Olimpiadi Europee della Fisica 2021

Una medaglia d’oro, due medaglie d’argento e due di bronzo. Questi i risultati ottenuti dalla squadra italiana alle Olimpiadi Europee della Fisica (EuPhO) 2021 che si sono concluse sabato 26 giugno 2021 con la cerimonia di premiazione. La competizione ha visto impegnati, nella risoluzione di problemi di fisica, tre teorici e due sperimentali, 219 studentesse e studenti da 46 Paesi del mondo.  

La gara si è svolta online, con gli studenti italiani, selezionati tra i 10 vincitori delle XXXV Olimpiadi nazionali di Fisica, che si sono ritrovati presso il Liceo Classico “Stelluti” di Fabriano (AN), accompagnati dai professori Angelo Angeletti e Andrea Stefanini per affrontare le prove.  

L’elenco dei premiati italiani 

Medaglia d’oro:
Martino Barbieri dell’I.I.S. “Galilei” di Crema 

Medaglia d’argento:  

Giacomo Calogero del Liceo Scientifico “Banzi Bazoli” di Lecce
Massimo Gasparini del Liceo Scientifico “Fermi” di Padova 

Medaglia di bronzo:  

Luca Cremonesi del Liceo Scientifico “Galilei” di Erba
Tommaso Lunghi del Liceo Scientifico “Volta” di Milano 

TROPPI CONTENZIOSI NELLE SCUOLE

TROPPI CONTENZIOSI NELLE SCUOLE, IL SISTEMA VA RIFORMATO

“La situazione del liceo Verga di Adrano è diventata ormai insostenibile e perciò sollecitiamo il ministro Bianchi ad intervenire per riportare tra la comunità scolastica quel clima di serenità indispensabile per lavorare bene e che adesso manca, provocando gravi danni agli studenti impegnati in questi giorni negli esami di Maturità”. A lanciare l’appello al vertice di viale Trastevere è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, riferendosi al caso dell’istituto della provincia di Catania dove il dirigente scolastico avrebbe revocato numerosi docenti interni dal ruolo di commissario d’esame in seguito ad alcuni procedimenti disciplinari avviati mesi fa. Nella stessa scuola, inoltre, i docenti lamentano il continuo mancato rispetto delle delibere del Collegio dei Docenti.“Questo caso dimostra la fallibilità dell’autonomia scolastica che, senza i necessari controlli, rischia di trasformarsi in anarchia. Situazioni come quella di Adrano non sono infrequenti, in più occasioni abbiamo purtroppo riscontrato un uso improprio di potere da parte di alcuni dirigenti scolastici a danno dei docenti che, per difendersi, possono rivolgersi soltanto alla magistratura. Ed è noto a tutti come i tempi della giustizia, soprattutto in alcune zone d’Italia, siano lenti. Sarebbe, dunque, quanto mai necessaria una riforma di carattere legislativo del sistema del contenzioso nelle scuole, che miri a creare collegi di conciliazione e ad evitare che gli insegnanti siano costretti a sostenere di tasca propria le spese legali, diversamente dai presidi che possono contare sull’Avvocatura dello Stato. Per garantire che le sanzioni disciplinari non siano utilizzate come armi improprie, inoltre, analogamente a quanto avviene con il Consiglio Superiore della Magistratura, la Gilda propone da sempre l’istituzione del Consiglio superiore della docenza, a garanzia della libertà di insegnamento”, conclude Di Meglio.

Partita da 2,6 miliardi per l’edilizia scolastica

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Da un lato c’è la pandemia, con tanto di varianti, che può rappresentare un’ipoteca anche sul prossimo anno. Dall’altro c’è il Piano nazionale di ripresa e resilienza che scommette sul rilancio della scuola ma non ammette ritardi. Due variabili che rendono la sfida sull’edilizia scolastica ancora più decisiva per superare i problemi passati e affrontare le sfide future. Il ministro Patrizio Bianchi lo sa e punta al cambio di passo sull’intero meccanismo di bandi-progetti-finanziamenti. Grazie a un pacchetto di interventi (attesi ad horas) per complessivi 700 milioni, le risorse mobilitate, dal suo insediamento a oggi, sfiorano i 2,6 miliardi. Ma in ballo, tra fondi nazionali e Pnrr, ce ne sono altri 5,3.

In realtà, come lo stesso titolare dell’Istruzione spiega al Sole 24 Ore del Lunedì, la partita sull riorganizzazione degli spazi didattici è perfino più ampia. «Sull’edilizia scolastica stiamo continuando a investire e stiamo accelerando le procedure per consentire che la didattica avvenga in ambienti sicuri. Ma quando parliamo di investimenti sulle strutture delle scuole – aggiunge – non parliamo solo di sicurezza, che, ovviamente, è una priorità. Oltre che sulla manutenzione ordinaria e straordinaria degli ambienti, dobbiamo investire anche su un loro ripensamento. Servono nuovi spazi educativi al passo con quell’innovazione didattica di cui abbiamo bisogno per portare la scuola fuori dalle gabbie del Novecento. Parliamo anche di digitale e di aule connesse. A questo proposito, anticipo che stiamo per pubblicare un avviso per le scuole di 446 milioni destinati al cablaggio interno delle aule per rendere le scuole sempre più connesse. Il bando sarà pubblicato a breve e le risorse saranno fondamentali per la transizione digitale del Paese, che, ricordo, è un altro punto basilare anche del Pnrr».

Gli interventi sbloccati

L’edilizia scolastica è in cima ai pensieri di Bianchi sin dalla sua nomina. Come dimostrano gli stanziamenti dei mesi scorsi di 1,1 miliardi per la messa in sicurezza di 653 scuole superiori o i 700 milioni per nidi e infanzia (la cui graduatoria potrebbe arrivare già oggi). A portare il “montepremi” delle risorse sbloccate vicino a quota 2,6 miliardi ci pensano altre cinque iniziative che stanno arrivando in queste ore. A cominciare dal decreto con la ripartizione regionale dei 500 milioni per la messa in sicurezza degli istituti inclusi nella programmazione triennale. Passando attraverso due finanziamenti con fondi Inail (un avviso pubblico sui 50 milioni della legge di Bilancio 2018 per la costruzione di scuole innovative nelle aree interne, che finora erano rimasti in stand-by, e il bando da 40 milioni per le nuove scuole nei comuni meridionali con meno di 5mila abitanti) arriviamo a un doppio antipasto su altrettante aree care anche al Pnrr: il primo, da 40 milioni, alla voce efficientamento energetico; il secondo, da 130 milioni, di risorse Pon per mense e palestre, con cui il governo vuole iniziare a ridurre il divario Nord-Sud sul tempo pieno. Completano il quadro i 12,5 milioni di contributi con l’8 per mille assegnati all’edilizia scolastica con le dichiarazioni fiscali del 2020.

Le risorse da autorizzare

Nel giro di qualche mese la posta è destinata a raddoppiare. Tra fondi nazionali e Recovery, in attesa di autorizzazione (che in alcuni casi arriverà già durante l’estate) ci sono 5,3 miliardi. Partendo dal Pnrr, gli stanziamenti più cospicui interessano gli asili nido e l’infanzia (3 miliardi), la costruzione di nuove scuole (800 milioni che rientrano nella missione 2 Rivoluzione verde e transiszione ecologica e anziché nella 4 Istruzione e Ricerca, ndr) e i 500 milioni per la messa in sicurezza e la ricostruzione di edifici esistenti. Seguiti poi dal doppio intervento di sostegno al tempo pieno, grazie a 400 milioni per le mense e 300 per le palestre. Meno numerose e di importo inferiore, ma più vicine al traguardo, le azioni sovvenzionate con fondi nazionali. Si va dai 210 milioni per la nuova programmazione triennale attesi a luglio al bando Pon da 30 milioni per le Smart school anch’esso imminente. Fino a due interventi che potrebbero agevolare la ripartenza di settembre: i 25,9 milioni per adeguare solai e controsoffitti investiti da indagini diagnostiche e, soprattutto, i 70 milioni per il noleggio di gazebo e tensostrutture per la didattica. Un bis, seppure ridimensionato, di quanto avvenuto l’anno scorso. All’epoca l’avviso è arrivato ad agosto; stavolta si punta su luglio. Ammesso che nel frattempo il Cts si pronunci su mascherine e distanziamento.

