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Solidarietà ai Dirigenti Scolastici

Solidarietà ai Dirigenti Scolastici

di Beatrice Mezzina

Tra novembre e dicembre, ogni anno, con puntualità e con qualsiasi governo o politica scolastica, appare la malattia esantematica degli studenti, l’autogestione e l’occupazione, meglio con due k: ai ragazzini delle scuole medie brillano gli occhi quando visitano le scuole superiori e chiedono ai loro compagni più grandi se faranno l’okkupazione l’anno successivo, gli studenti sono eletti negli organi collegiali se nel loro programma c’è l’esplicito riferimento a queste manifestazioni, insomma un rito, con punte di minore o maggiore virulenza in rapporto alla situazione politica e sociale.

Tanto che alcuni anni fa ho proposto che l’autogestione si formalizzasse, insomma si prevedesse uno spazio e un tempo per gli studenti, autogestito, destinato a quello che gli studenti chiedono con forza, di parlare tra loro, di approfondire alcuni temi, di sottrarsi almeno semel in anno alla cappa di una scuola che sentono stretta, vecchia, anch’essa con immutabili riti e incombenze.

Che poi gli studenti non abbiano molte consapevolezze, che siano pochi quelli che effettivamente sappiano quello di cui parlano, che i migliori si stanchino e abbiano cocenti disillusioni nel guidare la massa, fa parte delle cose, non inficia questa aspirazione all’essere, alla consapevolezza, all’aggregazione, di cui è necessario tener conto.

Passato il momento cruciale, l’esantema nella fase acuta finisce con l’avvicinarsi del Natale, tutto come prima, si riprendono le vecchie regole della scuola, anzi peggio perché incombono le valutazioni trimestrali o quadrimestrali, insomma si deve tornare all’ordine. Gli studenti abbandonano i temi della protesta e insieme con gli insegnanti più sensibili non proseguono in un lavoro metodico e critico nella propositiva affermazione di alcuni mutamenti da tutti sentiti ineludibili, nel costringere chi si occupa di scuola e soprattutto i decisori politici a riprendere globalmente le questioni, a fare passi seri di trasformazione.

Del resto i partiti sono in altre faccende affaccendati, i luoghi di discussione e di proposta sono sempre più ristretti. Dove trovano gli studenti i luoghi di formazione politica e di confronto?

Quest’anno la situazione è apparsa subito molto più complessa del solito. Le proteste degli insegnanti contro il Ministro Profumo, sospese dalla maggior parte dei sindacati dopo l’eliminazione della proposta infausta di aumentare unilateralmente l’orario degli insegnanti, il clima di ribellione nelle scuole, i Collegi che deliberavano impropriamente su argomenti non deliberabili, hanno posto molte micce, tra cui anche la speranza di un patto tra studenti e insegnanti per porre all’opinione pubblica le questioni della scuola.

Tutto questo in un clima generale di sfiducia, non solo per gli scarsi finanziamenti alle scuole, per la situazione edilizia sempre pesante, per l’ ostilità alla proposta di riforma degli Organi Collegiali; c’è altro credo, e di più, una consapevolezza di fondo e ribollente della crisi generale che tocca i giovani, il lavoro, le famiglie stesse, di cui gli studenti fortemente e giustamente risentono, di cui sono spesso portatori.

Il figlio quindicenne di una brava signora che si occupa di un anziano di famiglia ha chiesto il permesso alla madre di allontanarsi di notte per occupare la scuola ponendo questa motivazione: se non facciamo sentire la nostra voce, il prossimo anno pagherai tante tasse per la frequenza. Non sai che c’è un attacco alla scuola pubblica? La madre mi domandava se fosse veramente così.

Ragazzino intelligente, indigente ma con telefonino alla moda, che poneva una questione nodale e che avrebbe bisogno di risposte.

In questo clima, anche quando sono state ritirate le proteste degli insegnanti, è stato tardi per riprendere gli studenti, ormai in fibrillazione, e per ridurli a più miti consigli.

Ancora una volta il calvario dei Presidi da far tremare le vene e i polsi: trattative estenuanti con gli studenti per cercare di scongiurare le occupazioni, sempre pericolose e al limite della legalità; appostamenti di notte nelle scuole di qualche preside coraggioso con qualche insegnante e ATA di buona volontà, avuto sentore dell’assalto notturno degli studenti; tentativi di saltare qualche cancello già chiuso da parte di qualche preside più atletico; contrattazione con gli studenti asserragliati per consentire l’ingresso nelle scuole del personale di segreteria che ha bisogno di mantenere gli impegni di lavoro a fine anno; discussioni con i genitori, preoccupati dell’incidenza delle assenze sulla validità dell’anno scolastico; il rapportarsi con la stampa e con un’opinione pubblica che parla di scuola e ne giudica il comportamento in questi momenti di difficoltà. Il tutto cercando di non perdere l’autorevolezza e di non compromettere un rapporto con gli studenti spesso ben costruito, che è importante per il resto dell’anno e che comunque è necessario conservare.

In questi momenti difficili, con insegnanti tra il preoccupato, il defilato e la speranza di palingenesi affidata agli studenti, con crisi di emulazione tra gli studenti (ormai con i cellulari comunicano in tempo reale) e sentimenti di inferiorità se non si procede al’occupazione, i Presidi sono soli ancora una volta: non si è visto nessuna tra le Istituzioni che si occupano di scuola che discutesse con gli studenti. Non si sono viste le Province cui gli studenti chiedono strutture e manutenzioni decenti, silenti gli USR se non per chiedere notizie ai presidi sulle ragioni delle proteste, lontani partiti e sindacati.

I giornalisti invece in prima fila, puntuali nel diffondere bollettini di guerra, interviste agli studenti, genitori tra il preoccupato e il compenetrato sostegno, qualche vecchio sessantottino ormai con l’età da nonno cui brillano ancora gli occhi per la “crescita” dei giovani, qualche signora con furtive vettovaglie, anche una bella parmigiana agli occupanti, cuore di mamma.

Insomma un calvario.

I Presidi sono sotto giudizio, “minacciosi” se ricordano agli studenti le proprie responsabilità, “deboli” se non riescono a fermare le occupazioni e se qualche volta perdono le staffe, e succede ai presidi più valorosi e impegnati, sono anche passibili di indagini e denunce tra deliqui di studentesse e recriminazioni di genitori.

Cosa si svolge dentro le scuole durante le occupazioni perde progressivamente di interesse di fronte alla cronaca del rituale.

Molte scuole dove presidi e docenti si sono sempre dichiarati disponibili con i loro ragazzi a un dialogo costruttivo, alla ricerca di nuove forme di protesta che si trasformino in occasioni propositive e che non ledano gli interessi di nessuno, non fanno più testo.

Poi si sente qualche proposta interessante – al di là del greve testo dovuto al momento – come quella degli studenti della Rete della conoscenza, insomma quelli più consapevoli e “politicizzati”: oltre all’auspicio di costruire una scuola e una società differenti, chiedono di “scardinare dal basso una didattica frontale e autoritaria nel merito e nel metodo, una valutazione utilizzata come strumento di repressione per un modo diverso di stare a scuola”.

Insomma squilli di tromba di fortissimo clangore che toccano nodi tremendi per la riflessione sulla scuola, da discutere con argomenti di nervi e sangue.

Come risponderanno le campane della scuola tutta dopo che l’imminenza delle feste farà regredire la malattia esantematica? Risponderanno le Istituzioni, si penserà a una politica scolastica seria che tenga conto di quanto se pur confusamente e arrogantemente emerge dalle contestazioni? Si rifletterà sulle regole di partecipazione degli studenti in un percorso di seria riflessione?

Ho paura che proseguirà tutto come prima.

Ci rivedremo quindi il prossimo anno. In autunno.

Per una “cultura della scuola”!

