Ritorno in classe non più il 7 ma l’11 gennaio: lite in CdM sedata da Conte, il Pd chiedeva il 15

da La Tecnica della Scuola

Alla fine il governo si è arreso: se la primaria e le medie riapriranno agli alunni il 7 gennaio, le scuole superiori riprenderanno l’attività in presenza lunedì 11 gennaio. La decisione è giunta al termine di un Consiglio dei ministri particolarmente infuocato, con il Partito democratico uscito allo scoperto per evitare il ritorno del 50% degli studenti già giovedì 7 in una situazione di contagi tutt’altro che rassicurante.

Le divergenze

I ministri del M5S, con in testa Lucia Azzolina, spalleggiata anche da Italia Viva, hanno difeso con i denti e fino all’ultimo la decisione prevista dall’ordinanza del ministero della Salute Roberto Speranza del 24 dicembre scorso.

È dovuto intervenire il premier Conte per trovare la mediazione, appunto, dell’11 gennaio.

La proposta Pd che ha fatto infiammare gli animi

A chiedere do spostare la riapertura delle scuole secondarie di secondo grado più avanti a “non prima del 15 gennaio” (data di scadenza dell’attuale decreto emergenziale), era stato formalmente – a nome dei democratici – il capo delegazione dem al governo Dario Franceschini: il tema era stato posto dal segretario Pd Nicola Zingaretti.

Franceschini avrebbe posto il tema come una questione politica. Spiegando però anche, come ammesso nella stessa giornata dallo stesso Cts, che il pericolo dei contagi è tutt’altro che scampato: quindi, si potrebbe andare incontro ad una nuova spiacevolissima ulteriore chiusura delle scuole, successiva al ritorno post Epifania.

La stessa decisione presa giù da Veneto, Friuli Venezia Giulia e Marche di mantenere la DaD alle superiori per tutto gennaio e il “traccheggiare” della Lombardia, poi anche della Sardegna (con altre Regioni pronte ad accordarsi) confermerebbero le tante perplessità.

Azzolina: basta chiedere sacrifici agli alunni

La ministra Lucia Azzolina, che poco prima aveva inviato un monito alle Regioni “ribelli”, ha sin dall’inizio respinto la proposta.

“I contagi non sono imputabili alla scuola (come riferito proprio oggi dall’Istituto Superiore di Sanità, ndr), non è quella la fonte dei focolai – avrebbe detto la ministra, raccontano all’Adnkronos alcuni presenti – i nostri ragazzi hanno pagato sin troppo, basta chiedere loro sacrifici”.

Italia Viva con la ministra

Anche la capo delegazione di Iv Teresa Bellanova si è risentita: arrivare “al 4 gennaio non sapere ancora se i ragazzi rientreranno a scuola è davvero inaccettabile”.

Per le Ministre di Iv il rinvio è segno di un “caos inaccettabile. Quello che manca per l’ennesima volta, avrebbero detto assieme alla collega di partito Bonetti, è “un’azione di governo del processo organizzativo e di concertazione con le regioni. Non si doveva arrivare a questo punto quando lo abbiamo detto da mesi che le scuole avrebbero riaperto a gennaio”.

De Micheli: impossibile sapere se ci si contagia sui bus

Sempre in base a quanto riferiscono le agenzie di stampa, la ministra dei Trasporti Paola De Micheli avrebbe spiegato di aver approntato un modello organizzativo scollegato dalla dimensione prettamente sanitaria, perché è impossibile, ha detto, sapere come il virus si diffonde su pullman e bus.

Ma le sue parole avrebbero provocato l’ira dei 5 Stelle e in particolare del capo delegazione Alfonso Bonafede.

M5S con Conte

Abbastanza compatti si sono dimostrati i “grillini”. Soprattutto dopo che l’assemblea dei deputati M5S si era espressa, poco prima, tutta a favore di Giuseppe Conte: qualcuno lo ha definito “imprescindibile” o “non sostituibile” in quanto “scelta nell’interesse del Paese”.

