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Si possono reperire fondi attraverso la concessione della palestra?

Si possono reperire fondi attraverso la concessione della palestra?

di Gennaro Palmisciano
Dirigente Ispettore Tecnico

 

La stringente limitatezza delle risorse finanziarie disponibili per le scuole autonome ha stimolato la ricerca di fondi attraverso strategie di fundraising e di sponsorizzazione. I tentativi delle scuole di esperire modalità “creative” nella raccolta di fondi da famiglie e privati afferiscono alla necessità di mantenere standard di qualità e di garantire esperienze ed attività, che ormai incontrano nella loro realizzazione crescenti difficoltà economiche, in taluni casi insormontabili per un’impresa sociale come l’istituzione scolastica autonoma.

Ha suscitato qualche eco sulla stampa nazionale la sentenza con cui il TAR Puglia (n. 4312 del 28 dicembre 2010) si è pronunciato sulla delicata materia delle sponsorizzazioni di arredi scolastici, ritenendola legittima come principio.

Diverso, però, appare il caso dei bandi emanati da alcune istituzioni scolastiche per la concessione delle palestre scolastiche. L’ente locale proprietario è, in effetti, l’unico titolare sia del potere regolamentare sia di quello concessorio in materia. Autonomia scolastica non significa ogni potere di azione, ma piuttosto la possibilità di determinare la soluzione didattica, gestionale e organizzativa, nel rispetto delle norme e delle altrui competenze, più funzionale al successo formativo in quella istituzione scolastica.

Il punto di riferimento normativo è rappresentato dall’art. 96 del D.Lgs. 297 del 1994, in cui è indicata la complessa procedura della utilizzazione da parte dell’ente proprietario dei locali della scuola e della loro concessione a terzi, in orario extrascolastico, per attività che realizzino la funzione culturale, sociale e civile propria dell’istituzione scolastica.

Al comma 1 viene stabilito che “per lo svolgimento delle attività rientranti nelle loro attribuzioni, è consentito alle regioni e agli enti locali territoriali l’uso dei locali e delle attrezzature delle scuole e degli istituti scolastici dipendenti dal Ministero della Pubblica Istruzione, secondo i criteri generali deliberati dai Consigli scolastici provinciali ai sensi della lettera f) dell’art. 22”.

E al comma 4: “Gli edifici e le attrezzature scolastiche possono essere utilizzati fuori dell’orario del servizio scolastico per attività che realizzino la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile; il comune o la provincia hanno facoltà di disporne la temporanea concessione, previo assenso dei consigli di circolo o di istituto, nel rispetto dei criteri stabiliti dal consiglio scolastico provinciale”.

Dunque, sotto il profilo procedurale l’ente locale, in riferimento alle richieste delle società sportive, acquisisce il parere del Consiglio di istituto e, se favorevole, dispone la concessione della palestra in orario extrascolastico secondo i criteri generali deliberati dal Consiglio scolastico provinciale.

L’atto concessorio del comune o della provincia deve “stabilire le modalità dell’uso e le conseguenti responsabilità in ordine alla sicurezza, all’igiene e alla salvaguardia del patrimonio” (comma 5).

Alcuni Consigli Scolastici Provinciali (CSP) hanno a suo tempo deliberato che, a seguito dell’atto concessorio dell’ente locale, sia stipulata tra l’istituzione scolastica e il concessionario una apposita convenzione che precisi, con riguardo alla concreta situazione, le modalità d’uso e le connesse responsabilità.

Indipendentemente dalla previsione della delibera del CSP, si è dell’opinione che una tale convenzione sia quanto mai opportuna, anche per prevenire e regolamentare l’eventuale contenzioso che può derivare dall’uso dei locali da parte di terzi (pulizia locali, spese di ripristino a seguito di danneggiamenti provocati dalla società sportiva, ecc.) e per ribadire l’esonero delle responsabilità del dirigente per l’utilizzazione della palestra da parte della/e società.

E’ anche possibile che sia l’istituzione scolastica a disporre essa stessa la concessione in uso della palestra a terzi con acquisizione del relativo canone, ma è necessaria una preliminare convenzione o protocollo d’intesa con l’ente proprietario.

Sotto il profilo procedurale, il riferimento normativo è rappresentato dall’art. 50 del D.I. 44 del 1/2/2001. Esso stabilisce che può essere concessa a terzi l’utilizzazione temporanea dei locali della scuola (comprese le palestre) forniti dall’ente locale competente, previa deliberazione da parte del consiglio di istituto dei “criteri e limiti” di cui all’art. 33 comma 2 lett. c) dello stesso decreto 44/2001, a condizione che ciò sia compatibile con la destinazione a compiti educativi e formativi. Con la concessione temporanea in uso di locali e beni della scuola l’utilizzatore si assume la responsabilità della custodia del bene e risponde a tutti gli effetti di legge delle attività e delle destinazioni dei beni stessi, tenendo nel contempo la scuola e l’ente proprietario esenti dalle spese connesse all’utilizzo.

Determinante per concedere l’uso dei locali scolastici è la stipula di una convenzione tra l’istituzione scolastica e l’ente locale in cui siano specificate le condizioni a cui la scuola deve attenersi nel disporre la concessione dei locali (durata, assicurazioni, obblighi del concessionario). Si dovrà dunque tener conto della condizioni stabilite dallo stesso art. 50 del D.I. 44/2001 e dei criteri deliberati dal Consiglio di Istituto ai sensi dell’art. 33 c. 2 lett. c) dello stesso Decreto. Pertanto il procedimento di concessione dei locali scolastici a terzi deve effettuarsi attraverso i seguenti passaggi:

1) Convenzione tra ente locale e istituzione scolastica sulle modalità di utilizzo dei locali scolastici;

2) Delibera del consiglio di istituto sui criteri e limiti da rispettare per il dirigente scolastico nell’atto di concessione;

3) Atto di concessione del dirigente scolastico contenente il contratto con le modalità di utilizzo dei locali per il terzo concessionario e delle attrezzature in essi allocate.

In questi ultimi anni molte Province, per le istituzioni scolastiche di secondo grado, hanno dato la possibilità a queste di effettuare direttamente la concessione in uso delle palestre, finalizzando le cifre acquisite a spese di manutenzione varia e acquisto degli arredi di competenza dell’ente stesso.

In merito poi allo spinoso problema della sicurezza si precisa che il Dirigente, datore di lavoro in materia di salute e sicurezza nella scuola, è tenuto a redigere il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) di tutti gli ambienti, palestra compresa, con le annesse misure di prevenzione protezione, esclusivamente in relazione alle attività svolte dagli alunni e dagli operatori scolastici. Spetterà, invece, ai responsabili dei gruppi sportivi esterni effettuare le loro valutazioni sui rischi presenti in palestra al fine di predisporre le conseguenti misure di prevenzione e protezione che si reputano necessarie (si ritiene pertanto che essi non beneficino dell’art. 32 del D.Lgs. 69/2013). E’ opportuno che il DS richieda all’associazione copia di tale documento contenente anche l’organigramma della sicurezza con indicate le persone addette all’emergenza, all’antincendio ed al primo soccorso.

Diverso è il discorso relativo al Piano di evacuazione delle palestre. Si reputa infatti opportuno che, affinché i rappresentanti legali delle società sportive possano informare adeguatamente i loro iscritti, il Dirigente scolastico, con tanto di firma per ricevuta, consegni agli stessi titolari una copia del “Piano di evacuazione” riferito alla palestra utilizzata, compresa la planimetria indicante le vie di esodo, l’ubicazione degli estintori, degli idranti, della cassetta di pronto soccorso, e l’indicazione del punto di raccolta, per consentire alle persone presenti, se necessario, di poter intervenire utilizzando i presidi antincendio e/o i presidi di pronto soccorso e, comunque, di porsi in condizioni di sicurezza in caso di emergenza. Ciò è necessario tanto più se le associazioni sportive utilizzano gli spalti con l’accesso del pubblico. Nulla tuttavia può essere imputato alla scuola durante le manifestazioni sportive avvenute in qualunque momento, domenica compresa. La responsabilità grava tutta sui rappresentanti della società sportiva.

Si ritiene opportuno che nella convenzione relativa all’utilizzo delle palestre venga precisato che “gli utenti rispondono di qualsiasi infortunio a persone e di danni a cose che dovessero verificarsi durante l’utilizzo degli impianti sollevando l’amministrazione locale e quella scolastica da qualsiasi responsabilità”. Pertanto degli eventuali infortuni occorsi agli iscritti ai gruppi sportivi o dei danni provocati dagli stessi alle attrezzature o alle suppellettili della palestra, nel periodo delle attività svolte in orario extrascolastico, ne risponderanno personalmente i rappresentanti legali delle rispettive società sportive interessate. Il DS dovrà far accertare dal collaboratore scolastico adibito alla palestra che ogni mattina lo stesso locale, compresi gli spogliatoi, sia perfettamente presentabile alla fruizione degli alunni sia dal punto di vista della sicurezza delle attrezzature (per es. controllo che le spalliere siano sempre ben fisse alle pareti, ecc.) sia dal punto di vista igienico. Nel caso in cui si dovessero riscontrare recidive anomalie, provocate da qualche gruppo sportivo esterno, che possono pregiudicare il buon funzionamento e/o l’utilizzo delle strutture sportive da parte degli alunni, il Dirigente scolastico può in qualsiasi momento ritirare l’assenso all’utilizzo dell’impianto e richiedere all’ente locale la sospensione dell’attività. Tale richiesta dovrà risultare vincolante per l’ente stesso che provvederà automaticamente a sospendere l’attività.

Pertanto, in conclusione, solo nel caso di una preliminare convenzione o di un protocollo d’intesa con l’ente proprietario l’istituzione scolastica può emanare un bando per la concessione della palestra. In alternativa, i bandi vanno ritirati, mediante un atto di ritiro, le concessioni eventuali revocate e, ove ne sussistano i presupposti, i dirigenti scolastici devono perfezionare intese con gli enti locali proprietari.

Quattro sintomi per la diagnosi del male della scuola

Quattro sintomi per la diagnosi del male della scuola

di Enrico Maranzana

Il sussidiario.net  affronta quotidianamente problematiche scolastiche.

Gli scritti pubblicati nel periodo 9..11 marzo sono carichi di significato. Gli autori, portatori degli interessi di settori diversi, formulano proposte  che hanno un tratto unificante: l’elusione dei vincoli posti dal sistema delle regole scolastiche.

Sono carichi di significato in quanto infrangono un principio base del trattamento di problemi complessi, categoria d’appartenenza di quelli educativi: il procedere per raffinamenti successivi. Le decisioni assunte ai diversi livelli di responsabilità devono essere conformi a quanto elaborato negli ambiti sovraordinati.

E’ carico di significato anche il fatto che i miei commenti, inizialmente pubblicati dal giornale, sono stati rimossi nel momento in cui le osservazioni critiche hanno coinvolto un ente che gravita nell’area ideologica de ilsussidiario.net.

Gianni Zen [8/3 – Scuola & Renzi – Bene rifare i muri ma non dimentichiamo le persone in carne e ossa] propone il punto di vista dei dirigenti scolastici.

Trascrivo il commento che ho trasmesso: “I sistemi complessi non si possono governare dal centro ..” è il principio su cui è stato concepito il DPR sull’autonomia scolastica, un postulato disatteso, un assunto occultato da chi continua a vagheggiare di ipotetici riordini. E’ sufficiente aprire un POF per constatare come “la progettazione educativa, sostanza dell’autonomia” non abbia intaccato il secolare tran-tran gestionale. [In rete “L’autonomia scolastica, un’araba fenice” indica quali sarebbero i caratteri della vita scolastica se la legge non fosse stata sistematicamente elusa]. E’ sufficiente leggere il paragrafo valutazione  per accertare come il sistema scolastico non sia orientato allo “sviluppo delle capacità e delle competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche”, ma rimanga saldamente ancorato alle discipline, privilegiando quelle “di base”.   Una criticità devastante: come si può governare una scuola se il feed-back (capitalizzazione degli scostamenti risultati attesi-esiti) non è praticabile per la mancata definizione degli obiettivi? All’origine di tale anomalia sono da collocare i dirigenti scolastici che rigettano il principio di distinzione fra le funzioni di governo e quelle della dirigenza [in rete “Quale formazione per i dirigenti scolastici?”] e ripropongono organigrammi piatti, con a cardine la loro persona, indifferenti al fatto che l’abbattimento della complessità formativa/educativa implica l’incrocio delle responsabilità”.

Antonio Cocozza [9/3 – E se pensassimo a un nuovo Testo Unico?] coordinatore dell’Osservatorio sulla scuola dell’autonomia mostra quanto vede dalla sua piattaforma.

Di seguito riporto la mia risposta: “E’ sorprendente il fatto che il problema scuola non trovi puntuale definizione: le ipotesi di intervento sono formulate avendo a fondamento la gestione scolastica corrente, la scuola in atto.  Una scelta scriteriata. Presumere che la cause prima del fallimento delle innovazioni introdotte dal legislatore derivi dalle idee che le hanno generate ha un unico significato: occultare le barricate erette per evitare cambiamenti. Se si riflettesse sul fatto che l’istituzione è stata ribattezzata  SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E DI FORMAZIONE per affermare unitarietà, finalizzazione, interdipendenza sinergica dei processi, essenzialità del controllo .. si illuminerebbero le zone d’ombra in cui si annidano i responsabili del disservizio.  Un solo esempio è sufficiente per far emergere la superficialità dell’ordinario procedere:  l’on. S. Giannini ha presentato un disegno di legge sulla governance [DDL 933]. Un intervento elaborato per il limite dei decreti delegati del 74 derivante dal  “carattere assembleare e quasi sempre non all’altezza degli organi collegiali, a partire dalle assemblee studentesche e dai consigli di classe e di istituto, di fatto esautorati dall’eccessivo formalismo centralistico”. Una visione figlia dal sentire comune, che non deriva dall’analisi del testo della legge i cui fondamenti sono la dottrina scientifica e la cultura moderna che, nel concetto di sistema, trova l’architrave [CFR in rete – Coraggio! Organizziamo le scuole].”

