Archivi categoria: Rassegne

Il Sottosegretario Faraone a Palermo

Il Sottosegretario Faraone domani a Palermo

Domani, giovedì 11 dicembre 2014, il Sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, sarà a Palermo per incontrare studenti, insegnanti e dirigenti scolastici del territorio. Faraone interverrà alle 9.00 alla giornata di studio “La scuola che cambia: i processi di valutazione, merito e qualità”, organizzata dal Cerisdi (Centro ricerche e studi direzionali), a Castello Utveggio. Saranno presenti Salvatore Parlagreco, presidente del Cerisdi, e Maria Luisa Altomonte, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia. La visita proseguirà, alle 10.00, presso la Scuola Politecnica dell’Università degli Studi di Palermo.
Il Sottosegretario consegnerà gli attestati agli 81 partecipanti della prima edizione della scuola per aspiranti imprenditori “Tempi Moderni 2.0”, istituzione nata la scorsa primavera grazie all’iniziativa dei cooperatori di Legacoop, con il sostegno di Unicredit, Arca, Cna, Libera, Addiopizzo, CeSie, Arcidonna, Unipol Banca, del movimento studentesco RuM, dei giovani commercialisti e dell’ordine dei consulenti del lavoro.
Presenzieranno alla cerimonia Roberto Lagalla, Rettore dell’Università degli Studi di Palermo insieme a Gianni Chelo, regional manager Unicredit, Giacomo D’Arrigo, direttore dell’Agenzia Nazionale per i Giovani, e agli assessori comunali e regionali Giovanna Marano, Nino Caleca, Mariella Lo Bello, Antonio Purpura.
Alle 12.30, Faraone parteciperà a un dibattito con studenti e docenti del Liceo di Scienze Umane e Linguistico Danilo Dolci, di Palermo, istituto che nelle scorse settimane ha subito pesanti atti vandalici. Alla presenza del preside Domenico Di Fatta, il Sottosegretario risponderà alle domande degli allievi su scuola, università e futuro.
Alle 15.15, invece, al Liceo artistico Damiani Almeyda, del capoluogo Faraone incontrerà il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, Maria Luisa Altomonte, e – come avviene durante ogni visita – i dirigenti scolastici del territorio.
Ultimo appuntamento alle ore 17.00: il Sottosegretario parteciperà all’incontro organizzato da Confindustria Palermo e dall’Università Link Campus University di Roma dal titolo “Formazione, Ricerca, Università, Impresa”. Presenti inoltre Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Palermo, Vincenzo Scotti, presidente della Link Campus University, Mariella Lo Bello, assessore regionale alla Formazione e, in veste di moderatore, Emanuele Lauria, giornalista de “la Repubblica”.

Via all’attività di orientamento in vista delle nuove iscrizioni

da Il Sole 24 Ore

Via all’attività di orientamento in vista delle nuove iscrizioni

di Franco Portelli

Molte scuole hanno già avviato le attività relative all’orientamento scolastico, presentando agli alunni in uscita delle scuole di grado inferiore l’offerta formativa presente nel territorio. Le famiglie, anche grazie a queste indicazioni, sono chiamate a scegliere la scuola dove iscrivere i propri figli. Le informazioni necessarie sono contenute nel Pof (definito da alcuni come la carta di identità della scuola) che è lo strumento progettuale e organizzativo con il quale vengono definite e comunicate le caratteristiche fondamentali della proposta educativa, sotto il profilo sia delle scelte curriculari sia dei profili organizzativi.

Procedura on line
La legge 7 agosto 2012, n. 135 stabilisce che le iscrizioni al primo anno delle scuole statali di ogni ordine e grado avvengono esclusivamente in modalità on line. Questa pagina web oltre a fornire l’accesso al servizio, accompagna le famiglie nel percorso per l’iscrizione: dalla registrazione alla compilazione ed inoltro del modulo di iscrizione, dalla scelta del percorso di studio alla ricerca della scuola desiderata. L’iscrizione rappresenta un importante adempimento a carico dei genitori specialmente nei primi dieci anni di scolarizzazione, infatti, in questo caso assume un significato di particolare rilevanza in relazione all’assolvimento dell’obbligo di istruzione.

Limiti alla possibilità di iscrizione
Le domande d’iscrizione (come sottolineato in una nota dell’Ufficio scolastico dell’Emilia Romagna dell’1/12/14) sono accolte entro il limite massimo dei posti complessivamente disponibili in ogni singola istituzione scolastica. Il dirigente scolastico può, dunque, accettare iscrizioni compatibilmente con gli spazi che ha a disposizione. Gli Enti locali, a questo proposito, hanno l’onere di definire il piano di utilizzo degli edifici scolastici e di intervenire in casi di esigenze strutturali provenienti dalle richieste delle famiglie. L’eventuale rifiuto, da parte del dirigente, non può essere però un atto discrezionale.