Organico Covid da 40mila prof per sdoppiare le classi

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Il governo è pronto a confermare da settembre l’organico aggiuntivo Covid per consentire alle scuole di riaprire in sicurezza, considerato che, molto probabilmente, nei primi mesi del nuovo anno scolastico resteranno in vigore alcune misure di contrasto alla pandemia, come il distanziamento fisico di un metro e i dispositivi di protezione individuale. L’ultima parola spetterà alle autorità sanitarie (a ridosso dell’apertura dei plessi si dovrà pronunciare il Cts, anche alla luce dell’andamento dell’epidemia e soprattutto del piano vaccinale), ma l’esecutivo, su pressing del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, nel decreto Sostegni-bis all’esame del Parlamento, starebbe pensando di autorizzare almeno 40mila docenti aggiuntivi a tempo determinato proprio con l’obiettivo di “sdoppiare” le classi e consentire il ritorno in presenza al 100% o comunque limitare il ricorso alle lezioni da remoto.

Il contingente ipotizzato di almeno 40mila insegnanti in più avrà però “regole di gestione” differenti rispetto allo scorso anno, quando i docenti Covid erano stati circa 60mila (più 20mila Ata) ma avevano scontato molteplici problemi operativi, dipesi dal fatto che lo Stato aveva stanziato risorse (circa 1,6-1,5 miliardi), lasciando però poi libere le scuole di decidere come usarle. Questo meccanismo, nell’impossibilità in molti istituti di sdoppiare le classi per mancanza di spazi, ha prodotto risultati insoddisfacenti (ritardi anche oltre i 4 mesi nel pagamento degli stipendi, solo per citarne uno) e anche un avanzo di risorse (non utilizzate).

Da quanto si apprende da fonti di governo, i 40mila prof aggiuntivi dovrebbero essere inquadrati subito nell’organico di fatto, tornando, cioè, a un meccanismo tradizionale: definizione dei posti aggiuntivi necessari conteggiati sulla base delle indicazioni delle scuole agli uffici territoriali e poi agli Usr. In questo modo, in presenza di spazi o di turni doppi, lo sdoppiamento delle classi diventerebbe più plausibile.

In attesa anche di capire come si procederà con le vaccinazioni degli alunni più giovani, il governo è già al lavoro per settembre. Negli scorsi provvedimenti, ha stanziato già circa 1 miliardo per garantire sanificazioni, spazi, aule e più trasporti alla ripresa della scuola il prossimo anno scolastico. Come si ricorderà, 350 milioni sono destinati alle scuole statali per le misure necessarie a garantire la sicurezza negli ambienti scolastici, altri 50 milioni per gli stessi interventi sono stati dedicati alle paritarie; gli enti locali disporranno di 70 milioni per l’affitto di locali e il noleggio di strutture temporanee per aumentare il numero di aule; 450 milioni sono stati stanziati per potenziare i servizi aggiuntivi di trasporto scolastico e le scuole potranno accedere al fondo di 50 milioni per gli spostamenti casa-scuola-casa del personale e degli studenti.

Decreto Ministeriale 28 giugno 2021, n. 203

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

Decreto Ministeriale 28 giugno 2021 

Proroga dei termini di aggiudicazione degli interventi di edilizia scolastica. (Decreto n. 203/2021). (21A04510)

(GU Serie Generale n.180 del 29-07-2021)

IL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE

Visto il decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, recante «Misure urgenti in materia di istruzione, universita’ e ricerca» (di seguito, decreto-legge n. 104 del 2013);

Visto in particolare l’art. 10 del citato decreto-legge n. 104 del 2013, che prevede che, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento sismico, efficientamento energetico di immobili di proprieta’ pubblica adibiti all’istruzione scolastica e all’alta formazione artistica, musicale e coreutica e immobili adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari, di proprieta’ degli enti locali, nonche’ la costruzione di nuovi edifici scolastici pubblici e la realizzazione di palestre scolastiche nelle scuole o di interventi volti al miglioramento delle palestre scolastiche esistenti per la programmazione triennale 2013-2015, le regioni interessate possano essere autorizzate dal Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a stipulare appositi mutui trentennali con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa, con la societa’ Cassa depositi e prestiti S.p.a. e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attivita’ bancaria ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;

Visto in particolare, il penultimo periodo del comma 1 del citato art. 10 che prevede l’adozione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per definire le modalita’ di attuazione della norma per l’attivazione dei mutui e per la definizione di una programmazione triennale, in conformita’ ai contenuti dell’Intesa sottoscritta in sede di Conferenza unificata il 1° agosto 2013 tra il Governo, le regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali;

Vista la legge 3 gennaio 1978, n. 1, recante «Accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali» e, in particolare, l’art. 19, il quale dispone che a modifica delle leggi vigenti, le rate dei mutui, concessi per l’esecuzione di opere pubbliche e di opere finanziate dallo Stato o dai Enti pubblici, sono erogate sulla base degli stati di avanzamento vistati dal capo dell’ufficio tecnico o, se questi manchi, dal direttore dei lavori;

Vista la legge 11 gennaio 1996, n. 23, recante «Norme per l’edilizia scolastica», e in particolare gli articoli 4 e 7, recanti norme, rispettivamente, in materia di programmazione, attuazione e finanziamento degli interventi, nonche’ di anagrafe dell’edilizia scolastica;

Vista la legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)» e, in particolare, l’art. 4, comma 177, come modificato e integrato dall’art. 1, comma 13, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, nonche’ dall’art. 1, comma 85, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che reca «Disposizioni sui limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato in relazione a specifiche disposizioni legislative» (di seguito, legge n. 350 del 2003);

Visto altresi’, il comma 177-bis del medesimo art. 4 della citata legge n. 350 del 2003, introdotto dall’art. 1, comma 512, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che ha integrato la disciplina in materia di contributi pluriennali, prevedendo, in particolare, che il relativo utilizzo e’ autorizzato con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa verifica dell’assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull’indebitamento netto rispetto a quello previsto a legislazione vigente;

Vista la legge del 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)» e, in particolare, l’art. 1, commi 75 e 76, che detta disposizioni in materia di ammortamento di mutui attivati ad intero carico del bilancio dello Stato;

Vista la legge 31 dicembre 2009, n. 196, recante «Legge di contabilita’ e finanza pubblica» e, in particolare, l’art. 48, comma 1, che prevede che nei contratti stipulati per operazioni finanziarie, che costituiscono quale debitore un’amministrazione pubblica, e’ inserita apposita clausola che prevede a carico degli istituti finanziatori l’obbligo di comunicare in via telematica, entro trenta giorni dalla stipula, al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del Tesoro e Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, all’ISTAT e alla Banca d’Italia, l’avvenuto perfezionamento dell’operazione finanziaria con indicazione della data e dell’ammontare della stessa, del relativo piano delle erogazioni e del piano di ammortamento distintamente per quota capitale e quota interessi, ove disponibile;

Visto il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», e in particolare l’art. 11, commi 4-bis e seguenti, il quale prevede l’adozione di un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, d’intesa con la Conferenza unificata per la definizione di priorita’ strategiche, modalita’ e termini per la predisposizione e l’approvazione di appositi piani triennali, articolati in annualita’, di interventi di edilizia scolastica nonche’ i relativi finanziamenti;

Visto il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante «Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita’ produttive» e, in particolare, l’art. 9, comma 2-quater, che ha esteso l’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 10 del citato decreto-legge n. 104 del 2013, ricomprendendo tra gli immobili oggetto di interventi di edilizia scolastica anche quelli adibiti all’alta formazione artistica, musicale e coreutica;

Vista la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti»; Visto in particolare, l’art. 1, comma 160, della citata legge 13 luglio 2015, n. 107, con il quale si stabilisce che la programmazione nazionale predisposta ai sensi del citato art. 10 del decreto-legge n. 104 del 2013 rappresenta il piano del fabbisogno nazionale in materia di edilizia scolastica e sostituisce i piani di cui all’art. 11, comma 4-bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; Vista la legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)» e, in particolare, la tabella E con la quale e’ stato disposto il rifinanziamento della programmazione unica nazionale in materia di edilizia scolastica;

Vista la legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019» e, in particolare, l’allegato relativo agli stati di previsione;

Vista la legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020»;

Visto il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, recante «Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’art. 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107» e, in particolare, l’art. 3, comma 9;