“Non si tocca” è stata la richiesta giunta in altri interventi. Nel dibattito, sottolinea una fonte di primo piano dei 5S, “c’è un punto fermo ed è rappresentato da Conte premier”.

Nuovo Dpcm

Durante il CdM si è discusso del nuovo decreto legge, con diversi temi all’interno: l’indice di positività fermo al 13,8%, la pressione sugli ospedali con il nuovo aumento dei ricoveri negli ultimi giorni, l’incidenza ancora ben al di sopra dei 50 casi ogni 100mila abitanti (la soglia che consente di non far saltare il contact tracing) e, soprattutto, la necessità di non arrivare alla terza ondata in piena campagna vaccinale, hanno spinto l’esecutivo ad intervenire nuovamente.

“Sapevamo che dicembre sarebbe stato un mese critico e siamo ritornati un po’ più su, con un Rt a 0,93 e dunque dobbiamo tenere il sistema sotto controllo”, ha detto il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia sottolineando che “gli interventi fatti a Natale hanno evitato che in Italia ci fosse il liberi tutti e non è possibile consentire l’arrivo della terza ondata, che è già in Europa”.

Spostamenti limitati

Secondo quanto riporta l’Ansa, il decreto prevede dunque il divieto di mobilità tra le regioni fino al 15 gennaio, fatti salvi gli spostamenti per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute. Si potrà inoltre spostarsi una sola volta al giorno per andare a casa di amici o parenti “nei limiti di due persone ulteriori rispetto a quelle già conviventi, oltre ai minori di 14 anni”.

Misure che introducono di fatto una zona gialla ‘rafforzata’ e che varranno il 7 e l’8 gennaio. In questi due giorni sarà anche possibile spostarsi all’interno della propria regione e riapriranno bar e ristoranti, con orario fino alle 18.

Prossimo week end zona arancione ovunque

Per il fine settimana del 9 e 10 gennaio, invece, scatterà la zona arancione in tutta Italia.

Nessun pranzo o caffè fuori e spostamenti vietati tra i comuni, ad eccezione dei movimenti “dai comuni con popolazione non superiore a 5mila abitanti e per una distanza non superiore a 30 chilometri dai relativi confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia”.

Cambiano gli indici dei contagi

Con l’articolo 2 del decreto vi sono però delle novità. Il governo abbassa le soglie che fanno scattare la zona arancione o rossa: se una regione è in ‘scenario 2’ – dunque con un Rt da 1 a 1,25 – diventa arancione; se è in uno ‘scenario 3’ con Rt da 1,25 a 1,50 va invece in rosso. Misure che si applicano, dice il decreto, ad una o più regioni “nel cui territorio si manifesta un’incidenza dei contagi superiore a 50 casi ogni 100mila abitanti”.

Ad oggi, in arancione andrebbero Calabria, Liguria, Lombardia, Puglia e Veneto, che hanno tutte un Rt superiore ad 1 e un rischio alto, mentre Marche ed Emilia Romagna sono al limite.

Il governo si riunirà nuovamente ad inizio settimana e l’ipotesi al momento sul tavolo è quella di un nuovo provvedimento che copra il periodo dal 15 al 31 gennaio, per confermare sostanzialmente le misure in atto con il sistema delle fasce; 15 giorni per affrontare l’ulteriore data che si avvicina e che imporrà nuove misure: la scadenza dello stato di emergenza del 31 gennaio.

Rientro 7 gennaio, Azzolina contro le Regioni “ribelli” che continuano la DaD: riflettete bene

da La Tecnica della Scuola

Il rientro in classe degli studenti delle superiori non sarà lo stesso per tutte le Regioni: lo si è compreso nella serata di lunedì 4 gennaio, dopo che i primi governatori (Veneto, Friuli Venezia Giulia e Marche) hanno ufficializzato che faranno proseguire la DaD nelle scuole secondarie di secondo grado dei loro territori almeno per tutto il mese di gennaio. Preso atto di questo, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e tutto il M5S hanno deciso di uscire allo scoperto: inviando un messaggio proprio alle Giunte regionali “ribelli”.

