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SCUOLA STA DIVENTANDO POLVERIERA, GOVERNO MIOPE ATTACCA SINDACATO

“SCUOLA STA DIVENTANDO POLVERIERA, GOVERNO MIOPE ATTACCA SINDACATO”

“Lo sciopero degli scrutini, estrema forma di protesta alla quale saremo costretti a ricorrere se da parte del governo non ci saranno aperture sui nodi cruciali del ddl, rappresenterebbe un sacrificio per gli insegnanti che rinuncerebbero a giorni di stipendio. E non sono di certo i sindacati a fomentare la protesta dei docenti che chiedono a gran voce di bloccare gli scrutini. Il mondo della scuola sta diventando una polveriera e le organizzazioni sindacali fanno grande fatica a contenere la rabbia degli insegnanti, come dimostra il moltiplicarsi delle forme di protesta organizzate spontaneamente da un categoria ormai esasperata”. E’ quanto afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commentando le bordate lanciate contro i sindacati dal sottosegretario alla Pubblica Istruzione Davide Faraone.

“Facciamo inoltre notare a Faraone – puntualizza Di Meglio – che lo scorso 5 maggio la percentuale di studenti scesi in piazza era molto elevata, segno evidente che questa riforma non incassa quel consenso di cui Renzi era convinto. Se il gioco in atto è quello di dividere famiglie e studenti dai docenti e di spaccare il mondo della scuola – conclude il coordinatore della Gilda – suggeriamo al governo di non sprecare inutilmente tempo ed energie”.

INCONTRO CON GOVERNO SOLO DI FACCIATA

RETE STUDENTI: INCONTRO CON GOVERNO SOLO DI FACCIATA / SE NON CAMBIANO I SALDI DEL DDL E’ FARSA

Si è appena concluso l’incontro tra le Associazioni Studentesche e il Governo, presenti i Ministri Giannini, Boschi, Madia e il Sottosegretario De Vincenti.

Dichiara Alberto Irone, portavoce nazionale della Rete degli Studenti Medi: “E’ stato un incontro di facciata, le aperture del Governo sono del tutto insufficienti e non c’è reale volontà di cambiare i saldi del DdL.”

Prosegue: “Abbiamo posto molti temi e richieste di cambiamento concreto del disegno di legge: serve un finanziamento vero del diritto allo studio mentre qui non è minimamente tra le priorità di spesa, serve una lotta contro le diseguaglianze mentre qui le si aumentano, creando scuole di serie A e B con finanziamenti privati diretti e sregolati, serve un’autonomia democratica che passa per la cooperazione e la partecipazione nei processi di governance, mentre qui si mantiene l’idea che i presidi si debbano scegliere i docenti e premiarne arbitrariamente il “merito”, scavalcando ogni regola democratica e di contrattazione verso un modello che crea ulteriore diseguaglianza tra scuole e mina la libertà d’insegnamento e quindi anche quella d’apprendimento. Sono questi i punti da cambiare.”

Conclude: “Se non c’è volontà di discutere e cambiare i saldi del DdL, l’apertura è solo una farsa. Tutto il mondo della scuola insieme, studenti docenti e genitori, con lo sciopero generale del 5 maggio hanno chiesto un cambiamento concreto: non ci bastano le briciole, vogliamo arrivare al punto. E’ grave e inaccettabile che il Governo punti invece a dividere i protagonisti della scuola, ma noi non ci stiamo: continueremo a mobilitarci insieme ai docenti e ai genitori per ottenere una scuola buona per davvero.”

LA “BUONA SCUOLA” DI RENZI NON SI EMENDA, SI CANCELLA

LA “BUONA SCUOLA” DI RENZI NON SI EMENDA, SI CANCELLA

Dopo il grande sciopero del 5 maggio – 10 mila persone, tra insegnanti, ata e studenti, sono scesi in piazza a Torino e decine di scuole e coordinamenti autorganizzati, con i loro striscioni e cartelli, hanno aperto il corteo – la lotta ancora più determinata e compatta deve continuare fino al

RITIRO COMPLETO DEL DDL “PER LA BUONA SCUOLA” DI RENZI

Rifiutiamo ogni tentativo di accordi al ribasso e false aperture del Governo Renzi, ora davvero spaventato, ma andiamo avanti per chiedere anche:

·         Assunzione di tutti i docenti precari. Nuove immissioni in ruolo per il personale ATA.
·         Rinnovo del contratto e riconoscimento dei diritti pregressi.
·         Reale piano di investimenti per la scuola pubblica statale, di ogni ordine e grado, diurna e serale a partire dal ritiro degli 8 miliardi di tagli della Gelmini
Vi invitiamo tutte e tutti, per decidere insieme come proseguire la lotta fuori e dentro le scuole, a partecipare alla

ASSEMBLEA DEL
COORDINAMENTO CONTRO LA “BUONA SCUOLA” DI TORINO
GIOVEDI 14 MAGGIO ORE 17.30 PRESSO LA CAVALLERIZZA, VIA VERDI 9 – TORINO

Resistenza! Che ogni scuola sia una trincea!
Alberto Manzi, Don Lorenzo Milani, Piero Calamandrei dicono 26X1

IN ALLEGATO VOLANTINO DA METTERE IN AULA DOCENTI

MANIFESTAZIONE LUNEDI 18 MAGGIO A TORINO

ll Coordinamento contro la Buona Scuola Torino aderisce alla
mobilitazione unitaria di sindacati e coordinamenti del 18 maggio a Torino

NO al DDL, RITIRO IMMEDIATO!
appuntamento piazza Castello ore 17.30

Coordinamento contro la Buona Scuola Torino

Scuola, sindacati insoddisfatti da incontro col governo. “Valutiamo nuovo sciopero”

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, sindacati insoddisfatti da incontro col governo. “Valutiamo nuovo sciopero”

Fumata nera dopo 3 ore. Per il ministro Giannini “restano divergenze forti ma c’è la volontà di dialogo”. Cgil: “Sostanza non cambia”. E le rappresentanze sindacali pensano anche ad azioni unitarie che potrebbero arrivare a bloccare gli scrutini. Il sottosegretario De Vincenti: “Sconcertante”

Visentin: «Servono gradualità e incentivi per il modello duale»

da Il Sole 24 Ore

Visentin: «Servono gradualità e incentivi per il modello duale»

di Claudio Tucci

«Ve la ricordate la Germania di Schroder dei primi anni 2000? Varò un pacchetto di misure per collegare, di più e meglio, la formazione con il mondo delle imprese. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: Berlino, oggi, ha un tasso di disoccupazione giovanile poco superiore al 7%, in Italia veleggiamo al 43%; inoltre gli studenti tedeschi che studiano e si formano in azienda sono il 22 per cento . Da noi ci si ferma al 4 per cento». Ecco perché, per Federico Visentin, classe 1963, imprenditore e da tre anni vice presidente di Federmeccanica con delega all’Education, «la strada intrapresa dal Governo Renzi di introdurre la via italiana al modello duale tedesco è positiva. Si rende l’alternanza scuola-lavoro obbligatoria negli istituti tecnici e professionali, e si introduce nei licei. Ma attenzione: una rivoluzione di questo tipo, che ha carattere universalistico, ha bisogno di gradualità e di interventi che sostengano lo sforzo formativo delle aziende».

Il Ddl Buona Scuola «va nella giusta direzione», spiega Visentin, e cerca di cogliere un obiettivo importante, «quello di anticipare i tempi del primo contatto con il mondo produttivo», oggi intorno ai 24-26 anni. Bisogna però sgombrare il campo da equivoci: «L’alternanza è a tutti gli effetti attività scolastica. Non è lavoro a basso costo». La riforma Renzi-Giannini rende obbligatoria la formazione on the job fino ad almeno 400 ore nell’ultimo triennio (200 ore nei licei). «Ed è un bene – evidenzia Visentin – perché così si dà a tutti i ragazzi dal terzo anno in poi la possibilità di fare questa esperienza». E le imprese? «Si fa un salto di qualità notevole. Molto spesso non riusciamo a trovare tecnici qualificati. E per competere, penso al manifatturiero, c’è bisogno di tanta innovazione e tecnologia e quindi servono giovani formati bene. Il rischio, altrimenti, è che le aziende vadano nell’Est Europa dove i costi del lavoro sono un quarto di quelli italiani». Ma c’è preoccupazione per la tempistica. «Una fase di preparazione ci vuole – sottolinea Visentin -. Va programmata la formazione congiunta docenti-tutor aziendali, per esempio, e ci vuole tempo anche per la co-progettazione dei percorsi formativi. Insomma, serve gradualità».