Visto il decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, recante «Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017» e, in particolare, l’art. 20-bis, comma 2;

Visto il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2018, n. 97, recante «Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonche’ in materia di famiglia e disabilita’»;

Visto il decreto-legge 9 gennaio 2020, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 12, recante «Disposizioni urgenti per l’istituzione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’universita’ e della ricerca»;

Vista la legge 30 dicembre 2020, n. 178, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023»;

Visto il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, 3 gennaio 2018, con il quale sono stati definiti termini e modalita’ di redazione della programmazione unica nazionale 2018-2020 in materia di edilizia scolastica;

Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 12 settembre 2018, n. 615, con il quale si e’ proceduto all’approvazione della programmazione unica nazionale 2018-2020 in materia di edilizia scolastica e al riparto del contributo annuo pari ad euro 170.000.000,00 tra le regioni;

Vista l’Intesa, sottoscritta in sede di Conferenza unificata il 6 settembre 2018, tra il Governo, le regioni, le province e gli enti locali ai sensi dell’art. 9, comma 2, del decreto legislativo del 28 agosto 1997, n. 281;

Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 10 dicembre 2018, n. 849, con il quale si e’ proceduto alla rettifica della Programmazione nazionale in materia di edilizia scolastica 2018-2020 con riferimento ai piani presentati da alcune regioni;

Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 1° febbraio 2019, n. 87, con il quale e’ stato autorizzato l’utilizzo – da parte delle regioni, per il finanziamento degli interventi inclusi nei piani regionali triennali di edilizia scolastica di cui alla programmazione unica nazionale, ai sensi dell’art. 2 del decreto interministeriale 3 gennaio 2018 – dei contributi pluriennali di euro 170.000.000,00 annui, decorrenti dal 2018 previsti dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, stanziati dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232 e rimodulati dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, per le finalita’, nella misura e per gli importi a ciascuna regione assegnati per effetto dei decreti richiamati in premessa, nonche’ autorizzati gli interventi di cui all’allegato da Abruzzo al Veneto al medesimo decreto;

Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 30 luglio 2019, n. 681, con il quale si e’ proceduto all’aggiornamento della programmazione unica nazionale 2018-2019 con riferimento all’annualita’ 2019, nella quale confluiscono i singoli piani regionali;

Visto il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 18 ottobre 2019, n. 960, con il quale si e’ proceduto a prorogare i termini per la proposta di aggiudicazione con riferimento agli interventi autorizzati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 1° febbraio 2019, n. 87, al 30 aprile 2020, in caso di progettazione esecutiva, al 30 settembre 2020, nel caso di studio di fattibilita’ e/o progettazione definitiva, e al 31 dicembre 2020, nel caso di interventi di nuova costruzione;

Visto il decreto del Ministro dell’istruzione 31 marzo 2020, n. 188, con il quale i termini per la proposta di aggiudicazione degli interventi, autorizzati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 1° febbraio 2019, n. 87, fissati dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca 18 ottobre 2019, n. 960, sono stati ulteriormente prorogati al 30 settembre 2020, in caso di progettazione esecutiva, al 31 dicembre 2020, nel caso di studio di fattibilita’ e/o progettazione definitiva, e al 28 febbraio 2021, nel caso di interventi di nuova costruzione;

Visto il decreto del Ministro dell’istruzione 30 giugno 2020, n. 42, con il quale sono stati modificati i piani regionali degli interventi autorizzati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 1° febbraio 2019, n. 87 e con il quale e’ stato stabilito che il termine di aggiudicazione dei nuovi interventi inclusi nell’allegato al decreto fosse quello del 21 febbraio 2021;

Visto il decreto del Ministro dell’istruzione 26 novembre 2020, n. 163, con il quale i termini per la proposta di aggiudicazione degli interventi autorizzati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 1° febbraio 2019, n. 87 e di quelli autorizzati con decreto del Ministro dell’istruzione 30 giugno 2020, n. 42, sono stati fissati al 30 giugno 2021, in caso di progettazione esecutiva e nel caso di studio di fattibilita’ e/o progettazione definitiva, e al 31 agosto 2021, per gli interventi di nuova costruzione;

Dato atto che con il citato decreto-legge n. 1 del 2020 il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e’ stato diviso nel Ministero dell’istruzione e nel Ministero dell’universita’ e della ricerca e che, secondo quanto previsto dall’art. 2, le attivita’ connesse alla sicurezza nelle scuole e all’edilizia scolastica rientrano nelle aree funzionali del Ministero dell’istruzione;

Considerato che, nonostante le proroghe dei termini disposte con i citati decreti ministeriali, alcuni enti locali e alcune regioni hanno comunque evidenziato l’impossibilita’ di procedere al rispetto dei termini di aggiudicazione, anche a causa delle misure adottate in occasione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19;

Dato atto che, l’art. 2, comma 7, del citato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, 3 gennaio 2018, prevede che un’eventuale proroga del termine di aggiudicazione possa essere disposta con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca;

Ritenuto opportuno prevedere una breve proroga dei termini di aggiudicazione che possa contemperare l’esigenza posta da alcuni enti locali e da alcune regioni con l’interesse pubblico alla rapida esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e di adeguamento sismico delle scuole, nonche’ con la necessita’ di rispettare il contratto di progetto con la Banca europea degli investimenti e le relative scadenze e tempistiche poste anche dai contratti di mutuo sottoscritti dalle singole regioni;

Decreta:

Art. 1 Proroga dei termini di aggiudicazione degli interventi

1. I termini per la proposta di aggiudicazione degli interventi autorizzati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 1° febbraio 2019, n. 87 e con decreto del Ministro dell’istruzione 30 giugno 2020, n. 42, sono prorogati al 30 settembre 2021, in caso di progettazione esecutiva e di studio di fattibilita’ e/o progettazione definitiva, e al 30 novembre 2021, in caso di interventi di nuova costruzione.

2. Il mancato rispetto dei termini di cui al comma 1 comporta improrogabilmente la decadenza dai contributi concessi con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 1° febbraio 2019, n. 87 e con decreto del Ministro dell’istruzione 30 giugno 2020, n. 42. Il presente decreto e’ sottoposto ai controlli di legge.

Roma, 28 giugno 2021

Il Ministro: Bianchi

Registrato alla Corte dei conti il 20 luglio 2021 Ufficio di controllo sugli atti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell’istruzione, del Ministero dell’universita’ e della ricerca, del Ministero della cultura, del Ministero del turismo, del Ministero della salute, n. 2135

Edilizia scolastica

Avviso pubblico per l’adeguamento funzionale e messa in sicurezza impiantistica delle palestre, di mense scolastiche e relativo allestimento
Prot. 18786 del 28-06-2021


In arrivo nuove risorse per interventi di edilizia scolastica. Il Ministero dell’Istruzione ha infatti pubblicato, in questi giorni, due Avvisi che mettono a disposizione degli Enti locali delle Regioni del Centro-Sud fondi per la messa in sicurezza di mense scolastiche e palestre e per la costruzione di scuole innovative. Obiettivo dei finanziamenti, una maggiore diffusione del tempo pieno, dell’attività motoria e il contrasto del fenomeno dello spopolamento dei piccoli Comuni.

Gli Enti locali che possono partecipare alle procedure sono quelli delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Nello specifico, il primo Avviso destina 130 milioni alla messa in sicurezza delle mense scolastiche e delle palestre, oltre che all’adeguamento di aree gioco e impianti sportivi esistenti a uso didattico. Il secondo, invece, libera 40 milioni per il finanziamento di interventi di costruzione di scuole innovative nei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.

“Da subito abbiamo voluto imprimere un’accelerazione – dichiara il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi – per assegnare velocemente le risorse per l’edilizia scolastica e far partire quanto prima i cantieri. Da inizio mandato abbiamo autorizzato circa 2,6 miliardi, una quantità di risorse considerevole per la messa in sicurezza delle strutture e anche per ripensare i luoghi di apprendimento. Con queste nuove misure potremo dare risposte a situazioni di maggiore difficoltà, potenziare il tempo pieno e rendere sempre di più la scuola presidio per la comunità. Stiamo lavorando in maniera strategica, usando tutti i fondi che abbiamo già sul tavolo e programmando al meglio le azioni da portare avanti con il PNRR, con l’obiettivo di garantire pari opportunità a tutte le studentesse e a tutti gli studenti”.