Azzolina: ognuno faccia la propria parte

“Le Regioni riflettano bene sulle conseguenze per studenti e famiglie” che dovranno continuare a fare la DaD, ha detto all’agenzia Ansa la ministra Lucia Azzolina commentando la decisione di alcune Regioni di aggirare l’intesa firmata pochi giorni fa con Governo, Province e Comuni.

“Il Governo – ha continuato Azzolina – ha mantenuto gli impegni, i tavoli guidati dai Prefetti hanno prodotto piani operativi in tutte le Province, lavorando sul potenziamento dei trasporti e sullo scaglionamento degli orari di scuole e altre attività. Ognuno faccia la propria parte”.

Granato (M5S): il rinvio è inconcepibile

Sulla stessa lunghezza d’onda della ministra si era posizionata nella stessa giornata la senatrice Bianca Laura Granato, capogruppo del M5S nella Commissione Istruzione e Cultura.

“Dopo 8 mesi dal primo lockdown e infiniti accordi in conferenza stato-regione, l’ultimo dei quali solo il 23 dicembre, un coordinamento tra tutti gli attori gestito tramite le prefetture dal ministro Lamorgese, 300 mln +150 mln dati per il Trasporto Pubblico Locale, poteri commissariali a sindaci e presidenti di provincia, sentire ancora parlare di ipotesi di rinvio è veramente inconcepibile”, ha scritto la grillina.

“Nell’ultima conferenza stato regioni del 23 dicembre scorso – ha continuato – i Presidenti di Regione avevano assunto precisi impegni sui tracciamenti dei contagi, ottenuto poteri commissariali e altri soldi per il trasporto pubblico locale”.

“La programmazione – prosegue la senatrice – serviva proprio a contrastare le previsioni dell’impennata dei contagi con misure che avrebbero non solo dovuto garantire la riapertura ma anche la continuità della didattica in presenza. Invece l’operazione portata avanti dai presidenti di regione è stata quella di dire sì a soldi in più, sì all’attivazione dei tracciamenti e a poteri straordinari per poi aspettare passivamente sulla riva del fiume l’impennata dei contagi per chiedere di rinviare nuovamente l’apertura”.

I senatori del M5S: accordi presi e mantenuti

Anche gli altri esponenti del M5S in commissione Istruzione al Senato danno manforte ad Azzolina: “Continuare a tergiversare sulla data di riapertura degli istituti scolastici, procrastinando il rientro dei nostri studenti, come stanno facendo molti presidenti di Regione, dopo accordi ben precisi sui tracciamenti e sul TPL assunti a dicembre non è più accettabile. Lo scorso 23 dicembre sono stati presi degli accordi tra il governo e le regioni, messi nero su bianco, che devono essere rispettati”.

“A maggior ragione – continuano i pentastellati – per il fatto che i dati dell’Istituto Superiore di Sanità ci dicono che frequentare gli ambienti scolastici non rappresenta un amplificatore dei contagi, e che se si seguono regole rigorose come da mesi la comunità scolastica sta facendo, la riapertura non solo è possibile ma è doverosa”.

“A questo punto – concludono dal M5S – ciascuno si assuma le proprie responsabilità. I presidenti di regione dicano chiaramente ai loro elettori cosa hanno fatto fino ad oggi per garantire agli studenti del proprio territorio il diritto costituzionale allo studio e all’istruzione. La didattica a distanza e la didattica integrata possono accompagnare quella in presenza, ma non più sostituirla. Non si perda altro tempo”.