Criteri di accettazione
Nella previsione di domande in eccedenza, infatti, le scuole devono definire preventivamente, con delibera del Consiglio di istituto, criteri di precedenza nell’accoglimento delle domande, che dovranno essere resi pubblici. Tra i criteri deve essere comunque preso a riferimento quello della territorialità (residenza, domicilio, sede di lavoro dei familiari, ecc.). Nella più parte dei territori i Comuni provvedono a definire il bacino d’utenza delle scuole di propria competenza (primarie e secondarie di primo grado), aggiornandolo periodicamente. Si tratta del criterio dello “stradario”, solitamente riferimento per Accordi di programma tra Comuni e istituzioni scolastiche, finalizzati al coordinamento delle azioni e degli interventi promossi dall’Amministrazione comunale. L’ordine d’arrivo delle richiesta di iscrizione, invece, non può in nessun caso essere considerato un criterio adottabile, in quanto agisce sui tempi di chiusura delle iscrizioni stesse, con ciò inserendo una variabile che altera il sistema e contrasta le indicazioni ministeriali, che sono a garanzia di equità e di uguaglianza di trattamento.

Il mix Patto di stabilità-tagli «blocca» da oltre 15 anni la spesa per l’istruzione

da Il Sole 24 Ore

Il mix Patto di stabilità-tagli «blocca» da oltre 15 anni la spesa per l’istruzione

di Davide Colombo

Si ha un bel dire che la spending review va praticata in tutti i settori, compresa la scuola. Perché se è vero che gli sprechi non mancano anche qui, è vero anche (e soprattutto) che nel lungo periodo la spesa per l’insegnamento e l’edilizia scolastica praticamente non s’è mossa. Lo rivela un’interessante analisi che verrà pubblicata in gennaio da due studiosi, Nicola C. Salerno e Stefania Gabriele, che hanno anticipato i risultati macro più importanti sul sito Reforming.it. Dal 1996 al 2012, si scopre con un banale sguardo ai grafici principali proposti, la spesa complessiva in termini reali, ovvero deflazionati sulla base della serie storica dell’indice IPC Istat, risulta invariata. Significa che i circa 54 miliardi contabilizzati nel 2011 equivalgono, in termini di parità di potere di acquisto, all’aggregato di uscite registrato nel 1996. Si tratta della spesa analizzata sul dataset del Dipartimento politiche sviluppo che, nello studio finale, verrà disaggregata con valori pro-capite e a livello regionale. La spesa in questione va dai servizi per la pre-infanzia fino al comlpletamento delle scuole medie superiori; ovvero per utenti da 0 a 19 anni.

Dal Patto di stabilità ai tagli lineari
Ebbene, a guardare quelle curve sembra di rivedere al contrario il film delle politiche pubbliche per la scuola dell’ultimo quindicennio, sempre accompagnata dalla costante retorica secondo cui «non bisogna mai disinvestire sull’istruzione». Politiche che, di volta in volta, hanno incrociate con le misure di consolidamento fiscale imposte dalla fragilità della nostra finanza pubblica. Ecco allora il primo “fatto stilizzato” sulla curva della spesa in conto capitale, che dal 1996 al 2001 s’impenna fino a valori doppi per poi crollare subito dopo. Che cosa è successo? Semplice, è entrato in vigore il Patto di stabilità interna (2001), quell’elegante strumento che in un assetto di semi-federalismo fiscale e amministrativo come il nostro s’è tradotto in un taglio secco ai trasferimenti dalla Stato alle amministrazioni periferiche. Il secondo “fatto stilizzato” lo si incontra poi tra il 2008 e il 2009, seguendo questa volta la curva della spesa corrente. Dopo aver zigzagato attorno a un più o meno 20% è riprecipitata sugli stessi valori reali nel 1996 dopo i tagli lineari varati dal Governo Berlusconi (ministro dell’Economia Giulio Tremonti e al Miur Mariastella Gelmini).

Le Regioni che perdono e quelle che restano al palo
Naturalmente la non-crescita della spesa pubblica per la scuola è stata diversa tra il 1996 e il 2012, tra regione e regione. Ci sono casi in s’è verificato un taglio secco per le uscite in conto capitale (Basilicata, Sicilia e Liguria) e casi in cui le variazioni di crescita percentuale annua sono ben sopra l’inflazione. Due esempi per tutti (rinviamo alle tabelle allegate a questo articolo per una lettura completa):  in Basilicata la spesa nominale è passata dai 36,4 milioni di euro del ’96 ai 22,8 del 2012 (-2,33% annuo), mentre in Umbria l’andamento è stato opposto, con variazioni annue del +9,62 per cento. Minori ma non meno importati le divaricazioni sulla spesa corrente, cresciuta in termini nominali dell’1,22% annuo nel quindicennio in Basilicata, mentre nella più ricca e fortunata provincia autonoma di Bolzano è lievitava anno dopo anno su medie del 7,49%. A gennaio, quando il Governo varerà il piano per la buona scuola, sarà bene tener sotto mano le tabelle e l’analisi di Salerno e Gabriele, possono tornare molto utili sia al legislatore sia a chi amministra istituti di ogni ordine e grado.