Il Ministro dell’Istruzione ha firmato anche un decreto per 50 milioni di investimento INAIL per la costruzione di scuole innovative nelle aree interne e il decreto per l’individuazione dei criteri per l’assegnazione di 12,5 milioni, quale quota annua dell’otto per mille per interventi urgenti. Il Ministero pubblicherà i relativi avvisi nei prossimi giorni.

I 130 milioni per palestre e mense scolastiche

L’Avviso mette a disposizione 130 milioni che potranno essere usati per finanziare due tipologie di interventi: l’adeguamento e la messa in sicurezza delle palestre, delle aree di gioco e di impianti sportivi esistenti a uso didattico e l’adeguamento, la messa in sicurezza e l’allestimento di mense scolastiche. Nel primo caso l’importo massimo di finanziamento sarà di 350.000 euro, nel secondo di 200.000 euro.

Ogni Comune delle otto Regioni interessate potrà presentare al massimo due candidature per due diversi edifici scolastici, mentre le Province e le Città metropolitane potranno presentare fino a quattro candidature e quattro progetti. La scadenza per candidarsi al bando è fissata alle ore 15 del 5 agosto 2021.

I 40 milioni INAIL per le nuove scuole nei Comuni con meno di 5.000 abitanti

Il secondo Avviso riguarda il finanziamento di interventi di costruzione di scuole innovative nei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti compresi nei territori delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. La scadenza è fissata alle ore 15 del 6 agosto 2021.

Il bando nasce dalla volontà di offrire servizi adeguati ai Comuni più piccoli, evitare il loro spopolamento e potenziare il ruolo della scuola in queste realtà.

Le candidature saranno valutate, infatti, in base a criteri quali il numero delle studentesse e degli studenti o l’indice di deprivazione territoriale.

I Comuni che riceveranno il finanziamento dovranno redigere la progettazione esecutiva e poi cedere l’area all’INAIL che verificherà e validerà il progetto esecutivo. L’INAIL acquisterà l’area e procederà all’appalto dei lavori e alla successiva costruzione della scuola che rientrerà nella proprietà dell’INAIL. Il Ministero dell’Istruzione pagherà i canoni di locazione per un periodo di 30 anni per l’ammortamento delle spese di investimento sostenute dallo stesso INAIL.

2,6 i miliardi autorizzati da inizio mandato

Il Ministero è partito da subito con l’autorizzazione di circa 2,6 miliardi per interventi di edilizia scolastica, con l’obiettivo di velocizzare le procedure e dare pronte risposte a comunità scolastiche, famiglie e territori. Già il 10 marzo scorso, infatti, sono stati assegnati 1.125 milioni di euro per interventi di messa in sicurezza per 653 scuole secondarie di secondo grado di Province e Città metropolitane, mentre il 23 marzo è stata la volta di asili nido e scuole dell’infanzia, per i quali sono stati autorizzati 700 milioni. Inoltre, sono stati assegnati anche i 500 milioni di euro per la messa in sicurezza delle scuole inserite nella programmazione triennale, 50 milioni di euro per la costruzione di scuole innovative nelle aree interne, 40 milioni per l’efficientamento energetico, 12,5 milioni di euro di fondi otto per mille per interventi urgenti.

Avviso pubblico per l’adeguamento funzionale e messa in sicurezza impiantistica delle palestre, di mense scolastiche e relativo allestimento

Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020
Asse II – Infrastrutture per l’Istruzione – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR)
Obiettivo Specifico 10.7 – Azione 10.7.1 – “Interventi di riqualificazione degli edifici scolastici”

Avviso pubblico per l’adeguamento funzionale e messa in sicurezza impiantistica delle palestre, di mense scolastiche e relativo allestimento

Avviso Prot. 18786 del 28-06-2021

La significativa protesta della dirigenza scolastica

La significativa protesta della dirigenza scolastica

Francesco G. Nuzzaci

È in corso di pubblicazione una ricerca empirica sullo stress da lavoro dei dirigenti scolastici, commissionata da DIRIGENTISCUOLA alle dottoresse Rita Guadagni e Rossana Gabrieli, cui ha risposto oltre il 10% dell’intera platea, equamente distribuito su tutte le regioni.

Ne è venuto fuori un quadro allarmante, di una sofferenza disumana che ha evidenziato livelli rischiosissimi di burn out, accentuati da una generalizzata percezione di essere abbandonati e misconosciuti dalla propria Amministrazione.

Ciò ha indotto l’unica associazione sindacale rapppresentativa monocategoriale a romper gl’indugi, dopo aver preso atto che anche il nuovo ministro dell’Istruzione prof. Patrizio Bianchi, buon frequentatore dei media e della carta stampata non meno della sua predecessora, si sta rivelando prodigo di annunci altisonanti – l’ultimo è l’ipotizzata Conferenza nazionale sulla scuola a trentun anni esatti di distanza da quella indetta dall’allora suo collega e attuale Presidente della Repubblica, che si vorrebbe palingenetica di un radicale svecchiamento dell’intero sistema d’istruzione e di formazione – ma latitante nei fatti, o perché distratto o perché facente pieno affidamento su una tecnostruttura che di certo non si sta rivelando incline a sostenerlo nei suoi propositi rivoluzionari o, semplicemente, di ordinaria amministrazione.

Non si spiegherebbe altrimenti la colossale topica di aver firmato – a propria insaputa? – un decreto sugli organici dei dirigenti scolastici che ha sottratto loro 370 istituzioni normo-dimensionate dal comma 978 della legge 178/2020, abrogato in via interpretativa unitamente al comma 979 stanziante le correlate risorse finanziarie: cosa che, diversamente, avrebbe esaurito la graduatoria dell’ultimo concorso.

Né si spiegherebbe altrimenti il fallimento dei personalmente preannunciati tavoli tecnici poco dopo il suo insediamento, tra i quali quello sulla dirigenza scolastica: che lo si voleva da subito istituito e presieduto dal capo di Gabinetto e poi, dopo quattro mesi d’attesa, annacquato a generico tavolo (pseudo)politico, condotto da un dirigente di seconda fascia senza un canovaccio o una proposta dell’Amministrazione su cui avviare un proficuo confronto, perciò e inevitabilmente disquisendosi – nei due incontri sin qui tenuti – a  ruota libera, in una recita a soggetto, su tutto e di più. E con la partecipazione di un sindacato rappresentativo di docenti a metter bocca – non è dato di sapere a quale titolo – sulla dirigenza scolastica sua controparte datoriale!

Ciò ha imposto a DIRIGENTISCUOLA di dire basta! Che, dopo avere già proclamato lo stato di agitazione, ha deciso di manifestare davanti al Ministero l’8 luglio, dalle ore 11.00 alle ore 14.00, con la presenza dei suoi presidenti regionali e di coloro che liberamente vorranno affiancarvisi, qualora residui negli stessi un po’ di fiato dopo un massacrante anno di lavoro condotto in apnea e non ancora concluso.

Sarà una manifestazione preceduta e seguita da un fitto calendario di assemblee sindacali in remoto per le diverse regioni; e che avrà una più incisiva prosecuzione e partecipazione più larga rivolta all’intera categoria con la ripresa del nuovo anno scolastico: tre giorni di sciopero della fame e della sete sempre davanti al Ministero se l’Amministrazione non avrà dimostrato impegni fattivi e formalizzati, come quelli a suo tempo presi e onorati dall’allora ministra Fedeli, indotti con analoga iniziativa; che hanno portato la dirigenza scolastica all’equiparazione retributiva della posizione di parte fissa con l’ultimo CCNL 2016-2018, a vent’anni dalla sua nascita.

Nell’auspicio che finalmente la categoria guadagni la consapevolezza di dover prendere direttamente in mano il proprio destino, dismettendo ogni illusione di poter fare affidamento sulla benevolenza altrui, s’intende incalzare da subito l’Amministrazione su precisi punti, a cominciare da quelli che riteniamo di dover qui compendiare e dei quali, in larga parte, ci siamo già occupati in questa stessa rivista e altrove.

1. Una dirigenza vera

A dispetto delle fantasie di chi ancora insiste nel voler riscrivere il profilo della dirigenza scolastica quale forma differenziata dell’unicità della funzione docente, essa è già, sotto il profilo ordinamentale, una dirigenza pleno iure, inquadrata dalla legge nella dirigenza dello Stato, come d’altronde concordemente chiarito dalle giurisdizioni superiori.

