cura di prevedere sufficienti momenti di pausa”.

Attività sincrona

Significa che docente e studente sono presenti contemporaneamente nella piattaforma, possibilmente scelta dalla scuola. Questa modalità garantisce lezioni interattive e privilegia azioni in tempo reale. Si tratta di una lezione erogata su supporto digitale, in un ambiente del tutto virtuale, online, che assume le caratteristiche della classe in presenza, garantendo la costante interazione tra discenti e docenti. La lezione è svolta nella forma di video lezione, con la possibilità di svolgere test scritti e orali, alla presenza e sotto la supervisione dell’insegnante.

Attività asincrone

Prevedono la consegna attraverso piattaforme e luoghi virtuali di condivisione con gli studenti di materiali, compiti da svolgere, attività da riconsegnare. Si basano quindi sullo studio autonomo, eventualmente anche in gruppo da parte dei discenti. Il docente è offline e pertanto non è presente in contemporanea allo studente nell’aula virtuale, ma segue e monitora il percorso di apprendimento, inviando feedback valutativi. Sono attività che non hanno vincoli orari e di luogo.

Differenze e modalità di svolgimento

La differenza più significativa tra apprendimento sincrono e asincrono sta nel tipo di comunicazione tra insegnanti e allievi: con l’apprendimento sincrono si ricevono i messaggi istantanei e il feedback immediato di compagni di classe o di corso o dal docente.  Quello asincrono invece non offre queste possibilità, ma rispetta ritmi e bisogni individuali nel percorso di apprendimento.

Il tipo di coinvolgimento è un’altra importante differenza: in attività sincrone si pongono domande e si ricevono risposte, secondo dinamiche tipiche della lezione in presenza.  Le asincrone privilegiano la riflessione, lo studio autonomo e rimandano alle sincrone per chiarimenti e confronti.

E’ sull’alternarsi di modalità sincrona e asincrona che si basa per esempio la Flipped Class, nata ben prima della DDI, che prevede proprio un percorso di studio autonomo in ambiente informale, con materiali e risorse fornite dal docente, tramite video lezioni, sui quali l’allievo svolge attività varie in autonomia, per un successivo confronto interattivo di tipo sincrono, o in presenza.

Esistono diverse modalità ibride, che fanno ormai parte del patrimonio esperienziale dei docenti, che alternano sincrono e asincrono: per esempio l’argomento della lezione viene presentato in modalità sincrona e interattiva nella video lezione, successivamente secondo tempi concordati gli allievi svolgono approfondimenti e attività di studio, per ritornare in sincrono nella fase valutativa.

Domande aperte

Restano aperti scenari che conducono a domande e questioni, come per esempio, la registrazione di una video lezione sincrona, che lo stesso docente può attivare in modo automatico dalla piattaforma (tutte dotate di questa funzione), mentre sta lavorando in sincrono, si può trasformare in materiale da usare in modalità asincrona? La video lezione registrata indipendentemente dall’insegnante e poi condivisa su piattaforma, come per esempio avviene in molti atenei e nelle scuole, come quelle che da tempo hanno adottato l’approccio della classe capovolta, parte con le caratteristiche sincrone, ma nel suo divenire diventa asincrona. E tra tanti problemi emerge quello della tempistica: la lezione sincrona deve essere lunga quanto quella in presenza? E le attività asincrone possono essere quantificate in termini orari? E infine, ultimo ma non ultimo, come si tutela il docente se il materiale diffuso e a volte registrato senza il suo consenso, dai dispositivi degli allievi per esempio, circola in rete?

Uil Scuola Sicilia: il sistema di prevenzione a scuola è saltato

da La Tecnica della Scuola

Claudio Parasporo, segretario generale della Uil Scuola Sicilia, con un comunicato stampa ha spiegato: “Scuole chiuse se gli organi preposti alla tutela della salute del personale scolastico non riescono a garantirne la sicurezza. Lo scorso agosto è stato firmato l’accordo per la ripartenza dell’anno scolastico ed è stato costituito anche il tavolo tecnico regionale per l’applicazione delle norme.

