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1 aprile Valutazione intermedia e finale

Il MIUR, con Nota 1 aprile 2010, MIURAOODGOS prot. n. 2532 /R.U./U, chiarisce che nulla e’ modificato in relazione alla valutazione intermedia e finale nelle modalita’ previste dal R.D. 4 maggio 1925, n. 653 e dal R.D. 21 novembre 1929, n. 2049.

Detti RR.DD., infatti, che dovevano essere abrogati dall’art. 2 del decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200 (convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2009, n. 9),  sono stati sottratti all’effetto abrogativo ai sensi di quanto disposto dal comma 2 (allegato 2) dell’art. 1 del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179.

31 marzo Legge Lavoro reinviata alle Camere

Il Presidente della Repubblica ha chiesto alle Camere, a norma dell’art. 74, primo comma, della Costituzione, una nuova deliberazione in ordine alla legge: “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione degli enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonche’ misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”, approvata definitivamente dal Senato, in quarta lettura, il 3 marzo 2010.

Di seguito il testo integrale del messaggio del Presidente Napolitano alle Camere:

Palazzo del Quirinale, 31/03/2010

“Onorevoli Parlamentari,

mi è stata sottoposta, per la promulgazione, la legge recante: “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

Il provvedimento, che nasce come stralcio di un disegno di legge collegato alla legge finanziaria 2009 (Camera n.1441-quater), ha avuto un travagliato iter parlamentare nel corso del quale il testo, che all’origine constava di 9 articoli e 39 commi e già interveniva in settori tra loro diversi, si è trasformato in una legge molto complessa, composta da 50 articoli e 140 commi riferiti alle materie più disparate.

Questa configurazione marcatamente eterogenea dell’atto normativo – che risulta, del resto, dallo stesso titolo sopra riportato – è resa ancora più evidente da una sia pur sintetica e parziale elencazione delle principali materie oggetto di disciplina: revisione della normativa in tema di lavori usuranti, riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero della salute, regolamentazione della Commissione per la vigilanza sul doping e la tutela della salute nelle attività sportive, misure contro il lavoro sommerso, disposizioni riguardanti i medici e professionisti sanitari extracomunitari, permessi per l’assistenza ai portatori di handicap, ispezioni nei luoghi di lavoro, indicatori di situazione economica equivalente, indennizzi per aziende in crisi, numerosi aspetti della disciplina del pubblico impiego (con conferimento di varie deleghe o il rinvio a successive disposizioni legislative), nonché una ampia riforma del codice di procedura civile per quanto attiene alle disposizioni in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro.

Ho già avuto altre volte occasione di sottolineare gli effetti negativi di questo modo di legiferare sulla conoscibilità e comprensibilità delle disposizioni, sulla organicità del sistema normativo e quindi sulla certezza del diritto; nonché sullo stesso svolgimento del procedimento legislativo, per la impossibilità di coinvolgere a pieno titolo nella fase istruttoria tutte le Commissioni parlamentari competenti per ciascuna delle materie interessate. Nel caso specifico l’esame referente si è concentrato alla Camera nella Commissione lavoro e al Senato nelle Commissioni affari costituzionali e lavoro, mentre, ad esempio, la Commissione giustizia di entrambi i rami del Parlamento ed anche la Commissione affari costituzionali della Camera sono intervenute esclusivamente in sede consultiva e non hanno potuto seguire l’esame in Assemblea nelle forme consentite dai rispettivi Regolamenti. Tali inconvenienti risultano ancora più gravi allorché si intervenga, come in questo caso, in modo novellistico su codici e leggi organiche.

Ciò premesso – con l’auspicio di una attenta riflessione sul modo in cui procedere nel futuro alla definizione di provvedimenti legislativi, specialmente se relativi a materie di particolare rilievo e complessità – sono indotto a chiedere alle Camere una nuova deliberazione sulla presente legge dalla particolare problematicità di alcune disposizioni che disciplinano temi di indubbia delicatezza sul piano sociale, attinenti alla tutela del diritto alla salute e di altri diritti dei lavoratori: temi sui quali – nell’esercizio del mio mandato – ho ritenuto di dover richiamare più volte l’attenzione delle istituzioni, delle parti sociali e dell’opinione pubblica.

Intendo qui riferirmi specificamente all’articolo 31 che modifica le disposizioni del codice di procedura civile in materia di conciliazione ed arbitrato nelle controversie individuali di lavoro e all’articolo 20 relativo alla responsabilità per le infezioni da amianto subite dal personale che presta la sua opera sul naviglio di Stato. Su di essi sottopongo alla vostra attenzione le considerazioni ed osservazioni che seguono.

1. L’articolo 31, nei primi nove commi, che ne costituiscono la parte più significativa, modifica in modo rilevante la sezione prima del capo primo del titolo quarto del libro secondo del codice di procedura civile, nella parte in cui reca le disposizioni sul tentativo di conciliazione e sull’arbitrato nelle controversie individuali di lavoro (artt. da 409 a 412-quater del codice di procedura civile), introducendo varie modalità di composizione delle controversie di lavoro alternative al ricorso al giudice. Apporta inoltre, negli ultimi sette commi, una serie di modifiche al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dirette a rafforzare le competenze delle commissioni di certificazione dei contratti di lavoro.

La introduzione nell’ordinamento di strumenti idonei a prevenire l’insorgere di controversie ed a semplificarne ed accelerarne le modalità di definizione può risultare certamente apprezzabile e merita di essere valutata con spirito aperto: ma occorre verificare attentamente che le relative disposizioni siano pienamente coerenti con i princìpi della volontarietà dell’arbitrato e della necessità di assicurare una adeguata tutela del contraente debole.

Entrambi questi princìpi sono stati costantemente affermati in numerose pronunce dalla Corte Costituzionale. La Corte infatti ha innanzi tutto dichiarato la illegittimità costituzionale delle norme che prevedono il ricorso obbligatorio all’arbitrato, poiché solo la concorde volontà delle parti può consentire deroghe al fondamentale principio di statualità ed esclusività della giurisdizione (art. 102, primo comma, della Costituzione) e al diritto di tutti i cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi (artt. 24 e 25 della Costituzione). Inoltre, con riferimento ai rapporti nei quali sussiste un evidente, marcato squilibrio di potere contrattuale tra le parti, la Corte ha riconosciuto la necessità di garantire la “effettiva” volontarietà delle negoziazioni e delle eventuali rinunce, ancora una volta con speciale riguardo ai rapporti di lavoro ed alla tutela dei diritti del lavoratore in sede giurisdizionale. Questa linea giurisprudenziale, ripresa e sviluppata dalla Corte di Cassazione, ha condotto a far decorrere la prescrizione dei crediti di lavoro nei rapporti privi della garanzia della stabilità dalla cessazione del rapporto. Ciò in analogia con quanto previsto dall’art. 2113 del Codice civile in ordine alla decorrenza del termine per l’impugnazione di rinunce e transazioni che abbiano avuto ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivi (si vedano le sentenze della Corte Costituzionale n. 63 del 1966, n. 143 del 1969, n. 174 del 1972, n. 127 del 1977, n. 488 del 1991, nn. 49, 206 e 232 del 1994, nn. 54 e 152 del 1996, n. 381 del 1997, n. 325 del 1998 e n. 221 del 2005).

Sulla base di tali indicazioni, non può non destare serie perplessità la previsione del comma 9 dell’art. 31, secondo cui la decisione di devolvere ad arbitri la definizione di eventuali controversie può essere assunta non solo in costanza di rapporto allorché insorga la controversia, ma anche nel momento della stipulazione del contratto, attraverso l’inserimento di apposita clausola compromissoria: la fase della costituzione del rapporto è infatti il momento nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro.

Del resto l’esigenza di verificare che la volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie sia “effettiva” risulta dalla stessa formulazione del comma 9, che affida tale accertamento agli organi di certificazione di cui all’art. 76 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003. Garanzia che peraltro non appare sufficiente, perché tali organi – anche a prescindere dalle incertezze sull’ambito dei relativi poteri, che scontano più generali difficoltà di “acclimatamento” dell’istituto – non potrebbero che prendere atto della volontà dichiarata dal lavoratore, una volta che sia stata confermata in una fase che è pur sempre costitutiva del rapporto e nella quale permane pertanto una ovvia condizione di debolezza.

Ulteriori motivi di perplessità discendono dalla circostanza che, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 412 del codice di procedura civile contenuta nel comma 5 dell’art. 31 (disposizione espressamente richiamata dal comma 9 dello stesso articolo) la clausola compromissoria può ricomprendere anche la “richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento”.

Come è noto, nell’arbitrato di equità la controversia può essere risolta in deroga alle disposizioni di legge: si incide in tal modo sulla stessa disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, rendendola estremamente flessibile anche al livello del rapporto individuale. Né può costituire garanzia sufficiente il generico richiamo del rispetto dei principi generali dell’ordinamento, che non appare come tale idoneo a ricomprendere tutte le ipotesi di diritti indisponibili, al di là di quelli costituzionalmente garantiti; e comunque un aspetto così delicato non può essere affidato a contrastanti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, suscettibili di alimentare contenziosi che la legge si propone invece di evitare. Perplessità ulteriori suscita la estensione della possibilità di ricorrere a tale tipo di arbitrato anche in materia di pubblico impiego: in tal caso è particolarmente evidente la necessità di chiarire se ed a quali norme si possa derogare senza ledere i princìpi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa sanciti dall’art. 97 della Costituzione.

Del resto un arbitrato di equità può svolgere un ruolo apprezzabile ed utile solo a patto di muoversi all’interno di uno spazio significativo ma circoscritto in limiti certi e condivisi. In sostanza l’obiettivo che si intende perseguire è quello di una incisiva modifica della disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, che si è finora prevalentemente basata su normative inderogabili o comunque disponibili esclusivamente in sede di contrattazione collettiva. E in effetti l’esigenza di una maggiore flessibilità risponde a sollecitazioni da tempo provenienti dal mondo dell’imprenditoria, alle quali le organizzazioni sindacali hanno mostrato responsabile attenzione guardando anche alla competitività del sistema produttivo nel mercato globale. Si tratta pertanto di un intendimento riformatore certamente percorribile, ma che deve essere esplicitato e precisato, non potendo essere semplicemente presupposto o affidato in misura largamente prevalente a meccanismi di conciliazione e risoluzione equitativa delle controversie, assecondando una discutibile linea di intervento legislativo – basato sugli istituti processuali piuttosto e prima che su quelli sostanziali – di cui l’esperienza applicativa mostra tutti i limiti.

Il problema che si pone è dunque quello di definire – nelle sedi dovute e in primo luogo nel Parlamento – in modo puntuale modalità, tempi e limiti che rendano il ricorso all’arbitrato – nell’ambito del rapporto di lavoro – coerente con la necessità di garantire l’effettiva volontarietà della clausola compromissoria e una adeguata tutela dei diritti più rilevanti del lavoratore (da quelli costituzionalmente garantiti agli altri che si ritengano ugualmente non negoziabili). Si tratta cioè di procedere ad adeguamenti normativi che vanno al di là della questione, pur rilevante, delle garanzie apprestate nei confronti del licenziamento dall’art. 18 dello statuto dei lavoratori.

A quest’ultimo proposito lo scorso 11 marzo la maggior parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle imprese si è impegnata a definire accordi interconfederali che escludano l’inserimento nella clausola compromissoria delle controversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro ed il Ministro del lavoro e delle politiche sociali si è a sua volta impegnato a conformarsi a tale orientamento negli atti di propria competenza. Ma pur apprezzando il significato e il valore di tali impegni, decisivo resta il tema di un attento equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale. Solo il legislatore può e deve stabilire le condizioni perché possa considerarsi “effettiva” la volontà delle parti di ricorrere all’arbitrato; e solo esso può e deve stabilire quali siano i diritti del lavoratore da tutelare con norme imperative di legge e quali normative invece demandare alla contrattazione collettiva. A quest’ultima, nei diversi livelli in cui si articola, può inoltre utilmente affidarsi la chiara individuazione di spazi di regolamentazione integrativa o in deroga per negoziazioni individuali adeguatamente assistite così come per la definizione equitativa delle controversie che insorgano in tali ambiti.

Si avvierebbe in tal modo un processo concertato, ed insieme ispirato ad un opportuno gradualismo, attraverso il quale ripristinare quella certezza del diritto che è condizione essenziale nella disciplina dei rapporti di lavoro per garantire una efficace tutela del contraente debole e una effettiva riduzione del contenzioso in un contesto generale di serena evoluzione delle relazioni sindacali.

Non sembra invece coerente con i princìpi generali dell’ordinamento e con la stessa impostazione del comma 9 in esame, che consente di pattuire clausole compromissorie solo ove ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro, il prevedere un intervento suppletivo del Ministro – di cui tra l’altro non si stabilisce espressamente la natura regolamentare né si delimitano i contenuti – che dovrebbe consentire comunque, anche in assenza dei predetti accordi, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge tale possibilità, stabilendone le modalità di attuazione e di piena operatività: suscita infatti serie perplessità una così ampia delegificazione con modalità che non risultano in linea con le previsioni dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Al di là delle osservazioni fin qui svolte a proposito dell’articolo 31, è da sottolineare l’opportunità di una riflessione anche su disposizioni in qualche modo connesse – presenti negli articoli 30, 32 e 50 – che riguardano gli stessi giudizi in corso e che oltretutto rischiano, così come sono formulate, di prestarsi a seri dubbi interpretativi e a potenziali contenziosi.

2. Secondo l’articolo 20 della legge, l’articolo 2, lettera b), della legge 12 febbraio 1955, n. 51, recante delega al Governo per l’emanazione di norme per l’igiene del lavoro, si interpreta nel senso che l’applicazione della legge delega è esclusa non soltanto – come espressamente recita la lettera b) dell’articolo 2 – per “il lavoro a bordo delle navi mercantili e a bordo degli aeromobili”, ma anche per “il lavoro a bordo del naviglio di Stato, fatto salvo il diritto del lavoratore al risarcimento del danno eventualmente subito”.

Dai lavori parlamentari emerge che con detto articolo 20 si è inteso evitare che alle morti o alle lesioni subite dal personale imbarcato su navigli militari e cagionate dal contatto con l’amianto, possano continuare ad applicarsi – come invece sta accadendo in procedimenti attualmente pendenti davanti ad autorità giudiziarie – le sanzioni penali stabilite dal DPR 19 marzo 1956, n. 303, che disciplina l’applicazione di tali sanzioni, escludendole unicamente nei casi di morti o lesioni subite da personale imbarcato su navi mercantili.

Si ricorda altresì che in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, oggi disciplinata dal decreto legislativo n. 81 del 2008, sono previste sanzioni per la inosservanza delle norme in tema di protezione dai rischi per esposizione ad amianto in tutti i settori di attività, pubblici e privati, sia pure con i necessari adattamenti, con riguardo in particolare alle forze armate, peraltro non ancora definiti.

Al di là degli aspetti strettamente di merito, occorre rilevare innanzitutto che l’articolo 20 in esame non esplicita alcuno dei possibili significati dell’articolo 2, lettera b), della legge del 1955 e quindi non interpreta ma apporta a tale disposizione una evidente modificazione integrativa. La norma incide, inoltre, su una legge delega che ha già esaurito la sua funzione dopo l’adozione del DPR attuativo n. 303 del 1956, senza invece intervenire su di esso, risultando di fatto inapplicabile e priva di effetti.

L’articolo 20 presenta inoltre profili problematici anche nella parte – in sé largamente condivisibile – che riguarda la “salvezza” del diritto del lavoratore al risarcimento dei danni eventualmente subiti. In assenza di disposizioni specifiche – non rinvenibili nella legge – che pongano a carico dello Stato un obbligo di indennizzo, il risarcimento del danno ingiusto è possibile esclusivamente in presenza di un “fatto doloso o colposo” addebitabile a un soggetto individuato (art. 2043 del codice civile). Qualora la efficacia della norma generatrice di responsabilità sia fatta cessare, con la conseguente non punibilità delle lesioni o delle morti cagionate su navigli di Stato, non è infatti più possibile individuare il soggetto giuridicamente obbligato e configurare ipotesi di “dolo o colpa” nella determinazione del danno.

Per conseguire in modo da un lato tecnicamente corretto ed efficace, e dall’altro non esposto a possibili censure di illegittimità costituzionale, le finalità che la disposizione in esame si propone, appare quindi necessario escludere la responsabilità penale attualmente prevista per i soggetti responsabili di alcune categorie di navigli, in linea del resto con gli adattamenti previsti dal citato testo unico n. 81 del 2008, e prevedere, come già accade per altre infermità conseguenti ad attività di servizio, un autonomo titolo per la corresponsione di indennizzi per i danni arrecati alla salute dei lavoratori.

Per i motivi innanzi illustrati, chiedo alle Camere – a norma dell’articolo 74, primo comma, della Costituzione – una nuova deliberazione in ordine alla legge a me trasmessa il 3 marzo 2010″.

28 marzo Elezioni

Domenica 28 e lunedi’ 29 marzo si tengono in tredici regioni a statuto ordinario le elezioni regionali del 2010. Contestualmente si svolge una tornata di elezioni amministrative che interessa 4 province e 462 comuni di cui 9 capoluoghi di provincia.

3 marzo Obbligo a 15 anni

Il 3 marzo 2010 il Senato, in quarta lettura, con 151 voti favorevoli, 83 contrari e 5 astenuti, approva definitivamente il disegno di legge S 1167-B sul lavoro.

Il nuovo testo prevede, all’art. 48, comma 8, che “fermo restando quanto stabilito dall’articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, ivi compresa la necessaria intesa tra regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le parti sociali, prevista dal comma 4 del citato articolo 48, l’obbligo di istruzione di cui all’articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione di cui al predetto articolo 48.”

Disegno di Legge AS 1167-B

Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonche’ misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (Approvato definitivamente da Senato in un testo risultante dallo stralcio, deliberato dalla Camera dei deputati, degli articoli 23, 24, 32, da 37 a 39 e da 65 a 67, del disegno di legge n. 1441 d’iniziativa governativa, modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati)

4 febbraio CdM approva Riordino II Ciclo Istruzione

Il Consiglio dei Ministri nella seduta di giovedi’ 4 febbraio 2010 approva i tre Decreti presidenziali relativi:

Conferenza stampa del presidente del Consiglio e del ministro dell’Istruzione

Di seguito estratto del comunicato stampa del Consiglio dei Ministri:

Il Consiglio ha approvato i seguenti provvedimenti:

su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Mariastella Gelmini:

– tre regolamenti, sui quali sono stati acquisiti i pareri prescritti, rispettivamente per il riordino degli istituti tecnici, degli istituti professionali e dei licei. In attuazione della apposita delega viene ribadita e valorizzata l’identità dei tre percorsi formativi: in particolare per gli istituti professionali fornire agli studenti una solida base di istruzione generale e tecnico-professionale per un rapido inserimento nel mondo del lavoro e per l’accesso all’università e all’istruzione e formazione tecnica superiore; per gli istituti tecnici fornire una base culturale scientifico tecnologica- in linea con gli indirizzi europei- che si esprime in diversi indirizzi correlati a differenti settori di sviluppo del Paese, con l’obiettivo dell’inserimento nel mondo del lavoro e dell’accesso all’università ed alla formazione tecnica superiore. Per i licei si attivano nuove fisionomie: a partire dalle prime classi funzionanti nell’anno scolastico 2010/2011 (e gradualmente fino all’anno scolastico 2014/2015), i licei di ogni tipo e gli istituti d’arte confluiscano nei nuovi percorsi liceali: liceo artistico (con i differenti indirizzi di arti figurative, architettura, design, grafica, scenografia, audiovisivo multimedia), liceo classico, liceo linguistico, liceo musicale e coreutico, liceo scientifico (con l’opzione scienze applicate) e liceo delle scienze umane (con l’opzione economico-sociale), per ognuno dei quali viene individuato il piano di studi e le ore di insegnamento;

– un decreto presidenziale che recepisce l’intesa intercorsa fra il Ministero e la Conferenza episcopale italiana ai fini dell’individuazione dei criteri didattici per l’insegnamento della religione cattolica nella scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione, come previsto nella normativa concordataria

3 febbraio Interrogazione Camera su attuazione Riforma

Il 3 febbraio si svolge nell’aula della Camera un’interrogazione a risposta immediata (3-00890) sullo  stato dei provvedimenti di attuazione della riforma del secondo ciclo di istruzione e correlate iniziative per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2010-2011

Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:

l’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, e il relativo piano programmatico prevedono l’avvio dall’anno scolastico 2010/2011 della riforma del secondo ciclo di istruzione;

con nota circolare del ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 3 del 15 gennaio 2010, relativa alle iscrizioni alle prime classi del secondo ciclo di istruzione, per l’anno scolastico 2010/2011, il termine di inizio e quello di scadenza per l’effettuazione delle iscrizioni alle istituzioni scolastiche del secondo ciclo è stato fissato rispettivamente al 26 febbraio e al 26 marzo 2010;

è necessario un periodo di orientamento per le famiglie e per gli studenti e di informazione per il personale della scuola, anche in considerazione della complessità della riforma che investe la nuova disciplina dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali e che comporta una modifica della programmazione dell’offerta formativa nelle diverse realtà territoriali -:

quali siano lo stato dei provvedimenti di attuazione della riforma e le correlate iniziative di accompagnamento che il Ministro interrogato intende assumere per garantire scelte consapevoli da parte degli studenti e delle famiglie e per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico. (3-00890)

PRESIDENTE. L’onorevole Goisis ha facoltà di illustrare l’interrogazione Cota n. 3-00890, concernente lo stato dei provvedimenti di attuazione della riforma del secondo ciclo di istruzione e correlate iniziative per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico 2010-2011, di cui è cofirmataria.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, signor Ministro, come lei sa bene l’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e il relativo piano programmatico prevedono l’avvio della riforma del secondo ciclo di istruzione dall’anno scolastico 2010-2011.

Con una nota circolare del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca del 15 gennaio 2010, il termine di inizio e quello di scadenza per l’effettuazione delle iscrizioni alle istituzioni scolastiche del secondo ciclo è stato fissato rispettivamente al 26 febbraio e al 26 marzo 2010.

Con questa interrogazione chiediamo quali siano lo stato di attuazione dei provvedimenti relativi alla riforma e le correlate iniziative di accompagnamento che il Ministro intende assumere per garantire scelte consapevoli da parte degli studenti e delle famiglie e per assicurare l’ordinato avvio dell’anno scolastico.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ringrazio l’onorevole Goisis e i presentatori dell’interrogazione a prima firma dell’onorevole Cota che fornisce al Governo l’opportunità di chiarire alcuni aspetti dei provvedimenti che stanno tanto a cuore alle famiglie del nostro Paese. In attuazione dell’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e del relativo piano programmatico sono stati già predisposti i regolamenti di riforma della scuola secondaria superiore.

Sugli schemi di tale regolamento si sono espressi il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, la Conferenza unificata, il Consiglio di Stato e le competenti Commissioni parlamentari della Camera e del Senato, che hanno reso articolati pareri in ordine a tutti gli aspetti della riforma. Il Consiglio dei Ministri, pertanto, procederà in tempi strettissimi all’approvazione definitiva dei regolamenti.

Come lei ha correttamente ricordato, onorevole Goisis, il termine per le iscrizioni alle prime classi del secondo ciclo di istruzione è stato fissato al 26 marzo 2010, a differenza del termine previsto per il primo ciclo di istruzione, ciò proprio al fine di attivare le iniziative di informazione e di orientamento delle famiglie e degli studenti nell’individuazione dei percorsi scolastici. La riorganizzazione dell’intero sistema renderà, infatti, più semplice, lineare e trasparente l’informazione alle famiglie che oggi, invece, erano costrette a districarsi tra gli oltre 396 indirizzi sperimentali.

Il Ministero renderà disponibili tutte le informazioni relative ai nuovi licei, istituti tecnici e professionali, i quadri orario, i profili di uscita e le caratteristiche di ciascuna tipologia scolastica. Contemporaneamente, sarà anche resa disponibile una mappa geografica della nuova offerta formativa e, in questo modo, i genitori potranno scegliere avendo una visione complessiva sia delle caratteristiche di ciascun percorso di studi, che della loro collocazione.

Apposite tabelle consentiranno, inoltre, di offrire ai genitori, immediatamente dopo l’approvazione dei regolamenti, tutte le informazioni logistiche relative all’offerta formativa dell’anno scolastico 2010-2011. Saranno inviate inoltre, onorevole Goisis, alle famiglie e alle scuole secondarie di primo grado degli opuscoli informativi dettagliati e sarà immediatamente avviata un’opportuna campagna sui mezzi di informazione di massa, sul sito del Ministero e su tutti gli altri siti ad esso correlati.

PRESIDENTE. L’onorevole Goisis ha facoltà di replicare.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per le delucidazioni appena fornite. D’altra parte, era necessario da parte nostra presentare questa interrogazione, perché è chiaro che le famiglie e gli studenti hanno bisogno di un certo periodo di tempo per orientarsi nei confronti dell’offerta formativa; così come pure il personale scolastico ha bisogno ulteriormente di informazioni chiare e semplici in considerazione della complessità della riforma. Quest’ultima investe infatti la nuova disciplina dei licei, degli istituti tecnici e professionali e comporta una modifica della programmazione dell’offerta formativa.

Sono interessanti le risposte da lei fornite, in modo particolare quelle relative alla mappa geografica per la nuova offerta formativa, che darà la possibilità alle famiglie di sapersi orientare, come pure ciò che ha detto in ordine all’invio di opuscoli informativi; inoltre, auspico che il Consiglio dei Ministri a breve dia le risposte che attendiamo sui regolamenti. Ciò è necessario se vogliamo che l’anno scolastico parta con tranquillità e con serenità, ma soprattutto se vogliamo dare serenità alle famiglie, agli studenti e agli insegnanti in questi mesi che ci separano dall’avvio dell’anno scolastico 2010-2011. Quindi, la ringrazio e mi dichiaro soddisfatta.

28 gennaio Camera riporta obbligo a 15 anni

La Camera approva il disegno di legge C1441-quater-C sul lavoro. Il nuovo testo prevede, all’art. 50, comma 8-bis (art. 48, comma 8 del DdL AS 1167-B), che “fermo restando quanto stabilito dall’articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, ivi compresa la necessaria intesa tra regioni, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le parti sociali, prevista dal comma 4 del citato articolo 48, l’obbligo di istruzione di cui all’articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione di cui al predetto articolo 48.”

Il provvedimento torna ora all’esame del Senato per la definitiva approvazione.

Disegno di Legge AS 1167-B

Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dallo stralcio, deliberato dalla Camera dei deputati, degli articoli 23, 24, 32, da 37 a 39 e da 65 a 67, del disegno di legge n. 1441 d’iniziativa governativa, modificato dal Senato e nuovamente modificato dalla Camera dei deputati)

28 gennaio Contratti in CdM

Il Consiglio dei ministri, nel corso della seduta del 28 gennaio, ha autorizzato il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ad esprimere il parere favorevole del Governo sulla modifica degli Atti di indirizzo per i contratti collettivi nazionali di lavoro delle aree III e IV della dirigenza del servizio sanitario nazionale (biennio economico 2008-2009).

27 gennaio 7a Senato approva riordino Cicli

La 7a Commissione del Senato, nella seduta del 27 gennaio 2010, esprime parere favorevole con condizioni e osservazioni al Governo su:

Di seguito le proposte di parere:

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI BIANCHI E D’ALIA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 132

“La Commissione,

visto lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento di riforma dei licei, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009

visto l’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,

visti i pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 22 luglio 2009 e della Conferenza Stato-Regioni in data 29 ottobre 2009,

considerato che i docenti e i dirigenti del sistema educativo italiano non sono stati adeguatamente informati e tanto meno preparati a supportare una revisione ordinamentale, organizzativa e didattica di tali dimensioni,

considerato che le ipotesi proposte suscitano delle perplessità a causa di scelte di metodo e di merito discutibili, in parte anche inadeguate e nocive;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

a) l’entrata in vigore sia procrastinata all’anno scolastico 2011-2012;

b) l’applicazione riguardi solo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, procedendo successivamente con un anno di volta in volta;

c) il testo del documento venga corretto, integrato e semplificato con le seguenti modifiche migliorative:

1. rivisitazione del numero delle ore dedicate all’insegnamento delle varie discipline giacché la decurtazione e il restringimento impongono una riduzione dei saperi e, quindi, l’abbassamento del livello culturale;

2. reintroduzione delle indicazioni programmatiche comprendenti per anno, per ciclo e per disciplina gli obiettivi generali e specifici di insegnamento-apprendimento;

3. individuazione delle discipline che specificano l’identità di ogni percorso di istruzione e di formazione, evitando sovrapposizioni ibride;

4. connessione tra unitarietà e differenziazione in tutti i percorsi del sistema, da assicurare mediante la esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale degli stessi;

5. garanzia di equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale e tra gli indirizzi di ciascuna, attraverso per la dosatura dei piani di studio aventi una diversa proporzione oraria delle discipline professionalizzanti nei confronti delle altre, sia una diversa composizione dei contenuti di ogni disciplina, in base alla natura e alle esigenze dei percorsi stessi;

6. determinazione dei passaggi di uscita e di rientro tra istruzione liceale, tecnica e professionale secondo criteri e procedure in grado di assicurarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità.”

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI BIANCHI E D’ALIA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 133

“La Commissione

visto lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento di riordino degli istituti tecnici, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009;

visto l’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

visti i pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 22 luglio 2009 e della Conferenza Stato-Regioni in data 29 ottobre 2009;

considerato che i docenti e i dirigenti del sistema educativo italiano non sono stati adeguatamente informati e tanto meno preparati a supportare una revisione ordinamentale, organizzativa e didattica di tali dimensioni;

considerato che le ipotesi proposte suscitano delle perplessità a causa di scelte di metodo e di merito discutibili, in parte inadeguate e nocive;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

a)               l’entrata in vigore sia procrastinata all’anno scolastico 2011-2012;

b)               l’applicazione riguardi solo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, procedendo successivamente con un anno di volta in volta;

c)               il testo del documento venga corretto, integrato e semplificato con le seguenti modifiche migliorative:

1.               rivisitazione del numero delle ore dedicate all’insegnamento delle varie discipline giacché la decurtazione e il restringimento impongono una riduzione dei saperi e, quindi, l’abbassamento del livello culturale;

2.               reintroduzione delle indicazioni programmatiche comprendenti per anno, per ciclo e per disciplina gli obiettivi generali e specifici di insegnamento-apprendimento;

3.               individuazione delle discipline che specificano l’identità di ogni percorso di istruzione e di formazione, evitando sovrapposizioni ibride;

4.               connessione tra unitarietà e differenziazione in tutti i percorsi del sistema, da assicurare mediante la esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale degli stessi;

5.               garanzia di una presenza equilibrata, in tutti i piani di studio, delle aree letterario-linguistico-artistica, socio-storico-antropologica, scientifico-matematica-tecnologica, anche se in percentuali diverse;

6.               garanzia di equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale e tra gli indirizzi di ciascuna, attraverso sia la dosatura dei piani di studio aventi una diversa proporzione oraria delle discipline professionalizzanti nei confronti delle altre, sia una diversa composizione dei contenuti di ogni disciplina, in base alla natura e alle esigenze dei percorsi stessi;

7.               previsione, in ogni percorso di studio, sia delle conoscenze teoriche in grado di incrementare il tenore culturale, sia dei saperi pratici in grado di fornire una professionalità di base,

8.               perseguimento delle proprie finalità da parte dell’istruzione tecnica  attraverso un forte legame con la realtà economico-produttiva del Paese, un assetto flessibile costituito da una successione graduale di livelli, una formula organizzativa funzionale e strutturale individuata dall’attuazione del campus quale apparato di beni e di servizi opportunamente predisposti e di persone con ruoli formalizzati, messa in corrispondenza operativa per il conseguimento di determinate mete;

9.               determinazione dei passaggi di uscita e di rientro tra istruzione liceale, tecnica e professionale secondo criteri e procedure in grado di assicurarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità”.