Nel Ddl manca poi un altro aspetto, quello che incentiva le imprese ad aprire le porte agli studenti. «Abbiamo fatto dei conti come industria meccanica – dice Visentin -. Ipotizzando 250mila ragazzi in ingresso a fronte di 1,8 milioni di occupati nelle aziende meccaniche stimiamo di doverci attrezzare di circa il 3% in più di postazioni fisse per far ruotare gli studenti, immagino a gruppi di non più di 5 alla volta». Certo, c’è la responsabilità sociale delle imprese a formare i giovani. Ma ci sono anche costi per l’accoglienza da sopportare. Qui si deve prevedere un incentivo, come è stato fatto in Germania ai tempi di Schroeder. «La strada – spiega Visentin – è una riduzione del monte contributivo dell’impresa proporzionata alle ore di accoglienza . In questo modo si aiuta pure a ridurre il cuneo fiscale, premiando le aziende virtuose. Per essere ai livelli di Francia e Germania si deve diminuire il cuneo di almeno 8 punti percentuali. Con questa proposta si può scendere di 2-3 punti».

Fondi Pon, l’Ue scrive agli istituti: compensi solo con verbali in ordine

da Il Sole 24 Ore

Fondi Pon, l’Ue scrive agli istituti: compensi solo con verbali in ordine

di Alessia Tripodi

Una nota Miur trasmette agli istituti le indicazioni di Bruxelles per un corretto uso dei fondi strutturali 2007-2013

Progetti Pon 2007-2013, la commissione Ue richiama le scuole su una gestione più corretta dei registri e dei verbali delle attività svolte. Lo comunica il Miur in una nota inviata agli Uffici scolastici regionali e alle scuole delle regioni del cosiddetto «Obiettivo convergenza», vale a dire Calabria, Campania, Puglia e Sicilia beneficiarie della programmazione dei Fondi strutturali Ue.

Più attenzione ai verbali
I servizi di controllo di Bruxelles, riferisce il Miur, raccomandano alle scuole una maggiore attenzione alla tenuta dei registri delle firme e delle presenze di ogni collaboratore di progetti che riceve compenso e, più nello specifico, richiedono che – anche sui verbali del Gop, il Gruppo operativo di Piano – siano registrate sia le firme del responsabile di progettoi che quelle di tutte le altre figure coinvolte di volta in vola nelle diverse riunioni di progetto.
Prima di procedere a qualsiasi rimborso per le prestazioni effettuate, quindi, le scuole – dice il Miur – dovranno verificare la presenza delle firme di tutti i partecipanti presenti agli incontri di Gop.

Invalsi, l’autolesionismo di studenti e prof

da La Stampa

Invalsi, l’autolesionismo di studenti e prof

Il boicottaggio, lanciato come un gesto di protesta, diventa un danno per la scuola
raffaello masci

Un fantasma agita le scuole italiane, si chiama Invalsi e minaccia di introdurre nel paese del tiriamo a campare una pratica terroristica già in voga in tanta parte dell’Occidente (che, del tutto sconsideratamente, non solo non se ne preoccupa ma addirittura lo accetta): la valutazione. Di questo mostro si raccontano cose terribili: sarebbe una specie di Minosse dantesco che «giudica e manda secondo che avvinghia», al grido romanesco di «a chi tocca, tocca». Può la scuola italiana finire in un simile tritacarne? E allora tanto valer buttarla in caciara.

Questo è il ragionamento che sta alla base del boicottaggio che le prove di valutazione Invalsi hanno subito quest’anno: il 10% delle classi, secondo i dati diffusi da Skuola.net, hanno disertato i questionari oppure hanno risposto con sberleffi, battutacce e ironie. Il gesto (forse ) vorrebbe essere di protesta, ma è totalmente autolesionistico.

La valutazione, infatti, non serve per dividere i buoni dai cattivi, premiare i primi e punire i secondi. Ma ha la stessa funzione che in medicina hanno le analisi cliniche: serve per individuare dove si trovi il problema nella maniera più circostanziata e precisa possibile, in maniera di poterlo risolvere. Tutto qua. Scherzare sulla valutazione è come mentire al medico: il danno è tutto del paziente.