“Le istituzioni preposte alla tutela della salute in Sicilia, adesso, dovrebbero comunicare i dati sulla pandemia e se le scuole sono sicure, invece tutto si blocca per la lentezza registrata nelle Usca.

“Il sistema di prevenzione e controllo è saltato ed era il presupposto fondamentale per fruire del diritto allo studio salvaguardando quello alla salute. Un diritto che va riconosciuto ai docenti, ai dirigenti e al personale Ata, di cui non si preoccupa più nessuno. E’ un dato cruciale perché il sindacato ha sottoscritto un protocollo: se le scuole non sono sicure devono essere chiuse”

Contratto DDI: Gilda e Uil ribadiscono il no alla firma

da La Tecnica della Scuola

Il contratto sulla DDI continua a dividere i sindacati. Tra i contrari continua a esserci la Gilda degli insegnanti che, attraverso il suo leader Rino Di Meglio, esprime perplessità sulle condizioni.

Non condividiamo la sottoscrizione di un contratto integrativo – afferma Di Meglio – che non definisce regole certe e in cui mancano elementi fondamentali quali tempi, tipo e modalità della prestazione lavorativa richiesta ai docenti”.

Un contratto partito col piede sbagliato secondo il coordinatore nazionale, che ha reso necessarie due note interpretative a firma del capo dipartimento, per definire cosa e come devono fare i docenti. Di Meglio sottolinea nuovamente la mancata volontà di riaprire la contrattazione da parte del ministero.

Uil Scuola

A fare da eco alla Gilda è la Uil Scuola. “C’era una volta un contratto scritto male e difficile da applicare al punto che si decise di scrivere una nota che lo migliorava. Non bastò e si mise una toppa con un documento politico”.

Il sindacato attacca la ministra, spinta più da “politiche di opposizione” e poco propensa al confronto e all’ascolto. Criticato tutto l’iter del contratto sulla didattica digitale integrata con numerosi passaggi, definito “La storia infinita”.

Ribadita anche la volontà di non firmare un contratto che la sigla guidata da Pino Turi non condivide.

“Per la UIL i contratti devono essere chiari e intellegibili, senza elementi di ambiguità interpretativa; una volta firmati si applicano, non hanno bisogno di dichiarazioni o circolari esplicative. A meno che non si voglia dire qualcosa di diverso da quello sottoscritto”.

firmare il contratto finora Cisl Scuola, Anief e Flc Cgil.

Tra i no, oltre a quelli di Uil e Gilda, c’è anche quello dello Snals.

Covid-19, decelerazione del contagio, le misure sono efficaci

da La Tecnica della Scuola

Decelerazione dei contagi da Covid-19, lo dicono in conferenza stampa il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, e il Presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli, commentando l’ultimo report sull’analisi epidemiologica di Covid-19 in Italia, su cui abbiamo discusso in un articolo precedente. Il che significa non che i contagi diminuiscano ma che crescano con minore velocità rispetto a prima.

Parole rassicuranti che rivelano che le misure prese dall’ultimo Dpcm e che hanno diviso l’Italia nelle tre aree gialla, arancione e rossa in qualche modo stanno funzionando, sebbene siano a regime da appena una settimana.

Sostanzialmente la curva cresce in modo meno veloce, poiché l’Rt ha mostrato un rallentamento nella sua crescita. Da un lato quindi, ci spiega Brusaferro, si riduce la crescita rapidissima dei casi, dall’altro dobbiamo portare l’Rt sotto a 1 per rallentare il contagio in modo significativo. A livello italiano, infatti, l’Rt è ancora attorno a 1.7 (entro uno scenario 3), e in alcuni casi alcune regioni sfiorano o superano il valore 2, una situazione da attenzionare in modo particolare.

La resilienza

E continua spiegando, il Presidente dell’ISS, il concetto di resilienza ovvero l’impatto dell’epidemia sui nostri servizi sanitari, un impatto che si manifesta su due livelli, quello dei ricoveri in terapia intensiva e quello dei ricoveri in area medica. In altre parole la curva sta crescendo in modo importante, raggiungendo livelli critici specie in alcune regioni italiane.