Per una “cultura della scuola”!

 di Maurizio Tiriticco

Claudia Fanti è una maestra maestra! Da anni si cimenta con se stessa come pochi sanno fare per migliorare costantemente il suo insegnamento. E’ più che attenta ai cambiamenti che giorno dopo giorno si verificano nella nostra infanzia. E si tratta, purtroppo, di cambiamenti in negativo, preoccupanti! Una sempre maggiore instabilità, la perdita progressiva dell’allegra freschezza che in genere anima e sostiene un bambino che cresce! Bambini in difficoltà con i mille disturbi di apprendimento che giorno dopo giorno sono in pauroso aumento! Una infanzia in pericolo! Questo è l’allarme che ci lancia Claudia! Una società intera in pericolo! E, a fronte di questa situazione allarmante, l’amministrazione pensa di selezionare i suoi docenti con quelle prove che non sono solo io a denunciare!

La scuola ha bisogno urgente di insegnanti come Claudia, ai quali si proponga di riflettere sul reale stato dell’infanzia e dell’adolescenza dei nostri tempi qui nel nostro Paese, con classi sempre più affollate, alunni sempre più difficili e sempre più plurilingue, insegnanti sempre più affaticati e, purtroppo, non sempre all’altezza di un produttivo da farsi! Insegnanti che posseggano gli strumenti culturali e scientifici necessari per comprendere come misurarsi con una infanzia sempre più in difficoltà. Purtroppo, abbiamo un governo in parte non all’altezza, in parte irresponsabile! Si tagli altrove! Si tagli ovunque, laddove si ha a che fare con il mondo adulto! Non si può tagliare sulla scuola, non si può tagliare sui bambini! Non si può tagliare sul futuro! Ormai sono più di dieci anni che la nostra scuola sta facendo una pericolosa marcia indietro!

Oltre ai tagli si varano norme sempre più impasticciate e riordini sempre meno realizzabili, sostenuti per giunta da una pluralità di documenti, centinaia e centinaia di pagine, anche di difficile lettura in quanto, di fatto, sono di difficile scrittura! La pigrizia di tanti insegnanti a leggere le norme è notoria, è un male tutto nostrano, ma non riusciremo mai a curarlo se rovesciamo loro addosso carte su carte in cui è difficile capire a volte lettera e significato! I nostri insegnanti ora sono accusati di essere comunisti, ora di essere conservatori! Si vuole aumentare loro il carico orario senza neanche sapere quali sono i loro reali tempi di lavoro! No! Non si governa così una scuola! Anzi un “Sistema educativo nazionale di istruzione formazione”! Perché è così, in seguito al varo dell’autonomia e alla riscrittura del Titolo quinto, che la Moratti ha voluto ridefinire la nostra scuola! E non aveva affatto torto! Non più un insieme di edifici, di “unità scolastiche”, ma un sistema organico funzionale a processi di apprendimento che vanno dalla culla alla tomba! “Istituzioni scolastiche autonome”, a tempo pieno e a spazio aperto! L’auspicio di una Educazione permanente! Che nel 1972 venne lanciato da quel Rapporto Faure con cui si accoglieva una delle istanze più forti di quel movimento studentesco che da Berkley a Pechino aveva posto il problema di una scuola aperta a tutti!

L’apprendimento per tutta la vita! Belle parole! Ma dalle parole ai fatti, purtroppo, qui da noi corre solo una pericolosa discesa! Mi chiedo quotidianamente, e ce lo chiediamo in tanti: che cosa varerà domani di nuovo la nostra amministrazione? Ogni norma è sempre una strana invenzione che sembra rivolta a non si sa chi, quando addirittura non costituisca un vulnus! E magari il giorno dopo qualche autorevole dirigente ci viene a dire che si sono sbagliati! E’ chiaro che è molto più facile acquistare un F83! Con le Frecce tricolori sai che bello spettacolo! E’ molto più difficile governare una scuola, anzi un sistema scuola!

Cara Claudia! Temo che dovremo aspettare perché i tempi sono lunghi! E poi ci sono le primarie! Ed è meglio che i candidati non parlino di scuola perché dicono solo banalità se non sciocchezze! Cara Claudia! Bisognerebbe lanciare una grande campagna perché si avvii e si diffonda una “cultura della scuola”! Perché manca, e non solo a livelli di gruppo dirigente! Che cosa significhi la conoscenza oggi in una “società ad alto sviluppo” – la chiamavamo così – non è affatto noto! Che lo studio sia importante e necessario non è affatto una convinzione scontata! Purtroppo è largamente diffusa una errata convinzione che, tutto sommato, la scuola non conti tanto e che sia un luogo dove bene o male si parcheggiano i figli! Da cui escano con il massimo dei voti alla caccia della raccomandazione! Perché è questa che conta!

Perché non è la conoscenza che paga, ma le conoscenze!

 

Le “Pillole” della Maestra

Le “Pillole” della Maestra

 di Claudia Fanti

Maurizio Tiriticco nel suo simpatico ed efficace articolo “Il concorso della follia” scrive: “Per concludere, pensare di selezionare del personale docente proponendo prove solo di logica, per di più selettive, è riduttivo e scorretto!”

Figuriamoci un sapere in pillole veloce e di pronto utilizzo per l’apprendimento e  la valutazione diretto alle bambine e ai bambini!

Meno tempo, più fotocopie, più crocette per stare dentro il tempo imposto dalle riduzioni di organico e dal “maestro unico”: questo è il futuro?!

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Eccoci alle solite, ma il non senso del senso di coloro i quali dissertano di scuola fuori dalle aule, proprio di tutti quelli che stanno anche soltanto a un centimetro all’esterno, è per molti insegnanti ormai una certezza.

E’ una certezza che fa male, rende insensibili a qualsiasi voce di cosiddetto rinnovamento che piova dall’alto senza tenere conto delle reali condizioni dell’infanzia e della preadolescenza.

Ci sono molteplici motivi a determinare tale insensibilità, ma primo fra tutti per chi ha a cuore l’insegnamento/apprendimento è proprio la questione della politica pedagogica in cui si crede fermamente nell’azione quotidiana dentro le classi affollate di bambini e bambine di diverso colore e provenienza culturale, i quali portano con sé, oltre alle problematiche insite alla loro condizione di “stranieri”, anche l’angoscia, l’ansia, la preoccupazione delle rispettive famiglie cariche della fatica del vivere nella società in cui avevano creduto di trovare rifugio lavorativo ed economico per progettare una parvenza di futuro.

A questa schiera innocente si è  aggiunta quella dei compagni e delle compagne italiani le cui famiglie hanno perso, spesso in un sol colpo, una vita serena a causa del posto di lavoro di mamme e papà divenuto precario o addirittura scomparso, oppure il potere d’acquisto del loro esiguo stipendio.

Tutti portano in classe, nel loro studio, nelle interrogazioni, nelle produzioni, nei racconti, perfino nel gioco, il segno di un presente faticoso e ansiogeno. Sono in aumento costante la disortografia, la discalculia, il balbettio espressivo, l’incertezza lessicale nell’orale, la tendenza al pianto, proprio negli stessi che l’anno prima avevano superato baldanzosi numerose difficoltà insieme coi compagni e con le/gli insegnanti. Spesso i padri sono costretti ad allontanarsi per lunghi periodi alla ricerca di in lavoro, a fermarsi in città lontane: le madri cercano di compensare coccolando; a volte si difendono psicologicamente chiudendo la porta di casa alla vita di relazione. Le/gli insegnanti percepiscono nei colloqui, nei rapporti stretti che li legano alle famiglie, un dolore, una vergogna, un’ansia e un’angoscia crescenti, sia per la situazione sia per il futuro dei figli e per la paura che la scuola del domani non abbia la paziente accoglienza dell’attesa. Mi spiego meglio: il vivere bersagliati da messaggi mediatici che inneggiano al merito, all’efficienza, alla flessibilità, ai contratti a termine unitamente a quelli che continuamente diffondono l’idea di un sistema a rischio, insicuro, non rispettoso dei diritti costituzionali…ha prodotto guasti immensi sui più fragili fra i giovani genitori e sui loro figli.

Gli insegnanti sono in prima linea su questo fronte. Tra essi ce ne sono tanti che non demordono affiancando e sostenendo, con una pedagogia che coniuga la paziente attesa degli apprendimenti con un insegnamento rigoroso e insieme comprensivo del disagio di ognuno.