«Ma agli insegnanti non piace essere valutati» dice la vulgata diffusa da alcuni (solo alcuni) sindacati. D’altronde già quando ci provò il ministro Berlinguer, nel ’99, scoppiò un putiferio. Il timore – secondo questa visione delle cose – è che dietro una valutazione asettica, si nasconda un criterio considerato insopportabile, e cioè una meritocrazia che premi solo i migliori e faccia tramontare la pratica consolatoria delle prebende miserevoli ma uguali per tutti.

Senza dire che se la pratica della valutazione non va bene per gli insegnanti, perché dovrebbe andare bene per gli studenti? Non si valuti nessuno. E 6 politico per tutti.

“Anacronistico boicottare gli Invalsi”

da La Stampa

“Anacronistico boicottare gli Invalsi”

Il vicepresidente dell’Associazione Presidi: “I test ci sono in tutto il mondo civile: non seguire questo modello vuol dire condannare i nostri studenti ad un divario di formazione”
flavia amabile

roma

Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione Nazionale Presidi, la scorsa settimana una scuola su 10 ha boicottato le prove Invalsi nella primaria. Oggi ci sono i test della secondaria, si teme che la protesta sarà più ampia. A sostenerla anche alcuni genitori che si sono rifiutati di mandare i figli a scuola. Ma le prove Invalsi sono davvero così inutili e pericolose?

“Metaforicamente le prove Invalsi equivalgono ad un termometro. Ci sono persone che sostengono che per guarire non serva misurare la febbre e ci sono invece persone che per curare una malattia preferiscono usare il termometro e, sulla base della temperatura rilevata, decidere se e come intervenire. Servono a sapere che cosa sanno gli studenti in matematica e in italiano. Servono a chi prende decisioni politiche a capire quali sono gli errori più comuni e quindi dove intervenire nella formazione degli insegnanti e nel potenziamento degli strumenti da fornire alle scuole”.

Gli insegnanti che protestano si sentono controllati, sostengono che sono “costosi, dannosi, escludenti e antidemocratici”. Lei cosa ne pensa?

“Sono posizioni anacronistiche, parasovietiche. I test ci sono in tutto il mondo civile: o pensiamo che tutti gli altri stanno sbagliando oppure non seguire questo modello vuol dire condannare i nostri studenti ad un divario di formazione sempre più grande che sarebbe, quello sì, davvero pericoloso. Forse chi si oppone alle prove Invalsi farebbe bene a farsi un esame di coscienza. Il malato muore se si pretende di curarlo senza misurargli la febbre”.

Le proteste nel corso degli anni hanno però portato a modifiche che hanno migliorato i test. La tendenza continuerà?

“Auspico una partecipazione sempre più attiva da parte degli insegnanti in questo senso. Quello che non va è il negazionismo e il luddismo sulla base di preconcetti. Mi piacerebbe invece una task force di insegnanti al massimo quarantenni che dessero il loro contributo di esperienze e idee per rendere i test sempre più utili per capire e formare gli studenti italiani”.

Super presidi, Renzi tira dritto

da ItaliaOggi

Super presidi, Renzi tira dritto

Il governo tratta, ma non sull’idea iniziale del dirigente che sceglie i prof. Domani la Bilancio. Margini di modifica invece sulla triennalità delle docenze

Alessandra Ricciardi

Difesa come la roccaforte della riforma. Va bene, i docenti potranno anche decidere di candidarsi presso le scuole che trovano più interessanti per offerta formativa e squadra, ma la scelta finale sarà sempre del dirigente scolastico. Un punto sul quale il premier Matteo Renzi non ha dato spazi di manovra ai suoi deputati in commissione cultura alla camera, considerandolo l’asse portante della riforma, la vera svolta in termini di autonomia scolastica. E così gli emendamenti approvati dalla VII sabato scorso, e su cui domani dovrà pronunciarsi la commissione bilancio della camera, hanno ristabilito un maggiore equilibrio tra i poteri della scuola, per esempio sul Pof, ma hanno tenuto la barra dritta sulla scelta dei docenti da parte dei dirigenti. Un punto su cui si sono concentrate le critiche dei sindacati, che dopo il successo dello sciopero del 5 maggio si attendevano ben altro riscontro dal governo.