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI BIANCHI E D’ALIA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 134

“La Commissione

visto lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento di riordino degli istituti professionali, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009;

visto l’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

visti i pareri del Consiglio nazionale della pubblica istruzione del 22 luglio 2009 e della Conferenza Stato-Regioni in data 29 ottobre 2009;

considerato che i docenti e i dirigenti del sistema educativo italiano non sono stati adeguatamente informati e tanto meno preparati a supportare una revisione ordinamentale, organizzativa e didattica di tali dimensioni;

considerato che le ipotesi proposte suscitano delle perplessità a causa di scelte di metodo e di merito discutibili, in parte inadeguate e nocive;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

a)               l’entrata in vigore suddetto sia procrastinata all’anno scolastico 2011-2012;

b)               l’applicazione riguardi solo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, procedendo successivamente con un anno di volta in volta;

c)               il testo del documento venga corretto, integrato e semplificato con le seguenti modifiche migliorative:

1.               rivisitazione del numero delle ore dedicate all’insegnamento delle varie discipline giacché la decurtazione e il restringimento impongono una riduzione dei saperi e, quindi, l’abbassamento del livello culturale;

2.               reintroduzione delle indicazioni programmatiche comprendenti per anno, per ciclo e per disciplina gli obiettivi generali e specifici di insegnamento-apprendimento;

3.               individuazione delle discipline che specificano l’identità di ogni percorso di istruzione e di formazione, evitando sovrapposizioni ibride;

4.               connessione tra unitarietà e differenziazione in tutti i percorsi del sistema, da assicurare mediante la esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale degli stessi;

5.               garanzia di equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale e tra gli indirizzi di ciascuna, attraverso sia la dosatura dei piani di studio aventi una diversa proporzione oraria delle discipline professionalizzanti nei confronti delle altre, sia una diversa composizione dei contenuti di ogni disciplina, in base alla natura e alle esigenze dei percorsi stessi;

6.               previsione, in ogni percorso di studio, sia delle conoscenze teoriche in grado di incrementare il tenore culturale, sia dei saperi pratici in grado di fornire una professionalità di base;

7.               perseguimento delle proprie finalità da parte dell’istruzione professionale  attraverso un forte legame con la realtà economico-produttiva del Paese, un assetto flessibile costituito da una successione graduale di livelli, una formula organizzativa funzionale e strutturale individuata dall’attuazione del campus quale apparato di beni e di servizi opportunamente predisposti e di persone con ruoli formalizzati, messa in corrispondenza operativa per il conseguimento di determinate mete;

8.               esclusione dal progetto di ristrutturazione ordiamentale e curricurale di un numero circoscritto di istituti professionale, nominalmente citati in considerazione della loro atipicità, della loro storia, della loro specializzazione;

9.               determinazione dei passaggi di uscita e di rientro tra istruzione liceale, tecnica e professionale, secondo criteri e procedure in grado di assicurarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità.

10.            valorizzazione della formazione professionale, gestita dalle Regioni, collocandola all’interno del campus e abilitandola, sulla base di chiari requisiti, all’assorbimento dell’obbligo di istruzione, sino al sedicesimo anno di età.”

SCHEMA di parere proposto dai senatori RUSCONI, GIAMBRONE, MARIAPIA GARAVAGLIA, CERUTI, VITTORIA FRANCO, MARCUCCI, PROCACCI, ANNAMARIA SERAFINI, VITA, BLAZINA sull’atto del governo n. 132

“La Commissione, esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento concernente norme sul riordino dei licei,

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro Paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio con specifico riguardo: allo sviluppo esponenziale della conoscenza e delle nuove tecnologie e del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera comunità; alla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi, profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro, un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; alla crisi finanziaria ed economica che ha duramente colpito il nostro Paese e che richiede di essere affrontata con una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare, quindi, cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. E’ il contesto mediatico, sociale, territoriale, la multimedialità ad egemonizzare il campo della conoscenza. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchio sistema educativo non sembra stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre un esito negativo;

occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico, affinché la scuola possa svolgere in questo nuovo contesto in modo adeguato la sua funzione. Gli studi scientifici più recenti mettono sempre più in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi e evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. E’necessario affermare la centralità dell’apprendimento come il coinvolgimento ed il protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, come sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica, fra cui:

         la programmazione e la metodologia della didattica;

         la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

         una ricerca metodologica che sia finalizzata: ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, capace di stimolare le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività nonchè di favorire il superamento della separazione rigida tra lezione frontale e attività laboratoriale; alla definizione dei quadri orari con nuovi criteri; alla riprogettazione e organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

         la revisione dei curricula per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale e fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

         la definizione di un piano nazionale, finalizzato a valorizzare la funzione dei docenti con lo sviluppo della loro professionalità attraverso una adeguata retribuzione; la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale; la stabilizzazione del personale precario; la definizione di organici funzionali; una nuova normativa per la formazione di base, il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

         l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del Titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare, infine, fondamentale che un processo riformatore di tale portata debba porsi come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal Governo Prodi, con il decreto ministeriale n. 139 del 2007 che, adeguandosi alle indicazioni europee e pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisca che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico-tecnologico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione superiore prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale tale da garantire, nei profili di uscita, il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese ai 16 anni per tutti, non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra i licei, gli istituti tecnici e professionali;

rilevato che:

nell’ordinamento proposto dal Governo sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata un’identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo d’istruzione, da cui determinare le identità specifiche;

il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione, ma sulla necessità di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’istruzione, definiti con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, nonché sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali e alla qualità di una riforma che non può, pertanto, fregiarsi di tale titolo;

questa logica di riduzione della spesa ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente, conseguente alle misure di “razionalizzazione” connesse all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline;

nella predetta logica dei tagli il regolamento determinerà un’ulteriore riduzione di 2.580 unità docente più 33 insegnanti tecnico-pratici;

la riduzione del monte ore, in particolare nel biennio – dove più facile è la riorganizzazione del quadro orario – produrrà la riduzione del personale docente, confermando che l’obiettivo del riordino è funzionale al contenimento della spesa e non all’affermazione di una nuova visione strategica dell’istruzione liceale del Paese;

rilevato, altresì, che proprio in questa logica va letta l’assenza di investimenti e il mancato stanziamento di risorse aggiuntive destinate alla innovazione didattica, alle strutture scolastiche (aule, attività laboratoriale, ecc.) e alla formazione del personale docente;

il principio generatore della riforma – contrariamente a quanto affermato dal Ministero – non risponde alle reali richieste che provengono dalla società contemporanea, di cui sopra, ma riporta in luce l’impianto complessivo dell’istruzione ad una visione di tipo gentiliano. Risulta assente, infatti, una vera rivoluzione di metodo capace di contenere gli elementi indispensabili per una scuola del XXI secolo, quali:

a)         la didattica laboratoriale di tutte le discipline tramite il sistema delle compresenze (storia/diritto; arte/tutte; lingua straniera/tutte; linguaggi /tutte);

b)        la previsione di spazi di intersezione tra le discipline, progettualità e sperimentazioni, che invece l’Europa ci chiede;

c)         l’insegnamento autonomo di Cittadinanza e Costituzione;

d)        l’insegnamento autonomo di Linguaggi (Media Education);

e)         l’insegnamento almeno quadriennale di Scienze;

si rende necessaria un’attenta revisione dello schema di regolamento e dei quadri disciplinari, al fine di non disperdere la ricchezza diffusa di centinaia di licei (più di un terzo del totale) che da decenni sperimentano esperienze didattiche che hanno prodotto risultati formativi e culturali di eccellenza e conseguito gli obiettivi OCSE PISA in linea con le maggiori scuole europee;

considerato che:

l’orario medio settimanale sarà di 27 ore nel primo biennio dei primi quattro licei e di 31 nel secondo biennio e nel quinto anno, per i primi 3 licei (32 per il linguistico); 32 per il musicale-coreutico; 34 (prima e seconda) e 35 (terza, quarta e quinta) per l’artistico;

appare contraddittoria la previsione per i licei di flessibilità didattiche o curricolari riservate alla scuola, nella quota del 20 per cento al primo biennio e del 30 per cento al secondo biennio, vincolata ad un contingente di organico annuale attribuito, in modo sempre più ridotto, dal Ministero;

stando alle ipotesi ora al vaglio, per effetto della riduzione oraria entreranno in sofferenza molte discipline con le relative classi di concorso – pur non essendo queste ultime oggetto del regolamento in discussione – ed, in particolare :

a)                  la classe 19 A (Discipline giuridiche ed economiche) scompare dai licei linguistici e delle scienze umane e da molte sperimentazioni, mentre l’insegnamento del diritto dovrebbe essere incrementato anche al fine di rendere utile ed effettiva la nuova disciplina “Cittadinanza e Costituzione” che deve formare cittadini consapevoli;

b)                  la classe 51 A (Materie letterarie con latino) nel liceo scientifico, nel liceo linguistico (da – 25 a – 50 per cento a seconda dell’organizzazione precedente), nel liceo delle scienze umane (- 8 per cento circa);

c)                  la classe 50 A (Materie letterarie) nel liceo linguistico e nel liceo delle scienze umane dove, vista la presenza del latino, prevarrà il ricorso alla 51 A;

d)                  la classe 49 A (Matematica e Fisica) nel liceo linguistico (-15 per cento circa);

e)                  la classe 45 A (Lingue straniere) nello scientifico (10 per cento circa) e, relativamente alla seconda lingua straniera, nel liceo linguistico (-33 per cento circa);

f)                   la classe 60 A (Scienze naturali ecc.) nel linguistico e nel liceo delle scienze umane(- 25 per cento circa ) ;

g)                  le classi 61 A (Storia dell’arte) e 25 A (Disegno e storia dell’arte) dimezzate nei licei linguistico e delle scienze umane;

h)                  la classe 36 A (Filosofia, pedagogia, psicologia) e 37 A (Filosofia e storia) nel liceo delle scienze umane (rispettivamente -33 per cento e – 25 per cento);

i)                   la classe 47 A (Matematica) espulsa dai licei delle scienze umane e linguistici, poichè matematica e fisica diventano disciplina unica già nel biennio;

j)                   le classi 18 A (Discipline geometriche ecc.), 21 A (Discipline pittoriche), 22 A ( Discipline plastiche) nel liceo artistico;

k)                  le classi dalla 3 A alla 10 A (Arti varie) e della tabella D (Laboratori degli istituti d’arte) per la confluenza degli istituti d’arte nei licei artistici;

sarebbe necessario:

a)               non ridurre ulteriormente l’orario previsto per le scienze umane e sociali nelle due opzioni del liceo delle scienze umane;

b)              potenziare lo studio sistematico della psicologia, sociologia, metodologia della ricerca nel triennio del liceo delle scienze umane

c)                           prevedere l’inserimento dell’insegnamento di Psicologia della comunicazione nel triennio

–                                                 degli indirizzi tecnici “Turismo” e “Amministrazione Finanza e Marketing”;

–                                                 dell’istituto professionale “Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera”;

d) l’unificazione delle classi di concorso 36/A e 37/A;

considerato inoltre che:

la riduzione dei quadri orari colpisce fortemente i licei interessati ai corsi sperimentali, in particolare i più diffusi quali il “Piano nazionale di informatica”, la sperimentazione della seconda lingua straniera per l’intero quinquennio nei licei scientifici, il liceo scientifico-tecnologico, senza un’approfondita valutazione dei risultati formativi raggiunti;

il liceo artistico prevede un numero di ore insufficiente e mal distribuito per le attività artistiche pratiche. Esso assorbe altresì di fatto anche gli istituti d’arte, con conseguenze pesanti sulla molteplicità di queste scuole non riconducibili ai tre indirizzi previsti. Gli istituti d’arte dovrebbero, infatti, avere un taglio più professionalizzante ed essere legati di più al territorio, anche per non disperdere il valore degli istituti d’arte del mosaico, del corallo, dell’oreficeria, dell’alabastro, del vetro, del tessuto, che costituiscono un patrimonio prezioso per tanti territori;

il liceo classico, analogamente al liceo artistico, non prevede al biennio lo studio delle scienze naturali, nonostante tale disciplina sia considerata, nei contenuti, uno dei quattro assi portanti che l’Europa ci chiede come certificazione di competenze alla fine dell’obbligo. Con la fine delle sperimentazioni ci si trova di fronte a un “nuovo” liceo classico che ci riporta al “vecchio”: infatti in questi licei in una percentuale prossima al 100 per cento si studiano le lingue straniere anche nel triennio, per un monte di ore pari a tre ore settimanali; con la riorganizzazione le ore vengono ridotte di una unità su ogni classe, per un totale di cinque nell’intero quinquennio; viene abolito inoltre lo studio dello storia dell’arte in tutto il quinquennio la cui sperimentazione ha permesso a buona parte dei licei classici italiani una diffusa e approfondita conoscenza del patrimonio artistico del nostro Paese. Anche per il liceo classico (così com’è previsto per i licei scientifico e delle scienze sociali) andrebbe inserita l’opzione del “liceo della comunicazione” che, rispondendo alla necessità di far vivere l’umanesimo perenne della classicità, attirerebbe in questa sfera anche quella parte di studenti che non se la sentirebbero di frequentare un Classico tradizionale;

i licei scientifici tornano alle più vetuste esperienze, come ad esempio quelle delle tre ore di lingua straniera, e si pone fine allo studio della seconda lingua comunitaria per tutto il quinquennio, che era stato il fiore all’occhiello delle recenti sperimentazioni. Inoltre il liceo scientifico tecnologico, così come previsto nello schema di regolamento in esame, recepisce solo in parte le caratteristiche peculiari delle attuali sperimentazioni, poiché non sono comprese le attuali ore di didattica di laboratorio. Pertanto è indispensabile una diversa articolazione delle opzioni del liceo scientifico, mantenendo nei tecnici la previsione di un’articolazione che riprenda il profilo del vecchio “liceo scientifico-tecnologico Brocca” e facendo sì che, nelle confluenze, gli istituti tecnici che attualmente hanno tali sperimentazioni rilascino il diploma di liceo scientifico-tecnologico;

i licei linguistici e delle scienze umane, finora costituiti in via sperimentale con orari intorno alle 35 ore, risentiranno maggiormente del limite imposto delle 30 ore. In tali licei la definizione e distribuzione delle discipline risulta approssimativa: ad esempio matematica e fisica costituiscono una disciplina unica (comprensiva anche di informatica!) diversamente dal classico e dallo scientifico; arte e musica sono alternative e sono distribuite su un’ora alla settimana. Inoltre, in assenza delle sperimentazioni al liceo linguistico si studieranno bene solo le lingue straniere, mentre scomparirà una più vasta e solida cultura liceale. Il latino si studierà solo nei primi due anni, pur essendo, quello linguistico, indirizzo dedicato più di altri alla specializzazione dei linguaggi;

per quanto riguarda l’eliminazione dello studio del latino nella seconda opzione prevista per il liceo scientifico (opzione scientifico-tecnologica) che la Commissione cultura della Camera ha chiesto di sostituire con l’opzione “scientifico-informatica”, si ritiene assolutamente necessario cogliere l’occasione per sollecitare il ripristino di tale insegnamento per molteplici ragioni ed in particolare:

a) perché l’insegnamento del latino è del tutto rispondente al principio, ribadito in tutti i documenti, di volere con la riforma riconfermare l’identità e la peculiarità dei licei al fine di consentire il conseguimento di una solida cultura umanistico – scientifica;

b) di fatto la presenza di una opzione priva dell’insegnamento del latino porterebbe rapidamente alla scomparsa di detto insegnamento nel liceo scientifico, in contrasto rispetto alla sua diffusa presenza in tutti i licei;

per quanto riguarda la istituzione di “dipartimenti e comitato tecnico-scientifico” (articolo 10, comma 2), si segnala (a parte l’incoerenza rispetto all’autonomia costituzionalmente garantita alle scuole da cui discende la facoltà di operare scelte organizzative gestionali autonome) la natura artificiosa di tali strumenti, non sempre utili e per nulla innovativi rispetto alle soluzioni adottate correntemente dalle scuole nella loro autonomia per rendere più efficaci e funzionali i processi di programmazione e progettazione e le azioni di coordinamento con il contesto locate e territoriale. E’ sicuramente preferibile lasciare alle scuole la possibilità di effettuare scelte autonome e adottare le soluzioni ritenute più opportune ed efficaci;

per quanto riguarda la previsione contenuta nel decreto-legge n. 112 del 2008 (e altre norme successive), che stabilisce che con regolamento del Ministro dell’istruzione sia definita una nuova disciplina dei requisiti e modalità di formazione e reclutamento degli insegnanti, sarebbe opportuno raccomandare che a monte di tale procedimento vi sia un’appropriata selezione attitudinale dei futuri docenti;

il liceo delle scienze umane, nel suo indirizzo tradizionale, è calibrato su un asse psico-pedagogico, anziché, come nel resto d’Europa, su un asse sociale. E’ un’inutile riedizione del soppresso magistrale con latino per 5 anni eneppure un’ora di discipline giuridiche ed economiche, materia che pure appartiene all’asse culturale delle scienze umane. La classe 19 A (Discipline giuridiche ed economiche) scompare senza che si sia fatta alcuna riflessione didattica, pedagogica o del mondo dell’impresa o delle professioni. Tuttavia, il ripristino delle ore delle discipline giuridiche ed economiche non deve comportare una ulteriore riduzione di “Scienze sociali e metodologia della ricerca”. Nel biennio, manca una disciplina caratterizzante (non è prevista neanche un’ora di scienze sociali) compromettendo, così, l’identità specifica dell’indirizzo. Nel triennio la sottrazione dell’insegnamento della filosofia ai docenti di materia d’indirizzo (A036) renderà difficile mantenere sincronia e coerenza tra i programmi di filosofia e pedagogia, pur trattandosi dello studio dei medesimi pensatori;

il liceo musicale-coreutico nasconde l’incognita della ricerca e dell’impiego delle risorse. In tal senso o si assume personale nuovo e abilitato o si riqualificano, per riconvertirli, i docenti di educazione musicale e di strumento provenienti dalle scuole medie. Al suo interno è previsto l’insegnamento teorico della musica e della danza, ma assai poco quello pratico, sacrificato dentro le 32 ore massime in cui si articola. Soprattutto in quanto liceo vocazionale, esso risente fortemente del mancato investimento nell’attività laboratoriale e di un rapporto poco chiaro con i Conservatori e le Accademie di danza e altre istituzioni musicali e coreutiche riconosciute. Il tema è quello della formazione e dell’abilitazione all’insegnamento. Si stigmatizza infine la previsione di affrontare un progetto così ambizioso senza nessun investimento e la previsione, assolutamente irrisoria, del limite numerico di quaranta licei musicali;

gran parte del deficit formativo della scuola italiana è di tipo metodologico e l’insegnamento è ancora in gran parte libresco; bisognerebbe introdurre dovunque la pratica dei laboratori e dell’indagine scientifica. È nel laboratorio infatti, in quanto luogo di ricerca e di indagine critica, che si impara l’analisi e la soluzione dei problemi, l’uso dei modelli e linguaggi specifici, la conoscenza delle strutture sintattiche e logiche delle discipline. Benché nella attività laboratoriale ci siano le condizioni per l’attuazione di modelli didattici funzionali all’apprendimento per competenze, tale pratica purtroppo non riguarda strutturalmente i licei;

con un evidente attacco al buon senso, l’avvio della riforma nel 2010-2011 riguarderà, oltre alle prime classi, anche le seconde. In tal modo, grazie alla contrazione dei quadri orari si otterrà il risparmio previsto; le famiglie, tuttavia, avranno iscritto i propri figli a corsi destinati a cambiare dopo un anno assetti curriculari, quadri orari e insegnanti. Così facendo si disattende il diritto degli alunni alla continuità educativa e si riduce il tempo necessario per gestire il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento. Al riguardo si fa notare che non sono state ancora definite né le “Indicazioni nazionali”, né le nuove classi di concorso e che, in assenza delle condizioni funzionali alla sua attuazione, un’ eventuale accelerazione del processo di riforma genererebbe solo ulteriore disagio all’interno della comunità scolastica e rafforzerebbe il convincimento che la riforma dei licei ha per obiettivo primario il solo contenimento della spesa;

considerato che:

il Consiglio di Stato, pur avendo espresso parere favorevole al regolamento, ha rilevato che negli articoli riservati ai singoli percorsi liceali è assente un richiamo alle finalità generali e alla sua identità culturale poiché tali percorsi, salvo quello del liceo scientifico, sono diretti genericamente ad “approfondire conoscenza, abilità e competenza”;

rilevato che:

l’applicazione del regolamento relativo ai nuovi indirizzi dei licei, degli istituti tecnici e professionali deve tenere in debito conto la specificità delle scuole con lingua d’insegnamento slovena nella Regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare due aspetti:

1.               il numero delle ore di insegnamento deve garantire la equivalente presenza delle due lingue (slovena ed italiana);

2.               deve essere assicurato agli studenti di lingua slovena una ampia offerta formativa, anche adottando lo strumento della classe articolata, per garantire così il diritto all’accesso alla scuola media superiore con una scelta adeguata di indirizzi;

considerato infine che:

il 21 gennaio 2010, nel corso dell’esame alla Camera dei deputati del disegno di legge “Collegato lavoro” alla legge finanziaria per l’anno 2010 (A.C. 1441-quater-B), è stato approvato un emendamento che, modificando la “legge Biagi” prevede la possibilità di cominciare a lavorare a 15 anni mediante un contratto di apprendistato che sostituirà l’ultimo anno della scuola dell’obbligo. Più in particolare, l’emendamento prevede che «l’obbligo di istruzione, di cui all’articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione di cui al presente articolo». La modifica si innesta in quella parte della legge Biagi che regolamenta il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

il contratto di apprendistato a cui si riferisce la modifica riguarda i giovani e gli adolescenti (di età tra i 15 e i 18 anni non compiuti); questi ultimi possono essere assunti da datori di lavoro che appartengono a tutti i settori lavorativi, ivi comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali. Il contratto non può avere una durata superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica di istruzione e formazione professionale (in base alla legge n. 53 del 2003); vale a dire all’acquisizione, attraverso il lavoro, di un titolo di studio (alternanza scuola-lavoro);

la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) ha aumentato il numero degli anni (da nove a dieci) che costituiscono l’obbligo scolastico riformulando, così, il limite degli anni per l’accesso al lavoro. L’elevazione dell’età (da 15 a 16 anni) è frutto, dunque, di una conseguenza dell’aumento del numero degli anni (10) previsti per il percorso minimo di istruzione obbligatoria. Iniziando a studiare a sei anni, infatti, l’istruzione obbligatoria si conclude a 16. Oggi si interviene proprio su questo arco temporale prevedendo che l’ultimo degli anni di questo percorso obbligatorio possa essere assolto dall’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione;

la norma si pone quindi in palese contrasto con quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2007 che prevede l’accesso al lavoro non prima del compimento dei 16 anni;

si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell’istruzione previsti dal Trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del Governo del Centro-sinistra, ovvero l’obbligo all’istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola. Di fatto la serie di disposizioni approvata da questo governo in materia di istruzione sembrano orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi “classisti”, la serie A dei licei, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali, diffondendo peraltro l’idea, dopo la terza media, di poter andare subito al lavoro;

l’Unione europea e tutti i più recenti studi sul capitale umano chiedono di aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e di ridurre la dispersione scolastica. E’ inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, si sia deciso di penalizzare gli studenti italiani;

gli ultimi studi dell’OCSE e della Banca d’Italia raccomandano l’esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d’Italia ha pubblicato uno studio dall’emblematico titolo “Investire in conoscenza” che evidenzia tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza Unificata Stato, Regioni e autonomie locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione;

considerato che il Consiglio di Stato ha mostrato perplessità sulla istituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, e sulla costituzione di un comitato scientifico, poiché detti organismi entrerebbero in conflitto tanto con la riserva di legge in materia di organizzazione scolastica quanto con il rispetto dell’autonomia scolastica in base alla quale ogni scuola deve poter valutare l’opportunità di istituire tali organi nel suo specifico contesto;

considerato altresì che il Consiglio di Stato ha espresso forti perplessità in merito all’utilizzo di decreti ministeriali non aventi forza normativa, per quanto riguarda la definizione delle Indicazioni nazionali inerenti gli ordinamenti, l’articolazione delle cattedre e l’autovalutazione dei percorsi previsti dai regolamenti e che, comunque, ad oggi non sono ancora formalmente definiti i regolamenti con i quali viene disposta la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dell’istruzione liceale. Appare quindi del tutto evidente l’impossibilità di avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per l’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 poiché non si consente alle famiglie una scelta consapevole dell’indirizzo di scuola più consono ai propri figli;

considerato ancora che in assenza delle definitive disposizioni normative le Regioni non possono, nell’ambito delle proprie competenze, definire gli indirizzi di programmazione dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2010-2011;

tenuto conto che il Governo stesso, in fase di discussione della legge finanziaria per l’anno 2010, aveva riconosciuto la validità di tale richiesta mediante l’accoglimento di un ordine del giorno, presentato dal Partito Democratico, che chiedeva di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti;

esprime parere contrario.”

SCHEMA di parere PROPOSTO dai senatori RUSCONI, GIAMBRONE, MARIAPIA GARAVAGLIA, CERUTI, VITTORIA FRANCO, MARCUCCI, PROCACCI, ANNAMARIA SERAFINI, VITA, BLAZINA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 133

“La Commissione, esaminato lo Schema di decreto del Presidente della Repubblica  recante il Regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici,

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro Paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’Istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio, contrassegnato dallo sviluppo esponenziale della società della conoscenza e delle nuove tecnologie,  del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera società; dalla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi, profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro, un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; dalla crisi finanziaria ed economica mondiale, che ha duramente colpito il nostro Paese,  e che  richiede di essere affrontata con  una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare quindi cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. Il campo della conoscenza è egemonizzato dal contesto mediatico, sociale, territoriale, dalla multimedialità. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchio sistema educativo non sembra  stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre un esito negativo;

in questo nuovo contesto, affinché la scuola possa svolgere in modo adeguato la sua funzione, occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico. Le stesse nuove acquisizioni scientifico-neurologiche mettono sempre più in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi e evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. E’necessario affermare la centralità dell’apprendimento come coinvolgimento e protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, attraverso la sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva, quindi come cooperazione educativa;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica, fra cui:

·                 la programmazione e la metodologia della didattica;

·                 la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

·                 una ricerca metodologica che sia finalizzata ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, che stimoli le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività, favorendo il superamento dell’organizzazione rigida della lezione frontale, puntando sulle attività laboratoriali, sulla definizione dei quadri orari con nuovi criteri nonchè sulla riprogettazione, strutturazione e organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

·                 la revisione dei curriculi per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

·                 la definizione di un piano nazionale finalizzato a valorizzare la funzione docente attraverso una adeguata retribuzione economica; la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale la stabilizzazione del personale precario; la definizione di organici funzionali; una nuova normativa per la formazione di base, il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

·                 l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del Titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare, infine, fondamentale che un processo riformatore di tale portata si ponga come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal Governo Prodi con il decreto ministeriale n. 139 del 2007 che, in conformità con le indicazioni europee e, pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisce che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale tale da garantire, nei profili in uscita, il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese a 16 anni per tutti non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra licei, istituti tecnici e professionali;

ritenuto che:

sarebbe necessario realizzare un biennio unitario costruito sui quattro assi fondamentali dei saperi che si concluda con la certificazione dell’obbligo di istruzione;

occorre una diversa definizione e articolazione del biennio, unitario e orientativo, che superi gli steccati di stampo gentiliano e si proponga di offrire pari opportunità ai nostri ragazzi: un segmento che consenta ai ragazzi di comprendere meglio le loro capacità e attitudini favorendo i passaggi da un corso di studi ad un altro senza che nessuno si perda per strada;

sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata una identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo di istruzione dalla quale sarebbero poi discese e definite tre identità/finalità specifiche, e non invece identità/finalità progressivamente riduttive rispetto a quelle dei licei;

il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione, bensì fondato sulla esigenza di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’istruzione stabiliti con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, e sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali ed alla qualità della riforma;

la logica di riduzione della spesa, in conseguenza delle misure di “razionalizzazione” connesse all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline, ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente;

la predetta logica dei tagli, che sottende anche allo schema di decreto recante il regolamento in discussione, comporta un’ulteriore riduzione di 7.492 unità docente più 2.867 insegnanti tecnico-pratici, per un totale di 10.359 unità;

per i motivi esposti in premessa, la riforma dell’ultimo segmento del percorso  scolastico è certamente auspicabile e urgente per offrire ai giovani italiani strumenti atti a metterli in condizione di parità con i loro coetanei del resto del mondo e per renderli capaci di affrontare le sfide di questi anni, rese ancora più difficili da una crisi complessa e ancora molto lontana dal superamento. Una riforma deve tuttavia partire dall’individuazione degli obiettivi che si intendono raggiungere e non da obiettivi di riduzione della spesa. Quella che si propone oggi è invece viziata dai tagli previsti dal decreto-legge n. 112 del 2008: il riordinamento dell’istruzione secondaria superiore previsto nei regolamenti in esame viene realizzato nell’ambito della politica di ridimensionamento della spesa per l’istruzione pubblica prevista dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 (circa 8 miliardi di euro in tre anni) e in assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali ed alla qualità istituzionale della riforma;

una nuova scuola, tarata sugli obiettivi, pur enunciati nei regolamenti in esame, dell’Unione Europea, avrebbe bisogno di nuovi stanziamenti, di investimenti mirati soprattutto sulla formazione dei docenti, ma anche sull’organizzazione delle istituzioni scolastiche e  sulle attrezzature di cui dovrebbero essere dotate mentre, al contrario, il regolamento in esame prevede financo la riduzione dei laboratori e dei posti di docenti tecnico pratici;

l’identità dell’istruzione tecnica finisce con l’essere circoscritta ad “una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico…”, e quindi nei tre schemi permane e si rafforza quella gerarchia tra percorsi secondari che invece andrebbe superata, considerando i profondi cambiamenti che si verificano giorno dopo giorno sia nel mondo della ricerca scientifica e delle applicazioni tecnologiche, grazie alle quali la separazione tra lavoro intellettuale e manuale sta sempre più perdendo significato, sia nel mondo della ricerca educativa, che non da oggi propone strategie per un insegnare/apprendere in grado di sollecitare e “produrre” soggetti “competenti” anche se condizionati da un milieu socioculturale deprivato;

la costruzione della responsabilità, della capacità di scegliere e di interpretare, nonché la forza di elaborare una prospettiva per il proprio futuro possono essere ottenute tanto per “via tecnologica” quanto per “via umanistica”, mentre in tal senso lo schema in esame risulta del tutto divergente;

una didattica veramente innovativa dovrebbe prevedere alcune innovazioni strutturali, quali il superamento dell’orario di cattedra ed utilizzazione delle competenze professionali dei docenti secondo criteri diversi rispetto a quelli previsti dalle gabbie delle classi di concorso e degli orari di cattedra;

l’applicazione della riforma anche alle seconde classi degli istituti tecnici appare incomprensibile da ogni punto di vista, tanto più da quello didattico ed educativo. Tale previsione si fonda solo sulle esigenze di taglio alla spesa pubblica e contrasta con il diritto dei giovani, che quest’anno hanno scelto e cominciato il loro percorso di studi, di proseguire serenamente tale percorso;

la riduzione oraria a 32 ore applicata già dal prossimo anno scolastico anche alle terze e quarte negli istituti tecnici, peraltro senza un’indicazione specifica su quali discipline debbano subire tali decurtazioni, costituisce un grave nocumento per gli studenti che hanno già iniziato, e alcuni quasi completato, il percorso di studi, violando il diritto dei ragazzi a concludere gli studi in continuità con il percorso che hanno scelto di intraprendere; tale previsione non hanno altra spiegazione se non l’urgenza del Ministero dell’economia di riduzione della spesa;

la previsione di quote orarie opzionali e della maggiore autonomia delle istituzioni scolastiche, pure condivisibile, deve essere resa possibile e concreta sul piano organizzativo con un organico funzionale pluriennale, di cui non vi è traccia nello schema in esame che, al contrario, vincola la flessibilità didattica e curriculare nei limiti dei contingenti di organico assegnati;

la previsione di demandare a successiva decretazione, per gli istituti tecnici, le possibilità delle opzioni significa limitare l’autonomia e il radicamento territoriale delle scuole e sottrarre semplificazione e trasparenza all’intera manovra ed è viziata da illegittimità, come segnalato dal Consiglio di Stato;

la riforma degli istituti tecnici è urgente e ormai la riflessione e l’elaborazione hanno raggiunto un livello di maturazione che solo in parte è contenuto nello schema di regolamento in esame. La commissione presieduta dal professor De Toni, insediata dal Governo Prodi con l’obiettivo di elaborare una proposta di riforma degli istituti tecnici che ne valorizzasse il ruolo fondamentale per la promozione sociale e lo sviluppo economico del nostro Paese, ha svolto un pregevole lavoro, ma il Governo, che pure l’ha mantenuta, ha colto solo in modo parziale e limitativo la spinta innovativa che deriva dall’elaborazione della commissione, minando alle radici tali potenzialità;

nel regolamento sono contenuti aspetti positivi e condivisibili, che sono stati sottolineati nelle audizioni da esperti, associazioni professionali e sindacati, fra i quali:

·                 la riduzione e semplificazione degli indirizzi;

·                 l’affermazione che la didattica laboratoriale deve essere la metodologia di lavoro per raggiungere le competenze previste ed espresse secondo la definizione europea EQF per rendere confrontabili i titoli di studio, ma la riduzione delle compresenze, delle ore di docenti tecnico-pratici e di laboratorio ne vanifica l’attuazione;

·                 i curricula per competenze come scelta di fondo anche se, a causa della riduzione delle ore, appare debole e incerta l’area comune del biennio;

·                 il richiamo ad un collegamento sistematico con le strutture della ricerca, del mondo produttivo e delle professioni;

·                 il richiamo ad una mirata ed efficace azione di orientamento;

·                 l’affermazione della necessità un ampio uso di stages, tirocini, laboratori e alternanza scuola lavoro;

·                 l’aumento dell’autonomia nel curricolo del secondo biennio e nel V anno, seppure con i rilievi già sottolineati;

·                 la costituzione, nei singoli istituti, dei dipartimenti per sostenere la progettazione educativa e l’integrazione tra le discipline, seppure con i rilievi già esposti in particolare sul contrasto con l’autonomia scolastica e con l’esigenza di una riforma della governance complessiva delle istituzioni scolastiche;

·                 la declinazione dei risultati di apprendimento in competenze, abilità e conoscenze secondo il quadro europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF 2008);

·                 l’introduzione dell’insegnamento in lingua inglese di una disciplina non linguistica nel quinto anno, anche se non si possono tacere i dubbi circa l’effettiva applicabilità di tale indicazione;

sono presenti molti aspetti negativi, oltre a quelli già evidenziati, in diretto contrasto con alcuni di quelli positivi, quali:

·                 l’assenza di risorse umane e finanziarie per le scuole e la formazione dei docenti;

·                 il permanere di terminalità troppo rigide e specialistiche che non consentono di costruire un profilo compatibile con professionalità realmente strategiche;

·                 la riduzione delle ore specie nel biennio;

·                 la riduzione degli orari dei laboratori e delle ore dedicate alla compresenza, nonché delle ore degli insegnanti tecnico-pratici;

·                 la mancanza di chiarezza sul problema della valutazione e certificazione delle competenze;

·                 l’assenza di un nesso tra area comune e competenze di cittadinanza;

·                 la mancanza di un nesso tra materie del biennio e quelle del triennio;

considerato che:

non sono stati previsti finanziamenti mirati e piani nazionali di aggiornamento dei docenti e dei dirigenti scolastici;

la pratica laboratoriale, indispensabile in modo particolare per l’istruzione tecnica, è messa in discussione dall’eccessivo taglio delle compresenze degli insegnanti tecnico-pratici e che, al contrario, i laboratori, nell’impostazione della commissione De Toni, erano fondamentali, mentre il Governo ne ha stabilito un taglio del 30 per cento;

non è prevista la possibilità di attivare insegnamenti facoltativi sui quali gli studenti possano esprimere una scelta;

il comitato scientifico dello schema di regolamento in esame presenta rischi di sovrapposizione con le funzioni di altri organi della scuola (dipartimenti e collegio dei docenti), che andrebbero evitati, e tenuto conto che la sua composizione, in particolare con l’articolazione delle rappresentanze su base paritetica, non trova alcuna fondata motivazione per un organismo a cui si assegnano funzioni consultive e di proposta;

è necessario affidare alle scuole ogni deliberazione circa l’eventuale costituzione e la composizione del comitato medesimo, così come peraltro sottolineato nel parere del Consiglio di Stato;

il comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale, istituito ai fini del monitoraggio di cui all’articolo 12, oltre che risultare di quasi esclusiva nomina ministeriale e privo di qualsiasi forma di rappresentatività e di garanzia tecnico-professionale, sostituisce impropriamente il comitato nazionale per il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) istituito per le finalità previste dall’articolo 69 della legge n. 144 del 1999, come peraltro rilevato dal Consiglio di Stato;

la valutazione delle competenze e il sistema delle qualifiche (EQF) rende necessaria l’indicazione degli standard di prestazione secondo i quali certificare le competenze mentre tale indicazione è assente nello schema di regolamento in esame;

nei quadri orari di vari indirizzi è inserita la disciplina Scienze integrate con l’accompagnamento delle dizioni Fisica, Chimica, Scienze della terra e Biologia, senza che venga chiarito se si tratti di una nuova disciplina o solo di una nuova denominazione di quelle indicate tra parentesi, peraltro con una consistente riduzione del monte ore complessivo;

le materie scientifiche dovrebbero avere un ruolo importante nella formazione tecnica, anche alla luce degli obiettivi di Lisbona;

la disciplina Scienze e tecnologie applicate non può essere inserita nel biennio, in quanto già fortemente caratterizzante del percorso di studio e pertanto non orientativa né propedeutica;

è necessaria una maggiore caratterizzazione dell’indirizzo Turistico all’interno del settore “Economico”, prevedendo la possibilità di differenziare il percorso di studio del perito per il turismo in indirizzi che valorizzino le specificità territoriali, articolando i quadri orari in maniera che in ciascun indirizzo si configurino alcune discipline prevalenti e offrendo materie opzionali significative rispetto alle realtà regionali. E’necessario, inoltre, mantenere le discipline tecnico-pratiche (Pratica d’Agenzia e Conversazione in lingua straniera) che da sempre hanno qualificato l’indirizzo turistico, fornendo agli alunni le indispensabili competenze professionali, le quali devono necessariamente trovare una precisa collocazione nel quadro orario della riforma, anche in forma di compresenza nel secondo biennio e nell’ultimo anno;

il liceo scientifico-tecnologico, così come previsto nello schema di regolamento dei licei, recepisce solo parzialmente le caratteristiche peculiari delle attuali sperimentazioni, che hanno avuto grande successo, in particolare per l’azzeramento delle ore di laboratorio. Pertanto è indispensabile una diversa articolazione delle opzioni del liceo scientifico, mantenendo nei tecnici la previsione di un indirizzo che riprenda il profilo del vecchio liceo scientifico tecnologico “Brocca” e facendo sì che, nelle confluenze, gli istituti tecnici che attualmente hanno tali sperimentazioni rilascino diplomi di liceo scientifico-tecnologico;

gli schemi di regolamento degli istituti tecnici e dei licei, e le tabelle di confluenza dei percorsi tecnici e dei percorsi liceali nei nuovi indirizzi tecnici e liceali comportano la perdita di indirizzi sperimentati con successo dagli istituti tecnici per attività sociali (ITAS): in particolare l’indirizzo Biologico (indirizzo liceale) e Generale (indirizzo tecnico); tali istituti acquisterebbero pertanto esclusivamente il profilo di istituti di istruzione superiore, costituiti da indirizzi di tipo tecnico del settore tecnologico e di tipo liceale; al fine di evitare tale situazione si rende necessario stabilire la confluenza dell’indirizzo sperimentale Biologico “Brocca” nel settore Tecnologico – indirizzo Chimico, Materiali e Biotecnologie – dell’istruzione tecnica, realizzando un corso di studi che rilascerà un diploma di istruzione tecnica; la confluenza dell’indirizzo Generale dell’ITAS nel settore Tecnologico – Indirizzo Sistema Moda, articolazione Tessile, Abbigliamento e Moda e la confluenza dell’indirizzo Economo – Dietista dell’ITAS nell’Istruzione Tecnica – Settore Tecnologico – indirizzo Chimica, materiali e biotecnologie;

ritenuto necessario mantenere l’indirizzo di informatica gestionale (Programmatori/Mercurio) nel settore Economico, che può formare esperti in settori di avanguardia come il web design e la programmazione web-oriented. Nel settore Economico dovessero permanere solo i due indirizzi previsti dal riordino (“Amministrazione, Finanza e Marketing” e “Turismo”), i futuri diplomati avrebbero delle competenze e delle capacità informatiche irrisorie e marginali, mentre l’economia punta verso l’e-commerce e l’e-businesse che nessuno degli indirizzi proposti nel riordino prevede un percorso capace di fornire le   competenze per creare degli esperti in questi importanti ambiti. Le figure in uscita del settore Tecnologico sono orientate a gestire più l’aspetto hardware e “tecnico-industriale” dei sistemi informatici che a ricoprire funzioni e svolgere mansioni di tipo economico-aziendale e pertanto sarebbe necessario l’ulteriore indirizzo Informatica gestionale;

ritenuto inoltre che l’indirizzo per periti aziendali corrispondenti in lingue estere (PACLE), avviato in forma di sperimentazione ormai da decenni, costituisce un importante contributo all’attività aziendale e deplorato che lo schema in esame cancella tale indirizzo riconducendolo a quello Amministrazione, Finanza e Marketing del Ssettore Economico;

si raccomanda di conservare, all’interno del sistema degli indirizzi, il riferimento alla figura del perito aziendale corrispondente in lingue estere  (Pacle-Erica), così come fortemente richiesto dal mondo della produzione;

considerato infine che:

il 21 gennaio 2010, nel corso dell’esame alla Camera dei deputati del disegno di legge “Collegato lavoro” alla legge finanziaria per l’anno 2010 (A.C. 1441-quater-B), è stato approvato un emendamento che, modificando la “legge Biagi” prevede la possibilità di cominciare a lavorare a 15 anni mediante un contratto di apprendistato che sostituirà l’ultimo anno della scuola dell’obbligo. Più in particolare, l’emendamento prevede che «l’obbligo di istruzione, di cui all’articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione di cui al presente articolo». La modifica si innesta in quella parte della legge Biagi che regolamenta il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

il contratto di apprendistato a cui si riferisce la modifica riguarda i giovani e gli adolescenti (di età tra i 15 e i 18 anni non compiuti); questi ultimi possono essere assunti da datori di lavoro che appartengono a tutti i settori lavorativi, ivi comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali. Il contratto non può avere una durata superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica di istruzione e formazione professionale (in base alla legge n. 53 del 2003); vale a dire all’acquisizione, attraverso il lavoro, di un titolo di studio (alternanza scuola-lavoro);

la legge finanziaria per il  2007 (legge n. 296 del 2006) ha aumentato il numero degli anni (da nove a dieci) che costituiscono l’obbligo scolastico riformulando, così, il limite degli anni per l’accesso al lavoro. L’elevazione dell’età (da 15 a 16 anni) è frutto, dunque, di una conseguenza dell’aumento del numero degli anni (10) previsti per il percorso minimo di istruzione obbligatoria. Iniziando a studiare a sei anni, infatti, l’istruzione obbligatoria si conclude a 16. Oggi si interviene proprio su questo arco temporale prevedendo che l’ultimo degli anni di questo percorso obbligatorio possa essere assolto dall’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione;

la norma si pone quindi in palese contrasto con quanto disposto dalla legge finanziaria per il  2007 che prevede l’accesso al lavoro non prima del compimento dei 16 anni;

si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell’istruzione previsti dal Trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del Governo del Centro-sinistra, ovvero l’obbligo all’istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola. Di fatto la serie di disposizioni approvata da questo Governo in materia di istruzione sembra orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi “classisti”, la serie A dei licei, la serie B degli istituti tecnici, la serie C dei professionali, diffondendo peraltro dopo la terza media l’idea di poter andare subito al lavoro;

l’Unione europea e tutti i più recenti studi sul capitale umano chiedono di aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e di ridurre la dispersione scolastica. E’ inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, si sia deciso di penalizzare gli studenti italiani;

gli ultimi studi dell’OCSE e della Banca d’Italia raccomandano l’esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d’Italia ha pubblicato uno studio dall’emblematico titolo “Investire in conoscenza” che evidenzia tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani;

rilevato che:

l’applicazione del regolamento relativo ai nuovi indirizzi dei licei, degli istituti tecnici e professionali deve tenere in debito conto la specificità delle scuole con lingua d’insegnamento slovena nella Regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare due aspetti:

3.     il numero delle ore di insegnamento deve garantire la equivalente presenza delle due lingue (slovena ed italiana);

4.     deve essere assicurato agli studenti di lingua slovena una ampia offerta formativa, anche adottando lo strumento della classe articolata, per garantire così il diritto all’accesso alla scuola media superiore con una scelta adeguata di indirizzi;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata Stato, Regioni e autonomie locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione;

preso atto del parere del Consiglio di Stato e delle condizioni in esso contenute, in particolare per quel che concerne i commi 2 e 3 dell’articolo 8: “In entrambi casi la natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo delle due disposizioni l’inciso “di natura non regolamentare”;

ritenuto quindi che non si possano demandare a un successivo decreto ministeriale di natura non regolamentare la definizione di aspetti che attuano e completano le disposizioni contenute nello schema di regolamento in esame;

ritenuto che il rinvio si rende a questo punto inevitabile, per non far fallire la riforma: presidi, insegnanti e famiglie non hanno ancora certezze sulle caratteristiche della nuova istruzione tecnica e per le scuole sarebbe impossibile avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per il prossimo anno scolastico;

ritenuto pertanto che le scelte dei ragazzi verrebbero viziate dalla inevitabile confusione che deriverà dalla frettolosa lettura della riforma e che il rinvio a marzo del termine per le iscrizioni fissa una scadenza troppo ravvicinata: per quanto immediata possa essere l’approvazione definitiva del regolamento, l’orientamento non potrà essere efficace e le istituzioni scolastiche non potranno riorganizzarsi per affrontare il nuovo anno scolastico;

tenuto conto che il Governo stesso, in fase di discussione della legge finanziaria per l’anno 2010, ha riconosciuto la validità di tale richiesta, accogliendo un ordine del giorno presentato dal Partito Democratico, nel quale si chiede di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti;

ritenuto pertanto che il rinvio di un anno è indispensabile per non procurare gravissimi danni ai ragazzi e alle famiglie;

esprime parere contrario.”

schema di parere proposto dai senatori RUSCONI, GIAMBRONE, GARAVAGLIA MARIAPIA, CERUTI, FRANCO VITTORIA, MARCUCCI, PROCACCI, SERAFINI ANNAMARIA, VITA, BLAZINA sull’atto del governo n. 134

“La Commissione,

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il Regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali,

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro Paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio contrassegnato dallo sviluppo esponenziale della società della conoscenza e delle nuove tecnologie e del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera comunità; dalla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro, un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; dalla crisi finanziaria ed economica mondiale che ha duramente colpito il nostro paese e che richiede di essere affrontata con una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare, quindi, cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. E’ il contesto mediatico, sociale, territoriale, la multimedialità ad egemonizzare il campo della conoscenza. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchi sistema educativo non sembra stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre un esito negativo;

occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico affinché la scuola possa svolgere in questo nuovo contesto in modo adeguato la sua funzione. Gli studi scientifici più recenti mettono in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi ed evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. E’ necessario affermare la centralità dell’apprendimento come coinvolgimento e protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, attraverso la sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica, fra i quali:

·                 la programmazione e la metodologia della didattica;

·                 la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

·                 una ricerca metodologica che sia finalizzata: ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, capace di stimolare le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività; al superamento della separazione rigida tra lezione frontale e attività laboratoriale; alla definizione dei quadri orari con nuovi criteri e alla riprogettazione ed organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

·                 la revisione dei curricula per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

·                 la definizione di un piano nazionale finalizzato a valorizzare la funzione docente attraverso una adeguata retribuzione; la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale; la stabilizzazione del personale precario; la definizione di organici funzionali; una nuova normativa per la formazione di base, il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

·                 l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del Titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare infine fondamentale che un processo riformatore di tale portata debba porsi come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal Governo Prodi con il decreto ministeriale n. 139 del 2007 che, adeguandosi alle indicazioni europee e pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisce che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico-tecnologico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione superiore prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale tale da garantire, nei profili di uscita, il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese ai 16 anni per tutti, non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra i licei, gli istituti tecnici e professionali;

occorre cioè dotare, nel corso del biennio dell’obbligo, i ragazzi e le ragazze di un solido, alto e versatile bagaglio di saperi e di competenze che superi l’impianto gentiliano e si proponga di offrire loro pari opportunità; al contempo occorre consentire i passaggi da un corso di studi ad un altro per agevolare la realizzazione delle capacità e delle attitudini di ognuno nell’individuare la futura professione in un mondo del lavoro che richiede e richiederà sempre più flessibilità;

rilevato che:

nei provvedimenti proposti dal Governo sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata una identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo di istruzione da cui far discendere le specifiche identità;

il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione bensì fondato sulla necessità di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’istruzione definiti con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, e sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali e alla qualità di una riforma che, pertanto, non può fregiarsi di tale titolo;

questa logica di riduzione della spesa ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente conseguente all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline;

considerato che:

il 28 maggio il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di regolamento per il riordino degli istituti professionali, prevedendo una suddivisione in due settori (“Servizi” e “Industria ed artigianato”) ed ogni settore in indirizzi. Per i “Servizi” sono previsti 5 indirizzi: Agricoltura e sviluppo rurale, Manutenzione e assistenza tecnica, socio – sanitari, Enogastronomia e ospitalità alberghiera, Commerciali. Per “Industria e artigianato”, a partire dal secondo biennio, si stabiliscono 2 indirizzi: industria e artigianato;

con riferimento alle scelte generali del riordino e alla ricaduta sulle economie locali:

la proposta va nella direzione di un ruolo sussidiario, sostitutivo o complementare, rispetto al sistema di istruzione e formazione professionale regionale (di cui al capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226) e, in questa prospettiva temporanea, lamission di questi istituti rimane non definita e non precisata nei tempi e nell’esito finale, facendo emergere la debolezza del presente riordino;

vi è una riduzione degli indirizzi, con la presenza di una consistente area di insegnamenti generali comuni che sembrerebbe opportuna e chiarificatrice. In realtà, questa riduzione è utile solo in una visione di formazione a professioni uniformi nel Paese. Gli istituti professionali, tuttavia, hanno un’altra vocazione che è quella di formare molteplici professioni radicate nel territorio, professioni di eccellenza in quella data Regione, professioni talvolta di nicchia, ma orgoglio del made in Italy. Queste filiere di professioni, nel riordino, vengono accorpate o snaturate fino quasi a dissolverle. Per fare solo alcuni esempi:

·                 il design (finora “tecnico per i servizi grafici pubblicitari”) è unificato alla professione di tipografo;

·                 l’accorpamento in un unico “laboratorio in servizi enogastronomici e della ricettività alberghiera” di tre indirizzi: cucina, sala bar e ricevimento;

·                 nell’indirizzo “operatore dei servizi sociali” le due discipline musica e disegno sono accorpate in “laboratori di espressione musicale e grafica” (in questo caso, diventa inevitabile chiedersi se il docente si sarà diplomato al conservatorio o all’istituto d’arte);

·                 l’assorbimento degli istituti d’arte (finora tra gli istituti professionali atipici) nei licei, con la perdita della specificità di tanti territori: lavorazione dell’oro, del corallo, del legno, della ceramica;

·                 analoga situazione per l’Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione (attualmente ricompreso tra gli indirizzi atipici) che, in ragione dell’alta specializzazione – che consente certi sbocchi occupazionali – con il nuovo assetto perderà la propria peculiarità e specializzazione e che, per contro, dovrebbe poter essere inserito in una filiera (non prevista dal regolamento), quale quella del cinema, della fotografia e dell’audiovisivo;

·                 il sostanziale depauperamento in termini di qualità e specificità dell’istituto professionale per tecnico di laboratorio chimico-biologico in cui, a partire dall’anno scolastico 2010-2011, verranno cancellate molte ore di chimica e biologia che costituiscono la specificità del percorso professionale;

è completamente assente una valutazione degli indirizzi che conducono a professioni oggi divenute di alta specializzazione tecnica e di valenza non locale, ma nazionale ed europea, e che meriterebbero una considerazione sulla “natura” del profilo ossia se debba rimanere nell’area dell’istruzione professionale o se, invece, sia di pertinenza dell’istruzione tecnica;

manca, inoltre, del tutto la prospettiva della formazione terziaria non universitaria, chiaramente aperta ai professionali. Si tratta di una visione del settore dell’istruzione professionale al ribasso, quasi un istituto tecnico semplificato, che non ha all’orizzonte l’alta formazione professionale quale contributo forte alla crescita in qualità delle economie locali e alla creazione di nuova occupazione;

con riferimento alla collocazione dei professionali nell’istruzione secondaria:

il sistema di istruzione proposto non lineare e non integrato tra licei, tecnici e professionali non consente di attenuare progressivamente la visione “gerarchica” del sistema formativo nazionale che rappresenta gli studenti più dotati come coloro destinati ad iscriversi ai licei e vede tutti gli altri, secondo uno schema “discendente”, distribuirsi negli altri comparti formativi di tipo tecnico e, quindi, professionale: visione “gerarchica” che distorce l’orientamento degli studenti e delle famiglie le quali, aspirando ad un titolo che ha erroneamente maggior riconoscimento sociale, non tengono conto delle reali attitudini causando, di conseguenza, disadattamento nell’indirizzo scelto e quindi dispersione scolastica;

non è evidenziata una sufficiente distinzione dei professionali dagli istituti tecnici sia nella tabella oraria, sia nel titolo rilasciato, sia nella durata quinquennale senza qualifiche intermedie dopo il terzo o quarto anno (qualifiche intermedie rilasciate invece dalla formazione professionale regionale). Ciò prefigura un sistema di istruzione professionale a geografia variabile nelle Regioni italiane;

il ridimensionamento dell’area professionalizzante – che caratterizzava questi istituti e garantiva il collegamento con il mondo del lavoro – snatura il percorso rispetto all’attuale e lo orienta in senso più teorico, quasi indistinguibile dall’istruzione tecnica;

d’altro canto, tali istituti professionali statali non potranno neppure rispondere ad esigenze di qualità della formazione professionale che, in alcuni territori, ha già raggiunto standard elevati tali da richiedere al Ministero, al di là dei presenti regolamenti, la qualifica per il quinto anno che consenta l’accesso all’università;

con riferimento alle esigenze degli studenti:

la riduzione delle discipline tecnico-professionali non valorizza le capacità operative degli studenti e non è, quindi, più in grado di assicurare risposte adeguate alla loro domanda formativa. Un esempio per tutti: nel settore Industria e Artigianato nei primi 3 anni si passa da 36 a 32 ore, con una riduzione assoluta di 396 ore e percentuale dell’11 per cento. L’area d’indirizzo si riduce del 14 per cento nel primo biennio, del 26 per cento il terzo anno, del 20 per cento nei primi 3 anni. In assoluto, in 3 anni si perdono 330 ore di indirizzo, vale a dire l’83 per cento della perdita complessiva;

parimenti, la trasformazione in un percorso quinquennale, al pari dei licei e degli istituti tecnici con conseguente soppressione della qualifica intermedia, non costituirà un’attrattiva per le ragazze e i ragazzi che non intendono affrontare fin da subito un percorso quinquennale;

questi ragazzi e ragazze non sono “deboli” per definizione, ma finiscono per essere inseriti in percorsi non adatti alle loro attitudini e talenti – e tale si configura questa riforma degli istituti professionali statali – che finora la scuola non è stata in grado di sviluppare sufficientemente, scegliendo invece la soluzione di abbassare i livelli e costruendo percorsi teorici sempre più semplificati, che portano alla ghettizzazione culturale;

il riordino degli istituti professionali non contiene, in tal senso, indicazioni di innovazione della didattica, centrata sull’esperienza diretta in ogni disciplina e sulla importanza dei laboratori e dell’apprendimento in situazione (alternanza scuola/lavoro) e dell’apprendimento in service-learning, vale a dire imparare mettendo concretamente a servizio della propria comunità la specializzazione che si sta acquisendo. Tale indicazione pare fondamentale per studenti con esigenze formative e prospettive diverse da quelle di chi frequenta i licei e gli istituti tecnici, per i quali i percorsi non devono essere chiusi, ma interconnessi con tutto il sistema formativo, aperti all’alta formazione e al passaggio all’università, diffusi capillarmente su tutto il territorio nazionale, con diverse opzioni di conclusione del ciclo scolastico e con un contatto con il mondo del lavoro che vi faciliti l’inserimento, in modo da sviluppare nei giovani un’idea positiva di sé ed una speranza per il proprio futuro;

a riguardo del rapporto con la formazione professionale regionale:

la duplicazione tra “istruzione professionale” statale e “formazione professionale” regionale crea una forte ambiguità tra gli istituti in oggetto e quelli della formazione regionale, tale da non rendere trasparente l’offerta formativa agli studenti, alle famiglie e al sistema economico, come invece avviene in molti altri Paesi europei avanzati;

mantenere questa duplicità tradisce la finalità di ancorare questa parte dell’istruzione al territorio, così come voluto dal Titolo V della Costituzione, tanto che la mancata intesa con le Regioni sui ruoli e sulle competenze tra Stato ed enti locali in materia di istruzione produce conseguenze problematiche sia sull’assetto complessivo del sistema che sulla capacità di costituire un percorso formativo di pari equivalenza;

le emergenze economiche, sociali e culturali del Paese, al contrario, oggi richiedono al Parlamento, alle Regioni ed al Governo un impegno più coraggioso e più riformatore, che porti a superare questo dualismo solo italiano;

in particolare, il Governo ha ignorato totalmente il ruolo delle Regioni nel redigere il piano dell’offerta formativa scolastica ed il piano di dimensionamento della rete scolastica, entrambi di competenza regionale. Ma ciò che è più grave, il Governo – agendo in modo unilaterale – non ha aperto un tavolo di concertazione con le Regioni ed, anzi, ha agito senza attendere che si perfezionasse l’accordo quadro in Conferenza unificata;

tale concertazione è essenziale per salvaguardare la ricchezza propria della formazione professionale fatta di esperienze di eccellenza, mediante varietà di risposte alle diverse e numerose esigenze degli studenti; un consolidato collegamento con il mondo del lavoro; motivazione sociale di molti enti rivolti a ragazzi in difficoltà e a rischio emarginazione, povertà, e reclutamento da parte della criminalità organizzata perché già fuoriusciti dalla scuola;

con riferimento all’obbligo scolastico:

come ricordato in premessa, la legge finanziaria 2007 lo ha elevato dai 14 ai 16 anni attraverso un biennio che garantiva conoscenze culturali adeguate e a tale scopo erano state stanziate risorse dal Governo Prodi. Tali risorse sono state successivamente soppresse dal decreto-legge n. 122/08, con l’indicazione che l’obbligo scolastico può essere adempiuto anche in corsi di formazione professionale, senza la verifica di un adeguato programma di cultura generale nell’offerta formativa;

gli istituti professionali statali (che offrono certamente tale adeguata istruzione) non potranno risolvere, pur svolgendo un ruolo sussidiario, le carenze della formazione professionale e soprattutto non la incentiveranno nelle Regioni in cui non esiste ancora;

considerato che:

l’applicazione del regolamento relativo ai nuovi indirizzi dei licei, degli istituti tecnici e professionali deve tenere in debito conto la specificità delle scuole con lingua d’insegnamento slovena nella Regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare due aspetti:

1.                                             Il numero delle ore di insegnamento deve garantire la equivalente presenza delle due lingue (slovena ed italiana);

