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Parere Consiglio di Stato 104/2010

Numero 00104/2010 e data 13/01/2010

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 21 dicembre 2009

NUMERO AFFARE 04596/2009

OGGETTO:

Ministero dell’istruzione dell’universita’ e della ricerca.

Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. Prot/A00/UffLeg/4789 del 16 novembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;

Vista la relazione trasmessa con nota prot. A00/UffLeg/5339 del 15 dicembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha risposto al parere interlocutorio del Consiglio di Stato.

Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco Bellomo.

PREMESSO:

Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il parere di cui all’articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del Presidente della Repubblica, recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

L’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico.

Per l’attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4 prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico.

Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte norme generali relative all’ordinamento organizzativo e didattico dei licei.

Lo schema è composto dal preambolo, da sedici articoli e dagli allegati.

L’articolo 1 definisce l’oggetto del regolamento e stabilisce che i licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 2006 e successive modificazioni e dal regolamento, preordinato alla introduzione delle misure di razionalizzazione di cui al comma 4, lettera b) dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

L’articolo 2 definisce l’identità dei licei, fissandone le finalità e la durata dei percorsi di studio. Il comma 1 individua la collocazione dei licei nel sistema dell’istruzione secondaria superiore di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni. Il comma 2 si sofferma sul profilo culturale comune assicurato allo studente che costituisce l’unitarietà dei percorsi liceali. Il comma 3 stabilisce la durata quinquennale dei licei e la loro articolazione in due bienni e nell’anno terminale, nel rispetto delle indicazioni del decreto legislativo n. 226 del 2005. Il comma 4 ribadisce che il primo biennio è finalizzato anche all’assolvimento dell’obbligo scolastico, mentre il comma 5 prevede la stipulazione di intese con le università, con le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e con quelle ove si realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore ed i percorsi degli istituti tecnici superiori, al fine di orientare le scelte successive dello studente.

L’articolo 3 definisce l’articolazione del sistema dei licei e fissa il profilo educativo, culturale e professionale dello studente al termine dei corsi di studio quale previsto dall’Allegato A. Viene inoltre previsto che alla riorganizzazione delle sezioni bilingui, delle sezioni ad opzione internazionale, delle sezioni di liceo classico europeo e di liceo linguistico europeo si provvederà con separato regolamento.

L’articolo 4 definisce il percorso del liceo artistico, individuandone le finalità educativo-formative, gli indirizzi, le attività laboratoriali e l’orario annuale degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti e degli insegnamenti obbligatori di indirizzo, con riferimento ai singoli bienni e all’anno finale del corso di studi. Il piano degli studi è fissato nell’Allegato B del provvedimento. Al fine di corrispondere alle esigenze e vocazioni delle realtà territoriali il potenziamento e l’articolazione dell’offerta formativa dei licei artistici possono essere assicurati mediante specifiche intese con le Regioni, con particolare riferimento alle attività laboratoriali ed alle interazioni con il mondo del lavoro.

L’articolo 5 detta disposizioni analoghe con riferimento ai percorsi del liceo classico, il cui piano di studi è fissato dall’Allegato C.

L’articolo 6 disciplina i percorsi del liceo linguistico, finalizzati a far acquisire agli studenti le competenze relative a tre lingue e culture straniere; il relativo piano di studi è contenuto nell’Allegato D del provvedimento.

L’articolo 7 detta le norme specifiche per i percorsi del liceo musicale e coreutico, articolato nelle relative due distinte sezioni, il cui piano di studi è fissato nell’Allegato E.

Gli articoli 8 e 9 dettano, rispettivamente, la disciplina dei percorsi del liceo scientifico e del liceo delle scienze umane, nonché delle relative opzioni scientifico-tecnologica ed economico-sociale, i cui piani di studio sono contenuti nei corrispondenti Allegati F e G.

L’articolo 10 disciplina la materia relativa allo svolgimento delle attività educative e didattiche ed ai relativi orari annuali d’insegnamento.

L’articolo 11 fissa i criteri per la valutazione periodica e finale degli apprendimenti, facendo riferimento, in primo luogo, alle disposizioni dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 226 del 2005 e all’articolo 2 del decreto legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 137 del 2008, e al relativo regolamento attuativo. Il titolo finale rilasciato al superamento dell’esame di Stato assume la dizione di “Diploma liceale” con indicazione della tipologia liceale e l’eventuale indirizzo seguito dallo studente.

L’articolo 12 disciplina il monitoraggio e la valutazione di sistema.

L’articolo 13 definisce il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento dei percorsi dei licei.

L’articolo 14 detta disposizioni specifiche per le regioni a statuto speciale, per le province autonome di Trento e di Bolzano e per scuole con insegnamento in lingua slovena.

L’articolo 15 contiene la ricognizione delle disposizioni abrogate, con riferimento al decreto legislativo n. 226 del 2005.

L’articolo 16 detta le disposizioni finali, stabilendo che all’attuazione del regolamento si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Gli allegati sono i seguenti:

Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione per i licei

Allegato B: Piano degli studi del liceo artistico, indirizzi:

B1 – Architettura, Design, Ambiente

B2 – Audiovisivo, Multimedia, Scenografia

Allegato C: Piano degli studi del liceo classico

Allegato D: Piano degli studi del liceo linguistico

Allegato E: Piano degli studi del liceo musicale e coreutico, articolato in un’area comune e nelle sezioni musicale e coreutica

Allegato F: Piano degli studi del liceo scientifico e dell’opzione scientifico-tecnologica

Allegato G: Piano degli studi del liceo delle scienze umane e dell’opzione economico sociale

Allegato H: Insegnamenti attivabili sulla base del Piano dell’offerta formativa nei limiti del contingente di organico assegnato all’istituzione scolastica

Allegato I: Tabella di confluenza dei percorsi di istruzione secondaria superiore previsti dall’ordinamento previdente nei percorsi liceali del nuovo ordinamento

Allegato L: Tabella di corrispondenza dei titoli di studio in uscita dai percorsi di istruzione secondaria di secondo grado dell’ordinamento previdente con i titoli di studio in uscita dai percorsi liceali del nuovo ordinamento.

CONSIDERATO:

1. L’atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”).

Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare specificamente preordinato al contenimento della spesa per il pubblico impiego (tanto da figurare all’inizio del capo II, così intitolato), oltre che ad una più generale implementazione nell’organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema amministrativo.

Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”) e rientra anche nell’organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per l’uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di legge fissata dall’articolo 97, comma 1 della Costituzione, come attuata dall’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi generali sull’organizzazione amministrativa.

Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo l’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 fissa, per la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali”. Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del medesimo articolo, il quale stabilisce che dall’attuazione dei commi 1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.

In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano programmatico adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

Si realizza, così, una sequenza di (legge – atto politico di indirizzo – regolamento) in cui il potere regolamentare risultato conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l’esecutivo deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi tenendo conto dell’ampio coinvolgimento degli organi istituzionali realizzato, attesa la partecipazione nell’elaborazione del piano programmatico del Ministro dell’economia e delle finanze, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti, idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da parte del Ministero dell’istruzione avviene con l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze e della Conferenza unificata, in simmetria con quanto previsto per l’adozione del piano programmatico.

2. Sul piano dei principi resta da verificare l’ammissibilità e i limiti dell’impiego del regolamento delegato nella materia dell’istruzione scolastica.

Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:

– spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le “norme generali sull’istruzione” (comma 2, lett. n);

– spetta alla potestà concorrente della Regione la materia “istruzione”, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale (comma 3).

In materia, peraltro, occorre considerare anche l’articolo 117, comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato il settore “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, nonché l’articolo 117, comma 2 lett. e) e l’articolo 119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma dell’organizzazione scolastica.

Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato, incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia dell’istruzione, definire interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto tra le “norme generali sull’istruzione” e i “principi fondamentali” in materia di “istruzione” – le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a orientare le Regioni nell’esercizio della relativa potestà concorrente – non è sempre agevole e necessario, nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche.

In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare una normativa secondaria. L’esistenza nell’oggetto astratto del regolamento di un’osmosi tra materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non determina, di per sé, alcuna preclusione. D’altronde il regolamento in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece, costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non appare irragionevole l’adozione di uno strumento più duttile qual è appunto quello regolamentare.

Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, ha affermato che:

– «il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione».

– «Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione contemplati nel comma 2 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1998. Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell’art. 117 Cost., da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato, ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di legislazione esclusiva dello Stato; dall’altro, non pone limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza dell’ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le “norme generali sull’istruzione” – essendo fonti di regolazione di fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema scolastico nazionale – si prestano a ricevere “attuazione” anche mediante l’emanazione di atti regolamentari di delegificazione, purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità sostanziale e quello di separazione delle competenze »

– «In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo “norme generali regolatrici della materia”, cui fa riferimento il citato art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale. In particolare, a tale proposito, il legislatore – nello stabilire che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si debba provvedere ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle caratteristiche generali del sistema nazionale dell’istruzione – ha provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei «criteri» cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto, possono essere ascritte alla categoria delle norme generali».

3. Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di verificare se le concrete disposizioni del regolamento siano rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili dalla delega, nonché se siano compatibili con il sistema legislativo dell’istruzione liceale.

Occorre, dunque, preliminarmente definire quest’ultimo.

Il vigente ordinamento scolastico (art. 191 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297) prevede tre tipologie di liceo, liceo classico, liceo scientifico e liceo artistico, cui si aggiunge l’istituto magistrale. Questi ultimi due percorsi, attraverso un anno integrativo, consentono l’accesso a tutti i percorsi di laurea. Il liceo linguistico attualmente fa parte del sistema delle scuole non statali ed è tuttora regolato dal decreto ministeriale 31 luglio 1973.

L’esigenza di adeguamento di questo modello ha portato numerose sperimentazioni riconducibili all’autonomia scolastica. Da parte sua il legislatore ha impostato tentativi di riforma dei cicli scolastici e dunque anche del secondo ciclo dell’istruzione, che non hanno dato esito.

Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l’emanazione di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di intervento, decreti legislativi che, anch’essi, hanno subito nel tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.

Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del sistema di istruzione e formazione professionale, definiti, all’articolo 1 “di pari dignità” e accomunati da un unico “profilo educativo, culturale, professionale” declinato in un apposito allegato. Il sistema dei licei risultava formato dai licei artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, delle scienze umane (ex magistrale), economico e tecnologico (percorsi destinati ad assorbire almeno in parte l’istruzione tecnica e professionale).

Gli ordinamenti previsti nel decreto legislativo n. 226 del 2005 non sono stati ancora sperimentati né, tanto meno, sono entrati in vigore, essendo stato prorogato già dalla precedente legislatura all’anno scolastico 2009 del 2010 l’avvio delle prime classi liceali a seguito dell’articolo 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40. Il medesimo articolo 13 ha altresì soppresso il liceo economico ed il liceo tecnologico e prospettato il rilancio degli istituti tecnici e professionali.

L’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ha, infine, confermato l’esigenza di procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici vigenti nell’ambito di un complessivo processo di revisione e sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle tesi espresse nel “Quaderno bianco sulla scuola”) che, per quanto concerne il secondo ciclo, investe anche e contestualmente, attraverso specifici regolamenti, i percorsi degli istituti tecnici e degli istituti professionali, attuando la delega che risale appunto ai commi 1 bis e 1 ter del succitato articolo 13. Attraverso l’articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, la revisione dell’istruzione secondaria superiore viene definitivamente fissata “a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2010-2011”

E’ condivisibile l’affermazione, contenuta nella relazione illustrativa, secondo la quale il riordino dei licei delineato nello schema di regolamento si colloca nel solco dei precedenti interventi normativi e nel quadro di riferimento incardinando la revisione dei percorsi intorno a quattro punti fondamentali:

a) riconfermare l’identità e la peculiarità dei licei all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di formazione, attraverso la definizione dell’apposito Profilo (allegato A) e delle future “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze”;

b) fare acquisire ai giovani, attraverso l’unitarietà del percorso liceale, declinata nei vari percorsi a seconda delle personali inclinazioni, capacità critica e conoscenza approfondita degli specifici settori disciplinari;

c) superare la frammentazione dei percorsi di studio che emergono dall’accavallarsi e dal sovrapporsi delle sperimentazioni, delimitando un quadro orario atto all’approfondimento delle discipline e mirato al possesso di una solida cultura declinata, pur in presenza di una forte area comune, che rafforza lo studio della matematica e della lingua straniera, riequilibrando così il tradizionale predominio della componente umanistica classica, a seconda dei percorsi, piuttosto che all’estensione e alla parcellizzazione dei saperi;

d) demandare alle istituzioni scolastiche, attraverso il Piano dell’offerta formativa, la ricerca progettuale e l’elaborazione di specifici progetti culturali che vengono a integrare i requisiti e le indicazioni previsti dallo Stato e a declinarli a seconda delle specificità del territorio, delle esperienze svolte e delle eccellenze presenti al loro interno.

4. Venendo alla verifica del rispetto dei limiti della delega, la Sezione aveva segnalato, con parere interlocutorio reso nell’adunanza del 26 novembre 2009, un punto critico di ordine generale.

La norma di delega concerne espressamente la sola “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari”.

Il piano programmatico prescrive che: “I piani di studio relativi al sistema dei licei, di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, come modificato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 saranno riesaminati con l’obiettivo di razionalizzarne l’impianto in termini di massima semplificazione. Andranno in tale contesto definite le discipline ed i carichi di orario delle singole tipologie in misura non superiore alle 30 ore settimanali”, precisando, quanto all’orario, che “L’orario obbligatorio di lezione nei licei classici, linguistici, scientifici e delle scienze umane sarà pari ad un massimo di 30 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226” e che “Per i licei artistici e i licei musicali e coreutica l’orario obbligatorio di lezione sarà di 32 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226”.

In mancanza di più puntuali indicazioni sul riordino dei licei nella norma di delega e all’interno del piano programmatico il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca era stato invitato a specificare su quale base, letterale, teleologica e sistematica, avesse proceduto a un esercizio ampio della delega e se le finalità di contenimento della spesa e di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali giustificassero la revisione ordinamentale operata.

Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha risposto con la relazione i cui estremi sono stati indicati in premessa ed a cui si può rinviare, qui segnalando che la ricostruzione operata appare condivisibile nelle sue linee di fondo (anche se appare eccessiva l’enfasi attribuita all’interpretazione offerta dalla Corte costituzionale dell’art. 64, comma quarto, primo capoverso, interpretazione in realtà mirata a chiarire che la materia delegata al regolamento rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, nulla aggiungendo sulla portata di tale delega)

Peraltro non può non rilevarsi come appaia contraddittorio il peso attribuito al piano di programmazione nella relazione integrativa.

Non vi è dubbio infatti che il regolamento si pone come logico sviluppo del piano, e che questo – nel disegno della norma di delega della potestà regolamentare – giustifichi la genericità dei criteri di delega; ma è altrettanto evidente la carenza del piano, per quanto attiene agli aspetti ordinamentali e didattici dell’istruzione superiore e in particolare liceale.

Ciò pone il delicato problema del ruolo svolto da questo atto nella complessa sequenza in esame. Esso solo in senso atecnico può qualificarsi come “fonte”; ma in realtà è e rimane un atto di indirizzo politico, che, avendo ricevuto l’avallo della Conferenza unificata e delle competenti commissioni parlamentari, è espressione di una convergenza anche a posteriori tra legislatore e Governo sulla strada da seguire nell’attuazione della riforma. Pertanto le sue eventuali carenze in termini di stretta legittimità assumono rilevanza solo nella prospettiva della adeguatezza o meno dei criteri di delega, complessivamente intesi, prospettiva che evidentemente sfugge a questo Consiglio.

Sul piano sostanziale, peraltro, la Sezione ritiene che sussistano validi elementi che possano giustificare l’intervento in esame. Esso, infatti, per quanto incisivo, si muove pur sempre nel quadro della riforma del 2005, come si è avuto modo di chiarire. Appaiono pertanto corrette le affermazioni in tal senso dell’Amministrazione miranti a fugare le perplessità derivanti da una possibile inversione logica, che si avrebbe configurando il risparmio delle risorse come il fine e il perseguimento dell’interesse dell’istruzione come il mezzo. Difatti, nei suoi chiarimenti il Ministero sostiene che «Ad ulteriore riprova della portata ampia, anzi generale, degli interventi da effettuarsi in attuazione dell’art. 64, comma quarto, della legge n. 133 del 2008 si richiama l’attenzione di codesto Consiglio sui contenuti della relazione tecnica finanziaria allegata al piano programmatico attuativo della menzionata legge, in cui era chiarito che una parte, anche consistente, dei risparmi di spesa derivanti dall’incremento del rapporto alunni/docente nel triennio considerato (per essere precisi l’obiettivo di contenimento degli organici del personale docente è stato quantificato nel triennio 2009/2010 – 2011/2012 in 87.341 posti) doveva derivare dal riassetto dell’impianto dei percorsi liceali disegnato con il d.lgs.vo n. 226 del 20005, ma non ancora attuato al momento in cui è intervenuto il citato art. 64».