Ma altre aperture, dicono fonti governative, potranno ancora esserci. «Dei cambiamenti sono possibili anche in aula», ha precisato il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, dei margini esistono sul fronte della durata triennale dell’assegnazione: ad oggi la norma prevede che il docente cambi scuola ogni tre anni. Si potrebbe invece, è il ragionamento in corso in queste ore, consentire, dopo una prima conferma triennale, di concedere la titolarità presso la stessa scuola. Altro discorso aperto è quello della discrezionalità del dirigente nel decidere l’incarico del prof all’interno dell’organico: quante ore sull’orario di cattedra, quanto sul potenziamento dell’offerta formativa, dei parametri potrebbero definirlo.

Così come non è data del tutto per chiusa la partita sulla valutazione, in particolare sulla norma, di cui i sindacati chiedono lo stralcio, che prevede la presenza di genitori e studenti nel comitato interno. Se ne parlerà nell’aula di Montecitorio, dove il testo approderà la prossima settimana con l’obiettivo di essere poi licenziato dal senato senza modifiche entro metà giugno. Un obiettivo ambizioso, che dovrà fare i conti con le resistenze della sinistra interna. Ieri Stefano Fassina minacciava: senza correzzioni profonde del ddl scuola non lo voterò».

Intanto sale la protesta on line dei docenti, precari e non, contro Renzi. «Noi non voteremo più il Pd perché indignati dal ddl La Buona scuola», è il messaggio che dilaga anche sulla bacheca facebook del presidente del consiglio. In calce agli ultimi post del premier, decine di persone hanno manifestato il loro dissenso con un bombardamento di commenti in cui si collega la protesta contro la riforma al voto per le prossime amministrative. Tra i messaggi contro, preponderanti per numero, spunta anche qualche commento a favore del ddl e del governo che l’ha proposto. Una sparuta minoranza. E di certo non è servita a rasserenare i rapporti governo-sindacati la dischiarazione del ministro delle riforme, Maria Elena Boschi: «La scuola non è dei sindacati, noi non cediamo». L’ex ministro forzista Mariastella Gelmini è intervenuta per dire: «Non condivido il fatto di ritenere tutto il sindacato refrattario al cambiamento, non è così».

Retromarcia sui nuovi albi dei prof Saranno più ampi delle province

da ItaliaOggi

Retromarcia sui nuovi albi dei prof Saranno più ampi delle province

E anche i vecchi docenti dovranno essere pronti a cambiare sede

Antimo Di Geronimo

Dal 1° settembre 2016 il diritto alla sede di titolarità non esisterà più. I docenti saranno inseriti in albi territoriali, la cui ampiezza potrà superare anche i confini delle singole province. E se presenteranno la domanda di trasferimento o di passaggio, potranno chiedere solo di passare da un albo all’altro, senza indicare le sedi di preferenza come avviene oggi. Lo prevede l’articolo 6 del disegno di legge sulla scuola, nella versione varata dalla VII commissione della camera sabato scorso. Una retromarcia rispetto a quanto prevedeva l’emendamento della relatrice, Maria Coscia (Pd).

Per l’anno scolastico 2015/2016 gli ambiti territoriali avranno estensione provinciale. Ma dall’anno successivo gli ambiti dovranno essere ridisegnati. Saranno gli uffici territoriali a delinearne i confini, entro il 31 marzo 2016, secondo le indicazioni che saranno fornite dall’amministrazione centrale. I nuovi ambiti territoriali dovranno avere un’ampiezza, di norma, non superiore alle provincie, tenendo conto della popolazione scolastica e della prossimità delle istituzioni scolastiche. Gli uffici dovranno anche tenere conto delle caratteristiche del territorio, delle specificità delle aree interne, montane e delle piccole isole, della presenza di scuole in carcere, nonché di ulteriori situazioni o esperienze territoriali già in essere. L’intenzione del legislatore, dunque, è quella di costituire albi territoriali molto grandi. Che potranno comprendere territori anche più ampi delle singole province.

Inizialmente, il Pd aveva deciso di restringere i territori di riferimento degli ambiti fino a comprendere una popolazione scolastica di massimo 20mila alunni. Ciò avrebbe determinato l’inclusione da un minimo di 10 fino a un massimo di 20 istituzioni scolastiche per ogni ambito. Ma l’ipotesi è stata accantonata. Se il testo dovesse diventare legge, ciò comporterebbe la definitiva cancellazione del diritto alla titolarità della sede e la soggezione alla mobilità coatta su tutto il territorio provinciale e oltre. Tanto più che: «Dall’anno scolastico 2016-2017», recita il provvedimento, «la mobilità territoriale e professionale di tutto il personale opera tra gli ambiti territoriali».

