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Ocse: studenti italiani sotto la media per conoscenze finanziarie

da tuttoscuola.com

Ocse: studenti italiani sotto la media per conoscenze finanziarie

Più di uno studente su 5 in Italia (21,7% rispetto al 15,3% di media nei  Paesi Ocse) non riesce a raggiungere il livello di riferimento per le competenze di alfabetizzazione finanziaria  e solo il 2,1% raggiunge il livello più alto nella scala Pisa rispetto a una media del 9,7% nei Paesi Ocse. Gli studenti maschi ottengono in media un punteggio leggermente più alto delle femmine.

Nel complesso, evidenzia il rapporto Osce, reso noto oggi, gli studenti italiani ottengono risultati in materia di alfabetizzazione  finanziaria inferiori a quanto ci si potrebbe aspettare in  base al loro livello di competenze in lettura e matematica.

Nel migliore dei casi riconoscono la differenza tra bisogni e desideri, sono in grado di prendere decisioni semplici sulle spese quotidiane e riconoscono lo scopo di documenti finanziari della vita di ogni giorno, come ad esempio una fattura. Anche gli studenti con elevate competenze di matematica non hanno i risultati attesi in materia di alfabetizzazione finanziaria, il che suggerisce che “le principali competenze acquisite dagli studenti a scuola non includono competenze che consentirebbero loro di ottenere buoni risultati nell’indagine sull’alfabetizzazione finanziaria“.

Dal report emerge anche che in Italia la relazione tra lo status socioeconomico e i risultati in materia di alfabetizzazione finanziaria “è significativamente più debole rispetto alla media dell’area Ocse“, il che indica, afferma l’indagine, che il Paese “offre agli studenti opportunità di apprendimento relativamente eque” (solo l’8% della variazione nelle competenze finanziarie è associata allo status socioeconomico, un tasso inferiore alla media Ocse). Tuttavia è forte la differenza (86 punti) tra le regioni con i risultati migliori (Friuli Venezia Giulia e Veneto) e quelle con i risultati peggiori (Calabria).

Lo studio rileva anche che gli studenti italiani hanno meno esperienza nei prodotti e servizi finanziari rispetto agli studenti degli altri Paesi Ocse che hanno partecipato alla valutazione. Il report evidenzia anche che il 44% degli studenti italiani è titolare di un conto corrente o di una carta prepagata, contro una media del 54% dell’area Ocse.

L’indagine Pisa 2012 sull’alfabetizzazione finanziaria ha coinvolto 13 Paesi ed economie Ocse: Australia, Comunità fiamminga del Belgio, Estonia, Francia, Israele, Italia, Nuova Zelanda, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia, Spagna e Usa, e 5 Paesi ed economie partner:  Colombia, Croazia, Lettonia, Federazione Russa e Shangai-Cina. Il livello di alfabetizzazione finanziaria è stato valutato attraverso un test cartaceo di 60 minuti somministrato a circa 29mila studenti (7.068 in Italia).

 

DiSAL: estendere ‘Garanzia giovani’ alle scuole

da tuttoscuola.com

DiSAL: estendere ‘Garanzia giovani’ alle scuole

In un appello indirizzato al Presidente del Consiglio “e attuale Presidente del Consiglio dell’Unione Europea Matteo Renzi” il presidente dell’associazione DiSAL (Dirigenti scuole autonome e libere), Ezio Delfino, sollecita l’estensione alle scuole del progetto europeo “Garanzia Giovani”.

Come dirigenti scolastici preoccupati del futuro dei nostri studenti”, si legge nell’appello, “cogliamo l’occasione offerta dall’avvio della Presidenza italiana al Consiglio dell’Unione Europea e dalle dichiarazioni del Sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi su di un tema che abbiamo visto presente nel programma italiano in Europa (per) sostenere con forza e fare presente a Lei la proposta di modificare, in ambito europeo, le indicazioni generali del progetto “Garanzia Giovani”, affinchè anche i giovani che frequentano le scuole superiori possano diventare destinatari dei sostegni previsti per il rilancio dell’occupazione giovanile che in Italia resta tra i problemi sociali più drammatici”. Peraltro “alcune Regioni, come la Lombardia, già intendono muoversi nella direzione di coinvolgere direttamente anche le scuole: una chiara indicazione dall’Europa porterebbe grande vantaggio ai giovani dai 16 ai 19 anni”.

D’altra parte, prosegue il documento, “l’esperienza dei primi due anni di applicazione del  D.I. 20.09.2011, che ha trasformato le Istituzioni Scolastiche Tecniche e Professionali in Agenzie di intermediazione per il lavoro, ha dato frutti inaspettati con la sottoscrizione di numerosissimi Tirocini lavorativi.  Quella della collaborazione istituzionale tra scuola e lavoro (per la quale manca in Italia un chiaro quadro normativo) è la strada giusta”.

L’ampliamento alle scuola di “Garanzia Giovani”, conclude l’appello, “sarà sicuramente, già nel contesto ordinamentale attuale, un grande sostegno per i giovani”.

 

Erasmus +

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per la Programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali
Direzione Generale per gli Affari Internazionali

erasmus+

Pubblicata la Guida in italiano per la partecipazione alle azioni del nuovo Programma europeo per la Scuola, l’Università, la Formazione, la Gioventù e lo Sport.

http://www.erasmusplus.it/?page_id=22

La Guida sarà valida per tutta la durata del programma (2014-2020).
Ogni anno la Commissione europea pubblicherà l’Invito generale a presentare le candidature indicando le priorità annuali.
Per tutte le altre versioni linguistiche della Guida si può consultare il sito europeo di Erasmus+ scegliendo la lingua di interesse.

http://ec.europa.eu/programmes/erasmus-plus/discover/index_it.htm

Certificazioni per il sostegno didattico

Certificazioni per il sostegno didattico (USR Toscana 29/5/14)

di Salvatore Nocera

 

Si ritiene opportuno diffondere per la sua chiarezza, come esempio di buona prassi amministrativa, la Nota dell’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana del 29/05/2014 sulla certificazione degli alunni con disabilità ai fini della richiesta di posti di sostegno in organico di fatto:

 

USR Toscana Nota del 29-05-2014


OSSERVAZIONI

Si evidenziano:

  • le finalità iniziali della Nota incentrate sul rispetto dei diritti degli alunni con disabilità;
  • la corretta differenza tra PEI e Piano degli Studi personalizzato (PSP);
  • la tempistica incentrata sulla formulazione del PEI entro giugno dell’anno precedente la frequenza;
  • la richiesta distinta all’Ufficio Scolastico per le ore di sostegno e agli Enti Locali per gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione sulla base delle certificazioni di disabilità di cui all’art. 3 comma 1 o comma 3 della L. n° 104/92.

Fare chiarezza su una sentenza relativa a scrutini

Fare chiarezza su una sentenza relativa a scrutini (TAR Lazio 3838/14)

di Salvatore Nocera

 

Il TAR Lazio con la sentenza n° 3838 del 20 marzo 2014, depositata il 9 aprile, ha annullato lo scrutinio dell’anno precedente con il quale un alunno allora frequentante la 4 classe di un liceo classico era stato bocciato.

La famiglia aveva proposto ricorso al TAR denunciando vizi relativi al procedimento di scrutinio.

Il TAR il 29/09/2013 accoglieva l’istanza sospensiva ammettendo con riserva l’alunno alla frequenza della 5 classe. Nel corso del procedimento la famiglia depositava ampia documentazione circa la effettuazione di attività di recupero dell’alunno nelle materie di carattere scientifico che avevano determinato la bocciatura.

La sentenza accoglie il ricorso poichè:

  1. il Consiglio di classe non era collegio perfetto essendovi stata la sostituzione di un docente disciplinare con altro,
  2. mancava adeguata motivazione circa la valutazione negativa di alcune discipline per le quali non era stata prevista neppure la valutazione sul possibile recupero prevista dal POF,
  3. non si era valutata la circostanza che le discipline con esito negativo erano scientifiche, mentre l’alunno nelle discipline letterarie, fondamentali per un liceo ad indirizzo classico, aveva risultati più che buoni.
  4. Conseguentemente la sentenza conferma la sospensiva e quindi la validità di ammissione alla 5 classe dell’alunno.

OSSERVAZIONI

Alcuni hanno ritenuto la sentenza lesiva della discrezionalità tecnica di giudizio dei docenti che, per costante giurisprudenza, non è sindacabile nel merito da parte della magistratura.

Invero, leggendo attentamente la motivazione, il TAR non ha per nulla invaso tale discrezionalità tecnica, si è limitato a constatare delle violazioni di legge con riguardo al rispetto della normativa sul “collegio perfetto”, sul rispetto del POF e sulla carenza di motivazione dell’atto amministrativo di scrutinio che, come tutti gli atti amministrativi, deve essere motivato ed in modo coerente con i dati di fatto oggetto di giudizio di scrutinio (L. n° 241/90 e successive modificazioni).

Infatti la motivazione del TAR sul punto è molto chiara:

 

“In tali circostanze, il consiglio di classe non avrebbe potuto limitarsi a recepire acriticamente i voti proposti dagli insegnanti, ma avrebbe dovuto fare compiuta applicazione del principio secondo cuila valutazione ha ad oggetto il processo d’apprendimento e il rendimento scolastico complessivo dell’alunno, e non s’arresta, senza approfondita motivazione, di fronte al giudizio negativo sulla singola materia (cfr. T.A.R. Liguria, II, n. 514/2013).”

 

Interessante pure un successivo passaggio della motivazione della sentenza nel quale il TAR spiega perchè l’accoglimento del ricorso non abbia prodotto, come normalmente avviene, l’annullamento dello scrutinio sin dalla sua data. Infatti in tal caso l’alunno avrebbe dovuto essere sottoposto a nuovo scrutinio pur essendo ormai stato ammesso, sia pure con riserva, alla frequenza della classe successiva:

“Per garantire l’effettività di tutela il collegio ritiene quindi – richiamando l’arresto giurisprudenziale (cfr. C.S., VI, 10 maggio 2011 n. 2755) che, in ragione della pretesa sostanziale dedotta in giudizio, ammette una opportuna “modulazione” del tipo e degli effetti della sentenza d’accoglimento – di dichiarare l’illegittimità degli atti impugnati e di annullarli solo con effetto ex nunc, fatta salva la successiva carriera scolastica dello studente.”