 

Cgil e Uil: Così non va! Il 12 dicembre lo sciopero generale in 54 piazze

da ItaliaOggi

Cgil e Uil: Così non va! Il 12 dicembre lo sciopero generale in 54 piazze

‘Così non va! Abbiamo proposte concrete per cambiare l’Italia’. Queste le parole scelte da Cgil e Uil per lo sciopero generale di venerdì 12 dicembre: una giornata di astensione in tutti i luoghi di lavoro di otto ore

 ‘Così non va! Abbiamo proposte concrete per cambiare l’Italia’. Queste le parole scelte da Cgil e Uil per lo sciopero generale di venerdì 12 dicembre: una giornata di astensione in tutti i luoghi di lavoro di otto ore, con 54 manifestazioni che si svolgeranno lungo l’intero paese, a carattere regionale (10), provinciale (39) e interprovinciale (5), per chiedere, come si legge nella piattaforma sindacale, “a Governo e Parlamento di cambiare in meglio la legge sul lavoro e la legge di stabilità, rimettendo al centro il lavoro, le politiche industriali e dei settori produttivi fortemente in crisi, la difesa e il rilancio dei settori pubblici e e la creazione di nuova e buona occupazione”, sottolinea la Cgil in una nota. Oltre cinquanta piazze coinvolte, quindi, con due ‘punti di riferimento’: la piazza di Torino, che vedrà la presenza del segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, e quella di Roma, con il leader della Uil, Carmelo Barbagallo. Un venerdì 12 dicembre che “segna un nuovo passaggio di una mobilitazione che il sindacato ha avviato da tempo e che proseguirà anche oltre la giornata di venerdì”, sottolinea la Cgil che, dopo la manifestazione del 25 ottobre scorso, ha dato seguito alla sua mobilitazione, in vista dello sciopero generale, con numerose iniziative, anche unitarie, promosse dalle categorie: come la manifestazione del 5 novembre dei pensionati e quella dell’8 novembre dalle categorie di Cgil, Cisl e Uil del Pubblico impiego, così come lo sciopero generale dei metalmeccanici Cgil e le manifestazioni di Milano il 14 novembre, Napoli il 21, Cagliari il 25 e infine Palermo il 27 novembre. Tra le proteste, inoltre, la Cgil segnala la notte bianca dei dei lavoratori dei call center del 21 novembre, con la manifestazione di Roma, la mobilitazione unitaria dei lavoratori delle costruzioni che si è tenuta il 27 novembre, per arrivare a quella del settore agroalimentare che ha manifestato a Roma il 29 novembre. Anche i giovani della Cgil, nell’ambito della loro campagna ‘Xtutti’, hanno organizzato numerose iniziative, come i flash mob prima alla Camera e poi al Senato

Anno sabbatico: un’opportunità per docenti e dirigenti scolastici

da La Tecnica della Scuola

Anno sabbatico: un’opportunità per docenti e dirigenti scolastici

L.L.

Il periodo di aspettativa non retribuita interessa il personale docente e dirigente con contratto a tempo indeterminato, ma solo se ha superato il periodo di prova

Il cd. anno sabbatico è il periodo di aspettativa disciplinato dal comma 14 dell’art. 26 della legge 448 del 23.12.1998 (legge finanziaria 1999).

Si tratta di un periodo di aspettativa non retribuita spettante ai docenti e ai dirigenti scolastici che hanno superato l’anno di prova.

La durata massima del periodo è di un anno scolastico ogni dieci anni compreso il primo decennio.

Con la C.M. 28 marzo 2000 n. 96 prot. n. 48760 il Miur ha precisato due aspetti molto importanti da tener presenti:

  1. la richiesta di fruizione di tale periodo di assenza, avanzata dall’interessato, è sottratta all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione;
  2. tale aspettativa non può essere frazionata in più periodi inferiori all’anno scolastico. A prescindere, infatti, da ogni considerazione circa le inevitabili incidenze sul regolare espletamento dell’attività da parte di docenti e dirigenti scolastici cui fosse consentito di assentarsi dal servizio per più periodi non continuativi anche di brevissima durata (fino a raggiungere, nell’arco di un decennio, il limite massimo di un anno scolastico), occorre tener presente che il menzionato art. 26, comma 14, della legge n. 448/1998 fa riferimento ad “un periodo di aspettativa non retribuita della durata massima di un anno scolastico”. Quindi, l’avvenuta fruizione di un periodo di aspettativa, sia pure inferiore all’anno scolastico, esaurisce, nell’arco del decennio in considerazione, la possibilità per il personale interessato di richiedere, allo stesso titolo, ulteriori periodi di assenza.

