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1963-2013: la “media di tutti” compie mezzo secolo

da LaStampa.it

1963-2013: la  “media di tutti” compie mezzo secolo

La fase dell’obbligo fu elevata a 14 anni aprendo le porte a 600.000 ragazzi e ragazze
roma

«Sono 50 anni dalla riforma della scuola media unica, una grande riforma». Lo ricorda, con un tweet, il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza.

Il 31 dicembre del 1962 veniva, infatti, approvata la legge di riforma della scuola media che diventava obbligatoria e gratuita per tutti e, il 31 gennaio dell’anno successivo, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, aveva inizio la prima grande riforma democratica dopo la riforma Gentile. E il primo ottobre 1963 i primi studenti varcarono i cancelli per frequentare la “media unica”.

La riforma della scuola media unica  nacque da un decisivo dibattito parlamentare attorno all’idea di uguaglianza. Le nuove scuole medie aprirono le porte a 600.000 ragazzi e ragazze – figli di operai, braccianti, artigiani. Per qualche decennio il nostro Paese sperimentò la mobilità sociale. La legge del ’63, sottolinea la Uil Scuola in un documento redatto in occasione dei “primi 40 anni”, è frutto di una importante stagione riformista che ha consentito la crescita e l’emancipazione sociale e civile del nostro Paese e si caratterizzava per una forte apertura democratica, contro ogni discriminazione sociale, con un ampliamento significativo degli sbocchi alle scuole secondarie.

La legge trovò i suoi presupposti in alcuni articoli inattuati della Costituzione: nello specifico si diede finalmente seguito all’articolo 34 (istruzione obbligatoria per almeno otto anni) per cui si viene a prescrivere che la fascia dell’obbligo venga elevata fino all’età di 14 anni e abbia carattere gratuito.  Recita la legge infatti all’art.1: «La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva».

La nuova legge abolì anche l’esame di ammissione alla scuola media, mentre la Licenza media conseguita con il superamento dell’esame finale, consentì la successiva iscrizione a tutti i tipi di istruzione superiore. Contestualmente venne posto fuori legge il lavoro minorile, anche sotto forma di apprendistato, per i minori di 14 anni: la legge 1859 si pone dunque a fondamento di quella scolarizzazione di massa che l’Italia perseguirà, con notevole successo, a partire dagli anni sessanta.

Obiettivo principale della riforma era quello di estendere a tutti i ragazzi tra gli 11 e i 14 anni l’istruzione obbligatoria. Ma anche portare all’80% il numero dei ragazzi con la licenza di scuola secondaria inferiore, aumentare del 120% i licenziati annui delle scuole professionali, del 150% i diplomati annui degli istituti tecnici, del 60% i maturati annui degli istituti umanistici, del 120% il numero dei laureati. Uno degli effetti della riforma fu che nel decennio immediatamente successivo a fronte di una crescita della popolazione italiana del 6,5%, l’aumento dei ragazzi che frequentavano la scuola media unica è stato del del 32,6%. In trent’anni, dal 1961 al 1991, per effetto dell’allargamento degli sbocchi previsto dalla riforma si sono triplicati gli studenti che hanno conseguito la licenza di scuola media inferiore. Stesso trend, sebbene con dimensioni più ridotte, ha riguardato i laureati che sono passati dal 1% al 4% della popolazione. Nell’anno scolastico 2001-2002, 1.800.000 ragazzi hanno frequentato le medie insieme a 38.926 allievi di cittadinanza straniera.

Firmato il decreto sui libri digitali

da LaStampa.it

Firmato il decreto sui libri digitali

 La novità verranno introdotte gradualmente a partire dal prossimo anno scolastico
roma

Al via la transizione verso il libro digitale nella scuola. Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Maria Chiara Carrozza ha firmato il decreto ministeriale che sancisce tempi e modi del passaggio dalla carta all’e-book.

La novità verrà introdotta gradualmente a partire dal prossimo anno scolastico. Sempre dal 2014/2015 cambieranno, poi, anche i tetti di spesa per i testi, con un risparmio immediato del 10% per le famiglie degli alunni che frequenteranno le classi prime della secondaria di primo grado e le prime e le terze della secondaria di secondo grado, quelle in cui la dotazione libraria viene cambiata per intero risultando dunque più costosa.

Il decreto contiene, nel suo allegato, anche linee guida sul libro del futuro che dovrà essere sempre meno di carta, ma, soprattutto, fruibile su tutti i supporti digitali (tablet, pc, lavagne interattive di produttori diversi), in modo da lasciare la massima libertà nell’acquisto a famiglie e insegnanti.

«Sono consapevole dell’importanza di questo passaggio storico al libro digitale – afferma il Ministro Maria Chiara Carrozza – Probabilmente il modo di apprendere cambierà molto. Ma non deve cambiare la nostra attenzione ai contenuti, alla qualità degli apprendimenti e alle pari opportunità per tutti gli studenti italiani. Credo – aggiunge – che il libro digitale possa rappresentare una grande opportunità di crescita e progresso per la nostra scuola se sarà vissuto in modo aperto e progressivo da tutti gli attori del sistema scolastico».

Si parte dal prossimo anno scolastico. Dal 2014/2015, e per i successivi anni scolastici, i collegi dei docenti potranno adottare, “limitatamente alle nuove adozioni e non per le conferme di adozione”, libri nella versione elettronica o mista (parte cartacea, parte multimediale).

La conversione al digitale sarà dunque graduale. Mentre calano da subito i tetti di spesa nelle classi dove i costi per la dotazione libraria sono solitamente più elevati. Nel 2014/2015, infatti, nelle prime della secondaria di primo grado e nelle prime e terze della secondaria di secondo grado, i tetti saranno ridotti del 10% laddove i libri richiesti saranno in versione mista (in parte digitali, in parte cartacei). Se invece, nelle stesse classi, i docenti decideranno di adottare solo libri digitali il tetto di spesa sarà ridotto del 30%. La riduzioni si applicheranno progressivamente alle classi successive.