Infatti è ora più che mai assolutamente da evitare la pretesa di seguire un programma predeterminato se la classe presenta numerosi casi di ribellione in qualsiasi modo essa sia espressa, dalla più aggressiva, violenta, alla forma della  sottomissone, silenziosa e timorosa. La fragilità dei nosti bambini è proverbiale. Non esiste insegnante che non se ne renda conto. Il problema correlato a tale consapevolezza a volte si ingigantisce se proprio l’insegnante entra anch’essa/o in ansia per il timore di non far raggiungere i cosiddetti traguardi ora divenuti prescrittivi. E’ un timore che si legge negli sguardi più che nelle parole che si scambiano nelle riunioni estenuanti di qualsivoglia programmazione o progetto: le parole delle/gli insegnanti spesso si fermano al rispetto formale degli ordini del giorno stilati dai dirigenti e dagli staff che li attorniano. Tante sono le incombenze legate alla forma delle parole dei documenti che pretendono un lettura e una rielaborazione, poche quelle che permettono di condividere gli stati di realtà didattica, metodologica, pedagogica dentro le classi.

La pedagogia si ferma là dove iniziano i curricoli, le scalette di obiettivi  più o meno specifici, soprattutto di Italiano e Matematica, che ormai sono diventate le uniche materie di un possibile insegnamento/apprendimento approfondito, vista la caduta libera che le riforme hanno causato nei sistemi organizzativi sposando quelli più retrivi (vedi maestro unico, stravolgimento del vero tempo pieno e dei moduli paritari, eliminazione delle compresenze in favore delle supplenze, ritorno al voto, certificazione delle competenze all’uscita della scuola elementare, test Invalsi, diminuzione del sostegno, aumento illegale degli alunni in classi con presenza di alunni disabili e stranieri di prima generazione…)

All’esterno di un’aula non si sa per esempio quanto tempo occorre oggi per comunicare in modo efficace, in modo da essere compresi e comprendere, per far rievocare, per aiutare le interrelazioni fra pari, per rendere autonomi nell’organizzazione del proprio lavoro, del materiale, per insegnare a studiare, a portare a termine i compiti e gli impegni, per giocare, condividere le regole e le istruzioni.

I tagli e le cosiddette riforme hanno indotto la scuola a restringere il campo del sapere sempre più, costretto dentro spazi (edilizia) e tempi (riduzione dell’offerta di organizzazioni orarie diversificate per l’esiguità degli organici ridotti all’osso a causa della riforma Gelmini.)

E le ingenue, inconsapevoli schiere dimenticate totalmente da chi fa politica scolastica sono quelle che noi conduciamo ogni istante a scalare lentamente (ma vorremmo anche inesorabilmente) la salita degli apprendimenti, mano nella mano, richiamando, un giorno sì e l’altro pure, alla presa di controllo sulla mente e sul corpo che insegniamo essere preziosi e inviolabili, liberi e consapevoli…E’ un’attività continua, costante, dolce e salata, che non ascolta nessuna sirena esterna, bensì osserva soltanto il volto di ogni bambino/a e le sue reazioni anch’esse dolci e salate.

Che gli insegnanti debbano costantemente aggiornarsi e formarsi sulle proprie discipline di insegnamento è fuor di dubbio, e nella stragrande maggioranza lo fanno, eppure la priorità ora va data alla formazione sulla gestione delle differenze e dei conflitti: è di primaria importanza per non ritrovarsi dinanzi ad abbandoni e disperazione a volte camuffata da spavalderia, arroganza, malinconica dolcezza, ritrosia all’apparire…

E la ritrosia è quella che mi spaventa maggiormente. Il chiudersi, l’approccio svagato,  deconcentrato, i groppi che vedo scendere lungo le gole di alcuni che non riescono a esprimersi…A volte mi pare di essere una delicata idrovora di parole da valorizzare, costruire insieme, lasciare poi nelle loro mani, nelle loro penne, affinché possano piegarle, accarezzarle, sfiorarle, sottometterle alle loro intenzioni comunicative per poi portarmele come fossero oro. E’ un lavoro lentissimo, coinvolgente, faticosissimo, che non vuole e non deve perdere per  strada nessuno e con esso, nell’uso, nella lettura a voce alta di ognuna/o, nella voglia di auto correggersi, si costruiscono l’argomentare, il descrivere, il narrare…e si usa la sintassi, la si usa e la si apprende, ma lentamente…

Spero che nessuno ci tolga la possibilità del far giocare e sperimentare percorsi linguistici in modo meditato e profondo, che nessuno si permetta di sbatterci in faccia ulteriori umiliazioni tramite riforme insensate, tagli di anni e di risorse ulteriori. Spero ancora, nonostante  ormai la fiducia sia sotto le scarpe, che qualcuno totalmente diverso da tutti quelli che si sono seduti al ministero della pubblica istruzione improvvisamente appaia sulla scena e che con un colpo magistrale venga incontro alle schiere di bambine e bambini con una nuova dichiarazione dei diritti dell’infanzia che comprenda qualche articolo mai scritto e cioè: “tenere conto dei tempi di apprendimento di ognuna/o nel rispetto del loro bisogno di sogno e gioco, limitando al massimo l’intervento giudicante tramite voti e scalette”, “stimolare in ogni modo l’autostima di bambine e bambini, affinché ognuna/o possa essere libero di esprimersi per mezzo di apprendimenti sicuri e fiduciosi”.

Dopo anni e anni di lavoro in mezzo all’infanzia, con le immagini negli occhi delle violenze di ogni tipo che bambine e bambini subiscono nel mondo, mi sono giurata che non mi fiderò mai e mai più (qualche volta l’ho fatto ed è stato un fallimento!) dei venditori di fumo, degli annunci, delle promesse, di programmi altisonanti, di dichiarazioni d’amore verso l’infanzia e il rinnovamento. Negli ultimi vent’anni soltanto peggioramento di dotazioni, di risorse, sprezzo dimostrato in mille modi nei confronti del nostro immane lavoro.

 

Il concorso della follia!

Il concorso della follia!

Che nulla ha a che vedere con quella di Erasmo!

 di Maurizio Tiriticco

Non ci posso credere! Dopo l’idiozia delle pillole per gli alunni, ecco l’idiozia delle prove di logica – o meglio di certe prove di logica – per gli aspiranti docenti! Siamo veramente alla follia! Non ho nulla contro un sapere che sia fatto di tanti segmenti, i quali, però, siano sempre riconducibili a unità o a unitarietà. So bene che una cosa è il pensiero lineare, discreto, digitale, altra cosa quello reticolare, olistico, analogico! Una cosa è il filosofare, altra cosa il poetare! E studi in tal senso sono avanzatissimi. So bene che la logica – o meglio un insieme di operazioni formali che caratterizzano e sostanziano una delle forme della nostra intelligenza (basti pensare alle ricerche di Gardner) – costituisce la sostanza formale della produzione/ricezione di tutte le informazioni che consentono l’unitarietà dei saperi comuni e condivisibili. Se non fossimo tutti d’accordo nel chiamare pentola una pentola, saremmo già morti di fame! Eppure la parola pentola non ha nulla a che vedere con l’oggetto pentola, che in altre lingue si chiamerà in altri modi! Però io e te che mi stai leggendo la potremmo chiamare dudù o cocò e così escludiamo il mondo intero dal comprendere ciò che stiamo dicendo! E quanti bambini di un piccolo gruppo inventano il loro vocabolario per escludere altri gruppi?

La struttura parte nominale e parte verbale e la struttura delle operazioni matematiche di base sono la sostanza dei saperi condivisi. E’ logico mangiare pane, pasta frutta e così via, ma… ad Antonio posso far mangiare carbone se è stato cattivo o sterco se è “ospite” di un lager nazista. In altri termini, è riconducile alla logica solo una parte della nostra capacità di produrre pensiero. E’ logico che una madre partorisca un bambino! Ma è illogico che un bambino partorisca una madre! Il che però non significa che il nostro cervello non sia in grado di produrre pensieri non logici. Pertanto, non può essere bollato un soggetto solo perché abbia difficoltà nel produrre o riconoscere, e in un tempo dato, operazioni logiche. Quando, invece, ci potrebbe dimostrare grandi capacità nelle produzioni non logiche! E in tempi differiti! Del resto, le produzioni artistiche sono forse tutte afferibili alla logica? Quanta produzione poetica o pittorica (penso ai futuristi, agli ermetici, agli astrattisti, ai surrealisti) ha poco a che vedere con la logica? Anzi, è nata proprio per liberarsi dalla “schiavitù della logica”! Parole in libertà! Colori in libertà! Insomma Marinetti, Quasimodo, Picasso, Dalì sarebbero esclusi dal nostro concorso! Irrimediabilmente!