 

Casi simili potrebbero riguardare anche alunni con disabilità frequentanti le scuole superiori con un PEI uguale alla classe o semplificato (per obiettivi minimi) la cui valutazione comporta vera e propria promozione alla classe successiva con conseguimento finale del diploma di maturità a differenza di un PEI differenziato che invece sono ammessi solo alla frequenza della classe successiva ed al conseguimento finale di un attestato (vedi scheda n° 274. Chiarimenti sui diversi tipi di programmazione didattica (PSP) da inserire nel PEI)

Linee Guida CNUDD

Università e DSA
Linee Guida CNUDD
Conferenza Nazionale Universitaria Delegati per la Disabilità

Le Linee Guida vogliono essere un modello di riferimento comune volto a indirizzare le politiche e le buone prassi degli Atenei, stimolando scambi e sinergie nell’ottica di una sempre migliore qualificazione del diritto allo studio per gli studenti con bisogni formativi speciali e della realizzazione di comunità accademiche inclusive.
Le Linee Guida sono state approvate all’unanimità dall’Assemblea della CNUDD (Bergamo, 10 luglio 2014).
Principi ispiratori
Le intenzionalità e le azioni delle Università italiane a favore deglistudenti con Disabilità o con DSA si ispirano ai principi di diritto allo studio, vita indipendente, cittadinanza attiva e inclusione nella società, che orientano più in generale le politiche di indirizzo del nostro tempo, il cui principale punto di riferimento è la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata nel 2009 dal Parlamento italiano.
La Convenzione sostiene, protegge e garantisce il pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e promuove il rispetto per la loro intrinseca dignità.
In particolare, l’impegno è di promuovere e sostenere l’accesso all’Università, alla formazione e all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, nella convinzione che la conoscenza, la cultura superiore e la partecipazione alla ricerca favoriscano il pieno sviluppo umano, l’ingresso nel mondo del lavoro e la realizzazione delle libertà, intese come opportunità di concretizzare le aspirazioni personali.

Sentenza TAR Piemonte 10 luglio 2014, n. 1365

N. 01365/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01316/2013 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1316 del 2013, proposto da:
XXXX con altri 582 litisconsorti, tutti compiutamente identificati nell’epigrafe del ricorso (da intendersi qui richiamata), rappresentati e difesi dagli avv.ti Giorgio Vecchione, Riccardo Vecchione, Maria Teresa Prone e Laura Sofia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giorgio Vecchione in Torino, corso V. Emanuele II, 82;

contro

COMUNE di TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Donatella Spinelli e Maria Lacognata, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura Comunale in Torino, via Corte D’Appello, 16;

per l’annullamento

– della deliberazione del consiglio comunale di Torino n. 2013 03524/07, avente ad oggetto “indirizzi per l’esercizio 2013 del sistema tariffario dei servizi educativi ed approvazione quote e tariffe per l’anno scolastico 2013/2014”, approvata nella seduta del 30.9.2013 e pubblicata dal 4 al 18 ottobre 2013;

– della deliberazione del consiglio comunale di Torino, n. 2013 03941/024, avente ad oggetto “bilancio di previsione 2013. relazione previsionale e programmatica. bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015. approvazione”, approvata in data 29.10.2013;

– nonché di ogni altro atto preordinato, preparatorio, consequenziale e connesso.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Torino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2014 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi gli avv.ti Giorgio e Riccardo Vecchione per la parte ricorrente, e gli avv.ti Spinelli e Lacognata per il Comune di Torino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. I ricorrenti espongono di essere genitori (o esercenti la potestà genitoriale) di bambini e ragazzi iscritti alle scuole materne, elementari e medie del Comune di Torino, ove fruiscono del servizio di refezione scolastica.

1.1. Impugnano la deliberazione del 30 settembre 2013 n. 2013/03524/007 con cui il consiglio comunale di Torino ha approvato gli indirizzi per l’esercizio 2013 del sistema tariffario dei servizi educativi, nonché le quote e le tariffe per l’anno scolastico 2013/2014.

Nel predetto provvedimento il consiglio comunale ha stabilito, in particolare, di rimodulare in aumento le tariffe del servizio di ristorazione scolastica al fine di “contribuire ad una maggiore copertura dei costi sostenuti dall’Amministrazione nell’erogazione dei servizi alla cittadinanza”, e ciò a causa dell’”attuale e perdurante scenario di contrazione dei trasferimenti statali e regionali destinati al finanziamento di tali servizi”.

L’aumento è stato stabilito “prevedendo una variazione media delle tariffe superiore al tasso di inflazione programmata”, in modo tale da assicurare un “grado di copertura del servizio di ristorazione scolastica…nella misura di circa il 79%”.

Gli aumenti sono stati modulati in modo differenziato tra varie fasce reddituali, già individuate con precedenti provvedimenti della stessa amministrazione comunale. L’inclusione dei singoli utenti all’interno della fascia reddituale di appartenenza è effettuata mediante l’applicazione dei criteri ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente).

In particolare, nella delibera impugnata si precisa che:

– per la Scuola d’Infanzia, l’incremento tariffario varia da un minimo di 2,00 Euro ad un massimo di 10,00 Euro mensili;

– per la Scuola Primaria e Secondaria di primo grado, l’incremento varia fra un minimo di 2,00 Euro ad un massimo di 10,00 Euro mensili, con la precisazione che la tariffa prevista per la fascia tariffaria più alta, quella con reddito ISEE superiore ad € 32.000, “è di poco superiore alla copertura dei costi complessivi sostenuti per l’erogazione del servizio”, così come avviene per la Scuola dell’Infanzia.

Per la Scuola Primaria la tariffa “piena”, cioè quella applicabile alla fascia reddituale più alta (da 32.000 Euro in su), è stata determinata a forfait mensile di € 147,00, mentre per la Scuola Secondaria di primo Grado la tariffa piena è stata determinata, in via sperimentale per l’A.S. 2013-2014, “a consumo”, nell’importo di € 7,10 a pasto.

1.2. I ricorrenti impugnano altresì la successiva deliberazione dello stesso consiglio comunale di Torino del 17 ottobre 2013 n. 2013/03940/024, con cui è stato approvato il bilancio di previsione 2013, con specifico riferimento ai servizi pubblici a domanda individuale, tra cui quello relativo a “mense comprese quelle ad uso scolastico”.

Con specifico riferimento a queste ultime, nell’allegato 7 alla predetta deliberazione si precisa che in relazione alla gestione dell’esercizio 2013, il Comune di Torino prevede:

– entrate pari ad € 45.020.732 (di cui 35.970.000 provenienti dalle tariffe pagate dall’utenza e € 9.050.732 a carico del bilancio comunale);

– uscite per un pari importo di € 45.020.732 (di cui € 32.120.732 a titolo di costi diretti del servizio di ristorazione e € 5.900.00 a titolo di costi per il personale).

I ricorrenti impugnano quest’ultima deliberazione deducendo vizi di illegittimità derivata.

2. Il ricorso si fonda su quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo i ricorrenti si dolgono dell’aumento della tariffa. La doglianza è articolata in quattro distinte censure:

– con una prima censura, i ricorrenti lamentano che l’aumento tariffario sia stato stabilito dal Comune facendo “applicazione automatica” degli scaglioni ISEE disciplinati dal D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, il che sarebbe illegittimo dal momento che i criteri di valutazione della situazione economica ISEE si applicano per legge soltanto ai richiedenti “prestazioni o servizi sociali assistenziali” che non siano destinati alla generalità dei soggetti, laddove il servizio di refezione scolastica non sarebbe, secondo i ricorrenti, un servizio di tale natura; l’applicazione automatica degli scaglioni ISEE non sarebbe stata in alcun modo motivata nelle delibere impugnate, con conseguente vizio di difetto di istruttoria e di motivazione;

– con una seconda censura, i ricorrenti lamentano che l’applicazione “automatica” degli scaglioni ISEE avrebbe determinato un effetto del tutto contrastante e contraddittorio rispetto alle finalità perseguite dall’ISEE; infatti, mentre l’applicazione dell’ISEE persegue la finalità di accordare riduzioni, agevolazioni, e persino esenzioni totali a favore delle fasce reddituali più svantaggiate, l’applicazione “automatica” degli scaglioni ISEE alle tariffe della ristorazione scolastica avrebbe determinato, irragionevolmente, un aumento delle stesse tariffe già a partire dal quarto scaglione ISEE, per arrivare sino alla tariffa piena di € 7,10 a pasto per la fascia più alta (quella superiore ad € 32.000) che rappresenta addirittura il doppio, o poco meno, del costo effettivo che il Comune paga alle due ditte appaltatrici del servizio di ristorazione, pari ad € 4,29, corrispondente al costo medio del pasto nei vari lotti in cui è articolato il servizio;

– con un terza censura i ricorrenti contestano la misura della copertura tariffaria del servizio, quantificata dal Comune in circa il 79% del costo totale del servizio; sostengono che il Comune avrebbe dovuto finanziare il servizio di ristorazione (che è un servizio pubblico) reperendo nella finanza locale le risorse necessarie, non addossandone l’onere quasi per intero alle famiglie;

– infine, con una quarta censura, i ricorrenti lamentano l’incomprensibilità della tariffa “a consumo” di € 7,10 a pasto introdotta dal Comune in via sperimentale per le scuole medie; sostengono che non sarebbe possibile comprendere di quali voci di spesa si componga tale costo, considerato che il costo effettivo medio di ogni singolo pasto pagato dal Comune all’appaltatore è di € 4,29; secondo i ricorrenti, la tariffa base della ristorazione scolastica non potrebbe che coincidere con una somma pari a quella realmente pagata dal Comune; lamentano, anche sotto tale profilo, carenza di istruttoria e di motivazione.

2.2. Il secondo motivo di ricorso si articola al suo interno in due distinte censure:

– una prima censura attiene alla distribuzione degli aumenti tariffari tra i vari scaglioni ISEE; rilevano i ricorrenti che rispetto all’anno scolastico precedente 2012-2013, si registrerebbe nelle scuole primarie una progressività negli aumenti tariffari, dai 2 ai 10 euro, il che sarebbe tipico della progressività contributiva, e non dei regimi tariffari; ma soprattutto, analizzando l’evoluzione degli aumenti tariffari nel lungo periodo (dal 2010 al 2013) si rileverebbe che gli aumenti non sono stati progressivi ma del tutto casuali, con l’unico dato costante che la maggiorazione più elevata (pari al 55% per le scuole elementari e al 65% per le medie) si registrerebbe, contraddittoriamente, proprio per la prima fascia ISEE, quella che va da 0,00 a 5.000,00 Euro;

– con una seconda censura si lamenta, invece, la lesione del principio di affidamento; sostengono i ricorrenti di aver sottoscritto il modulo di iscrizione al servizio mensa nel settembre 2013, confidando nel regime tariffario allora vigente, e, al limite, nel suo adeguamento al tasso di inflazione programmata; l’aumento tariffario deliberato dal Comune sarebbe invece superiore a quanto, secondo i ricorrenti, sarebbe stato lecito attendersi; lamentano, in ogni caso, che l’aumento sia stato determinato dal Comune dopo che i ricorrenti avevano aderito al servizio, con lesione del loro legittimo affidamento al mantenimento delle tariffe precedenti.

2.3. Il terzo motivo attiene alla misura delle copertura tariffaria del servizio, stabilita dal Comune nella misura tendenziale del 79%; osservano i ricorrenti che un obbligo di contribuzione minima a carico degli utenti dei servizi pubblici a domanda individuale è stabilito, nella misura del 36%, soltanto per gli enti locali deficitari (e il Comune di Torino non è uno di questi); negli enti locali non deficitari la tariffa dei predetti servizi, ed in particolare quella della refezione scolastica, deve coincidere solo con il costo unitario del singolo pasto pagato all’appaltatore, mentre la parte residua deve essere a carico della fiscalità generale, dal momento che si tratta di un servizio pubblico finalizzato a garantire l’effettività del diritto allo studio, costituzionalmente tutelato.

