Patrizio Bianchi: ridurre la dispersione scolastica per far ripartire il Paese

da La Tecnica della Scuola

Ridurre in modo decisivo la dispersione scolastica è uno degli obiettivi che secondo Patrizio Bianchi deve essere perseguito allo scopo di migliorare le condizioni complessive delle nuove generazioni.

Del tema, il neo ministro parla esplicitamente nel suo libro “Nello specchio della scuola” pubblicato pochi mesi fa.
Nel capitolo in cui si occupa della questione, Patrizio Bianchi riporta anche dati e riflessioni che già erano contenuti nel Rapporto del Comitato degli esperti consegnato alla ministra Azzolina nel luglio scorso.

Alcuni dati, per la verità, sono rassicuranti: nel 2006 il tasso di dispersione era superiore al 20%, mentre nel 2016 era sceso al 13%.
Ma c’è un elemento preoccupante: il tasso è molto disomogeneo a livello territoriale e si passa dall’8% del Veneto al 23% della Campania e al 24% della Sardegna.
Il neo Ministro fornisce un dato drammatico: dei 515mila ragazzi che nel 2014 hanno sostenuto l’esame di licenza media, 5 anni dopo ne troviamo solamente 350mila all’ultimo anno della secondaria di secondo grado.

Secondo Patrizio Bianchi, però, l’aspetto che preoccupa di più è la dispersione “implicita”: i dispersi impliciti – spiega Bianchi riprendendo un passaggio contenuto nel Rapporto – sono quegli studenti che pur avendo conseguito un diploma non hanno però raggiunto competenze adeguate.
Il problema – aggiunge – riguarda almeno uno studente su 5; basta leggere con un po’ di attenzione i dati che l’Invalsi fornisce periodicamente

Queste per esempio sono le percentuali degli studenti che non arrivano ad livello adeguato di competenze in italiano

Terza media Fine secondo grado
NORD-OVEST 30 21
NORD-EST 28 23
CENTRO 32 34
SUD 40 46
SUD E ISOLE 46 50

Altrettanto allarmanti sono i dati relativi alle competenze digitali e alla disponibilità di infrastrutture e strumenti digitali, ambito nel quale il nostro Paese è fra gli ultimi in Europa.

Non a caso – conclude Patrizio Bianchi – l’Italia è il Paese che cresce meno di tutti.
Ecco perché per far ripartire l’economia è indispensabile investire in conoscenze e – quindi – nella scuola e nella formazione.
Vedremo se questa onesta analisi della situazione si tradurrà in atti concreti.

Dad agli alunni figli di soggetti fragili? La scuola non ha l’obbligo di attivarla

da La Tecnica della Scuola

Riceviamo e pubblichiamo delle precisazioni da parte della scuola interessata, a proposito del caso di Dad negata in un istituto di Vigevano finito in tribunale, dopo che una famiglia aveva richiesto lo svolgimento delle lezioni distanza per i due figli a causa del pericolo di contagio Covid per il padre dei ragazzi in condizioni di fragilità.

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Pur nel rispetto della riservatezza dovuta dal procedimento legale tuttora in corso, la scuola paritaria “Don Tarcisio Comelli” intende fornire alcune precisazioni in merito alle notizie apparse sugli organi di stampa nazionali e locali circa la DAD non concessa ad alunni figli di soggetti fragili.

La normativa nazionale e regionale scolastica, nonché i vari DPCM emanati a seguito della emergenza Coronavirus, non dispongono l’erogazione della Dad nel caso in questione; infatti mentre il legislatore norma il comportamento da adottare circa i soggetti fragili e i nuclei familiari a cui è imposto “l’isolamento sociale” (il caso in questione non rientra in nessuna delle due casistiche) nulla impone circa gli alunni figli di soggetti fragili, nonostante le molte sollecitazioni e richieste di chiarimenti in merito.

A fronte della discrezionalità di scelta lasciata dallo Stato alla istituzione scolastica e della assenza di indicazioni oggettive inerenti la valutazione delle singole situazioni, la scuola esercita la propria autonomia decisionale, evitando di sostituirsi in decisioni che né il Miur né il Ministero della Salute hanno, ad oggi, valutato di dover assumere.