Se pensiamo al pensiero creativo, che c’entra con la “banalità” delle operazioni logiche? Noi umani non avremmo prodotto alcun progresso se non fossimo stati capaci di rompere con atti creativi operazioni considerate logiche! La rivoluzione agricola non avrebbe avuto luogo se dall’invenzione della zappa non fossimo passati alla lama dell’aratro! Per andare più vicini al nostro tempo, la lampadina elettrica e la radio non hanno costituito un progressivo succedersi di irruzioni di operazioni creative a fronte delle reiterate operazioni logiche delle lanterne a gas e del telegrafo? E come la mettiamo con la serendipità? E’ sufficiente riflettere su questi interrogativi… e le illogiche proposte di logica del prossimo concorso si dissolvono come neve al sole!

Per concludere, pensare di selezionare del personale docente proponendo prove solo di logica, per di più selettive, è riduttivo e scorretto! Proprio perché si deve selezionare personale che dovrà possedere e, soprattutto, sollecitare negli alunni operazioni mentali che non siano solo afferibili alla logica. Sono decenni che il pedagogista insiste sul fatto che l’insegnare/apprendere si sviluppa lungo strade che impegnano tutte le operazioni di cui il nostro cervello è capace. Torno a citare Gardner e le sue intelligenze multiple, o il suo maestro Bruner: ricordiamo soltanto la sua Cultura dell’educazione! Quanti concorrenti avranno letto questo mirabile libro! A cosa è servito per affrontare questo concorso?

Quale sarà l’esito della prova preselettiva? Che saranno scartati tutti i concorrenti i quali abbiano soltanto un pizzico di pensiero illogico, proprio coloro che, invece, stando alla funzione che dovranno svolgere, sarebbero i migliori!

 

Multidisciplinarità: una cultura che la scuola non possiede

Multidisciplinarità: una cultura che la scuola non possiede

di Enrico Maranzana

E’ stata evitata l’aziendalizzazione della scuola”  ..  “L’attività dell’INVALSI innalza la qualità del servizio” ..  “E’ auspicabile l’aumento a 24 ore dell’orario di insegnamento dei docenti” ..  “I dirigenti scolastici devono aver la facoltà di individuare direttamente il personale docente”  ..  “ Mai più leggi e riforme senza il consenso del mondo della scuola” sono frasi di cui discutono gli addetti ai lavori in questi giorni.

Si tratta di assunti di superficie, originate dai paraocchi che inibiscono la percezione della natura e della dimensione del problema formativo, educativo, dell’istruzione.

Si crede ancora al “Sistema delle autonomie”?

SI CREDE ANCORA AL “SISTEMA DELLE AUTONOMIE”?

di Gian Carlo Sacchi

 

Qualunque nuova iniziativa politica destinata ad intervenire sul sistema scolastico del nostro Paese deve prima evidenziare in quale prospettiva di governo del sistema stesso si andrà a collocare. Siamo in una situazione totalmente confusa; da oltre un decennio, dopo che le riforme Bassanini  avevano previsto il decentramento delle competenze statali verso i territori e le autonomie scolastiche e la revisione costituzionale che individuava la riorganizzazione degli organi repubblicani, ancora tutte da realizzare, ogni provvedimento invoca una prospettiva autonomistica ma pratica il solito centralismo burocratico.

Sebbene il centro-sinistra fosse stato l’artefice dei cambiamenti di fine secolo scorso ed il nuovo titolo quinto della Costituzione sia stato confermato da un referendum popolare praticamente nulla è stato messo concretamente in pratica nemmeno in quel breve arco di tempo nel quale la stessa maggioranza è tornata a governare a pochi anni dall’inizio del 2000. Non parliamo poi dei numerosi governi che avrebbero dovuto ispirarsi alle tre i come esempio di liberismo, finiti nel più bieco statalismo dei tagli lineari, cioè senza prestare la benché minima attenzione ai bisogni ed alle caratteristiche delle realtà territoriali. Una piccola parentesi destinata al federalismo soprattutto in campo fiscale avrebbe potuto aprire una finestra su un sistema scolastico “multilivello”, cioè legato all’unità nazionale per quanto riguardava la garanzia dei diritti individuali e sociali ed ai risultati e ad una gestione regionale – locale, rimasto lettera morta  In continuità sta operando adesso un altro governo che pare intenda ispirarsi al pragmatismo economico ed alle indicazioni europee, ma che si giustifica con la necessità di fronteggiare in tempi rapidi e con ampi margini di manovra la situazione dei conti pubblici.

Nel frattempo gli scandali che hanno coinvolto alcune regioni hanno fatto arretrare nell’opinione pubblica l’idea dell’efficacia dei governi territoriali e le stesse deliberazioni della loro Conferenza nazionale in merito alla diverse materie scolastiche evidenziano un ripiegamento sulla certezza dei finanziamenti statali, senza contare che anche i migliori risultati ottenuti in questo settore dal confronto internazionale hanno riguardato il forte investimento politico prima ancora che economico nella qualità dei loro sistemi formativi. Sono stati questi ultimi infatti i migliori interlocutori dell’Europa e del mercato del lavoro, operando anche nel campo della ricerca e dello sviluppo. Quanto lontano sembra il masterplan approvato dalle stesse Regioni nel 2009 che rivendicava il governo regionale su tutto il sistema, come indicato dalle “competenze concorrenti” del predetto titolo quinto,  fino anche al personale propiziato fin dal 2004 da una sentenza della Corte Costituzionale.

Ci si sarebbe aspettato da un governo tecnico con poche disponibilità finanziarie la lungimiranza di agire sugli strumenti della governance che non solo avrebbe cercato di sistemare quel continuo conflitto di attribuzioni, ma avrebbe potuto coinvolgere centro e periferia in un concorso di progettualità e di risorse. Tutto questo non solo non è accaduto ma la discussione della riforma delle autonomie locali in atto al Senato è stata abbandonata per una statalista spending review che ha proseguito nell’azione dei tagli lineari penalizzando i servizi senza eliminare gli sprechi; il riordino degli “organi collegiali”, rivisti nell’ottica dell’autogoverno degli istituti scolastici se devono essere veramente autonomi, continua a vivere di stenti in Parlamento: la legge appena uscita dalla Camera chissà se acquisirà la necessaria priorità per iniziare l’iter al Senato; i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) che per norma costituzionale lo Stato aveva l’obbligo di emanare sono di la da venire.

Dulcis in fundo il governo propone la controriforma costituzionale, un provvedimento difficile da far approvare in fine legislatura, che cancella non tanto negli organi quanto nelle funzioni il precedente principio autonomistico.

 

SI INDEBOLISCE LA CULTURA DELL’AUTONOMIA

Si ha la fondata preoccupazione che la cultura dell’autonomia che non più di un decennio fa veniva sostenuta addirittura da un’idea di sistema istituzionale, formato dai diritti di cittadinanza sostenuti a livello nazionale (LEP), da strumenti di programmazione e gestione a carattere regionale e territoriale, da piani dell’offerta formativa e controllo degli apprendimenti proposti dalle singole scuole in forme più o meno integrate con altre agenzie educative, imprese produttive, società civile, ecc., stia perdendo terreno, forse anche perché la E di economia (i risultati e la competitività) è ritenuta più importante della E di educazione (crescita, competenza, cittadinanza) ed il “sistema educativo” è a sua volta poco autonomo rispetto al ruolo della politica e della stessa economia.

Un tale indebolimento coglie anche le scuole e lo si vede dalla scarsa capacità di associazione per richiedere maggiore rappresentatività e intervenire direttamente nella politica scolastica, evitando ancora una volta di essere surrogate dal ministerialismo anche attraverso forme di reti obbligatorie con specifiche deleghe gestionali, come indicato in uno dei tanti provvedimenti “….per l’Italia”, del governo.