Il Ministero promuoverà un monitoraggio dell’andamento delle adozioni anche per diffondere le migliori pratiche e sostenere i processi di innovazione. Restano confermati per il 2014/2015 i prezzi di copertina dei libri di testo per la scuola primaria già definiti per il 2013/2014, eventualmente incrementati del tasso di inflazione programmata. Il precedente decreto sui libri digitali, il n. 209 del 26 marzo 2013, è abrogato.

Il libro del futuro sarà sempre meno cartaceo e sempre più elettronico. La riduzione dei tetti di spesa più sostanziosa per chi passa all’e-book punta a promuoverne la diffusione. Digitale dovrà comunque fare rima con qualità. Nel decreto firmato dal ministro si fissano infatti precisi paletti per le caratteristiche degli e-book. I libri di testo, anche nella versione non cartacea, dovranno continuare ad essere conformi alle indicazioni nazionali (i piani di studio), dovranno offrire un’esposizione autorevole degli argomenti, organizzare contenuti complessi in un percorso narrativo efficace attraverso infografiche, animazioni, tabelle, contenuti audio e video.

I software utilizzati per i libri digitali dovranno essere aperti e interoperabili, fruibili con la stessa qualità, cioè, su tutti i supporti elettronici, dai computer ai tablet, in commercio per lasciare libertà di scelta alle famiglie e ai docenti nell’acquisto. I dati raccolti eventualmente attraverso le piattaforme di fruizione dovranno essere gestiti secondo le normative sulla privacy. Nel caso siano necessari software specifici per l’utilizzo degli e-book o dei contenuti digitali dei libri misti, gli studenti dovranno poterli scaricare gratuitamente sul sito dell’editore. Nel caso di testi misti, la parte cartacea dovrà essere prodotta utilizzando materie prime di costo contenuto e con un occhio al peso complessivo del libro, favorendo i fascicoli rispetto ai tomi di molte pagine a patto di mantenere lo stesso prezzo di copertina.

Allarme crisi, sindacati contro

da ItaliaOggi

Allarme crisi, sindacati contro

Cgil, Cisl e Uil si mobilitano. Il timore di nuovi tagli lineari. Assemblee anche nelle scuole. Documento per la governabilità. Addio al contratto

 di Alessandra Ricciardi

I sindacati hanno ben chiari i rischi di una crisi. A partire da quell’ipotesi, che diventa sempre meno remota, di una legge di stabilità scritta dalla cosiddetta Trojka (Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea), e che non sarebbe assai diversa da una manovra messa a punto esclusivamente da un soggetto ragionieristico (ministero dell’economia) e non anche politico: tagli lineari alla spesa dello stato, con una riduzione degli stipendi dei dipendenti pubblici, se non addirittura (come del resto già avvenuto in Grecia) un licenziamento delle unità ritenute in esubero, dalla sanità alla scuola. É questo uno degli scenari più inquietanti che sta dietro la porta della crisi politica che nei prossimi giorni dovrà essere definita nei suoi contorni e nei suoi sbocchi con il ritorno in parlamento del premier Enrico Letta.

Ieri i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, hanno annunciato la mobilitazione e sottoscritto un documento a sostegno della governabilità del paese. Per spiegare le loro ragioni si preparano volantinaggi nei supermercati e assemblee nei luoghi di lavoro, comprese le scuole. Giovedì a Piombino la prima manifestazione con i segretari generali.

Il documento sindacale rivendica le tre priorità della prossima legge di stabilità: «Restituzione fiscale ai lavoratori dipendenti e ai pensionati; una riduzione fiscale sulle imprese collegata agli investimenti e all’ occupazione; il completo finanziamento della cassa integrazione in deroga e la definitiva soluzione al problema degli esodati e dei precari della pubblica amministrazione, della scuola e della ricerca». Mai si parla di rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici, su cui pure le singole categorie, a partire da quelle della scuola, in queste settimane hanno fatto pressing sul governo. Evidentemente la consapevolezza a livello confederale, anche in casa Cgil, è che si tratta di un obiettivo non perseguibile. Nel riaffermare la necessità di un taglio alla spesa pubblica, essenziale per centrale l’obiettivo del 3% del rapporto deficit/Pil, i tre segretari argomentano la necessità, «abbandonando la dannosa logica dei tagli lineari», di realizzare «un vero riordino istituzionale e una riduzione della spesa corrente attraverso i costi standard, avviando un processo contrattuale di riorganizzazione della pubblica amministrazione». L’unico contratto di cui, almeno fino al 2014, è dato parlare è quello che deve servire a riorganizzare la macchina pubblica. Un invito che è stato rivolto alle stesse categoria perché si facciano promotrici di proposte al governo che sarà. Sembra dunque, se la linea sarà confermata, che anche le richieste legate agli scatti di anzianità nella scuola siano destinate a depotenziarsi. Per cedere il passo a un progetto riformista della macchina pubblica prima che a procedere a riduzioni di spesa siano soggetti esterni.

Intanto la crisi, se non sarà ricomposta e dovesse concludersi con il voto anticipato, minaccia di rendere inutile in questi giorni il lavoro delle camere per la conversione in legge da un lato del decreto sulla razionalizzazione della pa, con le misure per l’avvio della stabilzzazione dei precari pubblici, e dall’altro del decreto scuola. Dal via libera all’assunzione su tutti i posti disponibili nell’organico dei docenti alle misure per il welfare degli studenti, tutto rischia di saltare. «Siamo in prima pagina sul Financial Times con il governo Letta a rischio e siamo anche in prima pagina per la vicenda Telecom: non avrei mai pensato di continuare a finire in prima pagina sul Ft per questo, è un danno di reputazione enorme», ha commentato il ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza.