La nuova stesura dell’articolo 6 prevede anche che i docenti che rinunceranno a presentare la domanda di trasferimento o di passaggio conserveranno il diritto di rimanere nella scuola dove sono attualmente titolari. Ma ciò avrà valore solo fino a quando non dovessero diventare soprannumerari. In quel caso, la norma prevede che saranno comunque inseriti negli albi territoriali. E ciò comporterà il relativo assoggettamento alle scelte dei dirigenti scolastici nell’ambito della lotteria sul conferimento degli incarichi triennali. Insomma, non si salverà nessuno.

Anche i docenti più anziani dovranno rassegnarsi alla necessità di tenere sempre pronta la valigia. Una prospettiva oltremodo ansiogena, specie se si pensa che l’ordinamento scolastico non prevede alcuna possibilità di fruire di indennità, per fare fronte alle maggiori spese collegate ai trasferimenti d’ufficio. Perché di questo si tratta: la sostituzione dell’attuale sistema (basato sui punteggi, sulla tassatività delle regole e sulla trasparenza delle operazioni) con un nuovo sistema fondato su quella che nell’ordinamento societario è nota come clausola di gradimento. E cioè su di un’unica regola, che lega le probabilità di essere accolto in una scuola vicino casa alla capacità del docente di piacere al dirigente scolastico preposto a tale scuola.

A ogni scuola i suoi insegnanti

da ItaliaOggi

A ogni scuola i suoi insegnanti

L’incarico sarà triennale, il prof che resta senza avrà l’assegnazione dal direttore regionale. Saranno scelti dal dirigente, anche su autocandidatura

Antimo Di Geronimo

I dirigenti scolastici sceglieranno i docenti ai quali proporre incarichi triennali di insegnamento rinnovabili. E i docenti non potranno più vantare il diritto di rimanere nella stessa scuola se il preside non rinnoverà loro l’incarico. I dirigenti sceglieranno anche i docenti che comporranno il loro staff nell’ordine del 10% dell’organico. Lo prevede l’articolo 7 del disegno di legge sulla scuola. Il dirigente proporrà gli incarichi agli insegnanti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti, una delle novità introdotte in sede emendativa. E potrà utilizzare il personale docente in classi di concorso diverse da quelle per le quali è abilitato, purché possegga titoli di studio, validi per l’insegnamento della disciplina, percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire. L’incarico avrà durata triennale e rinnovabile per ulteriori cicli triennali e sarà conferito con modalità che valorizzeranno il curriculum, le esperienze e le competenze professionali, anche attraverso lo svolgimento di colloqui.

Le procedure dovranno essere trasparenti: gli incarichi saranno pubblicati sul sito internet della scuola di riferimento insieme al curriculum di ogni docente incaricato. Va detto subito che non si tratterà di procedure negoziali. Al docente, infatti, non sarà consentito di rifiutare la proposta. Ma se dovesse ricevere più proposte contemporaneamente, sarà il docente a scegliere quale proposta accettare. In caso di inerzia dei dirigenti scolastici nella individuazione dei docenti, sarà l’ufficio scolastico regionale a provvedere ad assegnarli d’ufficio alle istituzioni scolastiche. Idem per gli incarichi ai docenti non destinatari di alcuna proposta.

Più che di proposte, sarebbe opportuno parlare di nomine. E cioè di incarichi che saranno conferiti dall’amministrazione nell’esercizio del proprio potere autoritativo. Perché i docenti non avranno più alcun diritto nella scelta della sede. Ma questo potrebbe essere un punto debole del provvedimento, nel quale potrebbe incunearsi il contenzioso. L’ordinamento prevede, infatti, particolari tutele in favore dei disabili e di chi li assiste (si veda la legge 104/92). E prevede anche precedenze per i coniugi di militari trasferiti d’autorità (ex legge 100) e per gli amministratori locali. Ma il disegno di legge non ne tiene conto.

DdL, blocco scrutini sempre più probabile. Il Governo: sarebbe un atto irresponsabile

da La Tecnica della Scuola

DdL, blocco scrutini sempre più probabile. Il Governo: sarebbe un atto irresponsabile

Per i sindacati l’incontro a Palazzo Chigi è stato un flop. Ma per il sottosegretario Claudio De Vincenti sconcerta che, a fronte di una manifesta volontà del Governo di dialogare, si risponda con un’azione che colpirebbe solo studenti e famiglie. Anief furibonda: non accettiamo lezioni di democrazia da parte di chi prima dimentica di convocarci e poi ci zittisce al tavolo.