E’ paradossale, ma ad una situazione di questo genere si contrappongono diverse analisi che fanno rilevare come nel nostro Paese di fronte ad un modello ancora sostanzialmente unico vi siano notevoli sperequazioni sia nel campo degli apprendimenti e nei rapporti tra questi e le condizioni sociali e territoriali e come a livello internazionali le migliori performance siano ottenute da sistemi fortemente decentrati e legati al territorio.

L’arretramento sul fronte delle autonomie territoriali sembra essere la causa della diminuzione della qualità dell’offerta formativa: non si ha l’impressione infatti che il riordino del secondo ciclo, centralistico con lievi flessibilità, peraltro vincolate dalle “classi di concorso” dei docenti, abbia realizzato molto di nuovo nell’attività concreta delle scuole, così come le indicazioni nazionali sul primo, più centrate sull’autonomia didattica, abbiano bisogno di un rilancio locale degli “istituti comprensivi”.

Si pensi ad esempio ai servizi per l’infanzia: 0-3 e 3-6, che sono collocati dalla normativa emanata dal 2009 ad oggi tra le “funzioni fondamentali” dei Comuni, ma che senza un forte rilancio della loro qualità educativa rischiano non solo di ritornare al compassionevole welfare, ma anche essere considerati marginali nei processi di riorganizzazione degli enti locali in atto.

Sarebbe necessaria una legge di settore almeno per far uscire tali attività dal servizio così detto a “domanda individuale”, ma sarebbe altresì interessante vedere quali priorità vengono assegnate nei processi di unione degli EELL e quale spazio viene dato ai servizi educativi.

Non è raro riscontrare infatti una tendenza all’appalto, global service, alle cooperative sociali o ad altre forme di assistenza a domicilio (tages mutter, ecc.) che mancando di parametri di riferimento rischiano di indebolire anche la qualità dell’offerta formativa. Accade di frequente, per effetto dei tagli unilaterali praticati dallo Stato negli organici della scuola dell’infanzia, che convivano nello stesso edificio e nello stesso servizio provenienze professionali e modelli organizzativi molto diversi nel tentativo di fronteggiare una domanda che peraltro si differenzia molto dal passato (i genitori non hanno più infatti l’orario della fabbrica) e che spesso si accontenta del minimo accudimento, che a sua volta può venire a costare anche meno, dato anche qui il sempre più consistente intervento economico della famiglie: lo Stato taglia il personale e le risorse agli EELL; il “patto di stabilità”, ecc.

Si ricorda che la scuola dell’infanzia, pur non essendo obbligatoria, fa parte del “sistema nazionale di istruzione e formazione” sancito dalla legge 62/2000, secondo l’ottica della generalizzazione.

 

FEDERALISMO FISCALE/LEP

Una legge del 2009 (n. 49), così detta del federalismo fiscale, stabilisce che anche i suddetti servizi per l’infanzia, oltre agli altri gradi scolastici, rientrano tra le “funzioni fondamentali” della Repubblica, finanziabili interamente da parte dello Stato, sia tramite interventi diretti sulla fiscalità generale (“ciò che a tutti deve essere garantito da tutti deve essere finanziato”), sia come compartecipazione alle entrate fiscali da parte di Regioni ed Enti Locali (DPR 68/2011): l’IMU non sarebbe un’imposta comunale ? Allo Stato come indicato nella Costituzione la definizione per legge dei LEP. Rimane tuttavia aperto il dibattito su come devono essere definiti tali livelli, che non sono ovviamente quelli minimi ai quali i recenti governi hanno ridotto il sistema, da cui derivare poi i “costi standard”; per fare ciò e per monitorarne lo sviluppo occorre che risparmi e investimenti vengano concertati nella predetta ottica multilivello: così come c’è un patto per la salute, anche se le finalità sono diverse, sarebbe necessario un patto per l’educazione, anche per considerare la compatibilità finanziaria e vincolarne la destinazione: non palleggiare sui singoli provvedimenti.

Il linguaggio dei LEP dovrà servire non solo ad esplicitare gli elementi essenziali (imprescindibili) che vanno in ogni caso finanziati, ma anche a far convergere i punti di vista dei vari soggetti che operano per queste finalità sui territori all’interno delle scuole, degli enti locali e della società, per evitare che il superamento del centralismo provochi dispersione o distrazione di risorse.

 

LE PROFESSIONALITA’/LA RICERCA

Le ristrettezze ed i tagli al personale, la necessità di gestire con maggiore autonomia ed eclettismo l’offerta formativa, il ruolo della scuola e dei servizi educativi nell’intercettare il cambiamento e sostenere i bisogni degli alunni e del territorio, guardando anche agli esiti di apprendimento, dove il valore dei risultati finali è legato al valore del processo che ad essi conduce, hanno necessità di una riflessione a tutto campo sulle professionalità da impiegare e non solo sulle modalità di reclutamento.

Gli appalti e il popolo delle partite IVA affollano sempre di più uno scenario lasciato libero da un sempre minor numero di docenti assunti anche a livello precario. Forse è il caso di delimitare più il perimetro delle competenze professionali, anche in relazione al versante della sussidiarietà e dell’accreditamento di una pluralità di soggetti gestori, lasciando maggiore flessibilità alle modalità di assunzione.

Bisogna far leva su una preparazione iniziale dove la cultura pedagogica sia centrata sulle modalità di esercizio della professione; occorre andare oltre il monodosciplinarismo per intervenire su aree disciplinari che meglio si adattano ad una gestione culturale e didattica della complessità, attraversata sempre di più da tecnologie, strategie di organizzazione delle relazioni, ma anche dei saperi, dei valori di cittadinanza e di competenze professionali, nella prospettiva della long life learning.

Sarà necessario definire uno status nazionale, pubblico, ma la gestione del personale deve poter andare di pari passo con la programmazione territoriale dei vari servizi; la contrattazione quindi dovrà riguardare un orario di servizio unitario in cui la didattica possa dispiegarsi in modo flessibile, proprio per stare, come si è detto, tra la funzione universalistica della promozione culturale e la realtà sociale in cui si opera, che non faccia mai venire meno l’istanza della partecipazione e della coesione sociale.

L’organico funzionale di istituto dovrà consentire un utilizzo ottimale delle risorse ed un’azione professionale più autonoma per essere come “sistema pedagogico” in permanente sinergia con lo sviluppo del territorio a diversi livelli, in relazione alla rappresentanza che deve essere accordata alle autonomie scolastiche ed ai sistemi educativi territoriali.

Non si può più pensare ad un ritorno di dette professionalità ad una visione impiegatizia e per questo occorre che sia le leggi nazionali e regionali, sia le contrattazioni ai diversi livelli prevedano spazi e risorse per la loro formazione permanente obbligatoria, con riferimenti innanzitutto alle loro competenze non solo nell’erogazione ma anche nella ricerca ed elaborazione, a cominciare dalla capacità di documentare e riflettere sulla propria esperienza e comunicare in termini di progettualità e innovazione. C’è una funzione autonoma nei docenti riguardo alla ricerca su ciò che si fa e rispetto ai territori di riferimento, anche se è necessario sempre di più la collaborazione con università ed realtà specialistiche, oggi individuabili nella società, nel mondo del lavoro e negli stessi social network.

27 novembre Prova Preselettiva Concorso a Cattedre

In merito alla prova di preselezione del concorso a posti e cattedre per titoli ed esami per il reclutamento del personale docente nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I° e II° grado, il giorno 27 novembre 2012 il MIUR comunica:

  • sedi d’esame
  • calendario delle sessioni di esame
  • archivio completo dei quesiti della prova di preselezione
  • indicazioni sulle modalità di restituzione al candidato di copia della prova svolta

A partire dalla stessa data e fino alle ore 14,00 del 12 dicembre 2012, gli interessati a far parte delle commissioni giudicatrici, in ragione di quanto previsto da:

  • il D.M. n. 91 del 23/11/2012, relativo ai requisiti dei componenti delle commissioni giudicatrici
  • l’O.M. n. 92 del 23/11/2012, contenente le modalità per la presentazione delle domande a presidente e commissario, e le istruzione per la costituzione delle commissioni giudicatrici

potranno presentare domanda, esclusivamente tramite la procedura informatica Polis (Istanze On Line). Gli aspiranti appartenenti ai ruoli dei professori universitari utilizzeranno la procedura informatica del Consorzio interuniversitario CINECA.