Dispersione, 4% del Pil in fumo

da ItaliaOggi

Dispersione, 4% del Pil in fumo

Intervita, Fondazione Agnelli e Cgil valutano l’impatto economico degli abbandoni

Lasciano 2 studenti su 10, primato italiano in Europa

 di Emanuela Micucci  

Settanta miliardi di euro e 4 punti di Pil. Tanto costa all’Italia la dispersione scolastica, un fenomeno che attraversa la Penisola, da Nord a Sud, interessando quasi 2 studenti su 10. Da questa prima misurazione, effettuata da Daniele Checchi, economista dell’Università di Milano, sui dati dell’indagine Isfol Plus 2006, prende le mosse la Ricerca nazionale sulla dispersione scolastica che Intervita, Fondazione Giovanni Agnelli e l’associazione Bruno Trentin della Cgil lanceranno oggi al Senato.

Obiettivo: quantificare per la prima volta l’incidenza degli abbandoni scolastici sul Pil italiano e i relativi investimenti messi in campo dal Terzo Settore per contrastarla.

Nonostante le risorse stanziate e i progetti realizzati in questi anni per contrastare il fenomeno sia da parte del ministero dell’istruzione sia da parte del privato sociale, il 17,6% dei ragazzi minori di 16 anni lascia prematuramente la scuola, un tasso di abbandoni che tra i giovani maggiorenni fino a 24 anni tocca il 18,2%. Dati Eurostat,che collocano l’Italia in fondo alla classifica europea, dove la media degli abbandoni è il 14,1% dei ragazzi, che scende al 10,5% in Germania, 11,6% in Francia e 13,5% nel Regno Unito. Percentuale che allontana dall’obiettivo di Europa 2020 di ridurre la dispersione sotto il 10%.

Un ritardo di cui l’Italia paga un prezzo salatissimo: 70,7 miliardi di euro l’anno, pari a circa il 4% del Pil che si potrebbe guadagnare, spiega Checchi, «se per un incantesimo si riuscisse a portare l’intera popolazione italiana a conseguire un diploma di scuola superiore e se ci fosse un ipotetico mercato del lavoro in grado di assorbirla tutta». «Un calcolo che – sottolinea Alessandro Volpi di Intervita – dà l’idea dell’importanza di contrastare la dispersione scolastica in modo efficace e del potenziale economico che ha per il Paese».

Di qui la nuova ricerca lanciata stamattina non solo per valutare l’impatto economico della dispersione, ma anche per comprendere quali sono le migliori iniziative messe in campo sia del Miur sia del Terzo Settore, valutarne e ottimizzare le risorse. «I dati del Miur non ci tornano – prosegue Volpi -, perché c’è un sommerso non registrato.

Si pensi ai dopo scuola organizzati dagli studenti universitari o dalle parrocchie: realtà in alcun territori molto forti. O al mercato in nero delle ripetizioni.

Ai progetti delle associazioni no profit. Oltre ai fondi per bandi come quello della Legge 285 o il Por del Miur. Operando sul campo con il progetto Frequenza200 registriamo nuove forme di disagio che con la crisi si stanno affacciando non solo al Sud ma anche al Nord, nei quartieri bene e nelle periferie urbane, colpendo ragazzi provenienti da fasce sociali finora non a rischio, come le famiglie separate o con disoccupati». «I dispersi – sottolinea Gianfranco De Simone di Fondazione Agnelli – sono soprattutto i maschi, provenienti da un ambiente familiare con un livello di istruzione basso e/o d’origine straniera, soprattutto di prima generazione. Di solito ci si concentra sul biennio delle superiori, ma il meccanismo inizia alle medie. Un intervento più efficace, poi, dovrebbe contare su un sistema di monitoraggio integrato tra Miur, regioni e provincie».

L’anagrafe degli studenti del ministero infatti segue il percorso di ogni studente ma, se un ragazzo dopo le medie iscrive alla formazione professione per assolvere l’obbligo scolastico, risulta nell’anagrafe dell’ente locale che non è integrata con quella ministeriale. «Il rischio – precisa De Simone – è sovrastimare la dispersione, che tuttavia resta alta».

Comodato d’uso, prima il Sud

da ItaliaOggi

Comodato d’uso, prima il Sud

Firmato il decreto, pronti 2,7 milioni

 di Franco Bastianini  

Via libera alla distribuzione – ma con priorità alle scuole del sud dove le famiglie vivono una situazione di maggiore disagio economico e agli alunni meritevoli – delle risorse stanziate dal decreto legge 12 settembre 2013, n. 104 (8 milioni di euro di cui 2,7 per il 2013 e 5,3 per il 2014) per l’acquisto, da parte delle scuole o reti di scuole, di libri di testo e dispositivi elettronici per la lettura dei materiali didattici digitali da concedere in comodato d’uso agli studenti della secondaria di primo e di secondo grado.

I 2,7 milioni disponibili per l’anno 2013 sono infatti destinati, si legge in un comunicato dell’ufficio stampa del ministero dell’istruzione datato 24 settembre 2013, alle scuole secondarie statali di primo e secondo grado che si trovano in Abruzzo, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia, Sardegna e Puglia, Regioni dove – secondo il ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza – il tasso di famiglie disagiate( con reddito netto fino a 15.493,71 euro) è superiore al 15 per cento.

I fondi disponibili per il 2014(5,3 milioni di euro) saranno destinati anche alle scuole delle restanti. La decisione del ministro dell’istruzione di assegnare solo alle scuole del sud le risorse stanziare per l’anno 2013 dal decreto legge 104/2013 lascia quanto meno perplessi.

Di famiglie che vivono in situazioni di disagio se ne contano, purtroppo, molte anche in tutte le altre Regioni d’Italia e soprattutto in quelle dove più alto è il numero dei genitori in cassa integrazione o con lavori precari se non addirittura disoccupati.