2.4. Il quarto motivo attiene al sistema dei rimborsi dei pasti non fruiti, disciplinato dal punto n. 9 dell’allegato 2 alla prima deliberazione impugnata; lamentano i ricorrenti che, in relazione alla tariffe stabilite a forfait (quelle per le scuole materne ed elementari) non sia stato previsto il diritto al rimborso dei pasti non fruiti, se non nei casi di mancata fruizione per cause imputabili all’Amministrazione, in tal modo penalizzando chi frequenta materne ed elementari rispetto a chi frequenta le medie, ove è stata prevista la tariffa a consumo; rilevano, inoltre, che il diritto al rimborso del pasto non fruito, mediante scorporo dall’importo da pagare nel mese successivo, sia stato previsto soltanto per i “nidi d’infanzia”, ma con una limitazione (all’ipotesi di assenze uguali o superiori a 4 settimane consecutive) illogica e irragionevole; infine, i ricorrenti lamentano che ai fini del rimborso (nei limitati casi in cui è ammesso) la tariffa giornaliera sia stata convenzionalmente stabilita nella misura di 1/22 mensilità, laddove i pasti che vengono mediamente forniti nelle scuole sarebbero appena una ventina, in media 20,30.

2.5. Infine, con il quinto motivo, i ricorrenti censurano la delibera impugnata nella parte in cui non ha previsto la mera “facoltatività” del servizio di refezione scolastica; chiedono al TAR di accertare e dichiarare “il diritto di scelta” spettante a ciascun genitore tra l’iscrizione alla mensa scolastica e il consumo, a scuola, durante l’orario deputato alla mensa, del pasto preparato a casa.

3. Si è costituito il Comune di Torino depositando documentazione e resistendo al gravame con diffuse argomentazioni.

4. Con ordinanza n. 63/14 del 24 gennaio 2014, la Sezione ha respinto la domanda cautelare proposta dai ricorrenti, ritenendo insussistenti i profili di danno paventati in ricorso, fissando però a breve l’udienza di merito e richiedendo medio tempore all’amministrazione comunale documentati chiarimenti in ordine ai parametri normativi ed economici adottati per la determinazione della nuova tariffa base del servizio di refezione scolastica.

5. L’Amministrazione comunale ha ottemperato puntualmente, nel termine assegnato.

6. In prossimità dell’udienza di merito, entrambe le parti hanno depositato articolate memorie difensive, conclusive e di replica.

7. All’udienza pubblica del 10 luglio 2014, dopo la discussione orale dei difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il collegio ritiene opportuno premettere alcune considerazioni di carattere generale, anche in ordine al quadro normativo applicabile alla fattispecie oggetto di controversia.

1. Il servizio di refezione scolastica è un servizio pubblico locale “a domanda individuale”, secondo quanto stabilisce, al punto n. 10, il Decreto del Ministero dell’Interno 31 dicembre 1983 (“Individuazione delle categorie di servizi pubblici locali a domanda individuale”).

La qualificazione del servizio di refezione scolastica quale servizio pubblico a domanda individuale sta a significare che l’ente locale non ha l’obbligo di istituirlo ed organizzarlo. Se però decide di farlo, è tenuto per legge, nel rispetto del principio di pareggio di bilancio:

a) in primo luogo, ad individuare il costo complessivo del servizio, includendo in tale computo sia i costi “diretti” effettivamente pagati per l’erogazione del servizio (nel caso di specie, il corrispettivo pagato dal Comune di Torino agli attuali appaltatori del servizio di refezione scolastica), sia quelli “indiretti” rappresentati dalle spese per il personale comunque adibito al servizio, anche ad orario parziale, compresi gli oneri riflessi, nonché dalle spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi e per le manutenzioni ordinarie (art. 6, comma 4 D.L. 28 febbraio 1983 n. 55, convertito dalla L. 26 aprile 1983, n. 131);

b) in secondo luogo, a stabilire la misura percentuale di tale costo finanziabile con risorse comunali, e quindi, correlativamente, a stabilire la residua misura percentuale finanziabile mediante tariffe e contribuzioni a carico diretto dell’utenza (art. 6 comma 1 D.L. citato; art. 172 comma 1 lett. e) D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267);

c) infine, a determinare le tariffe o i corrispettivi a carico degli utenti, anche in modo non generalizzato (art. 6 comma 2 D.L. n. 55/1983; art. 149, comma 8 D. Lgs. n. 267/2000).

Nella Regione Piemonte, la facoltà degli enti locali di stabilire le tariffe del servizio di refezione scolastica “in modo non generalizzato”, e cioè attraverso la previsione di “contributi differenziati in base alle rispettive condizioni economiche degli utenti”, è ribadita dall’art. 25 comma 1 della L.R. 28 dicembre 2007 n. 28. Il comma 3 precisa altresì che “I Comuni individuano le fasce economiche di contribuzione e di esenzione a cui rapportare i contributi”.

1.1. Il Comune di Torino ha istituito già da diversi anni il servizio di refezione scolastica, prima gestendolo in proprio, attualmente affidandolo in appalto a ditte esterne.

Annualmente, il Comune determina il costo complessivo del servizio e la percentuale di esso da porre direttamente a carico dell’utenza sotto forma di tariffe.

Già dall’anno 2002 il Comune ha differenziato le tariffe in base a diverse fasce di reddito, dalla più bassa beneficiante della maggiore riduzione, a quella più alta tenuta a pagare la tariffa “piena” determinata annualmente dal consiglio comunale, passando per una serie di fasce intermedie variamente determinate.

Mentre in un primo momento l’inclusione nelle varie fasce di reddito è stata operata dal Comune sulla base di criteri riferiti sostanzialmente al solo reddito IRPEF del nucleo familiare (delibera consiliare 28 febbraio 2002 n. 2002/00675/007), successivamente il Comune, con l’entrata a regime della normativa ISEE, ha optato per l’applicazione dei criteri ISEE; ciò è stato deciso con delibera consiliare del 28 maggio 2002 n. 2002/03623/007, con la quale sono state anche ridefinite le fasce di reddito.

1.2. Con i provvedimenti impugnati nel presente giudizio, il Comune di Torino ha stabilito di confermare anche per l’A.S. 2013/2014 il servizio di refezione scolastica. Per farlo, in ossequio alla normativa sopra richiamata:

a) ha individuato il costo complessivo del servizio in un importo pari ad € 45.020.732, di cui € 39.120.732 per “prestazione servizi” (costi diretti) e € 5.900.000 per costi del “personale” (costi indiretti), così come precisato nell’allegato n. 7 della D.C.C. del 17.10.2013;

b) ha stabilito la percentuale di copertura tariffaria del servizio a carico dell’utenza nella misura di “circa il 79%”;

c) ha quindi determinato le tariffe a carico dell’utenza:

– nella misura forfettaria di € 147 mensili per la scuola primaria;

– nella misura forfettaria di € 153,00 mensili per la scuola dell’infanzia;

– nella misura sperimentale a consumo di € 7,10 a pasto per le scuole secondarie di primo grado;

d) ha confermato l’applicazione “differenziata” delle predette tariffe in relazione alle fasce di reddito già determinate, come pure ha confermato l’applicazione dei criteri ISEE per la distribuzione degli utenti nelle varie fasce di reddito.

1.3. In sostanza, gli unici elementi di novità introdotti dagli atti impugnati rispetto al regime previgente sono rappresentati:

– dall’aumento percentuale del costo del servizio posto a carico dell’utenza;

– conseguentemente, dall’aumento della tariffa “base” (o “piena”) del servizio, e, correlativamente, anche di quelle a carico delle fasce reddituali più basse.

1.4. Sono invece rimaste invariate rispetto al passato sia le fasce di reddito che l’applicazione dei criteri ISEE.

2. Tanto premesso in linea generale, si può passare ad esaminare i motivi di ricorso.

Per esigenze logiche e discorsive, verranno esaminate inizialmente le censure dedotte con il primo e con il terzo motivo, le quali pongono questioni in parte connesse.

Le censure verranno esaminate nella loro totalità, anche se in ordine non necessariamente coincidente con quello in cui le stesse sono state formulate nell’atto introduttivo.

3. E’ opportuno prendere le mosse dalla censura con cui si contesta la legittimità dell’aumento della misura percentuale di contribuzione a carico dell’utenza, censura formulata con la terza parte del primo motivo e ulteriormente sviluppata con il terzo motivo di ricorso.

3.1. I ricorrenti si dolgono dell’aumento della percentuale di copertura tariffaria del servizio, cioè della percentuale del costo complessivo del servizio posta dall’Amministrazione a carico dell’utenza, pari a circa il 79%, a fronte del solo 21% finanziato dal bilancio comunale.

Sostengono i ricorrenti che il servizio di refezione scolastica, in quanto servizio pubblico, dovrebbe essere finanziato attraverso la fiscalità generale, con il solo obbligo di una percentuale minima di copertura dei costi non inferiore al 36% prevista dalla legge per gli enti locali in stato di dissesto, e come tale non applicabile al Comune di Torino, che non è in stato di dissesto.

3.2. Il collegio osserva che la censura non può essere condivisa.

Il servizio di refezione scolastica è sì un servizio pubblico, ma “a domanda individuale”.

Ciò comporta che se il Comune decide di istituirlo, è obbligato per legge a stabilire la quota di copertura tariffaria a carico dell’utenza: così prevedono sia l’art. 6 comma 1 del già citato D.L. n. 55/1983, sia l’art. 172 comma 1 lett. e) D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Nell’esercizio di tale potere-dovere, ed in particolare nella quantificazione del tasso di copertura tariffaria del costo di gestione del servizio, il Comune gode di amplissima discrezionalità, che non trova nella legge alcuna limitazione in ordine alla misura massima imputabile agli utenti.

La stessa percentuale “non inferiore al 36 per cento” prevista dall’art. 243 comma 2 lett. a) del D. Lgs. 267/2000 per gli enti locali in stato di dissesto, a prescindere dalla sua inapplicabilità al Comune di Torino, esprime in ogni caso solo la misura minima che l’ente locale (in stato di dissesto) deve obbligatoriamente porre a carico dell’utenza, non quella massima.

In linea astrattamente teorica, ove lo consentisse un’ipotetica capienza di bilancio, il Comune potrebbe certamente decidere di finanziare per intero il servizio di refezione scolastica con risorse proprie, garantendone la fruizione gratuita da parte della popolazione scolastica cittadina. Allo stesso modo, però, sarebbe altrettanto concepibile (e legittimo) se l’ente locale stabilisse di far gravare per intero il costo del servizio sull’utenza, soprattutto allorchè ciò si rendesse necessario, in un’ottica solidaristica e secondo valutazioni di politica economico-sociale di esclusiva pertinenza dell’ente locale, per garantire l’accesso gratuito o agevolato di fasce deboli della popolazione ad altri servizi erogati dalla stessa Amministrazione.