 

M. Agus, Sottosopra

La Agus matura

di Antonio Stanca

Stavolta Milena Agus, scrittrice genovese che vive a Cagliari dove insegna Materie Letterarie in un Istituto Tecnico, è riuscita più articolata, più complessa. Molte vicende, molte situazioni contiene il suo recente romanzo Sottosopra, edito dalla casa editrice Nottetempo di Roma. Stavolta quella condizione sospesa tra realtà e idea, verità e immaginazione, non è rimasta limitata a poche persone come nei romanzi precedenti ma è stata estesa a tante. Ognuna ha un problema, ognuna è diversa dalle altre e così il suo problema. Nessuna riesce a risolverlo. Tutte abitano a Cagliari nello stesso condominio, chi “sotto” chi “sopra”. Geniale è stata la scrittrice a pensare di collocare tante diverse vite nello stesso posto, a  farle incontrare, scambiare, cercare tra loro la soluzione del proprio problema senza riuscire a trovarla. Abile è stata a creare un movimento continuo, senza soste, tra ambiente e vita, presente e passato, persone e cose, pensieri e ricordi, segreti e rivelazioni, progetti e rinunce, speranze e delusioni. Il titolo Sottosopra allude ai piani superiori e a quelli inferiori del condominio, alle persone che li occupano, più ricche “sopra” più povere “sotto”, e allude pure alla confusa, disordinata loro condizione, ai vani tentativi di porvi rimedio. A causa dei loro travagli  uguali diventeranno quelle persone, cadranno distanze e differenze e alla fine non si distinguerà tra piani alti e piani bassi né tra chi vi abita.

A dire di tutto questo nel romanzo è una ragazza dei piani inferiori che dalla provincia è venuta a Cagliari per studiare presso l’Università, che a Cagliari ha gli zii, che è reduce da una grave situazione familiare e per questo era vissuta da emarginata. A Cagliari vorrebbe liberarsi del passato, coronare il suo sogno di diventare una scrittrice, di sapere di più e farlo sapere agli altri, far sapere che la vita è piena di difficoltà, imprevisti, che molti segreti si celano dietro le apparenze. Per questa sua volontà di conoscere e far conoscere era molto curiosa, voleva scoprire e in quel condominio, dove tutti avevano segreti e problemi, la sua curiosità poteva trovare appagamento. Tra i condomini si muoverà, ad essi chiederà, da essi, di essi saprà. Saprà perché il violinista americano dei piani alti aveva abbandonato la scena dei più famosi teatri del mondo, aveva rinunciato al successo, alla ricchezza per rifugiarsi e quasi nascondersi in quel vecchio palazzo, perché il rapporto con la ricca moglie sarda, così legata a Cagliari, era diventato tanto difficile, perché il figlio omosessuale viveva lontano, scoprirà perché Annina, la donna delle pulizie e quindi dei piani bassi, era stata lasciata dal marito, perché nutriva sempre sogni di gloria ed era generosa con tutti nonostante le sue misere condizioni, perché la figlia Natascia era gelosissima del fidanzato, cosa pensava di fare quando era rimasta incinta, verrà pure a sapere perché suo padre si era suicidato e la madre impazzita, riconoscerà di sentirsi attirata dal figlio del violinista nonostante la sua omosessualità, di avere problemi con gli zii di Cagliari. Di tante domande saprà le risposte e insieme saprà di tante persone, di tante circostanze, di tanti problemi. Per ognuno crederà sia possibile la soluzione e si adopererà per essa ma finirà col vedere aggiungersi a quelli degli altri i suoi problemi, col veder formarsi un immenso groviglio  che, tuttavia, lascerà intravedere qualche risvolto. Questo intrico di elementi facili e difficili, possibili e impossibili, vicini e lontani, uguali e diversi, questo eterno movimento tra vita e sogno, verità e fantasia, questo “sottosopra” è l’aspetto principale della narrazione. Pure la ragazza che narra e con la quale, alla fine, la scrittrice si identificherà, la ragazza che tanto aveva fatto per gli altri, pure lei dovrà ammettere che non era stata risparmiata dai problemi, che altra maniera non era possibile, dovrà accettare la vita come una continua, interminabile alternanza di eventi e la regola che qualunque sia l’origine, la provenienza, la condizione delle persone, ovunque esse vivano, esposte sono tutte ai rischi, ai pericoli di tale incessante, imprevedibile movimento e perciò tutte destinate a rimanere divise tra quanto pensano, cercano e quanto succede.

Ritornano i modi espressivi semplici, colloquiali della Agus di sempre, ritornano i suoi temi ma capaci si mostrano, in questo romanzo, di dire di una realtà più ampia, di raggiungere significati più estesi. E’ una prova della maturazione raggiunta dalla scrittrice nel suo percorso, dell’abilità acquisita nel costruire situazioni complesse, nel rappresentare tante vite in un’opera pur breve e identificarla con esse.

Tu Farfalla,…Angelica…

“…Tu Farfalla,…Angelica…”

…Una volta vidi una farfallina che saltellava per i sentieri e gli alberi del Bosco di Alice !…Raggiunse il Paese delle Meraviglie che stava al di là del Sole e della Luna,…e lì conobbe Dio forte forte…
…Lei voleva rimanere a donare i suoi magici colori a tutte quelle bellezze del Paradiso ed ad ogni magnificenza del Creato,…ma Dio,lodandola a più non posso,… “la rimandò” a questa Terra Umana …pregandola di andare ad offrire i suoi colori di Bontà e di Voglia forte forte di fare il Bene ad ogni persona di questo mondo che aveva bisogno del suo aiuto e della sua solidarietà!
…Allora,la nostra Farfallina fu felicissima di essere stata lodata da Dio,…ma gli chiese subito come Lei l’avesse mai potuto amare direttamente…se,poi, sarebbe dovuta vivere fisicamente “assente” dalle Sue braccia divine e dai giardini fioriti dell’Eden…
…Dio la bacio in fronte commosso …e,poi,accennandoLe ad un sorriso paterno al massimo, …Le disse benevolmente :”””Angelica sappi che, ovunque tu farai nascere un sorriso nelle persone che soffrono o che non amano abbastanza la vita,…sarà sempre un bel Bacio e una carezza di Figlia sublime che mi avrai mandato soavemente a me Tuo Papà caro”””…
…E poi…aggiunse: “””…E non dimenticare che ogni voltà che io ti vorrò sorridere per “rassicurarti”,…quando avrai qualche dubbio e qualche tormento d’angoscia e di crisi per la “verità” della mia Persona,…io ti bacerò sempre con i miei simboli divini,…facendoti volare accanto una colomba sempre Bianca e Candida come te !…Peraltro,facendoti amare da un mio Angelo sotto le vesti di poeta incredibilmente creativo e a te caro al massimo!”””…
…Angelica volò,così,contenta e sicura di sè…verso il mondo terrestre;…e nonostante tutto quanto le sembrava ,in quest’ultimo,… “indegno”… di Dio,…cominciò ad amarlo per trasfromarlo e rabbonirlo come voleva Dio stesso,…con tenacia,passione e infinita Buona Volontà di aiutare tutto e tutti con ogni Sua forza e immenso Coraggio;…senza paura dei cattivi e degli oppressori;…comprendendo sempre che in questo modo,così soltanto,… Lei farfallina avrebbe amato autenticamente il vero Dio,…quello “Orizzontale”,…ch’era un tutt’uno …con quello Verticale,… e con ogni “svolazzante” Colomba bianca armonica chiamata “Spirito Santo” (… che offre a tutti la Grazia del Signore!) …
…Per questo,… un poeta stolto e forse presuntuoso,un giorno conobbe per caso la nostra cara Angelica e le sussurrò emozionato che,immediatamente e senza saper come e quando,…Lui si era innamorato assolutamente di Lei,farfallina “taumaturgica”, …proprio come se l’avesse sentito dentro al cuore e alla mente tutta d’un colpo,…con la “spasmodicità” della “Folgorazione sulla Via di Damasco”!
…Le gridò,forte,così,…in mezzo ad un prato verde pastello e fiorito a festa,dove tanti bambini facevano volare i loro aquiloni colorati simbolo di gioia di vivere e di purezza dei cuoricini loro (…che la nostra Farfallina,giocando con loro, andava rincorrendo proprio per fare sempre più felici gli stessi pargoli tanto amati da Gesù!):
…”””Angelica,sai …, ti amo per davvero…!”””…
…Lei…continuò a volare contenta e felice,arrossendo non poco  (…ma ansimante e col cuore che le batteva a mille,…proprio perchè si era ricordata ben bene della Profezia di Dio…)!
…Continuò,dunque,a girare e rigirare (nell’aria profumata!)… con le sue evoluzioni che parevano sempre l’armonia di Dio da infondere a tutta la Natura del Creato …in quanto “Alfabeto Divino” di Letizia francescana e di Linguaggio galileiano,allo stesso tempo e per lo stesso motivo…
… Fece,così, tanti “giri/in/cielo” …tranquilla e con l’entusiasmo a mille,…sempre vicino a Lui …e a tante colombe bianche che le giravano sempre attorno in segno di gioia e di contentezza di Dio…
…Capì,così,…che era la Vita Terrena di Dio…il suo vero Paese delle Meraviglie,…sempre e comunque amato da Dio…”in tutti i modi possibili e…impossibili””” , …dove amare veramente e autenticamente lo stesso Padre , …allo stesso tempo, … in prospettiva  teologica  sia “orizzontale” che “verticale”!