I criteri per l’accesso al comodato d’uso fissati nel decreto del ministro dell’istruzione potevano certamente applicarsi a tutte le famiglie in situazioni di disagio senza alcun bisogno di applicare una priorità territoriale che l’attuale situazione economica del paese non giustifica.

I testi o i dispositivi elettronici potranno essere dati solo agli studenti che ne fanno richiesta purché in possesso dei requisiti economici indicati in precedenza e che non risulteranno beneficiari di altri contributi per la fornitura totale o parziale. A parità di condizioni economiche, il comodato d’uso dovrà essere concesso agli studenti più meritevoli in base ai voti finali dell’anno scolastico 2012/2013 e 2013/2014.

Copiare agli esami di stato qualche volta può essere legittimo

da Tecnica della Scuola

Copiare agli esami di stato qualche volta può essere legittimo
di P.A.
La Legge italiana favorisce i copioni, anche se solo in alcuni casi particolari. Eccoli
Se in base all’art. 12 comma 5 dell’Ordinanza Ministeriale N° 41/2012, una Commissione d’esame aveva escluso dagli Esami di Stato una ragazza sorpresa a copiare un intero passo dallo smartphone nascosto malamente sotto il proprio banco, un ricorso al consiglio di Stato l’ha riabilitata. Il Tar della Campania, al quale la ragazza si era rivolta per non avere annullato l’esame, racconta Affaritaliani.it, ha rigettato l’istanza come non valida adducendo la motivazione che, anche quando si tratta di Esami di Stato, possono essere applicate le sanzioni previste nell’ambito dei concorsi pubblici, con particolare rilievo per ciò che riguarda il DPR N° 323/1998 all’art. 13. Non soddisfatta dalla decisione del Tribunale Amministrativo, la ragazza tramite il proprio legale è ricorsa nientemeno che al Consiglio di Stato. La Difesa ha fondato il ricorso in appello sulla base del carattere non vincolante della sanzione oggetto della questione, evidenziando peraltro come proprio all’interno dell’art. 13 comma 1 del DPR 323/1998 sia detto chiaramente che la valutazione dell’esaminando deve essere stabilita da un complesso di fattori come, ad esempio, il curriculum scolastico e le competenze acquisite durante il percorso formativo. Prima dell’esame vero e proprio, dunque. La valutazione in sede di esame di uno studente, allora, deve essere complessiva del percorso di studi condotto fino a quel momento e anche della peculiare personalità del soggetto. Discorso diverso dalla situazione dell’esaminando di un concorso pubblico: la qualità del percorso individuale vale solo nella misura in cui viene dimostrata nella prova d’esame così come il comportamento durante l’atto dell’esame diventa determinante sul suo esito, ecco spiegata la lettera dal succitato art. 12, comma 5 dell’O.M. n. 41/2012. La studentessa in questione, durante gli anni del percorso scolastico, aveva costruito un eccellente percorso scolastico, cosa che non poteva essere ignorata nella necessaria valutazione complessiva. Resta da chiedersi, allora, perché abbia sentito la necessità di copiare durante la prova. Ma questa è un’altra storia dato che, nel frattempo, la Corte ha annullato la sentenza del TAR.

La scuola resta in Carrozza e prosegue con il suo programma

da Tecnica della Scuola

La scuola resta in Carrozza e prosegue con il suo programma
di Lucio Ficara
Il senatore Giovanardi parla di una possibile scissione all’interno del PdL. Letta potrebbe ottenere la fiducia e proseguire nel suo cammino.
Dalle notizie di queste ultime ore, sembrerebbero arrivare segnali rassicuranti che darebbero fiducia all’esecutivo guidato da Enrico Letta. Il senatore Giovanardi lancia la notizia clamorosa di una possibile scissione all’interno del PDL, infatti dichiara: “abbiamo i numeri, siamo anche più di 40, e siamo fermi nel voler mantenere l’equilibrio di governo. Per questo voteremo la fiducia. Il problema dei numeri al massimo è degli altri”.  Una dichiarazione che fa ben sperare ed allontana i gravi timori, alimentati oggi dal presidente del parlamento europeo Martin Schultz, in un’intervista all’Ansa. In buona sostanza ci sono problemi così urgenti da affrontare per l’Europa e per l’Italia, che ci viene chiesto dalla stessa Europa il massimo della responsabilità e della stabilità politica. Questo è il motivo che sta spingendo i politici più moderati e responsabili del PDL a votare la fiducia al governo Letta.  Questo nuovo quadro politico, che con ogni probabilità si potrebbe verificare da domani, si baserebbe su tre coordinate principali: durata dell’esecutivo fino al 2015, modifica della legge elettorale e varo dei provvedimenti economici necessari. E per la scuola cosa accadrà? Visto il lavoro svolto fino ad oggi dall’attuale ministro dell’istruzione e la collegialità con cui sono stati presi tutti i provvedimenti fino a questo momento, si può dire che la scuola, sempre che domani non succeda l’imponderabile, resta in “Carrozza”, pronta a proseguire il suo programma.  La prima cosa da fare, lo ha affermato lo stesso ministro Carrozza, è la conversione in legge, nel più breve tempo possibile del decreto legge n. 104/2013. Ma c’è tanto altro da fare, ad esempio sul gravoso tema della dispersione scolastica, dove lo Stato non può esimersi dal trovare soluzioni a questo problema, che al sud si collega evidentemente con i circuiti delle organizzazioni malavitose. Inoltre nel prossimo anno e mezzo, si spera di affrontare anche il tema del rinnovo del contratto della scuola e della valorizzazione professionale dei docenti. Adesso attendiamo domani per capire se tali previsioni saranno confermate dai fatti e se così fosse, potremmo dire che a vincere non è stato l’esecutivo Letta, ma l’Italia tutta.