Rientro a scuola, orari scolastici fatti e rifatti: c’è anche il problema delle Coe

da La Tecnica della Scuola

Un rientro movimentato quello previsto per il 7 gennaio dalle scuole secondarie di II grado. La prima settimana, fino al 16 gennaio va in onda un orario scolastico che prevede due turni di entrata a scuola con il 50% degli studenti in presenza e il 50% a distanza, poi, dal 18 gennaio, si prevedono nuove regole e dunque presumibilmente il rifacimento dell’orario scolastico un’altra volta. Non bisogna dimenticare pure quei docenti che si trovano su due o anche tre scuole e ricoprono una cattedra orario esterna, nota con l’acronimo Coe.

Due turni di entrata e disagi previsti

Secondo le “Linee guida per garantire il corretto svolgimento dell’anno scolastico 2020-2021” è emersa l’esigenza di fissare come obbligatorio il raggiungimento del 50% dell’attività didattica in presenza già a partire dal prossimo 7 gennaio 2021, con l’obiettivo di assicurare il raggiungimento del 75%, in modo graduale, ove questo sia possibile. Secondo il piano del rientro a scuola, predisposto dal Governo, è previsto anche lo scaglionamento di due turni di entrata, quello delle ore 8:00 con uscita alle 14 e quello delle ore 10:00 con uscita alle ore 16. Inoltre è previsto, anche per le scuole che utilizzavano la settimana corta, l’introduzione del sabato come giornata di lezione.

Questi turni di entrata diversificata, la riduzione del 50% degli studenti presenti fisicamente a scuola e l’introduzione del sabato come giornata di scuola, generano non pochi disagi organizzativi da parte di chi deve fare l’orario scolastico delle lezioni.

Modifiche dell’orario delle lezioni

In questi giorni le scuole sono all’opera per rifare l’orario scolastico delle lezioni in funzione delle novità introdotte dal piano di rientro a scuola. Ci sono insegnanti che si trovano a cavallo tra più scuole, titolari di Coe, che rappresentano grandi difficoltà per potere ottemperare ai nuovi orari di lezione modificate dalle scuole di servizio. C’è chi si trova impegnato sia nel primo scaglionamento orario e anche nel secondo, rimanendo in servizio dalle ore 8 fino alle ore 16.

Le modifiche dell’orario di servizio potrebbero, tra le altre cose, intervenire nuovamente dal 18 gennaio. Infatti a partire da questa data, il nuovo DPCM, che andrà a sostituire quello valido fino al 15 gennaio, potrebbe modificare la situazione e obbligare a nuovi orari scolastici.

Classi divise a metà e metà delle classi

Ci sono scuole che operano dividendo i gruppi classe a metà, in modo che ci sarà un 50% che segue in presenza e il rimanente 50% dovrebbe seguire a distanza, mentre ci sono scuole che operano mantenendo interi i gruppi classe e facendo entrare in presenza, a rotazione, solamente il 50% delle classi.

Curiosa la lettera di una docente di matematica che il 7 gennaio si troverà metà classe in presenza e metà classe a casa che dovrebbe seguire a distanza. La docente fa notare, nella sua lettera, che l’aula in cui fa lezione non ha postazione internet e non c’è la lavagna interattiva, per cui il 50% dei ragazzi a casa dovrà seguire la lezione con una videochiamata sullo smartphone di qualche compagno presente.

Insegnamento religione cattolica: lo Snadir chiede il concorso straordinario

da La Tecnica della Scuola

In seguito all’intesa tra Cei e Ministero dell’istruzione sul concorso relativo alla copertura dei posti per l’insegnamento della religione cattolica dagli anni 2021/2022 al 2022/2024, lo Snadir sta portando avanti alcune iniziative per tutelare i tanti precari di questa categoria. Un numero significativo di insegnanti storici infatti, rischia di perdere il lavoro anche dopo decine di anni, poiché i titoli culturali e di servizio avranno scarso rilievo nella votazione finale.