In tale assenza di parametri ogni famiglia potrebbe avanzare richiesta di Dad, adducendo la presenza di un soggetto fragile presso il proprio nucleo familiare. Gli ambiti di socializzazione dei vari membri di una famiglia tuttavia non si limitano alla scuola dei figli; può essere imposta una didattica a distanza per evitare solo la presenza a scuola a fronte alunni che frequentano altri contesti di socializzazione, con genitori o familiari che lavorano e frequentano altri ambiti di vita? E’ sostenibile che va evitata solo la scuola e che solo questa è fonte di rischio di contagio? Chiunque può scegliere come andare a scuola, senza regolamentarne le casistiche?

Siamo di fronte al rischio di deriva del concetto stesso di scuola ad oggi, fortunatamente, non avallato dal nostro ordinamento sociale e scolastico. D’altronde gli esiti negativi dell’isolamento sociale “forzato” e della DAD sui ragazzi sono ormai ampiamente condivisi e sottolineati dai maggiori esperti in educazione, psicologia e sociologia.

La corresponsabilità educativa tanto sottolineata in fase di emergenza sanitaria, e comunque sempre auspicata in ambito educativo, chiede e riconosce la libertà che anche la famiglia possa mettere in campo soluzioni alternative alla frequenza scolastica in presenza, se lo ritiene opportuno. La famiglia deve liberamente scegliere la scuola che risponde meglio alle proprie esigenze, in base ai singoli Progetti Triennali Formativi e regolamenti deliberati dai singoli istituti scolastici.

La normativa prevede la facoltà di richiedere, in determinate situazioni particolarmente delicate, le modalità della scuola in ospedale e della scuola parentale, lasciando libera la famiglia di scegliere nel proprio ambito l’organizzazione familiare più consona alle proprie esigenze e senza imporre alle istituzioni scolastiche responsabilità circa le singole decisioni.

Per queste situazioni la nostra scuola ha ampiamente già in passato e ancora nel corrente anno scolastico, mostrato la più ampia disponibilità e operatività, nell’ottica di sostenere le famiglie e gli alunni, coerentemente con il proprio progetto educativo.

La Scuola don Comelli contesta pertanto le informazioni parziali riportate dalla stampa e dai social, non potendo diramare ulteriori dati essenziali, nel rispetto della privacy. Respinge giudizi moralistici, infondati e al limite della diffamazione, sull’operato del proprio personale e sulla inadeguatezza della scelta operata nel caso in questione.

Patrizio Bianchi: no alternanza ma integrazione scuola-lavoro

da La Tecnica della Scuola

Nel volume Nello specchio della scuola, il neo Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi parla anche dell’alternanza scuola-lavoro in modo nuovo, secondo un’ottica ribaltata.

L’integrazione scuola-lavoro

Infatti, più che alternare la fase di apprendimento in classe con quella di sperimentazione sul fronte lavorativo, per il nuovo Ministro si tratta di integrare strettamente i due ambienti di apprendimento, per fare in modo che la scuola abbia bisogno del mondo del lavoro tanto quanto le aziende hanno bisogno della scuola.

Un legame che si spiega bene e trova campo fertile in relazione alle materie scientifico-tecnologiche (Science, Technology, Engineering and Mathematics, STEM), cioè quelle più legate all’evoluzione delle scienze sperimentali, nella capacità di lavorare in gruppo per risolvere problemi complessi. Infatti, le imprese che stanno affrontando oggi la transizione verso la Quarta rivoluzione industriale richiedono proprio queste competenze – le cosiddette soft skills, e avrebbero dunque tutto l’interesse a reperire tali competenze dal bacino scolastico qualora gli alunni venissero formati adeguatamente, anche con il supporto dell’Università.

La triade università-scuola-azienda

Una triade, quindi, università-scuola-azienda, che andrebbe potenziata secondo una progettualità forte e una visione chiara.

E sul tema cita Adam Smith, il Ministro: l’efficienza non nasce dalla specializzazione individuale, ma dalla capacità di rendere fra loro complementari le singole specializzazioni, in un contesto che sappia affrontare e risolvere problemi complessi.

Ecco in che senso integrare scuola e lavoro e non, banalmente, alternare: bisogna promuovere, insomma, forme di integrazione in cui reciprocamente le imprese, le scuole, gli enti di ricerca si rendano fra loro complementari.

Il ruolo delle imprese

Secondo questo approccio, diviene chiaro il ruolo delle imprese dovrebbe essere quello di mettere a disposizione degli studenti e delle scuole in generale i loro laboratori e di sperimentare modalità educative tali che imprese e scuole siano le une complementari alle altre.