Soglie critiche rispetto alla capacità di far fronte a tutto il bisogno di salute. Se tale soglia diventa superiore al 30% significa che i letti eccedenti diventano meno disponibili per i bisogni di assistenza della popolazione su altri fronti che non sono il Covid, anche rispetto agli interventi già programmati.

Età media dei contagiati

Altri dati interessanti: in Italia il virus in età mediana è in leggera crescita, si va verso i 50 anni. Parallelamente l’età over 70 comincia ad avere un numero crescente di casi.

Un tema importante quello dell’attenzione alle persone fragili perché una parte significativa delle complicanze più complesse e degli esiti più infausti toccano queste categorie.

In linea generale, la situazione si sta complessificando perché il sistema sanitario è messo a dura prova, messa in crisi cioè la resilienza del sistema e dei territori.

La maggior parte delle regioni sono a rischio alto o moderato con tendenza a diventare alto. Necessarie non solo misure individuali ma anche sociali, per rallentare la circolazione del virus.

Raccomandazione finale

Raccomandazione: le triade del distanziamento, mascherina e igiene delle mani.

Scuole chiuse: un’occasione per sistemare al meglio le strutture

da Tuttoscuola

Il DPCM 3 novembre ha messo, dunque, in quarantena 6.367 istituti d’istruzione secondaria di II grado e le loro 121.541 classi frequentate da 2.623.298 studenti. Sono anche da considerare le seconde e terze classi delle scuole di scuola secondaria di I grado delle fasce rosse di Calabria, Lombardia e Piemonte, nonché tutte le 4.500 scuole della Campania con le 13mila classi incluse. La chiusura per almeno un mese o forse più di quelle migliaia di scuole e istituti può costituire un’occasione favorevole per la sistemazione o il completamento delle strutture e degli arredi prima della ripresa delle lezioni.

Durante il lungo lockdown della primavera scorsa gli eventuali interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture scolastiche erano impossibili; tuttavia nei mesi estivi in diversi casi la manutenzione non è stata completata a causa delle ferie del personale.

Ora invece, a scuole forzatamente chiuse, le condizioni di accesso e agibilità sono favorevoli e consentono anche possibili interventi di manutenzione e sanificazione dei locali, e sostituzione o ripristino degli arredi mancanti.

Per gli arredi, in considerazione che a fine ottobre, nonostante le assicurazioni da parte del commissario straordinario Arcuri, non erano stati ancora consegnati migliaia di banchi monoposto con o senza rotelle (si è parlato di circa 900mila), è possibile e, anzi, necessario completare le consegne per assicurare al rientro degli studenti una condizione di normalità che eviti di aggiungere altre criticità ad una situazione compromessa dall’emergenza sanitaria.

Di Covid si muore e senza scuola non si vive

da Tuttoscuola

Non sappiamo come ne uscirà la scuola da questa terribile crisi. Sappiamo però come docenti, dirigenti, genitori e studenti stanno provando ad affrontare una situazione che non ha precedenti, per ampiezza e gravità della situazione. A prima vista sembra che il mondo della scuola stia facendo di tutto, e per quanto possibile, di unirsi e compattarsi per reggere all’onda d’urto che la pandemia sta creando. Ma ad arrecare danni non è solo il Covid-19.

Ad arrecare danni alla scuola credo sia il sottobosco della politica e della comunicazione che la usa scuola per i propri mezzi e che invece di difenderla e proteggerla la espone al ridicolo. Di questo difficile periodo voglio prendere due immagini che sono agli antipodi per bellezza e per le posizioni che portano avanti. Da un lato la diretta Facebook del Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, dall’altro i ragazzi di Napoli, Torino e molte altre città che per protestare contro gli effetti negativi della DaD si sono dati appuntamento fuori dalla scuola e seguono le lezioni di fronte a un cancello chiuso.