2. Reclutamento e formazione

Se si ritiene – come deve ritenersi –  essere la dirigenza scolastica una dirigenza vera e in più connotata di tutti quei molteplici profili di complessità in quanto soggetto apicale di una pubblica amministrazione (art. 1, comma 2 del D. Lgs. 165/01), allora va ripristinato – e reso effettivo – un sistema di reclutamento e formazione a livello nazionale, affidando l’intera procedura alla Scuola nazionale dell’amministrazione, che realizzerà l’organizzazione del corso-concorso selettivo, dotata di consolidate expertise nelle materie di carattere manageriale e organizzativo, di sviluppo delle risorse umane, di innovazione e digitalizzazione, nonché finanziarie-economico-statistiche: che attingono proprio quelle competenze di regola non adeguatamente possedute da chi proviene dall’obbligata funzione docente e nella cui nuova veste – se pure se ne vuole assicurare la confidenza con i processi educativi, l’affinità di linguaggio con i professionisti della formazione, la familiarità con peculiari contesti organizzativi – non gli si richiede di essere, riduttivamente, un semplice coordinatore della didattica.

3. Una valutazione non più dilazionabile  

La legge – e la logica di sistema – impone la valutazione di tutta la dirigenza pubblica. Necessita pertanto superare tutti i sofismi fin qui addotti per eluderla, che della valutazione della dirigenza scolastica detta le coordinate, deducibili dal combinato disposto degli articoli 21 e 25 del D. Lgs. 165/2001, 3 del D.P.R. 80/2013 (Regolamento sul sistema nazionale di valutazione), comma 93 dell’articolo 1 della legge 107/2015. Sofismi che, in luogo di definire chiari e agevoli dispositivi (senza attingere a quelli iper-semplificati con cui a tutt’oggi si valuta la dirigenza amministrativa e la dirigenza tecnica dello stesso Ministero dell’istruzione: con  la conseguente retribuzione media di risultato pari a 25.000 euro annui), hanno partorito cervellotici caravanserragli, eternamente sperimentali, e tutti puntualmente naufragati, sino a destare il sospetto – testimoniato dalla muta eloquenza dei fatti – di essere stati scientemente costruiti per farli fallire. Per poi ritessere la tela di Penelope.

Appare a questo punto inconfutabile che a rompere gl’indugi dovrà essere un atto amministrativo unilaterale, dopo che nessun seguito, come prevedibile, ha avuto l’ultimo diversivo sotto forma di Dichiarazione congiunta n. 5 del CCNL dell’area Istruzione e Ricerca, stipulato l’8 luglio 2019; in cui le parti concordano che – per l’ennesima volta e da vent’anni! – la valutazione della dirigenza scolastica sarà “oggetto di uno specifico approfondimento”. Del quale, ovviamente, si resta ancora in attesa!

Al di là dell’amputazione della relativa consistente e qualificante retribuzione, una dirigenza non valutata è una dirigenza dimezzata. E soprattutto una dirigenza priva dell’autorevolezza per valutare il dipendente personale.

4. Un middle management per poter sopravvivere

La sempre più complessa dirigenza scolastica non può essere esercitata se non si prova finalmente a costruire – e a incardinare nel sistema, istituzionalizzandole – figure intermedie di comprovata specifica professionalità che coadiuvino il dirigente nella gestione, amministrazione e organizzazione, sostitutive delle labili figure di sistema o di funzioni-obiettivo o di funzioni strumentali, fin qui introdotte dalla fonte pattizia a mo’ di varie ed eventuali.

Un middle management va primariamente costruito – e reso stabile – sul versante della didattica, per l’esercizio di precise funzioni, con ampi poteri istruttori e correlate responsabilità, nel quadro dell’unità d’indirizzo del dirigente scolastico; che così può azionare i suoi poteri di impulso-coordinamento-controllo sulla prestazione fondamentale – l’insegnamento: recte, l’organizzazione dell’insegnamento – senza disperdersi in una congerie di dettagli operativi, di spicciola o minuta manutenzione – e non solo questi! –  per fronteggiare le quotidiane urgenze rappresentategli e sempre per la decisione di ultima istanza.

E va altresì assicurato per il servente apparato amministrativo, c.d. ufficio di segreteria, dovendosi prendere atto e qualora già non soccorra il semplice buon senso, che la gestione amministrativa e contabile – e i connessi adempimenti inerenti la contrattualistica, la gestione della sicurezza, l’attuazione della trasparenza e dell’accesso agli atti… – che assorbono il dirigente, solo coadiuvato dal DSGA, non è la soluzione più idonea per il corretto funzionamento gestionale delle scuole autonome. Trattandosi di ambiti involgenti non improvvisate competenze professionali, queste dovrebbero essere presidiate da una tecnostruttura servente sotto la diretta responsabilità del DSGA, vincolato agli indirizzi e alle direttive di massima del dirigente, e che si avvale di personale appositamente selezionato per concorso: dai prefigurati, e rimasti virtuali, coordinatore amministrativo e coordinatore tecnico, ai riqualificati assistenti amministrativi e assistenti tecnici, sino ai collaboratori scolastici il cui profilo dovrebbe parimenti essere rivisitato a fondo, scevro da massive logiche impiegatizie.

Liberato dalle tante incombenze improprie, ma pure necessarie della burocrazia, il dirigente potrà concentrarsi sull’organizzazione dell’attività educativa e didattica nei luoghi istituzionali predisposti dall’ordinamento: nel Consiglio d’istituto, nel Collegio dei docenti, nei consigli di classe e nei dipartimenti, ovvero nei gruppi di progetto o nei gruppi di studio, di ricerca-azione; e potrà seguire in maniera sistematica la suddetta attività didattico-educativa per apprezzarla sulla scorta di coordinate di natura tecnica-professionale deducibili dalle fonti normative, siccome contestualizzate e formalizzate nei documenti programmatici e progettuali dell’istituzione scolastica. E si darebbe, tra l’altro, un innegabile senso alla sua obbligata provenienza dalla funzione docente.

5. Interventi in via amministrativa, nell’immediato!

Dopo essere state censite – quattro ministri dell’Istruzione fa! – 53 molestie burocratiche, con altre aggiuntesi nel frattempo, occorre passare dalle chiacchiere ai fatti. 

5.1. Serve recuperare la filosofia dei risalenti e mai decollati Centri servizi per lo sviluppo delle istituzioni scolastiche autonome, sostituti degli Uffici scolastici provinciali (o Provveditorati agli studi) in contestualità con il nuovo assetto autonomistico delle scuole; anzitutto quali centri specializzati in compiti di supporto, consulenza e assistenza tecnica alle istituzioni scolastiche, di regola deficitarie, se non del tutto prive, delle indispensabili competenze esperte in materia di sicurezza, contrattualistica, finanziamenti comunitari, privacy… ; e poi direttamente allocandovi tutte le incombenze di nessuna diretta attinenza al fine istituzionale delle scuole, quali le pratiche di stipendi, pensioni, buonuscita, graduatorie et alia, e dotandoli sia di personale qualificato che di tecnologie informatiche che evitino duplicazioni, lungaggini o inceppamenti della macchina amministrativa.

5.2. Con non minore speditezza deve essere costituita una struttura di coordinamento delle direzioni generali del Ministero e rispettive articolazioni: la sola che s’interfacci con le istituzioni scolastiche affinché non siano sommerse da plurime, e non di rado contraddittorie, richieste di dati, documenti, monitoraggi et similia, spesso imposti all’ultimo momento e spesso già posseduti dall’Amministrazione. E al riguardo si pone la necessità di semplificare le piattaforme per un maggior dialogo delle amministrazioni tra di loro e sempre al fine di non costringere le istituzioni scolastiche a corrispondere più volte alle imposizioni dei richiedenti.

5.3. Occorre, ancora, un deciso intervento, sinora sempre promesso in un apposito decreto di natura regolamentare e sistematicamente disatteso, che chiarisca i limiti di applicabilità nelle istituzioni scolastiche del D. Lgs. 81/2008, riguardo chi – in che misura e con quali modalità – deve ottemperare ai relativi obblighi di sicurezza. Ciò al fine di circoscrivere e precisare, in termini tassativi, le responsabilità dei dirigentiscolastici, privi di poteri di spesa e di strutture tecniche di supporto; e non meno contenere a misura dell’indispensabile la produzione della miriade di certificazioni impropriamente loro richieste. Di modo che potrà meglio contrastarsi una consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione che, tra le maglie di una vieppiù intricatissima e debordante produzione normativa dettata dall’emergenza pandemica, trova sempre qualche elemento di colpevolezza del datore di lavoro: per esempio nell’aver consentito al sovraffollamento di aule o di non aver rispettato i minuziosi e sempre vigenti parametri tecnici su spazi pro-capite, cubature, aerazione, vie di fuga, e altro elencando, in edifici strutturalmente deficitari.