A tale proposito, segnaliamo un recente parere con il quale l’U.s.r. per l’Umbria ha ricordato che l’anno sabbatico è cumulabile con l’aspettativa per altra attività lavorativa (così come le altre aspettative di cui all’art. 18 CCNL 2006/2009): infatti, non vi è alcuna disposizione normativa che vieti ad un docente che ha già fruito dell’aspettativa di cui all’art. 18 comma 3 CCNL di richiedere l’anno sabbatico o viceversa. Le due aspettative, diverse normativamente e sostanzialmente, sono pertanto cumulabili.

Esami di Stato II ciclo e Prove Invalsi: la scadenza del 12 dicembre

da La Tecnica della Scuola

Esami di Stato II ciclo e Prove Invalsi: la scadenza del 12 dicembre

L.L. 

Entro questo termine i candidati interni ed esterni debbono presentare le domande di partecipazione agli Esami di Stato del II ciclo e le scuole devono iscriversi alle prove Invalsi che si svolgeranno dal mese di maggio. Quest’ultima scadenza riguarda anche gli Esami di Stato del I ciclo

In prossimità del 12 dicembre 2014, ricordiamo due scadenze importanti per le scuole: la prima riguarda gli esami di Stato conclusivi del II ciclo di istruzione. La nota prot. n. 7316 del 25/11/2014 ha prorogato al 12 dicembre il termine normalmente fissato al 30 novembre per la presentazione della domanda da parte dei candidati interni al proprio dirigente scolastico e da parte dei candidati esterni ai Direttori Generali della Regione di residenza per la partecipazione agli esami di Stato del II ciclo a.s. 2014/2015.

L’altra scadenza riguarda, invece, le prove Invalsi: sempre il 12 dicembre è prevista, infatti, la chiusura (alle ore 16,30) delle funzioni per l’iscrizione alle prove Invalsi al seguente indirizzo: http://invalsi-areaprove.cineca.it/index.php?form=accesso_scuole

Sentenza Corte europea: assunzioni o risarcimenti?

da La Tecnica della Scuola

Sentenza Corte europea: assunzioni o risarcimenti?

Sentenza della Corte di giustizia europea: chi verrà assunto e chi verrà risarcito? E’ certo che lo scenario per i precari della scuola è infatti radicalmente cambiato dopo il 26 novembre scorso. L’avvocato Michele Bonetti, sul sito dell’Adida, dà, della nota sentenza europea, un’interpretazione utile ad orientare quanti intendono riferirsi ai suoi contenuti per far valere i propri diritti di insegnanti precari.

Sottolinea il legale: “Nel 2012 la Cassazione con la sentenza n. 10127/2012 giudicò illegittima “la reiterazione dei contratti a termine sulla base dell’asserto per cui l’esclusione dell’applicazione nei confronti degli insegnanti e del personale Ata dell’art.36, co. 5 d.lgs. 165/2001 (T.U. sul pubblico impiego), che prevede il diritto al risarcimento del danno a favore del pubblico impiegato nel caso di abusivo ricorso ai contratti a termine, trovava fondamento in virtù delle indifferibili esigenze volte a mantenere inalterato il servizio essenziale dell’istruzione pubblica nonché in ragione della temporaneità dell’esigenza di ricorrere ai contratti a termine nell’attesa dell’espletamento dei concorsi necessari all’assunzione in ruolo degli insegnanti.”

Secondo l’avv. Bonetti “queste norme contrastavano evidentemente con il principio di effettività che informa la stessa direttiva direttiva 1999/70/CE risultando in palese contraddizione con la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato la quale, per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, prescrive l’obbligo per gli Stati membri di introdurre almeno una tra le seguenti misure: a) l’indicazione nel contratto delle “ragioni obiettive” che giustificano il rinnovo dei contratti di lavoro; b) indicazione del numero dei rinnovi; c) indicazione della durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi.”

Ecco perchè era necessario avanzare una campagna diretta a trasformare in via principale tali contratti da tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato con l’immissione in ruolo, nonché il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra la scadenza di un contratto a tempo determinato e l’entrata in vigore di quello successivo e, in subordine, il risarcimento del danno subito.

I numerosi contratti stipulati dai docenti molte volte senza soluzione di continuità manifestavano come lo strumento della contrattazione a tempo determinato non fosse altro che il risultato di una scelta programmatica dell’Amministrazione, mirata esclusivamente al contenimento dei costi del personale ed in nessun modo altrimenti giustificate.Il protrarsi nel tempo del rapporto lavorativo è infatti già di per sé un indice di sussistenza di un fabbisogno lavorativo durevole, connesso ad esigenze strutturali e permanenti del settore.

L’avv. Bonetti parla anche di “statistiche, riportate anche negli atti processuali e ricavate tramite dati estratti dal sito del MIUR, che riportano che negli ultimi cinque anni il numero dei precari con contratto a tempo determinato si è attestato intorno ad una percentuale stabile del 15% dei docenti di ruolo, a volte oltre 100.000 persone per anno con numeri che oscillano fra le due tipologie prevalenti di contratti precari e non stabili, ovvero il contratto a tempo determinato fino al 30/06 (sull’organico di fatto) e il contratto a tempo determinato fino al 31/08 (sull’organico di diritto).”