Abbandono scolastico, l’Italia prima in Europa: ogni anno lasciano 700 mila ragazzi

da Tecnica della Scuola

Abbandono scolastico, l’Italia prima in Europa: ogni anno lasciano 700 mila ragazzi
di Alessandro Giuliani
Con il 17,6% siamo ancora lontani dal 10% indicato dall’Ue: il dato aumenta al Sud Italia e si riduce al Centro-Nord. Avviato uno studio nazionale che avrà come capofila la onlus Intervita, con l’associazione Bruno Trentin della Cgil e la Fondazione Giovanni Agnelli: il fine è identificare la tipologia, i ragazzi che lasciano i banchi di scuola, i tipi di intervento e la loro efficacia.
Ammonta a circa 700 mila la quota di ragazzi e ragazze che ogni anno lascia i banchi di scuola oppure li frequenta saltuariamente tanto da non avere alcuna possibilità di successo formativo. Sono i preoccupanti dati nazionali sulla dispersione scolastica, ricordati il 1° ottobre a Roma dai realizzatori di uno studio che avrà come capofila la onlus Intervita, con l’associazione Bruno Trentin della Cgil e la Fondazione Giovanni Agnelli.
Questi i numeri: con il 17,6% di ragazzi che abbandonano gli studi l’Italia, secondo i dati Istat ed Eurostat, è in fondo alla classifica europea; un gap pesante con il resto dell’Europa, dove in media l’abbandono scolastico è del 14,1%. Nei paesi di pari sviluppo socio-economico la media è molto più bassa: in Germania è 10,5%, in Francia 11,6%, nel Regno Unito 13,5%. Il dato aumenta al Sud Italia, dove è al 22,3%, mentre al Centro-Nord di attesta intorno al 16%.
A ben vedere, in Italia rispetto al 2000, quando erano il 25,3%, i cosiddetti early school leavers sono diminuiti, con un primo passo avanti verso il raggiungimento dell’obiettivo Europa 2020 del 10%. Un dato su cui è prudente il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria: “C’è un lento miglioramento dei dati sulla dispersione, assolutamente insufficiente, che deriva dallo sforzo immane delle scuole pubbliche. Il danno alle possibilità di sviluppo e il fallimento formativo sono stati finalmente messi in relazione con strumenti molto più fini che in passato”, ha aggiunto il sottosegretario intervenendo alla presentazione degli obietti della ricerca.
“Colpisce soprattutto – per Valeria Fedeli, vice presidente del Senato – che al Sud quasi un ragazzo o una ragazza su 4 abbandonino la scuola: in un circuito esponenziale che unisce dispersione scolastica e disoccupazione giovanile con la criminalità. Con un danno per la società che perde capitale umano”.
La ricerca che parte il prossimo mese e i cui risultati saranno presentati tra un anno, ha come aree di riferimento le province di Milano, Roma, Napoli e Palermo. Il fine è identificare la tipologia e il numero di ragazzi che lasciano i banchi di scuola e i tipi di intervento e la loro efficacia. Intervita ha già lanciato lo scorso anno un progetto pilota con Frequenza 200, duecento come il numero dei giorni di lezione che la scuola deve garantire per legge, che prevede attività di un centro diurno operativo 5 pomeriggi a settimana. Il network coinvolge 800 insegnanti e dirigenti scolastici, 2.500 famiglie e gli operatori sociali in attività educative.
Un piano ambizioso, dunque, che prevede il coinvolgimento di più settori: la scuola, del resto, di fronte ad un fenomeno complesso e trasversale come quello dell’abbandono scolastico precoce da sola non può farcela a vincere la sfida.

“Una follia” se il Dl Scuola non passasse

da Tecnica della Scuola

“Una follia” se il Dl Scuola non passasse
“Sarebbe una follia per il Paese se il decreto Scuola non venisse convertito per manovre politiche”: a dirlo Gianluca Galletti, sottosegretario all’Istruzione, a Bologna per il Consiglio straordinario indetto dalla Provincia per l’avvio dell’anno scolastico
Nel decreto, ricorda Galletti, “abbiamo messo 400 milioni di euro per migliorare la situazione delle scuole”, soprattutto sul fronte del diritto allo studio: ci sono, ad esempio, fondi per l’acquisto dei libri e in aiuto delle famiglie meno abbienti. “Se non venisse convertito in legge per manovre politiche sarebbe una follia, una grandissima occasione persa per la scuola e per il Paese”, insiste il sottosegretario, facendo riferimento alla crisi di Governo che si sta consumando in queste ore. Galletti rivendica poi l’impegno che l’Esecutivo delle larghe intese ha messo sulla scuola. “Abbiamo segnato un’inversione di tendenza- afferma il sottosegretario- in questi sei mesi abbiamo dato un esempio per chi dovra’ governare un domani. Scuola, universita’ e ricerca sono al centro del nostro programma come scelta strategica e industriale per il futuro del Paese”. E aggiunge: “La spending review non tocchera’ piu’ il settore della scuola”

Chiarimenti sulla partecipazione ai corsi di specializzazione per il sostegno

da Tecnica della Scuola

Chiarimenti sulla partecipazione ai corsi di specializzazione per il sostegno
di L.L.
L’Università Luspio di Roma pubblica due faq in vista della scadenza del 10 ottobre per la presentazione delle domande
Come abbiamo già comunicato in una precedente notizia, l’Università Luspio di Roma (per il momento l’unica) ha pubblicato il bando per la selezione di candidati ai corsi di sostegno.
Sono disponibili n. 100 posti per la specializzazione nella scuola dell’infanzia, n. 150 posti per la specializzazione nella scuola primaria, n. 150 posti per la specializzazione nella scuola secondaria di primo grado e n. 100 posti per la specializzazione nella scuola secondaria di secondo grado.
In vista della scadenza per la presentazione delle domande di iscrizione (ore 24:00 del 10 ottobre 2013), l’Università chiarisce i seguenti aspetti:
 
Docenti di ruolo e corsi per il sostegno:
Al fine di dissipare ogni equivoco, si comunica che i docenti di ruolo di ogni ordine e grado della scuola italiana possono partecipare ai corsi di specializzazione per il sostegno organizzati da questo Ateneo, considerato che il DM del 30 settembre 2011 non contiene alcun riferimento in proposito.
Abilitazione per l’infanzia, primaria e corsi per il sostegno:
In considerazione delle numerose richieste di chiarimento circa la possibilità di partecipare ai corsi per il sostegno da parte di insegnanti in possesso del titolo di abilitazione magistrale o di diploma magistrale, conseguiti prima dell’a.s. 2001-2002, si precisa che è possibile partecipare alla selezione, e quindi ai corsi, se si è in possesso del titolo di abilitazione comunque conseguito. L’abilitazione – e non il diploma abilitante – è il requisito di accesso.