E proprio con riguardo all’emergenza pandemica il combinato disposto dell’istituzione di un middle management e del ri-orientamento e rinforzo della missione dei centri per i servizi amministrativi potrà supportare il dirigente scolastico nella prevenzione degli infortuni da Covid e per la quale occorrono competenze sia specialistiche che diversificate, oltre – beninteso – un intervento legislativo che escluda la sua responsabilità penale,  oggi assorbita nella colpa d’autore o colpa per la condotta della vita, praticamente una responsabilità oggettiva, se avrà applicato i previsti protocolli di sicurezza.

5.4. È necessario metter fine all’abusata prassi di affidare, in automatico, ai dirigenti la conduzione del contenzioso per tutto quel che, in qualche misura, chiama in causa o appena lambisce la loro scuola, anche con ricorsi seriali ai vari giudici del lavoro e non solo per le sanzioni disciplinari che abbiano inflitto o per gli atti di gestione compiuti.

Esiste una norma speciale,significata nell’articolo 12 del D. Lgs. 165/2001, che prescrive alle amministrazioni pubbliche di organizzare la gestione del contenzioso del lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da assicurare l’efficace svolgimento di tutte le attività giudiziali e stragiudiziali inerenti le controversie. E le amministrazioni pubbliche sono qui gli uffici scolastici regionali nelle loro articolazioni territoriali, quindi i destinatari della delega dell’Avvocatura dello Stato; ma da questi girata con disinvoltura ai dirigenti scolastici, con la motivazione – quando c’è – della diretta conoscenza dei fatti relativi a operazioni svolte nell’ambito della loro funzione istituzionale, o con equivalenti clausole di stile.

Sicché bisogna emanare una direttiva perché si chiarisca che il solo obbligo del dirigente scolastico è di rimettere ai predetti uffici per il contenzioso una relazione sui fatti di causa e afferente corredo documentale; nel mentre, all’opposto, risulta egli destinatario di una singolare sub-delega da parte dei medesimi, benché privi di qualsivoglia titolo per poterla conferire, con cui gli si impone di stilare la memoria difensiva e depositarla nella cancelleria del Tribunale, di costituirsi in giudizio, di comparire in udienza, di svolgervi la difesa dell’evocata Amministrazione: che è sempre il Ministero dell’istruzione per il tramite del direttore generale dell’USR.

5.5. E sempre in materia di contenzioso occorre che il Ministero prenda posizione, alla buonora, sulle sanzioni disciplinari irrogabili ai docenti: per una marmorea giurisprudenza della Corte di cassazione, sistematicamente seguita dai giudici del lavoro, non oltre la censura, atteso che per i docenti non esiste, né nella legge né nel contratto, la sanzione disciplinare tipica della sospensione dal servizio da uno a dieci giorni. Una presa di posizione non più rinviabile, dato che gli UU.SS.RR. procedono in maniera difforme. Per alcuni che si attengono alla circolare ministeriale interpretativa n. 88/2010, i dirigenti scolastici restano competenti nell’infliggere la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dallo stipendio non oltre dieci giorni, ritagliandola dalla sanzione tipizzata nell’articolo 494 del Testo unico della scuola, della sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese, nel caso che con una valutazione ex ante ritengano che potrà essere contenuta entro i dieci giorni di sospensione, diversamente rimettendo gli atti all’UPD. Per altri vale l’indirizzo giurisprudenziale testé sintetizzato.

6. Questioni contrattuali, e ancor prima

6.1. Fin qui latitante l’Amministrazione centrale, va subito risolta –  senza se e senza ma – l’incredibile e incivile situazione di molte regioni in cui i dirigenti scolastici immessi in ruolo dal 2017 ancora non percepiscono la parte variabile della retribuzione di posizione, così come la miserabile mancia denominata retribuzione di risultato. E mancano le parole per andare oltre!

Di non minore gravità, e peraltro estesa all’intera categoria, è la perdurante e non più sopportabile incertezza gravante sul FUN, ancora fermo alla validazione, da parte dell’Ufficio centrale di bilancio, dell’annualità 2017-2018; mentre – e per conseguenza – non sono state avviate le procedure per il 2018-2019 e 2019-2020: correndosi il rischio di dover restituire possibili indebiti dato che le attuali retribuzioni avvengono in regime di ultrattività dell’ultimo CIR validato.

E, anche qui, si tratta solo di difendere retribuzioni acquisite per prestazioni già rese!

È un’incertezza dovuta ai tagli del FUN, illegittimi, apportati dal MIUR (ora MI) e dal MEF, in contestualità dell’assunzione di nuovi dirigenti scolastici senza la copertura in ordine alla retribuzione variabile e alla retribuzione accessoria, ma non meno e soprattutto alla discutibile scelta, con il CCNL 2006-2009, di sottrarre la sua determinazione alla contrattazione nazionale per derubricarla a semplice confronto. Che quindi alla contrattazione nazionale dovrà essere restituita.

6.2. Assicurate le retribuzioni spettanti e risolte le attuali criticità del FUN, non può attendersi oltre l’avvio delle trattative per il rinnovo del CCNL 2019-2021 dell’area dirigenziale Istruzione e Ricerca, assicurando ai parenti poveri stazionanti nel suo retro-bottega, quale obiettivo minimo per elementari ragioni di giustizia, la perequazione retributiva di parte variabile e di risultato.

È dovere del ministro Bianchi – fin qui sempre distratto – concorrere con il collega Brunetta nella determinazione dello specifico atto d’indirizzo (ex art. 41, comma 3 del D. Lgs. 165/2001), e impegnarsi nel celere reperimento delle inerenti risorse finanziarie e/o da inserire nella legge di bilancio per il 2022, atteso che, per una deteriore abusata italica prassi, il nuovo contratto non potrà, ragionevolmente, stipularsi entro quest’anno solare.

Abbisognano all’incirca, e a regime, 400 milioni di euro lordo-Stato per mettere fine all’estenuante, sterile e avvilente rincorsa iniziata vent’anni or sono con il contratto d’ingresso dei già capi d’istituto nell’area della dirigenza scolastica. Che, per l’eternità, sembra dover pagare il fio di un privilegium odiosum, dovuto al suo vizio d’origine riassunto nella sua, supposta, sublime specificità: una virtù che si è tramutata nella sua perenne condanna a simildirigenza o mezza dirigenza.

È un impegno che ben si può chiedere al ministro Bianchi, che dichiara essere i dirigenti scolastici, già tra gli eroi della pandemia, una delle colonne portanti del prefigurato nuovo sistema scolastico con il proposito di ridisegnarlo ab imis.

6.3. Il celere avvio delle trattative per il nuovo contratto dovrà rivedere la mobilità territoriale, per la quale va preso atto che non sussistono i tempi per solo ipotizzare ragionevoli soluzioni alternative a valere in corso di anno scolastico e per l’imminente prossimo, dopo che in materia l’Amministrazione ha dato mostra di non conoscere neanche il CCNL, lasciando mano libera alle creative, se non arbitrarie, diciotto soluzioni dei diciotto uffici scolastici regionali.

6.4. E il nuovo (?) CCNL 2019-2021 dovrà altresì disciplinare, entro le coordinate del D. Lgs. 165/2001, la mobilità professionale per chi la desideri: non tra i pregressi e abrogati settori formativi, ma tra le pubbliche amministrazioni dello Stato, come avviene per i dirigenti non aggettivati e per gli stessi dirigenti tecnici, ancorché questi ultimi siano stricto iure solo attributari di posizioni dirigenziali. Ciò perché la dirigenza – inclusa quella delle istituzioni scolastiche – è strutturalmente e finalisticamente unica. Vale a dire che non è una figura eccessivamente specializzata, quanto e piuttosto – va ribadito –  una figura generalista o organizzatoria, essendo specifica per definizione ogni inerente unità o struttura organizzativa (D. Lgs. 150/09), nel senso che possiede naturaliter una propria e più o meno marcata peculiarità, alla quale necessariamente deve conformarsi lo svolgimento della funzione.