Sull’analisi di questi presupposti la 3° sezione della Corte di Giustizia ha contraddetto l’assunto della Cassazione del 2012: la semplice previsione di una normativa che indichi come ragione obiettiva la necessità di far fronte alle “esigenze di organizzazione del sistema scolastico italiano” per garantire la continuità del servizio a fronte di eventi contingenti, variabili ed indipendenti non è di per sé sufficiente a garantirne la legittimità alla luce degli evidenziati parametri comunitari ma deve essere analizzata alla luce del principio di effettività. La temporaneità che dovrebbe connotare la soluzione del reclutamento di personale con contratti a tempo determinato va quindi verificata con i dati riscontrati anche a livello statistico, i quali hanno rilevato invece l’interruzione di procedure concorsuali per il reclutamento di personale scolastico per ben 11 anni. Da qui la necessità di verificare in via pregiudiziale la compatibilità di una siffatta interpretazione con i principi espressi nella direttiva 1999/70/CE.

Secondo la Corte, dunque, i lavoratori che si trovino assunti in qualità di docenti o di collaboratori amministrativi per effettuare supplenze annuali in scuole statali e che abbiano effettuato una prestazione lavorativa attraverso la reiterazione di contratti a termine per un arco temporale superiore ai 36 mesi (art. 5, co. 4 bis, Dlgs. 368/2001) possono ambire ad una richiesta sanzionatoria nei confronti dell’amministrazione. Richiesta che può articolarsi nella previsione di un risarcimento danno o nella conversione dei contratti a termine in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

C’è però una precisazione da fare: non vi è un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti di lavoro a tempo indeterminato; la stessa clausola dell’accordo quadro lascia infatti agli Stati membri la cura di determinare a quali condizioni i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato vadano considerati come conclusi a tempo indeterminato.

La Corte di Giustizia europea, continua il legale, non è infatti competente a pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto interno. Un compito del genere spetta ai competenti organi giurisdizionali nazionali che dovranno esaminare di volta in volta i singoli casi di specie valutando il numero dei contratti successivi stipulati per lo svolgimento di uno stesso lavoro, le circostanze sottese al rinnovo dei contratti, i posti vacanti, la menzionata assenza di procedure concorsuali fra il 2000 ed il 2011. Anche nel giudizio proveniente dal Tribunale di Napoli si era fatto riferimento ai numeri degli insegnanti precari locali: secondo il Tribunale il 61% del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario delle scuole statali era stato impiegato con un contratto di lavoro a tempo determinato, mentre fra il 2006 e il 2011 il personale docente di tali scuole rappresentava tra il 13% ed il 18% del il personale di tutte le scuole.

E’ chiaro che, così come in passato, la questione sulla possibilità della reintegrazione e/o del risarcimento del danno dei docenti precari sarà rimessa, di volta in volta, al giudice nazionale, che valuterà il numero dei contratti sottoscritti, l’oggetto e le mansioni degli stessi, le interruzioni temporali e la tipologia di supplenze espletate, con una particolare attenzione a quelle annuali sull’organico di diritto in attesa dell’espletamento di procedure concorsuali ed dei posti vacanti e disponibili.

Conclude infine l’avv. Bonetti: “Di certo è che il fronte della battaglia per una maggiore tutela dei lavoratori precari della scuola si è nuovamente riaperto consentendo l’apertura di nuovi scenari. L’intervento promesso dal Governo con il “decreto della buona scuola” non sarà infatti sufficiente a mettere in linea le disparità perpetrate nel corso di decenni con i rilievi sollevati dalla Corte. L’annuncio della stabilizzazione di circa 150.000 precari è infatti destinato, laddove si tramutasse effettivamente in provvedimento legislativo, ai soli insegnanti inseriti nelle Gae.Pertanto allo stato attuale il Governo, che si aspettava una pronuncia del genere ma non di tale portata e per altre categorie, dovrà rispettare la proposta mediatica e politica di stabilizzare tutti i soggetti presenti nelle Gae anche privi dei requisiti indicati dalla Corte. Ai provvedimenti di stabilizzazione della c.d. “buona scuola” si aggiungeranno i provvedimenti di condanna alla stabilizzazione e al risarcimento dei danni per tutti i precari individuati secondo i criteri richiamati.”

Mala tempora currunt per il governo. I precari della scuola avanzano e rivendicano i loro diritti. Assunzione o risarcimento, qualcuno dovrà pagare. Forse, pensando al costo dei risarcimenti, sarebbe meglio assumere stabilmente…

Sciopero del 12 dicembre, Cgil e Uil: stop di 8 ore

da La Tecnica della Scuola

Sciopero del 12 dicembre, Cgil e Uil: stop di 8 ore

Camusso: lavoriamo per risultato positivo. Barbagallo: non temiamo flop. Lo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil per venerdì 12 dicembre sarà di otto ore e lo stop riguarderà tutti i settori privati e pubblici, dai trasporti alla scuola

Con lo slogan ‘Così non va’ sul Jobs act, sulla legge di stabilità e sulla Pa, i sindacati chiedono al governo di cambiare verso alle politiche economiche e del lavoro, di estendere il bonus degli 80 euro ai pensionati e agli incapienti e di aprire il tavolo per il rinnovo del contratto nel pubblico impiego, fermo al 2009.