2.                                             deve essere assicurato agli studenti di lingua slovena una ampia offerta formativa, anche adottando lo strumento della classe articolata, per garantire così il diritto all’accesso alla scuola media superiore con una scelta adeguata di indirizzi;

considerato infine che:

il 21 gennaio 2010, nel corso dell’esame alla Camera dei deputati del disegno di legge “Collegato lavoro” alla legge finanziaria per l’anno 2010 (A.C. 1441-quater-B), è stato approvato un emendamento che, modificando la “legge Biagi” prevede la possibilità di cominciare a lavorare a 15 anni mediante un contratto di apprendistato che sostituirà l’ultimo anno della scuola dell’obbligo. Più in particolare, l’emendamento prevede che «l’obbligo di istruzione, di cui all’articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si assolve anche nei percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione di cui al presente articolo». La modifica si innesta in quella parte della legge Biagi che regolamenta il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

il contratto di apprendistato a cui si riferisce la modifica riguarda i giovani e gli adolescenti (di età tra i 15 e i 18 anni non compiuti); questi ultimi possono essere assunti da datori di lavoro che appartengono a tutti i settori lavorativi, ivi comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali. Il contratto non può avere una durata superiore a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica di istruzione e formazione professionale (in base alla legge n. 53 del 2003); vale a dire all’acquisizione, attraverso il lavoro, di un titolo di studio (alternanza scuola-lavoro);

la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) ha aumentato il numero degli anni (da nove a dieci) che costituiscono l’obbligo scolastico riformulando, così, il limite degli anni per l’accesso al lavoro. L’elevazione dell’età (da 15 a 16 anni) è frutto, dunque, di una conseguenza dell’aumento del numero degli anni (10) previsti per il percorso minimo di istruzione obbligatoria. Iniziando a studiare a sei anni, infatti, l’istruzione obbligatoria si conclude a 16. Oggi si interviene proprio su questo arco temporale prevedendo che l’ultimo degli anni di questo percorso obbligatorio possa essere assolto dall’apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione;

la norma si pone quindi in palese contrasto con quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2007 che prevede l’accesso al lavoro non prima del compimento dei 16 anni;

si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell’istruzione previsti dal Trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del Governo del Centro-sinistra, ovvero l’obbligo all’istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola. Di fatto la serie di disposizioni approvata da questo Governo in materia di istruzione sembra orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi “classisti”, la serie A dei licei, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali, diffondendo peraltro l’idea, dopo la terza media, di poter andare subito al lavoro;

l’Unione europea e tutti i più recenti studi sul capitale umano chiedono di aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e di ridurre la dispersione scolastica. E’ inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, si sia deciso di penalizzare gli studenti italiani;

gli ultimi studi dell’OCSE e della Banca d’Italia raccomandano l’esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d’Italia ha pubblicato uno studio dall’emblematico titolo “Investire in conoscenza” che evidenzia tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani;

in conclusione:

considerato quanto espresso in premessa;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata Stato, Regioni e autonomie locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione;

considerato che:

il Consiglio di Stato ha mostrato perplessità sulla istituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, e sulla costituzione di un comitato scientifico, poiché detti organismi entrerebbero in conflitto tanto rispetto alla riserva di legge in materia di organizzazione scolastica quanto con il rispetto dell’autonomia scolastica in base alla quale ogni scuola deve poter valutare l’opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto;

altresì che il Consiglio di Stato ha espresso forti perplessità in merito all’utilizzo di decreti ministeriali non aventi forza normativa, per quanto riguarda la definizione delle Indicazioni nazionali inerenti gli ordinamenti, l’articolazione delle cattedre e l’autovalutazione dei percorsi previsti dai regolamenti;

ad oggi non sono ancora formalmente definiti i regolamenti con i quali viene disposta la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dell’istruzione liceale, tecnica e professionale e quindi appare del tutto evidente l’impossibilità di avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per l’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 non consentendo così alle famiglie una scelta consapevole dell’indirizzo di scuola più consono ai propri figli;

in assenza delle definitive disposizioni normative le Regioni non possono, nell’ambito delle proprie competenze, definire gli indirizzi di programmazione dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2010-2011;

tenuto conto che il Governo stesso aveva riconosciuto, in fase di discussione della legge finanziaria 2010, la validità di tale richiesta accettando un ordine del giorno, presentato dal Partito Democratico, che chiedeva di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti;

considerato che, nello specifico, il presente regolamento rivolge il suo riordino ai 1.425 istituti professionali statali, ma non affronta minimamente l’intero settore dell’istruzione professionale, su cui le Regioni hanno competenza esclusiva, ma all’interno di norme generali di competenza dello Stato come attesta la Costituzione. Pare, dunque, rilevante che il Ministero svolga questi compiti nazionali generali disciplinando: la formazione dei docenti e le modalità del loro reclutamento, le qualifiche e il loro valore legale uniforme nel Paese (e, in prospettiva, nell’Unione Europea); l’esame di stato dopo un eventuale quinto anno per l’accesso all’università; il monitoraggio sui corsi in rapporto al contesto economico e alla dispersione scolastica; il sistema di valutazione per l’istruzione e la formazione professionale; il raccordo con i parametri e le professioni europee;

è attesa come imminente l’approvazione dell’accordo sul Titolo V in Conferenza unificata, essenziale per definire compiutamente i compiti dello Stato e delle Regioni, delle Province e dei Comuni per la scuola italiana;

sulla base di tale accordo, è imprescindibile aprire un tavolo istituzionale di lavoro per realizzare una coraggiosa riforma di questo ramo dell’istruzione, che contenga almeno tre principi:

–                  visione alta, europea, dell’istruzione professionale, attrattiva per i giovani;

–                  legame con le vocazioni e le tradizioni economiche dei territori e con lo sviluppo di nuove politiche di occupazione in ciascuna Regione;

–                  diffusione capillare nel Paese con titoli spendibili in Italia ed in Europa;

per tutto quanto sopra esposto occorre aprire un percorso a cui può e deve contribuire il Parlamento, traendo indirizzi per il Governo anche dall’indagine conoscitiva promossa da codesta Commissione nella scorsa legislatura, dai dati dell’indagine ISFOL 2008 e dalle conclusioni della Commissione De Rita presso il Ministero del lavoro;

ritenuto, dunque, che il Governo, per la materia dell’istruzione professionale, debba profondere, congiuntamente al Parlamento e alle Regioni, un impegno maggiore e più riformatore che porti a superare superflui dualismi, ad assicurare un’istruzione equa ed adeguata in tutto il Paese, con pari dignità per tutti i percorsi di studio e, di conseguenza, ad inserire nei livelli essenziali per l’istruzione anche l’intera filiera dell’istruzione professionale;

esprime parere contrario.”

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 132

“La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in titolo,

giudica favorevolmente il riordino, volto a rendere operativo il percorso di riforma da tempo avviato, anche a seguito delle intervenute modifiche costituzionali, concentrando le risorse più sulla qualità che sulla quantità.

Manifesta in particolare una valutazione positiva su:

la riduzione delle sperimentazioni, pur invitando il Governo a non disperdere le esperienze migliori nate per rendere più funzionale l’offerta di formazione in assenza di interventi strutturali. In tal senso, condivide l’istituzione di una quota di flessibilità, che consentirà alle singole scuole di personalizzare i percorsi rispetto alle esigenze dell’utenza e del territorio;

la riduzione dei carichi orari, al fine di consentire tempi più distesi agli alunni. In quest’ottica, condivide la scelta di rinunciare ad alcune discipline che erano state introdotte negli ordinamenti con talune sperimentazioni, come ad esempio diritto ed economia. Pur nella consapevolezza che si tratta di materie di grande importanza, soprattutto per l’educazione alla legalità e per il contrasto di fenomeni di devianza, ritiene infatti che l’istruzione liceale debba tendere all’acquisizione di una formazione critica i cui contenuti saranno approfonditi nel successivo percorso universitario. Diverso è invece il caso, affrontato nella sede di merito, di alcuni indirizzi degli istituti tecnici, dove le predette discipline trovano più idonea collocazione, stante il carattere più professionalizzante dell’istruzione ivi impartita. Non va del resto dimenticata la summenzionata quota di flessibilità delle scuole che consentirà un ampliamento dell’offerta formativa in tal senso, dove ritenuto utile e possibile. Deve comunque restare ferma la possibilità di mantenere tali insegnamenti nelle scuole delle regioni e province autonome che già li prevedevano;

l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera.

Esprime pertanto un parere favorevole a condizione che il riordino si applichi solo alle classi prime, per garantire la necessaria continuità didattica e gradualità, e con le seguenti osservazioni:

a)                         si raccomanda di rafforzare la didattica laboratoriale e l’uso dei laboratori con particolare riguardo alle discipline scientifiche;

b)                         si sollecita un adeguato piano di formazione, aggiornamento e riqualificazione dei docenti che accompagni l’entrata in vigore del riordino;

c)                         si invita a valutare la fattibilità di introdurre l’organico pluriennale funzionale di istituto, che consenta di far fronte anche alle supplenze brevi e garantisca stabilità;

d)                         si ritiene necessario garantire condizioni di efficace passaggio da un segmento formativo all’altro;

e)                         si raccomanda di porre contestualmente mano alla riforma degli organi collegiali, onde evitare il rischio di sovrapposizioni anche a seguito di alcuni interventi disposti dal riordino in esame come ad esempio l’introduzione dei dipartimenti e dei consigli scientifici;

f)                          come richiesto dal Consiglio di Stato, si reputa doveroso: richiamare le “conoscenze, abilità e competenze” fra le finalità primarie dell’istruzione liceale; prevedere regolamenti per l’attuazione dell’articolo 13, comma 11, anziché atti di natura non regolamentare; eliminare la ripetizione fra l’articolo 2, comma 3, e l’articolo 3, comma 2; correggere il riferimento normativo contenuto all’articolo 2, comma 3; chiarire l’incerta formulazione di “scienze sperimentali” riferita al liceo sia classico che scientifico;

g)                         si suggerisce di ampliare il novero delle discipline attivabili sulla base del Piano dell’offerta formativa, di cui all’allegato H;

h)                         si invita a valutare l’opportunità di rivedere il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo di istruzione e formazione nel sistema dei licei, di cui all’allegato A, al fine di meglio definire il profilo comune e quello dei singoli percorsi, anche alla luce delle eventuali modifiche apportate ai quadri orari;

i)                          con riferimento alle indicazioni nazionali, si invita a valutare l’opportunità di comprendere al loro interno solo i contenuti generali delle singole discipline, rinviando ad atti di natura non regolamentare elementi di maggiore dettaglio, onde garantire la necessaria flessibilità ed evitarne una precoce obsolescenza. Si suggerisce altresì di armonizzare le indicazioni nazionali dei diversi cicli scolastici, assicurando il necessario raccordo;

j)                          si auspica un maggiore raccordo con l’università;

k)                         con riferimento ai singoli indirizzi:

1.                                   liceo artistico – Si ritiene discutibile la confluenza forzata in essi di tutti gli istituti d’arte, i quali solo in parte sono assimilabili all’istruzione liceale, mentre in altra parte afferiscono più propriamente all’istruzione professionale. Si suggerisce quindi di conferire l’opzione agli istituti stessi. Si invita altresì a valutare l’opportunità di assicurare una maggiore articolazione di indirizzi, affidando peraltro al Piano dell’offerta formativa il compito di preservare le specificità dei singoli istituti.

2.                                   liceo classico – Si esprime apprezzamento per l’insegnamento di una lingua straniera per 5 anni. Si auspica che attraverso la quota di flessibilità si possa recuperare quell’ora settimanale in più di “matematica con elementi di informatica” che consentirebbe di riconfigurare il quadro orario di un’ottima sperimentazione quale il PNI. Si raccomanda altresì di non ridurre i quadri orari delle discipline umanistiche.

3.                                   liceo linguistico – Si manifesta condivisione per l’uscita di tale indirizzo da una sperimentazione ormai quasi quarantennale e per la sua messa ad ordinamento nel sistema scolastico statale, con pari dignità rispetto agli altri licei. Si condivide altresì l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera al terzo anno e di un’altra dal quarto anno. Si manifestano invece perplessità sulla permanenza dell’insegnamento del latino in tale contesto, sia pure solo al biennio.

4.                                   liceo scientifico

§                                               Opzione di base. Si lamenta una scarsa identità, dovuta all’irrisolto rapporto fra discipline umanistiche e scientifiche, confermato da una sostanziale parità di tetti orari.

§                                               Opzione scientifico-tecnologica. Si tratta dell’opzione destinata a raccogliere la domanda di offerta formativa che attualmente viene soddisfatta dai licei scientifico-tecnologici presso gli istituti tecnici. Al riguardo, nel condividere senz’altro la scelta di inserire tale segmento nell’istruzione liceale, si invita a valutare l’opportunità di modificarne la denominazione, onde evitare sovrapposizioni con l’istruzione tecnica. Si ravvisa peraltro criticamente la totale assenza di ore di laboratorio e il mancato ricorso ai docenti tecnico-pratici e si sollecita quindi un riequilibrio in questo senso, eventualmente anche nell’ambito del Piano dell’offerta formativa.

5.                                   liceo delle scienze umane

·                                               Opzione di base. Si tratta dell’opzione che riorganizza il liceo socio-psico-pedagogico, già erede dell’ex istituto magistrale. Si esprime dissenso per l’assenza nel primo biennio delle scienze umane (psicologia, sociologia, pedagogia), che determina la mancanza di specificità dell’indirizzo. Analogamente, si esprime perplessità per la compressione delle discipline caratterizzanti nel successivo triennio. Inoltre, si lamenta un’eccessiva frammentazione disciplinare, che vede la presenza di materie come il latino o la seconda lingua straniera, il cui quadro orario potrebbe essere più utilmente dedicato a rafforzare le discipline caratterizzanti. Anche in questo caso, si sollecita quindi un riequilibrio nel senso indicato.

·                                               Opzione economico-sociale. Si tratta dell’opzione che riorganizza il liceo delle scienze sociali. Si esprime una valutazione favorevole, invitando eventualmente a ridurre anche in questo caso la frammentazione disciplinare (eliminando ad esempio la seconda lingua straniera) per incrementare ulteriormente le scienze sociali (sociologia, antropologia).

6.                                   liceo musicale e coreutico   – Si esprime una valutazione convintamente favorevole a questa innovazione, auspicando peraltro il rafforzamento della specificità del nuovo indirizzo. Come prevede la legge n. 508 del 1999, dopo la riforma dovrebbe infatti essere superata la doppia scolarità (Scuola-Conservatorio/Accademia di danza) in favore di un percorso verticale unico (scuola primaria – scuola secondaria di primo grado ad indirizzo musicale e coreutico – liceo musicale e coreutico – Conservatorio o Accademia di danza). In tale prospettiva, occorrono i seguenti correttivi:

§                                               Sezione musicale. Occorre introdurre precise competenze in entrata (corrispondenti a quelle in uscita della scuola media di indirizzo) e in uscita (corrispondenti a quelle in entrata per i Conservatori, correlate all’interpretazione di composizioni di media difficoltà). Conseguentemente, occorre introdurre l’accesso a numero programmato, che non si risolva tuttavia in una mera prova attitudinale, ma in un esame che attesti il possesso di precise competenze. Occorrono altresì precisi requisiti per l’insegnamento (diploma accademico di II livello e abilitazione specifica di strumento). Si esprime quindi una valutazione contraria al comma 9 dell’articolo 13 e si invita ad inserire il riferimento all’AFAM all’articolo 12. Si ritiene infine indispensabile specificare il carattere individuale della lezione di strumento, nonché prevedere l’insegnamento distinto di uno strumento principale e di uno strumento complementare, come attualmente avviene nei Conservatori.

§                                               Sezione coreutica. Analogamente al liceo musicale, occorre prevedere specifiche competenze per i docenti (diploma accademico di II livello) e l’accesso a numero programmato. Si ritiene altresì indispensabile rafforzare le ore di tecnica della danza (che attualmente diminuiscono con l’aumento di difficoltà del programma) e di storia della danza, introducendo inoltre storia della musica. Si suggerisce poi di distinguere la disciplina quinquennale “laboratorio coreutico” in “laboratorio coreutico” al biennio e “laboratorio coreografico” al triennio. Infine, occorre una buona scuola media a indirizzo coreutico, simile a quella ad indirizzo musicale, che garantisca una preparazione aderente ai programmi degli attuali primi tre anni dell’Accademia di danza.

Si segnala infine la necessità di specificare correttamente il numero complessivo di ore riguardanti ciascuna sezione, in quanto quello riportato nell’Allegato E sembrerebbe riferirsi alla somma di ambedue gli indirizzi e non invece al singolo percorso musicale o coreutico.”

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 133

“La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in titolo,

rileva anzitutto che la carenza di professionalità tecniche adeguate è un elemento di debolezza nella competizione internazionale ed esprime quindi un giudizio complessivamente favorevole sul rafforzamento degli istituti tecnici, ed in particolare sul mantenimento delle sue specificità e caratteristiche professionalizzanti, anche al fine di assicurare un’offerta più adeguata alla domanda delle imprese, che attualmente resta in parte inevasa. In questo senso, giudica positivamente il ripristino dell’istruzione tecnica nel sistema dell’istruzione secondaria superiore, disposta dal decreto-legge n. 7 del 2007.

Rileva altresì che le audizioni condotte dall’Ufficio di Presidenza hanno consentito di registrare un orientamento di fatto favorevole al riordino da parte dei rappresentanti delle famiglie, degli studenti, degli imprenditori, nonché le preoccupazioni, sia pure diversamente motivate, da parte delle associazioni disciplinari dei docenti, inevitabilmente condizionate dalla riduzione complessiva degli orari. La Commissione non ha reputato peraltro di entrare nel dettaglio dei singoli quadri orario che potranno, se del caso, trovare adeguati correttivi nella quota a disposizione dei singoli istituti.

In particolare, la Commissione esprime una valutazione favorevole in ordine a:

a)               la riduzione degli indirizzi e delle sperimentazioni, pur invitando il Governo a non disperdere esperienze importanti come Mercurio e Pacle-Erica. Al riguardo, pur concordando con l’introduzione di una cospicua quota di flessibilità, da sommarsi alla quota di autonomia, al fine di corrispondere alle esigenze del territorio e dell’utenza, si sollecita peraltro il Governo a porre particolare attenzione affinché essa non riproduca l’eccessiva frammentazione degli indirizzi che si intende superare;

b)               il riferimento dei titoli in uscita con riguardo al Quadro europeo delle qualifiche (EQF) in un’ottica di trasferimento, trasparenza e riconoscimento delle qualifiche e delle competenze a livello europeo;

c)               il rafforzamento del raccordo con il mondo del lavoro e delle professioni, anche attraverso la diffusione di stage, tirocini, un’effettiva alternanza scuola-lavoro. Giudica infatti necessario ripristinare a livello giovanile la cultura del lavoro, il rispetto delle regole ed il necessario senso del dovere;

d)               la riduzione oraria e disciplinare, che consente di ritrovare il giusto equilibrio tra quantità e qualità, fortemente alterato nel tempo per ragioni meramente occupazionali. Ritiene tuttavia possibile recuperare attraverso la quota di flessibilità alcuni di quegli insegnamenti, come le materie giuridico-economiche e la geografia economica nel settore economico, che appaiono forse un po’ troppo compresse;

e)               l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua inglese nel quinto anno.

Esprime pertanto un parere favorevole con le seguenti osservazioni:

1.               si raccomanda di attivare la riforma dalle classi prime, per assicurare al cambiamento la necessaria gradualità;

2.               si invita a riconsiderare, nel contesto del medesimo quadro orario complessivo, la riduzione delle discipline scientifiche e di indirizzo;

3.               si ritiene indispensabile rafforzare il peso specifico dei laboratori che, a partire dall’istituto tecnico settore tecnologico, subiscono un sensibile ridimensionamento;

4.               si suggerisce di ripristinare, ove possibile, la figura dei lettori in lingua straniera e le connesse ore di pratica delle lingue straniere;

5.               si suggerisce di valutare l’opportunità di inserire una opzione forestale nell’indirizzo Agraria ed Agroindustria;

6.               si raccomanda di conservare, all’interno del sistema degli indirizzi, il riferimento alla figura del perito aziendale corrispondente in lingue estere (Pacle-Erica), così come fortemente richiesto dal mondo della produzione;

7.               si invita a mantenere il corso di dirigente di comunità per l’assistenza e il supporto ai bisogni della persona nell’istruzione tecnica. In alternativa, si auspica che tale corso trovi adeguata valorizzazione nel liceo delle scienze umane;

8.               si suggerisce di verificare che i corsi di aggiornamento del personale, sia connessi ai diversi passaggi della riforma che diversamente finalizzati, siano realizzati con serietà e rigore, superando le superficialità e le gravi inefficienze spesso registrate in passato;

9.               si raccomanda di prevedere il riposizionamento del personale che sarà definito soprannumerario o non inseribile nei nuovi percorsi formativi;

10.            si ritiene indispensabile un forte raccordo con l’istruzione tecnica superiore.”

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 134

“La Commissione,

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento sul riordino degli istituti professionali;

considerato che l’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica:

al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, predisponga un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico;

al comma 4, stabilisce che per l’attuazione del predetto piano, con uno o più regolamenti, siano fra l’altro ridefiniti i curricoli vigenti nei diversi riordini di scuola, anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009 e di quello del Consiglio di Stato espresso in data 21 dicembre 2009;

tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni di rappresentanti delle associazioni di categoria e di esperti svolte dall’Ufficio di Presidenza;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni:

1) all’articolo 6, comma 1, appare opportuno sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto-legge» con le parole «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»;

2) all’articolo 6, comma 4, appare necessario sostituire le parole «diploma di tecnico» con le parole «diploma di istruzione professionale», allo scopo di evitare confusioni con l’analogo titolo di cui all’articolo 20, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, che si consegue a conclusione dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale regionali, anche al fine di riaffermare l’identità degli istituti professionali all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e formazione, rispondendo in maniera flessibile alla richiesta di competenze sempre più avanzate connesse a precisi ambiti settoriali aventi rilevanza nazionale ed europea;

3) si invita ad inserire, all’articolo 6, una norma tale per cui nelle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché nelle Regioni autonome, ove previsto dalla legislazione provinciale e regionale autonoma, per coloro che hanno superato i corsi quadriennali di formazione professionale e che intendono sostenere l’esame di Stato di cui al comma 6 dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, le medesime province e regioni autonome realizzano corsi annuali che si concludono con l’esame di Stato dinnanzi ad apposite commissioni d’esame nominate, ove richiesto dalle province medesime, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con le modalità e i programmi di cui alle rispettive norme di attuazione del proprio Statuto, stabilendo altresì che il percorso finale sia coerente con quello seguito;

4) si reputa altresì necessario ammettere all’esame di Stato coloro che sono in possesso del diploma professionale di tecnico, conseguito a conclusione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, previa frequenza dell’apposito corso di cui all’articolo 15, comma 6, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;

5) si sollecita l’introduzione, all’articolo 8, di una disposizione volta a riconoscere agli istituti professionali di Stato la facoltà di assicurare l’offerta formativa nel settore con lo svolgimento dei relativi corsi e il rilascio delle qualifiche – sino alla compiuta attuazione da parte di tutte le Regioni degli adempimenti connessi alle loro competenze esclusive in materia di istruzione e formazione professionale – almeno con riferimento agli atti dispositivi che le Regioni devono compiere in base all’articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;

6) sempre all’articolo 8, occorre chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti, in particolare, ove non indicata espressamente nell’allegato D), facendo riferimento alla corrispondenza dei titoli finali prevista dai provvedimenti di autorizzazione alla sperimentazione adottati dal Ministero;

7) si invita a prevedere un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli di apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
8 ) occorre richiamare l’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, già prevista dallo schema di regolamento n. 132 concernente la revisione dell’assetto dei licei;

9) all’articolo 8, comma 4, lettera a), si invita a valutare  l’opportunità di chiarire il riferimento all’intervento sulle classi di concorso;

10) si sollecita la previsione di una fase transitoria che comporti la confluenza degli insegnamenti previsti nei nuovi indirizzi di studio, opportunamente raggruppati funzionalmente, nelle vigenti classi di concorso, per assicurare la regolare formazione degli organici, nonché la puntuale attuazione delle operazioni di mobilità e di reclutamento del personale.

Si esprimono inoltre le seguenti osservazioni:

a)               si invita a valutare l’opportunità di disciplinare dettagliatamente il quadro orario conseguente all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 8, rispetto all’ordinamento previgente, limitando, di norma, a non più di due ore la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni;

b)               occorre favorire  l’utilizzo della quota dell’autonomia ampliando la determinazione degli organici  a livello regionale, nell’auspicio di arrivare alle regionalizzazione dell’istruzione professionale per quelle regioni che hanno un sistema avanzato di formazione professionale regionale;

c)               si invita a definire il concetto di flessibilità in modo distinto da quello dell’autonomia, per esplicitare meglio gli strumenti a disposizione delle istituzioni scolastiche, anche al fine di corrispondere alle esigenze degli studenti e del territorio;

d)               in merito all’indirizzo «Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera», si giudica necessario prevedere adeguate specificazioni relative ai diversi servizi concernenti i laboratori dei settori di: 1) enogastronomia; 2) servizi di sala e di vendita; 3) accoglienza turistica, nonché valutare l’opportunità di rivedere la previsione di aumentare il monte orario delle discipline teoriche, a scapito delle ore  laboratoriali, inserendo altresì tra le discipline teoriche l’insegnamento della matematica e dell’informatica, di psicologia della comunicazione e lo studio della seconda lingua straniera;

e)               si invita a valutare l’opportunità di istituire Poli per il Turismo, ovvero istituti di istruzione superiore che comprendano l’istituto tecnico per il turismo e quello professionale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera;

f)                in ordine agli istituti professionali del settore industria e artigianato, si invita a valutare l’opportunità di potenziare la compresenza degli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di chimica e fisica del primo biennio, in quanto strettamente collegati alle discipline di indirizzo, anche al fine di evitare di compromettere gli aspetti operativi della didattica in laboratorio con riferimento alle discipline scientifiche a carattere sperimentale, tenuto conto che le ore inizialmente previste hanno subìto un ridimensionamento del 50 per cento;

g)               tenuto conto delle preferenze degli utenti, si ritiene opportuno salvaguardare le competenze proprie dell’albo professionale dei periti agrotecnici, collocandoli  nell’area della produzione anziché in quella dei servizi;

h)               si rileva l’esigenza di una contestuale riforma degli organi collegiali, in relazione all’istituzione dei dipartimenti e dei consigli tecnico-scientifici;

i)                si chiede il ripristino dell’alternanza scuola-lavoro;

j)                si sollecita l’introduzione dell’organico funzionale pluriennale a fronte del monte ore annuale flessibile per garantire le aree di indirizzo e la gestione delle supplenze brevi;

k)               si segnala l’esigenza di mantenere i seguenti indirizzi: ottico, odontotecnico, grafico pubblicitario, fotografico, disegnatore di moda.”

26 gennaio Riordino in 7a Senato

Il 26 gennaio la 7a Commissione del Senato torna a confrontarsi sull’espressione dei prescritti pareri al Governo su:

Di seguito gli schemi di parere proposti dai relatori

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL RELATORE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 132

“La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in titolo,

giudica favorevolmente il riordino, volto a rendere operativo il percorso di riforma da tempo avviato, anche a seguito delle intervenute modifiche costituzionali, concentrando le risorse più sulla qualità che sulla quantità.

Manifesta in particolare una valutazione positiva su:

la riduzione delle sperimentazioni, pur invitando il Governo a non disperdere le esperienze migliori nate per rendere più funzionale l’offerta di formazione in assenza di interventi strutturali. In tal senso, condivide l’istituzione di una quota di flessibilità, che consentirà alle singole scuole di personalizzare i percorsi rispetto alle esigenze dell’utenza e del territorio;

la riduzione dei carichi orari, al fine di consentire tempi più distesi agli alunni. In quest’ottica, condivide la scelta di rinunciare ad alcune discipline che erano state introdotte negli ordinamenti con talune sperimentazioni, come ad esempio diritto ed economia. Pur nella consapevolezza che si tratta di materie di grande importanza, soprattutto per l’educazione alla legalità e per il contrasto di fenomeni di devianza, ritiene infatti che l’istruzione liceale debba tendere all’acquisizione di una formazione critica i cui contenuti saranno approfonditi nel successivo percorso universitario. Diverso è invece il caso, affrontato nella sede di merito, di alcuni indirizzi degli istituti tecnici, dove le predette discipline trovano più idonea collocazione, stante il carattere più professionalizzante dell’istruzione ivi impartita. Non va del resto dimenticata la summenzionata quota di flessibilità delle scuole che consentirà un ampliamento dell’offerta formativa in tal senso, dove ritenuto utile e possibile. Deve comunque restare ferma la possibilità di mantenere tali insegnamenti nelle scuole delle regioni e province autonome che già li prevedevano;

l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera.

Esprime pertanto un parere favorevole a condizione che il riordino si applichi solo alle classi prime, per garantire la necessaria continuità didattica e gradualità, e con le seguenti osservazioni:

a) si raccomanda di rafforzare la didattica laboratoriale e l’uso dei laboratori con particolare riguardo alle discipline scientifiche;

b) si sollecita un adeguato piano di formazione, aggiornamento e riqualificazione dei docenti che accompagni l’entrata in vigore del riordino;

c) si invita a valutare la fattibilità di introdurre l’organico pluriennale funzionale di istituto, che consenta di far fronte anche alle supplenze brevi e garantisca stabilità;

d) si ritiene necessario garantire condizioni di efficace passaggio da un segmento formativo all’altro;

e) si raccomanda di porre contestualmente mano alla riforma degli organi collegiali, onde evitare il rischio di sovrapposizioni anche a seguito di alcuni interventi disposti dal riordino in esame come ad esempio l’introduzione dei dipartimenti e dei consigli scientifici;

f) come richiesto dal Consiglio di Stato, si reputa doveroso: richiamare le “conoscenze, abilità e competenze” fra le finalità primarie dell’istruzione liceale; prevedere regolamenti per l’attuazione dell’articolo 13, comma 11, anziché atti di natura non regolamentare; eliminare la ripetizione fra l’articolo 2, comma 3, e l’articolo 3, comma 2; correggere il riferimento normativo contenuto all’articolo 2, comma 3; chiarire l’incerta formulazione di “scienze sperimentali” riferita al liceo sia classico che scientifico;

g) si suggerisce di ampliare il novero delle discipline attivabili sulla base del Piano dell’offerta formativa, di cui all’allegato H;

h) si invita a valutare l’opportunità di rivedere il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo di istruzione e formazione nel sistema dei licei, di cui all’allegato A, al fine di meglio definire il profilo comune e quello dei singoli percorsi, anche alla luce delle eventuali modifiche apportate ai quadri orari;

i) con riferimento alle indicazioni nazionali, si invita a valutare l’opportunità di comprendere al loro interno solo i contenuti generali delle singole discipline, rinviando ad atti di natura non regolamentare elementi di maggiore dettaglio, onde garantire la necessaria flessibilità ed evitarne una precoce obsolescenza. Si suggerisce altresì di armonizzare le indicazioni nazionali dei diversi cicli scolastici, assicurando il necessario raccordo.

j) con riferimento ai singoli indirizzi:

1. liceo artistico – Si ritiene discutibile la confluenza forzata in essi di tutti gli istituti d’arte, i quali solo in parte sono assimilabili all’istruzione liceale, mentre in altra parte afferiscono più propriamente all’istruzione professionale. Si suggerisce quindi di conferire l’opzione agli istituti stessi. Si invita altresì a valutare l’opportunità di assicurare una maggiore articolazione di indirizzi, affidando peraltro al Piano dell’offerta formativa il compito di preservare le specificità dei singoli istituti.

2. liceo classico – Si esprime apprezzamento per l’insegnamento di una lingua straniera per 5 anni. Si auspica che attraverso la quota di flessibilità si possa recuperare quell’ora settimanale in più di “matematica con elementi di informatica” che consentirebbe di riconfigurare il quadro orario di un’ottima sperimentazione quale il PNI.