Il 30 ottobre, tramite Facebook, De Luca si è espresso in questo modo: “Mi è capitato di vedere un’intervista a una mammina con una mascherina di tendenza, gli occhi ridenti e fuggitivi. Sosteneva che la sua bambina avesse pianto, dicendo ‘mamma voglio andare a scuola per imparare a scrivere’. Credo sia l’unica bambina d’Italia – ha dichiarato il governatore della Campania durante la diretta – che piange per andare a scuola e l’unica al mondo che dà anche la motivazione, vuole imparare a scrivere, le mancano grammatica, sintassi ed endecasillabi. Questa povera figlia è un OGM, cresciuta dalla mamma con latte al plutonio”.

Quale idea di scuola emerge dalle parole del Governatore? Un’immagine svilita, minimizzata, appunto, ridicolizzata. Vorrei poter spiegare che la bambina in questione non è l’unica che piange, o lotta, per voler andare a scuola, ma che nella tradizione scolastica ce ne sono stati, e tutt’ora sono molti, a combattere affinché la scuola possa essere garantita e promossa.

Tra i molti mi viene in mente “Lucianino” uno dei ragazzi della scuola di Barbiana di Don Milani. Luciano abitava molto distante dalla canonica di Don Milani, che ricordiamo faceva scuola tutti i giorni, sette volte a settimana, 365 giorni l’anno e 366 negli anni bisestili, per dodici ore al giorno. Alcuni degli studenti abitavano nei paraggi della scuola, altri, come Luciano, no. Leggiamo dal sito della Fondazioni Don Milani:
“Il ponte di Luciano, racconta la storia di un bambino di undici anni, che andava lassù a scuola a Barbiana. Camminava da solo nel bosco ogni giorno per più di un’ora e mezzo la mattina e altrettanto la sera per tornare a casa.
Sfidava le insidie e i pericoli che il  bosco nasconde per raggiungere la scuola, perché voleva uscire dall’alfabetismo ed emarginazione secolare cui i montanari erano confinati. Ma un bambino che affronta tutti i giorni da solo i pericoli del bosco, prima o dopo li incontra e Luciano ne incontrò uno e anche grave.” La storia del ponte di Luciano è possibile leggerla in un bel libro di Michele Gesualdi, ma l’aspetto che mi preme sottolineare è che la scuola, se significativa, è un dono prezioso e questo aspetto ai ragazzi è chiaro.

Lucianino affrontava le insidie dei boschi del Mugello e diversi anni dopo Malala, premio Nobel per la pace nel 2014, raccontava attraverso il suo blog la difficoltà di andare a scuola nel Pakistan occupato dai talebani. Nel 2012 aveva subito un attentato rivendicato dai talebani sul pullman che da scuola la portava a casa. Fu operata al cervello e salva per miracolo.

Ora, senza troppa fatica ne abbiamo già trovato tre di bambini che, anche senza plutonio, non solo piangono, ma si battono per la scuola. Perché la scuola non è un luogo di noia, o un parcheggio, come alcuni docenti poco motivati a volte dicono. La scuola è luogo di vita democratica come sosteneva Dewey, ma è anche la grande opportunità che hanno i bambini nel mondo per uscire dal substrato d’ignoranza e povertà sociale. La scuola è un’alternativa alla strada, alla malavita, al nulla. La scuola è un diritto ed è vita.

Ce lo spiegano con forza i bambini ed i ragazzi che in varie città italiane e senza alcun coordinamento stanno protestando per difendere il proprio diritto all’istruzione e alla scuola in presenza. Sulla pagina di Torin di Repubblica leggiamo il punto di vista di queste giovani studentesse: “Se ci togliete la scuola, ci togliete il futuro. È un posto sicuro e tornare in classe è un nostro diritto”. Con tablet e banchetto, davanti alla scuola media Calvino di Torino, questa mattina erano in due: ad Anita si è aggiunta anche la sua compagna Lisa.”