In sintesi, quello che emerge come dato fondamentale della riforma è il nesso necessario fra:

1) obiettivi di finanza pubblica, revisione organizzativa, revisione ordinamentale e didattica della scuola;

2) sviluppo e competitività del sistema nazionale da un lato e miglioramento del livello culturale della popolazione nazionale dall’altro;

3) buon andamento dell’organizzazione amministrativa e standards quantitativi e qualitativi del servizio istruzione.

Insomma il modello razionale dell’azione pubblica è quello che impone il risparmio come l’effetto di una ottimizzazione dei processi di allocazione delle risorse, e non come conseguenza dell’indebolimento del servizio da erogare. In questa prospettiva le scelte riformatrici effettuate dall’Amministrazione non appaiono estranee e tanto meno contrastanti con i criteri della delega, la cui genericità appare riscattata dal quadro normativo complessivo da cui risultano linee sufficientemente dettagliate di intervento.

5. Ciò posto in termini generali, con riferimento alle singole disposizioni la Sezione si sofferma sui punti che non ritiene superati o assorbiti dalla risposta del Ministero.

L’articolo 1 stabilisce che “I licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 e successive modificazioni e dal presente decreto in attuazione del piano programmatico di interventi di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, ma poi, contraddittoriamente, l’articolo 16, comma 1 prevede che “All’attuazione del presente decreto si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ne consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a valle, mentre – assumendo che il regolamento costituisca la sua attuazione – la precisazione che lo stesso debba essere attuato in coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.

E’ quindi condivisibile la riformulazione suggerita dal Ministero del comma 1 dell’art. 16, per la quale “All’attuazione del presente decreto si provvede nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

L’articolo 2 stabilisce che “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”. Invece i successivi articoli, relativi ai singoli licei e con l’eccezione di quello scientifico (articoli 4, 5, 6, 7, 9) stabiliscono che i relativi percorsi sono diretti ad “approfondire conoscenze, abilità e competenze”, mettendo in primo piano un obiettivo formativo che nella disposizione generale appare in secondo piano, mentre risulta centrale nell’ambito degli istituti tecnici e professionali.

La risposta fornita dal Ministero non persuade, ed appare opportuno quanto meno che, negli articoli riservati ai singoli percorsi liceali dove manca, via sia un richiamo alle finalità generali dell’istruzione liceale, rispetto a cui l’acquisizione di “conoscenze, abilità e competenze” si pone in chiave strumentale (come, peraltro, lo stesso Ministero riconosce).

L’art. 10, comma 2 prevede che le istituzioni scolastiche costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa (lett. a), nonché un comitato scientifico, con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e tecnologica, delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità (lett. b). La disposizione suscita perplessità sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi), essendo estranea all’ambito della delega, sia con riguardo al rispetto dell’autonomia scolastica, apparendo poco convincente la giustificazione fornita dal Ministero, in risposta ai rilievi del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, secondo cui l’istituzione del Comitato scientifico esalti – piuttosto che comprimere – l’autonomia delle istituzioni e quella dei dipartimenti registri una prassi diffusa.

I chiarimenti forniti non appaiono sufficienti a superare tali perplessità con riguardo all’istituzione del Comitato scientifico.

L’art. 12, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante monitoraggio e valutazione dei percorsi liceali, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per l’istruzione liceale, costituito con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del quale fanno parte un rappresentante scelto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, rappresentanti delle scuole, delle università ed esponenti del mondo della cultura, dell’arte e della ricerca. Il Comitato si avvale dell’assistenza tecnica dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS) e dell’Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI). Ai componenti del comitato non spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. Il Ministero dell’istruzione non ha chiarito né la compatibilità di tale previsione con l’oggetto della delega, né la sua rispondenza alle esigenze di semplificazione enunciate in detta delega, ribadendo invece la necessità dell’opera di monitoraggio e valutazione, che non era in discussione. Tuttavia il silenzio relativo all’istituzione del Comitato nazionale per l’istruzione liceale parrebbe intendere una rinuncia a tale proposito.

L’art. 13, comma 11 demanda a successivi decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, aventi natura non regolamentare, la definizione:

a) delle indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze, con riferimento ai profili di cui all’articolo 2, commi 1 e 3, in relazione alle attività e agli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui al presente decreto.

b) l’articolazione delle cattedre per ciascuno dei percorsi liceali di cui agli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9, in relazione alle classi di concorso del personale docente;

c) gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione dei percorsi liceali, in relazione alle proposte formulate dal Comitato di cui all’articolo 12, comma 1, anche con riferimento al quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione.

La natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo della disposizione l’inciso “aventi natura non regolamentare”.

La Sezione prende atto che il Ministero ha raccolto tale suggerimento.

Nella presente sede occorre, infine, formulare ulteriori osservazioni, che non potevano trovare spazio nell’interlocutoria.

L’art. 2, comma 3 e l’art. 3 comma 2 impiegano identica espressione (“I percorsi liceali realizzano il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione per il sistema dei licei di cui all’allegato A al presente regolamento”), con ciò inducendo nell’interprete incertezze sul senso della ripetizione, che appare preferibile evitare.

L’art. 2, comma 3, ultima parte fa riferimento agli obiettivi specifici di apprendimento “di cui all’articolo 13, comma 9, lett. a)”, rinvio da correggere in “di cui all’articolo comma 11, lett. a)”.

Gli articoli 5, comma 1 ed 8, comma 1, nell’indicare gli insegnamenti scientifici diversi dalla matematica, utilizzano l’espressione “scienze sperimentali”. La definizione è imprecisa, perché il metodo sperimentale è comune ad altre discipline, non aventi carattere strettamente scientifico e, per converso, non è proprio dell’informatica. Appare pertanto preferibile utilizzare un’altra denominazione, quale “altre scienze”, oppure “scienze naturali ed informatiche”.

L’art. 9, comma 3, relativo al liceo delle scienze umane, presenta un vuoto materiale laddove, subito dopo la seconda virgola, non indica il numero di ore del primo biennio.

P.Q.M.

Esprime parere favorevole con le osservazioni di cui in motivazione.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Francesco Bellomo Giancarlo Coraggio

IL SEGRETARIO

Massimo Mel

12 gennaio Riforme nelle 7e Commissioni

Le 7e Commissioni di Camera e Senato tornano ad esaminare:

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali

17 dicembre Riforme in 7a Commissione Camera

Nella 7a Commissione della Camera, Valentina APREA, presidente e relatore, illustra tre proposte di parere favorevole con condizioni e osservazioni su:

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali

Precisa che il Consiglio di Stato si riunira’ il 21 dicembre prossimo proprio ai fini dell’espressione del parere di competenza. Ritiene quindi che l’esame della Commissione possa concludersi non oltre il 14 gennaio 2010, per consentire al Governo di procedere agli adempimenti conseguenti, in tempi utili all’avvio del nuovo anno scolastico. Aggiunge che la Conferenza Stato-regioni si è già espressa in materia, e che il Consiglio di Stato ha mosso finora solo alcune osservazioni al Ministero che ha fornito i chiarimenti richiesti.

Di seguito le proposte di parere:

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei (atto n. 132).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei (atto n. 132);
considerato che la revisione degli ordinamenti del secondo ciclo, avviata con la cosiddetta Riforma Moratti – di cui alla legge 28 marzo 2003, n. 53, e al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, modificata dal Governo Prodi con la legge 2 aprile 2007, n. 40 -, è stata proposta all’esame del Parlamento dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133;
tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni informali di rappresentanti delle associazioni di categoria, della Cabina di regia sui nuovi licei e di esperti svolte dalla Commissione Cultura, scienza e istruzione, nelle sedute del 5, 12, 17 e 24 novembre 2009;
preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009, pervenuto il 12 novembre 2009;
premesso che va ribadita la centralità formativa della metodologia dell’alternanza scuola-lavoro e che vanno valorizzate le opportunità offerte dall’apprendistato fino al terzo livello (dottorati);
considerato che appare condivisibile la scelta di prevedere nel primo biennio una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo;
tenuto conto che la disciplina prevista dalla riforma esplica i suoi effetti con riduzione di orario per le classi già avviate;
apprezzato il richiamo all’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) si ritiene necessario prevedere l’avvio della riforma a partire dal primo anno del ciclo scolastico e non dal primo e secondo anno, come attualmente previsto;
2) appare, altresì, necessario rafforzare ulteriormente l’obbligo di istruzione e l’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti;
3) si considera necessario svolgere una accurata verifica dei quadri orari allegati e una migliore scansione dei due bienni, al fine di contemperare obbligo di istruzione, diritto dovere all’istruzione, possibile reversibilità delle scelte compiute dagli studenti ai fini del successo formativo. In particolare, occorre valutare l’opportunità di introdurre le scienze naturali nel primo biennio di tutti i licei e di rafforzare ulteriormente, ove necessario, la matematica e la lingua straniera con la necessaria caratterizzazione data dalle materie di indirizzo;

4) si ritiene altresì necessario, rispetto all’articolazione dei quadri orari e dei profili in uscita, delineare con maggiore nettezza il percorso di studi del liceo delle scienze umane, inclusa la relativa opzione economico sociale, con riferimento alle discipline caratterizzanti e ad un necessario rafforzamento dell’area giuridica ed economica;
5) con riferimento al liceo scientifico, l’opzione scientifico-tecnologica, così come formulata, anche dal punto di vista nominale, sembra per molti aspetti sovrapponibile all’analoga offerta formativa dell’istruzione tecnica: si reputa pertanto necessario modificarne la denominazione in opzione scientifico-informatica e tener conto delle sperimentazioni del PNI, pur con i necessari aggiornamenti;
6) risulta altresì necessario procedere ad una ricognizione puntuale del rapporto tra profili e quadri orari, per verificare puntualmente la loro congruenza, anche a seguito delle verifiche di cui alle condizioni n. 2 e 3 del presente parere;
7) si rende necessario inoltre rafforzare, per quanto riguarda il liceo musicale e coreutico, il monte ore destinato alle discipline storiche di indirizzo, quali storia della musica e storia della danza, al fine di meglio garantire una solida preparazione culturale;
8 ) sempre con riferimento al liceo musicale e coreutico, nelle more del processo di attuazione della legge n. 508 del 1999 e del riordino del settore, appare necessario privilegiare la scelta di attivazione delle sezioni previste dall’articolo 13, comma 6, dello schema di decreto attraverso lo strumento della convenzione tra licei ed istituzioni dell’Afam consentito dall’articolo 2, comma 8, lettera g), della medesima legge 508/1999. Ciò, al fine di tutelare la tradizione di eccellenza degli studi musicali e coreutici, integrandola con la tradizione liceale, e di tutelare la possibilità di accesso all’Alta formazione artistica, musicale e coreutica;
9) si ritiene inoltre necessario verificare la possibilità di superare, senza oneri aggiuntivi, il limite posto di 40 sezioni musicali e 10 sezioni coreutiche;
10) con riferimento al liceo artistico, si ritiene necessario separare i sub-indirizzi attualmente raggruppati negli indirizzi arti figurative, architettura e ambiente, design, audiovisivo e multimediale, grafica, scenografia anche al fine di preservare i passaggi tra vecchio e nuovo ordinamento e alla luce della trasformazione degli istituti d’arte in licei artistici, anche tenendo conto dell’esigenza di riconoscere per gli istituti d’arte la possibilità di confluenza negli istituti professionali per l’industria e l’artigianato;
11) all’articolo 3, comma 3, appare necessario considerare anche la riorganizzazione delle sezioni liceali a indirizzo sportivo;
12) si ritiene infine necessario modulare la tabella di confluenza di cui all’allegato I, in modo da chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti.

e con le seguenti osservazioni:
1) all’articolo 10, comma 6, si ritiene altresì opportuno utilizzare l’espressione «diploma di laurea conseguito in uno Stato dell’Unione europea» invece che «titolo di laurea comunitario»;
2) all’articolo 11, comma 1, sarebbe inoltre opportuno sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con le parole «e dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»;
3) all’articolo 13, comma 5, valuti il Governo l’opportunità di chiarire gli eventuali termini per la presentazione di proposte alternative e le modalità di eventuale formalizzazione delle stesse, ove accolte, rispetto al quadro di corrispondenza di cui all’allegato L;

4) al comma 10 del medesimo articolo 13, si ritiene opportuno esplicitare inoltre a chi fa capo l’emanazione del decreto ministeriale previsto;
5) anche al fine di valorizzare i crediti acquisiti dagli studenti in contesti lavorativi, appare opportuno prevedere, ove possibile, un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli in apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
6) valuti il Governo l’opportunità di disciplinare dettagliatamente il quadro orario conseguente all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 13, rispetto all’ordinamento previgente;
7) si valuti infine l’opportunità di consentire l’utilizzo della quota dell’autonomia nei limiti dell’organico assegnato e altresì di definire il concetto di flessibilità, in modo distinto da quello dell’autonomia per esplicitare meglio gli strumenti a disposizione delle istituzioni scolastiche, anche ai fini di corrispondere alle esigenze degli studenti e del territorio.

Si richiama, infine, l’attenzione sulla corretta indicazione di alcuni riferimenti normativi e di alcuni riferimenti interni. In particolare:
1) all’articolo 2, comma 3, il riferimento corretto è all’articolo 13, comma 11, lettera a), e non all’articolo 13, comma 9, lettera a);
2) all’articolo 12, comma 2, il riferimento corretto è alle indicazioni relative agli obiettivi di apprendimento di cui all’articolo 13, comma 11, lettera a) e non al comma 10 del medesimo articolo;
3) al comma 6 dell’articolo 13 il riferimento corretto è al «decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154» e non al «decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 186»;
4) al comma 9 dell’articolo 13, il riferimento corretto è alla «legge 20 maggio 1982, n. 270» e non alla «legge 20 maggio 1981, n. 270».

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici. (Atto n. 133).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici (atto n. 133);
considerato che la revisione degli ordinamenti del secondo ciclo, avviata con la cosiddetta Riforma Moratti – di cui alla legge 28 marzo 2003, n. 53, e al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, modificata dal Governo Prodi con la legge 2 aprile 2007, n. 40 -, è stata proposta all’esame del Parlamento dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133;
tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni informali di rappresentanti delle associazioni di categoria e di esperti svolte dalla Commissione Cultura, scienza e istruzione, nelle sedute del 5, 12, 17 e 24 novembre 2009;
preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009, pervenuto il 12 novembre 2009;
premesso che va ribadita la centralità formativa della metodologia dell’alternanza scuola-lavoro e che vanno valorizzate le opportunità offerte dall’apprendistato fino al terzo livello (dottorati);
premesso che appare condivisibile la scelta di prevedere nel primo biennio una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale – pari a 660 – rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo – pari a 396;
considerato che al fine di raccogliere le proposte degli ordini professionali interessati e per rendere più chiara la natura della certificazione finale per gli utenti, appare necessario modificare la denominazione dei titoli di studio contenuta nello schema di regolamento in esame;
tenuto conto che la disciplina prevista dalla riforma esplica i suoi effetti con riduzione di orario per le classi già avviate;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) si ritiene necessario fissare l’avvio della riforma a partire dal primo anno del ciclo scolastico e non dal primo e secondo anno, come attualmente previsto;
2) si considera altresì necessario rafforzare ulteriormente l’obbligo di istruzione e l’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti;
3) si ritiene necessario all’articolo 6, comma 4, sostituire le parole «diploma di perito», con le parole «diploma di istruzione tecnica», allo scopo di evitare confusioni con l’analogo titolo rilasciato a conclusione degli esami di Stato per l’accesso agli albi dei periti industriali e agrari;