Quando la richiesta di alcuni dati non è pertinente

da Tecnica della Scuola

Quando la richiesta di alcuni dati non è pertinente
di L.L.
Il Garante per la privacy interviene sull’eccesso di informazioni richieste da un Comune per l’iscrizione all’asilo nido
Non è legittima la richiesta di un Comune di dati non indispensabili per l’iscrizione dei bambini ad un asilo nido comunale.
Un recente intervento del Garante per la protezione dei dati personali [doc. web n. 2554925] ha dichiarato illecita la raccolta di un numero rilevante di informazioni, spesso inutili e in alcuni casi di natura sanitaria, ed ha vietato al comune di raccoglierle di nuovo in futuro, limitandosi alla raccolta delle sole informazioni necessarie alla verifica dei criteri di iscrizione previsti dal Regolamento comunale.
Nel dettaglio, il Comune di Landriano aveva chiesto alle famiglie di riportare nel modulo le seguenti informazioni: • il motivo di assenza di uno dei genitori dal nucleo familiare (“separazione, divorzio, morte, etc.”); • la presenza di un procedimento di affido o adozione; • l’origine straniera di uno o entrambi i genitori, con l’indicazione dell’anno di ingresso in Italia; • la professione o la scuola frequentata da eventuali altri figli componenti il nucleo familiare; • il nome, il cognome, la data di nascita, la residenza dei nonni del minore e, nel caso questi risiedano sul territorio del Comune, anche l’occupazione, ivi compreso l’orario settimanale di lavoro, lo stato di salute e l’invalidità, comporta specifici profili di criticità in relazione alla disciplina in materia di protezione dei dati personali.
Dal confronto delle due liste di dati personali (quelli necessari alla verifica dei requisiti di ammissione all’asilo nido indicati nell’art. 5 del Regolamento del Comune, al sussistere dei quali viene attribuito un determinato punteggio ai fini della stesura della graduatoria e quelli invece richiesti nel modulo di domanda per l’iscrizione all’asilo nido) il Garante ha evidenziato che talune informazioni richieste nel modulo non risultano conferenti ai fini della verifica dei requisiti di ammissione.
In particolare, alcuni dati richiesti relativi alla famiglia (motivo di assenza di uno dei genitori, la presenza di un procedimento di affido o adozione in corso, l’origine straniera di uno o entrambi i genitori, con l’indicazione dell’anno di ingresso in Italia, la professione o la scuola frequentata da eventuali altri figli componenti il nucleo familiare), non essendo riconducibili in alcun modo ai requisiti previsti dal Regolamento comunale, non sono stati considerati rilevanti ai fini dell’attribuzione del punteggio per la predisposizione della graduatoria, in quanto appunto, non corrispondenti ai criteri di cui il Comune tiene conto ai medesimi fini.
Analogamente, non risulta comprovato che l’acquisizione obbligatoria, da parte del Comune, delle informazioni sui nonni, ivi comprese quelle riguardanti l’attività lavorativa e il loro stato di salute e invalidità, anche qualora non appartengano al nucleo familiare del bambino, risulti riconducibile ad alcuno dei requisiti previsti per l’ammissione all’asilo nido.
Per quanto riguarda, invece, le informazioni relative al padre e alla madre del minore (anche concernenti l’attività di studio o di lavoro), alla presenza di entrambi i genitori nel nucleo familiare, alla circostanza che la famiglia sia affidata ai servizi sociali, all’anno di nascita di eventuali altri figli componenti il nucleo familiare e al numero di persone di cui si compone lo stesso nucleo familiare, tali dati si configurano certamente idonei a evidenziare la sussistenza dei requisiti individuati nel regolamento comunale; il trattamento di tali informazioni pertanto, nel caso di specie, non ha presentato profili di criticità.