Ora io vorrei tanto che Anita e Lisa spiegassero a De Luca e a tutti coloro i quali attaccano la scuola, minimizzando il ruolo educativo e la portata salvifica che di fatto ha, che la scuola è un diritto e toglierla di mezzo significa uccidere oggi, non domani, la nostra società. Non è un caso che ieri, 10 novembre, molti genitori pugliesi abbiano deciso di portare a scuola i propri figli, nonostante la criticità della condizione sanitaria, consapevoli che i rischi dell’isolamento sociale e della mancanza di scuola sono potenzialmente altrettanto gravi. Di Covid si muore, senza la scuola non si vive. E vorrei che si chiedesse scusa alla bambina di cui ci ha parlato e a tutti noi che la scuola l’amiamo e ci battiamo per essa.

Cosa sia la scuola ce lo ha detto con chiarezza don Milani nella lettera ai giudici che volevano condannarlo per aver contestato i cappellani militari toscani che si erano scagliati contro l’obiezione di coscienza: la scuola è diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in questo somiglia alla vostra funzione), dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione).

Formare il senso della legalità e della politica, se intese nelle loro accezioni etimologiche e più nobili, sedere tra il passato ed il futuro, lasciare un segno nella vita dei nostri alunni. Senza scuola come faremo a promuovere la legalità, l’amore per la propria città e costruire le basi per un futuro, e anche per un presente migliore?

La tutela dei lavoratori fragili della scuola ed un aspetto controverso

da Tuttoscuola

Il Ministero dell’Istruzione, con apposita nota (n.1585 dell’11.09.2020), ha fornito indicazioni operative a tutte le istituzioni scolastiche per il trattamento dei c.d. lavoratori fragili.

In particolare, richiamando una precedente e congiunta circolare del Ministero del Lavoro e del Ministero della salute (n. 13 del 04.09.2020), ha evidenziato:

  • che la condizione di fragilità è da intendersi temporanea ed esclusivamente legata all’attuale situazione epidemiologica, cioè da individuare nel rapporto tra le condizioni di salute del lavoratore e l’eventualità di contagio da Covid-19;
  • che la fragilità è rinvenibile “in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore rispetto alla patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico sia di tipo clinico”. E ancora, che il requisito dell’età, “… da solo, non costituisce elemento sufficiente per definire uno stato di fragilità. La maggiore fragilità nelle fasce di età più elevate va intesa sempre congiuntamente alla presenza di comorbilità che possono integrare una condizione di maggiore rischio”;
  • che spetta al Medico competente (ex art. 25, D. Lgs. n. 81/2008) supportare il datore di lavoro (nel caso di specie, il Dirigente scolastico) nella attuazione delle misure di prevenzione e di protezione in favore del personale in servizio in ogni singola Unità scolastica;
  • che, nella ipotesi di mancata nomina del Medico competente da parte del Dirigente scolastico, la sorveglianza sanitaria potrà e dovrà essere espletata dall’Inail o dalle Asl o dai Dipartimenti di medicina legale e di medicina del lavoro delle Università.

La nota ministeriale prosegue e chiarisce che la sorveglianza sanitaria è a domanda del lavoratore, va  indirizzata al proprio dirigente scolastico che, a sua volta, la inoltra al medico competente corredandola di una dettagliata descrizione intesa ad esplicitare la mansione svolta, la postazione/ambiente di lavoro, le misure di prevenzione e protezione già adottate in favore del dipendente.

L’esito della visita può dar luogo a 4 diversi giudizi, a cui dovranno far seguito altrettanti comportamenti della Pubblica amministrazione scolastica.

