Un braccialetto hi-tech, messo al polso di alunni e docenti, che vibra e si illumina quando i compagni si avvicinino a meno di un metro: il progetto per ora riguarda gli alunni, tra i 4 e i 6 anni, di una scuola dell’infanzia paritaria di Castellanza, nel Varesotto. Lo indosseranno pure i loro maestri, che con il dirigente si dicono “pronti a ripartire con tutte le cautele”.
Come funziona
I braccialetti vengono infilati al polso all’interno dell’istituto come se fossero degli orologi: una volta impostata la misura di un metro minimo di distanza tra loro, i sensori interni al bracciale vibrano e si illuminano se si supera il limite consentito di vicinanza fisica.
L’idea è già avanzata, spiega l’Ansa, perché sono stati “acquistati, da una ditta italiana, duecento braccialetti smart per alunni e personale della scuola”.
“L’iniziativa sarà sviluppata e spiegata come se fosse un gioco, evitando qualsiasi rischio di ansie per le misure anti-contagio, attraverso le nostre psicologhe e le pedagogiste – ha detto Fabio Morandi, responsabile della scuola ‘Eugenio Cantoni’ di Castellanza – e lo scopo per i bimbi sarà appunto quello di non far illuminare i propri braccialetti”.
Prenotati i primi 200, di cui 50 per il personale
l sistema si serve anche di una app che a distanza permette di monitorare i contatti tra i piccoli nell’istituto scolastico, utile anche se dovessero manifestarsi verifiche su eventuali casi di positività, compreso il personale.
“I bracciali, che potrebbero essere utilizzati anche per i campi scuola estivi, saranno indossati da tutti i lavoratori all’interno della scuola, che conta 150 alunni e meno di una cinquantina di dipendenti – prosegue Morandi -: alle famiglie toccherà pagare solo un sovrapprezzo di qualche decina di euro sulla quota mensile”.
“Abbiamo deciso che devolveremo questo contributo ad associazioni di volontariato. Insomma, noi siamo pronti a partire e ad attivare tutti i protocolli sanitari necessari”.
Ordinati già centinaia
La stessa iniziativa, dice ancora l’agenzia di stampa, potrebbe essere replicata in altri istituti scolastici italiani e in Francia l’asilo nido aziendale di un grosso marchio automobilistico ne ha già ordinati altre centinaia, fanno sapere dalla società barese che ha ideato e distribuisce i braccialetti, chiamati ‘Labbi Light’.
“Abbiamo ricevuto ordini da una catena di alberghi a Brescia, alcuni stabilimenti balneari e grosse aziende sanitarie – ha spiega Antonello Barracane, titolare della società – E pensare che l’idea era nata solo un anno fa come sistema di telemetria di gruppo in acqua, in pratica per i distanziamenti durante gli allenamenti in piscina”.
Il virologo: serve ancora prudenza
Al ritorno a scuola, l’utilizzo dei braccialetti sarà provvidenziale. Dai virologi, infatti, continuano a giungere segnali orientati alla cautela e al non allentare le misure preventive.
Secondo Paolo Fazii, direttore dell’Unità operativa complessa di Microbiologia e virologia clinica a valenza regionale della Asl di Pescara, negli ultimi giorni “c’è stata una riduzione dei casi, forse anche più rapida del previsto, ma nella ‘fase 2’ sono fondamentali prevenzione e prudenza”.
“Parliamo di una patologia – ha continuato il virologo – in cui, secondo i dati scientifici, il 60-80 per cento dei contagiati è asintomatico, ma portatore sano. A questo punto tutto si basa sulla responsabilità dei cittadini”.
Rezza: bene fare i tamponi
Nel frattempo, diventano cruciali le misure di monitoraggio che permetteranno di seguire la situazione epidemiologica e a questo scopo sono di importanza primaria test sierologici e tamponi. Su questo punto, l’epidemiologo Giovanni Rezza dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ha detto che nella fase 2 “ci vuole un cambio di passo” e il modello diventa il Veneto.
“Ha fatto molto bene, ha fatto molti tamponi sul territorio, va fatto così in tutta Italia. Bisogna fare tamponi anche ad asintomatici e contatti stretti”.
Questo significa che test sierologici, tamponi, distanziamento e dispositivi di protezione restano misure irrinunciabili per riaprire in sicurezza.
Rimangono ancora però molti i nodi da sciogliere: considerando che non è ancora stato fissato il livello di anticorpi oltre il quale si è protetti, che i test sierologici non possono essere diagnostici perché nella prima settimana dal contagio gli anticorpi non si sono ancora formati e che, poiché avere gli anticorpi non significa non essere contagiosi, i test dovranno essere accompagnati da un tampone.
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