Né sono richiesti per la mobilità in discorso particolari titoli di studio, salva l’eccezione per le cc.dd. dirigenze professionali (come per la dirigenza medica o veterinaria). E difatti dirigenti generali, dirigenti amministrativi –  e anche dirigenti tecnici –  laureati in Lettere, in Filosofia, in Matematica, in Ingegneria e non solo in Giurisprudenza transitano tranquillamente da un’Amministrazione all’altra.

6.5. Non essendosi ancora provveduto a istituire il tavolo negoziale in sede di CCNQ 2019-2021 per la definizione e l’eventuale revisione delle aree dirigenziali, restiamo dell’avviso che andrebbe vagliata la proposta d’inserire la dirigenza scolastica nell’area delle Funzioni centrali, accanto ai dirigenti amministrativi e ai superspecifici dirigenti tecnici e tutti dipendenti dal medesimo datore di lavoro, spostandola dall’attuale collocazione nell’area Istruzione e Ricerca in cui sono compresenti dirigenti delle università che svolgono compiti squisitamente ed esclusivamente amministrativi, estranei alla didattica, e dirigenti di ricerca, quindi operanti in ambiti circoscritti che richiedono, e impegnano, competenze di tipo tecnico-professionale a far premio su quelle di tipo gestionale.

Alle scuole per il Recovery subito fondi per 1,5 miliardi

da Il Messaggero

ROMA

L’idea è quella di provare a dare una risposta a uno dei problemi da sempre denunciati dalle imprese: quello del mismatching. Il paradosso italiano è noto. Da un lato c’è un alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile. Dall’altro le imprese fanno fatica a trovare i profili tecnici specializzati di cui hanno bisogno. Così il Parlamento ha deciso di accelerare sulla riforma degli Its, gli Istituti tecnici superiori. In Commissione cultura e istruzione alla Camera, all’unanimità, è stato votato dopo tre anni di gestazione il progetto di legge di riforma del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore. Un percorso iniziato nel 2018 con la proposta Gelmini-Aprea. Lunedì il testo andrà in aula. La maggioranza, ma anche l’opposizione rappresentata da Fratelli d’Italia è fermamente intenzionata ad approvare la proposta di legge. E il governo fino ad ora non ha sollevato particolari obiezioni. Anche perché la riforma degli Its è una di quelle, come si dice, «chieste dall’Europa» in vista del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E, in effetti, lo stesso Recovery destina agli Its ben 1,5 miliardi contro un finanziamento attuale di una sessantina di milioni l’anno. Era stato lo stesso Mario Draghi, durante il dibattito sul Recovery, a ricordare che «in Francia e in Germania questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo» spiegando che era necessario «innovarne l’attuale organizzazione».
Ma cosa prevede la riforma? Innanzitutto gli Its, che offrono corsi biennali o triennali di specializzazione ai quali si accede con un diploma di scuola superiore, cambieranno nome. Si chiameranno «Its Accademy». Insomma, siccome si tratta di un percorso parallelo e alternativo all’Università, si è deciso innanzitutto di dargli un nome che avesse un maggiore appeal per gli studenti. Anche perché, come prevede la riforma, nei prossimi cinque anni queste nuove Accademie dovranno organizzare corsi coerenti con i grandi capitoli del Recovery plan: dalla digitalizzazione alla transizione ecologica. La proposta che sarà votata lunedì alla Camera prevede di «incrementarne significativamente l’offerta formativa su tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento agli obiettivi correlati all’attuazione del Pnrr». A questo fine, il fondo finanzia anche interventi per dotare gli Its Academy di laboratori e infrastrutture tecnologicamente avanzati. Tradotto, aule 4.0.

I TEMPI

«Abbiamo fretta di attuare la riforma», spiega Gabriele Toccafondi, deputato di Iv e relatore del provvedimento, «perché nei prossimi cinque anni ci sono i finanziamenti del Pnnr da utilizzare. Ma anche perché il sistema degli Its funziona. A un anno dal diploma», aggiunge Toccafondi, «l’80% dei diplomati trova un’occupazione e di questi il 90% in un’area coerente con il proprio percorso di studi». Da un punto di vista giuridico gli Its-Accademy rimarranno fondazioni di diritto privato, al cui interno devono essere presenti un istituto superiore, statale o paritario, una struttura formativa regionale, un’impresa del settore produttivo di riferimento, un dipartimento universitario ovvero un centro di ricerca, pubblico o privato, operante nel settore dell’Its. La riforma, inoltre, prevede che il 60 per cento dei docenti delle nuove Accademie debba arrivare dal mondo del lavoro. Anche il raggio di azione sarà ampliato. Gli istituti tecnici superiori entreranno anche nella formazione e nell’aggiornamento in servizio, anche dei docenti di scuola, oltre che diventare uno strumento delle nuove politiche attive per il lavoro.
Restano da sciogliere un paio di nodi. Il primo riguarda il riconoscimento di crediti per l’Università. Un esame presso un Its vale anche per esempio, in una laura d’ingegneria? La proposta dice di sì. Ma le Università vorrebbero che questa decisione fosse presa d’accordo con i singoli atenei. C’è poi la questione del riscatto degli anni del diploma, che sarebbe equiparata a quella della laurea. Qui la proposta di legge è chiara: il riscatto ai fini della pensione dovrà essere permesso. Ma per avere la certezza che si possa fare manca ancor il parere della Ragioneria.
Andrea Bassi

Immissioni in ruolo, a partire da lunedì 28 il Ministero metterà a punto il sistema informatico

da OrizzonteScuola

Di redazione

Giorni caldi per le immissioni in ruolo. Così come raccolto da Orizzonte Scuola, a partire da lunedì 28 il Ministero metterà a punto il sistema informatico con cui si procederà alle prossime immissioni in ruolo previste con la modalità a distanza come lo scorso anno.

Allo stesso tempo si passerà con l’avvio delle operazioni di nomina con partenza da quelle in surroga residuate dal
contingente dello scorso anno.

Riguardo, invece, la chiamata in ruolo dalla graduatorie di merito per i concorsi 2016-2018 e per quello straordinario del 2020, segnala la Gilda Latina, che, come l’anno scorso,  il turno di nomina sarà unico, previsto, cioè, per un solo posto o classe di concorso e pertanto, chi è presente su più classi di concorso e più graduatorie, dovrà scegliere in ordine di preferenza secondo il punteggio più favorevole.

Inoltre è da segnalare che chi sarà nominato dalle graduatorie di merito dovrà scegliere in primis non solo la graduatoria ma anche la provincia nell’ordine di preferenza. Chiaramente, come già anzi detto, si partirà subito con le nomine residue per le surroghe dal contingente dello scorso con l’applicazione della retroattività giuridica al 1° settembre 2021

Alunni che scappano via dalla scuola, figli di genitori che non credono nei docenti