Tra le due opzioni estreme, entrambe legittime, si pone quella – più frequente e altrettanto legittima – in cui il costo del servizio è ripartito tra l’amministrazione comunale e l’utenza scolastica secondo modalità variamente determinate e mutevoli nel tempo, influenzate dalle disponibilità di bilancio e dalle scelte di politica economico-sociale dell’ente locale.

In tale eventualità, i cittadini che ritengano eccessivamente gravoso il costo del servizio stabilito unilateralmente dal Comune hanno pur sempre la facoltà di non giovarsene, prelevando i propri figli da scuola durante l’orario destinato alla mensa e provvedendo direttamente al pranzo dei medesimi.

L’eventuale impossibilità per i genitori di provvedere direttamente al pranzo dei propri figli per concomitanti impegni lavorativi o per altre cause, per quanto umanamente comprensibile, non costituisce però ragione sufficiente per pretendere che l’Amministrazione, non solo istituisca obbligatoriamente un servizio pubblico che per legge non è obbligata ad istituire, ma se ne addossi pure l’intero onere o la maggior parte di esso, tenuto conto – si ripete – che il servizio di cui discute non è un servizio pubblico essenziale che l’ente locale sia obbligato a garantire alla collettività amministrata, ma un servizio facoltativo che l’ente locale può decidere discrezionalmente di attivare nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, e per la fruizione del quale è normativamente previsto che l’utenza debba farsi carico del costo residuo non coperto da risorse comunali, eventualmente nella misura differenziata stabilita dallo stesso ente locale con provvedimenti di carattere generale.

3.3. La misura della contribuzione è quindi il frutto di una scelta di ampia discrezionalità riservata per legge all’amministrazione comunale, la quale deve esercitarla nel rispetto dei principi di equilibrio economico-finanziario di gestione del servizio e di pareggio di bilancio; una scelta che sfugge al sindacato giurisdizionale di questo giudice laddove non sia affetta da vizi macroscopici di illogicità o di irragionevolezza.

A rigore, l’esternazione delle ragioni di tale scelta non sarebbe neppure dovuta, ai sensi dell’art. 3 comma 2 L. n. 241/90, trattandosi di un atto a contenuto generale (così TAR Bologna, sez. I, 15 dicembre 2011, n. 835).

Nella specie, comunque, le ragioni dell’aumento del tasso di copertura tariffaria del servizio sono state evidenziate dall’Amministrazione nel primo dei provvedimenti impugnati, ed esse, nei limiti del sindacato di legittimità spettante a questo giudice, appaiono ispirate da considerazioni non manifestamente illogiche o irragionevoli, correlate al quadro (notorio) di complessiva riduzione delle risorse disponibili per l’Ente civico per la gestione dei servizi pubblici di propria competenza.

4. Una seconda censura dei ricorrenti, formulata con l’ultima parte del primo motivo di ricorso, attiene all’aumento della tariffa piena di € 7,10 prevista per la refezione “a consumo” istituita in via sperimentale dal Comune di Torino a far data dall’A.S. 2013/2014 per la Scuola Secondaria di primo grado; lamentano i ricorrenti di non riuscire a comprendere di quali voci di spesa si componga questo “costo”, considerato che il costo effettivo sostenuto dal Comune nei confronti dell’appaltatore del servizio non supera, in media, € 4,29 a pasto; secondo i ricorrenti, la tariffa base della ristorazione scolastica non potrebbe che coincidere con una somma pari a quella realmente pagata dal Comune all’appaltatore; deducono vizi di carenza di motivazione e di istruttoria.

4.1. Il collegio ritiene di non poter condividere tali doglianze, le quali muovono da premesse concettuali e giuridiche non corrette.

Come giustamente osservato dalla difesa comunale, la tariffa pagata dall’utente all’Amministrazione a fronte della fruizione di un servizio pubblico a domanda individuale non costituisce il prezzo della singola prestazione, e, in particolare, non è composta dalle sole voci di spesa sostenute dall’Amministrazione per erogare il singolo pasto, ma rappresenta la misura della contribuzione dell’utente al costo complessivo sostenuto dall’Amministrazione per l’erogazione del servizio.

Come si è detto, il costo complessivo del servizio è determinato annualmente dall’Amministrazione, per obbligo di legge, tenendo conto non solo dei costi diretti, ma anche di quelli indiretti. Una volta determinato il costo complessivo del servizio (su base necessariamente previsionale) l’Amministrazione valuta, in relazione alle disponibilità di bilancio, la quota parte di esso finanziabile con risorse comunali e quella residua da porre direttamente a carico dell’utenza. Stabilita la quota di copertura tariffaria del servizio, l’ente determina la tariffa base del servizio in una misura tale da consentire, in relazione al presumibile numero di pasti erogabile nell’anno scolastico, di recuperare la porzione di servizio posta a carico dell’utenza. In quest’ultima determinazione concorrono valutazioni di politica economico-sociale di stampo prettamente solidaristico, le quali possono indurre legittimamente l’ente locale, nel doveroso rispetto del principio di pareggio di bilancio, a fissare la tariffa piena del servizio, associabile agli utenti collocati nella fascia reddituale più alta, in misura superiore al costo diretto e indiretto del singolo pasto, allorchè ciò si renda necessario per garantire l’accesso al medesimo servizio alle fasce reddituali più svantaggiate ad un costo persino inferiore a quello effettivo corrisposto dall’ente locale all’appaltatore, secondo un principio solidaristico in forza del quale i cittadini più abbienti pagano, in parte, anche per i meno abbienti: principio presidiato dalla Costituzione (art. 2) e disciplinato dalla normativa di settore, la quale, come si è detto, ammette la previsione di “contributi differenziati in base alle condizioni economiche degli utenti” (art. 6 comma 2 D.L. n. 55/1983; art. 149, comma 8, D. Lgs. n. 267/2000; art. 25 comma 1 L.R. n. 28/2007).

4.2. Così, nel caso di specie, se è vero che la tariffa piena di € 6,90 + IVA pagata dalla fascia reddituale più alta (quella oltre i 32.000 Euro) è superiore al costo medio effettivo pagato dal Comune all’appaltatore per il singolo pasto (€ 4,29 + IVA), e così anche per le tre fasce immediatamente inferiori, è anche vero, però, che di gran lunga inferiori a tale costo sono invece le tariffe previste per le fasce reddituali più basse: € 1,65 + IVA per la prima fascia (da € 0,00 ad € 5.000,00); € 2,68 + IVA per la seconda fascia (da € 5.000,01 ad € 6.800,00); € 3,95 + IVA per la terza fascia (da € 6.800,01 ad € 9.400,00).

4.3. Non ha dunque consistenza la pretesa di parte ricorrente di istituire una diretta correlazione tra il costo effettivo del singolo pasto (€ 4,29) e la tariffa base del servizio stabilita dall’Amministrazione (€ 7,10), giacchè, appunto, la tariffa è una forma di contribuzione del cittadino all’erogazione del servizio determinata dall’Amministrazione sulla scorta di parametri diversi dal mero costo diretto del singolo pasto.

4.4. Su richiesta del collegio, gli uffici comunali hanno chiarito i parametri normativi ed economici di determinazione della tariffa, diffondendosi persino in una minuziosa ricostruzione dei costi indiretti e del costo complessivo del servizio, corredati da riferimenti ai singoli capitoli di bilancio riferibili alle diverse voci di costo.

4.5. Negli scritti difensivi successivi ai chiarimenti resi dall’Amministrazione, la difesa di parte ricorrente ha contestato la fondatezza di tali voci di costo, mettendo sostanzialmente in discussione la veromiglianza e la veridicità del costo complessivo del servizio determinato dall’Amministrazione, articolando al riguardo una serie di censure tanto minuziose quanto, però, totalmente estranee alla materia del contendere, così come definita dal petitum e dalla causa petendi articolate nell’atto introduttivo, nel quale i ricorrenti non hanno contestato il costo complessivo del servizio, ma unicamente la misura della tariffa base, sulla base di una pretesa correlazione diretta tra tariffa e costo diretto del servizio che, come detto, è totalmente infondata perché avulsa dai parametri normativi ed economici che, per legge, presiedono alla determinazione della tariffa.

5. Le ulteriori due censure dedotte con il primo motivo di ricorso attengono entrambe alla questione della presunta “applicazione automatica” degli scaglioni ISEE. In primo luogo, i ricorrenti lamentano che l’aumento tariffario sarebbe dipeso dal fatto che il Comune avrebbe fatto, appunto, “applicazione automatica” degli scaglioni ISEE disciplinati dal D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, il che sarebbe illegittimo dal momento che i criteri di valutazione della situazione economica ISEE si applicano per legge soltanto ai richiedenti “prestazioni o servizi sociali assistenziali” che non siano destinati alla generalità dei soggetti, laddove il servizio di refezione scolastica non sarebbe, secondo i ricorrenti, un servizio di tale natura; l’applicazione automatica degli scaglioni ISEE non sarebbe stata in alcun modo motivata nelle delibere impugnate, con conseguente vizio di difetto di istruttoria e di motivazione. In secondo luogo, i ricorrenti lamentano che l’applicazione automatica degli scaglioni ISEE avrebbe determinato un effetto incongruo rispetto alle finalità perseguite dall’ISEE; infatti, mentre l’applicazione dell’ISEE persegue la finalità di accordare riduzioni, agevolazioni, e persino esenzioni totali a favore delle fasce reddituali più svantaggiate, l’applicazione automatica degli scaglioni ISEE alle tariffe della ristorazione scolastica avrebbe determinato, irragionevolmente, un aumento delle stesse tariffe già a partire dal quarto scaglione ISEE.

Osserva il collegio che entrambe le censure sono infondate.

5.1. Le tariffe del servizio di refezione scolastica della Città di Torino non sono aumentate perché il Comune abbia fatto “applicazione automatica” degli scaglioni ISEE. Sono aumentate perché il Comune ha deciso, motivatamente, di aumentare la percentuale di contribuzione dell’utenza sul costo complessivo del servizio stabilito per l’A.S. 2013-2014, così come la legge gli consentiva di fare. Una volta stabilita la tariffa base del servizio sulla scorta di tali considerazioni, l’applicazione degli scaglioni ISEE, già introdotti dal 2002, ha consentito al Comune di modulare in diminuzione la predetta tariffa tra le diverse fasce reddituali, anch’esse già istituite dal 2002.

5.2. L’applicazione dei criteri ISEE per la modulazione delle tariffe del servizio di refezione scolastica è espressamente prevista dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 8 marzo 2013, che include il servizio di “mensa scolastica” tra le “prestazioni sociali agevolate non destinate alla generalità dei soggetti”, per l’accesso alle quali è consentito alle Amministrazioni competenti di utilizzare l’indicatore della situazione economica equivalente al fine di definire condizioni agevolate di accesso al servizio (art. 1 comma 1 D.M. citato, tabella 1 n. 12).