Claudio Gentili [10/3 – Perché il corriere difende gli interessi corporativi?] illustra la visione confindustriale di cui dirige il settore education.

Ecco la mia riflessione critica: “Si può impedire ai nostri figli di avere insegnanti e  presidi giovani e preparati” è una domanda fuorviante, una questione che banalizza il problema scuola. I nodi da sciogliere sono ben altri. Perché nelle scuole non ci sono mansionari? Eppure non esiste complesso organizzato che non espliciti l’oggetto del mandato conferito ai lavoratori e che non consideri la valutazione come stato conclusivo di un processo progettuale che soppesa lo scostamento  tra gli obiettivi programmati e i risultati conseguiti. Non esiste complesso organizzato che non abbia definito la propria struttura decisionale ricorrendo ai dettami delle scienze dell’amministrazione: la scuola vive nel passato, abbarbicata all’obsoleto, inadeguato e inefficace modello gerarchico-lineare che la legge, inascoltata, ha abbandonato da decenni. Anche l’auspicato dimagrimento  di viale Trastevere occulta lo stato delle cose.  Se si fosse aperto un Pof, casualmente scelto, si sarebbe constatato che l’inefficacia delle norme sull’autonomia delle istituzioni scolastiche ha una precisa e manifesta origine. “La progettazione educativa, formativa e dell’istruzione, sostanza dell’autonomia delle istituzioni scolastiche”,  non è praticata. Il medico competente osserva i sintomi delle malattie e li interpreta riportandoli all’interno d’una struttura concettuale scientificamente definita.

Fabrizio Foschi [11/3 – Ministro, la formazione dei prof funziona meglio senza centralismo] Presidente nazionale dell’associazione Diesse, operante nel campo della didattica, dell’innovazione scolastica e della formazione dei docenti, invia alcuni suggerimenti al ministro  Giannini.

Il mio commento è stato:”Tutti parlano di scuola .. ma a ruota libera: lo scritto di F.Foschi, come quelli apparsi su questo foglio nei tre giorni precedenti, si sviluppa al di fuori sia del campo definito dalla legge sia della cultura del mondo contemporaneo.  Gli indirizzi di cambiamento auspicati sono assurdi: decentramento e facoltà di compiere scelte, sono i caratteri salienti della normativa vigente.  La proposta oggi formulata sulla formazione dei docenti non ha come riferimento la struttura operativa dell’istituzione scuola. La legge ha definito la professionalità dell’insegnante e l’ha caratterizzata con le competenze relative alla progettazione formativa, alla progettazione educativa, alla progettazione dell’istruzione, alla progettazione dell’insegnamento, itinerari che gli accademici non hanno mai percorso.

Semplicemente?

Semplicemente?

di Claudia Fanti

Ministro Giannini: «La valutazione è utile se viene considerata come strumento di governo con l’introduzione di operazioni premiali e di penalizzazione altrimenti è solo un esercizio stilistico come tanti altri», ha ammonito, «ed è da mettere in atto dopo aver sentito tutte le componenti della scuola per arrivare a distinguere chi lavora tanto da chi fa semplicemente il suo dovere».” (ItaliaOggi 11/03”014)

Semplicemente!

Che avverbio semplice, facile, quasi dolce nel suo significato di facilmente comprensibile, liscio come l’olio…ma scivolosissimo!

Allora signora ministro, forse non ha ben letto la situazione pur avendo studiato tanto dal giorno del suo insediamento: proviamo a ricordare a noi (che abbiamo la memoria corta e siamo intorpiditi fino al silenzio) e a lei (ma lei quasi quasi ha meno colpa di noi perché non c’era fra i banchi mentre le cosiddette riforme ci stendevano prone e supine!).

Vediamo di spiegare il suo “semplicemente” cosa sia oggi:

1. sostituirsi a vicenda nel caso delle assenze (sono state praticamente eliminate le compresenze)
2. avere cura di ogni bambino/a in classi che superano i 25 alunni/e anche in presenza di disagi di vario tipo
3. tenere i rapporti con le unità sanitarie locali (che non hanno risorse) per i numerosi casi “difficili” presenti nelle classi
4. avere un dialogo costante (anche nascosto, quindi non computabile in ore dichiarate per via di situazioni delicatissime in mano ai tribunali) con papà e mamme che vivono esistenze di complessa gestione
5. non dormire la notte per ricercare soluzioni studiando testi di psicologia, sociologia, ecc…per trovare risposte ai casi presenti in ogni classe e in aumento esponenziale, viste le condizioni di vita sempre più difficli delle relazioni parentali e della situazione economica
6. sostenere le proprie classi con spese personali per compensare carenza di materiali di facile consumo (i pc non li nomino neppure per non cadere nel ridicolo)
7. lavorare in aule senza aria e che non consentono spostamenti di banchi e sedie per via dello spazio insufficiente
8. preparare attività sempre diverse e creative in modo da non far calare la motivazione all’interno delle situazioni qui precedentemente descritte
9. a casa usare i propri strumenti tecnologici per fare fotocopie, stampare, ricercare, studiare (a scuola non si può: siamo in troppi con strumenti assolutamente insufficienti o inesistenti)
10. raggiungere il proprio posto di lavoro, anche lontano spendendo i propri soldi per trasporti e/o benzina
11. l’ammalarsi e pagarsi una tassa sulla propria malattia, magari una di quelle considerate “professionali”
12. permanere in servizio oltre i 60 anni esponendo se stesse all’umiliazione di non farcela e al contempo vedere i precari che stanno sacrificando la propria “semplice” vita “semplicemente” invisibile.

La 13^  descrizione la riservo per dirle che “il resistere” alle cosiddette riforme degli ultimi anni è stato ed è “un in più” al lavoro “semplice” che facciamo e che riteniamo assolutamente da premiare proprio per questo suo essere semplice e totalizzante. Si ricordi, signora ministro, che il nostro “semplice dovere” è prestare cura e attenzione ai singoli, e i singoli, se vogliamo fare “semplicemente” il nostro dovere,    presuppongono una totale abnegazione che non può essere spesa in altro, pena l’abbassamento del livello di cura, e qui alludo al fatto che per i ministri degli ultimi anni è stato considerato un dovere fare altro dall’insegnare. Un errore che stanno pagando in particolare i ragazzi, i quali si sono trovati a subire un sistema sempre più diretto a verificare, misurare e testare, anziché ascoltare, studiare, ricercare, sostenere, conversare, dialogare, riflettere in modo significativo sulla vita.

…E …soltanto grazie a insegnanti resistenti della scuola statale spesso si sono salvate situazioni a rischio.

Governance ed autonomia

Governance ed autonomia. Il DDL S933. E’ davvero necessaria una riforma?

di Cinzia Olivieri

 

C’è più di un motivo per parlare della scuola partendo dalla questione della governance  e la relazione introduttiva al Ddl S933 (presentato il 9 luglio 2013 ed assegnato il 16 dicembre 2013 in VII^ Commissione Cultura Senato), d’iniziativa del ministro Giannini, offre molteplici spunti di riflessione.

 

Le emergenze del sistema scolastico e la loro soluzione

Il disegno di legge, intitolato “Norme per una nuova governance delle istituzioni scolastiche autonome”,  infatti,  sarebbe urgentemente necessitato dall’emergenza in cui versa il nostro sistema scolastico, testimoniata da: “la dispersione scolastica, il bullismo, le classi sovraffollate, gli edifici scolastici non in sicurezza, i giovani inoccupati, i risultati scolastici inferiori nei raffronti internazionali dell’OCSE, la carenza di giovani adeguatamente formati per il mercato del lavoro, l’analfabetismo di ritorno, i docenti demotivati, l’indebolimento generale del tessuto culturale del Paese”.

Ebbene non vi è dubbio che le problematiche della scuola siano molteplici e da tempo note, ed a questa elencazione non esaustiva si possono aggiungere ancora le questioni del contributo volontario e la carenza di risorse umane ed economiche, tuttavia è poco credibile ipotizzare che tutto ciò possa trovare soluzione, pure in minima parte, attraverso la modifica del governo della scuola.

 

Quali necessità di riforma e per quale scuola

Il rinnovamento si renderebbe comunque necessario altresì per adeguare ai cambiamenti costituzionali, a seguito della riforma del titolo V e della sopraggiunta autonomia, la governance della scuola statale. Tale ultima evidenziata qualificazione è ribadita a conclusione della relazione introduttiva, dove è precisato che il disegno di legge intende proprio delineare una  “nuova governance delle istituzioni scolastiche statali”.

Invero, una delle modifiche del ddlS933 rispetto ai precedenti è costituita dal reiterato richiamo, introdotto nel testo, al principio costituzionale della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie, che sarebbe stato trascurato in particolare dalle precedenti formulazioni dell’articolo 7 (il quale per la verità è dedicato alla partecipazione di studenti e famiglie e non ne fa menzione tuttora).

In realtà non è chiaro come la libertà di scelta educativa possa essere compromessa da norme disciplinano il funzionamento degli organi collegiali, soprattutto laddove il riconoscimento della parità di cui alla L.n.62/00, come ribadito dalla CM 15 n. 163/00, è certo subordinato alla dichiarazione che nella scuola siano istituiti organi collegiali che garantiscano la partecipazione democratica – in particolare nell’elaborazione del POF e nella regolamentazione dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti secondo il D.P.R. n. 249/98, ma senza che sia prevista l’integrale applicazione del Titolo primo del Testo Unico.

 

Il disinteresse per la partecipazione. Quale autonomia per una scuola senza risorse?

Ancora una volta, a legittimare il cambiamento,  interviene il consueto richiamo alla caduta di interesse per la  partecipazione, che sarebbe stato determinato “del carattere assembleare e quasi sempre non all’altezza degli organi collegiali, a partire dalle assemblee studentesche e dai consigli di classe e di istituto, di fatto esautorati dall’eccessivo formalismo centralistico e dalla limitatezza delle risorse finanziare a disposizione”.

Premesso che un’assemblea ha per definizione carattere assembleare, questa è anche la normale caratteristica di ogni organo collegiale, in cui più persone fisiche partecipano alla formazione di deliberazioni attribuite ad un collegio (come consigli, giunte ecc.).

Se poi per “non all’altezza” si intende la scarsa informazione, non solo di genitori e studenti ma anche delle altre componenti della scuola, la questione non si supera con una modifica quantitativa della composizione dell’organo o dei compiti ad esso attribuiti, ma con una adeguata formazione.

In realtà le cause della caduta partecipativa sono state analizzate da tempo, ma sono mancati interventi per superarla. Tra queste, non solo la predetta carenza informativa ma anche il senso di inutilità di una partecipazione sempre avversata ed ostacolata. Partecipare significa essere parte di un processo, non mero spettatore.

Appare poi quanto meno inopportuno, ora che, a seguito dei tagli, la principale risorsa finanziaria per il funzionamento è fornita dalle famiglie, limitarne la partecipazione nelle decisioni relative al suo utilizzo.

Ma che senso ha l’autonomia in una scuola senza risorse? La scuola non può essere assimilata in tutto ad un ente territoriale. Basta pensare che non  ha capacità impositiva, come ribadito dalla nota prot. 593/13 (1).

La prevista autonomia statutaria inoltre è già sperimentata nella sola provincia autonoma di Trento, dove la legge provinciale 5/06 ha richiesto l’emanazione successiva di numerosi decreti attuativi.

Il modello adottato a Bolzano con la LP 12/00 e la LP 20/95, invece, è molto simile al nostro attuale.

Perché, prima di proporre una innovazione, non guardare a queste esperienze? Entrambe prevedono la Consulta dei Genitori, sebbene con funzioni e composizione diversa. Da noi invece il sistema partecipativo appare privo di un arto essenziale (2).

La governance non può essere disciplinata diversamente tra scuola e scuola. E’ una questione di interesse generale. Quale valore cogente potranno mai avere poi gli statuti dell’istituzione se già oggi non c’è alcun garante della corretta applicazione dei regolamenti interni se non gli organi della scuola stessa? Anche questo determina la caduta partecipativa. Il disinteresse non è solo di chi (non) partecipa. Da tempo, invero, l’Ufficio VIII della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica, che ha competenza sugli Organi collegiali e CNPI, è privo di dirigente.

 

Dagli “organi collegiali” alla “governance”

Sempre nella relazione introduttiva al disegno di legge S933, si legge che esso si propone  un “ammodernamento del sistema educativo, coerente con il processo autonomistico, avviato con l’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che ridefinisce gli organi collegiali interni come organi di governo”. È per questo che piuttosto che di riforma degli “organi collegiali” si preferisce parlare di  nuova “governance”?