4) in particolare per gli istituti tecnici del settore tecnologico, occorre potenziare la compresenza degli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di chimica e fisica del primo biennio, in quanto strettamente collegati alle discipline di indirizzo, anche in considerazione del fatto che senza il potenziamento indicato, rischiano di essere gravemente compromessi gli aspetti operativi della didattica in laboratorio con riferimento alle discipline scientifiche a carattere sperimentale; tenuto conto che le ore inizialmente previste dalla Commissione ministeriale hanno subito un taglio del 50 per cento per accogliere le richieste del Ministero dell’economia e delle finanze, suscitando perplessità da parte degli istituti interessati;
5) all’articolo 8 occorre chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti, in particolare, ove non indicata espressamente nell’allegato d), facendo riferimento alla corrispondenza dei titoli finali prevista dai provvedimenti di autorizzazione alla sperimentazione adottati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
6) si considera altresì necessario riesaminare le tabelle di confluenza di cui all’allegato d), accogliendo il criterio di cui al precedente punto 5), nonché le osservazioni espresse dai soggetti interessati nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione cultura;
7) con riferimento agli istituti tecnici del Settore tecnologico:
a) appare necessario modificare la denominazione dell’indirizzo «Agraria e agroindustria» in: «Agraria, agroalimentare ed agroindustria», e aggiungere una ulteriore articolazione denominata «Viticoltura ed enologia», anche allo scopo di tenere conto delle indicazioni del Ministero delle politiche agricole e forestali;
b) si ritiene necessario inoltre modificare l’articolo 8 dello schema in esame, per consentire che l’articolazione di cui alla lettera a) si sviluppi a livello post-secondario con un ulteriore percorso di istruzione e formazione tecnica superiore, della durata di due semestri, con l’utilizzo del personale attualmente in organico;
c) si considera necessario chiarire le articolazioni previste per l’indirizzo «Chimica, materiali e biotecnologie», eliminando il riferimento alla chimica nelle articolazioni per le biotecnologie ambientali e sanitarie, anche sulla base di quanto richiesto dalle parti sociali interessate;
d) appare necessario inoltre prevedere una coerente confluenza degli istituti tecnici del settore minerario nell’indirizzo «Costruzioni, ambiente e territorio», inserendo un’articolazione denominata: «Geotecnica», tenendo conto delle richieste rappresentate in questo senso dalle parti sociali e dagli istituti interessati, visto che la questione assume particolare rilievo anche per la necessità di assicurare tecnici preparati sui temi riguardanti il dissesto idrogeologico del territorio e la sua prevenzione;
8 ) con riferimento agli istituti tecnici del Settore economico, si ritiene necessario prevedere due articolazioni dell’indirizzo «Amministrazione, finanza e marketing», riguardanti: 1) «Relazioni internazionali», allo scopo di raccogliere i risultati delle sperimentazioni – cosiddetto progetto Erica – attuate dagli istituti tecnici per periti aziendali e corrispondenti in lingue estere, come richiesto anche dalla Conferenza unificata; 2) «Sistemi informativi gestionali», per raccogliere i risultati delle sperimentazioni – cosiddetto progetto Mercurio – attuate dagli istituti tecnici commerciali ad indirizzo programmatori, considerando in particolare che in relazione a quest’ultima articolazione, vanno ripristinate le compresenze con gli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di informatica;
9) con riferimento agli istituti tecnici di cui all’Allegato C.2, indirizzo trasporti e logistica, si espliciti ulteriormente il profilo relativo al settore aeronautico;

e con le seguenti osservazioni:

a) si ricorda la necessità di inserire in premessa il riferimento al parere delle Commissioni parlamentari, previsto dalla legge n. 69 del 2009;
b) all’articolo 6, comma 1, valuti il Governo l’opportunità di sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con quelle «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»;
c) all’articolo 6, comma 3, si ritiene altresì opportuno chiarire le modalità con le quali le Commissioni possono avvalersi di esperti per la configurazione delle prove di esame;
d) all’articolo 8, comma 3, lettera a), valuti il Governo l’opportunità di chiarire ulteriormente il riferimento all’intervento sulle classi di concorso;
e) al fine di definire una data e termini certi per le abrogazioni conseguenti all’entrata in vigore del provvedimento in esame, si valuti l’opportunità di riformulare l’articolo 10, comma 1, come segue: «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, all’articolo 191, comma 3, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono soppressi: a) al primo periodo, le parole: «gli istituti tecnici hanno per fine precipuo quello di preparare all’esercizio di funzioni tecniche od amministrative, nonché di alcune professioni, nei settori commerciale e dei servizi, industriale, delle costruzioni, agrario, nautico ed aeronautico»; b) l’ultimo periodo.», non sembrando, infatti, necessaria la soppressione delle parole «gli istituti tecnici» all’articolo 191, comma 2;
f) anche al fine di valorizzare i crediti acquisiti dagli studenti in contesti lavorativi, appare opportuno prevedere, ove possibile, un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli in apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
g) appare opportuno richiamare l’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, già prevista dallo schema di regolamento n. 132 concernente la revisione dell’assetto dei licei;
h) valuti il Governo l’opportunità di disciplinare dettagliatamente il quadro orario conseguente all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 8, rispetto all’ordinamento previgente.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali. (Atto n. 134).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),
esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali (atto n. 134);
considerato che la revisione degli ordinamenti del secondo ciclo, avviata con la cosiddetta Riforma Moratti – di cui alla legge 28 marzo 2003, n. 53, e al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, modificata dal Governo Prodi con la legge 2 aprile 2007, n. 40 -, è stata proposta all’esame del Parlamento dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133;
tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni informali di rappresentanti delle associazioni di categoria e di esperti svolte dalla Commissione Cultura, scienza e istruzione, nelle sedute del 5, 12, 17 e 24 novembre 2009;
preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009, pervenuto il 12 novembre 2009;
premesso che va ribadita la centralità formativa della metodologia dell’alternanza scuola-lavoro e che vanno valorizzate le opportunità offerte dall’apprendistato dal primo livello (qualifiche) al terzo livello (dottorati);
premesso che appare condivisibile la scelta di prevedere nel primo biennio una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale – pari a 660 – rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo – pari a 396;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) appare necessario rafforzare ulteriormente l’obbligo di istruzione e l’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti;
2) all’articolo 6, comma 4, appare necessario sostituire le parole «diploma di tecnico», con le parole «diploma di istruzione professionale», allo scopo di evitare confusioni con l’analogo titolo di cui all’articolo 20, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, che si consegue a conclusione dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale: così, si corrisponderebbe anche alle richieste formulate da alcune Regioni interessate a dare una completa articolazione al sistema di istruzione e formazione professionale (qualifiche e anche diplomi professionali);
3) per gli istituti professionali del settore industria e artigianato, occorre potenziare la compresenza degli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di chimica e fisica del primo biennio, in quanto strettamente collegati alle discipline di indirizzo, anche in considerazione del fatto che senza il potenziamento indicato, rischiano di essere gravemente compromessi gli aspetti operativi della didattica in laboratorio con riferimento alle discipline scientifiche a carattere sperimentale, tenuto conto che le ore inizialmente previste dalla Commissione ministeriale hanno subito un ridimensionamento del 50 per cento per assecondare le richieste espresse dal Ministero dell’economia e delle finanze;

4) all’articolo 8 occorre chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti, in particolare, ove non indicata espressamente nell’allegato d), facendo riferimento alla corrispondenza dei titoli finali prevista dai provvedimenti di autorizzazione alla sperimentazione adottati dal Ministero;
5) si considera altresì necessario riesaminare le tabelle di confluenza di cui all’allegato d), in modo da accogliere il criterio di cui al precedente punto 4), nonché le osservazioni espresse dai soggetti interessati nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione cultura;
6) appare necessario prevedere un nuovo comma all’articolo 8 dello schema di regolamento in esame, volto a riconoscere agli istituti professionali di Stato la facoltà di assicurare l’offerta formativa nel settore con lo svolgimento dei relativi corsi e il rilascio delle qualifiche – sino alla compiuta attuazione da parte di tutte le Regioni degli adempimenti connessi alle loro competenze esclusive in materia di istruzione e formazione professionale – almeno con riferimento agli atti dispositivi che le Regioni devono compiere in base all’articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;
7) appare necessario richiamare la possibilità di ammettere all’esame di Stato coloro che sono in possesso del diploma professionale di tecnico, conseguito a conclusione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, previa frequenza dell’apposito corso di cui all’articolo 15, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;
8 ) si ritiene necessario ricondurre nel settore Industria e artigianato l’indirizzo «Servizi di manutenzione e assistenza tecnica». Inoltre, occorre prevedere la possibilità di confluenza nel medesimo settore Industria e artigianato, oltreché nei licei artistici, anche degli istituti d’arte, come rappresentato da alcuni istituti che formano giovani per le lavorazioni artigianali a carattere artistico;
9) con riferimento all’indirizzo «Servizi socio-sanitari», appare inoltre necessario prevedere due articolazioni specifiche per «Ottici» e per «Odontotecnici», come richiesto dal Ministero dello politiche sociali, del lavoro e della salute, dalle associazioni di categoria e dagli istituti interessati;
10) appare necessario, in merito all’indirizzo «Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera», prevedere adeguate specificazioni relative ai diversi servizi concernenti i laboratori dei settori di: 1) enogastronomia; 2) servizi di sala e di vendita; 3) accoglienza turistica;
11) si ritiene infine necessario prevedere un nuovo comma all’articolo 6 che preveda che: «in provincia di Bolzano e Trento, per coloro che hanno superato i concorsi quadriennali di formazione professionale e che intendono sostenere l’esame di Stato di cui al comma 6 dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, le province autonome di Bolzano e Trento realizzano gli appositi corsi annuali che si concludono con l’esame di Stato dinnanzi ad apposite commissioni d’esame nominate dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca su richiesta della stessa provincia e con le modalità e i programmi di cui all’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89 e successive modificazioni», stabilendo altresì che il percorso finale sia coerente con quello seguito;

e con le seguenti osservazioni:
a) si ricorda la necessità di inserire in premessa il riferimento al parere delle Commissioni parlamentari, previsto dalla legge n. 69 del 2009;

b) all’articolo 6, comma 1, appare opportuno sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con le parole «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»;

c) al comma 3 del medesimo articolo 6, si considera altresì opportuno chiarire le modalità con le quali le Commissioni possono avvalersi di esperti per la configurazione delle prove di esame;
d) all’articolo 8, comma 3, lettera a), valuti il Governo l’opportunità di chiarire il riferimento all’intervento sulle classi di concorso;
e) si valuti inoltre l’opportunità di riformulare l’articolo 10, comma 1, al fine di definire una data e termini certi per l’abrogazione, come segue: « «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, all’articolo 191, comma 3, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono soppressi: a) al primo periodo, le parole: «gli istituti professionali hanno per fine precipuo quello di preparare all’esercizio di funzioni tecniche od amministrative, nonché di alcune professioni, nei settori commerciale e dei servizi, industriale, delle costruzioni, agrario, nautico ed aeronautico»; b) l’ultimo periodo», non sembrando, infatti, necessaria la soppressione delle parole «gli istituti professionali» al comma 2 del medesimo articolo 191;
f) anche al fine di valorizzare i crediti acquisiti dagli studenti in contesti lavorativi, appare opportuno prevedere, ove possibile, un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli in apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
g) appare opportuno richiamare l’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, già prevista dallo schema di regolamento n. 132 concernente la revisione dell’assetto dei licei;
h) valuti il Governo l’opportunità di disciplinare dettagliatamente il quadro orario conseguente all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 8, rispetto all’ordinamento previgente;
i) con riferimento al profilo degli indirizzi del settore Industria e artigianato, si valuti infine l’opportunità di integrarlo con i riferimenti relativi alle filiere che attualmente caratterizzano gli istituti professionali del settore.

La 7a Commissione della Camera esprime il seguente parere favorevole con condizioni allo Schema di decreto legislativo recante riordino degli enti di ricerca:

Schema di decreto legislativo recante riordino degli enti di ricerca (Atto 156). (Articolo 1, comma 3, della legge 27 settembre 2007, n. 165).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione (Cultura, scienza ed istruzione),

esaminato lo schema di decreto legislativo recante «riordino degli enti di ricerca»,

visto il profondo riordino degli enti di ricerca operato nella XIV legislatura con i decreti legislativi n. 127 (relativo al CNR), n. 128 (relativo all’ASI) e n. 138 (relativo all’INAF) del 2003, nonché n. 38 del 2004 (relativo all’istituzione dell’INRIM), che ha richiesto, per la sua piena entrata in funzione, un periodo transitorio di parecchi anni e solo in questi ultimissimi tempi può considerarsi definitivamente assestato, con risultati positivi;

visto il nuovo riordino degli enti di ricerca, oggetto dello schema di decreto legislativo all’esame, caratterizzato in estrema sintesi dalle due principali finalità di una più accentuata autonomia statutaria degli enti, in particolare nella formulazione e nella deliberazione degli statuti, e di una autonomia nella definizione della struttura organizzativa dell’ente, nella definizione dei regolamenti per il personale e di amministrazione, contabilità e finanza, che si pone rispetto al precedente riordino in una linea di sostanziale continuità; come d’altra parte hanno più volte assicurato i rappresentanti del Governo e si può evincere dalla mancanza, nell’articolo 18, di esplicita abrogazione della quasi totalità delle disposizioni dei suddetti decreti legislativi;

considerata l’attribuzione ai consigli di amministrazione attuali, integrati da cinque esperti, del compito di formulare e deliberare i primi statuti, che consentirà di tenere nel debito conto la positiva esperienza riscontrata nelle forme di governance definite dal riordino del 2003;

considerata l’accentuazione dei criteri di distribuzione meritocratica delle risorse espressa nell’articolo 4 («Finanziamento degli enti di ricerca»), sia in generale al comma 1, sia in particolare al comma 2, che prevede la distribuzione competitiva di una frazione crescente di risorse a partire dal 7 per cento del FFO aggiuntivi, compatibilmente con i vincoli di bilancio, su programmi e progetti proposti dagli enti;

considerata la conferma del criterio del merito per il reclutamento del personale, espressa in particolare nell’articolo 13 («Riconoscimento e valorizzazione del merito eccezionale»);

considerata la messa a disposizione di nuovi strumenti finanziari per la realizzazione di infrastrutture di ricerca e l’accrescimento del loro livello di eccellenza di cui all’articolo 15 («Infrastrutture di ricerca»), finalità di estrema importanza per lo sviluppo dell’attività di ricerca;

rilevato che la relazione illustrativa non coincide in numerose parti con l’effettivo articolato del testo;

osservato che vanno salvaguardate, ove presenti le forme preesistenti e funzionanti delle rappresentanze della comunità scientifica nella guida degli enti;

auspicato che gli organi di vertice amministrativi degli enti siano scelti tra persone di alta qualificazione tenico-professionale e di comprovata esperienza gestionale nella ricerca scientifica e tecnologica, con profonda conoscenza delle normative e degli assetti organizzativi degli enti di ricerca pubblici o privati a livello nazionale e internazionale;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

1) all’articolo 3, comma 3, ultimo periodo, sia previsto un potere sostitutivo ministeriale nel caso di inottemperanza del termine ivi previsto da parte dei consigli di amministrazione per la formulazione e la deliberazione degli statuti in prima applicazione, fatta salva la possibilità di applicazione dell’articolo 1, comma 5, della legge 27 settembre 2007, n. 165;

2) al medesimo articolo 3, comma 3, sia previsto altresì che entro lo stesso termine di sei mesi i consigli di amministrazione dovranno formulare e deliberare i regolamenti (o le eventuali parti di essi) che consentono l’entrata in funzione dei nuovi consigli di amministrazione, fra cui ad esempio i regolamenti per l’elezione dei rappresentanti della comunità scientifica nel consiglio di amministrazione;

3) all’articolo 5, comma 1, sia previsto esplicitamente l’aggiornamento annuale dei piani triennali di attività (PTA);

4) all’articolo 6, comma 2, occorre prevedere che il parere dei consigli di amministrazione sulla validità curriculare dei dirigenti proposti dai dirigenti apicali abbia carattere vincolante, nel caso di curriculum inadeguati;

5) all’articolo 7, comma 1, occorre sostituire le parole «previo controllo ministeriale» con le parole « previo controllo di legittimità e di merito esercitato dal Ministro»;

6) all’articolo 9, sia ribadito il ruolo centrale dei dipartimenti del CNR, come correttamente riportato nella relazione illustrativa, nonché la competenza dei relativi responsabili sull’assegnazione delle risorse ai progetti di ricerca e sulla formulazione dei piani di ricerca nella propria area di competenza, ferme restando evidentemente le responsabilità del consiglio di amministrazione;

7) all’articolo 11, comma 4, sia specificato che, alla regola generale secondo cui nei consigli di amministrazione composti da cinque membri due sono scelti direttamente dalla comunità scientifica, fanno eccezione il CNR, dove si ritiene, dato lo stretto legame tra Università ed ente, che sia opportuna la nomina di un consigliere da parte della CRUI, nonché l’ASI, la composizione del cui consiglio di amministrazione è prevista dalla legge di delega;

8 ) occorre prevedere che fra i consiglieri di amministrazione del CNR sia contemplata la rappresentanza delle Regioni, doverosa a fronte del Titolo V della Carta Costituzionale, che assicura alle medesime per il settore della ricerca una competenza concorrente, nonché la rappresentanza del mondo industriale;

9) all’articolo 8, comma 2, appare necessario aggiungere infine le seguenti parole: «ai fini dell’applicazione della norma si tiene conto dei mandati precedenti al riordino»;

10) è necessario sopprimere il comma 1 dell’articolo 8 e l’articolo 10 comma 2, in quanto il comma 3 dell’articolo 2 già dispone che gli statuti devono prevedere la riduzione del numero dei componenti degli organi di direzione, amministrazione, consulenza e controllo, ai sensi dell’articolo 1 comma 1 lettera f) della legge n. 165 del 2007;

e con le seguenti osservazioni:

a) sia introdotto, nelle premesse allo schema di decreto legislativo, il riferimento ai decreti legislativi n. 127 (relativo al CNR), n. 128 (relativo all’ASI) e n. 138 (relativo all’INAF) del 2003, nonché al decreto-legislativo n. 38 del 2004 (relativo all’istituzione dell’INRIM), con cui fu operato il riordino della XIV legislatura;

b) all’articolo 3, comma 3, appare opportuno prevedere che i cinque esperti che andranno ad integrare i consigli di amministrazione siano scelti in relazione al compito molto particolare, conferito al consiglio di amministrazione allargato, di elaborare e definire i primi statuti degli enti;

c) all’articolo 5, comma 1, appare opportuno definire in modo più specifico il contenuto dei documenti di visione strategica decennali (DVS);

d) all’articolo 5, comma 3, occorre chiarire che la funzione di preventiva valutazione comparativa e di indirizzo strategico del Ministero avviene prevalentemente sulla base dei Piani triennali di attività (PTA) e dei Documenti di visione strategica (DVS), ferma restando la possibilità del Ministero di sviluppare interventi diretti, ovvero su modalità di carattere selettivo, volti a sollecitare progetti congiunti e a favorire il perseguimento di obiettivi di sistema in collaborazione fra diversi enti;

e) occorre valutare l’opportunità di sopprimere l’articolo 17, relativo alle funzioni dell’INVALSI, atteso che esso esula dal contenuto della legge di delega e comunque non innova rispetto alle funzioni attribuite all’Istituto della normativa citata, limitandosi ad un mero riordino;

f) occorrerebbe, infine, prevedere disposizioni specifiche al fine rafforzare la possibilità di mobilità dei ricercatori, nella piena valorizzazione delle professionalità e del merito della comunità scientifica alla luce della Carta europea dei Ricercatori.