Gianfranco Purpi

(poesia di  Gianfranco Purpi ,inedita, pubblicata dall’Autore il giorno 08/04/2011)

Cos’è la Poesia

…LA  POESIA : COS’E’  ESSENZIALMENTE ED EMBLEMATICAMENTE!   =

di Gianfranco Purpi

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1:    Ogni vera Poesia si pone sempre in quanto interfaccia della narrazione della realtà (olisticamente propria …e di convivialità e habitat pubblici e privatistici)…in quanto senso e significato dell’immediatezza della realtà stessa che si vuole e si tiene pulsionamente e sentimentalmente a raccontare in mimesi/metessi di rappresentazione sincronica;…che solo così consente all’Umano di vincere la sua costante paura e angoscia di vivere senza esistere,…e/o di ridursi a mero “consumatore” di risorse materiali,produttive e culturali…e umanisticamente di cuore e anima!

Quindi una Poesia verace …solo così…potrà dolcemente e diveniristicamente porsi storicistica ed espressione comunque immediatamente espressiva e di immanenza di un rapporto del proprio sè con la vita di contesto o interpersonale che si fa esistenza,…e con quest’ultima che misticamente,transferiamente,catarticamente , estaticamente, teleologicamente,assiologicamente,dentologicamente,teoreticamente,universalmente( …e così in rifrangenza perentoria trasfigurazionalmente e trasformazionalmente), …rivela e pone (con le semiologie del sentimento e della razionalizzazione declinata fulmineamente in “ragione etico/emotivo/affettiva/istintuale/pulsionale”…) l’ Essere/Esserci/nel/mondo/e/come/terrestrità/degli/erga omnes/e/quindi/nell’Io/e/come/mondo/che/si/dà/all’Io/stesso/e/come/Io/a sè/in sè/per/sè… !… In prospettiva fenomenologica e ontologico/gnoseologica , …monistico/immanentistica …e/o …singolarizzante/personalistica/contingentistica,…di ogni singolo soggetto umano in quanto persona che viene denotata dalla Logica dell’Essere e non già di quella dell’Avere;…dominando , essa poesia in quanto tale assiomaticamente…,inaspettamente e discretamente ,…e intuitivamente ,…e con “la mano sinistra” di Jerome Bruner,…le anonime icone e sceneggiature dei meccanicismi epistemici ontologici e gnoseologici tutti;…al postutto per esprimere e donare amore vero e non narcisistico ed egoisticamente da “consumatore” calvinista o kaimano Clericale , che sia.Gianfranco Purpi

2:    PERCHE’ LA POESIA IN QUANTO RAGIONE  MISTICA  ED  ESTATICA  ; … ED ESPRESSIONE  VERACE  DI  CUORE  DELL’ANIMA ED  ANIMA  DI  AMORE  CRITICISTICO  TEORETICO , ….CHE  TRASFIGURA   ESPRESSIVAMENTE  E  SUBLIMINALMENTE  GIOIE  FELICITA’  DISPERAZIONI  ANGOSCIE  E  TORMENTI;…. SI  ECLISSA  SOVENTE  IN  UNA  SCUOLA  ASSIOMATICAMENTE  ED ISTITUZIONALMENTE  INTESA  E  STORICAMENTE  DETERMINATA CONTINGENTISTICAMENTE !

… Sovente il POTERE  DEL  PRINCIPE  …ha cercato di declinare educativamente/istruzionalmente e di modulare pedagogicamente/didatticamente  …la  scuola assiomaticamente intesa … come azienda e quindi con le sole prospettive culturali,paidetiche e istituzionali e organizzative …configurate,snaturate e violentate all’insegna del razionalismo curricolare efficientistico/utilitaristico e dei valori della produttività …figli delle sole “leggi di mercato”;…eclissando così progressivamente le filosofie dell’educazione e le pedagogie della scuola fondate sui valori laici e personalistici universalmente riconosciuti quali fondanti la nostra civiltà occidentale e quindi le teleologie della speranze e le assiologie dell’amore universale (didatticamente criteriate e scientificamente operativizzanti);…le filosofie dell’educazione e le pedagogie,…e le politiche scolastiche ,…di una scuola e di una formazione istruzionale ed etico/sociale/affettiva in quanto generativamente e strutturalmente espressioni costanti di pregnante amore assoluto evangelizzante e pastorale “alla Jesus ” !

…Mistificando e quindi azzerando ogni auspicabile valoriale funzione pubblica e privata/intimistica della magistralità della docenza e del profilo di educatore …IN QUANTO SERVIZIO deontologico/assiologico E MISSIONE DI AMORE PRIMORDIALE VERSO IL “DIO ORIZZONTALE” degli erga omnes TUTTI UMANI POSSIBILI POVERI CRISTI,…IN QUANTO UMANESIMO INTEGRALE!!!

…INSOMMA  MOLTI  DEI  POTERI  DEL  PRINCIPE  …HANNO  FATTO DI TUTTO PER EDUCARE,FORMARE E ISTRUIRE GIOVANI E MENO GIOVANI …spacciando per virtù e necessità utilitaristico/deterministiche sociologiche e politico/economiche…IL MALEFICO E CONSAPEVOLMENTE MALVAGIO PROLIFERARE ESPONENZIALE DEI SETTE ERRORI CAPITALI dell’educazione SCOLARE E NON SCOLARE,…ben denunciati dal Maritain de:”L’EDUCAZIONE AL BIVIO” …(Edizione La Scuola , Brescia)…
…INSOMMA  ha  fatto  di tutto…CHI HA INTERESSE (pRINCIPI,gATTOPARDI,SERVI E MAGGIORDOMI …(…POLITICI DELLA MAFIA E DEI COLLETTI BIANCHI E SPORCHI;…e borghesia mafiosa,…e corpi deviati delle istituzioni e dello stato) …a lasciare ignari e acritiche,senza Logos di razionalizzazione universale etica e criticistica,… le masse e le intelligenze da vulgate della Polis,…PER OVVIE RAGIONI DI CONSERVAZIONE DEL PROPRIO POTERE DI DOMINIO, DI OPPRESSIONE E DI RIPRODUZIONE DELLE STRATIFICAZIONI INGIUSTE SOCIO/ECONOMICO , POLITICO/CULTURALI, ETICO/ESTETICHE E QUINDI DI ESSENZE VITALI DI APPROPRIAZIONE CRISTIANA (DA PARTE DI OGNI PERSONA E CITTADINO)…DELLA LORO PERSONALIZZANTE VERA INTEGRALE OLISTICA UMANITA’ E DIGNITA’ DI BENE COMUNE…

 

Pillola contro pillola!