Il suddetto art. 21 non parla espressamente di “organi di governo” e per la verità lascia impregiudicati gli organi collegiali a livello di istituto, ma prevede la necessità di disciplinare l’autonomia organizzativa e didattica (e pertanto è seguito il dpr 275/99), adeguare la disciplina relativa ai requisiti dimensionali ottimali per l’attribuzione della personalità giuridica e dell’autonomia alle istituzioni scolastiche (soddisfatta dal dpr 233/98),  nonché quella in materia di contabilità (elaborata con il DI 44/01). Dunque l’ammodernamento c’è già stato esaustivamente.

Piuttosto, il summenzionato articolo contemplava la delega al Governo ad emanare, entro un anno dalla entrata in vigore della legge, un decreto legislativo di riforma degli organi collegiali territoriali. Il dlgs 233/99 però non è mai entrato in vigore, poiché, per sua stessa previsione (art. 8 comma 1), solo con l’insediamento dei nuovi organi avrebbero dovuto cessare di esistere i vecchi (come ribadito da ultimo dall’art.6 L. 463/01) né sono stati emanati i decreti attuativi. E’ seguita una lunga prorogatio con la sospensione delle elezioni delle componenti elettive, progressivamente svuotate in particolare nei consigli scolastici distrettuali e provinciali, i quali poi sono stati anche privati di risorse finanziare ed umane nonché esautorati nelle competenze. Il CNPI sopravviveva, sempre prorogato fino al 2012. Dal 2013 ha cessato la sua attività, smettendo anche di rendere i previsti pareri obbligatori, necessari per l’adozione di numerosi atti.

Di recente, tuttavia, il Consiglio di Stato ha confermato  la sentenza del Tar Lazio che – a seguito del ricorso presentato dalla FLC CGIL – aveva obbligato il MIUR ad adottare l’ordinanza, prevista dall’art. 2, comma 9, del d.lgs. n. 233/99, per regolare l’elezione e la composizione dei componenti del (solo) Consiglio superiore della pubblica istruzione. Non si sa cosa accadrà, ma tutto ciò è chiara testimonianza del disordine normativo e soprattutto dell’indifferenza istituzionale per la partecipazione. Appare adeguatamente motivata anche da questo la caduta partecipativa.

Peraltro il ddlS933 non risolve la questione anche della territorialità giacché rimette a futuro regolamento l’istituzione del Consiglio nazionale delle autonomie scolastiche (art.11), senza genitori e studenti, mentre lascia alle Regioni la possibilità di istituire delle Conferenze in merito alla cui composizione e durata potranno decidere ciascuna autonomamente.

 

La presidenza al dirigente

Il ddlS933 assegna la  presidenza del consiglio dell’autonomia al dirigente scolastico, sul presupposto che quella del genitore non fosse in linea con l’articolo 25 del Dlgs  n. 165/01, nonché con l’articolo 4 del Dlgs  n. 150/09 (e poco dopo con l’art. 40 della stessa legge). In realtà c’è in tal caso una carente motivazione giacché non sono chiare le ragioni di tale asserito contrasto. Ciò che è certo è che l’art. 25 del dlgs 165/01, non modificato dalla L 150/09,  ribadisce anch’esso che i “nuovi” autonomi poteri del dirigente sono esercitati “Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici”. Inoltre se gli organi delle istituzioni scolastiche devono essere organizzati, come si afferma, sulla base del principio della distinzione tra funzioni didattico-educative (proprie del consiglio dei docenti), funzioni di indirizzo (del consiglio dell’autonomia) e funzioni di gestione (del dirigente), attribuendo a quest’ultimo la presidenza del consiglio, la distinzione sostanzialmente viene meno. Se si aggiunge poi che per l’esercizio di molti dei compiti pdel consiglio stesso è richiesta la “necessaria la proposta del dirigente scolastico” (art. 3), a maggior ragione l’interesse per la partecipazione verrebbe meno anche in questo caso.

 

Le associazioni dei genitori

Sorprende poi l’affermazione che le modifiche proposte siano scaturite anche “da alcune considerazioni espresse dalle associazioni nazionali dei genitori e delle rappresentanze del mondo della scuola statale e paritaria. Nel rispetto di ogni diversa opinione sembra legittimo comunque affermare che sulla partecipazione dovrebbero essere chiamati ad esprimersi ed essere consultati altresì i genitori che sono impegnati negli organi collegiali.

 

Come si ascolta il popolo della scuola?

Mentre il presidente del consiglio Renzi afferma la necessità di ascoltare il “popolo della scuola” annunciando la possibilità di un “filo diretto” e segnalare problematiche alla casella di posta, il ministro Giannini manifesta il proprio scetticismo sulla Consultazione che era stata prevista a breve dall’ex ministro Carrozza (3).

Occorrerebbe chiedere se la scuola, in conclusione, tra tanti problemi abbia davvero urgente bisogno di una nuova governance. O forse questa rappresenta solo la cosa più semplice da rinnovare? Un apparente quanto inutile rinnovo, perché è evidente che non sia questa la strada risolutiva. Basterebbe già solo riordinare le frammentate, molteplici  norme adeguandole anche terminologicamente ai cambiamenti intervenuti; collegare e formare la rappresentanza, ora isolata e non informata; ripristinare la territorialità. E soprattutto occorre rafforzare la cogenza delle disposizioni in materia di partecipazione, perché questa vuota (in particolare sotto il profilo economico) autonomia non rischi di trasformarsi in una sorta di anarchia senza controllori.

(1)  Contributo scolastico: obblighi, trasparenza,  buone pratiche  e opportunità  – Rivista dell’Istruzione n. 3 – 2011 Ed. Maggioli

(2)  La Consulta provinciale dei genitori – Rivista dell’Istruzione n. 6 – 2010 Ed. Maggioli

(3)  Tecnicadellascuola.it Renzi e Giannini: opinioni divergenti sulla scuola?;  Renzi: segnalatemi i problemi della scuola a matteo@governo.it

Al supermercato della droga

AL SUPERMERCATO DELLA DROGA

di Vincenzo Andraous

Ecco la vulgata farsi avanti, questa volta il trambusto e il rumore di accompagnamento alla richiesta di poter “farsi” è davvero ridondante.
La Consulta ha abrogato la legge Giovanardi-Fini che regolava la materia della droga e delle tossicodipendenze, per cui ora tra chi fuma uno spinello e chi si buca o sniffa cocaina esisterà una grande differenza, d’ora in poi anche la legge tornerà a tenere conto di queste diversità.
La Corte Costituzionale ha infatti “bocciato” la legge Fini-Giovanardi che equipara droghe leggere e pesanti: nella norma di conversione furono inseriti emendamenti estranei all’oggetto e alle finalità del decreto.
E’ tempesta mediatica senza precedenti, come la confusione dialettica tra  significati ben diversi  e distanti, infatti per chi scrive non esiste una droga normale, una droga che fa bene, una droga buona e un’altra cattiva, più semplicemente esiste la droga che fa male.
A sentire esperti e specialisti, il carcere verrà riequilibrato, risolto il  problema endemico dell’Amministrazione Penitenziaria dal sovraffollamento, fatti uscire dalle gabbie migliaia di detenuti, perché adesso è sancita la mistura peregrina per autorizzare una droga leggera, quindi finalmente accettabile.
Quando c’è un grave momento di crisi, trapasso di usi e costumi, l’idea salvifica sta nel rigurgito di vecchie richieste liberticide, che in sintesi vorrebbero significare il comando a dare a ogni singolo individuo adulto la possibilità di scegliere di drogarsi o meno, di dire e fare della propria salute, nonché della propria vita.
Questo pensiero parrebbe esprimere rispetto per le scelte individuali,  invece non è così,  somiglia di più a un inseguimento circolare, meccanico, che riporta al punto di partenza, sempre che ci si arrivi, incolumi, a quel nastro di avvio, in barba alle norme del diritto e di tutela della persona.
In gioco non c’è soltanto la salute e la vita, ma anche la libertà e l’esistenza degli altri, soprattutto degli innocenti, che spesso pagano dazi non  propri, quegli innocenti che rimangono spesso senza giustizia, senza sostegno per le lacerazioni imposte e ingiustamente subite.
Quando sento dire che la canna fa bene, oppure non fa male, non crea danni fisici-psichici collaterali, penso che scienza è non solo coscienza, per comprendere che i principi attivi sono cambiati, esponenzialmente superiori a ogni sopportabilità, che stordirsi equivale a non essere lucidi, né presenti, che sballarsi non è normale, come non lo è mai troncare gambe e vite a chi ci è prossimo.
Farsi le canne comporta il rischio di un progressivo uso di altre droghe, una riduzione-capacità cognitiva, di memoria, psicomotoria, alimentando ansia,  stress, depressione, i più formidabili nemici del tempo, nostro compagno di viaggio. 
Proibizionismo e antiproibizionismo non fanno servizio agli ultimi, non aiutano i più fragili, non accompagnano i più giovani a ben camminare, serve una norma che spinga al recupero della persona, non certamente un manifesto che  incita a sostenere “la libertà della droga, a discapito della  libertà dalla droga”.
Qualcuno mi ha risposto: non sempre finisce come è accaduto a te, non sempre si diventa fatti a vita o tossici, non sempre c’è sangue, assenza, tragedia in agguato, non sempre al divertimento si sostituisce la dipendenza, la patologia, la malattia.
Non amo il pensiero unico che non aiuta le persone, ma spacciare statualmente  significa usare le persone, renderle addomesticate, non certamente liberarle: fumare, calare, tirare, non è slancio in avanti che avvicina al traguardo, bensì allontana ulteriormente da ogni  forma concreta di autorealizzazione.
Fumare canne non fa bene: incidenti stradali, inciampi professionali, rese e abbandoni scolastici, sono dietro l’angolo, per non parlare del fatto che legalizzare non farà abbassare le utenze, il Giudice Borsellino lo ha spiegato bene, non è superata dal tempo passato la sua eredità intellettuale quando afferma che in questo modo  aumenteranno quelle pesanti.
Per chi come me svolge il proprio servizio in una comunità di servizio e terapeutica, a stretto contatto con i più fragili, con i tossicodipendenti,  non è difficile provare che il 90% di queste persone ha iniziato la propria discesa all’inferno scoprendo le droghe erroneamente definite, peggio, interpretate “leggere”. 
Ho l’impressione che il mondo adulto viva malamente la propria condizione di formatore e di guida, come se fosse sufficiente ridurre tutto a una nozione da trasmettere, invece no, non è così, occorre raccontarla la vita, soprattutto ai più giovani, raccontare che le anse non proteggono e le derive portano al macero.
Se non c’è automatismo tra chi fuma e chi sniffa, c’è sicuramente una correlazione e una contaminazione statistica che lo conferma.
Lo stato già vende alcol, tabacco, slot e gioco d’azzardo, perché farsi  tanti problemi? Proprio perché lo stato guarda ai capitolati e ai denari importanti per peso di ingresso, occorre mettersi di traverso. Conosco la fatica e la sofferenza che circondano le persone che stanno tentando di riprendersi la propria vita violentata dall’alcolismo, dalla ludopatia, dal tabagismo, c’è urgenza di mettersi a mezzo per non aggiungere altre lacerazioni a quelle che già ci sono.
C’ è perfino chi protesta per il ritiro della patente se trovato positivo al test per uso di sostanze, una canna non fa niente, non ti mette in coma, non ti fa fare retromarcia durante una corsa dritta.
Ricordo come fosse ieri  quella macchina, i tre ragazzini, le cartine e i pezzetti di fumo, diventa un pugno nello stomaco, l’ammasso di ferraglia contorta tutta intorno al grande albero, il silenzio fermo, acre come l’odore del sangue mischiato all’olio motore. 
Rimasero in due a strisciare sull’asfalto per raggiungere il lago.
Rammento la rabbia feroce e gli improperi nei riguardi di chi guidava fatto, buttando giù guardrail e pezzi di umanità inconsapevole.
Ostinato e cocciuto ritorna l’eco: ognuno decide della propria salute, è libero di farsi del male, senza intromissioni da parte dello stato.
Però esistono i diritti e i doveri, di essere salvaguardato come cittadino, di non pesare sulla collettività a causa delle mie scelte.
Credo occorra maggiore rispetto per chi non ce la fa, per chi non ha imparato ancora a vivere, il resto è davvero retrovia di ogni ideologia.
Siamo il paese dei minori allo sbaraglio, quali maggiori consumatori di cannabis, adolescenti e spinelli che è illegale farsi, ma domani che sarà legalizzata, ci rassicurano i saggi e sapienti, i giovani rimarranno fuori dal consumo autorizzato,  ma continueranno a fumare e tirare, con l’aggravio evidente di un mercato parallelo assai più devastante.
Siamo il paese delle mafie, delle organizzazioni criminali, delle politiche antimafie: legalizzando toglieremo mercato alle organizzazioni antistato, ben sapendo che non sarà così, perché tutte le mafie hanno grande capacità di riciclarsi, la storia ce lo insegna a chiare lettere.
Pensiamo a legalizzare morte, mentre i maggiori sfaceli accadono dentro le nostre belle e tranquille quattro mura, dove rimane a fare da cubista diroccata la famiglia, dove i ragazzi sono alla catena del  messaggio istantaneo, dentro una scuola solitudinarizzata e messa in disparte, ebbene troviamo tempo e modo per delocalizzare attenzione e solidarietà costruttiva, attraverso un effetto spostamento caratteristico, così la buttiamo sulla Maria e sulla Giovanna.
Siccome non siamo mai sazi di parole e di spari alle spalle, c’è anche chi invita  a legalizzare la cocaina se vogliamo vincere la battaglia contro la droga.
Come ci dice qualcuno mai stanco di essere-farsi testimone del nostro tempo:  “c’è necessità di buone a valide ragioni, non solamente di leggi, ma di presenze adulte che sappiano parlare e accompagnare con cuore”.