9 dicembre Riforme in Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, nell’adunanza del 26 novembre, con i pareri 7149, 7150 e 7151, datati 9 dicembre 2009, sospende il proprio giudizio in attesa di ulteriori chiarimenti dal MIUR in merito all’ipotesi di riordino di Licei, Istituti tecnici e professionali.

Parere Consiglio di Stato 7150/09

Numero 07150/2009 e data 09/12/2009

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Normativa per gli Atti Consultivi

Adunanza di Sezione del 26 novembre 2009

NUMERO AFFARE 04597/2009

OGGETTO:

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico degli istituti tecnici ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. Prot/A00/UffLeg/4791del 16 novembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco Bellomo;

PREMESSO:

Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il parere di cui all’articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del Presidente della Repubblica, recante“Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico degli istituti tecnici ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

L’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico.

Per l’attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4 prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico.

Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte modifiche alle norme generali relative gli istituti tecnici.

Lo schema è composto dal preambolo, da dieci articoli, da quattro allegati.

L’articolo 1 definisce l’oggetto del regolamento. Al comma 1 sono richiamate le disposizioni normative che collocano gli istituti tecnici nell’ambito dell’istruzione secondaria superiore che fa parte del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione. Il comma 2 stabilisce che la riorganizzazione degli istituti tecnici sia avviata a partire dalle classi prime e seconde funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011.

L’articolo 2 definisce l’identità degli istituti tecnici, con il fine di far acquisire agli studenti, in relazione all’esercizio di professioni tecniche, saperi e competenze fondati su una solida base culturale in cui l’asse scientifico-tecnologico degli apprendimenti interagisce con la cultura umanistica e con l’approfondimento delle competenze comunicativo-relazionali, attraverso lo studio, l’approfondimento e l’applicazione di linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico, in linea con le indicazioni dell’Unione europea.

Gli articoli 3 e 4 delineano il quadro di riferimento dei due macro settori dell’istruzione tecnica, quello economico articolato in due indirizzi e quello tecnologico articolato in nove indirizzi, come descritti negli allegati B e C. Rispetto all’attuale ordinamento si determina una riduzione dei settori (da 10 a 2) e degli indirizzi (da 39 a 11).

L’articolo 5 delinea la struttura generale e l’organizzazione dei percorsi dell’istruzione tecnica, con indicazione del monte ore complessivo di lezioni previsto per ciascuno dei segmenti didattici in cui sono articolati i percorsi formativi, il rapporto tra l’area degli insegnamenti generali e le aree di indirizzo, gli spazi di autonomia e le quote di flessibilità riservate alle istituzioni scolastiche, le metodologie da attivare per migliorare l’efficacia dei risultati di apprendimento degli allievi. Si delineano i modelli organizzativi per ampliare la condivisione della progettazione educativa e il raccordo tra il Piano dell’offerta formativa adottato dall’istituto e le esigenze espresse dal territorio e dal mondo del lavoro e delle professioni.

I nuovi indirizzi degli istituti tecnici, ripartiti tra i due ampi settori di riferimento (economico e tecnologico), sono caratterizzati da un’area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in distinte aree di indirizzo, che possono essere ulteriormente specificate in un numero contenuto di opzioni, con riferimento a documentate esigenze del mondo del lavoro e del territorio, nell’ambito delle quote di flessibilità indicate nello schema di regolamento e secondo i criteri generali che saranno determinati con successivi decreti.

In particolare, gli spazi di flessibilità riservati agli istituti tecnici corrispondono, con riferimento all’orario annuale delle lezioni, alle seguenti aliquote: entro il 30% nel secondo biennio; entro il 35% nell’ultimo anno.

Gli istituti tecnici hanno, in questo modo, margini più ampi di autonomia non solo per l’individuazione degli obiettivi formativi correlati alle esigenze individuali e ambientali, per l’organizzazione della didattica, per la ricerca e la sperimentazione, ma, soprattutto, per l’organizzazione delle aree di indirizzo in risposta ai mutevoli e diversificati fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro e delle professioni.

Il percorso quinquennale degli istituti tecnici è strutturato in un primo biennio, dedicato all’acquisizione dei saperi e delle competenze previsti per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione e di apprendimenti che introducono progressivamente alle aree di indirizzo in funzione orientativa; un secondo biennio, in cui l’area di indirizzo può articolarsi in opzioni; un quinto anno, che si conclude con l’esame di Stato. La struttura oraria varia nel rapporto tra ore da destinare all’area di istruzione generale ed all’area di indirizzo secondo una proporzione superiore nel primo biennio a favore della prima e, nel secondo biennio e quinto anno, a favore della seconda.

L’articolo 6 affronta il tema della valutazione e dei titoli finali. Per quanto riguarda la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, nonché la certificazione delle competenze acquisite, si fa riferimento alla normativa vigente, ovvero all’art. 13, commi 1, 2 e 6 del decreto legislativo n. 226/2005 e dall’articolo 2 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169.

L’articolo 7 indica le modalità per il monitoraggio e la valutazione di sistema dei percorsi degli istituti tecnici, soprattutto ai fini della loro innovazione permanente. Per questo, è prevista la costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale. E’ prevista l’individuazione di specifici indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti tecnici sulla base delle proposte del suddetto Comitato nazionale, anche con riferimento al Quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presenta, ogni tre anni, al Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della valutazione dei percorsi formativi degli istituti tecnici.

L’articolo 8 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, rinviando la disciplina di taluni aspetti a successivi decreti non regolamentari Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Gli istituti tecnici di ogni tipo e indirizzo confluiscono nel nuovo ordinamento a partire dall’anno scolastico 2010-2011, secondo quanto previsto nella tabella descritta nell’Allegato D.

L’articolo 9 contiene le disposizioni finali.

L’articolo 10 indica le abrogazioni delle disposizioni relative agli istituti tecnici a partire dall’anno scolastico 2010-2011.

Gli allegati sono i seguenti:

Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione per gli Istituti Tecnici.

Allegato B: Profili degli indirizzi degli istituti tecnici del settore economico.

B1 – Amministrazione, Finanza e Marketing;

B2 – Turismo.

Allegato C: Profili degli indirizzi degli istituti tecnici del settore tecnologico

C1 – Meccanica, Meccatronica ed Energia;

C2 – Trasporti e Logistica;

C3- Elettrotecnica ed Elettronica;

C4- Informatica e Telecomunicazioni;

C5 – Grafica e Comunicazione;

C6 -Chimica, Materiali e Biotecnologie;

C7 – Sistema Moda;

C8 – Agraria e Agroindustria;

C9 – Costruzioni, Ambiente e Territorio.

Allegato D: Tabella di confluenza degli attuali istituti tecnici di ogni tipo ed indirizzo nel nuovo ordinamento.

CONSIDERATO:

L’atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”).

Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare specificamente preordinato al contenimento della spesa per il pubblico impiego (tanto da figurare all’inizio del capo II, così intitolato), oltre che ad una più generale implementazione nell’organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema amministrativo.

Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”) e rientra anche nell’organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per l’uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di legge fissata dall’articolo 97, comma 1 della Costituzione, come attuata dall’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi generali sull’organizzazione amministrativa.

Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo l’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 fissa, per la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali”. Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del medesimo articolo, il quale stabilisce che dall’attuazione dei commi 1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.

In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano programmatico adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

Si realizza, così, una sequenza di fonti (legge – atto politico di indirizzo – regolamento) in cui il potere regolamentare risultato conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l’esecutivo deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi tenendo conto dell’ampio coinvolgimento degli organi istituzionali realizzato, attesa la partecipazione nell’elaborazione del piano programmatico del Ministro dell’economia e delle finanze, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti, idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da parte del Ministero dell’istruzione avviene con l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze e della Conferenza unificata, in simmetria con quanto previsto per l’adozione del piano programmatico.

Sul piano dei principi resta da verificare l’ammissibilità e i limiti dell’impiego del regolamento delegato nella materia dell’istruzione scolastica.

Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:

– spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le “norme generali sull’istruzione” (comma 2, lett. n);

– spetta alla potestà concorrente della Regione la materia “istruzione”, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale (comma 3).

In materia, peraltro, occorre considerare anche l’articolo 117, comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato il settore “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, nonché l’articolo 117, comma 2 lett. e) e l’articolo 119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma dell’organizzazione scolastica.

Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato, incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia dell’istruzione, definire interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto tra le “norme generali sull’istruzione” e i “principi fondamentali” in materia di “istruzione” – le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a orientare le Regioni nell’esercizio della relativa potestà concorrente – non è sempre agevole e necessario, nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche.

In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare una normativa secondaria. L’esistenza nell’ambito oggettivo del regolamento di un’osmosi tra materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non determina, di per sé, alcuna preclusione. D’altronde il regolamento in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece, costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non appare irragionevole l’adozione di uno strumento più duttile qual è appunto quello regolamentare.

Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, ha affermato che:

– «il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione».

– «Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione contemplati nel comma 2 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1998. Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell’art. 117 Cost., da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato, ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di legislazione esclusiva dello Stato; dall’altro, non pone limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza dell’ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le “norme generali sull’istruzione” – essendo fonti di regolazione di fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema scolastico nazionale – si prestano a ricevere “attuazione” anche mediante l’emanazione di atti regolamentari di delegificazione, purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità sostanziale e quello di separazione delle competenze »

– «In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo “norme generali regolatrici della materia”, cui fa riferimento il citato art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale. In particolare, a tale proposito, il legislatore – nello stabilire che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si debba provvedere ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle caratteristiche generali del sistema nazionale dell’istruzione – ha provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei «criteri» cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto, possono essere ascritte alla categoria delle norme generali».

Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di verificare se le singole disposizioni del regolamento siano rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili dalla delega, nonché siano compatibili con il sistema legislativo dell’istruzione tecnica.

Occorre, dunque, preliminarmente definire quest’ultimo.

Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l’emanazione di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di intervento, decreti legislativi che, anch’essi, hanno subito nel tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.

Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del sistema di istruzione e formazione professionale. Detto decreto prevedeva la confluenza degli istituti tecnici nel liceo tecnologico e nel liceo economico.

L’art. 13 del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40, ha ripristinato l’istruzione tecnico-professionale, articolata negli istituti tecnici e negli istituti professionali di cui all’articolo 191, commi 2 e 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, tutti finalizzati al conseguimento di titoli di studio quinquennali, caratterizzata da una forte area di istruzione generale comune ai due ordini di studi e da indirizzi ampi e flessibili. Il comma 8-bis, lettera a) di detto articolo ha novellato l’art. 1 del decreto legislativo n. 226/05, riconfigurando l’assetto del secondo ciclo, che risulta ora articolato nell’istruzione secondaria superiore, costituita dai licei, dagli istituti tecnici e dagli istituti professionali e nel sistema di istruzione e formazione professionale. L’art. 13, commi 1-bis e 1-ter della legge 2 aprile 2007, n. 40 prevede l’emanazione di regolamenti ministeriali per realizzare la riforma del sistema dell’istruzione tecnica e professionale, regolamenti mai adottati.

L’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ribadisce l’esigenza di procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici vigenti nell’ambito di un complessivo processo di revisione e sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle testi espresse nel “Quaderno bianco sulla scuola”), con esplicito riferimento proprio agli istituti tecnici e degli istituti professionali. Attraverso l’articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, la revisione dell’istruzione secondaria superiore viene definitivamente fissata “a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2010-2011”.

Ad avviso dell’Amministrazione nel regolamento in esame è confluita anche la materia oggetto dei regolamenti ministeriali di cui all’articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.

E’ condivisibile l’affermazione, contenuta nella relazione illustrativa, che lo schema di regolamento si colloca nel vigente quadro di riferimento, rispondendo alle seguenti esigenze:

a) riconfermare l’identità degli istituti tecnici all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di formazione;

b) fare acquisire ai giovani, attraverso la cultura scientifica, economico-giuridica e tecnica, la capacità di creare, progettare, contribuire a fare impresa per partecipare attivamente allo sviluppo economico del Paese;

c) dare risposte chiare ai giovani e alle famiglie, che si aspettano dalla scuola percorsi trasparenti e competenze spendibili tanto per l’inserimento nel mondo del lavoro, quanto per il passaggio ai livelli superiori di istruzione e formazione, anche per l’esercizio di professioni tecniche regolamentate;

d) superare la frammentazione dei percorsi di studio che emergono dagli attuali ordinamenti e dalle numerose sperimentazioni;

e) rendere più efficienti i servizi di istruzione e più efficace l’utilizzo delle risorse, coniugando qualità e risparmio.

La previsione di un numero contenuto di settori ed indirizzi, la declinazione delle materie di insegnamento riferite a risultati di apprendimento articolati in competenze, attività e conoscenze, la previsione di maggiori spazi di flessibilità nel quadro di criteri generali definiti a livello nazionale sono espressione di un modello didattico – organizzativo che intende superare l’attuale frammentazione dei percorsi ed offrire strumenti alle istituzioni scolastiche per una gestione efficiente ed efficace delle risorse loro assegnate. Non si tratta, quindi, di un riordino finalizzato unicamente al contenimento della spesa.

La Sezione ritiene meritevole di approfondimento, invece, la questione relativa alla conformità del testo alla delega.

La norma di delega concerne espressamente la sola “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari”. Il piano programmatico prescrive che: “I piani di studio relativi agli istituti tecnici e professionali di cui alla legge 2 aprile 2007, n. 40, saranno anch’essi riveduti al fine di pervenire ad una ulteriore razionalizzazione e semplificazione. Per quanto riguarda l’istruzione tecnica, se ne definiranno gli indirizzi in un numero contenuto e adottando un carico orario annuale obbligatorio delle lezioni non superiore a 32 ore settimanali. Per i citati ordini di studio le suddette operazioni dovranno essere raccordate con i tempi previsti per la effettuazione delle iscrizioni e la determinazione degli organici”.

Il testo del regolamento in visione, pur apparendo più contenuto di quello relativo ai licei, presenta comunque un impatto significativo sull’ordinamento dell’istruzione tecnica, che nelle relazione di accompagnamento e nello stesso preambolo sembra legarsi anche ai criteri di cui all’articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.

Tuttavia, la formulazione del preambolo (secondo cui “la materia oggetto dei regolamenti ministeriali di cui all’articolo 13 del decreto legge n. 7 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 40 del 2007 rientra in quella più ampia oggetto dei regolamenti governativi di cui all’articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) non risulta appropriata, indicando un assorbimento dei criteri, piuttosto che il loro utilizzo, per specificare quelli abbastanza generici contenuti nell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133

Su tale questione, dunque, si impone un chiarimento e la conseguente riformulazione della menzionata previsione contenuta nel preambolo. Va, altresì, verificata la corrispondenza del testo dello schema di regolamento ai criteri enunciati con riferimento ai regolamenti ministeriali previsti dal predetto art. 13 del decreto legge n. 7 del 2007.

Con riferimento alle singole disposizioni la Sezione sottopone all’attenzione del Ministero dell’istruzione i seguenti punti.

L’articolo 1 stabilisce che “Il presente regolamento detta le norme generali relative al riordino degli istituti tecnici in attuazione del piano programmatico di interventi di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, ma poi, contraddittoriamente, l’articolo 9, comma 2 prevede che “All’attuazione del presente regolamento si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ne consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a valle, mentre – assumendo che il regolamento costituisca la sua attuazione – la precisazione che lo stesso debba essere attuato in coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.

L’articolo 5, comma 3 lett. a) stabilisce che, ferma restando la quota di autonomia del 20% dei curricoli di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 giugno 2006, n. 47, utilizzano i seguenti spazi di flessibilità, intesi come possibilità di articolare in opzioni le aree di indirizzo di cui agli allegati B) e C) per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro e della professioni, con riferimento all’orario annuale delle lezioni: entro il 30% nel secondo biennio e il 35% nell’ultimo anno.