Sono 54 le manifestazioni organizzate in tutta Italia, di cui 10 regionali, 5 interprovinciali e 39 territoriali.

Al corteo a Roma, da piazza dell’Esquilino a piazza Santi Apostoli, parteciperà il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo; al corteo a Torino, da piazza Vittorio a piazza San Carlo, parteciperà il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.

Nel trasporto ferroviario lo stop sarà dalle 9 alle 17; in quello aereo dalle 10 alle 18; mentre nel trasporto pubblico locale, nel rispetto delle fasce di garanzia, l’articolazione dello sciopero che interesserà bus, tram e metro, avrà fasce orarie diverse da città a città.

“Stiamo lavorando perché ci sia una grande riuscita dello sciopero e delle manifestazioni. Registriamo un ampio consenso sulle nostre ipotesi, non ci nascondiamo le difficoltà di uno sciopero nella crisi”. Lo ha affermato il leader della Cgil, Susanna Camusso, a proposito delle attese sullo sciopero generale di venerdì 12 dicembre, proclamato insieme alla Uil: “Lavoriamo perché ci sia un risultato positivo, riteniamo possibile essere stupiti dal risultato stesso”.

“Non temiamo sarà un flop”, ha aggiunto il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, rispondendo alla stessa domanda. (Ansa)

Agli esami di stato il giudizio anche in numeri

da La Tecnica della Scuola

Agli esami di stato il giudizio anche in numeri

A condizione però che il giudizio sia unanime la commissione non è tenuta a motivare il voto. Questa la sentenza 597/2014 della Corte di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana che ha risolto una controversia tra uno studente ed il suo liceo

Tutto inizia nel 2000, racconta Il Sole 24 Ore che riporta la notizia, allorché  un ragazzo di un liceo scientifico siciliano al termine del suo esame di maturità ottenne un punteggio di 98/100 che lo avrebbe danneggiato nell’accesso alle selezioni a numero chiuso delle diverse facoltà.

Rivolgendosi alla magistratura, lo studente ottiene dinanzi al Tar Catania l’annullamento dei provvedimenti impugnati perché la Commissione esaminatrice «non aveva provveduto ad indicare i presupposti di fatto posti alla base del giudizio numerico espresso sulle prove d’esame», così come previsto dall’articolo 3 della legge 241/1990, legge sul procedimento amministrativo, e dall’ordinanza ministeriale 31/2000, recante le istruzioni e le modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di maturità per quell’anno scolastico.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana è però di diverso avviso ed accoglie l’appello proposto dall’Amministrazione.

Secondo i giudici, riporta sempre Il Sole 24 Ore, la disciplina della valutazione numerica posta dall’ordinanza ministeriale sulla base del combinato disposto della regola della predeterminazione dei criteri di valutazione in base ai quali attribuire il punteggio numerico e la regola per cui la motivazione dettagliata del punteggio numerico deve ritenersi obbligatoria solo quando non c’è unanimità tra i componenti della commissione. Nel caso di specie, tutti i giudizi erano stati espressi all’unanimità dei componenti e perciò non era necessario procedere ad una motivazione dettagliata.

Il Collegio prende poi in considerazione altre situazioni in cui sono maturate esigenze di un più stringente controllo motivazionale dei giudizi numerici, come nel caso dell’abilitazione forense, e afferma di non ignorare «i dubbi e le perplessità suscitati dai criteri sostanzialmente numerici che presiedono alla selezione per griglie di quesiti per l’accesso a numero chiuso alle facoltà universitarie».

Si tratta però di situazioni, dubbi e perplessità che non trovano ragion d’essere nella valutazione degli esami di maturità da parte delle commissioni esaminatrici.

Infine, concludono i giudici, la lamentata perdita di chance per non aver ottenuto il massimo punteggio sperato, «oltre che prefigurare una possibilità di “lesione di chance” in capo a tutti coloro che, avendo conseguito il massimo punteggio, potrebbero veder messa in pericolo la loro posizione dal nuovo massimalista […] risulta tutt’al più una ulteriore denuncia della ‘irragionevolezza’ del meccanismo di accesso alle facoltà universitarie».

“Abolire le bocciature contro la dispersione? Ma no!”

da La Tecnica della Scuola

“Abolire le bocciature contro la dispersione? Ma no!”

“Io non ci sto pensando e sono sicura che al Miur non ci stia pensando nessuno“. La ministra Giannini smentisce chi paventava l’idea dell’abolizione delle bocciature per il biennio delle scuole superiori

L’idea che aveva fatto allarmare qualche giorno fa il sottosegretario all’Istruzione Angela D’Onghia, è stata smentita oggi dallo stesso ministro, Stefania Giannini: lo scrive Il Fatto quotidiano.