3. liceo linguistico – Si manifesta condivisione per l’uscita di tale indirizzo da una sperimentazione ormai quasi quarantennale e per la sua messa ad ordinamento nel sistema scolastico statale, con pari dignità rispetto agli altri licei. Si condivide altresì l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera al terzo anno e di un’altra dal quarto anno. Si manifestano invece perplessità sulla permanenza dell’insegnamento del latino in tale contesto, sia pure solo al biennio.

4. liceo scientifico

§ Opzione di base. Si lamenta una scarsa identità, dovuta all’irrisolto rapporto fra discipline umanistiche e scientifiche, confermato da una sostanziale parità di tetti orari.

§ Opzione scientifico-tecnologica. Si tratta dell’opzione destinata a raccogliere la domanda di offerta formativa che attualmente viene soddisfatta dai licei scientifico-tecnologici presso gli istituti tecnici. Al riguardo, nel condividere senz’altro la scelta di inserire tale segmento nell’istruzione liceale, si invita a valutare l’opportunità di modificarne la denominazione, onde evitare sovrapposizioni con l’istruzione tecnica. Si ravvisa peraltro criticamente la totale assenza di ore di laboratorio e il mancato ricorso ai docenti tecnico-pratici e si sollecita quindi un riequilibrio in questo senso, eventualmente anche nell’ambito del Piano dell’offerta formativa.

5. liceo delle scienze umane

· Opzione di base. Si tratta dell’opzione che riorganizza il liceo socio-psico-pedagogico, già erede dell’ex istituto magistrale. Si esprime dissenso per l’assenza nel primo biennio delle scienze umane (psicologia, sociologia, pedagogia), che determina la mancanza di specificità dell’indirizzo. Analogamente, si esprime perplessità per la compressione delle discipline caratterizzanti nel successivo triennio. Inoltre, si lamenta un’eccessiva frammentazione disciplinare, che vede la presenza di materie come il latino o la seconda lingua straniera, il cui quadro orario potrebbe essere più utilmente dedicato a rafforzare le discipline caratterizzanti. Anche in questo caso, si sollecita quindi un riequilibrio nel senso indicato.

· Opzione economico-sociale. Si tratta dell’opzione che riorganizza il liceo delle scienze sociali. Si esprime una valutazione favorevole, invitando eventualmente a ridurre anche in questo caso la frammentazione disciplinare (eliminando ad esempio la seconda lingua straniera) per incrementare ulteriormente le scienze sociali (sociologia, antropologia).

6. liceo musicale e coreutico – Si esprime una valutazione convintamente favorevole a questa innovazione, auspicando peraltro il rafforzamento della specificità del nuovo indirizzo. Come prevede la legge n. 508 del 1999, dopo la riforma dovrebbe infatti essere superata la doppia scolarità (Scuola-Conservatorio/Accademia di danza) in favore di un percorso verticale unico (scuola primaria – scuola secondaria di primo grado ad indirizzo musicale e coreutico – liceo musicale e coreutico – Conservatorio o Accademia di danza). In tale prospettiva, occorrono i seguenti correttivi:

§ Sezione musicale. Occorre introdurre precise competenze in entrata (corrispondenti a quelle in uscita della scuola media di indirizzo) e in uscita (corrispondenti a quelle in entrata per i Conservatori, correlate all’interpretazione di composizioni di media difficoltà). Conseguentemente, occorre introdurre l’accesso a numero programmato, che non si risolva tuttavia in una mera prova attitudinale, ma in un esame che attesti il possesso di precise competenze. Occorrono altresì precisi requisiti per l’insegnamento (diploma accademico di II livello e abilitazione specifica di strumento). Si esprime quindi una valutazione contraria al comma 9 dell’articolo 13 e si invita ad inserire il riferimento all’AFAM all’articolo 12. Si ritiene infine indispensabile specificare il carattere individuale della lezione di strumento, nonché prevedere l’insegnamento distinto di uno strumento principale e di uno strumento complementare, come attualmente avviene nei Conservatori.

§ Sezione coreutica. Analogamente al liceo musicale, occorre prevedere specifiche competenze per i docenti (diploma accademico di II livello) e l’accesso a numero programmato. Si ritiene altresì indispensabile rafforzare le ore di tecnica della danza (che attualmente diminuiscono con l’aumento di difficoltà del programma) e di storia della danza, introducendo inoltre storia della musica. Si suggerisce poi di distinguere la disciplina quinquennale “laboratorio coreutico” in “laboratorio coreutico” al biennio e “laboratorio coreografico” al triennio. Infine, occorre una buona scuola media a indirizzo coreutico, simile a quella ad indirizzo musicale, che garantisca una preparazione aderente ai programmi degli attuali primi tre anni dell’Accademia di danza.

Si segnala infine la necessità di specificare correttamente il numero complessivo di ore riguardanti ciascuna sezione, in quanto quello riportato nell’Allegato E sembrerebbe riferirsi alla somma di ambedue gli indirizzi e non invece al singolo percorso musicale o coreutico.”

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL RELATORE  SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 133

“La Commissione, esaminato, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in titolo,

rileva anzitutto che la carenza di professionalità tecniche adeguate è un elemento di debolezza nella competizione internazionale ed esprime quindi un giudizio complessivamente favorevole sul rafforzamento degli istituti tecnici, ed in particolare sul mantenimento delle sue specificità e caratteristiche professionalizzanti, anche al fine di assicurare un’offerta più adeguata alla domanda delle imprese, che attualmente resta in parte inevasa. In questo senso, giudica favorevolmente il ripristino dell’istruzione tecnica nel sistema dell’istruzione secondaria superiore, disposta dal decreto-legge n. 7 del 2007.

Rileva altresì che le audizioni condotte dall’Ufficio di Presidenza hanno consentito di registrare un orientamento di fatto favorevole al riordino da parte dei rappresentanti delle famiglie, degli studenti, degli imprenditori, nonché le preoccupazioni, sia pure diversamente motivate, da parte delle associazioni disciplinari dei docenti, inevitabilmente condizionate dalla riduzione complessiva degli orari. La Commissione non ha reputato peraltro di entrare nel dettaglio dei singoli quadri orario che potranno, se del caso, trovare adeguati correttivi nella quota a disposizione dei singoli istituti.

In particolare, la Commissione esprime una valutazione favorevole in ordine a:

a) la riduzione degli indirizzi e delle sperimentazioni, pur invitando il Governo a non disperdere esperienze importanti come Mercurio e Pacle-Erica. Al riguardo, pur concordando con l’introduzione di una cospicua quota di flessibilità, da sommarsi alla quota di autonomia, al fine di corrispondere alle esigenze del territorio e dell’utenza, si sollecita peraltro il Governo a porre particolare attenzione affinché essa non riproduca l’eccessiva frammentazione degli indirizzi che si intende superare.

b) il riferimento dei titoli in uscita con riguardo al Quadro europeo delle qualifiche (EQF) in un’ottica di trasferimento, trasparenza e riconoscimento delle qualifiche e delle competenze a livello europeo.

c) il rafforzamento del raccordo con il mondo del lavoro e delle professioni, anche attraverso la diffusione di stage, tirocini, un’effettiva alternanza scuola-lavoro. Giudica infatti necessario ripristinare a livello giovanile la cultura del lavoro, il rispetto delle regole ed il necessario senso del dovere.

d) la riduzione oraria e disciplinare, che consente di ripristinare il giusto equilibrio tra quantità e qualità, fortemente alterato nel tempo per ragioni meramente occupazionali. Ritiene tuttavia possibile recuperare attraverso la quota di flessibilità alcuni di quegli insegnamenti, come le materie giuridico-economiche e la geografia economica nel settore economico, che appaiono forse un po’ troppo compresse.

e) l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua inglese nel quinto anno.

Esprime pertanto un parere favorevole con le seguenti osservazioni:

1. Si raccomanda di attivare la riforma dalle classi prime, per assicurare al cambiamento la necessaria gradualità.

2. Si invita a riconsiderare, nel contesto del medesimo quadro orario complessivo, la riduzione delle discipline scientifiche e di indirizzo.

3. Si ritiene indispensabile rafforzare il peso specifico dei laboratori che, a partire dall’istituto tecnico settore tecnologico, subiscono un sensibile ridimensionamento.

4. Si suggerisce di ripristinare, ove possibile, la figura dei lettori in lingua straniera e le connesse ore di pratica delle lingue straniere.

5. Si suggerisce di valutare l’opportunità di inserire una opzione forestale nell’indirizzo Agraria ed Agroindustria.

6. Si raccomanda di conservare, all’interno del sistema degli indirizzi, il riferimento alla figura del perito aziendale corrispondente in lingue estere (Pacle-Erica), così come fortemente richiesto dal mondo della produzione.

7. Si suggerisce di verificare che i corsi di aggiornamento del personale, sia connessi ai diversi passaggi della riforma che diversamente finalizzati, siano realizzati con serietà e rigore, superando le superficialità e le gravi inefficienze spesso registrate in passato.

8. Si raccomanda di prevedere il riposizionamento del personale che sarà definito soprannumerario o non inseribile nei nuovi percorsi formativi.

9. Si ritiene indispensabile un forte raccordo con l’istruzione tecnica superiore.”

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL RELATORE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 134

“La Commissione,

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il regolamento sul riordino degli istituti professionali;

considerato che l’articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica:

al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, predisponga un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico;

al comma 4, stabilisce che per l’attuazione del predetto piano, con uno o più regolamenti, siano fra l’altro ridefiniti i curricoli vigenti nei diversi riordini di scuola, anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009 e di quello del Consiglio di Stato espresso in data 21 dicembre 2009;

tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni di rappresentanti delle associazioni di categoria e di esperti svolte dall’Ufficio di Presidenza;

esprime parere favorevole con le seguenti condizioni.

1) All’articolo 6, comma 1, appare opportuno sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto-legge» con le parole «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122».

2) All’articolo 6, comma 4, appare necessario sostituire le parole «diploma di tecnico» con le parole «diploma di istruzione professionale», allo scopo di evitare confusioni con l’analogo titolo di cui all’articolo 20, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, che si consegue a conclusione dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale regionali, anche al fine di riaffermare l’identità degli istituti professionali all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e formazione, rispondendo in maniera flessibile alla richiesta di competenze sempre più avanzate connesse a precisi ambiti settoriali aventi rilevanza nazionale ed europea.

3) Si invita ad inserire, all’articolo 6, una norma tale per cui nelle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché nelle Regioni autonome, ove previsto dalla legislazione provinciale e regionale autonoma, per coloro che hanno superato i concorsi quadriennali di formazione professionale e che intendono sostenere l’esame di Stato di cui al comma 6 dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, le medesime province e regioni autonome realizzano corsi annuali che si concludono con l’esame di Stato dinnanzi ad apposite commissioni d’esame nominate, ove richiesto dalle province medesime, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con le modalità e i programmi di cui alle rispettive norme di attuazione del proprio Statuto, stabilendo altresì che il percorso finale sia coerente con quello seguito.

4) Si reputa altresì necessario ammettere all’esame di Stato coloro che sono in possesso del diploma professionale di tecnico, conseguito a conclusione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, previa frequenza dell’apposito corso di cui all’articolo 15, comma 6, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.

5) Si sollecita l’introduzione, all’articolo 8, di una disposizione volta a riconoscere agli istituti professionali di Stato la facoltà di assicurare l’offerta formativa nel settore con lo svolgimento dei relativi corsi e il rilascio delle qualifiche – sino alla compiuta attuazione da parte di tutte le Regioni degli adempimenti connessi alle loro competenze esclusive in materia di istruzione e formazione professionale – almeno con riferimento agli atti dispositivi che le Regioni devono compiere in base all’articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.

6) Sempre all’articolo 8, occorre chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti, in particolare, ove non indicata espressamente nell’allegato D), facendo riferimento alla corrispondenza dei titoli finali prevista dai provvedimenti di autorizzazione alla sperimentazione adottati dal Ministero.

7) Si invita a prevedere un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli di apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione.

8) Occorre richiamare l’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, già prevista dallo schema di regolamento n. 132 concernente la revisione dell’assetto dei licei.

9) All’articolo 8, comma 4, lettera a), si invita a valutare l’opportunità di chiarire il riferimento all’intervento sulle classi di concorso.

10) Si sollecita la previsione di una fase transitoria che comporti la confluenza degli insegnamenti previsti nei nuovi indirizzi di studio, opportunamente raggruppati funzionalmente, nelle vigenti classi di concorso, per assicurare la regolare formazione degli organici, nonché la puntuale attuazione delle operazioni di mobilità e di reclutamento del personale.

Si esprimono inoltre le seguenti osservazioni:

a) Si invita a valutare l’opportunità di disciplinare dettagliatamente il quadro orario conseguente all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 8, rispetto all’ordinamento previgente, limitando, di norma, a non più di due ore la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni.

b) Occorre favorire l’utilizzo della quota dell’autonomia ampliando la determinazione degli organici a livello regionale.

c) Si invita a definire il concetto di flessibilità in modo distinto da quello dell’autonomia, per esplicitare meglio gli strumenti a disposizione delle istituzioni scolastiche, anche al fine di corrispondere alle esigenze degli studenti e del territorio.

d) In merito all’indirizzo «Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera», si giudica necessario prevedere adeguate specificazioni relative ai diversi servizi concernenti i laboratori dei settori di: 1) enogastronomia; 2) servizi di sala e di vendita; 3) accoglienza turistica, nonché valutare l’opportunità di rivedere la previsione di aumentare il monte orario delle discipline teoriche, a scapito delle ore laboratoriali, inserendo altresì tra le discipline teoriche l’insegnamento della matematica e dell’informatica, di psicologia della comunicazione e lo studio della seconda lingua straniera.

e) Si invita a valutare l’opportunità di istituire Poli per il Turismo, ovvero istituti di istruzione superiore che comprendano l’istituto tecnico per il turismo e quello professionale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera.

f) In ordine agli istituti professionali del settore industria e artigianato, si invita a valutare l’opportunità di potenziare la compresenza degli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di chimica e fisica del primo biennio, in quanto strettamente collegati alle discipline di indirizzo, anche al fine di evitare di compromettere gli aspetti operativi della didattica in laboratorio con riferimento alle discipline scientifiche a carattere sperimentale, tenuto conto che le ore inizialmente previste hanno subìto un ridimensionamento del 50 per cento.

g) Tenuto conto delle preferenze degli utenti, si ritiene opportuno salvaguardare le competenze proprie dell’albo professionale dei periti agrotecnici, collocandoli nell’area della produzione anziché in quella dei servizi.”

22 gennaio Contratti in CdM

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della seduta del 22 gennaio, ha autorizzato il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, Renato Brunetta, ad esprimere il parere favorevole del Governo sui seguenti Atti di contrattazione collettiva:

– Area I – personale dirigente dei Ministeri (quadriennio normativo 2006-2009 e bienni economici 2006-2009);

– Area II – personale dirigente delle Regioni e degli Enti locali (quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007);

– Area VII – Enti di ricerca e sperimentazione ed Università – Atto di indirizzo (quadriennio normativo 2006-2009 e bienni economici 2006-2009).

20 gennaio 7a Camera approva Riordino cicli

La 7a Commissione della Camera, nella seduta del 20 gennaio 2010, esprime parere favorevole con condizioni e osservazioni al Governo su:

Di seguito il resoconto della seduta e le proposte di parere:

La seduta comincia alle 14.10.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei.

Atto n. 132.

(Seguito dell’esame, ai sensi dell’articolo 143, comma 4 del regolamento e conclusione – parere favorevole con condizioni e osservazioni).

La Commissione prosegue l’esame del provvedimento all’ordine del giorno, rinviato da ultimo nella seduta del 19 gennaio 2010.

Valentina APREA, presidente, informa che sono pervenuti i rilievi della V Commissione bilancio favorevoli alle proposte di parere presentati dalla relatrice. Ricorda come la votazione di oggi è stata preceduta da un ampio e approfondito dibattito corredato da numerose audizioni. Rammenta che nella seduta odierna si è chiamati a votare i tre schemi di regolamento che concretizzano una riforma dell’istruzione secondaria superiore della scuola italiana che ha avuto un’incubazione lunga almeno tre decenni. Sente quindi la responsabilità in quanto presidente e relatrice di essere giunti a un momento solenne su un provvedimento di notevole importanza per la scuola italiana.

Dà quindi la parola ai rappresentanti dei gruppi per le dichiarazioni di voto.

Manuela GHIZZONI (PD) illustrando una proposta di parere alternativo di cui è cofirmataria (vedi allegato 1). Ricorda come la richiesta preminente rispetto a questi articolati parere alternativi è inerente al rinvio di un anno della riforma. Ritiene di aver compiuto valutazioni di merito anche sulla genesi di questi provvedimento, che affondano le loro radici in un atto di carattere economico finanziario. Ricorda infatti come nel decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, è stato dato impulso dal Governo per raggiungere un obiettivo di razionalizzazione della scuola italiana, obiettivo che la parte da lei rappresentata ritiene configurarsi come in realtà tagli alle risorse: tale a suo giudizio è la cornice in cui si muovono i provvedimenti in oggetto. Ricorda inoltre come il Parlamento nel suo complesso non si sia espresso, come avrebbe meritato la complessità di una riforma dell’istruzione secondaria superiore. Rammenta, infatti, essere mancato un dibattito in Aula essenziale per la valutazione dell’Istituzione che deve portare al sapere, motore di promozione civile e sociale del Paese. Ricorda come già nella discussione nell’ambito del decreto-legge n. 112 vennero stigmatizzate le modalità e criticati i percorsi con i quali si era sviluppata questa delega. Sottolinea come non sia ammissibile che il Governo addossi ogni responsabilità al ritardo del parere emesso dalla Conferenza Stato-regioni. Ricorda come l’interlocuzione con le Regioni venne interrotta anche da parte delle Regioni rappresentanti la maggioranza: ed è per tale motivo che il parere è giunto tardi all’esame della Commissione. Rammenta come i numerosi soggetti auditi abbiano posto molti rilievi ai tre schemi di regolamento. Ritiene non esserci più tempo per varare una riforma, anche se sono stati disposti i rinvii a marzo e ritiene che la scarsità di tempo non potrà non avere effetti nocivi per l’inizio del prossimo anno scolastico. Sottolinea come a questi regolamenti dovranno seguire altri atti ufficiali da attuare: programmi, quadri orari, modalità di valutazione e che questi atti il Consiglio di Stato stesso ha dichiarato dover essere atti di valore normativo. Ricorda altresì una questione inerente gli istituti tecnici che subiranno la riduzione a 32 ore da subito e per gli studenti che si trovano a frequentare la seconda classe per le classi successive seguiranno il percorso scolastico con un orario ridotto. Ritiene che tale accelerazione dei tempi sia di fatto la testimonianza più valida dei provvedimenti come provvedimenti volti al contenimento delle spese. Ribadisce come su questi provvedimenti che hanno l’ambizione di presentarsi come una riforma organica si sarebbe dovuto aprire un ben più approfondito dibattito e ci si sarebbe dovuti porre ben altri obiettivi didattici e metodologici sull’istruzione secondaria nell’epoca della «economia della conoscenza». Ritiene che anche la maggioranza si appresti a varare un parere molto condizionato e ricorda come il gruppo da lei rappresentano non si sia mai sottratto ad una condivisione su importanti questioni di merito. Ricorda, a questo proposito, gli ultimi provvedimenti approvati come l’ANVUR e il riordino degli enti di ricerca e come i deputati del suo gruppo abbiano sempre messo al servizio del Paese le proprie competenze e intelligenze.

Stigmatizza il fatto che il Governo non abbia tenuto conto del possibile accordo politico a cui si era giunti. Sottolinea ancora un volta la possibilità di una riconsiderazione della riduzione dell’orario a 32 ore per quello che riguarda gli istituti tecnici e che questo è stato uno dei motivi per cui il gruppo da lei presentato si è risolto a presentare tre pareri alternativi ai tre schemi di regolamento.

Preannuncia quindi, anche nome del proprio gruppo, il voto contrario alla proposta di parere presentate dal relatore.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) ricorda che ci si trova di fronte a un provvedimento importante che rivede l’assetto dell’istruzione secondaria superiore. Una riforma di ampio respiro, infatti, avrebbe dovuto avere come obiettivi primari la semplificazione, l’accordo con le imprese e il diritto allo studio. In realtà, questi provvedimenti nascono inquinati all’origine e avrebbero dovuto avere una discussione ben più ampia. Ricorda come l’origine risieda nella legge n. 133 del 2008 e che non si tratta di tutela del diritto allo studio ma che la risposta data dal Governo è da ricondursi nei termini delle risorse e del personale. Rileva come si tratti di un provvedimento tardivo e come gli istituti scolastici versino in una grande confusione, condividendo quanto detto dal capogruppo del Partito Democratico in merito a un ulteriore rinvio della «riforma», in quanto ritiene non vi siano più i tempi per accogliere la complessità dei provvedimenti oggetto di esame. Ricorda che nelle discussioni passate non siano mancate critiche e che la discussione avvenuta in Commissione e con audizioni non abbia visto protagonisti gli attori principali , al di fuori delle stanze istituzionali: scuole ed anche sindacati.

Sottolinea come questi provvedimenti non centrino gli obiettivi previsti dal Trattato di Lisbona e principalmente il contrasto all’abbandono scolastico. Dà atto alla presidente di uno sforzo fatto nell’articolare un parere che venisse incontro ai rilievi espressi, ai pareri della Conferenza Stato-regioni e del Consiglio di Stato. Non crede che questo parere espresso dalla maggioranza possa trovare condivisione da parte del Governo che ha già deciso sui tre regolamenti e sottolinea come si sia di fronte alla prima «riforma scolastica» dopo la riforma Gentile del 1923. Preannuncia, anche a nome del proprio gruppo, parere contrario alle proposte di parere presentate del relatore.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC) illustra una proposta di parere alternativo (vedi allegato 2). Condivide gran parte di quanto detto dai colleghi negli interventi precedenti. Aggiunge altresì di essere profondamente dispiaciuta in quanto, a suo giudizio, si è persa una grande occasione, anche per la maggioranza e per il Governo. Ritiene che una riforma debba essere frutto di una responsabilità comune e che questa sia un’occasione mancata per un segnale positivo al Paese sulla scuola. Sottolinea come il suo rammarico sia ancor più profondo, in quanto ritiene si sia andati vicino ad un accordo tra le parti politiche e ritiene che nessuna delle parti politiche presenti si sia accostata a questi provvedimenti con preconcetti. Sottolinea di non addossare responsabilità alla presidente della mancata condivisione politica su tali provvedimenti, ma ritiene di addossare al Governo tale responsabilità per la fretta di dover attuare dei tagli finanziari. Sottolinea altresì negativamente il fatto che non vi sia stato un passaggio in Assemblea per provvedimenti così importanti, ma ricorda che il ministro Fioroni, a suo tempo, fece lo stesso, dimostrando anche lui scarso rispetto per il Parlamento e per l’Aula.

Aggiunge altresì che non ci si trova di fronte alla riforma Moratti, ma che questa è la riforma Gelmini, rivista con le modifiche introdotte da Fioroni. Ritiene importante sottolineare questo passaggio, in modo da non esporre la sua parte politica a critiche di incoerenza. Ricorda come molti hanno continuato a chiedere il rinvio di un anno dell’applicazione della riforma. Ritiene che vi siano stati problemi di metodo e di merito e che ultimamente, i provvedimenti abbiano subìto un’accelerazione eccessiva, aggiungendo altresì che non è possibile varare una riforma di questo genere quando si è a marzo e che tutto ciò avrebbe preferito e meritato un dibattito più approfondito. Sottolinea come trattandosi di risorse sottratte alla scuola e di tagli in quest’ambito sarebbe importante sapere quali di questi fondi verranno poi rinvestiti nella scuola stessa. Sono tutti, esempi, di questioni aperte, forzature che preoccupano e a cui non state date risposte. Dà atto al presidente di tutto l’impegno e del grande lavoro svolto e la ringrazia. Annuncia a nome del proprio gruppo parere contrario alle proposte di parere presentate dal relatore. Preannuncia quindi il voto contrario sulla proposta di parere del relatore.

Paola GOISIS (LNP) ritiene di dover svolgere solo alcune considerazioni. Sottolinea come, in risposta all’onorevole Ghizzoni, neanche i componenti del gruppo da lei rappresentati si siano mai sottratti alla discussione di merito e alla condivisione di alcuni provvedimenti. Afferma di credere nella buona fede di tutti coloro che lavorano in questa Commissione, in quanto credono nella scuola e quindi non ritiene possibile fare un processo alle intenzioni. Ritiene che la situazione economica a cui si è arrivata e che ha dettato i tagli alla scuola derivano da precise responsabilità forze politiche, che hanno precedentemente governato portando la scuola di fatto ad essere un ammortizzatore sociale. Ricorda come i ragazzi nelle scuole invece di applicarsi nella materie curriculari potevano trovare ore alternative di vario genere che valevano anche come crediti formativi. Ritiene che questa politica precedente sia valida se si pensa alla scuola come ad un «parcheggio» per i giovani. Anche la sua parte politica riconosce, infatti, con dolore che vi sono stati tagli agli orari alle discipline alle classi di concorso, ma sottolinea come per tale motivo si sia fatta parte attiva con il ministero e con la presidente per la salvaguardia della specificità della scuola e della sua dignità. Anche in questo caso ritiene importante non tanto la quantità quanto la qualità dell’insegnamento. Nel preannunciare il parere favorevole del proprio gruppo politico alle proposte di parere presentate dalla relatrice, ribadisce che vigilerà sull’attuazione delle condizioni espresse.

Karl ZELLER (Misto-Min.ling.) ringrazia il presidente per aver previsto nella sua proposta di parere la possibilità di acquisire la maturità professionale nelle province autonome di Trento e Bolzano sulla base di una legge provinciale.

Emerenzio BARBIERI (PdL) ringrazia innanzitutto i colleghi dell’opposizione per gli interventi svolti, che indubbiamente hanno portato molti spunti interessanti nella discussione. Trova però strano che non vi è stato il tentativo da parte dell’opposizione di comprendere lo sforzo compiuto dalla maggioranza e dal presidente, al fine di predisporre una proposta di parere che potesse venire incontro a molti importanti rilievi sollevati. In particolare, rileva che non si è tenuto conto del fatto che la proposta di parere presentata contiene molte condizioni e osservazioni e che quindi è stato svolto un lavoro anche molto critico rispetto al provvedimento in esame. Per quel che riguarda quanto detto dalla collega Capitanio Santolini in merito al fatto che la riforma in esame non è la continuazione della riforma Moratti, rileva che è molto difficile stabilire se tale affermazione è esatta o meno, in quanto tra la riforma Moratti e l’attuale riforma ci sono tutta una serie di fatti intermedi. Rileva inoltre che il voto dell’UdC è sicuramente un voto di tipo politico, sottolineando peraltro che è difficile trovare una riforma che possa andare bene a tutti, dato che una riforma comporta sempre qualche lamentela da parte di alcuni soggetti. Ritiene inoltre che il dibattito svolto è stato comunque molto approfondito, che sono state fatte tutte le audizioni necessarie e che sono stati tenuti in considerazione varie questioni poste nel corso dell’audizione; segnala peraltro che non è affatto vero che le indicazioni provenienti dalle audizioni erano univoche. Sottolinea, in conclusione, che con il provvedimento in questione l’opposizione ha perso un’occasione importante al fine di contribuire ad una riforma importante del sistema. Preannuncia quindi, anche a nome dei deputati del proprio gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere presentata.

Valentina APREA, presidente e relatore, sottolinea che col provvedimento in esame l’opposizione ha perso un’occasione importante di contribuire al cambiamento della scuola. Si è scelta infatti una «logica elettorale del consenso facile» che non premierà. Ricorda peraltro che il centro-sinistra si è misurato con la riforma degli ordinamenti con i ministri Berlinguer e Fioroni e quindi non ha senso prendere le distanze oggi, dal processo di riforme che conserva aspetti sostanziali delle riforme previste dai suddetti Ministri. Si registra quindi una sconfitta della politica che si è dimostrata incapace di trovare una mediazione sulle quattro differenti riforme (Berlinguer, Moratti, Fioroni e Gelmini), che in dieci anni hanno impegnato il Parlamento. Rileva infatti che al di là dei tagli previsti, che indubbiamente ci sono, ma che si riferiscono al prossimo anno scolastico, si sarebbe dovuto tenere in considerazione il fulcro della riforma che è relativo agli ordinamenti: su tale aspetto non ci può essere dissenso. Esprime inoltre il proprio stupore per il voto contrario del gruppo dell’UDC, rilevando che se è vero che la riforma modifica alcuni aspetti della riforma Moratti, è anche vero che la riforma Moratti risale al 2005 e non si può quindi ignorare che da allora ci sono stati altri Ministri ed altre politiche scolastiche. Segnala altresì che il gruppo dell’UDC aveva condiviso le riforme relative agli istituti tecnici e alla «regionalizzazione» degli istituti professionali. Ritiene pertanto che con il voto contrario i gruppi di opposizione si rendono responsabili di non condividere un percorso che va avanti da dieci anni. Con riferimento a quanto affermato dalla collega Ghizzoni, ricorda inoltre che col Governo Prodi sono state fatte riforme della scuola, approvate in provvedimenti che non sono stati esaminati dalla Commissione cultura e inseriti in provvedimenti che riguardavano altra materia, come ad esempio la legge n. 40 del 2007 «Bersani» che ha reintrodotto l’istruzione tecnica).

Sottolinea che il dibattito svolto in Commissione è stato molto approfondito e rileva che i tagli agli orari nelle classi di passaggio sono stati comunque fatti anche dal Governo Prodi con riferimento agli istituti professionali. Sottolinea inoltre che i tempi per l’attuazione della riforma saranno rispettati e che le misure previste daranno comunque la possibilità di ordinato svolgimento di tutte le attività scolastiche.

Rileva che quantomeno l’opposizione avrebbe potuto condividere la prima condizione della proposta di parere e auspica che d’ora in avanti ci sia meno contrapposizione ideologica e più interesse per i problemi della scuola. Ritiene inoltre che il provvedimento affronta nella giusta ottica il problema delle sperimentazioni.

Conclude inoltre, con l’auspicio che la scuola italiana possa offrire maggiori e più qualificate opportunità di studio e di formazione più lungo dentro un sistema scolastico autonomo.

Ricorda che sono state presentate, da parte dei deputati Pes ed altri e dalla deputata Santolini proposte di parere alternativo. Pone quindi in votazione la proposta di parere del relatore, pubblicata in allegato al resoconto di ieri, avvertendo che, se questa risulterà approvata, saranno precluse le proposte alternative, mentre, se risulterà respinta, saranno messe in votazione le proposte alternative.

La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni del relatore (vedi allegato 3).

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici.

Atto n. 133.

(Seguito dell’esame, ai sensi dell’articolo 143, comma 4 del regolamento e conclusione – parere favorevole con condizioni e osservazioni).

La Commissione prosegue l’esame del provvedimento all’ordine del giorno, rinviato da ultimo nella seduta del 19 gennaio 2010.