5.3. L’applicazione dei criteri ISEE, lungi dal contraddire la finalità dell’ISEE, è valsa al contrario ad attribuire agli utenti del servizio agevolazioni e riduzioni tariffarie in base alle rispettive condizioni economiche e alla fascia reddituale di appartenenza, come dimostra empiricamente – e chiaramente – la tabella allegata sub 1 alla deliberazione consiliare del 30 settembre 2013.

6. Il secondo motivo si suddivide in due distinte censure.

6.1. Con la prima si lamenta la “casualità” della ripartizione interna degli aumenti tariffari tra le varie fasce di reddito, valutata nel periodo 2010-2013, ad onta della asserita “progressività” applicata dall’Amministrazione; una casualità che avrebbe, però, un’unica costante, quella che la maggiorazione più elevata si registrerebbe, contraddittoriamente, proprio sulla prima fascia ISEE, quella che va da € 0,00 ad € 5.000,00.

Anche tale censura, osserva il collegio, non può essere condivisa.

La questione è quella della modulazione dell’aumento tariffario tra le varie fasce ISEE, e, quindi, della misura dell’incremento tariffario stabilito dall’Amministrazione per ciascuna fascia reddituale.

Tale profilo, osserva il collegio, non è disciplinato dalla legge, la quale, in particolare, non impone all’Amministrazione di differenziare gli aumenti tariffari tra le varie fasce reddituali secondo criteri di proporzionalità o di progressività.

Normalmente è ciò che avviene, ma non vi è un obbligo di legge in tal senso.

La differenziazione delle tariffe, consentita dalla legge, costituisce il frutto di scelte di politica economico-sociale che per legge competono in via esclusiva all’Amministrazione e che questa può esercitare con amplissima discrezionalità e libertà di fini, e alle quali non può estendersi il sindacato giurisdizionale del G.A.

Nel caso di specie, in ogni caso, valutando gli aumenti in relazione alle tariffe dell’anno scolastico precedente (d.c.c. 25 giugno 2012 n. 2012/02637/024) è effettivamente constatabile una progressività degli aumenti, fatta eccezione per l’ultima fascia (quella oltre i 32.000 Euro) che subisce l’aumento più contenuto.

Le prime tre fasce (€ 0-5000; 5000,01-6.800,00; 6.800,00 – 9.400,00) subiscono il minor aumento e nella stessa misura assoluta; le altre tre fasce intermedie subiscono l’aumento più alto; la fascia più alta beneficia dell’aumento più contenuto.

Si è in presenza di una scelta politica dell’ente civico che al giudice amministrativo non è consentito sindacare in sede di scrutinio di legittimità, attenendo alle scelte di merito riservate per legge alla Pubblica Amministrazione, e che comunque non appare affetta da vizi evidenti di illogicità o irragionevolezza, apparendo piuttosto ispirata dal ragionevole intento di limitare l’incidenza dell’aumento tariffario sia sulle fasce reddituali più deboli (per evidenti motivi), sia su quella più alta, già gravata, per finalità solidaristiche, da una tariffa sensibilmente superiore al costo effettivo del servizio.

6.2. Con la seconda censura (del secondo motivo) i ricorrenti lamentano, invece, la lesione del principio di affidamento, evidenziando di aver sottoscritto il modulo di iscrizione al servizio mensa nel settembre 2013, confidando nel regime tariffario allora vigente.

Il collegio osserva che anche tale censura è infondata.

L’art. 6 del già citato D.L. n. 55/1983 dispone che il Comuni sono tenuti a determinare la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale, nonché le tariffe e le contribuzioni a carico dell’utenza, “non oltre la data di deliberazione del bilancio”.

A sua volta l’art. 172 comma 1 lett. e) del D.lgs. n. 267/2000 impone agli enti locali di allegare al bilancio di previsione, fra gli altri documenti, le deliberazioni con le quali sono determinate le tariffe per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi.

Infine, l’art. 53 comma 16 della L. n. 388/2000 afferma che le aliquote e le tariffe dei servizi pubblici locali devono essere deliberate “entro la data fissata dalle norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione”.

Nel caso di specie il Comune di Torino ha approvato costi e tariffe del servizio di refezione scolastica per l’A.S. 2013-2014 nel pieno rispetto delle norme citate, e cioè in data anteriore al termine legale di approvazione del bilancio di previsione.

Il provvedimento tariffario è stato adottato il 30 settembre 2013, antecedentemente all’approvazione del bilancio preventivo, avvenuta il 17 ottobre successivo, quindi nel rispetto dei tempi normativamente previsti.

Avendo l’amministrazione operato nel pieno rispetto della normativa di settore, approvando gli incrementi tariffari entro il termine normativamente stabilito, non è configurabile alcun affidamento giuridicamente tutelato degli odierni ricorrenti a che le tariffe restassero invariate.

Negli stessi moduli di iscrizione predisposti dagli istituti scolastici e sottoscritti dagli interessati (quanto meno in quelli prodotti in giudizio) non erano contenuti riferimenti alle tariffe all’epoca in vigore, nè garanzie di invariabilità delle stesse nel corso dell’A.S. 2013/2014, tali da poter ingenerare affidamento negli interessati.

Eventuali affidamenti di fatto, privi di addentellato normativo, non sono giuridicamente tutelabili.

Del resto, nei provvedimenti impugnati il Comune, seguendo una linea di ragionamento che non pare censurabile, ha esposto che l’aumento delle tariffe, a causa della contrazione dei trasferimenti statali e regionali, era l’unico modo per poter continuare garantire l’erogazione del servizio, rendendolo compatibile con le risorse finanziarie disponibili.

7. Il terzo motivo di ricorso è già stato esaminato, e confutato, congiuntamente al primo.

8. Il quarto motivo, come esposto nella parte in fatto della presente decisione, attiene al sistema dei rimborsi per i servizi a tariffazione forfettaria, disciplinato dal punto 9 dell’allegato 2 alle deliberazione c.c. 30 settembre 2013.

8.1. Al riguardo, non convince l’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa comunale, atteso che nella parte contestata dai ricorrenti la deliberazione impugnata non può essere ritenuta meramente confermativa di precedenti provvedimenti, essendo stata adottata all’esito di un complessivo riesame della materia, come emerge anche dalla relazione di chiarimenti depositata in giudizio.

8.2. Nel merito, peraltro, la censura è infondata.

8.2.1. Il sistema tariffario forfettario adottato dal Comune di Torino per il servizio di refezione scolastica nelle scuole materne ed elementari è per sua natura incompatibile con un regime di rimborso puntuale dei singoli pasti non fruiti, e la circostanza che l’amministrazione, eccezionalmente, a tutela dell’utenza, abbia previsto il diritto di rimborso dei pasti non fruiti nei soli casi di mancata erogazione per causa imputabile all’Amministrazione costituisce un profilo della disciplina che va a vantaggio dei ricorrenti, i quali non hanno evidentemente motivo o interesse per dolersene; né consente di trasformare una previsione di carattere derogatoria, e quindi eccezionale, in un principio di ordine generale, con un effetto complessivo di totale stravolgimento della natura globale e forfettaria della tariffa stabilita.

8.2.2. Non è configurabile alcuna disparità di trattamento rispetto al sistema tariffario a consumo introdotto per le scuole medie, non essendo istituibile alcun confronto tra situazioni ontologicamente diverse e legittimamente istituite dal Comune nell’esercizio dell’ampia discrezionalità che connota le proprie scelte organizzatorie in materia di servizi pubblici locali. Così come non sono operabili confronti con i nidi d’infanzia, ove – come osservato dalla difesa comunale – la retta copre anche la frequenza e tiene conto del più alto tasso di assenze.

8.2.3. Infine, il parametro di 1/22 della tariffa mensile forfettaria a cui è stato commisurato il diritto al rimborso, nei limitati casi in cui è stato previsto, non appare né illogico né irragionevole tenuto conto che i giorni di erogazione mensile del servizio sono, mediamente, 22 (30 giorni – 8 sabati/domeniche = 22).

Si tratta, in definitiva, di un criterio di rimborso che risponde alla stessa logica forfettaria cui è ispirata la tariffa.

9. Il quinto ed ultimo motivo attiene, infine, alla questione che è stata mediaticamente divulgata come rivendicazione del “diritto al panino”: i ricorrenti lamentano che l’Amministrazione non abbia previsto nei provvedimenti impugnati il diritto dei genitori di scegliere tra l’iscrizione del proprio figlio alla mensa scolastica e la possibilità per l’alunno di consumare a scuola, durante l’orario destinato alla mensa, un pasto preparato a casa. Chiedono quindi al TAR di accertare e dichiarare la sussistenza di tale “diritto di scelta”.

Al riguardo, sono fondate le eccezioni di inammissibilità formulate dalla difesa comunale.

9.1. I ricorrenti rivendicano e chiedono l’accertamento di un preteso diritto soggettivo, il quale, tuttavia, esula, in mancanza di presidio normativo, dall’ambito del rapporto di pubblico servizio intercorrente tra l’Amministrazione e gli utenti del servizio, di modo che la sua cognizione sfugge alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall’art. 133 comma 1 lett. c) del codice del processo amministrativo, per rientrare in quella del giudice ordinario, dinanzi al quale potrà essere eventualmente riproposta.

9.2. Sotto altro profilo, i ricorrenti non impugnano provvedimenti con cui l’amministrazione comunale abbia negato il preteso diritto di cui, in questa sede, essi chiedono l’accertamento, sicchè la posizione giuridica soggettiva rivendicata dai ricorrenti, ove anche intesa come interesse legittimo, non potrebbe essere accertata da questo TAR alla luce di quanto previsto dall’art. 34 comma 2 c.p.a., il quale dispone che “In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

10. In conclusione, alla luce di tutte le considerazioni fin qui svolte, il ricorso va respinto.

11. Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite, avuto riguardo alla novità e alla complessità delle questioni di diritto esaminate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario, Estensore

Giovanni Pescatore, Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Gazzetta ufficiale – Serie Generale n. 158

Gazzetta Ufficiale

Sommario

DECRETI PRESIDENZIALI

 


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 giugno 2014


Scioglimento del consiglio comunale di Pietracatella e nomina del
commissario straordinario. (14A05195)

 

 

Pag. 1

 

 

 


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 giugno 2014


Scioglimento del consiglio comunale di Scilla e nomina del
commissario straordinario. (14A05196)

 

 

Pag. 1

 

 

 


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 giugno 2014


Scioglimento del Consiglio comunale di Sant’Angelo a Fasanella e
nomina del commissario straordinario. (14A05197)

 

 

Pag. 2

 

 

 


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 giugno 2014


Scioglimento del consiglio comunale di Castrovillari e nomina del
commissario straordinario. (14A05198)

 

 

Pag. 3

 

 

 


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 giugno 2014


Attribuzione al vicepresidente della Provincia di Lecco dei poteri
consiliari. (14A05216)

 

 

Pag. 3

 

 

 


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 giugno 2014


Scioglimento del consiglio comunale di Travagliato e nomina del
commissario straordinario. (14A05217)

 

 

Pag. 4

 

 

 


DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 giugno 2014


Scioglimento del consiglio comunale di Calvi dell’Umbria. (14A05218)

 

 

Pag. 5

 

 

DECRETI, DELIBERE E ORDINANZE MINISTERIALI

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

 


DECRETO 8 luglio 2014


Emissione di buoni ordinari del Tesoro a 365 giorni. (14A05468)

 

 

Pag. 5

 

 

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

 


DECRETO 3 giugno 2014


Scioglimento della «Soc. cooperativa di consumo Giuseppe Rabuffi di
Calendasco a r.l.», in Calendasco e nomina del commissario
liquidatore. (14A05146)

 

 

Pag. 9

 

 

 


DECRETO 10 giugno 2014


Scioglimento della «Ogaristi Costruzioni Generali societa’
cooperativa», in Fondi e nomina del commissario liquidatore.
(14A05148)

 

 

Pag. 10

 

 

 


DECRETO 10 giugno 2014


Scioglimento della «Cooperativa sociale stringi i denti e vai», in
Arce e nomina del commissario liquidatore. (14A05149)

 

 

Pag. 11

 

 

 


DECRETO 10 giugno 2014


Scioglimento della «Promoed societa’ cooperativa», in Monte San
Giovanni Campano e nomina del commissario liquidatore. (14A05150)

 

 

Pag. 11

 

 

 


DECRETO 10 giugno 2014


Scioglimento della «Societa’ cooperativa San Francesco», in Alatri e
nomina del commissario liquidatore. (14A05151)

 

 

Pag. 12

 

 

 


DECRETO 10 giugno 2014


Scioglimento della «Roma 76 Nord – Societa’ cooperativa edilizia a
responsabilita’ limitata», in Roma e nomina del commissario
liquidatore. (14A05152)

 

 

Pag. 13

 

 

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

 


ORDINANZA DEL CAPO DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE 2 luglio 2014


Ulteriori disposizioni di protezione civile finalizzate a regolare la
chiusura dello stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali
eventi alluvionali che hanno colpito il territorio della provincia di
Messina il 1° ottobre 2009. (Ordinanza n. 172). (14A05215)

 

 

Pag. 14

 

 

DECRETI E DELIBERE DI ALTRE AUTORITA’

AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO

 


DETERMINA 25 giugno 2014


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Ramipril
Angenerico» in seguito alla determinazione di rinnovo
dell’autorizzazione all’immissione in commercio, secondo procedura di
mutuo riconoscimento, con conseguente modifica stampati. (Determina
FV n. 207/2014). (14A05094)

 

 

Pag. 15

 

 

 


DETERMINA 25 giugno 2014


Proroga smaltimento scorte del medicinale per uso umano «Lisinopril e
Idroclorotiazide Doc Generici» in seguito alla determinazione di
rinnovo dell’autorizzazione all’immissione in commercio, secondo
procedura di mutuo riconoscimento, con conseguente modifica stampati.
(Determina FV n. 208/2014). (14A05095)

 

 

Pag. 16

 

 

 


DETERMINA 30 giugno 2014


Inserimento del medicinale per uso umano triossido di arsenico
(Trisenox) nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del
Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996,
n. 648, per il trattamento della Leucemia Acuta Promielocitica (LAP)
come terapia di prima linea, in combinazione con ATRA (Acido
All-Trans Retinoico) in pazienti con diagnosi confermata
geneticamente e non ad alto rischio (globuli bianchi ≤
10×109 /L). (Determina n. 656/2014). (14A05233)

 

 

Pag. 18

 

 

 


DETERMINA 30 giugno 2014


Aggiornamento parziale alla determina 18 maggio 2011 concernente
l’aggiornamento dell’elenco dei medicinali, istituito con il
provvedimento della Commissione unica del farmaco (CUF) del 20 luglio
2000, erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, ai
sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648 (Allegato n. 5).
(Determina n. 657/2014). (14A05234)

 

 

Pag. 19

 

 

ESTRATTI, SUNTI E COMUNICATI

CASSA DEPOSITI E PRESTITI S.P.A.

 


COMUNICATO


Avviso relativo all’emissione di nuove serie di buoni fruttiferi
postali e alla possibilita’ di disporre bonifici in ingresso sul
libretto Smart provenienti da conti correnti del circuito bancario,
facenti capo al medesimo intestatario o cointestatario. (14A05478)

 

 

Pag. 31

 

 

ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA METROLOGICA

 


COMUNICATO


Comunicato relativo al provvedimento 22 maggio 2014, recante:
«Regolamento per l’acquisizione in economia di lavori, beni e
servizi. (Decreto n. 6/2014)», dell’Istituto nazionale di ricerca
metrologica. (14A05214)

 

 

Pag. 31

 

 

MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

 


COMUNICATO


Adozione del Piano antincendio boschivo (piano AIB), con periodo di
validita’ 2014-2018, predisposto dall’Ente gestore della Riserva
Naturale Statale Torre Guaceto. (14A05193)

 

 

Pag. 36

 

 

 


COMUNICATO


Adozione dei Piani antincendio boschivo (piani AIB), con periodo di
validita’ 2012-2016, predisposti dal Corpo Forestale dello Stato
quale ente gestore delle Riserve Naturali Statali Monte Velino, Lago
Pantaniello e Pineta di Santa Filomena, ricadenti nel territorio
della Regione Abruzzo. (14A05194)

 

 

Pag. 36

 

 

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

 


COMUNICATO


Elenco dei notai dispensandi per limiti di eta’, terzo quadrimestre
2014. (14A05288)

 

 

Pag. 36

 

 

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

 


COMUNICATO


Avvio del procedimento per lo scioglimento di 160 societa’
cooperative aventi sede nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Campania,
Lazio, Lombardia e Molise. (Avviso n. 1/SC/2014). (14A05147)

 

 

Pag. 37

 

 

 


COMUNICATO


Approvazione della disciplina del mercato della capacita’ elettrica
(14A05287)

 

 

Pag. 43

 

 

 


COMUNICATO


Avviso pubblico relativo a CSE – Comuni per la sostenibilita’ e
l’efficienza energetica. (14A05289)

 

 

Pag. 43

 

 

SUPPLEMENTI ORDINARI

AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Losartan e Idroclorotiazide Ipca» (14A05010)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Acido Zoledronico Zentiva Italia» (14A05009)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Cisplatino Strides» (14A05011)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Captur» (14A05012)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Valsartan e Idroclorotiazide Brunifarma Research». (14A05013)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Rivastigmina Sandoz GMBH». (14A05015)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Stemflova» (14A05014)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Tirofiban Biomendi» (14A05016)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Celecoxib Tecnigen» (14A05017)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Ibuprofene e pseudoefedrina Wick Pharma 200mg/30mg compresse
rivestite con film». (14A05018)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Fastum Antidolorifico» (14A05019)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Zerinol Gola» (14A05020)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Astepro» (14A05021)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Ropivacaina Pharmathen» (14A05022)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Allergodil» (14A05023)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Momentact» (14A05024)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Solaraze» (14A05026)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Lambdaxel» (14A05025)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Lamisil» (14A05027)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Femara» (14A05028)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Creon» (14A05030)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Maalox» (14A05031)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Loperamide Angenerico» (14A05032)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Arvenum» (14A05034)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Daflon» (14A05033)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Striverdi Respimat» (14A05036)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Dermomycin Cort» (14A05035)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Gelistrol» (14A05037)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale per uso
umano «Blissel» (14A05038)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Calcijex» (14A05039)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Lormetazepam Mylan Generics» (14A05040)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Lonarid» (14A05041)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Eclipse» (14A05042)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Omeprazolo Alter» (14A05043)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Surmontil» (14A05044)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Diclofan» (14A05045)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Imidazyl Antistaminico» (14A05048)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Clenil Compositum» (14A05046)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Autorizzazione della proroga scorte relativamente al medicinale per
uso umano «Ursacol» (14A05047)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Imidazyl» (14A05049)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Albumina Umana Behring» (14A05050)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Albital» (14A05051)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Antiflog» (14A05052)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Buscofen» (14A05053)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Influpozzi Adiuvato» (14A05056)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Fosfomicina Zentiva» (14A05057)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Vertiserc» (14A05055)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Fosfomicina Ranbaxy» (14A05054)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Nitens» (14A05058)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Limican» (14A05059)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Modifica dell’autorizzazione all’immissione in commercio del
medicinale per uso umano «Canesten» (14A05060)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Revoca, su rinuncia, dell’autorizzazione all’immissione in commercio
del medicinale per uso umano «Reductil» (14A05061)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

 

 

 

 


COMUNICATO


Revoca, su rinuncia, dell’autorizzazione all’immissione in commercio
del medicinale per uso umano «Acido Ibandronico Avansor». (14A05062)

 

(Suppl. Ordinario n. 54)

10 luglio Rapporto nazionale INValSI 2014

Presentato il 10 luglio presso il MIUR il Rapporto nazionale INVAalSI 2014

Scuola, presentato al Miur il Rapporto nazionale Invalsi 2014

Un divario tra le regioni che si fa meno marcato e istituti tecnici che recuperano terreno sui licei, soprattutto per la matematica. Sono solo due dei principali dati emersi dalle rilevazioni Invalsi 2014, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione che monitora annualmente i livelli di apprendimento degli alunni italiani relativamente alla comprensione della lettura e alla matematica. Il Rapporto nazionale, per l’anno scolastico 2013/2014, è stato presentato questa mattina presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. “Le prove Invalsi ci restituiscono una fotografia molto chiara  dei nostri studenti”, ha sottolineato il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, aggiungendo pure che “il test, completato da altri due strumenti come l’autovalutazione e grazie a un sistema di ispezione, cioè di valutazione esterna, rappresenta una solida base di partenza per capire i punti di forza e di debolezza, e quindi, rafforzare i primi e demolire i secondi. La valutazione – ha sostenuto il ministro – si deve collegare al miglioramento, altrimenti diventa un esercizio scientifico”.

A presentare il Rapporto 2014 il presidente dell’Invalsi Anna Maria Ajello, il responsabile dell’Area Prove, Laura Palmerio, il dirigente di Ricerca, Roberto Ricci e Paolo Mazzoli, direttore generale. I lavori sono stati aperti dal sottosegretario Roberto Reggi.
Le rilevazioni Invalsi, prove oggettivamente standardizzate, vengono effettuate nelle classi II e V primaria, nella classe II della scuola secondaria di primo grado (valgono anche per la prova nazionale di Licenza media) e nella II classe della scuola secondaria di secondo grado. Le scuole coinvolte sono circa 13.200, mentre 122.016 le classi interessate e 2.287.745 gli studenti che hanno sostenuto i test. Il campionamento delle scuole, statisticamente significativo, è stato effettuato su base regionale.

Sindacati. Profumo di sciopero

da ItaliaOggi

Sindacati. Profumo di sciopero

Le sigle si preparano a un settembre infuocato contro i provvedimenti del governo. Nella protesta possibile unione tra movimenti e confederali

Alessandra Ricciardi

Dopo giorni di fuoco e fiamme, ora è il momento dell’attesa. Se è vero che il premier Matteo Renzi, entro un paio di settimane al massimo, illustrerà le linee guida per la riforma della scuola da sottoporre alla consultazione pubblica, a breve ci sarà ben altro che gli annunci da poter commentare.