E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca se tale previsione sia stata coordinata con il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente il “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”.

L’art. 5, comma 3 prevede che le istituzioni scolastiche costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa (lett. b), nonché un comitato scientifico, con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità (lett. c). La disposizione suscita perplessità sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi), essendo estranea all’ambito della delega, sia con riguardo al rispetto dell’autonomia scolastica, apparendo più coerente con l’obiettivo di realizzare l’autonomia lasciare alle istituzioni scolastiche la scelta in ordine all’opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto in cui operano. Inoltre la stessa effettività di codesti organi appare compromessa dalla mancata assegnazione di risorse finanziarie e dalla gratuità dell’incarico. La disposizione sembra, infine, riguardare una materia – quella degli organi collegiali della scuola – attualmente oggetto di una diversa disciplina legislativa, e con riferimento alla quale risultano pendenti in Parlamento diverse iniziative legislative.

L’art. 7, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante monitoraggio sugli istituti tecnici anche preordinato alla loro innovazione, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale, costituito con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del quale fanno parte dirigenti e docenti della scuola, esperti del mondo del lavoro e delle professioni, dell’università e della ricerca nonché esperti indicati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e dall’Unione Province d’Italia, dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero della gioventù. Il Comitato si articola in commissioni di settore e si avvale anche dell’assistenza tecnica dell’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia Scolastica (A.N.S.A.S.), dell’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (ISFOL), di Italia Lavoro e dell’Istituto per la Promozione Industriale (IPI). Ai componenti del comitato non spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca sia la compatibilità di tale previsione con l’oggetto della delega, sia la sua rispondenza alle esigenze di semplificazione enunciate nella stessa.

L’art. 8, comma 1 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, prevedendo la confluenza degli istituti tecnici attualmente esistenti e delle sperimentazioni in corso negli istituti tecnici di cui al regolamento ovvero, per gli indirizzi sperimentali corrispondenti ai percorsi liceali, nei licei di cui al regolamento gemello. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione illustri la graduazione di tale passaggio, anche con riguardo alla tutela dell’affidamento degli studenti che, trovandosi nelle situazioni di transito, subiranno una modificazione dell’iter formativo prescelto.

L’art. 8, comma 2 demanda a un successivo decreto ministeriale di natura non regolamentare, adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, la definizione di aspetti che attuano e completano le disposizioni contenute nello schema di regolamento in esame, quali:

a) le indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le abilità e le conoscenze, con riferimento ai risultati di apprendimento di cui all’articolo 3, comma 1, e all’articolo 4, comma 1, in relazione agli insegnamenti di cui agli allegati B) e C);

b) gli ambiti, i criteri e le modalità per l’ulteriore articolazione delle aree di indirizzo di cui agli articoli 3 e 4 relativi agli spazi di flessibilità di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a) in un numero contenuto di opzioni, incluse in un apposito elenco nazionale, da attivare in ogni caso nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente;

c) i criteri per il raccordo tra il previgente ordinamento e quello previsto dal presente regolamento per accompagnarne il passaggio nelle seconde classi funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011, nelle quali si completa l’assolvimento dell’obbligo di istruzione;

d) la rideterminazione dei quadri orario, comprensiva delle ore di compresenza degli insegnanti tecnico-pratici, a partire dalle terze e quarte classi degli istituti tecnici funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011, secondo il previgente ordinamento, con un orario complessivo annuale corrispondente a 32 ore settimanali.

L’art. 8, comma 3 demanda a decreti di natura non regolamentare, egualmente adottati di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di definire:

a) le classi di concorso del personale docente, ivi compreso quello da destinare all’ufficio tecnico, e l’articolazione delle cattedre per ciascuno degli indirizzi di cui agli allegati B) e C);

b) i criteri generali per l’insegnamento, in lingua inglese, di una disciplina non linguistica compresa nell’area di indirizzo del quinto anno, da attivare in ogni caso nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente;

c) gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti tecnici, in relazione alle proposte formulate del Comitato di cui all’articolo 7, comma 1, anche con riferimento al quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione.

In entrambi casi la natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo delle due disposizioni l’inciso “di natura non regolamentare”.

In conclusione, sui punti segnalati occorre che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca fornisca i chiarimenti richiesti. All’esito la Sezione si riserva la facoltà di disporre l’audizione del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero, nonché del dirigente generale competente all’istruttoria del regolamento.

P.Q.M.

Sospende l’emanazione del parere in attesa degli adempimenti di cui in motivazione.

L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Francesco Bellomo                         Alessandro Pajno

IL SEGRETARIO

Parere Consiglio di Stato 7149/09

Numero 07149/2009 e data 09/12/2009

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Normativa per gli Atti Consultivi

Adunanza di Sezione del 26 novembre 2009

NUMERO AFFARE 04596/2009

OGGETTO:

Ministero dell’istruzione dell’universita’ e della ricerca;

Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. Prot/A00/UffLeg/4789 del 16 novembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco Bellomo;

PREMESSO:

Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il parere di cui all’articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del Presidente della Repubblica, recante“Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

L’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico.

Per l’attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4 prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico.

Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte norme generali relative all’ordinamento organizzativo e didattico dei licei.

Lo schema è composto dal preambolo, da sedici articoli e dagli allegati.

L’articolo 1 definisce l’oggetto del regolamento e stabilisce che i licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 2006 e successive modificazioni e dal regolamento, preordinato alla introduzione delle misure di razionalizzazione di cui al comma 4, lettera b) dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

L’articolo 2 definisce l’identità dei licei, fissandone le finalità e la durata dei percorsi di studio. Il comma 1 individua la collocazione dei licei nel sistema dell’istruzione secondaria superiore di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni. Il comma 2 si sofferma sul profilo culturale comune assicurato allo studente che costituisce l’unitarietà dei percorsi liceali. Il comma 3 stabilisce la durata quinquennale dei licei e la loro articolazione in due bienni e nell’anno terminale, nel rispetto delle indicazioni del decreto legislativo n. 226 del 2005. Il comma 4 ribadisce che il primo biennio è finalizzato anche all’assolvimento dell’obbligo scolastico, mentre il comma 5 prevede la stipulazione di intese con le università, con le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e con quelle ove si realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore ed i percorsi degli istituti tecnici superiori, al fine di orientare le scelte successive dello studente.

L’articolo 3 definisce l’articolazione del sistema dei licei e fissa il profilo educativo, culturale e professionale dello studente al termine dei corsi di studio quale previsto dall’Allegato A. Viene inoltre previsto che alla riorganizzazione delle sezioni bilingui, delle sezioni ad opzione internazionale, delle sezioni di liceo classico europeo e di liceo linguistico europeo si provvederà con separato regolamento.

L’articolo 4 definisce il percorso del liceo artistico, individuandone le finalità educativo-formative, gli indirizzi, le attività laboratoriali e l’orario annuale degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti e degli insegnamenti obbligatori di indirizzo, con riferimento ai singoli bienni e all’anno finale del corso di studi. Il piano degli studi è fissato nell’Allegato B del provvedimento. Al fine di corrispondere alle esigenze e vocazioni delle realtà territoriali il potenziamento e l’articolazione dell’offerta formativa dei licei artistici possono essere assicurati mediante specifiche intese con le Regioni, con particolare riferimento alle attività laboratoriali ed alle interazioni con il mondo del lavoro.

L’articolo 5 detta disposizioni analoghe con riferimento ai percorsi del liceo classico, il cui piano di studi è fissato dall’Allegato C.

L’articolo 6 disciplina i percorsi del liceo linguistico, finalizzati a far acquisire agli studenti le competenze relative a tre lingue e culture straniere; il relativo piano di studi è contenuto nell’Allegato D del provvedimento.

L’articolo 7 detta le norme specifiche per i percorsi del liceo musicale e coreutico, articolato nelle relative due distinte sezioni, il cui piano di studi è fissato nell’Allegato E.

Gli articoli 8 e 9 dettano, rispettivamente, la disciplina dei percorsi del liceo scientifico e del liceo delle scienze umane, nonché delle relative opzioni scientifico-tecnologica ed economico-sociale, i cui piani di studio sono contenuti nei corrispondenti Allegati F e G.

L’articolo 10 disciplina la materia relativa allo svolgimento delle attività educative e didattiche ed ai relativi orari annuali d’insegnamento.

L’articolo 11 fissa i criteri per la valutazione periodica e finale degli apprendimenti, facendo riferimento, in primo luogo, alle disposizioni dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 226 del 2005 e all’articolo 2 del decreto legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 137 del 2008, e al relativo regolamento attuativo. Il titolo finale rilasciato al superamento dell’esame di Stato assume la dizione di “Diploma liceale” con indicazione della tipologia liceale e l’eventuale indirizzo seguito dallo studente.

L’articolo 12 disciplina il monitoraggio e la valutazione di sistema.

L’articolo 13 definisce il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento dei percorsi dei licei.

L’articolo 14 detta disposizioni specifiche per le regioni a statuto speciale, per le province autonome di Trento e di Bolzano e per scuole con insegnamento in lingua slovena.

L’articolo 15 contiene la ricognizione delle disposizioni abrogate, con riferimento al decreto legislativo n. 226 del 2005.

L’articolo 16 detta le disposizioni finali, stabilendo che all’attuazione del regolamento si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Gli allegati sono i seguenti:

Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione per i licei

Allegato B: Piano degli studi del liceo artistico, indirizzi:

B1 – Architettura, Design, Ambiente

B2 – Audiovisivo, Multimedia, Scenografia

Allegato C: Piano degli studi del liceo classico

Allegato D: Piano degli studi del liceo linguistico

Allegato E: Piano degli studi del liceo musicale e coreutico, articolato in un’area comune e nelle sezioni musicale e coreutica

Allegato F: Piano degli studi del liceo scientifico e dell’opzione scientifico-tecnologica

Allegato G: Piano degli studi del liceo delle scienze umane e dell’opzione economico sociale

Allegato H: Insegnamenti attivabili sulla base del Piano dell’offerta formativa nei limiti del contingente di organico assegnato all’istituzione scolastica

Allegato I: Tabella di confluenza dei percorsi di istruzione secondaria superiore previsti dall’ordinamento previdente nei percorsi liceali del nuovo ordinamento

Allegato L: Tabella di corrispondenza dei titoli di studio in uscita dai percorsi di istruzione secondaria di secondo grado dell’ordinamento previdente con i titoli di studio in uscita dai percorsi liceali del nuovo ordinamento.

CONSIDERATO:

L’atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”).

Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare specificamente preordinato al contenimento della spesa per il pubblico impiego (tanto da figurare all’inizio del capo II, così intitolato), oltre che ad una più generale implementazione nell’organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema amministrativo.

Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”) e rientra anche nell’organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per l’uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di legge fissata dall’articolo 97, comma 1 della Costituzione, come attuata dall’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi generali sull’organizzazione amministrativa.

Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo l’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 fissa, per la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali”. Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del medesimo articolo, il quale stabilisce che dall’attuazione dei commi 1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.

In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano programmatico adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

Si realizza, così, una sequenza di fonti (legge – atto politico di indirizzo – regolamento) in cui il potere regolamentare risultato conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l’esecutivo deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi tenendo conto dell’ampio coinvolgimento degli organi istituzionali realizzato, attesa la partecipazione nell’elaborazione del piano programmatico del Ministro dell’economia e delle finanze, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti, idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da parte del Ministero dell’istruzione avviene con l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze e della Conferenza unificata, in simmetria con quanto previsto per l’adozione del piano programmatico.

Sul piano dei principi resta da verificare l’ammissibilità e i limiti dell’impiego del regolamento delegato nella materia dell’istruzione scolastica.

Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:

– spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le “norme generali sull’istruzione” (comma 2, lett. n);

– spetta alla potestà concorrente della Regione la materia “istruzione”, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale (comma 3).

In materia, peraltro, occorre considerare anche l’articolo 117, comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato il settore “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, nonché l’articolo 117, comma 2 lett. e) e l’articolo 119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma dell’organizzazione scolastica.

Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato, incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia dell’istruzione, definire interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto tra le “norme generali sull’istruzione” e i “principi fondamentali” in materia di “istruzione” – le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a orientare le Regioni nell’esercizio della relativa potestà concorrente – non è sempre agevole e necessario, nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche.

In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare una normativa secondaria. L’esistenza nell’oggetto astratto del regolamento di un’osmosi tra materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non determina, di per sé, alcuna preclusione. D’altronde il regolamento in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece, costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non appare irragionevole l’adozione di uno strumento più duttile qual è appunto quello regolamentare.

Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, ha affermato che:

– «il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione».

– «Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione contemplati nel comma 2 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1998. Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell’art. 117 Cost., da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato, ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di legislazione esclusiva dello Stato; dall’altro, non pone limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza dell’ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le “norme generali sull’istruzione” – essendo fonti di regolazione di fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema scolastico nazionale – si prestano a ricevere “attuazione” anche mediante l’emanazione di atti regolamentari di delegificazione, purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità sostanziale e quello di separazione delle competenze »

– «In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo “norme generali regolatrici della materia”, cui fa riferimento il citato art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale. In particolare, a tale proposito, il legislatore – nello stabilire che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si debba provvedere ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle caratteristiche generali del sistema nazionale dell’istruzione – ha provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei «criteri» cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto, possono essere ascritte alla categoria delle norme generali».

Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di verificare se le concrete disposizioni del regolamento siano rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili dalla delega, nonché se siano compatibili con il sistema legislativo dell’istruzione liceale.

Occorre, dunque, preliminarmente definire quest’ultimo.

Il vigente ordinamento scolastico (art. 191 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297) prevede tre tipologie di liceo, liceo classico, liceo scientifico e liceo artistico, cui si aggiunge l’istituto magistrale. Questi ultimi due percorsi, attraverso un anno integrativo, consentono l’accesso a tutti i percorsi di laurea. Il liceo linguistico attualmente fa parte del sistema delle scuole non statali ed è tuttora regolato dal decreto ministeriale 31 luglio 1973.

L’esigenza di adeguamento di questo modello ha portato numerose sperimentazioni riconducibili all’autonomia scolastica. Da parte sua il legislatore ha impostato tentativi di riforma dei cicli scolastici e dunque anche del secondo ciclo dell’istruzione, che non hanno dato esito.

Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l’emanazione di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di intervento, decreti legislativi che, anch’essi, hanno subito nel tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.

Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del sistema di istruzione e formazione professionale, definiti, all’articolo 1 “di pari dignità” e accomunati da un unico “profilo educativo, culturale, professionale” declinato in un apposito allegato. Il sistema dei licei risultava formato dai licei artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, delle scienze umane (ex magistrale), economico e tecnologico (percorsi destinati ad assorbire almeno in parte l’istruzione tecnica e professionale).

Gli ordinamenti previsti nel decreto legislativo n. 226 del 2005 non sono stati ancora sperimentati né, tanto meno, sono entrati in vigore, essendo stato prorogato già dalla precedente legislatura all’anno scolastico 2009 del 2010 l’avvio delle prime classi liceali a seguito dell’articolo 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40. Il medesimo articolo 13 ha altresì soppresso il liceo economico ed il liceo tecnologico e prospettato il rilancio degli istituti tecnici e professionali.

L’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ha, infine, confermato l’esigenza di procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici vigenti nell’ambito di un complessivo processo di revisione e sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle tesi espresse nel “Quaderno bianco sulla scuola”) che, per quanto concerne il secondo ciclo, investe anche e contestualmente, attraverso specifici regolamenti, i percorsi degli istituti tecnici e degli istituti professionali, attuando la delega che risale appunto ai commi 1 bis e 1 ter del succitato articolo 13. Attraverso l’articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, la revisione dell’istruzione secondaria superiore viene definitivamente fissata “a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2010-2011”

E’ condivisibile l’affermazione, contenuta nella relazione illustrativa, secondo la quale il riordino dei licei delineato nello schema di regolamento si colloca nel solco dei precedenti interventi normativi e nel quadro di riferimento incardinando la revisione dei percorsi intorno a quattro punti fondamentali:

a) riconfermare l’identità e la peculiarità dei licei all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di formazione, attraverso la definizione dell’apposito Profilo (allegato A) e delle future “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze”;

b) fare acquisire ai giovani, attraverso l’unitarietà del percorso liceale, declinata nei vari percorsi a seconda delle personali inclinazioni, capacità critica e conoscenza approfondita degli specifici settori disciplinari;

c) superare la frammentazione dei percorsi di studio che emergono dall’accavallarsi e dal sovrapporsi delle sperimentazioni, delimitando un quadro orario atto all’approfondimento delle discipline e mirato al possesso di una solida cultura declinata, pur in presenza di una forte area comune, che rafforza lo studio della matematica e della lingua straniera, riequilibrando così il tradizionale predominio della componente umanistica classica, a seconda dei percorsi, piuttosto che all’estensione e alla parcellizzazione dei saperi;

d) demandare alle istituzioni scolastiche, attraverso il Piano dell’offerta formativa, la ricerca progettuale e l’elaborazione di specifici progetti culturali che vengono a integrare i requisiti e le indicazioni previsti dallo Stato e a declinarli a seconda delle specificità del territorio, delle esperienze svolte e delle eccellenze presenti al loro interno.