Manuela GHIZZONI (PD), illustrando una proposta di parere alternativo di cui è cofirmataria (vedi allegato 4), solleva la questione inerente gli istituti tecnici, che subiranno da subito la riduzione dell’orario a 32 ore. Ciò comporterà quindi che gli studenti che si trovano a frequentare la seconda classe, dall’anno prossimo si troveranno a seguire il rimanente percorso scolastico con un orario ridotto.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC) illustra un proposta di parere alternativo (vedi allegato 5), evidenziando le stesse criticità sollevate dalla collega Ghizzoni. Preannuncia quindi il voto contrario sulla proposta di parere del relatore.

Valentina APREA, presidente, ricorda che sono state presentate, da parte dei deputati Siragusa ed altri e dalla deputata Santolini proposte di parere alternativo. Pone quindi in votazione la proposta di parere del relatore, pubblicata in allegato al resoconto di ieri, avvertendo che, se questa risulterà approvata, saranno precluse le proposte alternative, mentre, se risulterà respinta, saranno messe in votazione le proposte alternative.

La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni del relatore (vedi allegato 6).

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali.

Atto n. 134.

(Seguito dell’esame, ai sensi dell’articolo 143, comma 4 del regolamento e conclusione – parere favorevole con condizioni e osservazioni).

La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, all’ordine del giorno, rinviato, da ultimo nella seduta del 19 gennaio 2010.

Manuela GHIZZONI (PD) illustra una proposta di parere alternativo di cui è cofirmataria (vedi allegato 7).

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdC) illustra una proposta di parere alternativo (vedi allegato 8). Preannuncia quindi il voto contrario sulla proposta di parere del relatore.

Paola GOISIS (LNP) lamenta, come ha già fatto nel corso dell’esame, la riduzione dei laboratori, non soltanto di chimica e fisica. Ribadisce a questo proposito, l’esigenza che ci sia un impegno perché vengano risolti gli aspetti evidenziati, riconoscendo le particolarità territoriali di alcune tipologie di scuole. Pensa, ad esempio a quelle carattere enologico, i liutai, i tessili e così via. Preannuncia in ogni caso il voto favorevole sulla proposta di parere del relatore.

Valentina APREA, presidente, ricorda che sono state presentate, da parte dei deputati De Torre ed altri e dalla deputata Santolini proposte di parere alternativo. Pone quindi in votazione la proposta di parere del relatore, pubblicata in allegato al resoconto di ieri, avvertendo che, se questa risulterà approvata, saranno precluse le proposte alternative, mentre, se risulterà respinta, saranno messe in votazione le proposte alternative.

La Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni del relatore (vedi allegato 9).

Il sottosegretario Giuseppe PIZZA considera positivo il percorso sviluppato dalla Commissione, apprezzando gli articolati pareri le cui condizioni e osservazioni saranno recepite dal Governo. Evidenzia, peraltro, il rammarico che la minoranza non abbia colto l’occasione importante di condividere questo percorso.

La seduta termina alle 15.10.

ALLEGATO 1

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei (Atto n. 132).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATA DAI DEPUTATI PES, GHIZZONI, COSCIA, DE TORRE, SIRAGUSA, DE PASQUALE, BACHELET, DE BIASI, LEVI, LOLLI, MAZZARELLA, NICOLAIS, PES, PICIERNO, ROSSA, RUSSO

La VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione), esaminato lo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il Regolamento concernente norme sul riordino dei Licei (atto n. 132),

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’Istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio: a) dallo sviluppo esponenziale della conoscenza e delle nuove tecnologie, e del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera comunità; b) dalla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi, profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro. Un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; c) dalla crisi finanziaria ed economica che ha duramente colpito il nostro paese che richiede di essere affrontata con una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare , quindi, cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora che solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. È il contesto mediatico, sociale, territoriale, la multimedialità ad egemonizzare il campo della conoscenza. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchio sistema educativo non sembra stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre questo esito negativo;

occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico, affinché la scuola possa svolgere in questo nuovo contesto in modo adeguato la sua funzione. Gli studi scientifici più recenti mettono sempre più in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi e evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. È necessario affermare la centralità dell’apprendimento come il coinvolgimento e protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, come sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica:

la programmazione e la metodologia della didattica;

la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

una ricerca metodologica che sia finalizzata: ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, capace di stimolare le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività; di favorire il superamento della separazione rigida tra lezione frontale e attività laboratoriale; alla definizione dei quadri orari con nuovi criteri e la riprogettazione e organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

la revisione dei curricoli per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale e fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

la definizione di un piano nazionale, finalizzato a valorizzare la funzione docente con lo sviluppo della loro professionalità attraverso una adeguata retribuzione; la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale e che preveda la stabilizzazione del personale precario; la definizione di organici funzionali, una nuova normativa per la formazione di base e il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti Locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare, infine, fondamentale che un processo riformatore di tale portata debba porsi come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal Governo Prodi, con il DM n. 139/2007 che, adeguandosi alle indicazioni europee e, pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisce che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico-tecnologico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione superiore prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale e che, nei profili di uscita, garantisca il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese ai 16 anni per tutti, non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra i licei, gli istituti tecnici e professionali;

rilevato che nell’ordinamento proposto dal Governo sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata un’identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo d’istruzione, da cui determinare le identità specifiche;

rilevato che il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione, ma sulla necessità di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’Istruzione, definiti con il decreto-legge n. 112/2008, convertito con la legge n. 133/2008, e sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali e alla qualità di una riforma che non può, pertanto, fregiarsi di tale titolo;

rilevato altresì che questa logica di riduzione della spesa ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente, conseguente alle misure di «razionalizzazione» connesse all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline;

rilevato, inoltre, che alla logica dei tagli di cui sopra, il regolamento in parola determinerà un’ulteriore riduzione di 2580 unità docente più 33 docenti ITP;

rilevato che la riduzione del monte ore, in particolare nel biennio – dove più facile è la riorganizzazione del quadro orario – produrrà la riduzione del personale docente; che l’obiettivo del riordino è funzionale al contenimento della spesa e non all’affermazione di una nuova visione strategica dell’istruzione liceale del Paese; rilevato, altresì, che proprio in questa logica, va letta l’assenza di investimenti e il mancato stanziamento di risorse aggiuntive destinate alla innovazione didattica, alle strutture scolastiche (aule, attività laboratoriale ecc.) e alla formazione del personale docente.

Si stigmatizza che il principio generatore della riforma – contrariamente a quanto affermato dal Ministero – che non risponde alle reali richieste che provengono dalla società contemporanea, di cui sopra, ma riporta in luce l’impianto complessivo dell’istruzione ad una visione di tipo gentiliano. Risulta assente, infatti, una vera rivoluzione di metodo capace di contenere gli elementi indispensabili per una scuola del XXI secolo, quali:

a) la didattica laboratoriale di tutte le discipline tramite il sistema delle compresenze (storia/diritto; Arte/tutte; Lingua straniera /tutte; Linguaggi /tutte);

b) la previsione di spazi di intersezione tra le discipline, progettualità e sperimentazioni, che invece l’Europa ci chiede;

c) l’insegnamento autonomo di Cittadinanza e Costituzione;

d) l’insegnamento autonomo di Linguaggi (Media Education);

e) l’insegnamento almeno quadriennale di Scienze;

pertanto, si reputa necessaria un’attenta revisione dello schema di regolamento e dei quadri disciplinari, al fine di non disperdere la ricchezza diffusa di centinaia di licei (più di un terzo del totale) che da decenni sperimentano esperienze didattiche che hanno prodotto risultati formativi e culturali di eccellenza e conseguito gli obiettivi OCSE PISA in linea con le maggiori scuole europee;

considerato che l’orario medio settimanale sarà di 27 ore nel primo biennio dei primi quattro licei e di 31 nel secondo biennio e nel 5 anno, per i primi 3 licei (32 per il linguistico); 32 per il musicale-coreutico; 34 (prima e seconda) e 35 (terza, quarta e quinta) per l’artistico;

considerato che, appare contraddittoria la previsione per i licei di flessibilità didattiche o curricolari riservate alla scuola, nella quota del 20 per cento al primo biennio e del 30 per cento al secondo biennio, vincolata ad un contingente di organico annuale attribuito, in modo sempre più ridotto, dal Ministero;

considerato che, stando alle ipotesi ora al vaglio, per effetto della riduzione oraria entreranno in sofferenza molte discipline con le relative classi di concorso – pur non essendo queste ultime oggetto del regolamento in discussione – si rileva che, in particolare:

a) La classe 19 A (Discipline giuridiche ed economiche) scompare dai licei linguistici e delle scienze umane e da molte sperimentazioni, mentre l’insegnamento del diritto dovrebbe essere incrementato anche al fine di rendere utile ed effettiva la nuova disciplina «cittadinanza e costituzione» che deve formare cittadini consapevoli;

b) La classe 51 A (Materie letterarie con latino) nel liceo scientifico, nel liceo linguistico (da – 25 a – 50 per cento a seconda dell’organizzazione precedente), nel liceo delle scienze umane (- 8 per cento circa);

c) La classe 50 A (Materie letterarie) nel liceo linguistico e nel liceo delle scienze umane dove, vista la presenza del latino, prevarrà il ricorso alla 51 A;

d) La classe 49 A (Matematica e Fisica) nel liceo linguistico (-15 per cento circa);

e) La classe 45 A (Lingue straniere) nello scientifico (10 per cento circa) e, relativamente alla seconda lingua straniera, nel liceo linguistico (-33 per cento circa);

f) La classe 60 A (Scienze naturali ecc.) nel linguistico e nel liceo delle scienze umane (- 25 per cento circa);

g) Le classi 61 A (Storia dell’arte) e 25 A (Disegno e storia dell’arte) dimezzate nei licei linguistico e delle scienze umane;

h) La classe 36 A (Filosofia, pedagogia, psicologia) e 37 A (Filosofia e storia) nel liceo delle scienze umane (rispettivamente -33 per cento e – 25 per cento);

i) La classe 47 A (Matematica) espulsa dai licei delle scienze umane e linguistici, poiché matematica e fisica diventano disciplina unica già nel biennio;

j) Le classi 18 A (Discipline geometriche ecc.), 21 A (Discipline pittoriche), 22 A (Discipline plastiche) nel liceo artistico;

k) Le classi dalla 3 A alla 10 A (Arti varie) e della tabella D (Laboratori degli istituti d’arte) per la confluenza degli istituti d’arte nei licei artistici;

considerato che la riduzione dei quadri orari colpisce fortemente i licei interessati ai corsi sperimentali, in particolare i più diffusi quali «il Piano nazionale di informatica», la sperimentazione della seconda lingua straniera per l’intero quinquennio nei licei scientifici, il Liceo Scientifico-Tecnologico, senza un’approfondita valutazione dei risultati formativi raggiunti;

considerato che il liceo artistico prevede un numero di ore insufficiente e mal distribuito per le attività artistiche pratiche; che il liceo artistico assorbe di fatto anche gli istituti d’arte, con conseguenze pesanti sulla molteplicità di queste scuole non riconducibili ai tre indirizzi previsti. Gli istituti d’arte dovrebbero, infatti, avere un taglio più professionalizzante ed essere legati di più al territorio, anche per non disperdere il valore degli istituti d’arte del mosaico, del corallo, dell’oreficeria, dell’alabastro, del vetro, del tessuto etc, che costituiscono un patrimonio prezioso per tanti territori;

considerato che il liceo classico, analogamente al liceo artistico, non prevede, al biennio lo studio delle scienze naturali, nonostante tale disciplina sia considerata, nei contenuti, uno dei quattro assi portanti che l’Europa ci chiede come certificazione di competenze alla fine dell’obbligo. Con la fine delle sperimentazioni ci si trova di fronte a un «nuovo» Liceo classico che ci riporta al «vecchio»: infatti in questi licei una percentuale prossima al 100 per cento si studiano le lingue straniere anche nel triennio, per un monte di ore pari a tre ore settimanali; con la riorganizzazione le ore vengono ridotte di una unità su ogni classe, per un totale di cinque nell’intero quinquennio; viene abolito inoltre lo studio dello storia dell’Arte in tutto il quinquennio la cui sperimentazione ha permesso a buona parte dei licei classici italiani una diffusa e approfondita conoscenza del patrimonio artistico del nostro Paese. Anche per il Liceo classico (così com’è previsto per i Licei scientifico e delle scienze sociali) andrebbe inserita l’opzione del «Liceo della Comunicazione» che, rispondendo alla necessità di far vivere l’umanesimo perenne della classicità, attirerebbe in questa sfera anche quella parte di studenti che non se la sentono di frequentare un Classico tradizionale;

considerato che i Licei scientifici tornano alle più vetuste esperienze: ad esempio, quelle delle tre ore di lingua straniera e si pone fine allo studio della seconda lingua comunitaria per tutto il quinquennio, che era stato il fiore all’occhiello delle recenti sperimentazioni;

considerato che il liceo scientifico tecnologico, così come previsto nello schema di regolamento in parola, recepisce solo in parte le caratteristiche peculiari delle attuali sperimentazioni, poiché non sono comprese le attuali ore di didattica di laboratorio. Pertanto è indispensabile una diversa articolazione delle opzioni del liceo scientifico, mantenendo anche nei tecnici la previsione di un’articolazione che riprenda il profilo del vecchio «liceo scientifico tecnologico Brocca» e facendo sì che, nelle confluenze, gli istituti tecnici che attualmente hanno tali sperimentazioni, rilascino il diploma di liceo scientifico tecnologico;

considerato che i Licei linguistici e delle scienze umane, finora costituiti in via sperimentale con orari intorno alle 35 ore, risentiranno maggiormente del limite imposto delle 30 ore. In tali Licei la definizione e distribuzione delle discipline risulta approssimativa: ad esempio matematica e fisica costituiscono una disciplina unica (comprensiva anche di informatica!) diversamente dal classico e dallo scientifico; arte e musica sono alternative e sono distribuite su un’ora alla settimana. Inoltre, in assenza delle sperimentazioni al Liceo Linguistico si studieranno bene solo le lingue straniere, mentre scomparirà una più vasta e solida cultura liceale. Il latino si studierà solo nei primi due anni, pur essendo, quello linguistico, indirizzo dedicato più di altri alla specializzazione dei linguaggi;

valutato negativamente che il Liceo delle Scienze umane, nel suo indirizzo tradizionale è calibrato su un asse Psico – Pedagogico, anziché, come nel resto d’Europa, su un asse Sociale. È un’inutile riedizione del soppresso magistrale con Latino per 5 anni eneppure un’ora di discipline giuridiche ed economiche, materia che pure appartiene all’asse culturale delle scienze umane. La classe 19 A (Discipline giuridiche ed economiche) scompare senza che si sia fatta alcuna riflessione didattica, pedagogica o del mondo dell’impresa o delle professioni. Tuttavia, il ripristino delle ore delle discipline giuridiche ed economiche non deve comportare una ulteriore riduzione di «Scienze sociali e metodologia della ricerca». Nel biennio, manca una disciplina caratterizzante (non è prevista neanche un’ora di scienze sociali) compromettendo, così, l’identità specifica dell’indirizzo. Nel triennio la sottrazione dell’insegnamento della Filosofia ai docenti di materia d’indirizzo (A036) renderà difficile mantenere sincronia e coerenza tra i programmi di filosofia e pedagogia, pur trattandosi dello studio dei medesimi pensatori;

considerato che il liceo Musicale – Coreutico nasconde l’incognita della ricerca e dell’impiego delle risorse. In tal senso o si assume personale nuovo e abilitato o si riqualificano, per riconvertirle, i docenti di educazione musicale e di strumento provenienti dalle scuole medie. Al suo interno è previsto l’insegnamento teorico della musica e della danza, ma assai poco quello pratico, sacrificato dentro le 32 ore massime in cui si articola. Soprattutto in quanto liceo vocazionale, esso risente fortemente del mancato investimento nell’attività laboratoriale e di un rapporto poco chiaro con i Conservatori e le Accademie di danza e altre istituzioni musicali e coreutiche riconosciute. Il tema è quello della formazione e dell’abilitazione all’insegnamento. Si stigmatizza infine la previsione di affrontare un progetto così ambizioso senza nessun investimento;

considerato che gran parte del deficit formativo della scuola italiana è di tipo metodologico e l’insegnamento è ancora in gran parte libresco; bisognerebbe introdurre dovunque la pratica dei laboratori e dell’indagine scientifica. È nel laboratorio infatti, in quanto luogo di ricerca e di indagine critica, che si impara l’analisi e la soluzione dei problemi, l’uso dei modelli e linguaggi specifici, la conoscenza delle strutture sintattiche e logiche delle discipline. Benché nella attività laboratoriale ci siano le condizioni per l’attuazione di modelli didattici funzionali all’apprendimento per competenze, tale pratica purtroppo non riguarda strutturalmente i licei;

considerato che, con un evidente attacco al buon senso, l’avvio della riforma nel 2010-2011 riguarderà oltre alle prime classi anche le seconde. In tal modo, grazie alla contrazione dei quadri orari si otterrà il risparmio previsto; le famiglie, tuttavia, avranno iscritto i propri figli a corsi destinati a cambiare dopo un anno gli assetti curriculari, quadri orari e insegnanti. Così facendo si disattende il diritto degli alunni alla continuità educativa, e si riduce il tempo necessario per gestire il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento.

Al riguardo si fa notare che non sono state ancora definite né le «Indicazioni nazionali» né le nuove classi di concorso e che, in assenza delle condizioni funzionali alla sua attuazione, un’ eventuale accelerazione del processo di riforma genererebbe solo ulteriore disagio all’interno della comunità scolastica e rafforzerebbe il convincimento che la riforma dei Licei ha per obiettivo primario il solo contenimento della spesa;

considerato che il Consiglio di Stato, pur avendo espresso parere favorevole al regolamento, ha rilevato che negli articoli riservati ai singoli percorsi liceali è assente un richiamo alle finalità generali e alla sua identità culturale poiché tali percorsi, salvo quello del liceo scientifico, sono diretti genericamente ad «approfondire conoscenza, abilità e competenza»;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza Unificata Stato, Regioni e Autonomie Locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione;

considerato che il Consiglio di Stato ha mostrato perplessità sulla istituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, e per la costituzione di un comitato scientifico, poiché detti organismi entrerebbero in conflitto tanto rispetto alla riserva di legge in materia di organizzazione scolastica quanto con il rispetto dell’autonomia scolastica in base alla quale ogni scuola deve poter valutare l’opportunità di istituire tali organi nel loro specifico contesto;

considerato altresì che il Consiglio di Stato ha espresso forti perplessità in merito all’utilizzo di decreti ministeriali non aventi forza normativa, per quanto riguarda la definizione delle indicazioni nazionali inerenti gli ordinamenti, l’articolazione delle cattedre e l’autovalutazione dei percorsi previsti dai regolamenti e che, comunque, ad oggi non sono ancora formalmente definiti i regolamenti con i quali viene disposta la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dell’istruzione liceale. Appare quindi del tutto evidente l’impossibilità di avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per l’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 poiché non si consente alle famiglie una scelta consapevole dell’indirizzo di scuola più consona ai propri figli;

considerato ancora che in assenza delle definitive disposizioni normative le Regioni non possono, nell’ambito delle proprie competenze, definire gli indirizzi di programmazione dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2010-2011;

tenuto conto che Il Governo stesso aveva, in fase di discussione della legge finanziaria 2010, riconosciuto la validità di tale richiesta accettando un ordine del giorno, presentato dal Partito democratico, che chiedeva di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti,

esprime

PARERE CONTRARIO

sullo Schema di Regolamento in oggetto.

ALLEGATO 2

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei (Atto n. 132).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO CAPITANIO SANTOLINI

La VII Commissione,

visti gli schemi di decreto del Presidente della Repubblica recante il «Regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei» approvati in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009 (Atto n. 132);

visto l’articolo 64 comma 4, del decreto legge 25 giugno 2009, n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133;

visti i pareri del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione formulati nella adunanza del 22 luglio 2009, della Conferenza Stato -Regioni promulgato in data 29 ottobre 2009 e del Consiglio di Stato pervenuto il 13 gennaio 2010;

considerato che i docenti e i dirigenti del sistema educativo italiano non sono stati adeguatamente informati e tanto meno sono stati preparati a supportare una revisione ordinamentale, organizzativa e didattica di tali dimensioni,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

a condizione che:

l’entrata in vigore sia procrastinata all’anno scolastico 2011-2012 per permettere ai docenti un adeguato aggiornamento professionale e a famiglie e studenti di essere correttamente informati sui nuovi percorsi riformati;

l’applicazione riguardi solo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, per procedere gradualmente con un anno di volta in volta;

il testo del documento venga corretto ed integrato con le seguenti modifiche migliorative:

a) rivedere i quadri orari per dare una forte identità ad ogni percorso rafforzando le discipline di indirizzo e l’area giuridico economica.

b) rimodulare il quadro orario del liceo delle scienze umane con riferimento alla possibilità di inserire lo studio di una seconda lingua straniera.

c) rafforzare l’equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale da ottenere, pur attraverso diverse modalità didattiche, con una attenta dosatura dei piani di studio e l’indicazione di adeguati obiettivi culturali e formativi nei profili in uscita che assicurino l’esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale dei diversi percorsi.

d) prevedere passaggi, uscite e rientri tra l’istruzione liceale, tecnica e professionale secondo criteri e procedure in grado di approvarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità.

ALLEGATO 3

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei (Atto n. 132).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei (atto n. 132);

considerato che la revisione degli ordinamenti del secondo ciclo, avviata con la cosiddetta Riforma Moratti – di cui alla legge 28 marzo 2003, n. 53, e al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, modificata dal Governo Prodi con la legge 2 aprile 2007, n. 40 -, è stata proposta all’esame del Parlamento dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni informali di rappresentanti delle associazioni di categoria, della Cabina di regia sui nuovi licei e di esperti svolte dalla Commissione Cultura, scienza e istruzione, nelle sedute del 5, 12, 17 e 24 novembre 2009;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009, pervenuto il 12 novembre 2009;

tenuto conto del parere del Consiglio di Stato espresso in data 13 gennaio 2010 e pervenuto il 15 gennaio 2010;

rilevata, in particolare, l’opportunità di prevedere una specifica disciplina normativa in materia di governo delle istituzioni scolastiche, tenendo conto a tale proposito del citato parere del Consiglio di Stato, assicurando comunque la governance delle scuole sulla base di un’organizzazione per dipartimenti e comitati;

premesso che va ribadita la centralità formativa della metodologia dell’alternanza scuola-lavoro e che vanno valorizzate le opportunità offerte dall’apprendistato fino al terzo livello (dottorati);

considerato che appare condivisibile la scelta di prevedere nel primo biennio una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo;

apprezzato il richiamo all’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

1) si ritiene necessario prevedere l’avvio della riforma a partire dal primo anno del ciclo scolastico e non dal primo e secondo anno, come attualmente previsto;

2) appare, altresì, necessario rafforzare ulteriormente l’obbligo di istruzione e l’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti;

3) si considera necessario svolgere un’accurata verifica dei quadri orari allegati e una migliore scansione dei due bienni, al fine di contemperare obbligo di istruzione, diritto-dovere all’istruzione, possibile reversibilità delle scelte compiute dagli studenti ai fini del successo formativo. In particolare, occorre valutare l’opportunità di introdurre le scienze naturali nel primo biennio di tutti i licei e di rafforzare ulteriormente, ove necessario, la matematica e la lingua straniera con la necessaria caratterizzazione data dalle materie di indirizzo;

4) si ritiene altresì necessario, rispetto all’articolazione dei quadri orari e dei profili in uscita, delineare con maggiore nettezza il percorso di studi del liceo delle scienze umane, inclusa la relativa opzione economico-sociale – la cui attivazione è definita nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa – con riferimento alle discipline caratterizzanti e ad un necessario rafforzamento dell’area giuridica ed economica;

5) con riferimento al liceo scientifico, l’opzione scientifico-tecnologica – la cui attivazione è definita nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa -, così come formulata, anche dal punto di vista nominale, sembra per molti aspetti sovrapponibile all’analoga offerta formativa dell’istruzione tecnica: si reputa pertanto necessario modificarne la denominazione in opzione scientifico-informatica, tenendo conto delle sperimentazioni del PNI, pur con i necessari aggiornamenti;

6) risulta altresì necessario procedere ad una ricognizione puntuale del rapporto tra profili e quadri orari, per verificarne la congruenza, anche a seguito delle verifiche di cui alle condizioni numeri 3 e 4 del presente parere;

7) si rende necessario inoltre rafforzare, per quanto riguarda il liceo musicale e coreutico, il monte ore destinato alle discipline storiche di indirizzo, quali storia della musica e storia della danza, al fine di meglio garantire una solida preparazione culturale;

8 ) sempre con riferimento al liceo musicale e coreutico, nelle more del processo di attuazione della legge 21 dicembre 1999, n. 508, e successive modificazioni, e del riordino del settore, appare necessario privilegiare la scelta di attivazione delle sezioni previste dall’articolo 13, comma 6, dello schema di decreto attraverso lo strumento della convenzione tra licei ed istituzioni dell’Afam consentito dall’articolo 2, comma 8, lettera g), della medesima legge n. 508 del 1999; ciò, al fine di tutelare la tradizione di eccellenza degli studi musicali e coreutici, integrandola con la tradizione liceale, e di tutelare la possibilità di accesso all’Alta formazione artistica, musicale e coreutica;

9) si ritiene inoltre necessario verificare la possibilità di superare, senza oneri aggiuntivi, il limite posto di 40 sezioni musicali e 10 sezioni coreutiche;

10) con riferimento al liceo artistico, si ritiene necessario separare i sub-indirizzi attualmente raggruppati negli indirizzi: arti figurative; architettura e ambiente; design; audiovisivo e multimediale; grafica; scenografia, anche al fine di preservare i passaggi tra vecchio e nuovo ordinamento e alla luce della trasformazione degli istituti d’arte in licei artistici, e tenendo conto dell’esigenza ordinamentale di riconoscere per gli istituti d’arte la possibilità di confluenza negli istituti professionali per l’industria e l’artigianato;

11) all’articolo 3, comma 3, appare necessario prevedere la disciplina delle sezioni liceali a indirizzo sportivo;

12) si ritiene infine necessario modulare la tabella di confluenza di cui all’allegato I, in modo da chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti;

e con le seguenti osservazioni:

a) all’articolo 10, comma 6, si ritiene opportuno utilizzare l’espressione «diploma di laurea conseguito in uno Stato dell’Unione europea» invece che «titolo di laurea comunitario»;

b) all’articolo 11, comma 1, sarebbe inoltre opportuno sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con le parole «e dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»;

c) all’articolo 13, comma 5, valuti il Governo l’opportunità di chiarire gli eventuali termini per la presentazione di proposte alternative e le modalità di eventuale formalizzazione delle stesse, ove accolte, rispetto al quadro di corrispondenza di cui all’allegato L;

d) al comma 10 del medesimo articolo 13, si ritiene opportuno esplicitare inoltre a chi fa capo l’emanazione del decreto ministeriale previsto;

e) anche al fine di valorizzare i crediti acquisiti dagli studenti in contesti lavorativi, appare opportuno prevedere, ove possibile, un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli in apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

f) si valuti l’opportunità di consentire l’utilizzo della quota dell’autonomia nei limiti dell’organico assegnato a livello regionale e altresì di definire il concetto di flessibilità in modo distinto da quello dell’autonomia, per esplicitare meglio gli strumenti a disposizione delle istituzioni scolastiche, anche ai fini di corrispondere alle esigenze degli studenti e del territorio;

g) considerato, inoltre, che l’articolo 64, comma 4, del già citato decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede anche, nell’ambito della complessiva revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso, e che l’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) stabilisce che con regolamento del Ministro della pubblica istruzione sia definita una nuova disciplina dei requisiti e delle modalità di formazione degli insegnanti, e che tali argomenti si correlano con la revisione dell’assetto dell’istruzione secondaria superiore, valuti il Governo l’opportunità di prevedere una fase transitoria che comporti la confluenza degli insegnamenti previsti nei nuovi indirizzi di studio, opportunamente raggruppati funzionalmente, nelle vigenti classi di concorso, anche allo scopo di assicurare la perfetta corrispondenza alle nuove classi di concorso dei nuovi percorsi formativi magistrali, per garantire la regolare formazione degli organici, nonché la puntuale attuazione delle operazioni di mobilità e di reclutamento del personale, tenendo altresì in debito conto i principi che informano l’operazione di razionalizzazione delle classi di concorso attuali con lo specifico regolamento previsto dall’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

h) si proceda infine alla corretta indicazione dei seguenti riferimenti normativi e riferimenti interni:

1) all’articolo 2, comma 3, il riferimento corretto è all’articolo 13, comma 11, lettera a), e non all’articolo 13, comma 9, lettera a);

2) all’articolo 12, comma 2, il riferimento corretto è alle indicazioni relative agli obiettivi di apprendimento di cui all’articolo 13, comma 11, lettera a) e non al comma 10 del medesimo articolo;

3) al comma 6 dell’articolo 13 il riferimento corretto è al «decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154» e non al «decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 186»;

4) al comma 9 dell’articolo 13, il riferimento corretto è alla «legge 20 maggio 1982, n. 270» e non alla «legge 20 maggio 1981, n. 270».