 

Ma se quegli annunci saranno confermati nei contenuti, la strada della mobilitazione, e di un eventuale sciopero, sembra l’unica percorribile. Per i sindacati più moderati, come la Cisl e la Uil scuola, e per quelli più intransigenti, come la Cgil. Una protesta che metterebbe d’accordo non solo i conferderali, ma anche i movimenti. Saldando le proteste dei docenti di ruolo e di quelli precari.

Ad accendere la miccia, il pacchetto scuola, con i dettagli sulla riorganizzazione del lavoro dei docenti, la revisione dello status giuridico, l’organico funzionale e il taglio di un anno del percorso scolastico così come anticipati dalla stampa in questi giorni. In un’intervista a ItaliaOggi, il sottosegretario all’istruzione, Roberto Reggi, getta acqua sul fuoco e apre la strada al confronto seppure con tempi contingentati. Si vedrà se questo percorso darà i suoi frutti.

Intanto ieri l’esecutivo nazionale della Uil scuola ha approvato all’unanimità il mandato a contattare tutti gli altri sindacati rappresentativi del settore per organizzare, per i primi di settembre, una manifestazione con tutte le Rsu (le rappresentanti sindacali dei singoli istituti) nella quale analizzare le norme che saranno proposte e decidere le eventuali mobilitazioni. «A prescindere da tutto, c’è un contratto di lavoro che non è stato rinnovato», spiega il numero uno della Uil scuola, Massimo Di Menna, «e se nella legge di stabilità non ci saranno le risorse, non sarà rinnovato fino al 2018. Su questo chiediamo risposte chiare. Poi c’è tutto il resto».

Tutto il resto, come quelle 36 ore di lavoro settimanali, ad oggi già previste, e che però nel piano di Renzi diventerebbero più stringenti per i docenti, il cui maggiore impegno sarebbe valutato anche ai fini sella carriera. «Siamo prontissimi a confrontarci su come definire e riconoscere carichi orari diversificati; in molti casi, peraltro, si tratterebbe soltanto di dare visibilità a oneri di maggiore impegno già oggi sopportati da tanti insegnanti, ben oltre il solo orario di cattedra», ragiona Francesco Scrima, segretario Cisl scuola (che ha preparato una tabella di sintesi sui carichi di lavoro in Europa), «ma non si pensi di poter dilatare quest’ultimo a piacimento e a dismisura, significherebbe non conoscere il lavoro di chi sta a scuola».

Lo Snals-Confsal guidato da Marco Paolo Nigi respinge l’ipotesi di compensare finanziariamente l’aumento di tempo-denaro per i docenti o l’introduzione di nuove discipline con la decurtazione di un anno delle scuole superiori (da 5 a 4 anni). E parla dichiaratamente già di sciopero Rino Di Meglio, coordinatore nazionale Gilda: «I docenti italiani lavorano quanto i loro colleghi europei, e in alcuni casi anche di più, basta considerare che le ore di insegnamento sono di 60 minuti e non di 45 o 50 come in altri Paesi Ue, l’approccio del governo è intollerabile». Attacca la Flc-Cgil di Mimmo Pantaleo: «Le proposte di Renzi si chiamano merito e carriera, ma significano tagli lineari e aumento dei carichi di lavoro». Pantaleo attacca anche le consultazioni on line, «sono di stampo grillino, non sono affatto convincenti, si apra invece un grande dibattito con docenti, Ata, genitori, studenti».

A quando una cultura scientifica in un Sistema di istruzione di pari dignità?

A quando una cultura scientifica in un Sistema di istruzione di pari dignità?

di Maurizio Tiriticco

In tanto fervore riformatore, quale quello avviato dal Cantiere della scuola del PD, in cui un massiccio intervento su cattedre e tempi di insegnamento sembra costituire il toccasana dei mali che affliggono la nostra scuola, l’amara riflessione di Carlo Rovelli su “la Repubblica” di oggi sembra riportare al nocciolo dei problemi uno dei nodi più importanti del nostro “Sistema educativo di istruzione e formazione”: l’incultura scientifica. Il che non è affatto casuale. In realtà, lungo tutte le riforme che dal dopoguerra in poi hanno interessato il nostro sistema scolastico, il pregiudizio di sempre non è mai stato intaccato. Quel pregiudizio che ha preso corpo con la riforma Gentile, ma che in effetti costituisce il male profondo di tutta la nostra tradizione culturale, o colta che sia. Si tratta del pregiudizio che vuole che la cultura classica sia quella che da sempre connota noi italiani e che, in quanto tale, possa e debba costituire il passaggio obbligato degli studi per chiunque aspiri – e ne abbia le capacità – ad accedere a studi superiori impegnativi e a far parte dell’élite intellettuale del Paese. E in effetti, per certi versi ciò corrisponde a verità. Non a caso, a tutt’oggi gli scienziati migliori sono coloro che hanno percorso gli studi classici. Però, occorre anche considerare che, a monte della scelta degli studi superiori, c’è pur sempre una “certa” famiglia che condiziona lo sviluppo/crescita di un nuovo nato. E’ più che dimostrato che ha più garanzie di successo negli studi il figlio di un ingegnere piuttosto che il figlio di un operaio. In effetti, quella parità nelle scelte degli studi e delle professioni, che è garantita dalla Costituzione, si scontra poi duramente con le reali condizioni di differenziazione sociale, che è anche culturale.
Da parte mia, e di Carlo Rovelli, nulla contro gli studi classici! Anch’io, come Rovelli, sono convinto che “studiare Alceo, Kant e Michelangelo offra a uno scienziato strumenti più acuminati di pensiero che non passare ore a calcolare integrali”. Ma la questione è un’altra e ha origini lontane: proprio in quel Seicento in cui Galileo – correttamente citato da Rovelli – sembra chiudere per sempre quella unità del pensiero e della ricerca che aveva sempre caratterizzato la nostra tradizione. Galileo è uno scienziato ma nel contempo “uomo di musica e di lettere, profondo conoscitore e amante dell’antichità classica, di Aristotele e di Platone, uomo completo del Rinascimento”, ci ricorda Rovelli. E lo stesso Dante, tre secoli prima, non era solo poeta, ma anche uomo di scienza, per come lo si poteva essere in un mondo in cui erano la fisica aristotelica a farla da padrona e l’universo tolemaico: quindi, un mondo in cui la ricerca scientifica era tutta fondata su ragionamenti apodittici. Si pensi al canto secondo del Paradiso, in cui scientificamente – si fa per dire – Beatrice spiega al poeta il perché delle macchie lunari. E forse per queste ragioni la Commedia per secoli e secoli non venne considerata alta poesia! Troppo intrisa di strani elucubrazioni! Ma nel contempo riscuoteva un continuo e indiscusso successo la poesia del Petrarca. Di qui il petrarchismo, uno dei limiti – o dei mali? – della nostra cultura.
Ed è proprio dalla fine del Seicento che hanno inizio quella separazione tra arte e scienza, tra poesia e prosa, se vogliamo – suffragata poi dal saggio crociano – e il lento prevalere delle discipline umanistiche sulle altre. Non diamo, quindi, tutta la colpa a Gentile e al suo liceo classico. Anche perché nella medesima riforma del 1923 viene istituito il liceo scientifico. Che non ebbe però l’autorevolezza culturale del classico. In effetti si trattò di un’operazione di maquillage: niente greco e qualche ampliamento nelle ore dedicate alle materie scientifiche. Di fatto venne vissuto – e ancora oggi del resto – come un liceo classico “facilitato”!
Sono quindi profonde le radici che hanno condotto a questa tripartizione gerarchica della nostra istruzione superiore: prima il liceo e poi, a scendere, l’istruzione tecnica e infine l’istruzione professionale. Ed è lungo questi tre filoni che poi si distribuiscono le iscrizioni dopo la scuola media, “confortate” anche – con tanto di virgolette – dai giudizi di orientamento degli insegnanti. E nulla conta il fatto che l’obbligo di istruzione oggi è di dieci anni e che gli studi primari essenziali devono concludersi con la certificazione delle competenze di cittadinanza e delle competenze culturali di base acquisite al termine di un primo biennio superiore ove vige – o dovrebbe – “l’equivalenza formativa di tutti i percorsi” di studio (dm 139/07, art. 2).
La situazione è grave. Se neanche nell’ultimo biennio obbligatorio riusciamo a garantire l’unitarietà degli studi essenziali, è estremamente difficile che tale unitarietà la si possa attivare nei tre trienni successivi. Ne viene a soffrire quella stessa unitarietà dei saperi proprio in una società “della conoscenza” che si fa sempre più complessa e che non fa sconti tra l’oggetto “classico” e quello “scientifico”. Occorrerebbe garantire, invece, che percorsi umanistici, tecnici e professionalizzanti fossero tutti di pari dignità e non percorsi in cui dirottare cervelli da una parte e manovalanza dall’altra. Le esigenze di una società avanzata sono ben altre e non ammettono gerarchie in verticale, ma solo in orizzontale. Pertanto, lo stesso riordino dei nostri studi secondari superiori non dovrebbe avvenire in verticale, come si preannuncia, cioè con il taglio netto del quinto anno; ma in orizzontale, cioè nel riuscire a dare pari dignità a tutti i percorsi. Non è un’operazione facile, ma è l’unica che nel tempo riuscirebbe a riallineare quelle classi sociali che da sempre sono ben separate tra loro. Si tratterebbe di un’operazione culturale e civile nel contempo! Anche perché non è vero che gli studi classici non sono altrettanto “scientifici”: basti pensare al rigore che occorre per la scrittura di un testo originale e/o per l’interpretazione di un testo! E la linguistica non è forse una scienza? E lo stesso dicasi per la filologia. E quanto ha faticato Dewey a mettere ordine in biblioteche sempre più piene di libri sempre meno rintracciabili!?
E, se non si provvede in tempo, correremo il grosso rischio di perdere pezzi e battute anche nella nostra tradizionale cultura umanistica. L’incuria per il nostro patrimonio artistico è un segnale preoccupante: Si intervenga presto su questi problemi, ma sempre con una prospettiva lungimirante. La vista corta non solo non ci porterà lontano, ma creerà solo ulteriori difficoltà. Non vorrei che la fretta “renziana” – ovviamente apprezzabile in un Paese da decenni vittima di un’insana immobilità – producesse però tanti gattini ciechi!