Il “Concorsone” diventa trasparente: ecco tutti i dati

da Tecnica della Scuola

Il “Concorsone” diventa trasparente: ecco tutti i dati
“Operazione Trasparenza sul concorso dei docenti”: il Miur pubblica i dati relativi alle procedure sul concorso a cattedre indetto il 24 settembre 2012, per un totale di 11.542 posti. Proclamati 8.303 vincitori, 3.255 già immessi in ruolo
La ministra dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, per fare definitiva chiarezza sulle procedure concorsuali, ha disposto la diffusione dei dati relativi al cosiddetto ‘concorsone’ disponibili presso gli uffici ministeriali. Quelli sui vincitori, comunica il MIur, sono da considerarsi parziali: ci sono ancora commissioni al lavoro in Toscana, Lazio, Sicilia, Calabria e Veneto. Ad oggi i vincitori sono 8.303. Di questi, 3.255 sono stati immessi in ruolo ad agosto dopo il via libera da parte del Consiglio dei ministri a 11.268 assunzioni. In totale ad agosto sono stati assunti da concorso (quello del 2012 e quelli precedenti) 4.089 insegnanti. I rimanenti posti sono andati a docenti presenti nelle Graduatorie ad esaurimento (Gae).
La mancata proporzione del 50% prevista dalla legge (metà assunzioni da concorso e metà da Graduatorie ad esaurimento) è spiegabile con il fatto che il concorso a cattedre del 2012 non è stato bandito su tutte le classi di concorso. E per alcune classi il concorso non è stato bandito in tutte le Regioni. Ad esempio non sono stati banditi posti per materie come Strumento Musicale per la scuola secondaria di primo grado, Storia dell’Arte per il secondo grado, Lingua e Letteratura Spagnola, Tecnologia e Disegno Tecnico, Topografia, Zootecnia.
Non sono stati banditi posti per Matematica per la secondaria di primo grado in Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Molise e Umbria perché si è bandito solo dove c’erano almeno un numero minimo di disponibilità. Un’altra criticità è emersa dalle commissioni: la normativa vigente non ha consentito l’esonero dall’insegnamento di quanti erano impegnati come commissari. Il che ha comportato rallentamenti delle operazioni e dimissioni da parte dei commissari stessi con problemi operativi durante le fasi concorsuali. La fase di preselezione Dalle tabelle risulta che dei 326.459 candidati ammessi alle prove di preselezione svolte lo scorso dicembre, 108.440 (il 33,2%) appartenevano alle Gae (Graduatorie ad esaurimento). I rimanenti 218.019 (66,7%) candidati si suddividevano fra docenti presenti nelle graduatorie di istituto (abilitati e non) e laureati entro il 2002 a cui, come previsto dalla legge, è stata data la possibilità di tentare l’ingresso nella scuola. Il passaggio allo scritto Hanno superato la prova di preselezione 94.814 candidati, di cui 34.823 iscritti nelle Gae e 59.991 esterni alle Graduatorie ad esaurimento. Più brillante la performance degli iscritti in graduatoria: il 32,1% ha superato la preselezione. Fra gli esterni è passato il 27,5%. Un trend confermato dal successivo step: lo scritto è stato superato da 22.607 candidati di cui 10.888 iscritti in graduatoria (passa il 31,2%) e 11.719 esterni alle graduatorie ad esaurimento (passa il 19,5%). Il profilo dei vincitori e le immissioni in ruolo I posti a bando erano 11.542. Trattandosi di un concorso a cattedra il numero dei vincitori corrisponde a quello delle cattedre bandite. Ad oggi, tuttavia, a causa di rallentamenti che si sono verificati nelle procedure concorsuali di alcune regioni (restano aperte 13 procedure in Toscana, 16 nel Lazio, 4 in Sicilia, 4 in Calabria, 1 in Veneto), risultano vincitori 8.303 candidati. Donna, over 35 e già iscritta in una Graduatoria ad esaurimento. Questo il profilo medio del vincitore. Nel dettaglio le donne sono l’80,9% (6.721) dei vincitori. Gli over 35 sono il 51% (4.238), gli under 30 sono il 9,5% (795). Su 8.303 vincitori, 5.733 (il 69%) risultano essere iscritti in una Graduatoria ad esaurimento, 1.290 sono i laureati fino al 2002, 66 sono presenti in seconda fascia e 1.290 sono in terza fascia nelle Graduatorie di istituto. Degli 8.303 vincitori, 3.255 (il 39%) sono stati assunti a tempo indeterminato ad agosto dopo il via libera del governo a 11.268 immissioni in ruolo del personale docente ed educativo. I rimanenti vincitori saranno assunti nel corso dei prossimi anni.

Gli scatti legati al merito piacciono agli insegnanti?

da Tecnica della Scuola

Gli scatti legati al merito piacciono agli insegnanti?
di Pasquale Almirante
Secondo il Messaggero lo scatto legato al merito piace ai rappresentanti dell’Adi perchè si tratterebbe di un aumento non più collegato all’anzianità di servizio ma ai crediti acquisiti. Tra i dirigenti questa preannunciata rivoluzione sembra trovare tutti d’accordo. Ma i docenti interessati lo sono? E quali i criteri oggettivi di valutazione?
Intanto a parlare il Messaggero invita i dirigenti scolastici e per l’occasione, Mario Rusconi, vicepresidente nazionale dell’Anp, l’Associazione dei dirigenti scolastici, che afferma: “Da almeno 15 anni chiediamo di valutare la qualità del lavoro dei docenti e ripresentiamo ad ogni legislatura una nostra proposta in questa direzione. Ma non è mai stai presa in considerazione, anche per l’opposizione dei sindacati. Una parte dell’aumento di stipendio legata all’anzianità deve rimanere, ma deve essere residuale. E’ importante, invece, la parte legata al merito, lo spread per ogni docente, che deve essere valutato con criteri oggettivi”. Quindi, per stessa affermazione del dirigente dell’Anp, i sindacati della scuola non sono d’accordo sulla valutazione della qualità del “lavoro dei docenti” che è poi la chiave di volta su cui dovrebbero poggiare gli scatti “meritevoli”. Sicuramente è però vero che la nota che accompagna il Def per il momento non entra nel dettaglio limitandosi solo a dire che bisogna andare nella direzione di “un sistema di valutazione delle prestazioni professionali, collegato a una progressione di carriera svincolata dalla mera anzianità di servizio”. Ma noi sappiamo che il diavolo si acquatta proprio nel dettaglio, quello che manca ancora e su cui invece si vorrebbe sapere di più, molto di più. E infatti, anche Roberto Pellegatta, presidente della Disal, l’altra associazione dei dirigenti scolastici, si sofferma sul dettaglio, quello del diavolo, e dice: “Si tratterà di verificare nel dettaglio, ma noi siamo ovviamente a favore del merito. Bisogna uscire dall’egalitarismo che è stata la rovina della qualità della scuola”. Finora dunque hanno parlato solo i dirigenti scolastici e solo due delle associazioni che li rappresentano. Per questo forse il Messaggero dà la parola all’Adi, Associazione dei docenti italiani: ”In Italia parlano di merito quelli stessi che lo seppelliscono con continue sanatorie. Non viene valutato al momento giusto e non esiste alcun percorso di carriera legato alla qualità del lavoro”; e l’Adi propone di andare verso “una selezione rigorosa al momento dell’accesso all’insegnamento, con carriere differenziate sulla base del merito, dove i docenti più capaci possono andare a coprire figure di sistema, in grado di gestire la scuola dell’autonomia in maniera innovativa”, senza dimenticare la qualità dell’insegnamento, che non può prescindere dalla formazione continua. Insegnanti di qualità e insegnanti capaci è invece ciò che chiede il Moige, il Movimento italiano dei genitori: “Basta con l’appiattimento che ha caratterizzato la scuola fino ad oggi. Noi siamo favorevoli ad ogni provvedimento che vada a garantire una migliore qualità della scuola. Da tempo proponiamo interventi che diano un riconoscimento alla bravura, alle capacità, all’impegno dei docenti e anche alla disponibilità. Per noi è molto importante. Notiamo che c’è sempre di più scarsa attenzione degli insegnanti a incontrare con frequenza i genitori”. Tranne l’Adi duqnue, per i docenti nessuno si è espresso, mentre le associazioni che li rappresentano sono tante e da queste ci si attende un parere, benchè da tempo ormai, a onor del vero, il riconoscimento del merito e del lavoro, solitario e nascosto, di tanti docenti occorrerebbe che qualcuno si interessasse, valorizzandolo e dandogli il pregio dovuto. Il punto vero è però sempre quel famigerato “dettaglio”: con quali regole e con quali caratteristiche? Quali i criteri “oggettivi” per evitare manomissioni servili o strumentali o infingardi per racimolare qualche soldo in più? Questa è la sfida per centrare un obiettivo che potrebbe veramente gratificare i tanti docenti impegnati nell’onestà del loro delicato ruolo.