ALLEGATO 4

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici (Atto n. 133).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATA DAI DEPUTATI SIRAGUSA, GHIZZONI, COSCIA, DE TORRE, PES, BACHELET, DE PASQUALE, DE BIASI, LEVI, LOLLI, MAZZARELLA, NICOLAIS, PES, PICIERNO, ROSSA, RUSSO

La VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione), esaminato lo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il Regolamento concernente norme sul riordino degli Istituti Tecnici (atto n. 133),

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’Istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio, contrassegnato: a) dallo sviluppo esponenziale della società della conoscenza e delle nuove tecnologie, del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera società; b) dalla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi, profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro. Un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; c) dalla crisi finanziaria ed economica mondiale, che ha duramente colpito il nostro Paese, e che richiede di essere affrontata con una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare quindi cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. Il campo della conoscenza è egemonizzato dal contesto mediatico, sociale, territoriale, dalla multimedialità. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchio sistema educativo non sembra stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre un esito negativo;

in questo nuovo contesto, affinché la scuola possa svolgere in modo adeguato la sua funzione, occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico. Le stesse nuove acquisizioni scientifico-neurologiche mettono sempre più in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi e evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. È necessario affermare la centralità dell’apprendimento come coinvolgimento e protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, attraverso la sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva, quindi come cooperazione educativa;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica:

la programmazione e la metodologia della didattica;

la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

una ricerca metodologica che sia finalizzata ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, che stimoli le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività; favorendo il superamento dell’organizzazione rigida della lezione frontale, puntando sulle attività laboratoriali, definendo i quadri orari con nuovi criteri, e sulla riprogettazione, strutturazione e organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

la revisione dei curricula per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

la definizione di un piano nazionale finalizzato a valorizzare la funzione docente attraverso una adeguata retribuzione economica, la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale, la stabilizzazione del personale precario, la definizione di organici funzionali, una nuova normativa per la formazione di base e il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti Locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare, infine, fondamentale che un processo riformatore di tale portata si ponga come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal governo Prodi con DM n. 139/2007 che, in conformità con le indicazioni europee e, pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisce che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale e, che, nei profili in uscita, garantisca il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese a 16 anni per tutti non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra licei, istituti tecnici e professionali;

ritenuto che sarebbe necessario realizzare un biennio unitario costruito sui quattro assi fondamentali dei saperi che si concluda con la certificazione dell’obbligo di istruzione;

ritenuto che occorre una diversa definizione e articolazione del biennio, unitario e orientativo, che superi gli steccati di stampo gentiliano e si proponga di offrire pari opportunità ai nostri ragazzi: un segmento che consenta ai ragazzi di comprendere meglio le loro capacità e attitudini favorendo i passaggi da un corso di studi ad un altro senza che nessuno si perda per strada;

rilevato che sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata una identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo di istruzione dalla quale sarebbero poi discese e definite tre identità/finalità specifiche, e non invece identità/finalità progressivamente riduttive rispetto a quelle dei licei;

rilevato che il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione bensì fondato sulla esigenza di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’Istruzione definiti con il Decreto legge n. 112/2008, convertito con la legge n. 133/2008 e sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali e alla qualità della riforma;

rilevato altresì che la logica di riduzione della spesa, in conseguenza delle misure di «razionalizzazione» connesse all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline, ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente;

rilevato inoltre che la logica dei tagli di cui sopra, che sottende anche allo schema di decreto recante il regolamento in discussione, comporta un’ulteriore riduzione di 7492 unità docente più 2867 docenti ITP per un totale di 10359 unità;

rilevato che, per i motivi esposti in premessa, la riforma dell’ultimo segmento del percorso scolastico è certamente auspicabile e urgente per offrire ai giovani italiani strumenti atti a metterli in condizione di parità con i loro coetanei del resto del mondo e per renderli capaci di affrontare le sfide di questi anni, resi ancora più difficili da una crisi complessa e ancora molto lontana dal superamento.

Ma una riforma deve partire dall’individuazione degli obiettivi che si intendono raggiungere e non da obiettivi di riduzione della spesa.

Quella che ci si propone oggi è invece viziata dai tagli della L. 133/08: il riordinamento dell’istruzione secondaria superiore previsto nei regolamenti in esame viene realizzato nell’ambito della politica di ridimensionamento della spesa per l’istruzione pubblica prevista dall’articolo 64 del decreto legge 112/08 (circa 8 miliardi di euro in tre anni) e in assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali e alla qualità istituzionale della riforma;

rilevato, inoltre, che una nuova scuola, tarata sugli obiettivi, pur enunciati nei regolamenti in esame, dell’Unione Europea, avrebbe bisogno di nuovi stanziamenti, di investimenti mirati soprattutto sulla formazione dei docenti, ma anche sull’organizzazione delle istituzioni scolastiche e sulle attrezzature di cui dovrebbero essere dotate e, che, al contrario, il regolamento in esame prevede financo la riduzione dei laboratori e dei posti di docenti tecnico pratici;

ritenuto che l’identità dell’istruzione tecnica finisce con l’essere circoscritta ad «una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico…», e che quindi nei tre schemi permane e si rafforza quella gerarchia tra percorsi secondari che invece andrebbe superata, considerando i profondi cambiamenti che si verificano giorno dopo giorno sia nel mondo della ricerca scientifica e delle applicazioni tecnologiche, grazie alle quali la separazione tra lavoro intellettuale e manuale sta sempre più perdendo significato, sia nel mondo della ricerca educativa che non da oggi propone strategie per un insegnare/apprendere in grado di sollecitare e «produrre» soggetti «competenti» anche se condizionati da un milieu socioculturale deprivato;

ritenuto che la costruzione della responsabilità, della capacità di scegliere, della capacità di interpretare, della forza di costruirsi una prospettiva per il proprio futuro possono essere ottenute tanto per «via tecnologica» quanto per «via umanistica», mentre in tal senso lo schema in esame risulta del tutto divergente;

ritenuto che una didattica veramente innovativa dovrebbe prevedere alcune innovazioni strutturali, quali il superamento dell’orario di cattedra ed utilizzazione delle competenze professionali dei docenti secondo criteri diversi rispetto a quelli previsti dalle gabbie delle classi di concorso e degli orari di cattedra;

ritenuto che il fatto che la riforma si applichi anche alle seconde classi degli istituti tecnici appare incomprensibile da ogni punto di vista, tanto meno da quello didattico ed educativo. Tale previsione si fonda solo sulle esigenze di taglio alla spesa pubblica e contrasta con il diritto dei giovani, che quest’anno hanno scelto e cominciato il loro percorso di studi, di proseguire serenamente tale percorso;

ritenuto, altresì, che la riduzione oraria a 32 ore applicata già dal prossimo anno scolastico anche alle terze e quarte negli istituti tecnici, peraltro senza un’indicazione specifica su quali discipline debbano subire tali decurtazioni, costituisce un grave nocumento per gli studenti che hanno già iniziato, e alcuni quasi completato, il percorso di studi, violando il diritto dei ragazzi a concludere gli studi in continuità con il percorso che hanno scelto di intraprendere, e che tale previsione non hanno altra spiegazione se non l’urgenza del MEF di riduzione della spesa;

considerato che la previsione di quote orarie opzionali e della maggiore autonomia delle istituzioni scolastiche, pure condivisibile, deve essere resa possibile e concreta sul piano organizzativo con la previsione di un organico funzionale pluriennale, di cui non vi è traccia nello schema in esame, che, al contrario, vincola la flessibilità didattica e curriculare nei limiti dei contingenti di organico assegnati;

ritenuto che demandare a successiva decretazione, per gli istituti tecnici, le possibilità delle opzioni significa limitare l’autonomia e il radicamento territoriale delle scuole e sottrarre semplificazione e trasparenza all’intera manovra ed è viziato da illegittimità, come segnalato dal Consiglio di Stato;

ritenuto che la riforma degli istituti tecnici è urgente e che ormai la riflessione e l’elaborazione hanno raggiunto un livello di maturazione che solo in parte è contenuto nello schema di regolamento in esame. La Commissione presieduta dal prof. De Toni, insediata dal governo Prodi con l’obiettivo di elaborare una proposta di riforma degli istituti tecnici, che ne valorizzasse il ruolo fondamentale per la promozione sociale e lo sviluppo economico del nostro Paese, ha svolto un pregevole lavoro, ma il Governo, che pure l’ha mantenuta, ha colto solo in modo parziale e limitativo la spinta innovativa che deriva dall’elaborazione della Commissione, minando alle radici tali potenzialità;

ritenuto che nel regolamento sono contenuti aspetti positivi e condivisibili, che sono stati sottolineati nelle audizioni da esperti, associazioni professionali e sindacati:

riduzione e semplificazione degli indirizzi;

l’affermazione che la didattica laboratoriale deve essere la metodologia di lavoro per raggiungere le competenze previste ed espresse secondo la definizione europea EQF per rendere confrontabili i titoli di studio, ma la riduzione delle competenze, delle ore di docenti ITP e di laboratorio vanifica l’affermazione;

i curricoli per competenze come scelta di fondo, anche se a causa della riduzione delle ore, appare debole e incerta l’area comune del biennio;

il richiamo ad un collegamento sistematico con le strutture della ricerca, del mondo produttivo e delle professioni;

il richiamo ad una mirata ed efficace azione di orientamento;

l’affermazione della necessità un ampio uso di stages, tirocini, laboratori e alternanza scuola lavoro;

l’aumento dell’autonomia nel curricolo del secondo biennio e nel V anno, seppure con i rilievi già sottolineati;

la costituzione, nei singoli istituti, dei dipartimenti per sostenere la progettazione educativa e l’integrazione tra le discipline, seppure con i rilievi già effettuati, in particolare sul contrasto con l’autonomia scolastica e con l’esigenza di una riforma della governance complessiva delle istituzioni scolastiche;

la declinazione dei risultati di apprendimento in competenze, abilità e conoscenze secondo il quadro europeo dei titoli e delle qualifiche (EQF 2008);

l’introduzione dell’insegnamento in lingua inglese di una disciplina non linguistica nel quinto anno, anche se non si possono tacere i dubbi circa l’effettiva applicabilità di tale indicazione;

ritenuto, però, che sono presenti molti aspetti negativi, oltre a quelli già evidenziati, in diretto contrasto con alcuni di quelli positivi:

l’assenza di risorse umane e finanziarie per le scuole e la formazione dei docenti;

il permanere di terminalità troppo rigide e specialistiche che non consentono di costruire un profilo compatibile con professionalità realmente strategiche;

la riduzione delle ore specie nel biennio;

la riduzione degli orari dei laboratori e delle ore dedicate alla compresenza, nonché delle ore degli insegnanti tecnico-pratici, come sopra evidenziato;

la mancanza di chiarezza sul problema della valutazione e certificazione delle competenze;

l’assenza di un nesso tra area comune e competenze di cittadinanza;

la mancanza di un nesso tra materie del biennio e quelle del triennio;

considerato che non sono stati previsti finanziamenti mirati e piani nazionali di aggiornamento dei docenti e dei dirigenti scolastici;

considerato che la pratica laboratoriale, indispensabile in modo particolare per l’istruzione tecnica, è messa in discussione dall’eccessivo taglio delle compresenze degli insegnanti tecnico pratici e che, al contrario, i laboratori, nell’impostazione della commissione de Toni, erano fondamentali, mentre il governo ne ha stabilito un taglio del 30 per cento;

considerato che non è prevista la possibilità di attivare insegnamenti facoltativi sui quali gli studenti possano esprimere una scelta;

considerato che il Comitato scientifico dello Schema di regolamento in esame presenta rischi di sovrapposizione con le funzioni di altri organi della scuola – dipartimenti e collegio dei docenti , che andrebbero evitate, e che la sua composizione, in particolare con l’articolazione delle rappresentanze su base paritetica, non trova alcuna fondata motivazione per un organismo a cui si assegnano funzioni consultive e di proposta;

considerato che è necessario affidare alle scuole ogni deliberazione circa l’eventuale costituzione e la composizione del comitato medesimo, così come peraltro sottolineato nel parere del Consiglio di Stato;

considerato che il Comitato nazionale per l’istruzione tecnica e professionale, istituito ai fini del monitoraggio di cui all’articolo 12, oltre che risultare di quasi esclusiva nomina ministeriale e privo di qualsiasi forma di rappresentatività e di garanzia tecnico professionale, sostituisce impropriamente il Comitato nazionale per il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) istituito per le finalità previste dall’articolo 69 della legge 144/99, come peraltro rilevato dal Consiglio di Stato;

considerato che la valutazione delle competenze e il sistema delle qualifiche (EQF) rende necessaria l’indicazione degli standard di prestazione secondo i quali certificare le competenze e che tale indicazione è assente nello schema di regolamento in esame;

considerato che nei quadri orari di vari indirizzi è inserita la disciplina Scienze integrate con l’accompagnamento delle dizioni Fisica, Chimica, Scienze della terra e Biologia, senza che venga chiarito se si tratti di una nuova disciplina o solo di una nuova denominazione di quelle indicate tra parentesi, peraltro con una consistente riduzione del monte ore complessivo;

considerato che le materie scientifiche dovrebbero avere un ruolo importante nella formazione tecnica, anche alla luce degli obiettivi di Lisbona;

considerato che la disciplina Scienze e tecnologie applicate non può essere inserita nel biennio, in quanto già fortemente caratterizzante del percorso di studio e pertanto non orientativa né propedeutica;

considerato che è necessaria una maggiore caratterizzazione dell’indirizzo Turistico all’interno del settore «Economico», prevedendo la possibilità di differenziare il percorso di studio del perito per il turismo in indirizzi che valorizzino le specificità territoriali: sia articolando i quadri orari in maniera che in ciascun indirizzo si configurino alcune discipline prevalenti, sia offrendo materie opzionali significative rispetto alle realtà regionali. È necessario, inoltre, mantenere le discipline tecnico-pratiche (Pratica d’Agenzia e Conversazione in lingua straniera) che da sempre hanno qualificato l’indirizzo turistico, fornendo agli alunni le indispensabili competenze professionali, le quali devono necessariamente trovare una precisa collocazione nel quadro orario della riforma, anche in forma di compresenza nel secondo biennio e nell’ultimo anno;

considerato che il liceo scientifico-tecnologico, così come previsto nello schema di regolamento dei licei, recepisce solo parzialmente le caratteristiche peculiari delle attuali sperimentazioni, che hanno avuto grande successo, in particolare per l’azzeramento delle ore di laboratorio. Pertanto è indispensabile una diversa articolazione delle opzioni del liceo scientifico, mantenendo nei tecnici la previsione di un’articolazione che riprenda il profilo del vecchio liceo scientifico tecnologico Brocca e facendo sì che, nelle confluenze, gli istituti tecnici che attualmente hanno tali sperimentazioni, rilascino diplomi di liceo scientifico tecnologico;

rilevato che gli schemi di Regolamento degli Istituti Tecnici e dei Licei, e le tabelle di confluenza dei percorsi tecnici e dei percorsi liceali nei nuovi indirizzi tecnici e liceali, comportano la perdita di indirizzi sperimentati con successo dagli Istituti Tecnici per Attività Sociali: in particolare l’indirizzo Biologico (indirizzo liceale) e Generale (indirizzo tecnico); tali Istituti acquisterebbero pertanto esclusivamente il profilo di Istituti di istruzione Superiore, costituiti da indirizzi di tipo tecnico del settore tecnologico e di tipo liceale; al fine di evitare tale situazione si rende necessario stabilire la confluenza dell’indirizzo sperimentale Biologico «Brocca» nel settore Tecnologico – indirizzo Chimico, Materiali e Biotecnologie dell’istruzione tecnica, realizzando un corso di studi che rilascerà un diploma di istruzione tecnica; la confluenza dell’indirizzo Generale dell’ITAS nel settore Tecnologico – Indirizzo Sistema Moda, articolazione Tessile, Abbigliamento e Moda e la confluenza dell’indirizzo Economo – Dietista dell’ITAS nell’istruzione Tecnica – Settore Tecnologico – indirizzo Chimica, materiali e biotecnologie;

ritenuto necessario mantenere l’indirizzo di Informatica Gestionale (Programmatori/Mercurio) nel Settore Economico, che può formare esperti in settori di avanguardia come il web design e la programmazione web-oriented. Nel Settore Economico dovessero permanere solo i due indirizzi previsti dal riordino («Amministrazione, Finanza e Marketing» e «Turismo»), i futuri diplomati avrebbero delle competenze e delle capacità informatiche irrisorie e marginali, mentre l’economia punta verso l’e-commerce e l’e-business e che nessuno degli indirizzi proposti nel riordino prevede un percorso capace di fornire le competenze per creare degli esperti in questi importanti ambiti. Le figure in uscita del Settore Tecnologico sono orientate a gestire più l’aspetto hardware e «tecnico-industriale» dei sistemi informatici che a ricoprire funzioni e svolgere mansioni di tipo economico-aziendale e che pertanto sarebbe necessario l’ulteriore indirizzo Informatica gestionale;

ritenuto che l’indirizzo per periti aziendali corrispondenti in lingue estere, avviato in forma di sperimentazione ormai da decenni, costituisce un importante contributo all’attività aziendale e che lo schema in esame cancella tale indirizzo riconducendolo a quello Amministrazione, Finanza e Marketing del Settore Economico;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza Unificata Stato, Regioni e Autonomie Locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione;

preso atto del parere del Consiglio di Stato e delle cui condizioni poste, in particolare per quel che concerne i commi 2 e 3 dell’articolo 8: «In entrambi casi la natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo delle due disposizioni l’inciso «di natura non regolamentare»;

ritenuto quindi che non si possano demandare a un successivo decreto ministeriale di natura non regolamentare la definizione di aspetti che attuano e completano le disposizioni contenute nello schema di regolamento in esame;

ritenuto che il rinvio si rende a questo punto inevitabile, per non far fallire la riforma: presidi, insegnanti e famiglie non hanno ancora certezze sulle caratteristiche della nuova istruzione tecnica e per le scuole sarebbe impossibile avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per il prossimo anno scolastico;

ritenuto pertanto che le scelte dei ragazzi verrebbero viziate dalla inevitabile confusione che deriverà dalla frettolosa lettura della riforma. Il rinvio a marzo del termine per le iscrizioni fissa una scadenza troppo ravvicinata: per quanto immediata possa essere l’approvazione definitiva del regolamento, l’orientamento non potrà essere efficace e le istituzioni scolastiche non potranno riorganizzarsi per affrontare il nuovo anno scolastico;

tenuto conto che il Governo stesso ha in fase di discussione della legge finanziaria 2010 ha riconosciuto la validità di tale richiesta, accogliendo un ordine del giorno presentato dal partito Democratico, nel quale si chiede di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti;

ritenuto pertanto che il rinvio di un anno è indispensabile per non procurare gravissimi danni ai ragazzi e alle famiglie,

esprime

PARERE CONTRARIO

sullo Schema di Regolamento in oggetto.

ALLEGATO 5

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici (Atto n. 133)

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO CAPITANIO SANTOLINI

La VII Commissione,

visti gli schemi di decreto del Presidente della Repubblica recante il «Regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici» approvati in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009 (Atto n. 133);

visto l’articolo 64 comma 4, del decreto legge 25 giugno 2009, n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133;

visti i pareri del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione formulati nella adunanza del 22 luglio 2009, della Conferenza Stato -Regioni promulgato in data 29 ottobre 2009 e del Consiglio di Stato pervenuto il 13 gennaio 2010;

considerato che i docenti e i dirigenti del sistema educativo italiano non sono stati adeguatamente informati e tanto meno sono stati preparati a supportare una revisione ordinamentale, organizzativa e didattica di tali dimensioni;

considerato che alcune delle ipotesi proposte suscitano perplessità a causa di scelte di metodo di merito ritenute non pienamente adeguate alle necessità di modernizzazione del sistema educativo e formativo, nel rispetto delle tradizioni culturali del Paese,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

a condizione che:

il testo del documento venga corretto ed integrato con le seguenti modifiche migliorative:

l’entrata in vigore sia procrastinata all’anno scolastico 2011-2012 per permettere ai docenti un adeguato aggiornamento professionale e a famiglie e studenti di essere correttamente informati sui nuovi percorsi riformati;

l’applicazione riguardi solo il primo anno della scuola secondaria di secondo grado, per procedere gradualmente con un anno di volta in volta;

il testo del documento venga corretto ed integrato /con le seguenti modifiche migliorative:

a) rivedere i quadri orari per riequilibrare la riduzione di ore delle varie discipline rispetto agli ordinamenti esistenti;

b) dare una forte identità ad ogni percorso rafforzando le discipline di indirizzo;

c) rafforzare l’equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale da ottenere, pur attraverso diverse modalità didattiche, con una attenta dosatura dei piani di studio e l’indicazione di adeguati obiettivi culturali e formativi nei profili in uscita che assicurino l’esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale dei diversi percorsi;

d) puntare a modelli organizzativi quali il campus o i poli formativi che permettano di migliorare il perseguimento delle finalità formative dell’istruzione tecnica e della istruzione professionale incrementando il legame con la realtà economico-produttiva del Paese, di ampliare l’offerta formativa sul territorio ed ottimizzare il riorientamento degli studenti;

e) prevedere passaggi, uscite e rientri tra l’istruzione liceale, tecnica e professionale secondo criteri e procedure in grado di approvarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità.

ALLEGATO 6

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici (Atto n. 133).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici (atto n. 133);

considerato che la revisione degli ordinamenti del secondo ciclo, avviata con la cosiddetta Riforma Moratti – di cui alla legge 28 marzo 2003, n. 53, e al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, modificata dal Governo Prodi con la legge 2 aprile 2007, n. 40 -, è stata proposta all’esame del Parlamento dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni informali di rappresentanti delle associazioni di categoria e di esperti svolte dalla Commissione Cultura, scienza e istruzione, nelle sedute del 5, 12, 17 e 24 novembre 2009;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009, pervenuto il 12 novembre 2009;

tenuto conto del parere del Consiglio di Stato espresso in data 13 gennaio 2010 e pervenuto il 15 gennaio 2010;

rilevata, in particolare, l’opportunità di prevedere una specifica disciplina normativa in materia di governo delle istituzioni scolastiche, tenendo conto a tale proposito del citato parere del Consiglio di Stato, assicurando comunque la governance delle scuole sulla base di un’organizzazione per dipartimenti e comitati;

premesso che va ribadita la centralità formativa della metodologia dell’alternanza scuola-lavoro e che vanno valorizzate le opportunità offerte dall’apprendistato fino al terzo livello (dottorati);

premesso che appare condivisibile la scelta di prevedere nel primo biennio una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale – pari a 660 – rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo – pari a 396;

considerato che al fine di raccogliere le proposte degli ordini professionali interessati e per rendere più chiara la natura della certificazione finale per gli utenti, appare necessario modificare la denominazione dei titoli di studio contenuta nello schema di regolamento in esame;

tenuto conto che la disciplina prevista dalla riforma esplica i suoi effetti con riduzione di orario per le classi già avviate;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

1) si ritiene necessario fissare l’avvio della riforma a partire dal primo anno del ciclo scolastico e non dal primo e secondo anno, come attualmente previsto;

2) si considera altresì necessario rafforzare ulteriormente l’obbligo di istruzione e l’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti;

3) si ritiene necessario all’articolo 6, comma 4, sostituire le parole «diploma di perito», con le parole «diploma di istruzione tecnica», allo scopo di evitare confusioni con l’analogo titolo rilasciato a conclusione degli esami di Stato per l’accesso agli albi dei periti industriali e agrari;

4) all’articolo 8 occorre chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti, in particolare, ove non indicata espressamente nell’allegato d), facendo riferimento alla corrispondenza dei titoli finali prevista dai provvedimenti di autorizzazione alla sperimentazione adottati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

5) si considera altresì necessario riesaminare le tabelle di confluenza di cui all’allegato d), accogliendo il criterio di cui al precedente punto 5), nonché le osservazioni espresse dai soggetti interessati nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione cultura;

6) con riferimento agli istituti tecnici del Settore tecnologico:

a) appare necessario modificare la denominazione dell’indirizzo «Agraria e agroindustria» in: «Agraria, agroalimentare ed agroindustria», e aggiungere una ulteriore articolazione denominata «Viticoltura ed enologia», anche allo scopo di tenere conto delle indicazioni del Ministero delle politiche agricole e forestali;

b) si ritiene necessario inoltre modificare l’articolo 8 dello schema in esame, per consentire che l’articolazione di cui alla lettera a) si sviluppi a livello post-secondario con un ulteriore percorso di istruzione e formazione tecnica superiore, della durata di due semestri, con l’utilizzo del personale attualmente in organico;

c) si considera necessario chiarire le articolazioni previste per l’indirizzo «Chimica, materiali e biotecnologie», eliminando il riferimento alla chimica nelle articolazioni per le biotecnologie ambientali e sanitarie, anche sulla base di quanto richiesto dalle parti sociali interessate;

d) appare necessario inoltre prevedere una coerente confluenza degli istituti tecnici del settore minerario nell’indirizzo «Costruzioni, ambiente e territorio», richiamando per questo indirizzo anche il riferimento alle tecnologie del legno e inserendo un’articolazione denominata: «Geotecnica», tenendo conto delle richieste rappresentate in questo senso dalle parti sociali e dagli istituti interessati, visto che la questione assume particolare rilievo anche per la necessità di assicurare tecnici preparati sui temi riguardanti il dissesto idrogeologico del territorio e la sua prevenzione;

7) con riferimento agli istituti tecnici del Settore economico, si ritiene necessario prevedere due articolazioni dell’indirizzo «Amministrazione, finanza e marketing», riguardanti: 1) «Relazioni internazionali per il marketing», allo scopo di raccogliere i risultati delle sperimentazioni – cosiddetto progetto Erica – attuate dagli istituti tecnici per periti aziendali e corrispondenti in lingue estere, come richiesto anche dalla Conferenza unificata; 2) «Sistemi informativi aziendali», per raccogliere i risultati delle sperimentazioni – cosiddetto progetto Mercurio – attuate dagli istituti tecnici commerciali ad indirizzo programmatori, considerando in particolare che in relazione a quest’ultima articolazione, vanno ripristinate le compresenze con gli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di informatica;

8 ) con riferimento agli istituti tecnici di cui all’Allegato C.2, indirizzo trasporti e logistica, si espliciti ulteriormente il profilo relativo al settore aeronautico;

e con le seguenti osservazioni:

a) si rileva l’esigenza di inserire in premessa il riferimento al parere delle Commissioni parlamentari, previsto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69;

b) all’articolo 6, comma 1, valuti il Governo l’opportunità di sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con quelle «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»;

c) all’articolo 6, comma 3, si ritiene altresì opportuno chiarire le modalità con le quali le Commissioni possono avvalersi di esperti per la configurazione delle prove di esame;

d) all’articolo 8, comma 3, lettera a), valuti il Governo l’opportunità di chiarire ulteriormente il riferimento all’intervento sulle classi di concorso;

e) al fine di definire una data e termini certi per le abrogazioni conseguenti all’entrata in vigore del provvedimento in esame, si valuti l’opportunità di riformulare l’articolo 10, comma 1, come segue: «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, all’articolo 191, comma 3, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono soppressi: a) al primo periodo, le parole: «gli istituti tecnici hanno per fine precipuo quello di preparare all’esercizio di funzioni tecniche od amministrative, nonché di alcune professioni, nei settori commerciale e dei servizi, industriale, delle costruzioni, agrario, nautico ed aeronautico»; b) l’ultimo periodo.», non sembrando, infatti, necessaria la soppressione delle parole «gli istituti tecnici» all’articolo 191, comma 2;

f) anche al fine di valorizzare i crediti acquisiti dagli studenti in contesti lavorativi, appare opportuno prevedere, ove possibile, un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli in apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

g) appare opportuno richiamare l’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, già prevista dallo schema di regolamento n. 132 concernente la revisione dell’assetto dei licei;

h) valuti il Governo l’opportunità di disciplinare dettagliatamente il quadro orario conseguente all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 8, rispetto all’ordinamento previgente limitando, di norma, a non più di due ore la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni;

i) si valuti l’opportunità di consentire l’utilizzo della quota dell’autonomia nei limiti dell’organico assegnato a livello regionale e altresì di definire il concetto di flessibilità in modo distinto da quello dell’autonomia, per esplicitare meglio gli strumenti a disposizione delle istituzioni scolastiche, anche ai fini di corrispondere alle esigenze degli studenti e del territorio;

l) considerato, inoltre, che l’articolo 64, comma 4, del già citato decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede anche, nell’ambito della complessiva revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso, e che l’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) stabilisce che con regolamento del Ministro della pubblica istruzione sia definita una nuova disciplina dei requisiti e delle modalità di formazione degli insegnanti, e che tali argomenti si correlano con la revisione dell’assetto dell’istruzione secondaria superiore, valuti il Governo l’opportunità di prevedere una fase transitoria che comporti la confluenza degli insegnamenti previsti nei nuovi indirizzi di studio, opportunamente raggruppati funzionalmente, nelle vigenti classi di concorso, anche allo scopo di assicurare la perfetta corrispondenza alle nuove classi di concorso dei nuovi percorsi formativi magistrali, per garantire la regolare formazione degli organici, nonché la puntuale attuazione delle operazioni di mobilità e di reclutamento del personale, tenendo altresì in debito conto i principi che informano l’operazione di razionalizzazione delle classi di concorso attuali con lo specifico regolamento previsto dall’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

m) si consideri, ancora, l’opportunità di emanare linee guida, con riferimento a quanto disposto all’articolo 13, comma 2, del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, per lo sviluppo di poli tecnico professionali per il settore turistico e dell’enogastronomia sin dalla fase di prima attuazione dei nuovi ordinamenti degli istituti tecnici per il turismo e degli istituti professionali per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera;

n) per gli istituti tecnici del settore tecnologico, infine, si valuti l’opportunità di potenziare la compresenza degli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di chimica e fisica del primo biennio, in quanto strettamente collegati alle discipline di indirizzo, anche in considerazione del fatto che senza il potenziamento indicato rischiano di essere gravemente compromessi gli aspetti operativi della didattica in laboratorio con riferimento alle discipline scientifiche a carattere sperimentale; tenuto conto che le ore inizialmente previste dalla Commissione ministeriale hanno subito un taglio del 50 per cento per accogliere le richieste del Ministero dell’economia e delle finanze, suscitando perplessità da parte degli istituti interessati.