E’ legittima la permanenza alla scuola dell’infanzia oltre il 6 anno di età?

E’ legittima la permanenza alla scuola dell’infanzia oltre il 6 anno di età? (Nota 547/14)

di Salvatore Nocera

Il MIUR aveva emanato il 4 febbraio 2014 la nota prot. n° 338 che consentiva agli alunni stranieri adottati di permanere nella scuola dell’infanzia al fine di raggiungere un equilibrio psicologico e apprenditivo per affrontare con successo l’inizio degli studi dell’obbligo.

Tale nota era stata richiesta dall’Ufficio Scolastico del Veneto per venire incontro alle numerose giustificate richieste di genitori e di associazioni di genitori adottivi.

Purtroppo per giustificare la deroga all’inizio dell’obbligo scolastico al compimento dei 6 anni d’età la Nota citava l’esempio degli alunni con disabilità, per i quali una vecchia C.M. n° 335/75 consentiva tale deroga.

La FISH, ritenendo il riferimento a tale Circolare del tutto impertinente sia per la diversità dei soggetti interessati che per l’abrogazione implicita della Circolare n° 335/75 a seguito della L. n° 53/03 sull’inderogabilità dell’inizio dell’obbligo scolastico, aveva chiesto ed ottenuto dal MIUR la sospensione della predetta nota n° 338/14 (vedi comunicato stampa FISH).

Chiarita la situazione il MIUR ha emanato la nuova Nota prot. n° 547 del 21/02/2014nella quale non si fa più alcun riferimento alla C.M. n° 335/75, mentre si consente eccezionalmente il trattenimento per un solo anno per “alunni che necessitano di una speciale attenzione” ai sensi della Direttiva sui BES del 27/12/2012 e successive circolari applicative.

Ecco il testo della parte dispositiva della Nota:

 

Sottolineando la straordinarietà e specificità degli interventi in questione, si invitano le SS.LL. – qualora si trovino in presenza di situazioni riguardanti alunni che necessitano di una speciale attenzione – a porre in essere gli strumenti e le più idonee strategie affinché i Dirigenti Scolastici esaminino i singoli casi con sensibilità e accuratezza, confrontandosi – laddove necessario – anche con specifiche professionalità di settore e con il supporto dei Servizi Territoriali, predisponendo percorsi individualizzati e personalizzati.

Solo a conclusione dell’iter sopra descritto, inerente casi eccezionali e debitamente documentati, e sempre in accordo con la famiglia, il Dirigente Scolastico – sentito il team dei docenti – potrà assumere la decisione, in coerenza con quanto previsto dall’art. 114, comma 5 delD.Lgs. n° 297/94, di far permanere l’alunno nella scuola dell’infanzia per il tempo strettamente necessario all’acquisizione dei prerequisiti per la scuola primaria, e comunque non superiore ad un anno scolastico, anche attraverso un’attenta e personalizzata progettazione educativa.”

 

Per completezza si riporta pure il testo dei primi 5 commi dell’art. 114 del Testo Unico D.Lvo n° 297/94 citato nella nota:

 

“1. Il sindaco ha l’obbligo di trasmettere ogni anno, prima della riapertura delle scuole, ai direttori didattici l’elenco dei fanciulli che per ragioni di età sono soggetti all’obbligo scolastico, con l’indicazione del nome dei genitori o di chi ne fa le veci.

 

 

2. Iniziato l’anno scolastico, l’elenco degli obbligati è confrontato con i registri dei fanciulli iscritti nelle scuole al fine di accertare chi siano gli inadempienti.

3. L’elenco degli inadempienti viene, su richiesta dell’autorità scolastica, affisso nell’albo pretorio per la durata di un mese.

4. Trascorso il mese dell’affissione di cui al comma 3, il sindaco ammonisce la persona responsabile dell’adempimento invitandola ad ottemperare alla legge.

5. Ove essa non provi di procurare altrimenti l’istruzione degli obbligati o non giustifichi con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, l’assenza dei fanciulli dalla scuola pubblica, o non ve li presenti entro una settimana dall’ammonizione, il sindaco procede ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale. Analoga procedura è adottata in caso di assenze ingiustificate durante il corso dell’anno scolastico tali da costituire elusione dell’obbligo scolastico.”

 

OSSERVAZIONI

Da quanto sopra si evidenzia con chiarezza che, limitatamente ai casi di “motivi gravi” o “motivi di salute” (comma 5 citato), può essere consentita la permanenza per non più di un anno nella scuola dell’infanzia ad “alunni che necessitano di una speciale attenzione”.

Quanto agli alunni con disabilità è da ritenere che i motivi di salute non possono coincidere con la sola situazione di disabilità certificata, poiché, diversamente, quasi tutti gli alunni con certificazione di disabilità avrebbero diritto alla permanenza in scuola dell’infanzia.

Pertanto vale anche per essi, come per tutti, la sottolineatura della nota circa “la straordinarietà e specificità degli interventi in questione”.

E’ ancora da precisare che, mentre la precedente nota prot. n° 338 del 4/2/2014 attribuiva al collegio dei docenti il potere di deliberare l’ulteriore permanenza alla scuola dell’infanzia, la nuova nota prot. N° 547/14 attribuisce tale compito al capo d’istituto che deve confrontarsi con “specifiche professionalità di settore, con il supporto dei servizi territoriali”, sentito il team dei docenti ed in accordo con la famiglia.

Sentenze copia e incolla sulle ore di sostegno

Sentenze copia e incolla sulle ore di sostegno (TAR Catania 484/14 e 488/14)

di Salvatore Nocera

Ormai quasi tutti i TAR italiani stanno pronunciando sentenze sull’aumento delle ore di sostegno copiando integralmente le motivazioni delle sentenze precedenti, a riprova che ormai trattasi di giurisprudenza ultra consolidata.

La recentissima riprova è fornita da due sentenze del TAR Sicilia n° 484/14 e n° 488/14 che assegnano rispettivamente 22 ore per un alunno di scuola primaria e 18 per un alunno di scuola secondaria certificati con disabilità grave con l’identica seguente motivazione:

 

“Nella specie, l’amm.ne scolastica non ha tenuto conto della esigenza di garantire opportune ed adeguate misure di sostegno volte ad assicurare l’effettività dell’inserimento nel percorso scolastico frequentato, avendo assegnato al figlio dei ricorrenti un insegnante di sostegno per un numero di ore settimanali inferiore a quello necessario come per altro previsto originariamente dalla stessa istituzione scolastica.”

 

Ovviamente alla soccombenza segue anche la condanna alla rifusione delle spese.

 

OSSERVAZIONI

Le sentenze si limitano a rendere valida la pronuncia solo per l’anno scolastico 2013-14, senza per nulla accennare all’eventualità di una possibile ulteriore validità della stessa se non migliorano le condizioni di disabilità degli alunni, come affermato da altri TAR (Vedi scheda n°444. Anche il TAR di Palermo afferma il diritto al sostegno per gli anni successivi (TAR Palermo 1850/13)).

Inoltre le sentenze sembrano contraddittorie laddove rigettano la domanda al risarcimento dei danni sostenendo che:

“La domanda risarcitoria va invece respinta per mancanza dell’essenziale presupposto della colpa dell’amministrazione scolastica,attesa la carenza di risorse finanziarie e di personale derivanti dalle misure di c.d. spending review adottate dal Governo in ogni settore dell’attività amministrativa.”

 

Invero poco più sopra le stesse, richiamando le motivazioni della sentenza n ° 80/10 della Corte Costituzionale così si esprimono:

“la sentenza n. 80 del 2010, con la quale la Corte costituzionale ha affermato la natura incomprimibile – rispetto a contingenti esigenze della finanza pubblica – del diritto fondamentale del soggetto disabile a fruire di un percorso scolastico effettivo ed ha espressamente circoscritto lo spazio della discrezionalità legislativa in materia entro limiti tali da non interferire con la garanzia del richiamato diritto fondamentale, escludendo in tal modo che quest’ultimo possa qualificarsi come diritto finanziariamente condizionato.”

 

 

Dove invero le due sentenze sono ineccepibili è nell’attribuire al sostegno il valore dell’unica risorsa valida per l’inclusione scolastica. Ineccepibili non tanto con riguardo alla normativa, quanto piuttosto alla mancata attuazione della stessa da parte del MIUR. Infatti il MIUR non riesce a rendere operante la risorsa più importante per l’inclusione scolastica e cioè docenti curricolari preparati nelle didattiche inclusive. Conseguentemente si determina una delega da parte dei docenti curricolari ai soli docenti per il sostegno della presa in carico dei singoli progetti inclusivi.

Come si è ripetutamente detto in altre schede, sino a quando il MIUR non dimostrerà che i docenti curricolari sono preparati sulle didattiche inclusive i TAR continueranno a sentenziare sull’aumento delle ore di sostegno; anzi le due sentenze si limitano ad un massimo di una cattedra completa, mentre altri TAR (vedi scheda n° 459. Ore di sostegno, sentenza del TAR Toscana) addirittura assegnano un numero di ore di sostegno pari a tutte le ore di frequenza e quindi talora anche sino a 40 ore settimanali.

Christian Petzold, La scelta di Barbara

Commento al film “LA SCELTA DI BARBARA” : nota essenziale di Gianfranco Purpi –

…Quest’opera di vero cinema epocale ,…da tesoreggiare assolutamente,…è denotato da questa Locandina:
DATA USCITA: 14 marzo 2013
GENERE: Drammatico
ANNO: 2012
REGIA: Christian Petzold
SCENEGGIATURA: Christian Petzold
ATTORI: Nina Hoss , Ronald Zehrfeld, Rainer Bock,,Claudia Geisler, Peter Weiss, Rosa Enskat.

…”La scelta di Barbara” (…già,Vincitore dell’Orso d’Argento per la migliore regia al sessantaduesimo Festival di Berlino!) …è ,così,…un Film di vento dialetticamente “ricompositivo” …e di sapore epocale quasi mistico,…che dona una voglia impensabile e di sollecitante identificazione a…”scegliere” la Vita Vera cristianamente fondata e laicisticamente ricercata,…anche mettendo in discusssione e superando dialetticamente le genetiche mistificate e feticisticamente avvelenate proprie concezioni originarie del mondo, della vita,dell’etica e dell’amore” ;…ciò,…allorchè il disincanto e la riappropriazione dell’autenticità culturalizzante dell’essenza esistenziale personalistica …porta ciascun soggetto… a comprendere i veri fini del Vivere solidaristico psico/sociale e del Primato dell’Intimismo Privatistico Virtuoso …attraverso la logica dell’Essere Amorevolmente patriarcale …e non in forza alienante dell’Opulenza di ogni Avere da occulta strisciante Falsa Coscienza…
…Con la forza e il miracolo della Luce Divina/Antropologica e della Paideia Storica di Jesus…come quando ogni Messìa della nostra esistenzialità riusciva e riuscirà a farci guarire dalla “cecità” metaforica verso i valori universali dell’Umano e della Polis…

…”La scelta di Barbara”… è ,davvero,uno di quei rari film in cui la forma e il contenuto arrivano a coincidere, servendo un unico scopo. Spieghiamo il perché:
Arrivato al suo sesto lungometraggio, Chistian Petzold è riuscito a raccontare, attraverso uno stile sobrio ed ermenuticamente da tesoreggiare,  …ai limiti dell’anaffettività e con l’aiuto del montaggio e dei dialoghi di essenziale carattere descrittivo e sobrio, …prospetta ed espressivizza ,…con discrezione di dialoghi e personaggi,…uno dei contesti storico-politici più complessi e focalizzanti della seconda metà del secolo scorso: la Germania dell’Est prima della caduta del Muro di Berlino…
…Altri Registi e Cineasti prima di lui …si erano cimentati in una simile ideazione e progettualità cinematografica,… ma lo sguardo di questo regista (…che ha studiato anche teatro e letteratura!)… è davvero particolare e inusitata,…dall’ermeneutica sempre interdisciplinare e problemicamente storico/esistenziale,…e,per certi versi, trascendentalmente metastorica e metaculturale!
…Lo stile e la poetica narrativa del suo cinema, …di mostrare le atmosfere e le aberrazioni della DDR (prima fra tutte la violenza illibertaria e la repressiva istituzionalità di una Società Civile sempre in preda alla cruda insensibile Dittatura pseudo/Politica …e denotata dall’impossibilità delle masse di esercitare il “libero arbitrio”  criticistico)… è infatti completamente diversa dalla strada percorsa da Florian Henckel von Donnersmarck nel Film miliare : “Le vite degli altri ” ,…o da Wolfgang Becker nel film straordinariamente creativo : “Good Bye Lenin” ,… che avevano puntato su un’estetica fatta di luci livide e di cieli plumbei con azzurri di cielo speranzosi ed a macchia di leopardo personalistico ed esistenzialistico in prospettiva di possibilistica evoluzione storicistica!