“Abbiamo fatto una bella discussione alla Camera – ha detto in visita all’istituto Galiani di Napoli, devastato dai ladri lo scorso 25 novembre  – in cui si è parlato anche di questo presunto collegamento tra la dispersione scolastica, che si verifica solitamente nel primo e nel secondo anno della scuola secondaria, e alcune tipologie di istituti in cui si registra un tasso di bocciature più elevato”. Centomila euro per riacquistare le attrezzature informatiche rubate è, invece, l’impegno finanziario annunciato dal ministro entro fine dicembre. Il ministro Giannini preferisce, infine, non commentare le dichiarazioni del sottosegretario Davide Faraone che nei giorni scorsi aveva detto che le occupazioni possono essere “esperienze di grande partecipazione democratica”, suscitando l’ira di presidi e docenti.

Il mestiere del prof: quando la violenza si può pure subire

da La Tecnica della Scuola

Il mestiere del prof: quando la violenza si può pure subire

Raccapriccianti i pochi casi di insegnanti violenti, mentre assai più diffuse le liti con gli studenti nella forma di lanci di penne e quaderni, insulti, strattoni, spinte, schiaffi. Più che l’istinto la molla è spesso il cosiddetto “burnout”

E se un prof è violento può finire sotto inchiesta, come i dati del ministero denunciano.

Degli 800 mila insegnanti in servizio, quelli che in un anno scolastico sono stati sottoposti a procedimenti disciplinari sono poco più di duemila (2.276). Di questi,746 sono stati archiviati/prosciolti, 433 sono stati sospesi dal servizio e solo in 29 casi si è arrivati al licenziamento. Per gli altri (1.068), non si è andati oltre il richiamo.

Tuttavia dal versante dei ragazzi, secondo un sondaggio di Skuolanet per Corriere.it, alla domanda: «Ti è mai capitato che un prof abbia alzato le mani su di te?», uno studente su dieci ha risposto di sì (per la precisione il 9,2 per cento su 7.106 risposte). E un altro 14 per cento sostiene che sia capitato ad altri ragazzi della scuola.

Se poi si passa all’offesa verbale («Ti è mai capitato di sentirti umiliato o insultato pesantemente da un prof davanti a tutta la classe?»), allora le risposte affermative sono oltre il 30 per cento (più un altro 25 per cento che riferisce di episodi capitati ad altri compagni).

Andando a leggere le testimonianze del campione (composto per la stragrande maggioranza da ragazzi delle superiori e da qualche studente delle medie), molte raccontano delle dinamiche spesso tesissime fra teenager e prof, ma ce ne sono anche diverse che risalgono indietro agli anni delle elementari. Si va dalla ragazza che mangiava i cracker in classe e che è stata apostrofata dal prof con «cicciona» al bambino che aveva rovesciato la brocca dell’acqua in mensa ed è stato sollevato di peso («tirato per i capelli») dalla maestra e lasciato in piedi a guardare i compagni che finivano di mangiare; dal prof che prende ripetutamente a schiaffi un alunno «che lo canzonava» alla ragazzina che giocava con il correttore a nastro finché la prof, esasperata, glielo strappa di mano e glielo stringe attorno al collo («lasciandole evidenti segni viola….»).

Che succede fra gli educatori allora? Dice Vittorio Lodolo D’Oria:  «Di tutte le cosiddette helping professions, come il medico, l’assistente sociale, il prete, quella dell’insegnante è una delle più logoranti» e in Francia è la categoria a più alto tasso di suicidi. Ma da noi si aggiungono due aggravanti: l’età media altissima (51 anni) e il fatto che per l’82% si tratti di donne, in una fase della vita molto delicata come la menopausa, quando il rischio della depressione aumenta di cinque volte.

Nel 90 per cento dei casi, spiega Lodolo Doria, l’insegnante si tiene dentro il suo dolore, semmai tende a scappare, a moltiplicare le assenze. C’è poi un 10 per cento dei casi, in cui può arrivare a rifilare schiaffoni al malcapitato, fino ai casi estremi di docenti psicotici che quando entrano in classe abbassano le tapparelle, chiudono la porta e allontanano i banchi dalle finestre perché convinti di essere spiati. Se fino a pochi anni fa l’incidenza dei disturbi psichiatrici fra chi si presentava al nostro sportello era del 33 per cento, oggi è dell’80 per cento.

E i presidi che fanno? Secondo quando scrive Il Corriere  hanno paura di intervenire perché temono di incorrere in una causa per mobbing. Al massimo, convocano il docente e gli ingiungono di chiedere il trasferimento. Ci sono casi di prof malati che hanno girato anche 12 scuole. Mentre una diagnosi tempestiva di inabilità al servizio avrebbe consentito di destinarli ad altro servizio, nell’amministrazione o nelle biblioteche.