A questo proposito il Sindacato degli insegnanti di religione chiede una procedura assunzionale straordinaria, così come per gli altri docenti abilitati, affinchè vengano salvaguardati i posti di lavoro a rischio. Tra le iniziative adottate, una lettera ai Vescovi con la richiesta di rendere la situazione di precariato di oltre 15000 docenti priorità dal Servizio Nazionale Insegnanti Religione Cattolica. Tra le soluzioni anche quella di un concorso per soli titoli o un concorso con sola prova orale non selettiva. Prospettive che hanno il parere favorevole degli altri sindacati.

Proroga del bando

Il Decreto Milleproroghe ha rinviato al 31 dicembre 2021 la pubblicazione del bando di concorso. Durante questo tempo lo Snadir e i docenti precari sperano si possano rivedere le disposizioni dell’art.1bis della legge 159/2019.

L’intesa dopo 17 anni

Il via libera, giunto a pochi giorni dal termine ultimo per la pubblicazione del bando, è arrivato il 14 dicembre con la firma del presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti, e dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. L’obiettivo, rimane quello di coprire tutti i posti per l’insegnamento di Religione Cattolica che risulteranno vacanti e disponibili nell’arco del prossimo triennio. Una parte dei posti messi a bando sarà riservata ai docenti precari storici di religione, in possesso di almeno 36 mesi di servizio svolto.

Tra i requisiti di partecipazione alla procedura concorsuale “è prevista la certificazione dell’idoneità diocesana di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 18 luglio 2003, n. 186, rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio diocesano competente nei novanta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda di concorso”.

Dall’intesa scaturisce che i posti messi a bando nella singola Regione per il “personale docente di religione cattolica, in possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall’Ordinario diocesano, che abbia svolto almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, nelle scuole del sistema nazionale di istruzione” corrispondano a quanto stabilito dall’articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge n. 126 del 2019.

Scuola, slitta all’11 gennaio la riapertura per le Superiori. Stretta anti-Covid: tutta l’Italia arancione nel weekend

di Alberto Custodero,Annalisa Cuzzocrea,Giuliano Foschini

Niente ritorno in classe il 7 gennaio per gli studenti delle superiori. Se ne riparla l’11, sempreché la condizione epidemiologica lo permetta, e comunque al 50 per cento. Questa la decisione presa dal consiglio dei ministri notturno che avrebbe visto andare in scena, proprio sul tema della scuola, uno scontro durissimo all’interno del governo. A questo punto saranno decisive le comunicazioni che verranno date venerdì 8 dal monitoraggio dell’Iss, in quanto alle regioni rosse non verrà consentita la ripresa delle attività in presenza. Al momento, comunque, nessuna regione pare vicina alla soglia d’allerta, tenendo ovviamente presenti le nuove regole per la valutazione dell’indice Rt, approvate proprio ieri.

La questione del rinvio era stata posta dal Pd in seguito all’annuncio di alcune Regioni della decisione di non riprendere l’attività didattica il 7, una presa di posizione che aveva spinto il capodelegazione Dario Franceschini a chiedere il rinvio della ripresa delle lezioni frontali al 15 gennaio, provocando la durissima reazione delle ministre renziane Bellanova e Boinetti, allineate alle posizione espresse nel pomeriggio dalla collega Azzolina. Alla fine, dunque, si è giunti alla “via di mezzo” proposta dal ministro Speranza. Elementari e medie riapriranno invece regolarmente il 7.

In questa maniera il governo ha cercato di trovare un’intesa con le Regioni molte delle quali, nel corso della giornata, avevano già annunciato ordinanze per il rinvio: Veneto, Fiuli Venezia-Giulia e Marche addirittura fino al 31 gennaio. Ordinanze che oggi il ministro delle Autonomie, Francesco Boccia, chiederà adesso di ritirare in modo da uniformare su tutto il territorio.