Per Petzold invece,… che sceglie le metafore generative e antropologiche entro una natura dominata dal vento e dai boschi fruscianti …e quasi arcana… ed immanente nel cuore di  una provincia dai toni caratterialmente caldi (… compreso il grigiore della fotografia geostorica e la claustrofobia psicoemozionale e pulsionalmente surreali …quasiinvisibili …e latenti  …delle anime angosciate epperò sempre laconicamente dignitanti ogni loro tribolazione a muso duro dell’anima secretata!),…sono invece degli stati d’animo, dei dati oggettivi emotivo/affettivi ed epistemici …che vengono progessivamente interiorizzati da tutti i suoi personaggi di questo film, … a cominciare da Barbara… protagonista femminile della storia…
… Donna sensibilmente austera e dubbiosamente sospettosa, …la sua Barbara altro non è che la metafora di un paese che ha scelto da tempo di sopravvivere e non di vivere ,…e che si lascia vivere ,per l’appunto,…come un riccio o uno scoiattolo spaventati da un temporale con fulminanti emozioni e con turbolenze dialettiche della Ragionevolezza Etica …ed Esteticamente …dalla Poesia di una vita romantica sovversiva autenticante,…che stanno con sensibilità istintuali e parapsicologiche in un angolo di bosco,…con le orecchie basse ad aspettare che fischio sibilante del Vento sublime …risulti metaforicamente il Messìa di una Nuova Società e di un’Antropologia civica e sentimentale …a misura di integralità dei Valori olistici di Persona Cristologica…e di Logos Fertile libertario da cielo azzurro friulano!

…La vera rivoluzione, in tempi di ordini e regole da burocratismo verticistico e di “Centralismo Democratico Sovietico” azzerante i valori di personalismo laico/laicistico e cristianizzante, … si intravede nella voglia latente che il cielo sereno arrivi davvero con la speranza che questi aquiloni immanenti siano sempre secretati nell’anima e nel cuore!
…Ed è questa ricerca e sempre tenace “apertura alla luce” dell’Umanesimo integrale personalistico e criticistico… che rende questo film un’opera preziosa e,tra l’altro,assolutamente paidetica…
…Certo ,… quest’opera rivela con molta sensibilità e realismo storiografico …che questo pellegrinaggio ha imposto e propinato necessitaristicamente ,…nell’esistenza e nella realtà dei tempi umanizzati descritti e umanisticamente sceneggiati,…un cammino lento, graduale, …un difficoltoso viaggio verso il recupero della propria dignità attraverso i vissuti radicali e coraggiosamente tenaci del lavoro non diviso e …dell’amore giammai regolato o soffocato dalla statualizzazione e dalla feticizzazione dei sentimenti più intimi!
…E’ soprattutto questo profilo sublime e incantevolmente espressivo senza ciarlataneria mistificante,… la serialità di Topoi e Logoi che esso Amore pone ed erge quali motivi conduttori e fondamento di epistemologia genetica …su cui il regista desidera insistere esteticamentee con la bellezza discreta di una transferialità artisticamente catartica ;…e non è un caso che il suo riferimento più importante sia il film: “Acque del Sud> ” …di Howard Hawks, cronaca di una passione e di una vita di vero amore garbato ma palpitante,…spiata e sporcata dalla forza bruta e barbara di agenti della polizia segreta.

…Dobbiamo allora considerare La scelta di Barbara  un film di amore romantico?
…In un certo senso sì, …anche se i personaggi interpretati da Nina Hoss e Ronald Zehrfed non hanno l’iconicità e la voglia di attrazione fatale e pulsionale immediatistica di …Humprey Bogart e di Lauren Bacall, per altri versi sono più interessanti e autentici proprio nella loro austerità espressivizzante e di telegrafico incanto dominato soprattutto dalle gestualità dei loro linguaggi laconici e anche silenziosi ,…dagli gesti e dai loro sguardi volutamente fugaci e suggestivamente implosivi … come il vento slavo che costantemente il Regista ci proietta e pare ci faccia sentire sul viso …nel suo film “slavo di tutto”,…e questo mi sembra davvero la variabile più meritante del loro mistero e della loro indecifrabilità catartica e sublimante ogni imponderabilità dell’esistenza eroica di provincia!.
… Al postutto,…questi due personaggi di Petzold li conosciamo e li amiamo …e li interiorizziamo catarticamente e identificativamente ,…pian piano e in crescendo di umanizzazione interattiva,… proprio perchè lo stesso Regista …ce li presenta e ce li sceneggia e prassicizza …e ce li rivela esistenzialmente vivi,…con topoi e logoi significativi come macigni che inducono sentimenti e sensazioni riflessive irresistibilmente impressi nella nostra personalità,…proprio come uno sceneggiatore accorto e quasi con lenti di lontananza trasfiguratrice, …seminando simboli e semiologie linguistici e travalicanti le contingenze delle presenzialità esistenziali e fenomenologiche… lungo l’intera narrazione, …costruendo intorno alla love-story …un intreccio da thriller che risolve la vicenda in un finale dal significato importante e chiaramente decifrabile per chi voglia e sappia comprendere,…con gli occhi dei due protagonisti che “parlano” più di mille discorsi melliflui…addirittura con la sola direzionalità ed ampiezza delle loro cornee e delle loro pupille intrinseche a “telecamere del loro cuore …assolutamente fisse… nel loro Fuoco Oculare …e da reliquiario di una nuova vita e di una nuova storia che…solo loro,sanno che dovranno e vorranno vivere assieme in un olismo totalizzante davvero felicissimo ,…peraltro da immanente “I Care” incommensurabilmente solidaristico e simbiotico d’ogni pulsionalità sempre eticizzata ed esteticizzante …”alla Rembrant”.

“La scelta di Barbara” non è ,insomma,…un “kammerspiel” dal ritmo lento e dai personaggi bidimensionali, come scrive qualcuno, …ma un film da tesoreggiare che alza sempre e comunque la bandiera del pudore e dell’anima che, …a piccoli passi, …scavano e risorgono personalisticamente e speranzosi … nei segreti di due cuori umani e di un mondo che sembra essersi smarrito…ma geneticamente destinato a risorgere sin dalle ételechiè e le énergheiè…di una Spelonca dove a me e a tutti gli spettaori pare di esserci stato,…per questa vita e altre mille a venire o parallelamente sincroniche!
…Mai diacroniche…

Ma la scuola è una cooperativa muratori e cementisti?

Ma la scuola è una cooperativa muratori e cementisti?

di Claudia Fanti

Non dico altro. Niente più parole. Ultimamente sento ripetere spesso che la scuola è una priorità per migliorare tutto il tessuto sociale ed economico, e subito dopo odo affermare che vanno fatti investimenti sull’edilizia scolastica. A questo punto credo che la nostra speranza e quella dei precari risieda nel trasformarci in mattoni.

Mattoni fatti delle competenze che abbiamo acquisito nel tempo.

La scuola che vorrei è semplice, serena, rilassante e rilassata. Non ha alcuna necessità di effetti speciali, ha infinito bisogno di persone che di speciale abbiano la passione per il lavoro a contatto con i bambini e i ragazzi e tante competenze in ambiti diversi, prima fra tutte la capacità umana di mettersi in contatto con chi si ha dinanzi.

(Una cosa chiederei direttamente al ministro: di toglierci la follia del registro elettronico e dei voti. Per lo meno alle elementari, ministro, ci lasci scrivere con la penna ogni giorno, e pure a lungo quanto vogliamo, le nostre note preziose sui miglioramenti in itinere di ogni bambino o bambina su delle magnifiche pagine bianche. Lei non può immaginare quanto sia sciocco perdere il tempo con  simili strumenti, quando i bambini e le bambine  premono per avere la nostra attenzione che è ben altra cosa del registrare ogni loro respiro tramutandolo in numeri da mettere in caselle.)

Ma torniamo ai mattoni dell’edificio che sono sicuramente importanti, tuttavia riguardano ingegneri, architetti, lavoratori dell’edilizia, investimenti nel settore delle costruzioni ridotto all’osso. Certo, saremmo ben contenti se ogni scuola fosse edificata nel rispetto delle richieste di una pedagogia attenta alle persone che la dovranno abitare, ma temo che i problemi da affrontare per costruire edifici a misura siano di non facile soluzione e sicuramente richiederanno il tempo lungo che noi non abbiamo, perché il nostro lavoro è fatto di presente.

La scuola che vorrei assumerebbe i precari storici e darebbe finalmente spazio alla loro energia. Consentirebbe ai docenti più anziani di uscire dal sistema con dignità e a testa alta per il lavoro svolto in anni e anni di lotte per fronteggiare riforme e controriforme. Oppure li valorizzerebbe incentivando un passaggio di testimone sotto forma di incontri seminariali professionali interni alle scuole, in particolare sulle modalità che hanno adottato per far fronte alla sempre più difficile conduzione delle classi e sulle strategie mirate a rendere più appetibili gli apprendimenti.

La scuola che vorrebbero altri e diversi da noi invece dovrebbe assomigliare a sistemi lontani, estranei al nostro, ricchi di risorse e di strumenti: nessuno di noi docenti potrebbe contestare che ogni minimo sforzo fatto per rendere efficace l’insegnamento sia da condannare, eppure la scuola italiana ha ora bisogno di altro, di una riflessione minimale sui frammenti buoni, piccolissimi, che sono rimasti dopo anni di devastazioni barbare.

Così se fossi il ministro ripartirei da alcune riflessioni sulla valutazione senza voti, sul tempo pieno e il tempo lungo, sul ritorno al team docente nella primaria, sull’ obbligo scolastico, sui laboratori possibili nei tecnici e nei licei, sulla libertà d’insegnamento alquanto ridimensionata in questi vent’anni, sull’utilizzare in modo razionale ed efficace le persone-insegnanti sia per immettere forze nuove consentendo continuità al loro lavoro nelle classi sia per non disperdere il mare di competenze degli insegnanti senior, su un diverso concetto di autonomia e sulle gerarchie di potericchi che si sono formate in ogni istituzione e che troppo spesso si sono fossilizzate, ingessate, accentrate nelle stesse mani e di conseguenza si sono chiuse, bloccando energie, idee di miglioramento, impedendo circolazione di novità, di ricerche.

Se al Ministero ci si rendesse conto fino in fondo del male che la scuola ha subito negli anni, si starebbe molto attenti a fare dichiarazioni, si tacerebbe, ci si metterebbe in totale posizione di ascolto e si comincerebbe con l’affrontare un problema alla volta senza esagerare in voli pindarici e in colpi di scena. 
Invece potenzierei, accanto allo studio della lingua italiana e delle matematiche, certamente quei saperi che, unici e immortali, riguardano il futuro: storia dell’arte, storia, geografia, filosofia, diritto…essi riguardano proprio il futuro dei singoli e della società che vorranno realizzare tramite le loro capacità critiche…altri saperi sono alquanto più contingenti, ma molto più volatili nel tempo e comunque facili da introiettare e da modificare con un minimo di buona volontà. I primi invece sono complessi, dinamici, sono ponti tra il passato e un altrove da reinventare su radici profonde. Tali saperi se mai andrebbero resi più accattivanti, affascinanti tramite revisioni delle modalità di insegnamento e in tempi più consoni ad attività laboratoriali come il teatro ad esempio, ma non certo sterilizzati da eliminazione di ore.

La scuola che vorrei rifuggirebbe da differenziazioni stipendiali dentro la stessa categoria: esse portano sempre a piccole meschinità, invidie, chiusure, e certo non incentiverebbero lo scambio, la ricerca, un clima di confronto. So bene che ora si tenta in ogni modo di arrivare a instituire un regime meritocratico di premi. Tuttavia ciò stride con il fatto che ogni insegnante è in contatto con le classi e fa su di esse lo stesso lavoro e per questo è stato assunto e pagato. Non si può certo affermare davanti alle famiglie e agli studenti che uno dei loro insegnanti è più bravo di un altro. Stupidaggine carente di una vera strategia di attacco alle eventuali inesperienze o inadempienze di alcuni docenti. Tutto sarebbe risolvibile con l’incentivare la programmazione dei consigli di classe e dei team da riesumare, con lo spingere verso una maggiore cura per i momenti di cooperazione professionale al posto degli interminabili collegi dei docenti o delle riunioni piuttosto noiose sulle novità ministeriali di qualche circolare, le quali francamente potrebbero divenire operative con un minimo dispendio di energie, visto che i contenuti delle stesse rientrano nella normale amministrazione di lustri di operatività già attiva.

Forse il Ministro non sa…

Forse il Ministro non sa… ed è opportuno che sappia e provveda!

di Maurizio Tiriticco

Nel lontano 2007 con il dm 139 il Miur provvide a rendere esecutivo l’innalzamento a 10 anni dell’obbligo di istruzione, sancito con la legge 26 dicembre 2006, n.296, articolo 1, comma 622. E, nella lettera di accompagnamento, l’allora Ministro Fioroni dichiarava che “il nostro sistema scolastico compie così un passo molto importante per allinearsi con i sistemi di altri Paesi dell’Unione europea”.

In effetti, nell’ambito comunitario, erano stati varati due importanti provvedimenti:

a) la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, con cui vengono definite otto competenze chiave per l’apprendimento permanente “delle quali tutti i cittadini hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione”.Le competenze chiave sono così descritte: 1) comunicazione nella madre lingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3 competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) imparare ad imparare; 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8) consapevolezza ed espressione culturale;

b) la Proposta di Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 settembre 2006, con cui viene istituito un Quadro Europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente: European Framework Qualification, EQF. Tale proposta diviene poi esecutiva con la Raccomandazione del 23 aprile 2008. Con l’EQF vengono individuati 8 livelli di qualifica, o di titolo di studio, da quello più basso a quello più alto. L’EQF deve essere utilizzato da tutti i Paesi membri dell’UE “come strumento di riferimento per confrontare i livelli delle qualifiche (e di qualsiasi titolo di studio, n. d. a.) dei diversi sistemi di qualifica (e di titolo di studio, n. d. a.) nel quadro di una prospettiva di apprendimento permanente”. Inoltre, i Paesi membri dell’Unione europea sono tenuti a “mettere in relazione i sistemi nazionali delle qualifiche (e dei titolo di studio) con l’EQF entro il 2009”.