Meno chiaro è se il testo predisposto si mantenga nei limiti della delega.

A tal la riguardo la Sezione ritiene di evidenziare un punto critico di ordine generale.

La norma di delega concerne espressamente la sola “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari”.

Il piano programmatico prescrive che: “I piani di studio relativi al sistema dei licei, di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, come modificato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 saranno riesaminati con l’obiettivo di razionalizzarne l’impianto in termini di massima semplificazione. Andranno in tale contesto definite le discipline ed i carichi di orario delle singole tipologie in misura non superiore alle 30 ore settimanali”, precisando, quanto all’orario, che “L’orario obbligatorio di lezione nei licei classici, linguistici, scientifici e delle scienze umane sarà pari ad un massimo di 30 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226” e che “Per i licei artistici e i licei musicali e coreutica l’orario obbligatorio di lezione sarà di 32 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226”.

Il testo del regolamento in visione, invece, si sembra spingersi ben oltre la mera razionalizzazione dei piani di studio e degli orari, sia per la profondità con cui impatta su questi ultimi, sia, soprattutto, perché contiene diverse disposizioni che eccedono tale ambito in senso stretto.

Su tale questione, dunque, si impone un chiarimento da parte del Ministero dell’istruzione, che dovrà indicare su quale base, letterale, teleologica e sistematica, abbia proceduto all’estensione dell’oggetto di delega e se le finalità di contenimento della spesa e di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali giustifichino l’ampia revisione ordinamentale operata, specie in assenza di puntuali criteri sul riordino dei licei definiti dal piano programmatico.

Con riferimento alle singole disposizioni la Sezione sottopone all’attenzione del Ministero dell’istruzione i seguenti punti.

L’articolo 1 stabilisce che “I licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 e successive modificazioni e dal presente decreto in attuazione del piano programmatico di interventi di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, ma poi, contraddittoriamente, l’articolo 16, comma 1 prevede che “All’attuazione del presente decreto si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ne consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a valle, mentre – assumendo che il regolamento costituisca la sua attuazione – la precisazione che lo stesso debba essere attuato in coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.

L’articolo 2 stabilisce che “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”. Invece i successivi articoli, relativi ai singoli licei e con l’eccezione di quello scientifico (articoli 4, 5, 6, 7, 9) stabiliscono che i relativi percorsi sono diretti ad “approfondire conoscenze, abilità e competenze”, mettendo in primo piano un obiettivo formativo che nella disposizione generale appare in secondo piano, mentre risulta centrale nell’ambito degli istituti tecnici e professionali.

L’articolo 10, comma 1 lett. c) stabilisce che la quota dei piani di studio rimessa alle singole istituzioni scolastiche nell’ambito degli indirizzi definiti dalle regioni in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale di cui all’articolo 3, comma 2, come determinata nei limiti del contingente di organico ad esse annualmente assegnato e tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie, non può essere superiore al 20 per cento del monte ore complessivo nel primo biennio, non può essere superiore al 30 per cento nel secondo biennio e non può essere superiore al 20 per cento nel quinto anno, salvo restando che l’orario previsto dal piano di studio di ciascuna disciplina non può essere ridotto in misura superiore a un terzo nell’arco dei cinque anni. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca se tale previsione sia stata coordinata con il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente il “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”.

L’art. 10, comma 2 prevede che le istituzioni scolastiche costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa (lett. a), nonché un comitato scientifico, con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e tecnologica, delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità (lett. b). La disposizione suscita perplessità sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi), essendo estranea all’ambito della delega, sia con riguardo al rispetto dell’autonomia scolastica, apparendo poco convincente la giustificazione fornita dal Ministero, in risposta ai rilievi del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, secondo cui l’istituzione del Comitato scientifico esalti – piuttosto che comprimere – l’autonomia delle istituzioni e quella dei dipartimenti registri una prassi diffusa. Sarebbe più coerente con l’obiettivo di realizzare l’autonomia lasciare alle istituzioni scolastiche la scelta in ordine all’opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto in cui operano. Inoltre la stessa effettività di codesti organi appare compromessa dalla mancata assegnazione di risorse finanziarie e dalla gratuità dell’incarico. La disposizione sembra infine riguardare una materia – quella degli organi collegiali della scuola – attualmente oggetto di una diversa disciplina legislativa, e per la quale risultano pendenti in Parlamento diverse iniziative legislative.

L’articolo 10, comma 7 stabilisce che le attività e gli insegnamenti relativi a “Cittadinanza e Costituzione”, di cui all’art. 1 del decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, si sviluppano nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e nel monte ore complessivo in esse previsto, con riferimento all’insegnamento di “Diritto ed economia” o, in sua mancanza, all’insegnamento di “Storia”. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca se tale previsione sia stata effettivamente coordinata con le fonti primarie, tenuto conto che il predetto art. 1 del decreto legge 1° settembre 2008, n. 137, è anteriore alla norma di delega.

L’art. 12, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante monitoraggio e valutazione dei percorsi liceali, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per l’istruzione liceale, costituito con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del quale fanno parte un rappresentante scelto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, rappresentanti delle scuole, delle università ed esponenti del mondo della cultura, dell’arte e della ricerca. Il Comitato si avvale dell’assistenza tecnica dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS) e dell’Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI). Ai componenti del comitato non spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca sia la compatibilità di tale previsione con l’oggetto della delega, sia la sua rispondenza alle esigenze di semplificazione enunciate in detta delega.

L’art. 13 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, prevedendo la confluenza dei percorsi liceali e delle sperimentazioni in corso nei licei di cui al regolamento. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione illustri la graduazione di tale passaggio, anche con riguardo alla tutela dell’affidamento degli studenti che, trovandosi nelle situazioni di transito, subiranno una modificazione dell’iter formativo prescelto.

L’art. 13, comma 11 demanda a successivi decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, aventi natura non regolamentare, la definizione:

a) delle indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze, con riferimento ai profili di cui all’articolo 2, commi 1 e 3, in relazione alle attività e agli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui al presente decreto.

b) l’articolazione delle cattedre per ciascuno dei percorsi liceali di cui agli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9, in relazione alle classi di concorso del personale docente;

c) gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione dei percorsi liceali, in relazione alle proposte formulate dal Comitato di cui all’articolo 12, comma 1, anche con riferimento al quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione.

La natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo della disposizione l’inciso “aventi natura non regolamentare”.

In conclusione, sui punti segnalati occorre che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca fornisca i chiarimenti richiesti. All’esito la Sezione si riserva la facoltà di disporre l’audizione del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero, nonché del dirigente generale competente all’istruttoria del regolamento.

P.Q.M.

Sospende l’emanazione del parere in attesa degli adempimenti di cui in motivazione.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Francesco Bellomo Alessandro Pajno

IL SEGRETARIO

Parere Consiglio di Stato 7151/09

Numero 07151/2009 e data 09/12/2009

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Normativa per gli Atti Consultivi

Adunanza di Sezione del 26 novembre 2009

NUMERO AFFARE 04599/2009

OGGETTO:

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico degli istituti professionali ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. A00/UffLeg/4790 del 16 novembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;

esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco Bellomo;

PREMESSO:

Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il parere di cui all’articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del Presidente della Repubblica, recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico degli istituti professionali ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

L’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico.

Per l’attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4 prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico.

Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte modifiche alle norme generali relative agli istituti professionali.

Lo schema è composto dal preambolo, da dieci articoli, da quattro allegati.

L’articolo 1 definisce l’oggetto del regolamento. Il comma 1 richiama le disposizioni normative che collocano gli istituti professionali nell’ambito dell’istruzione secondaria superiore, che fa parte del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione. Il comma 2 stabilisce che la riorganizzazione degli istituti tecnici sia avviata a partire dalle classi prime e seconde funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011.

L’articolo 2 definisce l’identità degli istituti professionali, basata sull’integrazione tra una solida base di istruzione generale e una cultura tecnico-professionale, che consenta agli studenti di acquisire saperi e competenze adeguati a soddisfare le esigenze formative del settore produttivo di riferimento. L’offerta formativa è connotata da un contenuto numero di settori ed indirizzi, che fanno riferimento al generale profilo educativo culturale e professionale descritto nell’allegato A. ed agli specifici profili di uscita, con i rispettivi quadri orari, relativi a ciascuno degli indirizzi descritti negli allegati B e C.

Gli articoli 3 e 4 delineano il quadro di riferimento dei due macro settori dell’istruzione professionale, quello dei servizi articolato in cinque indirizzi (art. 3) e quello industria ed artigianato articolato in un solo indirizzo (art. 4), come descritti negli allegati B e C. Rispetto all’attuale ordinamento si determina una riduzione dei settori (da 5 a 2) e degli indirizzi (da 27 a 6).

L’articolo 5 delinea la struttura generale e l’organizzazione dei percorsi dell’istruzione tecnica, con indicazione del monte ore complessivo di lezioni previsto per ciascuno dei segmenti didattici in cui sono articolati i percorsi formativi, il rapporto tra l’area degli insegnamenti generali e le aree di indirizzo, gli spazi di autonomia e le quote di flessibilità riservate alle istituzioni scolastiche, le metodologie da attivare per migliorare l’efficacia dei risultati di apprendimento degli allievi. Si delineano i modelli organizzativi per ampliare la condivisione della progettazione educativa e il raccordo tra il Piano dell’offerta formativa adottato dall’istituto e le esigenze espresse dal territorio e dal mondo del lavoro e delle professioni.

I nuovi indirizzi degli istituti professionali, ripartiti in due ampi settori di riferimento (servizi e industria e artigianato), sono caratterizzati da un’area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in distinte aree di indirizzo, che possono essere ulteriormente specificate in un numero contenuto di opzioni, con riferimento a documentate esigenze del mondo del lavoro e del territorio, nell’ambito delle quote di flessibilità indicate al comma 3, lettera a), dell’ articolo in esame.

In particolare, gli spazi di flessibilità riservati agli istituti professionali corrispondono, con riferimento all’orario annuale delle lezioni, alle seguenti aliquote: entro il 25% nel primo biennio; entro il 35% nel secondo biennio; entro il 40% nell’ultimo anno.

Gli istituti professionali hanno, in questo modo, margini più ampi di autonomia per l’individuazione degli obiettivi formativi correlati alle esigenze di personalizzazione di percorsi e territoriali, per l’organizzazione della didattica, per la ricerca e la sperimentazione. Tali spazi potranno consentire loro di organizzare le aree di indirizzo in modo da realizzare, in via sussidiaria, percorsi per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali, sulla base delle intese di cui dall’articolo 2, comma 3.

Il percorso quinquennale degli istituti professionali è strutturato in un primo biennio, dedicato all’acquisizione dei saperi e delle competenze previsti per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione e di apprendimenti che introducono progressivamente alle aree di indirizzo in funzione orientativa; un secondo biennio, in cui l’area di indirizzo può articolarsi in opzioni; un quinto anno, che si conclude con l’esame di Stato.

La struttura oraria varia nel rapporto tra ore da destinare all’area di istruzione generale ed all’area di indirizzo secondo una proporzione superiore nel primo biennio a favore della prima e, nel secondo biennio e quinto anno, a favore della seconda.

L’articolo 6 affronta il tema della valutazione e dei titoli finali. Per quanto riguarda la valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, nonché la certificazione delle competenze acquisite, si fa riferimento alla normativa vigente, ovvero all’art. 13, commi 1, 2 e 6 del decreto legislativo n. 226 del 2005 e dall’articolo 2 del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito dalla legge 30 ottobre 2008 n. 169.

L’articolo 7 indica le modalità per il monitoraggio e la valutazione di sistema dei percorsi degli istituti professionali, soprattutto ai fini della loro innovazione permanente. Per questo, è prevista la costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale. E’ prevista l’individuazione di specifici indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti professionali sulla base delle proposte del suddetto Comitato nazionale, anche con riferimento al Quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca presenta, ogni tre anni, al Parlamento un rapporto con i risultati del monitoraggio e della valutazione dei percorsi formativi degli istituti professionali.

L’articolo 8 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento. L’articolo 8 disciplina il passaggio al nuovo ordinamento, rinviando la disciplina di taluni aspetti a successivi decreti non regolamentari Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Gli istituti professionali di ogni tipo e indirizzo confluiscono nel nuovo ordinamento a partire dall’anno scolastico 2010-2011, secondo quanto previsto nella tabella descritta nell’Allegato D

L’articolo 9 contiene le disposizioni finali.

L’articolo 10 indica le abrogazioni delle disposizioni relative agli istituti professionali a partire dall’a.s. 2010-2011.

Gli allegati sono i seguenti:

Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione per gli istituti professionali

Allegato B: Profili degli indirizzi degli istituti professionali del settore servizi

B1- Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale

B2- Servizi per la manutenzione e l’assistenza tecnica

B3 – Servizi socio-sanitari

B4 – Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera

B5 – Servizi commerciali

Allegato C: Profili degli indirizzi degli istituti professionali del settore industria e commercio

C1 Produzioni industriali ed artigianali

Allegato D: Tabella di confluenza degli attuali istituti professionali di ogni tipo ed indirizzo nel nuovo ordinamento

CONSIDERATO:

L’atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”).

Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare specificamente preordinato al contenimento della spesa per il pubblico impiego (tanto da figurare all’inizio del capo II, così intitolato), oltre che ad una più generale implementazione nell’organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema amministrativo.

Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”) e rientra anche nell’organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per l’uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di legge fissata dall’articolo 97, comma 1 della Costituzione, come attuata dall’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi generali sull’organizzazione amministrativa.

Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale, per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo l’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 fissa, per la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali”. Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del medesimo articolo, il quale stabilisce che dall’attuazione dei commi 1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.

In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano programmatico adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.

Si realizza, così, una sequenza di fonti (legge – atto politico di indirizzo – regolamento) in cui il potere regolamentare risultato conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l’esecutivo deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi tenendo conto dell’ampio coinvolgimento degli organi istituzionali realizzato, attesa la partecipazione nell’elaborazione del piano programmatico del Ministro dell’economia e delle finanze, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti, idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da parte del Ministero dell’istruzione avviene con l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze e della Conferenza unificata, in simmetria con quanto previsto per l’adozione del piano programmatico.

Sul piano dei principi resta da verificare l’ammissibilità e i limiti dell’impiego del regolamento delegato nella materia dell’istruzione scolastica.

Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:

– spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le “norme generali sull’istruzione” (comma 2, lett. n);

– spetta alla potestà concorrente della Regione la materia “istruzione”, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale (comma 3).

In materia, peraltro, occorre considerare anche l’articolo 117, comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato il settore “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, nonché l’articolo 117, comma 2 lett. e) e l’articolo 119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma dell’organizzazione scolastica.

Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato, incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia dell’istruzione, definire interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto tra le “norme generali sull’istruzione” e i “principi fondamentali” in materia di “istruzione” – le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a orientare le Regioni nell’esercizio della relativa potestà concorrente – non è sempre agevole e necessario, nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche.

In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare una normativa secondaria. L’esistenza nell’ambito oggettivo del regolamento di un’osmosi tra materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non determina, di per sé, alcuna preclusione. D’altronde il regolamento in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece, costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non appare irragionevole l’adozione di uno strumento più duttile qual è appunto quello regolamentare.

Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, ha affermato che:

– «il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione».

– «Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione contemplati nel comma 2 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1998. Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell’art. 117 Cost., da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato, ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di legislazione esclusiva dello Stato; dall’altro, non pone limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza dell’ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le “norme generali sull’istruzione” – essendo fonti di regolazione di fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema scolastico nazionale – si prestano a ricevere “attuazione” anche mediante l’emanazione di atti regolamentari di delegificazione, purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità sostanziale e quello di separazione delle competenze »

– «In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo “norme generali regolatrici della materia”, cui fa riferimento il citato art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale. In particolare, a tale proposito, il legislatore – nello stabilire che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si debba provvedere ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle caratteristiche generali del sistema nazionale dell’istruzione – ha provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei «criteri» cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto, possono essere ascritte alla categoria delle norme generali».

Se queste sono le coordinate generali nella materia dell’istruzione, problemi specifici si pongono nel settore dell’istruzione professionale, atteso che l’art. 117 comma 3 della Costituzione attribuisce alle Regioni la potestà legislativa esclusiva in materia di “istruzione e formazione professionale”, restando allo Stato solo di fissare i livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. n).

Tuttavia occorre pur sempre distinguere l’istruzione e formazione professionale, di competenza regionale, dalle norme generali in materia di istruzione, che abbracciano anche l’istruzione professionale e sono di competenza dello Stato. La dottrina maggioritaria e la Corte costituzionale sono orientate in tal senso.