Pillola contro pillola!

di Maurizio Tiriticco

Alle pillole si risponde con altrettante pillole!

Constatiamo dall’intervista resa dal Direttore Biondi a “Tecnica della scuola” che di queste pillole nei corridoi ministeriali si sa ben poco!

La Gelmini? Zennaro? Mah! E quanto durano? Sei minuti? Tre minuti? Mah!

In effetti, trattandosi di pillole, è un po’ difficile sapere quanto durano, quanto pesano e dove e come rintracciarle!

Rotoleranno su e giù per i corridoi di Viale Trastevere? Sarebbero pericolose! Sdrucciolare su una pillola significa rompersi una gamba! C’è da preoccuparsi!

La scuola militante ai suoi funzionari ci tiene! E come!!! Mah!

Ciò che è certo è che il mistero delle pillole durerà a lungo!

E un’altra cosa è certa: che, se sono tutte come quella del semaforo, siamo proprio sul demenziale spinto!

Ma i bambini della scuola dell’infanzia ci rideranno dietro! Ma come? Sono anni che parliamo di curricolo, di progettazione, di materiali didattici, e oggi di Indicazioni e di Linee guida, financo – si noti il preziosismo (un’altra pillola!) – di competenzeee… e sono tutte cose toste!

E ora il nostro Miur se ne esce con le pillole? Cui prodest? Anche questa è una pillola!

Comunque, è certo che tanti anni fa le famose pillole pink garantirono salute e bellezza a milioni di donne del mondo intero!

Pillole salvifiche! E le pillole Miur salveranno la nostra scuola? Speriamo!

Quello che è certo è che gli euro intascati da chissacchì saranno stati belli sonanti!

Monete! Altro che pillole!

Il Direttore Biondi non c’entra! Leggiamo su “Tecnica della Scuola”.

E neppure con “la scelta dell’azienda privata multimediale gestita da Ilaria Sbressa, consorte di Andrea Ambrogetti, direttore delle relazioni istituzionali di Mediaset e presidente dell’associazione che cura il digitale terrestre, che ha prodotto gli spot educativi pagati dal Miur 730 mila euro”. Mah!

Così va spesso il mondo! Come diceva il Manzoni a proposito della notte degli imbrogli… Ma verrà mai il giorno? Quello della nostra scuola?

A buon intenditor…

17 marzo Giornata dell’Unità d’Italia e del Risorgimento

17 marzo Giornata dell’Unità d’Italia e del Risorgimento

di Omer Bonezzi

L’otto novembre 2012, nonostante la gazzarra della Lega Nord, il Senato  ha approvato con 208 voti a favore, 14 contrari e 2 astenuti, La Legge che istituisce per il “17 marzo  Giornata nazionale dell’Unita’ d’Italia, della Costituzione, dell’inno nazionale e della bandiera”. La legge  rende anche  obbligatorio lo studio e la conoscenza dell’Inno di Mameli a scuola. A  partire dal prossimo anno  saranno organizzate  iniziative  finalizzate ad informare  sugli eventi e sul significato del Risorgimento nonché sulle vicende che hanno condotto all’Unita’ nazionale, alla scelta dell’Inno di Mameli, alla bandiera nazionale e all’approvazione della Costituzione, anche alla luce prospettiva  europea.

I valori di cittadinanza, fondamento di una positiva convivenza civile, nonché la riaffermazione ed il consolidamento dell’identità’ nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica saranno così promossi anche  nella giornata del 17 marzo, data della proclamazione nel 1861  dell’Unita’ d’Italia,

Tra i principali fautori di questa nuova legge va segnalato il protagonismo fattivo sia dell’on.le Coscia che dell’on.le Ghizzoni del PD. Una notazione oggettiva :  il PD, aggregazione  recente, con il ruolo propulsore che ha dimostrato in questa vicenda,   si innesta a pieno titolo in una delle radici profonde  di questo Paese e di questo Stato. Diventa un importante  erede  del Risorgimento Italiano, dei  suoi valori e della sua prospettiva , culminata nella Resistenza.

Questa  è una legge che permette a pieno titolo di rilanciare la valorizzazione del nostro Risorgimento.  La ricorrenza del 17 marzo può diventare,sulla falsariga di quanto avviene per il 27 di gennaio, dove le scuole  promuovono buone pratiche per creare una cultura della democrazia e della Memoria, una notevole opportunità educativa  anche per un’associazione patriottica quale è l’ANPI.

Si potranno  implementare  valori fondamentali come il senso d’identità nazionale, l’orgoglio della nostra bandiera carica di valori e significati postivi quali la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Il nostro inno nazionale scritto da un giovanissimo Mameli e ben spiegato nella indimenticabile esegesi di Benigni in TV, sarà finalmente conosciuto da tutti .  La Resistenza ( non a caso) viene definita anche come il secondo Risorgimento ed una buona conoscenza delle vicende storiche che riguardano il processo di costruzione dell’Unità d’Italia  può permettere a tutti i giovani di sviluppare meglio i loro sentimenti democratici.

Dobbiamo un po’ tutti, quindi, attrezzarci perché l’opportunità che il Parlamento Italiano offre alla scuola,  all’associazionismo patriottico, agli enti locali,  venga colta in pieno  poiché è evidente  il significato simbolico di questa nuova ricorrenza.

Aspetta a tutti un lavoro impegnativo poiché il nostro Risorgimento, per effetto della mala predicazione della Lega Nord e di circoli legittimisti, attivi anche a Modena, è stato oscurato,  pur vivendo nella coscienza di migliaia e migliaia di persone.

Sono, oggi, essenzialmente tre le forme più eclatanti di revisionismo. La più significativa riguarda il creazionismo.   Il  secondo negazionismo  riguarda l’esistenza della distruzione di massa di ebrei, zingari, omosessuali,  comunisti e degli  oppositori politici, nei campi di sterminio nazisti. In Italia, poi, vi  si affianca  un revisionismo storico che nega ruolo e significato della Resistenza, sminuendone la portata e descrivendola spesso come un’azione al limite del banditismo.

Il terzo negazionismo riguarda il Risorgimento,  ridotto dai suoi detrattori ad azione  provocata  da minoranze, fatta a dispetto del popolo e favorita da potenze straniere quali Inghilterra e Francia.

I protestanti americani hanno fermato i loro orologi alla fine del 500  e tutt’ora interpretano la Bibbia in modo letterale;  da qui la richiesta di intervento legislativo per impedire l’insegnamento delle supposte eresie evoluzioniste.

Il negazionismo storico prende avvio dai pregiudizi neonazisti e neofascisti e da necessità politiche pelose, per  negare l’olocausto contro ogni evidenza e per sminuire il ruolo della Resistenza.

Per il Risorgimento la situazione non è da meno, vengono sminuite dai negazionisti  vere e proprie epopee, come lo sbarco dei Mille  e tutto il fermento innovativo, modernista e riformista che il Risorgimento ha seminato.

A titolo esemplificativo un argomento dei negazionisti sostiene che i plebisciti videro la partecipazioni di esigue minoranze al voto. In quel periodo storico, però, non era concepibile una partecipazione al voto di tutti, il suffragio universale è conquista del 900 ed il numero di cittadini che votarono  per Bonaparte Presidente della Repubblica Francese ( poi Napoleone III) era,   in proporzione,  ben più esiguo della platea dei votanti in Italia per il Plebiscito.

Le tre forme di negazionismo sono legate da un solido filo rosso: il metodo del pensiero che imposta prima la conclusione e poi cerca,  attraverso un uso allegro e leggero  delle informazioni ed attraverso qualche salto logico,   di confermarle.  Questo vale    per  il creazionismo, per la negazione dell’Olocausto , per l’occultamento del  Risorgimento Italiano.  Questo metodo di pensiero gassoso  è cosa allarmante, soprattutto nel 2012.

Se non si contrastano punto per punto le affermazioni decontestualizzate su Resistenza e Risorgimento,  riaffermando l’importanza storica per entrambi e per l’Italia, accettando che vegano messe in campo sui due periodi le più fantasiose ricostruzioni storiche, noi come  cittadini ed educatori  veniamo meno al nostro dovere e dobbiamo allarmarci perché la negazione della verità alimenta  la crisi della democrazia.