Con il citato dm 139/2007:

a) vengono così curvate al nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione” (legge 53/03, art. 2) e definite le “competenze chiave di cittadinanza da acquisire al termine dell’istruzione obbligatoria”, di cui alla citata Raccomandazione Ue del 18 dicembre 2006: 1) imparare ad imparare; 2, progettare; 3) comunicare; 4) collaborare e partecipare; 5) agire in modo autonomo e responsabile; 6) risolvere problemi; 7) individuare collegamenti e relazioni; 8) acquisire e interpretare l’informazione. Si precisa che “l’elevamento dell’obbligo di istruzione a dieci anni intende favorire il pieno sviluppo della persona nella costruzione del , (competenze 1 e 2), di corrette e significative relazioni con gli altri (competenze 3, 4 e 5) e di una positiva interazione con la realtà naturale e sociale (competenze 6, 7 e 8)”;

b) vengono inoltre individuate, definite e descritte 16 competenze culturali, distribuite lungo quattro assi: a) dei linguaggi (6 competenze); b) matematico (4 competenze); c) scientifico-tecnologico (3 competenze); d) storico-sociale (3 competenze).

Perché la certificazione dell’adempimento dell’obbligo potesse essere effettuata da parte delle istituzioni scolastiche autonome, occorreva che il Miur dettasse un opportuno modello. Tale modello è stato pubblicato con notevole ritardo con il dm 9 del 2010. Nel modello viene prescritta le certificazione delle sole competenze culturali secondo tre livelli: base, intermedio e avanzato, opportunamente descritti. Non viene richiesta la certificazione della competenze chiave di cittadinanza, che vengono citate in nota come semplice riferimento. Non si comprendono le ragioni di tale esclusione, anche e soprattutto perché le competenze chiave per l’apprendimento permanente (Raccomandazione del 18 dicembre 2006), sono state fatte proprie dal citato dm 139/07 e costituiscono un imprescindibile riferimento per la circolazione dei cittadini dell’Unione europea in tutti gli Stati membri. Va anche considerato che competenze di cittadinanza e competenze culturali non sono automaticamente omologabili. Un soggetto può essere un ottimo cittadino, anche se “incolto”, o un pessimo cittadino anche se valente professionista. E certi comportamenti della cosiddetta casta sta a dimostrare quanto in materia di competenze di cittadinanza ci sia, oggi, un’assoluta carenza!

Va infine ricordato che la    Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, il 20 dicembre del 2012, hanno sottoscritto un “Accordo per la referenziazione del sistema italiano delle qualifiche al Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF), di cui alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008”. In tale Accordo si sono stabilite le seguenti corrispondenze:

livello EQF1: diploma di licenza conclusiva del primo ciclo di istruzione

livello EQF 2: certificazione delle competenze di base acquisite in esito al’assolvimento dell’obbligo di istruzione

livello EQF 3: attestato di qualifica di operatore professionale

livello EQF 4: diploma di istruzione secondaria superiore; diploma professionale di tecnico

livello EQF 5: diploma di Istruzione Tecnica Superiore

livello EQF 6: laurea triennale; master di primo livello

livello EQF 7: laurea magistrale

livello EQF 8: dottorato; master di secondo livello

I descrittori sono i seguenti.

livello EQF1: conoscenze generali di base; abilità di base necessarie per svolgere mansioni e compiti semplici; competenze – lavorare o studiare, sotto una supervisione diretta, in un contesto strutturato

livello EQF2: conoscenze pratiche di base in un ambito di lavoro e di studio; abilità cognitive e pratiche di base necessarie per utilizzare le informazioni rilevanti, al fine di svolgere compiti e risolvere problemi di routine utilizzando regole e strumenti semplici; competenze – lavorare o studiare, sotto una supervisione diretta, con una certa autonomia

livello EQF3 (per la sola IeFP): conoscenze di fatti, principi, processi e concetti generali in un ambito di lavoro o di studio; una gamma di abilità cognitive e pratiche necessarie per svolgere compiti e risolvere problemi, selezionando e applicando metodi, strumenti, materiali e informazioni di base; competenze – assumersi la responsabilità dello svolgimento di compiti in un ambito di lavoro o di studio; adattare il proprio comportamento alle circostanze per risolvere problemi

livello EQF4: conoscenze pratiche e teoriche in ampi contesti in un ambito di lavoro o di studio; abilità – una gamma di abilità cognitive e pratiche necessarie per creare soluzioni a problemi specifici in un ambito di lavoro o di studio; competenze – sapersi gestire autonomamente nel quadro di istruzioni in un contesto di lavoro o di studio, di solito prevedibili, ma soggette a cambiamento; sorvegliare il lavoro di routine di altri, assumendo una certa responsabilità per la valutazione e il miglioramento di attività lavorative e di studio.

OMISSIS per gli altri quattro livelli.

In un tale contesto normativo, in cui, in materia di istruzione (statale e paritaria) e di istruzione e formazione professionale (regionale) si integrano indicazioni europee con scelte nazionali, è opportuno che vengano date le opportune istruzioni perché, alla conclusione del primo ciclo di istruzione e dell’obbligo di istruzione, le istituzioni scolastiche autonome procedano conseguentemente, in modo che i nostri titoli di studio possano essere “letti” e utilizzati in contesti di istruzione, di formazione e di eventuale occupazione, che riguardino anche gli altri Paesi dell’Unione europea.

E’opportuno ricordare che con la strategia “Europa 2020” si aprono nuovi scenari in ordine allo sviluppo dell’economia e dell’occupazione. Si tratta di una strategia che prevede cinque ambiziosi e irrinunciabili obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale ed energia/clima. Un’attenzione di questo tipo ci potrebbe ricondurre a ragionamenti e a iniziative concrete finalizzate a vedere il contesto europeo come un’occasione di concreto e produttivo sviluppo e non come una sorta di gabbia dalla quale, secondo una certa parte politica, dovremmo uscire e al più presto. Occorre sempre pensare che le difficoltà dell’oggi, se lette e affrontate con intelligenza e spirito di iniziativa, costituiscono una occasione per crescere, domani, non un pericolo da cui fuggire!

Ma qui si apre un altro discorso! E un Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca può svolgere un ruolo decisivo per far compiere al Paese e ai suoi cittadini concreti passi in avanti. Sono tre materie che potrebbero costituire una preziosa chiave di volta per quel cambiamento che tutti noi attendiamo e auspichiamo! E per il quale ciascuno di noi deve adoperarsi in ordine alle sue competenze e responsabilità E la competenza e la responsabilità del Ministro Giannini sono determinanti! In una prospettiva che non può non essere europea! Non mi sembra casuale che il nuovo Presidente del Consiglio nel suo discorso di insediamento rivolto alle Camere abbia collocato l’istruzione al primo posto della nuova politica governativa! E ora, dalle parole ai fatti!

W. Vedruccio, Sulle orme di Idrusa

Da una donna ad un mito

di Antonio Stanca

vedruccioNella cittadina pugliese di Otranto ancora succede che si parli, si racconti delle tragiche vicende vissute dai suoi antichi abitanti quando, dal 1480 al 1481, subirono l’assedio e poi l’invasione e la strage da parte dei Turchi. Furono avvenimenti molto gravi dei quali molti segni sono rimasti. Allora Otranto faceva parte del Regno di Napoli che era sotto la sovranità di Ferdinando I d’Aragona e imperatore dei Turchi era Sultan Maumeht. L’evento della presa della città e dell’uccisione di tanti suoi abitanti entrò a far parte sia della storia nazionale sia della tradizione, della fantasia popolare di quel posto, col tempo si rivestì di leggenda, si arricchì di racconti di gesta esemplari, trovò i suoi eroi, assunse una dimensione mitica. Diventò un altro esempio dell’eterna, interminabile lotta tra bene e male, vita e morte, fede e violenza che tante volte ha segnato la storia dei popoli ed attirato l’attenzione non solo degli studiosi, degli storici ma anche degli autori, fossero di arte narrativa, poetica o figurativa, drammatica. E’ successo così che il motivo degli abitanti di Otranto che difendono la loro città dalla ferocia di un numero di gran lunga superiore di nemici e dai pericoli dei loro mezzi bellici, che non temono di morire in nome di quanto è loro, del loro Dio, dei loro padri, dei loro figli, che acquistano nei secoli un significato ad essi superiore, abbia attirato la celebre Maria Corti quando nel 1962 pubblicò L’ora di tutti presso la Feltrinelli di Milano. Filologa, linguista, critica letteraria e scrittrice la Corti era nata a Milano nel 1915 e qui era morta nel 2002. Era stata docente di Storia della lingua italiana presso l’Università di Lecce e poi presso quella di Pavia. Aveva prodotto molti lavori di critica letteraria e fondato molte riviste culturali. Variamente impegnata, instancabile si era dimostrata, molti riconoscimenti le erano stati attribuiti. L’ora di tutti fu la prima delle sue opere narrative, la scrisse quando aveva quarantasette anni e in essa tramite i racconti di cinque personaggi che fungono da voce narrante non solo riuscì a ripercorrere la dolorosa vicenda otrantina ma anche a ricostruire gli ambienti, i costumi, la vita, le persone di quel tempo. I colori, le luci della campagna, del mare dell’antica penisola salentina diventarono, con la Corti, motivo di letteratura. Con i loro posti la scrittrice identifica i personaggi dell’opera, figli di essi li mostra, capaci di correre in loro difesa al momento del pericolo, di comportarsi in maniera coraggiosa, da eroi. Quanto faceva parte della loro storia, delle loro leggende, dei loro miti la Corti de L’ora di tutti riprese, confermò, animò.

Dalla conoscenza di quest’opera la leccese Wilma Vedruccio nelle prime pagine del suo breve e recente volume Sulle orme di Idrusa dichiara di essere stata mossa a scriverlo. Il libro è stato pubblicato dalla casa editrice Kurumuny di Calimera (Lecce), è corredato di un CD nel quale l’autrice legge quanto ha scritto accompagnata dalla musica di Rocco Nigro ed è stato presentato la sera di Venerdì 28 Febbraio 2014 presso il Centro Studi “Chora-Ma” di Sternatia (Lecce), da molti anni diretto da Donato Indino e divenuto luogo di frequenti incontri e scambi culturali. Nella circostanza, alla quale erano presenti la scrittrice e il Nigro, si è assistito ad un’esibizione, da parte dei due, volta a mettere in risalto, mediante la lettura di lei e la musica di lui, le parti dell’opera e ad evidenziare gli aspetti distintivi del personaggio di Idrusa. Il pubblico ne è stato coinvolto e interessato fin dall’inizio. Incuriosito si è mostrato circa l’operazione compiuta dalla Vedruccio nel libro. In questo, si è chiarito, la scrittrice ha ripreso e continuato Idrusa, il terzo dei cinque personaggi de L’ora di tutti, si è messa “sulle orme di Idrusa” mediante una prosa che giunge a confondersi con la poesia. Di questa figura femminile Vedruccio ha scritto, della sua infanzia, della sua giovinezza, dei suoi amori, della sua dedizione al momento del bisogno, della sua morte prematura. Lo ha fatto con un linguaggio capace di assumere i toni della favola se non quelli del canto.

Idrusa è la più bella bambina, ragazza, donna dell’Otranto del momento dei Turchi. Ma è cresciuta diversa dalle sue coetanee. Già da bambina pensava diversamente da loro, voleva altre cose. Si sentiva vicina, unita agli elementi della natura, alle erbe, alle piante dei campi, alle acque del mare. Non badava ai pregiudizi, alle convenzioni. Una ribelle, una rivoluzionaria era sembrata. Malvista si era sentita. Nonostante questo era stata data in sposa quando aveva ancora diciassette anni ad un pescatore. Viveva delusa la sua esperienza matrimoniale. Poi il marito era morto in mare e si era legata a Manuel, un militare spagnolo che, però, aveva lasciato perché aveva scoperto di essere ingannata da lui. L’amore al quale aveva sempre pensato non aveva ancora incontrato. Arrivati i Turchi ad Otranto, entrati nella città da barbari, aveva prestato soccorso ai feriti, aveva provveduto a sistemare i morti che venivano portati nella Cattedrale trasformatasi in un ospedale. Anche qui sarebbero giunti i Turchi continuando a devastare e uccidere e qui al momento di essere posseduta, violentata da uno di loro, Idrusa preferirà darsi la morte con il coltello del suo assalitore, mostrerà che sani, forti, unici erano i suoi principi contrariamente a come era sempre stata pensata.

Di questa Idrusa dell’antica Otranto scrive oggi la Vedruccio provando che perenne è diventata la sua figura nell’immaginario collettivo salentino, che una favola eternamente valida è diventata la sua, un mito. Oltre che ad Otranto a tutti Idrusa ormai appartiene poiché a simbolo è assurta di una femminilità superiore, di una bellezza del corpo, di una forza dello spirito pari a quelle di una dea. In questa dimensione da favola, da mito riesce la Vedruccio a renderla con la sua opera e con quanto vi è allegato.