E’ stato infatti osservato che in considerazione dell’attuale assetto costituzionale non è possibile ritenere che la materia dell’istruzione e formazione professionale (sia che si intenda l’espressione utilizzata dal legislatore come riferita ad un unico settore, sia che la si intenda riferita a due settori tra loro distinti seppure connessi in senso oggettivo e funzionale) sia del tutto autonoma rispetto alla materia “istruzione”, così come non è possibile ritenere che si tratti di ambiti ordinamentali integralmente separati ed autonomi e, quindi, escludere qualsivoglia interferenza fra legislatore regionale e legislatore statale. Al riguardo va in primo luogo considerato che il terzo comma dell’art. 117 Cost. fa salva l’istruzione e formazione professionale rispetto alla competenza legislativa statale concorrente relativa alla “istruzione. Se fosse mancata tale precisazione la materia “istruzione e formazione professionale” sarebbe stata integralmente compresa nell’ambito della materia “istruzione” e, quindi, soggetta al vincolo dei principi fondamentali posti o desumibili dalla legislazione statale. La formulazione dell’art. 117, comma terzo, nella parte riferita alla materia “istruzione”, ha inteso scorporare uno specifico e determinato sottosettore al fine di sottrarlo alla disciplina propria della potestà legislativa concorrente, ma ciò non esclude che la materia “istruzione e formazione professionale” manifesti elementi di collegamento con il più rientri nel più generale ambito della sfera normativa, regolamentare, amministrativa ed istituzionale che fa capo alla materia “istruzione”. Ne consegue, allora e per converso, che se la potestà legislativa regionale concernente la materia “istruzione e formazione professionale” non è soggetta di per sé ai limiti dei principi fondamentali della legislazione statale deve comunque confrontarsi con le “norme generali sull’istruzione” dettate dallo Stato, oltre che naturalmente con tutte le competenze spettanti allo Stato sempre sulla base della Costituzione.

La Corte costituzionale ha osservato che in questo caso non si tratta della ripartizione di una medesima competenza legislativa inerente allo stesso settore ordinamentale, bensì di una “concorrenza di competenze” (sentenza n. 50 del 2005). In coerenza con siffatta impostazione la Consulta si è sforzata di enucleare dei criteri attraverso i quali stabilire l’ambito riservato a ciascuna delle competenze e a risolvere i problemi derivanti dalla compresenza (e possibile interferenza) di distinte potestà legislative. Sotto il primo profilo la Corte, chiamata a valutare la sussistenza o meno della competenza (statale ovvero regionale) ad adottare una certa normativa, ha fatto riferimento al criterio della prevalenza incentrato sulla verifica dell’appartenenza allo Stato ovvero alle Regioni del nucleo essenziale del complesso normativo sottoposto al suo vaglio (sentenza n. 370/2003). Sotto il secondo profilo la Corte ha fatto riferimento al criterio della leale collaborazione in virtù del quale in ambiti o settori caratterizzati da compresenza la normativa non può essere dettata dallo Stato ovvero dalla singola Regione “in solitudine” dovendo essere assicurata alle seconde ovvero al primo la possibilità di interagire con un non disprezzabile grado di intensità (sentenza n. 279/2005).

La Corte costituzionale si è altresì sforzata di fornire alcune indicazioni circa il possibile contenuto precettivo delle “norme generali sull’istruzione” e delle norme regionali attinenti alla “istruzione” e alla “istruzione e formazione professionale”, per un verso procedendo a delimitare in negativo l’ambito della potestà legislativa esclusiva delle Regioni e, per altro verso, intervenendo a ripartire l’ambito della potestà legislativa con lo Stato.

Per quanto concerne la delimitazione della potestà legislativa esclusiva delle Regioni anzitutto è stata esclusa (in particolare la sentenza n. 13/2004) ogni interpretazione del nuovo art. 117 tesa a una riduzione della potestà legislativa di cui le Regioni erano titolari prima della riforma del titolo V e dell’entrata in vigore del nuovo testo della menzionata norma. Ciò significa che, essendo state le Regioni già titolari della potestà legislativa in materia di “istruzione artigiana e professionale”, per effetto della nuova formulazione dell’art. 117 non possono aver subito alcuna riduzione della potestà legislativa in materia di formazione professionale. Poi si è affermato (sentenza n. 213/2009) che «In materia di istruzione e formazione professionale, la Costituzione (art. 117) ripartisce nel seguente modo la potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni: spetta allo Stato, in via esclusiva, la potestà legislativa relativa alle norme generali sull’istruzione; spetta a Stato e Regioni, in via concorrente, la potestà legislativa sull’istruzione, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche; spetta alle Regioni, in via residuale, la potestà legislativa concernente la formazione professionale». In particolare, ad avviso della Corte, la disciplina degli esami di Stato per l’accesso agli studi universitari ed all’alta formazione ricade nella materia dell’istruzione, in quanto conclude il percorso di istruzione secondaria superiore ed avvia gli studi di istruzione superiore. Inoltre, essa fa parte dei principi della materia dell’istruzione perché è un elemento di quella struttura essenziale del relativo sistema nazionale che non può essere oggetto di normazione differenziata su base territoriale e deve essere regolata in modo unitario sull’intero territorio della Repubblica. Il sistema della formazione professionale e quello dell’istruzione costituiscono parti distinte del sistema nazionale di istruzione. Già l’art. 141 del decreto legislativo n. 112 del 1998 aveva incluso nell’ambito di competenza esclusiva delle Regioni in materia di formazione professionale soltanto “la formazione impartita dagli istituti professionali, nel cui ambito non funzionano corsi di studio di durata quinquennale per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore”;

L’art. 13, comma terzo, della legge n. 40 del 2007 – come tra breve si vedrà – ha riportato gli istituti professionali nel sistema dell’istruzione secondaria. Il presente regolamento costituisce attuazione del solo art. 64, comma quarto, lett. b), ma anche di tale ultima disposizione, certamente ascrivibile tra le “norme generali in tema d’istruzione”, come dimostrato anche dalla circostanza che essa incide sul decreto legislativo n. 226 del 2005, cui è stata riconosciuta la predetta natura.

Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di verificare se le singole disposizioni del regolamento siano rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili dalla delega, nonché siano compatibili con il sistema legislativo dell’istruzione professionale.

Occorre, dunque, preliminarmente definire quest’ultimo.

Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l’emanazione di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di intervento, decreti legislativi che, anch’essi, hanno subito nel tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.

Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del sistema di istruzione e formazione professionale. Detto decreto prevedeva la confluenza degli istituti professionali nei licei, come già per gli istituti tecnici.

L’art. 13 del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40, ha ripristinato l’istruzione tecnico-professionale, articolata negli istituti tecnici e negli istituti professionali di cui all’articolo 191, commi 2 e 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, tutti finalizzati al conseguimento di titoli di studio quinquennali, caratterizzata da una forte area di istruzione generale comune ai due ordini di studi e da indirizzi ampi e flessibili. Il comma 8-bis, lettera a) di detto articolo ha novellato l’art. 1 del decreto legislativo n. 226/05, riconfigurando l’assetto del secondo ciclo, che risulta ora articolato nell’istruzione secondaria superiore, costituita dai licei, dagli istituti tecnici e dagli istituti professionali e nel sistema di istruzione e formazione professionale. L’art. 13, commi 1-bis e 1-ter della legge 2 aprile 2007, n. 40 prevede l’emanazione di regolamenti ministeriali per realizzare la riforma del sistema dell’istruzione tecnica e professionale, regolamenti mai adottati.

L’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ribadisce l’esigenza di procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici vigenti nell’ambito di un complessivo processo di revisione e sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle testi espresse nel “Quaderno bianco sulla scuola”), con esplicito riferimento proprio agli istituti tecnici e degli istituti professionali. Attraverso l’articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, la revisione dell’istruzione secondaria superiore viene definitivamente fissata “a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2010-2011”.

Ad avviso dell’Amministrazione nel regolamento in esame è confluita anche la materia oggetto dei regolamenti ministeriali di cui all’articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.

E’ condivisibile l’affermazione, contenuta nella relazione illustrativa, che lo schema di regolamento si colloca nel vigente quadro di riferimento, rispondendo alle seguenti esigenze:

•             riaffermare l’identità degli istituti professionali all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e formazione, che nel contempo valorizzi il “capitale sociale” accumulato dagli istituti professionali nella loro pluridecennale esperienza e assuma gradualmente una configurazione in grado di rispondere in maniera flessibile alla richiesta di competenze sempre più avanzate connesse a precisi ambiti settoriali aventi rilevanza nazionale;

•             fare acquisire ai giovani, attraverso una solida base di istruzione generale e di cultura professionale i saperi e le competenze necessarie per assumere ruoli tecnici operativi nei settori produttivi e di servizio di riferimento, considerati nella loro dimensione sistemica;

•             dare risposte chiare ai giovani e alle famiglie, che si aspettano dalla scuola percorsi trasparenti e competenze spendibili tanto per l’inserimento nel mondo del lavoro, quanto per il passaggio ai livelli superiori di istruzione e formazione;

•             configurare un quadro ordinamentale che superi la sovrapposizione con i percorsi degli istituti tecnici;

•             raccordarsi organicamente con il sistema di istruzione e formazione professionale, di competenza delle Regioni;

•             rendere più efficienti i servizi di istruzione e più efficace l’utilizzo delle risorse, coniugando qualità e risparmio.

La previsione di un numero contenuto di settori ed indirizzi, la declinazione delle materie di insegnamento riferite a risultati di apprendimento articolati in competenze, attività e conoscenze, la previsione di maggiori spazi di flessibilità nel quadro di criteri generali definiti a livello nazionale sono espressione di un modello didattico – organizzativo che intende superare l’attuale frammentazione dei percorsi ed offrire strumenti alle istituzioni scolastiche per una gestione efficiente ed efficace delle risorse loro assegnate. Non si tratta, quindi, di un riordino finalizzato unicamente al contenimento della spesa.

In concreto il regolamento si presenta coerente con il quadro legislativo generale sull’istruzione e con l’ordine costituzionale delle competenze normative.

Con riferimento alle competenze regionali, occorre premettere che nella potestà esclusiva delle Regioni rientrano i percorsi di istruzione e formazione professionale che si riferiscono a figure di differente livello, relative ad aree professionali definite, sentite le Parti sociali, mediante accordi in sede di Conferenza unificata, recepiti con decreti del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche secondo i livelli essenziali indicati nel Capo III del decreto legislativo n. 226/05 e, in particolare, all’articolo 18. Tali figure possono essere articolate dalle Regioni in specifici profili professionali sulla base dei fabbisogni del territorio. Coloro che conseguono titoli e qualifiche a conclusione dei predetti percorsi di durata almeno quadriennale possono accedere all’università e all’alta formazione artistica, musicale e coreutica, dopo aver superato l’esame di Stato, previa frequenza di un apposito corso annuale ai sensi dell’articolo 15, comma 6 del citato decreto legislativo.

Invece lo schema di regolamento disciplina gli ordinamenti e l’organizzazione degli istituti professionali quale articolazione del sistema di istruzione secondaria di secondo grado, finalizzata istituzionalmente al rilascio di diplomi di istruzione a conclusione di percorsi quinquennali, che consentono l’accesso diretto all’università. Essi si configurano, più in generale, come un’articolazione dell’istruzione tecnico-professionale.

Ai fini del rispetto delle competenze regionali, pertanto, il regolamento consente il rilascio di qualifiche triennali o diplomi professionali da parte di tali istituti solo in regime di sussidiarietà (art. 2, comma 3). Questa possibilità è prevista della legge 40/07. Non possono quindi determinarsi sovrapposizioni tra il sistema secondo le indicazioni contenute nelle linee guida da adottare ai sensi dell’art. 13, comma 1-quinquies scolastico e il sistema di istruzione e formazione professionale, anche in considerazione della competenza esclusiva delle Regioni in materia di programmazione dell’offerta formativa. Inoltre, sono previste specifiche intese tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e singole Regioni, al fine di realizzare un’offerta coordinata tra i percorsi di istruzione degli istituti professionali e quelli di istruzione e formazione professionale di competenza regionale (art. 8, comma 2).

In sintesi:

– i percorsi degli istituti professionali costituiscono un’articolazione della scuola secondaria superiore che comprende i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali; questi ultimi fanno parte dell’istruzione tecnico e professionale, caratterizzata da due distinti assi culturali relativi rispettivamente alle filiere tecnologiche ed alle filiere produttive. I percorsi degli istituti professionali hanno durata quinquennale e si concludono con titoli di studio;

– i percorsi del sistema regionale di istruzione e formazione professionale si concludono con qualifiche di durata triennale e con diplomi di durata quadriennale. Tali percorsi si realizzano nel rispetto dei livelli essenziali di prestazione di cui al Capo III del decreto legislativo n. 226/05.

La Sezione ritiene meritevole di approfondimento, invece, la questione relativa alla conformità del testo alla delega.

La norma di delega concerne espressamente la sola “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari”. Il piano programmatico prescrive che: “I piani di studio relativi agli istituti tecnici e professionali di cui alla legge 2 aprile 2007, n. 40, saranno anch’essi riveduti al fine di pervenire ad una ulteriore razionalizzazione e semplificazione. Per quanto riguarda l’istruzione tecnica, se ne definiranno gli indirizzi in un numero contenuto e adottando un carico orario annuale obbligatorio delle lezioni non superiore a 32 ore settimanali. Per i citati ordini di studio le suddette operazioni dovranno essere raccordate con i tempi previsti per la effettuazione delle iscrizioni e la determinazione degli organici. Per l’istruzione professionale si opererà nel senso che gli indirizzi aventi una sostanziale corrispondenza con quelli dell’istruzione tecnica, confluiscano in quest’ultima, evitando duplicazioni di percorsi e di carichi orari e conseguente disorientamento dell’utenza. Si riorganizzeranno i rimanenti indirizzi di durata quinquennale, finalizzati al conseguimento di un titolo di studio di istruzione secondaria superiore, in un numero ristretto di tipologie che abbiano rilevanza nazionale, con un carico di orario settimanale non superiore a quello degli istituti tecnici. Si provvederà, inoltre, all’elaborazione delle linee guida di cui all’art. 13, comma 1 quinquies, della legge n. 40/2007, con le quali saranno definiti i criteri atti a consentire, in regime di transitorietà e sussidiarietà, la prosecuzione dei percorsi di durata triennale degli istituti professionali finalizzati al rilascio di qualifiche professionali nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.

Il testo del regolamento in visione, pur apparendo più contenuto di quello relativo ai licei, presenta comunque un impatto significativo sull’ordinamento dell’istruzione professionale, che nelle relazione di accompagnamento e nello stesso preambolo sembra legarsi anche ai criteri di cui all’articolo 13, commi 1-bis e 1-ter del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40.

Tuttavia, la formulazione del preambolo (secondo cui “la materia oggetto dei regolamenti ministeriali di cui all’articolo 13 del decreto legge n. 7 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 40 del 2007 rientra in quella più ampia oggetto dei regolamenti governativi di cui all’articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) non risulta appropriata, indicando un assorbimento dei criteri, piuttosto che il loro utilizzo, per specificare quelli abbastanza generici contenuti nell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133

Su tale questione, dunque, si impone un chiarimento e la conseguente riformulazione della menzionata previsione contenuta nel preambolo. Va, altresì, verificata la corrispondenza del testo dello schema inviato ai criteri enunciati con riferimento ai regolamenti ministeriali previsti dal predetto art. 13 del decreto-legge n. 7 del 2007.

Con riferimento alle singole disposizioni la Sezione sottopone all’attenzione del Ministero dell’istruzione i seguenti punti.

L’articolo 1 stabilisce che “Il presente regolamento detta le norme generali relative al riordino degli istituti professionali in attuazione del piano programmatico di interventi di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, ma poi, contraddittoriamente, l’articolo 9, comma 2 prevede che “All’attuazione del presente regolamento si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ne consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a valle, mentre – assumendo che il regolamento costituisca la sua attuazione – la precisazione che lo stesso debba essere attuato in coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.

L’articolo 5, comma 3 lett. a) stabilisce che, ferma restando la quota di autonomia del 20% dei curricoli di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 giugno 2006, n. 47, utilizzano i seguenti spazi di flessibilità, intesi come possibilità di articolare in opzioni le aree di indirizzo di cui agli allegati B) e C) per corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro e della professioni, con riferimento all’orario annuale delle lezioni: entro il 25% nel primo biennio; il 35% nel secondo biennio e il 40% nell’ultimo anno.

E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca se tale previsione sia stata coordinata con il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, concernente il “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”.