A questo proposito il Ministro Bianchi cita l’esperienza dei Programmi di inserimento lavorativo lanciati dall’Università di Ferrara, in cui si chiedeva alle stesse imprese di divenire luoghi di educazione nell’ambito di un territorio che si concepiva nella sua interezza come un ambiente di
educazione permanente.

L’obbligo a 17 anni

Un tema, quello della formazione professionale e della integrazione scuola-lavoro che si lega alla necessità di innalzare l’obbligo scolastico da 16 a 17 anni, per superare l’incoerenza di un percorso scolastico che lascia andare i ragazzi dopo il primo biennio di scuola superiore (a 16 anni) senza alcun diploma, dato che, per potere ottenere un diploma professionale, bisogna avere frequentato un corso di almeno tre anni.

I pericoli del web: viaggio tra app e social utilizzati dai ragazzi

da La Tecnica della Scuola

Il lockdown e i lunghi periodi di isolamento di quest’ultimo difficile anno ci hanno resi sempre più dipendenti dalle tecnologie, non solo per studio e per lavoro, ma anche per la nostra socialità.

Le numerose piattaforme disponibili sul web ci hanno permesso di fare riunioni, di seguire lezioni, di scambiarci materiali, oltre che consentirci di parlare a distanza con i nostri cari.

Ma a fronte delle innegabili potenzialità di questi strumenti, ci sono anche da tener presenti i rischi più o meno nascosti, soprattutto per i più giovani, derivanti dall’uso prolungato e scarsamente consapevole di smartphone, tablet e computer.

Purtroppo, spesso ci ritroviamo a leggere notizie di cronaca che coinvolgono bambini o ragazzini, vittime di raggiri sul web o di giochi pericolosi che sfociano in tragedia.

Come possiamo tutelare i nostri figli?

Innanzitutto, spiegando loro, anche con l’aiuto di esperti, quali sono i pericoli nascosti dietro social o app che all’apparenza potrebbero sembrare innocui.

Poi, monitorando costantemente la navigazione, magari impostando anche dei filtri, controllando le app scaricate e cosa i ragazzi pubblicano sui social. Ricordando sempre che c’è un’età minima per poter accedere a questi “mezzi”: lo ribadiscono anche il Garante per la Privacy e Telefono Azzurro nello spot “Se non ha l’età, i social possono attendere”.

Ma forse, ancora più importante, è conoscere il mondo dei giovani e giovanissimi, quali sono i loro interessi nel mondo di Internet.

Quindi, quali sono le principali app e social utilizzati dai ragazzi? Ho parlato direttamente con mia figlia quattordicenne e i suoi amici e ho scoperto un mondo che va ben oltre i più comuni Facebook (usato pochissimo dai giovanissimi), InstagramWhatsappTik Tok e Twitter.

Proviamo a vedere alcuni dei canali che potrebbero essere utilizzati anche dai giovanissimi per comunicare e condividere e i potenziali pericoli nascosti.

This Crush

È un’app che consente di inviare e ricevere messaggi da amici, anche in maniera anonima. Quest’ultimo aspetto è da tenere in considerazione, perché dietro l’anonimato possono nascondersi molte insidie e i ragazzi possono anche essere esposti ad episodi di cyberbullismo.

Tellonym

È anch’essa un’app di messaggistica istantanea, tramite la quale gli utenti possono mandare sotto forma dell’anonimato dei messaggi ad altri utenti.

Tinder

È un’app per dispositivi mobili che facilita la comunicazione tra gli utenti. L’applicazione è comunemente usata come app per incontri, e proprio per questa ragione è facile che adulti e minori possano incontrarsi tra loro a causa del rilevamento della posizione geografica.

Snapchat

Questa app consente agli utenti di inviare messaggi di testo, foto e video visualizzabili solo per 24 ore. L’applicazione permette la condivisione della geolocalizzazione al proprio gruppo di amici. Questa app è spesso utilizzata per il sexting, neologismo utilizzato per indicare l’invio di messaggi, testi e/o immagini sessualmente espliciti, principalmente tramite il telefono cellulare.

Blendr

È un’applicazione di incontri online ed è progettata per connettere persone affini che abitano in zone vicine. Anche in questo caso il rischio è che i minori siano contattati da adulti.

Discord

È una piattaforma statunitense di VoIP, messaggistica istantanea e distribuzione digitale progettata per creare comunità. Gli utenti comunicano con chiamate vocali, videochiamate, messaggi di testo, media e file in chat private o come membri di un server. Anche in questo caso il pericolo di incappare nelle persone sbagliate o di condividere immagini personali, che poi possono essere rubate da altri e condivise nel web, è reale.