Adrian Lyne, Attrazione fatale

“La Bipolarità dell’Amore Vero e comunque…<da attrazione fatale>…irrazionalistica …o rapsodicamente e violentemente arcana”

– Nota essenziale di Gianfranco Purpi –
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…Ecco una serie di riflessioni interpretative e commentali del realistico e assolutamente artistico film “Attrazione fatale” (1987)
con
Michael Douglas: Dan Gallagher
Glenn Close: Alex Forrest
Anne Archer: Beth Gallagher
Ellen Hamilton Latzen: Ellen Gallagher
Stuart Pankin: Jimmy
Ellen Foley: Hildy
Fred Gwynne: Arthur
Meg Mundy: Joan Rogerson
Tom Brennan: Howard Rogerson.

…Questo cinema epocale e meravigliosamente verace…,declinato in prospettiva di travolgente Thrilling dagli esiti storicistici sempre sull’orlo degli abissi tragici,… è tra i pochissimi che rendono osmotici e massimamente catartici (…allo spettatore attento!),…i sensi e i significati dell’amore vero e organicistico,…orgasmico e autentico,…pure nei suoi sentimenti e nelle sue pulsioni da vita autenticamente dolce e felicitante…e rabbiosa e,al postutto,…da istintuale aggressione ferina …da paure e voglie terribili di sadomasochismo inenarrabile;…anche senza volgarità di sceneggiature e di recitazioni da fabulazione storica erotica fine a se stessa!!
…E’ un film sempre denotato,…in ogni sua costellazione narrativa e teatrante, …dall’esistenzialismo idealizzato …tale…proprio perchè assolutamente realissimo,…che riesce,…come raramente succede,…a disegnare sacralmente sugli aquiloni paranoici…i colori e i graffiti della vera e assoluta “attrazione fatale” quando e se questa si immanentizza e si fonde religiosamente e misticamente…con una vera dicotomia olistica e attraverso tempi/modi/forme integralizzate/integralizzanti passionali di simbiosi umanizzanti subliminali…fino al loro scaraventarsi nei recinti opposti delle disumanità violentemente catastrofiche!!
…Si!…Di simbiosi incantevole e meravigliosa,…epperò conflittuale e foriera di angosce e tormenti …e aggressività indicibili,…in cui alla fin fine i linguaggi risolutivi delle sconfitte e delle ossessioni irragionevoli di questo amore …calpestano ogni umanesimo etico o comunque ogni convivialità civile e razionalizzante ,…e sfociano in sadismi e terrori di violenza cruda inaudita …dalla sola logica delle perversioni del ricatto e della distruttività azzerante …nichilisticamente… indirizzati contro la vita in quanto tale…e avverso ogni valore dignitante e amorevole/affettivo  di Persona (…di vero in fondo,ontologicamente!)…; seppur ,…nonostante tutto…, con l’insopprimibile voglia di vivere ogni esperienza della esistenza “perturbatrice”, … e della storia di due anime e di due cuori …sempre in fusione totalizzante di corpi e anime, …e peraltro attraverso il rovescio della medaglia della bramosità dell’eliminazione fisica reciproca …e di ogni dipendenza da quell'”attrazione fatale …benedetta/maledetta;…per una genesi immediatistica di rarissima oscillazione del Pendolo di Foucault tra odio e amore…che si viene a porre in quanto “attrazione fatale” camaleontica da amore assoluto bramante…e consequenziale oppositivo istinto di morte da violenza sopprimente!
…E pensare che i due amanti trasgressivi avevano cominciato,comunque,…ad amarsi …per davvero e con purezza di sentimenti e affetti trasfigurati e benedetti …nella loro contaminazione più vera e univocante,…in ogni senso e dimensione delle diverse aree e dei diversi linguaggi/comportamenti della strutturalizzante personalità umana di due innamorati immediatamente amati/amanti,…e poi,allo stesso tempo (…in paura di dialettica negativa!),…in prospettiva esperenziale di amanti/aggressori e di belve ferine l’un l’altra,…reciprocamente,…da potenziale schizoide ai confini della “bipolarità” dissociata e dissociante …lacerante,… o…della pazzia che declina il senso più autentico dell’amare …per amarsi/aggredirsi… sempre…in quanto follìa eticamente irrazionalistica non condivisibile dai perbenisti luoghi comuni composti e dignitanti …di una Sacra Famiglia o di una Normalità Kantianamente criticistica!
…Anche … indirizzandosi e avviluppandosi reciprocamente in un crescendo di spirale ellittica di fonti pulsionali ineffabili,…di linguaggi/comportamenti assolutamente indiavolati,… e di prassi intenzionali inenarrabilmente istintuali , …di violenza brada e di saturazione di godimenti ed efferratezze nichilistiche,…in ebbrezza di pulsionalità bio/psichiche e di …neuroregolatori senza alcun limite di ragionevolezza , …o addirittura sadiche e masochiste …davvero …in un continuo “bord/line”…da lacerante fratturante “Io/Diviso” nichilisticamente testimone di personalità rivelantisi tragicamente e drammaticamente “interrotte”…per storicità esperenziali pregnanti ,…in tale senso, …delle loro epistemologie genetiche,…e ,allo stesso tempo…,per convergente “male di testa” cromosomico di psicosi radicali antimetaboliche…
…Anche se Grazia di Michele canta che …”Solo i pazzi sanno amare!”…
…Vero o non vero?…Difficile da asserirlo da un solo punto di vista e da una sola prospettiva epistemologica ed ermeneutica,…ovvero…da un libertarismo marcusiano …da “uomo a una dimensione”…,o da eteronee analogiche “deregulations” dei sartriani Guattari e Deleuze;…o del razionalismo psicanalitico del neo/positivista e…agostiniano (…sembra ma non è contraddizione!)… Mattèe Blanco…

Gianfranco Purpi

LOCANDINA DEL FILM:

Titolo originale Fatal Attraction
Paese di produzione USA
Anno 1987
Durata 115 min
Colore colore
Audio sonoro
Genere drammatico, thriller, erotico
Regia Adrian Lyne
Soggetto James Dearden
Sceneggiatura James Dearden
Fotografia Howard Atherton
Montaggio Michael Kahn
Musiche Maurice Jarre
Scenografia Mel Bourne, Jack Blackman e George DeTitta Sr.
Interpreti e personaggi
Michael Douglas: Dan Gallagher
Glenn Close: Alex Forrest
Anne Archer: Beth Gallagher
Ellen Hamilton Latzen: Ellen Gallagher
Stuart Pankin: Jimmy
Ellen Foley: Hildy
Fred Gwynne: Arthur
Meg Mundy: Joan Rogerson
Tom Brennan: Howard Rogerson
Doppiatori italiani
Pino Colizzi: Dan Gallagher
Simona Izzo: Alex Forrest
Roberta Paladini: Beth Gallagher
Paolo Buglioni: Jimmy
Romano Ghini: Arthur
Attrazione fatale (Fatal Attraction) è un film del 1987 diretto da Adrian Lyne. Il film, che presenta anche diversi contenuti drammatici, ha ricevuto 6 Nomination agli Oscar.

TRAMA NARRATIVA DEL FILM:

Dan Gallagher, 40enne avvocato newyorkese, ha una vita tranquilla e una bella famiglia composta dalla moglie Beth e dalla figlia Ellen di 6 anni. Un giorno Dan conosce Alex Forrest, anch’essa avvocatessa seppur di un’altra agenzia, insieme alla quale decide di trascorrere un pomeriggio e un’intensa notte mentre la moglie è in campagna in visita dai genitori. Su insistenza di Alex, i due passano un’altra giornata di divertimenti e soprattutto momenti erotici e al termine – nonostante la temperatura erotica sia stata altissima e ci sia stato anche uno scambio a livello umano – Dan decide di tornare alla sua vita. Alex compie la prima azione che fa presumere la presenza di problemi psichici, infatti si taglia le vene dei polsi manifestando la sua paura dell’abbandono e un comportamento autodistruttivo. Dan la aiuta mettendole delle fasciature e se ne va, anche se tale evento l’ha sconvolto molto e non vedendo l’ora di lasciarsi alle spalle questa storia. Di fatto, scompare e Alex inizia a cercarlo continuamente telefonando sia a casa che in ufficio, anche ad ore impensabili.
Sfinito dall’insistenza di Alex, per la quale si convince di provare una grande pena al fine di autogiustificarsi, Dan decide d’incontrarla. In tale occasione, la donna gli confessa di amarlo e di essere incinta di lui; sconvolto da questa notizia, Dan le propone di abortire ma lei rifiuta tempestivamente. Da questo momento, Alex si trasforma in persecutrice e riesce anche ad ottenere il nuovo numero di telefono casalingo di Dan presentandosi alla moglie e fingendosi interessata all’acquisto della casa messa in vendita: la moglie le porge il nuovo numero, non immaginando chi ha di fronte.
Intanto Dan si trasferisce con la famiglia in campagna, ma questo non scoraggia Alex: infatti nei giorni seguenti la donna versa dell’acido sulla macchina di Dan e gli fa avere un nastro magnetico con un messaggio in cui assume un tono abbastanza pacato chiedendogli di assumersi le responsabilità di padre, dicendogli che pensa ai momenti d’intimità passati insieme, rinnovandogli la dichiarazione d’amore ma contemporaneamente – con un cambio immediato nel tono – sibilando che lo odia, accusandolo di non essere in grado di amarla per una presunta misoginia. Si percepisce che la psiche della donna è caratterizzata da una oscillazione del giudizio tra polarità opposte tipiche della personalità borderline, in cui il pensiero è bianco o nero a seconda dei mutamenti di umore. Dan decide di andare alla polizia per un ordine restrittivo contro di lei, ma gli inquirenti non acconsentono per mancanza di prove. Un giorno, mentre tutta la famiglia è fuori, Alex uccide il coniglio che Dan aveva regalato alla figlia e lo mette in una pentola lasciando accesi i fornelli; la moglie entrando in casa scopre tutto e spaventata lancia un grido, mentre la figlia cade in depressione per la morte dell’amato animale. Dan alla luce di quest’ultimo fatto decide di raccontare tutto a Beth che, non prendendo bene la cosa, caccia di casa Dan il quale, prima di andarsene, telefona ad Alex dicendole che la moglie sa tutto e Beth le risponde che se si avvicinerà di nuovo alla famiglia, lei la ucciderà; dopo tutto ciò, Beth mostra subito di voler conservare l’unità familiare.
Alex decide di rapire la piccola Ellen portandola al luna park: la moglie, accorgendosi che la bambina non è a scuola, comprende immediatamente l’accaduto e sale in macchina per cercarla disperatamente, ma provoca un incidente stradale. Dan la va a trovare all’ospedale, dove c’è anche Ellen che Alex aveva riportato a casa, dopo di che si reca a casa dell’ex amante e comincia ad aggredirla con l’intento di ucciderla o quantomeno di spaventarla in modo che la smetta di far del male alla sua famiglia, arrivando a strangolarla salvo poi fermarsi; Alex tenta di uccidere Dan con un coltello, ma l’uomo la ferma; dopo alcune occhiate i due si separano senza più alcuna possibilità di riconciliazione, specie per quanto riguarda Dan, che decide di tornare alla polizia che accetta di far arrestare Alex per interrogarla.
Dimessa dall’ospedale, Beth decide di perdonare Dan e, mentre si sta preparando per fare il bagno, appare Alex con un coltello che la minaccia e le ferisce una coscia, manifestando così ulteriormente il desiderio di autoannientamento. Beth lancia delle urla disperate attirando l’attenzione di Dan, che corre in bagno dove scoppia una rissa con Alex, che culmina con Dan che cerca di affogare Alex nella vasca piena d’acqua: ad un certo lei sembra perdere i sensi ma dopo un po’ si rialza pronta a riattacare Dan ma Beth con un colpo di pistola le trafigge il cuore, uccidendola. Il film si conclude con un’inquadratura significativa della foto della “famiglia felice” sullo stipo dell’ingresso: finalmente i coniugi Gallagher potranno riprendere la loro normale vita coniugale.

RICONOSCIMENTI MONDIALI al film in questione:

1988 – Premio Oscar
Nomination Miglior film a Stanley R. Jaffe e Sherry Lansing
Nomination Migliore regia a Adrian Lyne
Nomination Miglior attrice protagonista a Glenn Close
Nomination Miglior attrice non protagonista a Anne Archer
Nomination Migliore sceneggiatura non originale a James Dearden
Nomination Miglior montaggio a Michael Kahn e Peter E. Berger
1988 – Golden Globe
Nomination Miglior film drammatico
Nomination Migliore regia a Adrian Lyne
Nomination Miglior attrice in un film drammatico a Glenn Close
Nomination Miglior attrice non protagonista a Anne Archer
1989 – Premio BAFTA
Miglior montaggio a Michael Kahn e Peter E. Berger
Nomination Miglior attore protagonista a Michael Douglas
Nomination Miglior attrice non protagonista a Anne Archer
1988 – ASCAP Award
Top Box Office Films a Maurice Jarre
1988 – Saturn Award
Nomination Miglior sceneggiatura a James Dearden
1988 – Eddie Award
Nomination Miglior montaggio a Peter E. Berger e Michael Kahn
1989 – Awards of the Japanese Academy
Nomination Miglior film straniero
1989 – Artios Award
Nomination Miglior casting per un film drammatico a Risa Bramon Garcia e Billy Hopkins
1988 – DGA Award
Nomination Miglior regia a Adrian Lyne
1993 – Golden Camera
Miglior attrice internazionale a Glenn Close
1990 – Golden Camera
Miglior attore internazionale a Michael Douglas
1988 – Golden Screen
Golden Screen Award
1989 – Grammy Award
Nomination Miglior colonna sonora a Maurice Jarre
1987 – National Board of Review Awards
Migliori dieci film
1989 – People’s Choice Awards
Miglior film drammatico
1988 – WGA Award
Nomination Miglior sceneggiatura non originale a James Dearden

DISLESSIA

STRUTTURE ACCREDITATE DALLA REGIONE LAZIO PER L’EROGAZIONE DI ATTIVITA’ RIABILITATIVE AMBULATORIALI PER I DISTURBI DI SVILUPPO


ASL Municipio

CENTRO

Indirizzo

Telefono

A
TANGRAM

Via Ida Baccini, 80

0687201072

A
II
DE SANCTIS

Viale Pola 27 a

0685357237

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II AUDIOFONOLOGOPEDIA

Via Poggio Moiano 6

0686211012

A

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IV

CAR

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068862765

A

III

C.M.P.H.