L’art. 5, comma 3 prevede che le istituzioni scolastiche costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa (lett. b), nonché un comitato scientifico, con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità (lett. c). La disposizione suscita perplessità sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi), essendo estranea all’ambito della delega, sia con riguardo al rispetto dell’autonomia scolastica, apparendo più coerente con l’obiettivo di realizzare l’autonomia lasciare alle istituzioni scolastiche la scelta in ordine all’opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto in cui operano. Inoltre la stessa effettività di codesti organi appare compromessa dalla mancata assegnazione di risorse finanziarie e dalla gratuità dell’incarico. La disposizione sembra, infine, riguardare una materia – quella degli organi collegiali della scuola – attualmente oggetto di una diversa disciplina legislativa e con riferimento alla quale risultano pendenti in Parlamento diverse iniziative legislative.

L’art. 7, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante monitoraggio sugli istituti professionali anche preordinato alla loro innovazione, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale, costituito con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del quale fanno parte dirigenti e docenti della scuola, esperti del mondo del lavoro e delle professioni, dell’università e della ricerca nonché esperti indicati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e dall’Unione Province d’Italia, dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero della gioventù. Il Comitato si articola in commissioni di settore e si avvale anche dell’assistenza tecnica dell’Agenzia Nazionale per lo sviluppo dell’autonomia Scolastica (A.N.S.A.S.), dell’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (ISFOL), di Italia Lavoro e dell’Istituto per la Promozione Industriale (IPI). Ai componenti del comitato non spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. E’ opportuno che il Ministero dell’istruzione chiarisca sia la compatibilità di tale previsione con l’oggetto della delega, sia la sua rispondenza alle esigenze di semplificazione enunciate nella stessa.

L’art. 8, comma 2 demanda a un successivo decreto ministeriale di natura non regolamentare, adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, la definizione di aspetti che attuano e completano le disposizioni contenute nello schema di regolamento in esame, quali:

a) le indicazioni nazionali riguardanti le competenze, le abilità e le conoscenze relative ai risultati di apprendimento di cui all’articolo 3, comma 1, e all’articolo 4, comma 1, con riferimento agli insegnamenti di cui agli allegati B) e C);

b) gli ambiti, i criteri e le modalità per l’ulteriore articolazione delle aree di indirizzo di cui agli articoli 3 e 4, negli spazi di flessibilità di cui all’articolo 5, comma 3, lettera a), in un numero contenuto di opzioni, inclusi in un apposito elenco nazionale;

c) la rideterminazione dei quadri orario, comprensiva delle ore di compresenza degli insegnanti tecnico-pratici, relativi alle classi successive alla prima funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011, nei limiti dell’orario complessivo annuale delle lezioni di cui all’articolo 1, comma 2;

d) la sostituzione, limitatamente ai percorsi surrogatori realizzati in assenza di specifiche intese con le Regioni, dell’area di professionalizzazione di cui all’articolo 4 del decreto del Ministro della pubblica istruzione 15 aprile 1994, con complessive 132 ore di attività in alternanza scuola-lavoro nelle quarte e quinte classi funzionanti sino alla messa a regime dell’ordinamento di cui al presente regolamento a valere sulle risorse di cui all’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77.

L’art. 8, comma 3 demanda a decreti di natura non regolamentare, egualmente adottati di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di definire:

a) le classi di concorso del personale docente, ivi compreso quello da destinare all’ufficio tecnico, e l’articolazione delle cattedre per ciascuno degli indirizzi di cui agli allegati B) e C);

c) gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione degli istituti tecnici, in relazione alle proposte formulate del Comitato di cui all’articolo 7, comma 1, anche con riferimento al quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione.

In entrambi casi la natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo delle due disposizioni l’inciso “di natura non regolamentare”.

In conclusione, sui punti segnalati occorre che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca fornisca i chiarimenti richiesti. All’esito la Sezione si riserva la facoltà di disporre l’audizione del Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero, nonché del dirigente generale competente all’istruttoria del regolamento.

P.Q.M.

Sospende l’emanazione del parere in attesa degli adempimenti di cui in motivazione.

L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Francesco Bellomo                         Alessandro Pajno

IL SEGRETARIO

18 novembre Sintesi audizioni su Riforma in 7a Commissione Senato

Il 18 novembre il relatore ASCIUTTI (PdL) riferisce sulle audizioni svolte dall’Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, con riferimento all’atto n. 132. Comunica in particolare che martedì 10 novembre sono state audite le organizzazioni sindacali e quelle rappresentative dei dirigenti scolastici, che hanno sollevato alcune preoccupazioni comuni, a partire dai tempidi approvazione della riforma e dalla conseguente informazione alle famiglie. Pur con le prevedibili difficoltà del momento di avvio, molte organizzazioni hanno tuttavia sottolineato l’esigenza di non rinviare ulteriormente il riordino, mentre unanime è stata la richiesta di applicarlo solo dalle classi prime, escludendo le classi seconde. E’ stata altresì invocata la definizione di modalità più chiare per i passaggi da un segmento formativo all’altro. Diverse organizzazioni si sono poi soffermate sull’esigenza di misure di accompagnamento adeguate tra cui l’organico funzionale pluriennale di istituto, come del resto segnalato nella relazione introduttiva, al fine di garantire la prevista flessibilità. E’ stata inoltre sottolineata l’inopportunità di far confluire tutti gli istituti d’arte nel sistema liceale, atteso che molti di essi hanno invece una vocazione più professionale, ipotizzando un coinvolgimento dei collegi docenti nella decisione. Al riguardo, egli conviene sull’estrema differenziazione a livello territoriale e quindi si dichiara d’accordo a rimettere la scelta al collegio docenti, paventando tuttavia qualche difficoltà di carattere organizzativo e programmatorio. Il relatore fa presente altresì che sono stati espressi giudizi positivi nei confronti della riduzione del tempo scuola, pur con il rilievo connesso all’esigenza di uniformare tutti e cinque gli anni sulle 30 ore. Tutte le organizzazioni hanno infine lamentato i pesanti tagli al settore e rimarcato l’esigenza di una forte riqualificazione del personale.

Con riferimento ad alcune richieste specifiche, il relatore comunica che la Gilda ha rimarcato l’urgenza di riordinare gli organi collegiali della scuola, ormai anacronistici, e di non reintrodurre la frammentarietà degli indirizzi con un uso indiscriminato della quota di autonomia, mentre l’ANP ha espresso parere favorevole all’insegnamento in lingua straniera di una materia non linguistica, all’alternanza scuola-lavoro (richiamata invero anche da altre organizzazioni) e alla pari dignità dei diplomi. Ha lamentato invece che i sei licei siano troppo diversi uno dall’altro, essendo mancato quello sforzo unificatore che ha caratterizzato il riordino di tecnici e professionali. La Rete della comunicazione didattica ha poi rivolto un accorato appello a non trascurare l’esigenza di ammodernamento del liceo classico gentiliano sottesa alle numerose sperimentazioni sviluppatesi negli ultimi decenni.

Mercoledì 11 novembre l’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha audito invece le organizzazioni rappresentative dei genitori, che si sono espresse a favore di un riordino del secondo ciclo, seppur con alcuni distinguo, e hanno posto in luce l’esigenza di assicurare continuità nelle riforme e di investire su orientamento e formazione. Da più parti è stata anche evidenziata la necessità di chiarire lo spirito pedagogico del riordino.

In dettaglio, secondo l’AgeSC è positiva la riduzione degli indirizzi per contenere la frammentazione, ma occorre più chiarezza nella distinzione tra discipline obbligatorie, opzionali e facoltative. Hanno inoltre chiesto un chiarimento sulla possibilità per le scuole di integrare i piani di studio, sottolineando l’esigenza di un maggiore controllo. Il MOIGE ha ritenuto condivisibile la scelta in favore della qualità del tempo scuola a discapito della quantità, attuata attraverso la riduzione del carico orario, e ha poi posto l’accento sull’insegnamento dell’italiano, dell’inglese e di una seconda lingua comunitaria, auspicando che la riforma rifugga da mere logiche sindacali. Il FAESha ribadito il ruolo della famiglia nell’orientamento, in qualità di primo soggetto educativo. Con riferimento all’articolo 2 dello schema di regolamento sui licei, ha ritenuto che l’identità di tali istituti non passi solo attraverso la misurazione di competenze, conoscenze e abilità, ma sia il frutto di una concezione dell’uomo nella sua globalità. Si è quindi soffermato sul tema delle competenze, illustrando alcune osservazioni dettagliate in merito agli articoli 2, comma 5, 10, comma 2, e 12 commi 1 e 3. In proposito ha proposto, fra l’altro, di rendere obbligatoria per le università la comunicazione alle scuole degli standard dei test di ingresso, di rappresentare anche le scuole paritarie all’interno dell’istituendo Comitato nazionale per l’istruzione liceale e di estendere l’attività dell’Invalsi anche alla scuola secondaria di secondo grado. L’AGE ha invitato a richiamare nel regolamento le parti più significative del decreto legislativo n. 226 del 2005, giudicando tuttavia riduttiva l’attenzione che l’atto dedica all’insegnamento di una lingua europea aggiuntiva all’italiano e all’inglese. Nel sollecitare una maggiore valorizzazione di Cittadinanza e Costituzione, l’Associazione ha invitato peraltro ad introdurre nell’articolo 10, comma 4, la definizione di autonomia scolastica contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, reputando superflua la creazione del comitato scientifico. Si è inoltre espressa a favore di dotazioni economiche più consistenti e ha chiesto a sua volta che la riforma non si applichi anche classi seconde funzionanti nell’anno scolastico 2010-2011.

Il relatore rende noto altresì che ieri sono state audite le organizzazioni rappresentative dei docenti nonché i rappresentanti della sperimentazione ERICA degli istituti tecnici. Tutte le associazioni hanno chiesto che il riordino parta solo dalle classi prime e non anche dalle seconde, l’adozione di misure di accompagnamento nonché un’adeguata formazione dei docenti. Alcuni auditi hanno poi addirittura chiesto il rinvio di un anno.

Quanto alle richieste specifiche, l’ADI ha lamentato l’eccessiva rigidità dei licei e ha sostenuto che i licei artistici dovrebbero invece essere qualificati come istituti tecnici, nei quali dovrebbe confluire anche l’insegnamento della danza e della musica. Pur pronunciandosi a favore della riduzione delle ore, ha affermato che non si può ridurre l’orario mantenendo lo stesso numero di discipline. Ha poi ritenuto che i nuovi licei mortifichino le competenze scientifiche e che il latino dovrebbe diventare una specialità studiata perciò da meno studenti ma meglio. La FIDAEha manifestato il suo favore per una quota di flessibilità uguale nel corso dell’intero quinquennio e ha posto il problema delle modalità di valutazione dei crediti scolastici al fine del passaggio da un percorso ad un altro. Ha precisato indi che la composizione dei comitati scientifici dovrebbe essere a vantaggio della componente scolastica. L’AID si è soffermata prevalentemente sugli istituti tecnici e professionali, lamentando comunque carenze e inesattezze nella relazione tecnica di accompagnamento agli atti. L’AND ha rilevato che ai dipartimenti devono essere attribuite specifiche funzioni e si è dichiarata contraria ai comitati scientifici che potrebbero sovrapporsi ai collegi dei docenti. Ha poi invitato a potenziare gli insegnamenti obbligatori, giudicando addirittura troppo ampia la classificazione in sei licei. Ha affermato altresì che il numero previsto in prima applicazione per le sezioni del liceo musicale e coreutico è troppo esiguo rispetto a quello dei conservatori. Al riguardo, il relatore dichiara invece che il numero stabilito è per il momento sufficiente, salvo una rivalutazione dopo qualche anno di avvio. Dichiarandosi favorevole all’insegnamento nel V anno di una materia in lingua straniera, l’AND ha sollecitato altresì un chiarimento circa i docenti che avranno tale compito. Ha lamentato infine l’eliminazione della geografia economica. L’ANIES ha segnalato criticamente che il liceo classico non prevede opzioni, a differenza degli altri licei: rischia perciò di essere anacronistico tanto più che fino ad ora si è evoluto anche con l’introduzione del Piano nazionale di informatica e della lingua straniera nel quinquennio. Ha invitato perciò ad una rimodulazione del liceo classico, valutando se le ore di latino possano essere quanto meno rapportate a quelle di greco, senza perdere lo spazio per altre materie come la matematica e la lingua straniera.

La DIESSE ha invocato maggiore chiarezza nella definizione di insegnamenti obbligatori, opzionali e facoltativi. Con particolare riferimento al liceo scientifico, ha rilevato un’eccessiva attenzione alla concezione etica della scienza a discapito dell’esperienza diretta dei fenomeni naturali. Ha poi manifestato il suo favore per il richiamo all’EQF, chiedendo di precisare la compatibilità del riordino con il preannunciato indirizzo di riforma sull’organico funzionale. Il CIDI ha deplorato l’assenza di un biennio unitario orientativo per tutti i percorsi nonché la distinzione tra sapere e saper fare. Ha poi domandato assicurazioni circa le risorse, giudicando il riordino lontano dalle esigenze dei ragazzi. L’AESPI ha stigmatizzato la divisione in due bienni e in un ultimo anno, ritenendo ancora troppo vasta la gamma dei licei. Ha espresso una posizione contraria a quella dell’ADI circa l’insegnamento del latino precisando che dovrebbe essere insegnato a tutti, anche nei licei musicali e artistici, e non solo nel primo biennio. Si è espressa negativamente sulle opzioni scientifico-tecnologica del liceo scientifico e economico-sociale del liceo delle scienze umane. Ha poi manifestato un avviso contrario all’affiancamento dell’indirizzo coreutico nei licei musicali, reputando preferibile un suo spostamento nei professionali. Il CNADSI ha concordato con l’AESPI circa la critica alla suddivisone tra due bienni e anno terminale. Ha giudicato più problematico l’inquadramento del liceo classico, il cui quadro orario necessiterebbe di un’ora in più di greco nel IV anno. Quanto al liceo scientifico, ha proposto l’incremento delle ore di filosofia nel triennio (da 2 a 3), lamentando la povertà culturale dell’opzione scientifico-tecnologica. Infine ha invitato a sostituire la dizione “scienze motorie” con “educazione fisica”. La FNISM ha posto l’accento sull’esigenza di una logica di sistema e sul carattere trasversale dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Ha inoltre valutato poco innovativi i nuovi licei, precisando che la lingua straniera dovrebbe essere insegnata per l’intero quinquennio. Ha manifestato condivisione sull’insegnamento di una materia in lingua straniera, sottolineando a sua volta la necessità di una riforma degli organi collegiali. L’UCIIM si è associata alla FNISM sulla natura trasversale dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Ha poi suggerito l’insegnamento di una materia in lingua straniera anche negli anni antecedenti all’ultimo, lamentando che nel liceo classico e artistico nel primo biennio mancano alcune discipline necessarie per la formazione delle competenze richieste a livello europeo.

L’ANIEF ha criticato il “sacrificio” del profilo economico-giuridico, diventato facoltativo nel solo liceo delle scienze umane, la cui identità è ritenuta poco chiara poiché c’è poco spazio per le discipline caratterizzanti. Ha sostenuto altresì che l’indirizzo scientifico-tecnologico dovrebbe essere la regola e non un’opzione, apprezzando l’introduzione del liceo musicale e coreutico. Ha poi espresso rammarico per il mancato riconoscimento di uno status proprio all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, giudicando inoltre positivamente che una materia venga insegnata in lingua straniera; a tale ultimo riguardo ha proposto che le materie vengano scelte tra quelle che non comportano la padronanza lessicale (come ad esempio una disciplina scientifica).

Questa mattina, prosegue il relatore, sono stati infine auditi i rappresentanti di Confindustria i quali si sono soffermati più diffusamente sull’istruzione tecnica. Quanto ai licei, hanno riscontrato un equivoco di fondo nell’opzione scientifico-tecnologica del liceo scientifico che rischia di mortificare l’esperienza fino ad ora acquisita dagli istituti tecnici, nei quali peraltro era potenziata la didattica laboratoriale.

Avviandosi alla conclusione, il relatore dà conto anche del parere reso dalla Conferenza unificata per quanto concerne il riordino dei licei, espresso in data 29 ottobre e trasmesso formalmente l’11 novembre. In particolare, la Conferenza delle Regioni ha reso un parere negativo a maggioranza, ad eccezione del Veneto e del Molise che hanno espresso in parere favorevole; la Lombardia e il Friuli hanno espresso parere favorevole con la richiesta che “per quanto riguarda il liceo musicale e coreutico sia quantificata a livello regionale la previsione di attivare in prima applicazione a livello nazionale 40 sezioni musicali e 10 coreutiche”. L’ANCI e l’UNCEM hanno espresso un avviso positivo, mentre l’UPI ha prodotto un documento unico sui tre atti, lamentando in merito ai licei la mancanza di unitarietà complessiva del nuovo assetto in presenza di un quadro orario molto differenziato. L’UPI ha poi rilevato criticamente che il riordino dovrebbe applicarsi solo per le prime classi e non anche per le seconde e che la riforma degli ordinamenti non è priva di impatto economico per le province.

Il senatore PETERLINI (UDC-SVP-Aut) rivolge un sentito ringraziamento al relatore Asciutti per l’analitica disamina svolta delle diverse posizioni rappresentate dagli auditi.

Il seguito dell’esame congiunto è rinviato.