Alcuni consigli del Garante per la privacy

Il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato diverse guide utili per i genitori per sorvegliare il più possibile sull’attività social dei propri figli.

Una delle ultime pubblicazioni si intitola Consigli ai “GRANDI” per un utilizzo sicuro da parte dei “PICCOLI” e contiene suggerimenti utili per conoscere le principali insidie della rete.

Per una navigazione sicura, il Garante fornisce i seguenti consigli:

  • Meglio regolare su livelli di adeguata sicurezza le impostazioni privacy dei dispositivi e di eventuali servizi utilizzati dai minori (sistemi di messaggistica, download di app, acquisti online) e leggere con attenzione l’informativa sul trattamento dei dati personali, che deve essere sempre presente (nella confezione del prodotto, sul sito, nella app), completa di tutte le informazioni previste dalla normativa e scritta in un linguaggio chiaro e comprensibile.
  • Si può anche decidere di bloccare del tutto l’uso di determinati social network o servizi di messaggistica da parte del minore. Al tale proposito, è bene ricordare che alcune piattaforme non consentono l’iscrizione sotto una certa soglia di età. In Italia il Codice privacy stabilisce inoltre che solo a partire dai 14 anni un minore può esprimere autonomamente il consenso al trattamento dei propri dati personali. Prima di questa età è infatti necessario il consenso di chi esercita la responsabilità genitoriale.
  • Per quanto riguarda la navigazione sul web, è utile sapere che molti browser (i programmi utilizzati per navigare sul web) consentono di impostare blocchi e filtri, che possono essere utilizzati ad esempio per impedire che il minore veda determinati siti, scarichi contenuti potenzialmente dannosi o possa ricercare determinate parole associate a temi e argomenti non idonei.

Anp: “Con 30 studenti in classe, distanziamento non si può rispettare”

da La Tecnica della Scuola

Mario Rusconi, presidente dell’Anp, spiega  che ci sono due grandi temi da affrontare:  il distanziamento in classe e la ristrutturazione degli edifici scolastici.

Ha infatti dichiarato: «Abbiamo evidenziato in particolare  il problema del numero di studenti per classe che dovrebbero essere non oltre i 24 ragazzi mentre secondo gli organici inviati dai vari uffici regionali si dovrebbe arrivare fino a 30 ragazzi per aula. In questo modo è impossibile mantenere il distanziamento e soprattutto è difficile per i docenti insegnare e portare tutti gli studenti ad un buon livello di preparazione. Abbiamo chiesto poi di utilizzare i fondi che arriveranno dall’Europa alla ristrutturazione degli edifici scolastici, in Italia vene sono 42mila, ed è stato calcolato che sarebbero necessari dai 10 ai 12 miliardi di euro per metterli a norma. E poi abbiamo presentato l’annoso problema della necessità di avere tutti gli insegnanti in classe a settembre».

Il Ministro Bianchi ha incontrato il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione

da Tuttoscuola

Il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha incontrato questa mattina, in videoconferenza, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. “Mi attendo molto da voi – ha detto, rivolgendosi ai componenti -. Non mi aspetto solo pareri, che ascolteremo, naturalmente, con grande attenzione, ma una visione e la capacità di aiutare il Ministro e il Paese a guardare oltre l’emergenza. Grazie per il lavoro che state facendo e che farete”.

Il Ministro ha poi annunciato l’uscita di uno dei componenti designati, il Professor Alberto Melloni, a seguito di una nomina internazionale e ha indicato come nuovo componente la Professoressa Maria Grazia Riva, Presidente della Conferenza Universitaria Nazionale di Scienze della Formazione.

Capo di Gabinetto: resta Luigi Fiorentino

da Tuttoscuola

Il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha nominato il Consigliere Luigi Fiorentino suo Capo di Gabinetto. Fiorentino entra immediatamente nelle sue funzioni. Luigi Fiorentino è stato già Capo di Gabinetto di Lucia Azzolina e di Lorenzo Fioramonti. Ha preso il posto di Giovanni Chinè, capo di Gabinetto del ministro Bussetti.

Fiorentino, già capo di Gabinetto nel 2011 con il ministro Profumo, è laureato in giurisprudenza e possiede il Diploma di perfezionamento in Diritto Amministrativo e scienza dell’Amministrazione presso l’Università di Napoli.