Come si poteva immaginare, nemmeno l’incontro Governo–sindacati del 12 maggio è servito a calmare gli animi sulla contrapposizione che si è venuta a creare per via del ddl di riforma della scuola: il rischio di vedere compromessi molti scrutini di fine anno scolastico, si fa quindi sempre più concreto.

Un’eventualità che per il Governo è inconcepibile: non ci sarebbero motivi per scioperare, figuriamoci per bloccare gli scrutini di fine anno scolastico. A sostenerlo, dopo aver ascoltato i sindacati a Palazzo Chigi, è stato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti: “sconcerta che, a fronte di una manifesta volontà del Governo di dialogare” sulla riforma della scuola “si risponda – da parte di alcune sigle sindacali – minacciando il blocco degli scrutini. Un’iniziativa del genere sarebbe irresponsabile perché colpirebbe unicamente studenti e famiglie”, ha detto il rappresentante del Governo ai giornalisti presenti.

Lascia esterrefatti, ha aggiunto, l’annuncio del blocco degli scrutini, “a fronte di una manifesta volontà del Governo di dialogare su un tema così delicato come quello di una necessaria riforma della scuola e di una altrettanto necessaria stabilizzazione dei precari”.

Perché, sempre secondo De Vincenti, “durante la riunione, nonostante esplicite divergenze – prosegue – si è registrato un positivo clima di confronto nel merito delle questioni specifiche. Domani, il confronto proseguirà nell’incontro con le organizzazioni studentesche e quelle dei genitori. Al Senato, poi, in occasione di ulteriori consultazioni, ci sarà modo di proseguire nello scambio di opinioni”.

Ma a sentire i sindacati le cose non stanno così. Detto delle forti divergenze, prima di Cgil e Cisl, successivamente della Uil, a scagliarsi contro il comportamento del Governo nel corso dell’incontro è l’Anief: che denuncia prima di non essere stata convocata all’incontro, e poi, quando il sindacalista ha raggiunto comunque Palazzo Chigi e chiesto “di prendere la parola, per esporre al tavolo di confronto le tante lacune presenti nella riforma della scuola”, di essere stato “zittito”, proprio dal sottosegretario De Vincenti, con i componenti del Governo che abbandonavano la sala.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, “quanto accaduto oggi a Palazzo Chigi è stato un pessimo esempio di democrazia da parte delle istituzioni. È ormai sempre più evidente che il Governo vuole far passare la riforma a tutti i costi e che la convocazione dei sindacati e delle associazioni di categoria rappresenta un inutile gioco delle parti per cercare di acquisire un minimo di consensi. Perché il Governo sa bene che sul testo del disegno di legge sono tutti contrari. Questo comportamento irriguardoso verso il sindacato, inoltre, conferma il pressappochismo di chi ci governa in questo momento”.

La proposta di sindacati e associazioni: compensi per il merito docenti decisi fra Ds e Rsu

da La Tecnica della Scuola

La proposta di sindacati e associazioni: compensi per il merito docenti decisi fra Ds e Rsu

La proposta è stata formalizzata nel corso di un incontro con alcuni membri della Commissione Cultura della Camera. Forse potrebbe essere il punto di partenza per un accordo fra Governo e sindacati. Intanto va segnalato il successo dello sciopero anti-Invalsi di oggi 12 maggio.