Carrozza: basta burocrazia, rivediamo il titolo V della Costituzione

da Tecnica della Scuola

Carrozza: basta burocrazia, rivediamo il titolo V della Costituzione
di A.G.
Il Ministro, intervistato da RaiNews24, si sofferma sul fatto che la Scuola è una delle istituzioni che deve essere governata meglio, in modo più efficace e senza far prevalere le sovrapposizioni. E sul sostegno occorre maggiore omogeneità.
Continuano le ammissioni da parte delle massime autorità italiane sui limiti del sistema scolastico italiano e sulla impellente necessità di migliorarlo. Dopo le dichiarazioni del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico al Quirinale, che si è soffermato sui “tagli alla cieca” attuati negli ultimi anni sull’istruzione pubblica, il 30 settembre è toccato al ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza. Nel corso di un’intervista a RaiNews24, il responsabile del Miur si è soffermato sulla necessità di ridefinire il titolo V della Costituzione (un percorso di revisione peraltro avviato da oltre dieci anni ma che sinora non ha prodotto modifiche legislative concrete): la scuola, ha detto il Ministro, “è una delle istituzioni che deve essere governata meglio, in modo più efficace“.
Entrando poi nel merito, Carrozza ha dichiarato che “i livelli di governo nella scuola sono diversi, regione, enti locali e Stato, e spesso si tramutano in livelli di burocrazia“. Spazio, quindi, a detta sempre del Ministro, ad una forma di governance meno burocratizzata, con gli enti locali che dovranno prendersi maggiori onori e responsabilità al fine di attuare una più efficace gestione del sistema formativo dei cittadini.
Sempre nel corso dell’intervista, il Ministro si é soffermato sulla questione degli insegnanti di sostegno: “c’è il problema – ha ricordato – di far sì che in tutte le scuole ci sia la stessa situazione“. I numeri, invece, ci dicono che ad oggi prevale un sensibile squilibrio. Con alcune zone del paese dove il rapporto studenti disabili–docenti specializzati raggiunge standard accettabili; altre zone, invece, dove la carenza di personale di sostegno si fa particolarmente sentire. Evidenti disparità sarebbero però presenti, ha di recente denunciato l’Anief, anche nella tabella di suddivisione ministeriale dei 4.447 insegnanti di sostegno da immettere in ruolo entro questa settimana.

Agli scatti di anzianità si sostituirà il merito?

da Tecnica della Scuola

Agli scatti di anzianità si sostituirà il merito?
di P.A.
Dopo anni di scatti d’anzianità congelati e di stipendi bloccati, l’idea sarebbe quella di sostituire gli aumenti con la qualità e la quantità di lavoro a scuola
Ne parla il Messaggero, secondo il quale nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, il governo ha indicato la necessità di un nuovo sistema di aumento retributivo per i docenti, ma che guardi soprattutto a “un sistema di valutazione delle prestazioni professionali collegato a una progressione di carriera svincolata dalla mera anzianità di servizio” per “assicurare una maggiore qualità alle istituzioni scolastiche”.
Un progetto che potrebbe andare avanti comunque, anche se il governo Letta dovesse decadere, considerato pure che gli stipendi dei dirigenti scolastici sono stati ancorati ai risultati ottenuti. Per questo tutto fa protendere alla scelta, da parte del Miur, a una riforma radicale e complessiva del sistema retributivo, mentre ancora però è in discussione la nuova direttiva per il rinnovo contrattuale per gli oltre 700mila insegnanti di ruolo. In ogni caso, pare di capire, il fatto che il decreto sulla scuola preveda corsi di formazione obbligatori per i docenti, i cui alunni riportano nelle prove Invalsi risultati inferiori alla media nazionale, fa protendere a ritenere l’implementazione del riconoscimento del merito come metro per pagare di più i docenti. Tuttavia, sottolinea il Messaggero, una riforma che sostituisca agli scatti d’anzianità il merito comporta almeno due grossi problemi: quali saranno i criteri del merito, visto che nel Def non è indicato nulla; che questa nuova formula possa trasformarsi in cavallo di Troia per tagliare risorse destinate alla busta-paga degli insegnanti.