Dal 1° agosto 2007 è stato Segretario Generale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dove ha ricoperto il ruolo di Capo di Gabinetto dal 10 marzo 2005 al 31 luglio 2007.

Dal 15 giugno 2004 al 9 marzo 2005 è stato Capo del Dipartimento per le risorse umane e strumentali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e, dal 1 ottobre 2002 al 14 giugno 2004, Capo del Dipartimento per le risorse strumentali. È stato anche reggente del Dipartimento per le risorse umane e l’organizzazione dal 1 al 14 giugno 2004.

Già Vice Capo di Gabinetto dei Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica Ciampi e Amato dal 20 dicembre 1998 al 25 aprile 2000, è stato Direttore del Servizio centrale per gli affari generali, la qualità dei processi e dell’organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze dal 5 novembre 1998 al 30 settembre 2002. In tale veste ha promosso l’adozione di un sistema integrato di gestione dei servizi e della manutenzione (c.d “global service”) per l’edificio demaniale di via XX Settembre a Roma. Ha fatto parte inoltre del gruppo di start-up Consip – Ministero del tesoro del bilancio e della programmazione economica.

Provveditore generale dello Stato dal 1° agosto 2000 fino all’entrata in vigore del Dpr del 22 marzo 2001, che ha soppresso il Servizio Centrale del Provveditorato generale dello Stato e ha disposto l’assorbimento delle relative competenze da parte del Servizio Centrale per gli affari generali e la qualità dei processi e dell’organizzazione.

L’ANP scrive a Draghi e cita Franklin

da Tuttoscuola

È rivolta direttamente al presidente del Consiglio Mario Draghi la lettera che il presidente della ANP Antonello Giannelli ha pubblicato sabato scorso sul sito dell’Associazione. La lettera reca la data del 13 febbraio 2021, quando il nome del neoministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, era già noto.

Il fatto che il nome di quest’ultimo non compaia in indirizzo va interpretato non certo come uno sgarbo al ministro ma come il segno della fiducia che il sindacato più rappresentativo dei dirigenti scolastici ripone personalmente nel nuovo capo del governo come massimo responsabile delle scelte strategiche, quelle di medio-lungo periodo, che incidono sulla qualità del processo educativo.

Vola alto Giannelli, che cita in proposito la massima di Benjamin Franklin secondo cui “un investimento in conoscenza paga sempre il massimo interesse”. E spiega che “la ricaduta di un investimento di questa natura si avverte anche in termini economici poiché il livello di istruzione delle persone influisce positivamente sulla loro partecipazione al mercato del lavoro, sulle possibilità di occupazione e sui redditi”, riverberandosi anche sul prodotto interno lordo.

Molti sono gli elementi di criticità indicati nella lettera del leader dell’ANP, aggravatisi con la pandemia ma evidenziati dalla ricerca socio-pedagogica e segnalati nel tempo anche da Tuttoscuola, a partire dall’analisi dei divari territoriali in termini di livelli di istruzione e di possesso di competenze che fanno della scuola italiana un “colabrodo”, come noi l’abbiamo definita.

Problemi ai quali si aggiungono l’inadeguatezza degli spazi e la pesantezza dei deficit tecnologici e infrastrutturali che impediscono di realizzare modalità di insegnamento e apprendimento che assicurino la centralità dello studente e il suo successo formativo.

Un altro fenomeno da tempo evidenziato da Tuttoscuola (https://www.tuttoscuola.com/report-di-tuttoscuola-la-grande-occasione-offerta-dal-trend-demografico-non-sprechiamola/) e segnalato nella lettera di Giannelli è quello che riguarda la denatalità in atto, “che comporterà una riduzione della popolazione scolastica di circa 1.100.000 unità da qui a dieci anni” con un decremento di circa 37.000 classi e 55.000 docenti a parità di numero medio di alunni. Una prospettiva che può favorire il reinvestimento delle risorse liberate al fine di “raggiungere due obiettivi quali il riconoscimento delle competenze e del merito dei docenti nonché l’innovazione delle prassi d’aula in chiave partecipativa e inclusiva”.

Ci sembrano obiettivi condivisibili, che dovrebbero essere accompagnati da una vision della scuola futura che ne faccia davvero “il motore di una crescita di un Paese che da troppo tempo è bloccato”, come auspica il ministro Bianchi nel suo libro “Nello specchio della scuola”, di cui si parla nella precedente notizia, e che sia fondata sul trinomio personalizzazione, digitalizzazione, inclusione.