Scuole a tempo pieno e a spazio aperto? Le strade già ci sono Ma, in un contesto precario e di tagli, sono impercorribili

da ItaliaOggi

Scuole a tempo pieno e a spazio aperto? Le strade già ci sono Ma, in un contesto precario e di tagli, sono impercorribili

La realtà in cui intervenire è complessa, i fuochi di artificio durano solo la festa del patrono

di Maurizio Tiriticco* *già ispettore Miur

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Non è affatto un discorso nuovo quello dei tempi e degli spazi delle istituzioni scolastiche. È dal tempo dei decreti delegati – primi anni Settanta del secolo scorso – che abbiamo cominciato a porre il problema di una scuola che cessasse di essere chiusa in se stessa, per certi versi autoreferenziale, e che si cominciasse ad avviare un discorso tra scuola e società, o, se si vuole, più concretamente, tra scuola e territorio. Occorreva avviare la «partecipazione della gestione della scuola dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica» (dpr 416/74, art.1). Di lì nacquero gli organi collegiali, i consigli scolastici provinciali, i distretti scolastici. Furono anni di estremo interesse, anche per quanto riguarda le innovazioni: seguirono, infatti, la riforma della scuola media (i nuovi programmi del ’79) e della scuola elementare (i nuovi programmi dell’85 e la legge 148/90). Per non dire degli Orientamenti del ’91 per la scuola dell’infanzia e di tutte le sperimentazioni che hanno interessato licei e istituti tecnici e professionali. E non è un caso che furono proprio i quadri tecnici usciti dai nostri istituti che contribuirono al grande slancio economico e sociale che caratterizzò il nostro Paese per tutto lo scorcio del secolo. E furono moltissime le scuole che rimanevano aperte fino a sera per l’organizzazione dei corsi delle 150 ore (ex contratto dei metalmeccanici del 1970) per restituire a quanti avevano abbandonato gli studi precocemente quei livelli di conoscenze che li aiutassero non solo per lo sviluppo di carriera, ma anche per il personale sviluppo culturale e civile.

Più tempo scuola, quindi, e spazi aperti al sociale: l’istituto scolastico inteso come centro formativo e culturale. Un’idea di scuola diversa rispetto a quella ereditata dal passato, chiusa nella sua funzione istruttiva e basta. Poi venne l’autonomia delle istituzioni scolastiche (siamo alla fine del secolo scorso) e l’apertura al territorio viene ricordata e sancita più volte, per l’elaborazione del Pof, per l’orientamento degli studenti, e implicitamente per le attività di alternanza scuola-lavoro.

Le intenzioni e gli strumenti normativi non sono mai mancati per quanto riguarda l’apertura delle scuole. Quello che, invece, è venuto a mancare dalla fine del secolo ad oggi è stata la volontà operativa. Quando si cominciano a tagliare risorse, quando non si rinnovano i contratti del personale, quando non si agisce per liquidare il precariato e si inventano inutili e cervellotici concorsi, i tempi e gli spazisono tagliati anche questi. E si ripropongono di fatto le scuole di un tempo lontano, dedicate solo all’istruzione degli alunni. Però, sempre debole, se mancano l’alimento del territorio e le prospettive oggi anche transnazionali.

In un simile contesto, assolutamente precario, certe iniziative sulle aperture stagionali e serali degli istituti scolastici e sull’incremento orario dei docenti lasciano molto perplessi. Le scuole aperte a luglio e fino a sera inoltrata? E perché no anche ad agosto? Chi, quando, come e perché le deve aprire? E, soprattutto, per quali progetti? E chi paga le spese del personale e quelle di gestione? In una società sistemica e complessa non c’è attività che non si debba avviare e realizzare all’interno di un’Idea e di un Progetto, con tanto di maiuscole, che debbono anche essere lungimiranti e, soprattutto, condivisi. Si giunse ai Decreti delegati dopo anni di discussione. E lo stesso è accaduto per l’autonomia.

Chi ha rilanciato la proposta della scuola aperta 11 mesi su 12, dovrebbe conoscere la situazione di disagio in cui si trovano le scuole e il personale tutto, dovrebbe sapere che i dirigenti non hanno il tempo, e a volte neanche la voglia, di seguire la didattica per tutti gli adempimenti burocratici di cui devono rispondere. Per non dire dei molti istituti che devono presiedere, anche come reggenti. Per non parlare del fatto che gli insegnanti, almeno da quindici anni, ad ogni apertura d’anno scolastico si trovano di fronte a innovazioni di cui nulla sanno e di cui non sono mai stati partecipi. E questo a fronte di stipendi bloccati da anni, nonostante l’aumento del costo della vita.

Le 36 ore proposte – pare che saranno volontarie – potrebbero provocare corse e contenziosi a non finire. Tutto per l’offa di una ricompensa. Magra o grassa che sia. Da quante parti sono indicati quotidianamente i mali della nostra scuola? Su un corpo malato – le eccezioni ci sono, e tutte dovute alla buona volontà di tanti dirigenti e insegnanti – non si interviene con proposte apparentemente salvifiche. Come proporre i cento metri a uno sciancato. Intervenire sulla nostra scuola è estremamente necessario. Ma non abbiamo bisogno di fughe in avanti, di carote a cui poi seguiranno ineluttabilmente colpi di frusta! Abbiamo bisogno di discutere di questi temi, e con soggetti e tempi anche definiti, ovviamente. I fuochi di artificio durano solo la festa del patrono.

Quota 96, anche il governo dice sì. La norma entra nel decreto sulla pa

da ItaliaOggi

Quota 96, anche il governo dice sì. La norma entra nel decreto sulla pa

Verso l’uscita anticipata dei 4 mila prof vittime della Fornero

Nicola Mondelli

Improvvisa accelerazione per la proposta di legge Ghizzoni (Pd) e Marzana (M5S) volta ad estendere il diritto di accesso alla pensione con i requisiti previgenti prima dell’entrata in vigore dell’articolo 24 del decreto legge 201/2011 anche al personale della scuola che tali requisiti ha maturato entro il 31 agosto 2012.
La svolta, dopo mesi di incomprensibile resistenza da parte del ministro dell’economia e delle finanze, è documentata da una dichiarazione rilasciata mercoledi scorso da Francesco Boccia (Pd), presidente della commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera, al termine dei lavori della commissione riunita per concludere l’esame della proposta di legge Fedriga e Caparini recante modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l’accesso al trattamento pensionistico da applicare ai lavoratori esodati.

Fuori da questa previsione, il personale della scuola forzatamente ancora in attività di servizio non avendo avuto la possibilità di accedere al trattamento pensionistico con i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa previgente, appunto, l’entrata in vigore del predetto articolo 24.

In commissione bilancio, è stato però approvato all’unanimità un emendamento da inserire nel decreto legge di riforma della pubblica amministrazione 24 giugno 2014, n. 90, emendamento che riprende integralmente la risoluzione Saltamartini (Ncd). Tale soluzione, che era stata approvata all’unanimità nello scorso mese di marzo in commissione lavoro, impegnava il Governo a individuare le risorse necessarie ai fini dell’adozione di urgenti iniziative normative volte a prevedere che i requisiti per il pensionamento previgenti la riforma Fornero continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola che abbiano maturato gli stessi requisiti entro l’anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

La richiesta di inserire l’emendamento nel decreto di riforma della pa, ha ricordato ancora il presidente Boccia, è stata accolta dal sottosegretario al lavoro, Massimo Cassano.

«È necessario», ha sostenuto Boccia, «consentire ai 4 mila insegnanti, come stimati dal ministero dell’istruzione, che potrebbero andare in pensione, di fare domanda entro la fine di agosto, permettendo così ad altrettanti giovani insegnanti di entrare finalmente nel mondo della scuola a tempo indeterminato».

Ora non resta che attendere la conversione in legge del decreto legge di riforma della pa per verificare che l’emendamento non incappi ancora in altri ostacoli e diventi legge.

Sprecati 500 milioni di euro. Tanto costano le bocciature, sono 300mila alle superiori

da ItaliaOggi

Sprecati 500 milioni di euro. Tanto costano le bocciature, sono 300mila alle superiori

Ripetenze, dispersione scolastica e Neet, l’allarme per un sistema scolastico escludente

Giorgio CAndeloro

~~Quasi tre milioni gli studenti iscritti alle superiori e mai arrivati al diploma negli ultimi quindici anni in Italia, un tasso di dispersione scolastica che nelle isole sfiora il 35%, con il 37% nazionale di abbandoni nei professionali. E ancora, quasi settantamila studenti dispersi al primo anno delle superiori, che salgono a novantamila nel biennio, quando quasi il 50% chi abbandona ha già operato la sua rinuncia agli studi, senza neppure arrivare, nel caso dei professionali, all’obiettivo minimo della qualifica triennale.

 

Sono questi i dati drammatici della dispersione e dell’abbandono nelle scuole superiori italiane, che raccontano di un dramma sociale ma anche economico, visto che il costo complessivo della docenza sprecata si aggira intorno al mezzo miliardo annuo. Dato questo che diventa ancora più impressionante se lo si mette in relazione al costo sociale dei cosiddetti Neet (not engaged in education, employed or training), i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non svolgono alcun tirocinio professionale e che quasi sempre si trovano in questa condizione proprio a seguito della dispersione scolastica: un esercito immobile di quasi due milioni di nuovi analfabeti lavorativi, in gran parte concentrato al sud e nelle isole, che ha perso il treno dell’istruzione e della formazione, si trova ai margini del mercato occupazionale, non contribuisce in alcun modo al sistema previdenziale e costa alla collettività, tutto compreso, la cifra astronomica di 33 miliardi l’anno.
C’è chi si chiede se tutto questo non accada anche per colpa di una scuola che boccia troppo, senza offrire agli studenti che falliscono un piano B, un’alternativa credibile alla rinuncia e all’abbandono. Quel che è certo è che in Italia, molto spesso, la bocciatura è vissuta come un fallimento esistenziale e una sconfitta personale, piuttosto che come un punto dal quale ripartire per un riorientamento dei propri interessi e delle proprie prospettive di formazione e di futuro sbocco professionale. Così come è altrettanto certo che esistono, in Europa e altrove, sistemi scolastici nei quali la bocciatura non è prevista affatto, ma, soprattutto per l’istruzione professionale, si elabora un sistema di crediti accumulabili, più alti o più bassi a seconda dei risultati conseguiti, da spendere poi nell’accesso al mondo del lavoro. Un sistema al tempo stesso più competitivo e meno rigidamente escludente del nostro.
La scuola italiana produce invece, circa trecentomila bocciati l’anno alle superiori, quinte classi escluse, quasi il 15% del totale. Certamente una buona fetta di questi va ad ingrossare l’esercito di quel 27% nazionale di abbandoni i che è il male dimenticato del nostro sistema di istruzione.
Per l’anno scolastico appena concluso dati definitivi sulla quantità di bocciature ancora non ci sono, anche se il Miur ha iniziato il monitoraggio dei risultati, che saranno completi solo da settembre, quando si concluderanno gli esami degli alunni che a giugno hanno avuto la sospensione del giudizio. Dai primi dati parziali sembra però che le cifre dei respinti siano in linea con quelle degli anni precedenti. Anche quest’anno, insomma, l’esercito dei bocciati si arricchirà di nuove leve. C’è da chiedersi se il piano di riordino complessivo della scuola annunciato dal governo, e atteso per i prossimi giorni, si farà carico anche di questo problema. Perché forse, di questi tempi, la scuola italiana non può più permettersi il costo di trecentomila fallimenti l’anno.