  1. Il primo giudizio può essere quello di idoneità: il lavoratore, quindi, continuerà ad essere adibito alla mansione/funzione di servizio.
  2. Il secondo giudizio può essere quello di inidoneità temporanea assoluta (1): in tal caso, il lavoratore dovrà essere collocato in malattia d’ufficio.
  3. Il terzo giudizio può essere di inidoneità con prescrizioni di maggior tutela (1): in tale evenienza, il datore di lavoro (rectius: il dirigente scolastico) dovrà provvedere, con la celerità del caso, a predisporre tutti i presìdi di sicurezza richiesti per garantire la piena tutela del lavoratore.
  4. Il quarto giudizio può essere, invece, di inidoneità temporanea alla funzione/mansione (1) svolta, che apre, a sua volta, a due diverse soluzioni, ovvero:
  5. la possibilità, solo a domanda del lavoratore, di essere utilizzato in altri compiti stipulando uno specifico contratto con il dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale, così come previsto dal CCNI 25.06.2008 concernente i criteri di utilizzazione del personale dichiarato inidoneo alla funzione per motivi di salute;
  6. la possibilità, alternativa, così enunciata dalla nota ministeriale: “Qualora il lavoratore non richieda esplicitamente di essere utilizzato in altri compiti coerenti con il proprio profilo professionale, dovrà fruire, per tutto il periodo di vigenza della inidoneità temporanea, dell’istituito giuridico dell’assenza per malattia”.

Ed è proprio la possibilità sub b), attesa la libera determinazione del lavoratore fragile di non accedere alla utilizzazione, che ingenera due opposte interpretazioni e, quindi, due differenti modalità applicative.

Detto altrimenti, vi è la posizione di chi ritiene che, in caso di mancata richiesta di utilizzazione da parte del lavoratore temporaneamente inidoneo alla funzione, la messa in malattia richieda comunque la certificazione del medico di base. Medico, quest’ultimo, che in moltissimi casi si rifiuta di produrre la certificazione richiesta ascrivendo tale incombenza al Medico competente.

Per contro, vi è chi ritiene che, nella situazione data, la messa in malattia debba avvenire d’ufficio da parte del Dirigente scolastico, ovvero in conseguenza del solo e fondato giudizio espresso dal Medico competente.

Per dirimere la questione, attesa la mancanza di chiarimenti da parte del Ministero dell’Istruzione, abbiamo cercato e rinvenuto solo due note di altri Organi della Pubblica amministrazione scolastica.

La prima nota è a firma del Dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale di Reggio Emilia che, in tema, cosi si esprime: “Si ricorda ancora una volta che, in assenza di un’esplicita richiesta del lavoratore all’impiego in altre attività, quest’ultimo dovrà usufruire dell’assenza per malattia”.

La locuzione utilizzata, non altro che la mera e pedissequa ripetizione del testo ministeriale, non offre aiuto alcuno a risolvere o superare la evidenziata impasse interpretativa.

Di ben altro tenore, invece, la nota nr.28387 del 27.1020 dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, che, in puntuale riscontro alla situazione integrata dal lavoratore fragile intenzionato a non essere utilizzato in altra attività, così si esprime: “La circolare Ministeriale 1585/20 fa riferimento ‘all’istituto giuridico dell’assenza per malattia’, con tale terminologia quindi richiama indirettamente l’art. 17 del Contratto Scuola. Va considerato tuttavia che il verbo ‘dovere’ usato dalla circolare lascia immaginare che si tratti di una condizione che si deve ‘necessariamente’ verificare, per cui è conseguenziale un provvedimento di malattia d’ufficio, senza che il lavoratore debba far pervenire ulteriore certificazione medica di stato di malattia”.  

Per concludere, nel mentre riteniamo la notazione dell’USR per la Sicilia giuridicamente ben fondata, ovvero del tutto adeguata alla soluzione del problema, non possiamo sottacere, del pari, che essa si riferisce ed è applicabile al solo personale che opera nelle istituzioni scolastiche dell’isola. Risulta quindi più che auspicabile, doveroso, un intervento chiarificatore da parte del Ministero dell’Istruzione, al fine di assicurare parità di trattamento ai dipendenti in servizio in tutte le scuole dello Stato che “vivono” la situazione evidenziata.

I diversi periodi di inidoneità fissati dal Medico competente e conseguenti alla diversa situazione di salute riscontrata per ciascun lavoratore fragile sottoposto a visita, coincidono, di norma, con lo stato di emergenza sanitaria fissato per legge. Ad oggi, lo stato di emergenza ha come termine il 31 gennaio 2021, salvo eventuali proroghe.