da La Tecnica della Scuola

Alunni che abbandonano la scuola, “drop-out”. L’annoso tema della dispersione scolastica è stato inevitabilmente ripreso dagli interventi del ministro Bianchi a Catania, nel corso del G20 dedicato all’istruzione e al lavoro. Secondo rilevazioni ISTAT del 2019, la dispersione scolastica in
Italia ha raggiunto il 13.5%, un dato in netta diminuzione rispetto al decennio precedente, ma che ci vede ancora lontani dal 10,2% della media UE.
Ma cosa spinge tanti ragazzi ad abbandonare gli studi precocemente o a maturare nei confronti della scuola un rifiuto profondo, che si esprime spesso anche nelle forme della cosiddetta dispersione implicita (con frequenza “platonica” dell’alunno, ma senza alcun effettivo sviluppo
formativo)?
Fra i tanti fattori in gioco in questo triste fenomeno, le evidenze scientifiche puntano il dito su due fondamentali: sul benessere psicologico sperimentato a scuola da parte dell’alunno e sulle aspettative dei genitori sui ragazzi e sul ruolo della scuola rispetto al loro futuro. Il peso delle aspettative, quindi, supera quello della carenza di stimoli di alto livello cognitivo che si registra in alcuni contesti familiari.
Non a caso, i sistemi scolastici che funzionano meglio a livello mondiale (Corea del Sud, Singapore, Hong Kong, Finlandia, Giappone), pur così diversi fra loro, hanno in comune la considerazione in cui vengono tenute, dalle famiglie e dalla società nel suo insieme, la scuola ed il ruolo sociale degli insegnanti. Il che fa pensare che, se non si parte dalla volontà di potenziare concretamente questo riconoscimento sociale, non c’è riforma scolastica che tenga.
L’alleanza educativa scuola-famiglia si focalizza qui su un punto semplice quanto fondamentale e così riassumibile: Mettiamoci d’accordo una buona volta sul valore della scuola rispetto al futuro di vostra figlia, di vostro figlio.
Ma perché tanti genitori hanno maturato una così bassa considerazione del sistema scolastico? Uno dei principali motivi è che molti di loro hanno fatto in precedenza, in prima persona, una pessima esperienza di vita a scuola, per cui hanno sviluppato una idiosincrasia epidermica verso aule e libri (e professori).
Questo fattore di propagazione sociale della disaffezione alla scuola dovrebbe porre all’attenzione dell’opinione pubblica la natura pericolosamente sistemica del fenomeno della dispersione.
Il rischio sociale che va considerato va inquadrato insomma nel fatto che tale sentimento di disaffezione non si chiude nello spazio di drammaticità di una esistenza singola. Esso tende infatti a spalmarsi diacronicamente su più generazioni, secondo meccanismi di contagio sociale che fanno sì che lo studente disperso oggi si presenti come un perfetto candidato a trasmettere ai figli la stessa sensazione di avversione alla scuola che ha maturato nella propria dolorosa esperienza formativa.
Una sorta di staffetta generazionale in cui si corre tutti appassionatamente in una stessa masochistica direzione, che purtroppo è quella esattamente opposta rispetto al traguardo (lo sviluppo culturale della persona) che dovrebbe essere raggiunto.
La variabile fondamentale in mano ai docenti, oltre al non semplice rapporto scuola-famiglia, rimane quella del lavoro mirato, costante e faticoso sul benessere psicologico degli alunni a scuola. Perché è ampiamente dimostrato che una buona relazione educativa ed un ambiente di apprendimento improntato alla serenità emotiva e relazionale, indipendentemente dalla qualità dei voti riportati in pagella dall’alunno, possono riuscire a sovvertire meccanismi demotivanti e destini di fallimento altrimenti dettati dal gap sociofamiliare di partenza.

200 mila docenti non vaccinati, più esposti alla variante Delta

da La Tecnica della Scuola

A che punto siamo con le vaccinazioni? Il report del Governo, aggiornato al 26 giugno, informa di 48.933.081 somministrazioni con 17.284.028 (over 12) che hanno compiuto anche la seconda dose. Il ciclo vaccinale completo, insomma, è toccato al 32% della popolazione italiana.

E i docenti? Una parte di loro non ha ancora effettuato neanche la prima dose, come molti ultra sessantenni indecisi che il commissario per l’emergenza Figliuolo si ripromette di individuare e portare alla vaccinazione. A questo scopo, pare che si sia scritto alla Regioni con l’obiettivo si riprendere la campagna vaccinale dedicata alla scuola, così da recuperare quote di somministrazioni tra i 200mila privi di qualunque dose.

Nella lettera di Figliuolo alle Regioni si legge: “Si rende necessario perseguire la massima copertura del personale scolastico. Su una popolazione di oltre 1,46 milioni di soggetti, alla data del 23 giugno, 227.970 non sono stati ancora raggiunti con la prima, o unica, dose, con una forte difformità sul territorio, con Regioni in cui oltre il 25% del personale scolastico non risulta ancora raggiunto dalla vaccinazione”.

Le Regioni più indietro sarebbero la Campania, la Sicilia, la Liguria, la Sardegna, l’Umbria.

Complessivamente ci sono ancora 2 milioni e 700 mila italiani over 60 che non hanno fatto neanche la prima dose di vaccino e, dunque, non hanno alcuna copertura contro il Covid. Il dato è riportato nell’ultimo report settimanale del governo dal quale emerge che negli ultimi sette giorni è stata somministrata la prima dose in questa fascia d’età a sole 140 mila persone.

Contro la variante Delta, il commissario Figliuolo sta spingendo proprio a intensificare i vaccini, lavorando, sul fronte della comunicazione, nell’ambito di quegli indecisi (anche tra la classe docente) che per questioni anagrafiche sono ancora fortemente a rischio e incidono sulla pressione sui servizi ospedalieri.

Situazione epidemiologica

Quanto alla situazione epidemiologica in generale, secondo il report del Ministero della Salute l’incidenza, sia sull’intero territorio nazionale che in tutte le Regioni e Province autonome, continua a diminuire ed è in tutte le Regioni e Province autonome sotto il 50 per 100.000 abitanti ogni 7 giorni. L’effettuazione di attività di tracciamento sistematico possono consentire una gestione basata sul contenimento ovvero sull’identificazione dei casi e sul tracciamento dei loro contatti.

Variante Delta

Viene segnalato anche in Italia un numero crescente di focolai di varianti del virus SARS-CoV-2, in particolare della variante delta, che presentano una maggiore trasmissibilità e/o la potenzialità di eludere parzialmente la risposta immunitaria.

La circolazione della variante delta (che si insinua anche tra i giovani, come ha riferito il nostro direttore Alessandro Giuliani) sta portando ad un aumento dei casi in altri paesi con alta copertura vaccinale, pertanto è opportuno realizzare un capillare tracciamento e sequenziamento dei casi. E’ necessario raggiungere una elevata copertura vaccinale ed il completamento dei cicli di vaccinazione per prevenire ulteriori recrudescenze di episodi di aumentata circolazione del virus sostenute da varianti emergenti con maggior trasmissibilità.

Collaboratore scolastico si rifiuta di fare le pulizie? Licenziamento legittimo

da La Tecnica della Scuola

Non fai le pulizie?” “Licenziato!” Legittimo il licenziamento del collaboratore scolastico che si rifiuta di fare le pulizie. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 17602 del 21 giugno 2021.

Il Caso

Il collaboratore scolastico era stato sottoposto a licenziamento disciplinare per “persistente insufficiente rendimento” in quanto – benché espressamente sollecitato – si rifiutava di provvedere alla pulizia delle aule, visto che la scuola aveva dato in appalto il servizio di pulizia ad una ditta esterna. Il dipendente riteneva pertanto che tale compito non gli competesse.

La decisione degli Ermellini

Non è stata di questo parere la Corte di Cassazione, che ha ricordato come la “pulizia dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi” rientra senza dubbio tra i compiti dei collaboratori scolastici, come inequivocabilmente previsto dalla tabella A relativa ai “profili di Area del personale Ata”.

Sotto questo profilo, “la possibilità di fare ricorso a contratti di fornitura non costituisce un obbligo del dirigente scolastico né esonera il collaboratore ATA dallo svolgimento delle mansioni”.

La proporzionalità della sanzione

Il dipendente sosteneva che comunque il CCNL del comparto scuola prevedeva –in caso di insufficiente rendimento- il rimprovero o una multa e- nei casi di particolare gravità o recidiva- la sospensione dal servizio, ma non il licenziamento.

Lamentava in ogni caso la sproporzionalità della sanzione, in quanto riteneva di aver agito legittimamente.

Secondo la Corte, il giudizio sulla proporzionalità della sanzione compete unicamente al giudice di merito e – in ogni caso- è lo stesso Codice disciplinare (art. 95 del CCNL, comma 7) a prevedere, in caso di “persistente insufficiente rendimento” la sanzione disciplinare del licenziamento.

Conseguenze del licenziamento disciplinare

Spesso il dipendente- con una certa superficialità e magari credendo di essere nel giusto- si rifiuta di svolgere determinati compiti, nell’erroneo presupposto che competano ad altri, confidando sul fatto che raramente vengono adottate adeguate misure disciplinari.

Severa, ma condivisibile la decisione della Corte di legittimità, che ha sottolineato come il rifiuto reiterato e ingiustificato di svolgere dette mansioni integri una grave violazione in grado d’incidere sull’organizzazione dell’intera scuola.

Il licenziamento disciplinare si distingue dalla risoluzione del contratto (disposta ad esempio, per mancato possesso del titolo di studio richiesto o per errori nella procedura di assunzione) perché comporta anche l’impossibilità di conseguire altri rapporti di impiego nella Pubblica Amministrazione.