ALLEGATO 7

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali (Atto n. 134).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATA DAI DEPUTATI DE TORRE, GHIZZONI, COSCIA, SIRAGUSA, DE PASQUALE, BACHELET, DE BIASI, LEVI, LOLLI, MAZZARELLA, NICOLAIS, PES, PICIERNO, ROSSA, RUSSO

La VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione), esaminato lo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il Regolamento concernente norme sul riordino degli Istituti Professionali (atto n. 134),

premesso che:

si ritiene urgente avviare nel nostro paese una riforma organica del sistema dell’istruzione nel suo complesso e, in particolare, dell’Istruzione superiore che sia capace di affrontare le sfide del millennio contrassegnato: a) dallo sviluppo esponenziale della società della conoscenza e delle nuove tecnologie e del sapere come fattore fondamentale di sviluppo della persona e dell’intera comunità; b) dalla globalizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi profondamente innovati dalle nuove tecnologie, che hanno modificato il mercato del lavoro. Un mercato sempre più flessibile che richiede profili professionali in continua evoluzione; c) dalla crisi finanziaria ed economica mondiale che ha duramente colpito il nostro paese e che richiede di essere affrontata con una nuova visione strategica e nuove politiche di controllo e di sviluppo sostenibile. Appare, quindi, cruciale ripensare al sistema dell’istruzione e della formazione;

si è rovesciato il rapporto tra istruzione formale e istruzione informale. Prima della rivoluzione della società della conoscenza, il sapere e le informazioni venivano quasi tutte conseguite a scuola, ora solo il 30 per cento viene acquisito durante il periodo scolastico. È il contesto mediatico, sociale, territoriale, la multimedialità ad egemonizzare il campo della conoscenza. I tempi e i cambiamenti sono rapidissimi e il vecchi sistema educativo non sembra stare al passo con questi fenomeni e rischia di essere sopraffatto. In tal senso, una visione minimalista del cambiamento in corso e la mancanza di un profondo processo riformatore del sistema dell’istruzione può indurre un esito negativo;

occorre superare l’impianto enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo impianto critico-metodologico affinché la scuola possa svolgere in questo nuovo contesto in modo adeguato la sua funzione. Gli studi scientifici più recenti mettono in discussione l’idea di una scuola rigida e solo trasmissiva di saperi ed evidenziano come appaia sempre più artificiosa una visione che separi il sapere dal fare, la teoria dalla pratica. È necessario affermare la centralità dell’apprendimento come coinvolgimento e protagonismo dell’alunno e delle sue potenzialità di acquisizione delle conoscenze, attraverso la sintesi tra corpo e mente, tra dimensione cognitiva ed emotiva;

occorre, con la definizione del nuovo ordinamento, ripensare tutti gli aspetti dell’attività scolastica:

la programmazione e la metodologia della didattica;

la promozione dell’innovazione e della ricerca didattica progettata e realizzata in modo integrato tra scuola e università, valorizzando la funzione docente;

una ricerca metodologica che sia finalizzata: ad un coinvolgimento attivo degli studenti, a livello individuale e di gruppo, capace di stimolare le loro potenzialità di apprendimento e la loro creatività; a favorire il superamento della superazione rigida tra lezione frontale e attività laboratoriale; alla definizione dei quadri orari con nuovi criteri e alla riprogettazione ed organizzazione degli spazi scolastici e delle attrezzature in sintonia con la nuova didattica;

la revisione dei curricula per adeguarli alla domanda sociale di cultura odierna, in funzione di una pari dignità culturale fra i diversi saperi (umanistici, scientifici, tecnologici, artistici) e senza fratture tra i diversi cicli scolastici;

la definizione di un piano nazionale finalizzato a valorizzare la funzione docente attraverso una adeguata retribuzione, la realizzazione di programmi di aggiornamento professionale, la stabilizzazione del personale precario, la definizione di organici funzionali, una nuova normativa per la formazione di base e il reclutamento e la selezione del personale docente e dei dirigenti scolastici;

l’attivazione di un sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole e del personale;

occorre, inoltre, rafforzare il rapporto tra scuola e territorio, tra le istituzioni scolastiche, gli enti Locali e le Regioni, integrare le attività scolastiche ed extra-scolastiche e procedere con l’attuazione del titolo V della Costituzione;

occorre, altresì, realizzare un nuovo sistema di educazione e formazione permanente per tutto l’arco della vita;

appare infine, fondamentale che un processo riformatore di tale portata debba porsi come obiettivo qualificante la corretta attuazione dell’elevamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni così come stabilito dal Governo Prodi con il DM n. 139/2007 che, adeguandosi alle indicazioni europee e pur salvaguardando le specificità curriculari dei diversi percorsi, stabilisce che in ciascuno di essi debbano essere presenti i quattro assi culturali dei linguaggi, storico-sociale, matematico, scientifico-tecnologico. Ciò comporta che i primi due anni dell’istruzione superiore prevedano una formazione di base di ampio e consolidato respiro culturale che, nei profili di uscita, garantisca il conseguimento degli obiettivi specifici di apprendimento. Senza una chiara definizione delle competenze attese ai 16 anni per tutti, non potrà essere superata la gerarchizzazione culturale e sociale esistente tra i licei, gli istituti tecnici e professionali;

occorre cioè dotare, nel corso del biennio dell’obbligo, i ragazzi e le ragazze di un solido, alto e versatile bagaglio di saperi e di competenze che superi l’impianto gentiliano e si proponga di offrire loro pari opportunità; al contempo occorre consentire i passaggi da un corso di studi ad un altro per agevolare la realizzazione delle capacità e delle attitudini di ognuno nell’individuare la futura professione in un mondo del lavoro che richiede e richiederà sempre più flessibilità;

rilevato che nei provvedimenti proposti dal Governo sarebbe stata necessaria una premessa ai tre schemi di regolamento nella quale fosse delineata una identità/finalità comune ai tre percorsi del secondo ciclo di istruzione da cui far discendere le specifiche identità;

rilevato che il provvedimento proposto dal Governo definisce un impianto non basato sulle nuove esigenze di educazione e di formazione bensì fondato sulla esigenza di rendere operanti i tagli indiscriminati alla spesa per l’Istruzione definiti con il Decreto legge n. 112/2008, convertito con la legge n. 133/2008 e sull’assenza di un qualsivoglia indirizzo deciso dal Parlamento in ordine alle finalità culturali e alla qualità di una riforma che, pertanto, non può fregiarsi di tale titolo;

rilevato altresì che questa logica di riduzione della spesa ha già comportato per l’anno scolastico 2009-2010 l’eliminazione di 11.386 posti di docente conseguente all’aumento del numero degli studenti per classe e alla riconduzione a 18 ore dell’orario delle cattedre di tutte le discipline;

considerato che il 28 maggio il Consiglio dei Ministri ha approvato lo Schema di regolamento per il riordino degli Istituti professionali, prevedendo una suddivisione in due settori («servizi» e «industria ed artigianato») ed ogni settore in indirizzi. Per i «servizi»: 5 indirizzi: agricoltura e sviluppo rurale, manutenzione e assistenza tecnica, socio – sanitari, enogastronomia e ospitalità alberghiera, commerciali. Per «industria e artigianato», a partire dal secondo biennio, 2 indirizzi: industria, artigianato;

con riferimento alle scelte generali del riordino e alla ricaduta sulle economie locali:

la proposta va nella direzione di un ruolo sussidiario, sostitutivo o complementare, rispetto al sistema di istruzione e formazione professionale regionale (di cui al capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n 226) e, in questa prospettiva temporanea, la missione di questi istituti rimane non definita e non precisata nei tempi e nell’esito finale, facendo emergere la debolezza del presente riordino;

vi è una riduzione degli indirizzi, con la presenza di una consistente area di insegnamenti generali comuni, che a prima vista pare opportuna e chiarificatrice. In realtà, questa riduzione è utile solo in una visione di formazione a professioni uniformi nel Paese. Gli Istituti Professionali, tuttavia, hanno un’altra «vocazione» che è quella di formare a molteplici professioni radicate nel territorio, professioni di eccellenza in quella data regione, professioni talvolta di nicchia, ma orgoglio del made in Italy. Queste filiere di professioni, nel riordino, vengono accorpate o snaturate fino quasi a dissolverle. Per fare solo alcuni esempi:

il design (finora «tecnico per i servizi grafici pubblicitari») unificato alla professione di tipografo;

l’accorpamento in un unico «laboratorio in servizi enogastronomici e della ricettività alberghiera» di tre indirizzi: cucina, sala bar e ricevimento;

nell’indirizzo «operatore dei servizi sociali» le due discipline musica e disegno accorpate in «laboratori di espressione musicale e grafica» (in questo caso, diventa inevitabile chiedersi se il docente si sarà diplomato al conservatorio o all’istituto d’arte);

l’assorbimento degli istituti d’arte (finora tra gli istituti professionali atipici) nei licei, con la perdita della specificità di tanti territori: lavorazione dell’oro, del corallo, del legno, della ceramica… ;

analoga situazione per l’Istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione (attualmente ricompreso tra gli indirizzi atipici) che, in ragione dell’alta specializzazione, con il nuovo assetto perderà la propria peculiarità e specializzazione e che, per contro, dovrebbe poter essere inserito in una filiera (non prevista dal regolamento), quale quella del Cinema e dell’Audiovisivo;

il sostanziale depauperamento in termini di qualità e specificità dell’istituto professionale per tecnico di laboratorio chimico biologico in cui, a partire dall’anno scolastico 2010/2011, verranno cancellate molte ore di chimica e biologia che costituiscono la specificità del percorso professionale;

è completamente assente una valutazione degli indirizzi che conducono a professioni oggi divenute di alta specializzazione tecnica e di valenza non locale, ma nazionale ed europea e che meriterebbero una considerazione sulla ‘natura’ del profilo: se debba rimanere nell’area dell’istruzione professionale, o se, invece, sia di pertinenza dell’istruzione tecnica;

manca, inoltre, del tutto la prospettiva della formazione terziaria non universitaria, chiaramente aperta ai professionali. Si tratta di una visione del settore dell’istruzione professionale al ribasso, quasi un istituto tecnico semplificato, che non ha all’orizzonte l’alta formazione professionale quale contributo forte alla crescita in qualità delle economie locali e alla creazione di nuova occupazione;

con riferimento alla collocazione dei Professionali nell’istruzione secondaria:

il sistema di istruzione proposto non lineare e non integrato tra licei, tecnici e professionali non consente di attenuare progressivamente la visione «gerarchica» del sistema formativo nazionale che rappresenta gli studenti più dotati come coloro destinati ad iscriversi ai Licei e tutti gli altri, secondo uno schema «discendente», distribuirsi negli altri comparti formativi di tipo tecnico e, quindi, professionale: visione «gerarchica» che distorce l’orientamento degli studenti e delle famiglie che, aspirando ad un titolo che ha erroneamente maggior riconoscimento sociale, non tengono conto della reali attitudini causando, di conseguenza, disadattamento nell’indirizzo scelto e quindi dispersione scolastica;

non è evidenziata una sufficiente distinzione dagli istituti tecnici sia nella tabella oraria, sia nel titolo rilasciato, sia nella durata quinquennale senza qualifiche intermedie dopo il terzo o quarto anno (qualifiche intermedie rilasciate invece dalla formazione professionale regionale). Ciò prefigura un sistema di istruzione professionale a geografia variabile nelle regioni italiane;

il ridimensionamento dell’area professionalizzante – che caratterizzava questi istituti e garantiva il collegamento con il mondo del lavoro – snatura il percorso rispetto all’attuale, e lo orienta in senso più teorico, quasi indistinguibile dai percorsi dell’istruzione tecnica;

d’altro canto, tali Istituti professionali statali non potranno neppure rispondere ad esigenze di qualità della formazione professionale che, in alcuni territori, ha già raggiunto standard elevati tali da richiedere al Ministero, al di là dei presenti regolamenti, la qualifica per il quinto anno che apra l’accesso all’Università;

con riferimento alle esigenze degli studenti:

la riduzione delle discipline tecnico-professionali, non valorizza le capacità operative degli studenti e non è, quindi, più in grado di assicurare risposte adeguate alla loro domanda formativa. Un esempio per tutti: nel settore Industria e Artigianato nei primi 3 anni si passa da 36 a 32 ore, con una riduzione assoluta di 396 ore e percentuale dell’11 per cento. L’area d’indirizzo si riduce del 14 per cento nel primo biennio, del 26 per cento il terzo anno, del 20 per cento nei primi 3 anni. In assoluto, in 3 anni si perdono 330 ore di indirizzo, vale a dire l’83 per cento della perdita complessiva;

parimenti, la trasformazione in un percorso quinquennale, al pari dei Licei e degli Istituti Tecnici con conseguente soppressione della qualifica intermedia, non costituirà un’attrattiva per le ragazze e i ragazzi che non intendono affrontare fin da subito, un percorso quinquennale;

questi ragazzi e ragazze non sono ‘deboli’ per definizione, ma in quanto inseriti in percorsi non adatti alle loro attitudini e talenti – e tale si configura questa riforma degli istituti professionali statali – che finora la scuola non è stata in grado di sviluppare sufficientemente scegliendo invece la soluzione di abbassare i livelli, costruendo percorsi teorici sempre più semplificati, che porta alla ghettizzazione culturale;

il riordino degli istituti professionali non contiene, in tal senso, indicazioni di innovazione della didattica, centrata sull’esperienza diretta in ogni disciplina e sulla importanza dei laboratori e dell’apprendimento in situazione (alternanza scuola/lavoro) e dell’apprendimento in service-learning, vale a dire imparare mettendo concretamente a servizio della propria comunità la specializzazione che si sta acquisendo. Tale indicazione pare fondamentale per studenti con esigenze formative e prospettive diverse (da quelle di chi frequenta i Licei e gli Istituti tecnici), per i quali i percorsi non devono essere chiusi, ma interconnessi con tutto il sistema formativo, aperti all’Alta formazione e al passaggio all’Università, diffusi capillarmente su tutto il territorio nazionale, con diverse opzioni di conclusione del ciclo scolastico e con un contatto con il mondo del lavoro che vi faciliti l’inserimento, in modo da sviluppare nei giovani un’idea positiva di sé ed una speranza per il proprio futuro;

a riguardo del rapporto con la formazione professionale regionale:

la duplicazione tra «istruzione professionale» statale e «formazione professionale» regionale crea una forte ambiguità tra gli istituti in oggetto e quelli della formazione regionale, tale da non rendere trasparente l’offerta formativa agli studenti, alle famiglie e al sistema economico, come invece avviene in molti altri paesi europei avanzati;

mantenere questa duplicità tradisce la finalità di ancorare questa parte dell’istruzione al territorio, così come voluto dal Titolo V della Costituzione, e la mancata intesa con le regioni sui ruoli e sulle competenze tra Stato ed enti locali in materia di istruzione, produce conseguenze problematiche sia sull’assetto complessivo del sistema che sulla capacità di costituire un percorso formativo di pari equivalenza;

le emergenze economiche, sociali e culturali del Paese, al contrario, oggi richiedono al Parlamento, alle Regioni ed al Governo un impegno più coraggioso e più riformatore, che, in particolare, porti a superare questo dualismo solo italiano;

in particolare, il Governo ha ignorato totalmente il ruolo delle Regioni nel redigere il piano dell’offerta formativa scolastica ed il piano di dimensionamento della rete scolastica, entrambi di competenza regionale. Ma ciò che è più grave, il Governo – agendo in modo unilaterale – non ha aperto un tavolo di concertazione con le Regioni ed, anzi, ha agito senza attendere che si perfezionasse l’accordo quadro in Conferenza unificata;

tale concertazione è essenziale per salvaguardare la ricchezza propria della formazione professionale di esperienze di eccellenza, mediante: varietà di risposte alle diverse e numerose esigenze degli studenti; un consolidato collegamento con il mondo del lavoro; motivazione sociale di molti enti rivolti a ragazzi in difficoltà e a rischio emarginazione, povertà, e reclutamento da parte della criminalità organizzata perché già fuoriusciti dalla scuola;

con riferimento all’obbligo scolastico:

come ricordato in premessa, la legge finanziaria 2007 lo ha elevato dai 14 ai 16 anni attraverso un biennio che garantiva conoscenze culturali adeguate e a tale scopo erano state stanziate risorse dal Governo Prodi. Tali risorse sono state successivamente soppresse dalla 122/08, con l’indicazione che l’obbligo scolastico possa essere adempiuto anche in corsi di formazione professionale, senza la verifica di un adeguato programma di cultura generale nell’offerta formativa;

gli Istituti professionali statali (che offrono certamente tale adeguata istruzione), non potranno risolvere, pur svolgendo un ruolo sussidiario, le carenze della formazione professionale e soprattutto non la incentiveranno nelle regioni in cui non esiste ancora;

in conclusione:

considerato quanto espresso in premessa;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza Unificata Stato, Regioni e Autonomie Locali del 29 ottobre 2009;

preso atto del parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione;

considerato che il Consiglio di Stato ha mostrato perplessità sulla istituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti e per la costituzione di un comitato scientifico, poiché detti organismi entrerebbero in conflitto tanto rispetto alla riserva di legge in materia di organizzazione scolastica quanto con il rispetto dell’autonomia scolastica in base alla quale ogni scuola deve poter valutare l’opportunità di istituire tali organi nello specifico contesto;

considerato altresì che il Consiglio di Stato ha espresso forti perplessità in merito all’utilizzo di decreti ministeriali non aventi forza normativa, per quanto riguarda la definizione: delle indicazioni nazionali inerenti gli ordinamenti, l’articolazione delle cattedre e l’autovalutazione dei percorsi previsti dai regolamenti;

considerato, inoltre, che ad oggi non sono ancora formalmente definiti i regolamenti con i quali viene disposta la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dell’istruzione liceale, tecnica e professionale e quindi appare del tutto evidente l’impossibilità di avviare la programmazione della nuova offerta formativa in tempo utile per l’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 non consentendo così alle famiglie una scelta consapevole dell’indirizzo di scuola più consona ai propri figli;

considerato ancora che in assenza delle definitive disposizioni normative le Regioni non possono, nell’ambito delle proprie competenze, definire gli indirizzi di programmazione dell’offerta formativa per l’anno scolastico 2010-2011;

tenuto conto che Il Governo stesso aveva, in fase di discussione della legge finanziaria 2010, riconosciuto la validità di tale richiesta accettando un ordine del giorno, presentato dal Partito democratico, che chiedeva di procrastinare di un anno l’entrata in vigore dei regolamenti;

considerato che, nello specifico, il presente regolamento rivolge il suo riordino ai 1.425 istituti professionali statali, ma non affronta minimamente l’intero settore dell’istruzione professionale, su cui le regioni hanno competenza esclusiva, ma all’interno di norme generali di competenza dello Stato come attesta la Costituzione. Pare, dunque, rilevante che il Ministero svolga questi compiti nazionali generali quali: la formazione dei docenti e le modalità del loro reclutamento, le qualifiche e il loro valore legale uniforme nel Paese (e, in prospettiva, nell’unione Europea); l’esame di stato dopo un eventuale quinto anno per l’accesso all’università; il monitoraggio sui corsi in rapporto al contesto economico e alla dispersione scolastica; il sistema di valutazione per l’istruzione e la formazione professionale; il raccordo con i parametri e le professioni europee;

è attesa come imminente l’approvazione dell’accordo sul Titolo V in Conferenza unificata, essenziale per definire compiutamente i compiti dello Stato e delle Regioni, delle Province e dei Comuni per la scuola italiana;

sulla base di tale accordo, è imprescindibile aprire un tavolo istituzionale di lavoro per realizzare una coraggiosa riforma di questo ramo dell’istruzione, che contenga almeno tre principi:

visione alta, europea, dell’istruzione professionale, attrattiva per i giovani;

legame con le vocazioni e le tradizioni economiche dei territori e con lo sviluppo di nuove politiche di occupazione in ciascuna Regione;

diffusione capillare nel Paese con titoli spendibili in Italia ed in Europa;

per tutto quanto sopra esposto,

occorre aprire un percorso a cui può e deve contribuire il Parlamento, traendo indirizzi per il Governo anche dall’indagine conoscitiva promossa da codesta Commissione nella scorsa legislatura, dai dati dell’indagine ISFOL 2008 e dalle conclusioni della Commissione De Rita presso il Ministero del lavoro;

ritenuto, dunque, che:

il Governo, per la materia dell’Istruzione professionale, debba profondere, congiuntamente al Parlamento e alle Regioni, un impegno maggiore e più riformatore che porti a superare superflui dualismi, ad assicurare un’istruzione equa ed adeguata in tutto il Paese, con pari dignità per tutti i percorsi di studio e, di conseguenza, ad inserire nei livelli essenziali per l’istruzione anche l’intera filiera dell’Istruzione professionale,

esprime

PARERE CONTRARIO

sullo Schema di Regolamento in oggetto.

ALLEGATO 8

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali (Atto n. 134).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO CAPITANIO SANTOLINI

La VII Commissione,

visti gli schemi di decreto del Presidente della Repubblica recante il «Regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali» approvati in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 28 maggio 2009 e del 12 giugno 2009 (Atto n. 134);

visto l’articolo 64 comma 4, del decreto legge 25 giugno 2009, n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008, n. 133;

visti i pareri del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione formulati nella adunanza del 22 luglio 2009, della Conferenza Stato -Regioni promulgato in data 29 ottobre 2009 e del Consiglio di Stato pervenuto il 13 gennaio 2010;

considerato che alcune delle ipotesi proposte suscitano perplessità a causa di scelte di metodo di merito ritenute non pienamente adeguate alle necessità di modernizzazione del sistema educativo e formativo, nel rispetto delle tradizioni culturali del Paese,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

a condizione che:

il testo del documento venga corretto ed integrato con le seguenti modifiche migliorative:

a) Rafforzare l’equivalenza qualitativa e quantitativa tra istruzione liceale, tecnica e professionale da ottenere, pur attraverso diverse modalità didattiche, con una attenta dosatura dei piani di studio e l’indicazione di adeguati obiettivi culturali e formativi nei profili in uscita che assicurino l’esplicitazione di un minimo comune denominatore culturale dei diversi percorsi;

b) Puntare a modelli organizzativi quali il campus o i poli formativi che permettano di migliorare il perseguimento delle finalità formative dell’istruzione tecnica e della istruzione professionale incrementando il legame con la realtà economico-produttiva del Paese, di ampliare l’offerta formativa sul territorio ed ottimizzare il riorientamento degli studenti.

c) Provvedere con distinto regolamento alla riorganizzazione di un numero circoscritto di istituti professionali, nominalmente citati, in considerazione della loro atipicità, della loro storia, della loro alta specializzazione che valorizza le tradizioni di lavoro ed artigianali del Paese.

d) Prevedere passaggi, uscite e rientri tra l’istruzione liceale, tecnica e professionale secondo criteri e procedure in grado di approvarne la compatibilità, l’utilità e la regolarità;

e) Valorizzare la formazione professionale, gestita dalle Regioni, con l’affermazione chiara delle varie offerte formative, anche ai fini dell’orientamento delle famiglie, riconoscendone il ruolo formativo e collocandola anche all’interno del campus e dei poli formativi ed abilitandola, sulla base di chiari requisiti, all’assolvimento dell’obbligo di istruzione, sino al sedicesimo anno d’età;

f) Istituire una supervisione nazionale che governi l’attuazione del riordino del Istruzione e Formazione Professionale di responsabilità delle Regioni e delle Province autonome affinché vi operino, con funzione primaria, le istituzioni formative accreditate (CFP) ed in funzione sussidiaria e complementare gli Istituti Professionali.

ALLEGATO 9

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali (Atto n. 134).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione),

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali (atto n. 134);

considerato che la revisione degli ordinamenti del secondo ciclo, avviata con la cosiddetta Riforma Moratti – di cui alla legge 28 marzo 2003, n. 53, e al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, modificata dal Governo Prodi con la legge 2 aprile 2007, n. 40 -, è stata proposta all’esame del Parlamento dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

tenuto conto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni informali di rappresentanti delle associazioni di categoria e di esperti svolte dalla Commissione Cultura, scienza e istruzione, nelle sedute del 5, 12, 17 e 24 novembre 2009;

preso atto del parere espresso dalla Conferenza unificata in data 29 ottobre 2009, pervenuto il 12 novembre 2009;

tenuto conto del parere del Consiglio di Stato espresso in data 13 gennaio 2010 e pervenuto il 15 gennaio 2010;

rilevata, in particolare, l’opportunità di prevedere una specifica disciplina normativa in materia di governo delle istituzioni scolastiche, tenendo conto a tale proposito del citato parere del Consiglio di Stato, assicurando comunque la governance delle scuole sulla base di un’organizzazione per dipartimenti e comitati;

premesso che va ribadita la centralità formativa della metodologia dell’alternanza scuola-lavoro e che vanno valorizzate le opportunità offerte dall’apprendistato dal primo livello (qualifiche) al terzo livello (dottorati);

premesso che appare condivisibile la scelta di prevedere nel primo biennio una prevalenza delle ore dedicate ad insegnamenti di istruzione generale – pari a 660 – rispetto a quelle dedicate ad insegnamenti obbligatori di indirizzo – pari a 396,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

1) appare necessario rafforzare ulteriormente l’obbligo di istruzione e l’acquisizione di saperi e competenze di indirizzo in funzione orientativa, anche per favorire la reversibilità delle scelte degli studenti;

2) all’articolo 6, comma 4, appare necessario sostituire le parole «diploma di tecnico», con le parole «diploma di istruzione professionale», allo scopo di evitare confusioni con l’analogo titolo di cui all’articolo 20, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, che si consegue a conclusione dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale: così, si corrisponderebbe anche alle richieste formulate da alcune Regioni interessate a dare una completa articolazione al sistema di istruzione e formazione professionale (qualifiche e anche diplomi professionali);

3) all’articolo 8 occorre chiarire la confluenza dei percorsi sperimentali in atto nei nuovi ordinamenti, in particolare, ove non indicata espressamente nell’allegato d), facendo riferimento alla corrispondenza dei titoli finali prevista dai provvedimenti di autorizzazione alla sperimentazione adottati dal Ministero;

4) si considera altresì necessario riesaminare le tabelle di confluenza di cui all’allegato d), in modo da accogliere il criterio di cui al precedente punto 4), nonché le osservazioni espresse dai soggetti interessati nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione cultura;

5) si ritiene necessario ricondurre nel settore Industria e artigianato l’indirizzo «Servizi di manutenzione e assistenza tecnica». Inoltre, occorre prevedere la possibilità di confluenza nel medesimo settore Industria e artigianato, oltreché nei licei artistici, anche degli istituti d’arte, come rappresentato da alcuni istituti che formano giovani per le lavorazioni artigianali a carattere artistico;

6) con riferimento all’indirizzo «Servizi socio-sanitari», appare inoltre necessario prevedere due articolazioni specifiche per «Ottici» e per «Odontotecnici», come richiesto dal Ministero delle politiche sociali, del lavoro e della salute, dalle associazioni di categoria e dagli istituti interessati;

7) con riferimento al profilo degli indirizzi del settore Industria e artigianato, è necessario prevederne l’integrazione con i riferimenti relativi alle filiere che attualmente caratterizzano gli istituti professionali del settore;

8 ) appare necessario, in merito all’indirizzo «Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera», prevedere adeguate specificazioni relative ai diversi servizi concernenti i laboratori dei settori di: 1) enogastronomia; 2) servizi di sala e di vendita; 3) accoglienza turistica;

9) si ritiene infine necessario prevedere un nuovo comma all’articolo 6 che stabilisca che nelle province autonome di Trento e di Bolzano, ove previsto dalla legislazione provinciale, per coloro che hanno superato i concorsi quadriennali di formazione professionale e che intendono sostenere l’esame di Stato di cui al comma 6 dell’articolo 15 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, le medesime province autonome realizzano gli appositi corsi annuali che si concludono con l’esame di Stato dinnanzi ad apposite commissioni d’esame nominate, ove richiesto dalle province medesime, dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con le modalità e i programmi di cui alle rispettive norme di attuazione dello Statuto della regione Trentino – Alto Adige, stabilendo altresì che il percorso finale sia coerente con quello seguito;

e con le seguenti osservazioni:

a) si rileva l’esigenza di inserire in premessa il riferimento al parere delle Commissioni parlamentari, previsto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69;

b) all’articolo 6, comma 1, appare opportuno sostituire le parole «dal regolamento emanato ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del medesimo decreto legge» con le parole «e dal decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122»;

c) al comma 3 del medesimo articolo 6, si considera altresì opportuno chiarire le modalità con le quali le Commissioni possono avvalersi di esperti per la configurazione delle prove di esame;

d) all’articolo 8, comma 4, lettera a), valuti il Governo l’opportunità di chiarire il riferimento all’intervento sulle classi di concorso;

e) si valuti inoltre l’opportunità di riformulare l’articolo 10, comma 1, al fine di definire una data e termini certi per l’abrogazione, come segue: « «1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, all’articolo 191, comma 3, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, sono soppressi: a) al primo periodo, le parole: «gli istituti professionali hanno per fine precipuo quello di fornire la specifica preparazione teorico-pratica per l’esercizio di mansioni qualificate nei settori commerciale e dei servizi, industriale e artigiano, agrario e nautico»; b) l’ultimo periodo», non sembrando, infatti, necessaria la soppressione delle parole «gli istituti professionali» al comma 2 del medesimo articolo 191;

f) anche al fine di valorizzare i crediti acquisiti dagli studenti in contesti lavorativi, appare opportuno prevedere, ove possibile, un coordinamento tra i percorsi di istruzione secondaria superiore e quelli in apprendistato, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

g) appare opportuno richiamare l’applicazione dell’Allegato A del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, già prevista dallo schema di regolamento n. 132 concernente la revisione dell’assetto dei licei;

h) valuti il Governo l’opportunità di disciplinare dettagliatamente il quadro orario conseguente all’applicazione della disciplina di cui all’articolo 8, rispetto all’ordinamento previgente, limitando, di norma, a non più di due ore la riduzione dell’orario settimanale delle lezioni;

i) si valuti l’opportunità di consentire l’utilizzo della quota dell’autonomia nei limiti dell’organico assegnato a livello regionale e altresì di definire il concetto di flessibilità in modo distinto da quello dell’autonomia, per esplicitare meglio gli strumenti a disposizione delle istituzioni scolastiche, anche ai fini di corrispondere alle esigenze degli studenti e del territorio;

l) considerato, inoltre, che l’articolo 64, comma 4, del già citato decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede anche, nell’ambito della complessiva revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso, e che l’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) prevede che con regolamento del Ministro della pubblica istruzione sia definita una nuova disciplina dei requisiti e delle modalità di formazione degli insegnanti, e che tali argomenti si correlano con la revisione dell’assetto dell’istruzione secondaria superiore, valuti il Governo l’opportunità di prevedere una fase transitoria che comporti la confluenza degli insegnamenti previsti nei nuovi indirizzi di studio, opportunamente raggruppati funzionalmente, nelle vigenti classi di concorso, anche allo scopo di assicurare la perfetta corrispondenza alle nuove classi di concorso dei nuovi percorsi formativi magistrali, per assicurare la regolare formazione degli organici, nonché la puntuale attuazione delle operazioni di mobilità e di reclutamento del personale, tenendo altresì in debito conto i principi che informano l’operazione di razionalizzazione delle classi di concorso attuali con lo specifico regolamento previsto dall’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

m) si consideri l’opportunità di emanare linee guida, con riferimento a quanto disposto all’articolo 13, comma 2, del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, per lo sviluppo di poli tecnico professionali per il settore turistico e dell’enogastronomia sin dalla fase di prima attuazione dei nuovi ordinamenti degli istituti professionali per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera e degli istituti tecnici per il turismo;

n) per gli istituti professionali del settore industria e artigianato, appare opportuno potenziare la compresenza degli insegnanti tecnico-pratici nei laboratori di chimica e fisica del primo biennio, in quanto strettamente collegati alle discipline di indirizzo, anche in considerazione del fatto che senza il potenziamento indicato, rischiano di essere gravemente compromessi gli aspetti operativi della didattica in laboratorio con riferimento alle discipline scientifiche a carattere sperimentale, tenuto conto che le ore inizialmente previste dalla Commissione ministeriale hanno subito un ridimensionamento del 50 per cento per assecondare le richieste espresse dal Ministero dell’economia e delle finanze;

o) appare opportuno prevedere un nuovo comma all’articolo 8 dello schema di regolamento in esame, volto a riconoscere agli istituti professionali di Stato la facoltà di assicurare l’offerta formativa nel settore con lo svolgimento dei relativi corsi e il rilascio delle qualifiche – sino alla compiuta attuazione da parte di tutte le Regioni degli adempimenti connessi alle loro competenze esclusive in materia di istruzione e formazione professionale – almeno con riferimento agli atti dispositivi che le Regioni devono compiere in base all’articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;

p) si ritiene opportuno, infine, richiamare la possibilità di ammettere all’esame di Stato coloro che sono in possesso del diploma professionale di tecnico, conseguito a conclusione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, previa frequenza dell’apposito corso di cui all’articolo 15 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.

19 gennaio Riordino II Ciclo nelle 7e Commissioni

Le 7e Commissioni di Camera e Senato, dopo aver acquisito i prescritti pareri da parte di CNPI, Conferenza unificata, Associazioni e Sindacati di settore (Camera e Senato) e del Consiglio di Stato (adunanze del 9.12.09 e del 13.01.10), sulla scorta delle bozze di parere formulate, esprimono il loro parere al Governo su:

12 gennaio Riforme nelle 7e Commissioni

Le 7e Commissioni di Camera e Senato tornano ad esaminare:

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti tecnici
– Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente norme sul riordino degli istituti professionali