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0644291515; 0644233654

A

IV

A.L.M.

Via Salita Marcigliana 59

068889961

A

II

AUDIOMEDICAL

Via Pian di Sco, 88

0688295302; 0688295315

A

IV

CASA GIOCOSA

Via Picco  tre signori 14

0682001004

B

 

RI.REI.

Via L. Taldi, 37

Via Dionisio, 90

062005340

0620631182

B

 

DIDASCO

Via di Pescosolido, 160

064501654

B

V

TERI

Via Renato Simoni 31

064396363/8/9; 064396461

B

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CAPODARCO

Via Bisignano 19

067188113 ; 067188474

B

 

IST. F. SMALDONE

Via Tor de Schiavi, 404

062594079

B

X

IST. LA NOSTRA SCUOLA

Via Acerenza 35

067184450; 067188115

C

XI

Centro VOJTA

Via S. Pincherle 186

065413733; 065413225/6

C

 

CRC BALBUZIE

V.le Europa, 140

C

XI

A.L.M.

Via Ballarin 108

065036550; 065037545

C

VI

DE SANCTIS

Piazza Cardinali, 15

062428599

C

X

CASA SANTA ROSA

Via Appia Antica, 203

067183159; 067188450

C

XI

IRCCS S.LUCIA

Via Ardeatina, 306

0651501539

C

VIII

RI.REI.

Via Torrenova 149

062010975

D

XV

RI.REI.

Via Sbricoli 6

066556510/1 ;0665671550

D

XVI

 

RI.REI.

Via Maiorana, 145

0658322300 ; 065582229

D

XVI

RI.REI.

Via Colautti, 28

065839341

D

XI

ANFFaS

Via Appia Antica, 269

06635263

D

XIII

ANFFaS

Via del Sommergibile snc

065611946

D

Fiumicino

XIV

RIFI

     Via delle Lampare 2B

066522615

066582768

D

XV

SCUOLA VIVA

Via Crespina 30

0655269696; 06550915

E

XVII

AIRRI

Via Accinni, 20

063701450; 0639741153

E

XVII

IST. L. VACCARI

Viale Angelico 22

063701987; 063759301

E

XVII

FONDAZIONE DON ORIONE

Via della Camilluccia, 112

0635420549

E

 

UILDM

Via P. Santacroce, 15

066635757

E

XVIII

OPERA DON GUANELLA

Via Aurelia Antica 446

0666016517 ; 0666601505

E

XIX

S.MARIA BAMBINA

Via Fontanile Nuovo 104

0630811729

F

Cerveteri

PIANETA RIABILITAZIONE

Via D. Travagliati, snc

06

F

Campagnano

Formello

AIRRI

Via Vittoria, 25

Via M. Marchicelli, 22

0690146076; 069089739;

069042739

F

Civitavecchia

IST. S. CECILIA

Via Maratona 11

0766-23675

G

Monterondo

AUDIOMEDICAL

Via Panaro 40

0690623122

G

Fontenuova

VILLA ALBA

Via Nomentana, 432

069057785

H

Ciampino

CE.FI.

Via Col di Lana 130

067918634

H

Roccapriora

 

ANNI VERDI

Via  S. Sebastiano 3

0694073042

H

Grottaferrata

Villaggio E. LITTA

Via Anagnina 13

06945412

H

Marino

ASSO HANDICAP

Via P. Nenni 2

0693667702; 06938889

 

Servizi TSMREE Roma e Provincia

ELENCO SERVIZI

Tutela Salute Mentale e Riabilitazione dell’Età Evolutiva (Neuropsichiatria Infantile)
di Roma e Provincia

 

ASL – Municipio

Indirizzo

Telefono

Orari di apertura

RMA – I Via S.Martino della Battaglia, 16 06 77305516 Lunedì, mercoledì e venerdì 9,00-13,00
martedì e giovedì 15,00-18,00
  Piazza Castellani, 23 06 77306045 Dal lunedì al venerdì 8-1930

sabato 800-13

RMA – II Via Asmara, 29 06 862221966  Fax 06 86221965 Dal Lunedì al sabato 8,30-13,30
  Piazza Gentile da Fabriano, 7 06 77302919 Dal Lunedì al sabato 8,30-13,30
RMA – III Via Boemondo, 21 06 84483426 Dal lunedì al venerdì 8,00-19,00
sabato 8,00-13,30
  Via dei Sardi, 35 06 491597 Dal lunedì al venerdì  8,30-18,30
RMA – IV Via Cocco Ortu, 81 06 87133778 Lunedì, martedì, mercoledì e giovedì 8,00-19,30
venerdì  e sabato 8,00-14,20
  Via Dina Galli, 8 06 87136208 / 87284633 Lunedì, mercoledì e venerdì 7,30-14,30
Martedì e giovedì 7,30-18,30
Sabato 8,00-14,00
  Via Lampedusa, 23 06 87284336 Lunedì, Mercoledì, Venerdì 7,30-13,50
Martedì e Giovedì 7,30-17,30
Sabato 7,30-14,50
RMB -V via di Pietralata, 497 06.4143.5410 dal Lunedì al Gioverdì ore 8,30-17,30
Venerdì ore 8,30-15,30
Sabato ore 8,30-13,30
RMB -VII p.zza dei Mirti, 45 06.4143.5859 dal Lunedì al Sabato Ore 8,30-13,30
Lunedì, Mercoledì, Giovedì Ore 14,30-17,00
  via Manfredonia, 43 06.2598.972 dal Lunedì al Venerdì Ore 8,00-13,00
Martedì e Giovedì Ore 14,30-17,00
  via delle Resede, 1 06.2410.326 dal Lunedì al Sabato Ore 8,30-13,00
RMB -VIII via di Torrenova, 20 06.2013.902 dal Lunedì al Venerdì Ore 8,30-13,30
Mercoledì e Venerdì Ore 14,30-17,00
  via D. Cambellotti, 11 06.2012.301 dal Lunedì al Sabato Ore 8,00-14,00
Martedì Ore 14,30-17,30
  via A. Riva, 2 06.2050.207 dal Lunedì al Venerdì Ore 8,00-13,00
Lunedì Ore 14,30-17,00
  via T. Agudio, 5 06.2248.5027 Su appuntamento
RMB -X Viale Bruno Rizzieri, 226

 

06.7223.898
06.7223.844
06.7223.845

 

Tutti i giorni Ore 8,30-14,00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì Ore 14,30-17,30
  via Antistio, 15

 

06.4143.5012
06.4143.5015
06.4143.5037
06.7151.0290
Tutti i giorni Ore 8,30-14,00
Lunedì, Mercoledì, Giovedì Ore 14,30-17,30
  viale Bruno Rizzieri, 226 06.4143.4093 Martedì e Giovedì Ore 14,00-16,30
  via T. Agudio, 5 06.2248.5027 Su appuntamento
RMC – VI Via Casilina, 711 062427484 Fax.062427519 dal Lun. al Ven 08.00/17.00
RMC – IX Via Monza, 2 067002999 – 0651006528/01

Fax 0651006500

dal lunedì al giovedì dalle ore 8,30 alle ore 13.30 e dalle 14,30 alle ore 18.00; il venerdì dalle ore 8,30 alle ore 13.30
RMC – XI Viale Leonardo da Vinci, 98 065121631 – 06541744 Fax 065417039 dal lunedì al giovedì dalle ore 8,30 alle ore 14,00 dalle 14 alle ore 18 – il venerdì dalle ore 8,30 alle ore 14
  Via Collina Volpi 1   dal lunedì al sabato dalle ore 8 alle ore 14
RMC – XII Viale Europa,15 06 5923734 Dal lunedì al venerdì            9 – 18
  Via Camillo Sabatini snc 06 51006415 Lun. – Merc. – Gio.  7.30 – 17.30Martedi 7.30 – 19.00 Venerdì 7.30 – 14.00
RMD – XIII L.re P. Toscanelli, 230 – Ostia 0656483028 dal lun. al ven. 8.30 – 14 lun. 14.30 – 16.30
  Via del Poggio di Acilia 62/70 – Acilia 0652360596 dal lun. al ven. 8-14
RMD – XV Via Portuense 571  65548406/7/10 dal lun. al ven. 8.30 – 13
RMD – XVI Via Colautti 28  06588854139 dal lun. al sab. 8.30 – 13, lun. merc. giov. 15 – 18,30, mar. 15- 17

Fiumicino

Via Margottini 19 – Fiumicino 0665025494 dal lun. al ven. 8.30 -13 su appuntamento;
lun. mar. giov. ven. 14.30 – 17.30
RME – XVII Via Vittor Pisani 13 0668352629

Fax 0668352717

Da lunedì a giovedì 8,30-13,00; 14,30-19,00

Venerdì e sabato 8,30- 13,00

RME – XVIII Via Boccea 271 0668353251 Da lunedì a venerdì 8,30-13,00; Lun.-mart-giov 14,30-17,30

 

RME – XIX P.zza S. Maria della Pietà – Pad V 0668352805

0668352806

Fax 0668352841

Da lunedì a venerdì 8,30-13,00

Lun.-mart-giov 14,30-17,30

RME – XX Via S. Godenzo 204 0668354301

Fax 0668354311

Da lunedì a venerdì 8,30-13,00

Da lunedì a giovedì 14,30-17,30

       
       
RMG – Monterotondo Via Paribeni, 19 Mentana 06/9094477 tutti i giorni.
Si riceve per appuntamento:
RMG – Guidonia Via F.lli Gualandi, 35 0774 – 6545711 il Servizio è aperto tutti i giorni
RMG – Tivoli Via Maremmana Inf. Km 0,400 Villa Adriana _Loc. Roccabruna 335.6214343 tutti i giorni.
Si riceve per appuntamento:
RMG – Subiaco Largo Mazzini, snc   tutti i giorni.
Si riceve per appuntamento:
Olevano Romano via di S. Francesco

tutti i giorni.
Si riceve per appuntamento:
RMG – Palestrina Via Porta S. Martino 06 9574292

Fax 06 95322436

Lunedì e Giovedì dalle ore 08,00 alle ore 17,30
Martedì, Mercoledì e Venerdì dalle ore 08,00 alle ore 15,30
RMG –Colleferro Via Giotto 40 06.97223541 dal lunedì al venerdì ore 9.00 — 11.00, martedì, giovedì, dalle ore 16.00 alle ore 17.30
RMH – Frascati Via E. Fermi 2 06.940.442.04 lunedì, martedì, giovedì 8.00/18.00,
mercoledì e venerdì 8.00/14.00
RMH – Albano Piazza della Rotonda, 4 06.932.753.26

fax 06.932.753.25

lunedì, mercoledì e venerdì 8.00/15.00,
martedì e giovedì 8.00/15.00
RMH – Genzano Via Chatillon 06.93.738.42 lunedì, mercoledì, venerdì e sabato 8.00/14.30,
martedì e giovedì 8.00/18.00
RMH – Marino Via delle Ortensie, 2 (Localita’ Due Santi) 06.935.430.53 lunedì 8.00/18.00
martedì, mercoledì e venerdì 8.00/15.00,
giovedì 8.00-16.00
RMH – Pomezia Piazzale Aldo Moro, 4 06.910.856.7

fax 06.910.828.8

lunedì, mercoledì e venerdì 8.00/14.00
martedì e giovedì 8.00/17.00
RMH -Velletri Via San Biagio, 19 06.932724.30/2446/2431 dal lunedì al venerdì 8.30/13.30
RMH -ANZIO

Ospedale “Villa Albani” pad.  “Campagna” 06.987.914.79 fax 06.987.914.76 lunedì, martedì, mercoledì e venerdì 8.00/16.00
giovedì 12.00/19.00

Servizi di NPI in strutture Universitarie – Ospedaliere

 

 

UOC NPI B – Dip. S.N.P.R.E.E. – Pol. Umberto I – Univ. Sapienza Via dei Sabelli 108 0644712254

 

0644712278

Ambulatorio Generale dal lunedì al venerdì 8,30-13,30

UOC B dal lunedì al sabato 8,30-14,00

UOC NPI -Osp. Bambino Gesù P.zza S.Onofrio 4

Padiglione Ford

06.6859.2734
fax: 06.6859.2450
 
UOC NPI – Policlinico A. Gemelli – Univ. Cattolica Largo Agostino Gemelli 8 06 30155340

Fax 06 30154363

 
UOC NPI – Policlinico -Università Tor Vergata Viale Oxford 81

 

Via Nomentana, 1362 (Clinica S. Alessandro)

06.2090.0249
Fax: 06.2090.0018

 

06.4140.0129 – 0356