Quella del 12 maggio non è stata una giornata tranquilla nè per Renzi nè per Giannini: lo sciopero “anti-Invalsi” proclamato dai Cobas per la scuola secondaria ha avuto larga adesione (si parla del 20%) un po’ in tutta Italia. Rispetto agli anni passati la partecipazione è stata molto più ampia proprio perchè si è saldata con la protesta nei confronti del ddl sulla scuola.
Protesta che non sembra destinata a diminuire dopo l’incontro fra Governo e sindacati al termine del quale tutte le organizzazioni hanno ribadito l’intenzione di continuare a chiedere modifiche sostanziali al disegno di legge (da rilevare che nei comunicati successivi all’incontro la parola d’ordine “ritiro” è pressochè assente anche se la richiesta generale riguarda l’adozione di un decreto urgente per garantire le assunzioni).
Va però segnalato un comunicato delle 32 organizzazione di “La scuola che cambia”, di cui fanno parte anche Cgil, Cisl e Uil, in cui vengono avanzate precise proposte alternative.
Una richiesta molto chiara riguarda il tema del merito e dei premi connessi: no – dicono sindacati e associazioni – al modello previsto dal ddl per cui dirigente scolastico e comitato di valutazione (colleghi, genitori, studenti) diventano autorità salariale degli insegnanti; sì invece ad un meccanismo che preveda di assegnare il fondo per il merito alla contrattazione collettiva.
Non è da escludere che su questo punto Governo e sindacati trovino un punto di intesa: in tal caso i “premi” destinati agli insegnanti dovranno essere “contrattati” fra dirigente scolastico e le rappresentanze sindacali.
E c’è anche un’altra proposta alla quale sindacati e associazioni stanno pensando: risolvere il problema delle assunzioni attraverso gli albi territoriali, “favorendo l’incontro tra esigenze progettuali e competenze professionali degli insegnanti attraverso la contrattazione della mobilità e della formazione”.
Può darsi, insomma, che alla resa dei conti i sindacati decidano di deporre le armi a condizione che alcune questione vengano riportate nell’alveo della contrattazione nazionale o decentrata.
Il fatto è che i tempi sono sempre più stretti e non sarà per niente facile trovare soluzioni condivise nell’arco di pochi giorni.

Renzi: “Diamo alle scuole più potere e libertà. No a polemiche strumentali”

da La Tecnica della Scuola

Renzi: “Diamo alle scuole più potere e libertà. No a polemiche strumentali”

Il premier in un’intervista a “Repubblica TV”, fa il punto sul Ddl “Buona Scuola”

In un’intervista a “Repubblica TV”, il premier Matteo Renzi a tutto campo sulla scuola: “Siamo disponibili a discutere sulla riforma della buona scuola” e “siamo molto disponibili a discutere con i sindacati, oggi li vediamo alle 15 a palazzo Chigi”. E sulla polemica sulle frasi di Boschi sui sindacati smorza le polemiche: “Ma la scuola non funziona se è in mano solo ai sindacati, funziona se è di tutti, non facciamo divisioni politiche sulla pelle della scuola”. Renzi ribadisce i punti cardine su cui il governo ha puntato: “Noi diamo alle singole scuole più potere e libertà, autonomia che richiede che venga data la responsabilità in capo a qualcuno, perciò abbiamo dato tre poteri ai presidi: di scegliere i professori, di valutarli e di decidere i programmi ma se può dare serenità che sia il consiglio di istituto ad approvare l’offerta formativa, va bene, questo è un primo passo per ascoltare le critiche. Infine, ha concluso Renzi, “trovo paradossale che a fronte dei tagli degli anni scorsi noi diamo soldi in più e siamo contestati, vuol dire che non ci siamo spiegati bene”.

 

DdL, Giannini spiega il nuovo testo ai sindacati. Ma i nodi restano

da La Tecnica della Scuola

DdL, Giannini spiega il nuovo testo ai sindacati. Ma i nodi restano

“Oggi era importante darvi direttamente una visione complessiva del provvedimento in discussione al Parlamento in un’ottica di dialogo e condivisione”. Con queste parole, il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ha avviato l’incontro a Palazzo Chigi con i sindacati della scuola: subito dopo ha riepilogato i contenuti della riforma e gli emendamenti approvati dalla Commissione Cultura della Camera.

La riunione è ancora in corso, ma non sembra che l’intento del Governo di avere maggiori consensi sulla riforma abbia condotto ad un esito positivo. Dopo i leader di Cgil e Cisl, anche il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, presente all’incontro, ha detto di aver “apprezzato gli sforzi del Governo per apportare modifiche, ma sono insufficienti”. Specificando che “precariato, valutazione e contratto sono i tre punti su cui chiediamo interventi”.

Il successore di Luigi Angeletti a capo della Uil, ha poi chiesto ai rappresentanti del Governo (il sottosegretario De Vincenzi, i ministri Madia, Boschi, Giannini, Delrio e il segretario generale di Palazzo Chigi Aquilanti): “cosa succede dopo questo incontro? Quando e come ci farete sapere se vi abbiamo convinto con le nostre idee di ‘Buona Scuola’”.