Lo stipendio inadeguato del Ds

da La Tecnica della Scuola

Lo stipendio inadeguato del Ds

Il 4 dicembre 2014 si è svolta davanti al Miur la manifestazione nazionale  convocata dalle organizzazioni sindacali rappresentative dell’Area V, Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals Confsal e Anp Cida.

La manifestazione èstata organizzata per ottenere: il ripristino dei livelli della retribuzione di posizione e risultato dei dirigenti, la restituzione al Fondo unico nazionale delle risorse dei dirigenti (RIA) indebitamente sottratte, la riapertura della contrattazione

A tal proposito navigando sul web si possono trovare amare riflessioni di neo Ds che quantificano il loro stipendio mensile netto intorno a circa 2.600 euro, con un incremento di soli 800 euro rispetto all’ultimo stipendio percepito da insegnante.

Di contro però il carico lavorativo è sicuramente maggiore come si evince da alcuni post che dicono: “Lavorano dal lunedì al sabato, senza giorno libero, con una media di 8 ore al giorno. Hanno responsabilità da far tremare i polsi, impegni e scadenze pressanti. L’Amministrazione spesso li lascia soli. Il contenzioso nelle scuole è in crescita esponenziale e deve essere il dirigente a gestirlo, sia perché è rappresentante legale dell’istituto autonomo, sia perché gli Usr e la stessa avvocatura dello Stato delegano il Ds a ‘rappresentare e difendere’ l’Amministrazione in tribunale. Il Ds fa la trottola in auto tra i vari plessi, i vari uffici, i vari enti locali e i vari tribunali senza alcun rimborso spese. Per non parlare dell’uso del proprio cellulare… insomma, ci vuole un fisico bestiale, una calma di ferro, saper essere equilibristi e avere tanta ma tanta passione e spirito di sacrificio“.

Altri commenti sulla stessa linea affermano: “Per uno strano caso del destino i dirigenti scolastici sono i responsabili di tutto e del contrario di tutto: successo formativo, educativo e pedagogico degli allievi, efficacia ed efficienza del servizio, azione disciplinare, sicurezza sul posto di lavoro, privacy, bilancio, incombenze AVCP (agenzia vigilanza contratti pubblici), trasparenze varie ecc. Il Ds è manager, leader, faro educativo e non si sa che altro. Deve realizzare il meglio del meglio con risorse disponibili pari spesso allo zero. Deve addirittura moltiplicare i pani e i pesci dovendo pagare i supplenti talora senza avere i soldi necessari”.

Ricordiamo però che tutte le retribuzioni del reparto scuola sono ai minimi storici e necessitano al più presto di un doveroso adeguamento al costo della vita.

Presentazione degli esiti della consultazione sulla Buona Scuola, il 15/12

da tuttoscuola.com

Presentazione degli esiti della consultazione sulla Buona Scuola, il 15/12

Il 15 dicembre alle ore 16,30 presso la Sala della Comunicazione del MIUR (Roma, Viale Trastevere n.76/A), il Ministro Giannini illustrerà i risultati della consultazione su “La Buona Scuola”. Ne dà notizia lo stesso Ministero in un invito stampa ai giornalisti e agli addetti ai lavori.

L’iniziativa, partita lo scorso 15 settembre, si è conclusa il 15 novembre a Matera, Capitale europea della Cultura per il 2019.

Sulla base di quanto emerso dai questionari compilati e dalle proposte presentate, si delineerà il prosieguo del piano governativo sulla riforma del settore.

A seguire, a partire delle ore 18.00, è previsto un dibattito sullo stesso tema alla presenza di esperti.

Nella stessa giornata, a partire dalle ore 14.00 e sino alle 20.00, sempre all’interno del Miur sarà anche allestita “LaBuonaScolaLabs Arte, Musica, Digitale. Laboratori in mostra al @MiurSocial”.

L’evento sarà seguito in live streaming su www.cultura.rai.it e su www.istruzione.it.

Dall’11 dicembre il congresso dell’ANP

da tuttoscuola.com

Dall’11 dicembre il congresso dell’ANP

Si apre domani giovedì 11 dicembre 2014 a Roma, presso l’Ergife Palace Hotel di Via Aurelia, 619, il X Congresso Nazionale ANP, alla presenza di quattrocento congressisti dirigenti e docenti provenienti da tutta Italia. Ne dà notizia l’organizzazione di rappresentanza.

La convention, dal titolo “Accelerazione nella coerenza” – spiega l’associazione -, sarà un’importante occasione per la definizione delle politiche scolastiche per il futuro, a cominciare dal rilancio dell’autonomia scolastica e dalla ridefinizione delle modalità organizzative del lavoro all’interno delle istituzioni scolastiche.

I lavori del X Congresso ANP avranno luogo a Roma nei giorni 11, 12, 13 e 14 dicembre 2014. La mattina di venerdì 12 dicembre 2014 si avrà la sessione pubblica del Congresso.