Il tema del rinvio della riapertura delle scuole, posto dal segretario Pd Nicola Zingaretti, è stato presentato da Franceschini come una questione politica. Una posizione in contrasto con quella di Italia viva. Il Movimento 5 stelle ha inizialmente difeso la posizione della ministra Azzolina, schierata sulla data del 7. Ma la discussione è esplosa anche sul dossier trasporti sollevato da più parti, in particolare da Italia Viva. Ed è finita nel mirino la ministra dem De Micheli. L’accusa è quella di aver ignorato l’esigenza di una riorganizzazione dei mezzi pubblici in vista proprio della riapertura delle scuole.

Verso zona arancione nei weekend

Sul tema delle chiusure, l’impostazione del nuovo decreto in discussione prevede una zona gialla ‘rafforzata’ nei giorni feriali – con il divieto di spostamento tra le regioni e la conferma della regola che prevede la possibilità di spostarsi verso un’altra abitazione nella regione per massimo due persone – e una zona arancione nel fine settimana.

“Dal 7 al 15 gennaio 2021 è vietato, nell’ambito del territorio nazionale, ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. È comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, con esclusione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in altra regione o provincia autonoma”.

Il testo prevede anche l’abbassamento della soglia dell’Rt che fa scattare il posizionamento nelle diverse fasce e che sarà in vigore da lunedì 11.

Boccia: “Inasprimento soglie”

Il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia già nel pomeriggio aveva annunciato “l’inasprimento delle soglie”. “Gli interventi fatti a Natale, ha spiegato, “hanno evitato che ci fosse in Italia il liberi tutti”. La revisione della soglia del Rt (con 1 in zona arancione e con 1,25 in zona rossa, ndr) “è stata condivisa da tutte le Regioni – ha dichiarato il ministro – perché tutti condividiamo la necessità di far scattare immediatamente le misure più restrittive quando si va oltre l’1”. “La certezza è che le zone non cambiano – ha poi ancora sottolineato Boccia – restano l’arancione, il giallo e il rosso. Fino al 15 gennaio ci sono queste misure. Tutte le valutazioni, compresa questa sulle aree bianche, sono sul tavolo, la prospettiva deve essere quella ma non certamente stasera. Tutti vorremmo tornare bianchi, ne discuteremo al momento opportuno”.

Il vaccino

Sono 178.939 le persone finora vaccinate contro il Covid in Italia, 108.132 donne e 70.807 uomini. Il dato è aggiornato alle 02:30 del 5 gennaio ed è contenuto nel report online del Commissario straordinario per l’emergenza sanitaria. Hanno ricevuto il vaccino 140.324 operatori sanitari, 8.968 unita’ di personale non sanitario e 8.869 ospiti di Rsa.

Anche sui vaccini il decreto introduce una norma secondo cui,  qualora un paziente non sia in condizione di esprimere il consenso libero alla somministrazione e sia privo di un tutore legale, sarà il giudice tutelare a rinviare al direttore sanitario o responsabile medico la decisione della somministrazione.

Decreto MInisteriale 5 gennaio 2021, AOOGABMI 6

Individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale dell’amministrazione centrale del Ministero dell’istruzione. (Decreto n. 6/2021). (21A01183) (GU Serie Generale n.48 del 26-02-2021)

Nota 5 gennaio 2021, AOODGPER 469

Ministero dell’istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione Direzione Generale per il personale scolastico

Ai Direttori generali degli Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
Ai Dirigenti titolari degli Uffici scolastici Regionali per l’Umbria, la Basilicata e il Molise LORO SEDI
p.c. All’Ufficio di Gabinetto SEDE
Al Capo Dipartimento del sistema educativo di istruzione e di formazione SEDE

OGGETTO: Anno scolastico 2020/2021 – Legge di bilancio 30.12.2020, n. 178 – Decreto legge 31.12.2020, n. 183 – Istruzioni e indicazioni operative in materia di personale ATA in applicazione dell’articolo 58, commi 5 e seguenti, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 – Integrazioni nota prot. n. 195 del 4.1.2021

Educazione&Scuola©