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Y. Sarid, Il poeta di Gaza

Per cambiare in Israele

 di Antonio Stanca

saridA Marzo del 2013 dalle Edizioni E/O di Roma, nella serie Tascabili, è stato pubblicato il romanzo del giovane scrittore israeliano Yishai Sarid, Il poeta di Gaza, (pp. 178, € 9,00, traduzione di Alessandra Shomroni). L’edizione originale risale al 2010 quando l’autore, nato nel 1965, aveva quarantacinque anni. Nel 2011 in Francia l’opera ha ottenuto il Grand prix de littérature policière, nel 2013 in Italia il Premio Internazionale Marisa Giorgetti per i diritti umani e civili.

Sarid vive a Tel Aviv, qui svolge la sua attività di avvocato e Il poeta di Gaza è il suo secondo romanzo. Riuscito lo si può dire sia per la forma espressiva sempre chiara e scorrevole, sempre capace di rendere ogni minimo particolare, sia per i contenuti impegnati a mostrare come si rifletta nella vita, nell’anima degli ebrei la tensione con i palestinesi, quanta attenzione, vigilanza essa richieda ai servizi di sicurezza onde prevenire, evitare azioni terroristiche e conseguenti morti e distruzioni. Ampio, articolato è il romanzo, volto a cogliere ogni aspetto, ogni risvolto dello spirito ebreo, a dire della realtà e dell’idea, del corpo e della mente. Una continua alternanza di tali elementi esso contiene e la rappresenta attraverso la figura del protagonista, a lui fa percorrere tanti luoghi d’Israele, fa incontrare tante persone, fa svolgere tanti compiti. In tal modo riesce vero, autentico,  fa vedere gli esterni delle situazioni che si verificano e i pensieri, i sentimenti di chi le vive. Sempre diviso mostra, infatti, quel protagonista tra il lavoro di giovane ufficiale dei servizi segreti israeliani, specializzato nell’interrogare le persone sospette, e i richiami dello spirito che lo vorrebbero libero da tali incarichi, preso da attività diverse, più semplici, più facili, meno pericolose. Il suo è un impegno senza sosta perché continuo è in Israele il pericolo di azioni terroristiche, non ha neanche il tempo necessario per la sua piccola famiglia, la moglie ed un bambino, ed ora è stato incaricato di scoprire dove vive, come agisce un pericoloso giovane arabo, uno dei capi del terrorismo palestinese, responsabile di tanti attentati e capace di compierne altri. E’ figlio di Hani, “il poeta di Gaza”, un intellettuale molto vecchio e malato che ha i giorni contati e che è molto amico di Daphna, la bella scrittrice di Tel Aviv che da tempo vive separata dal marito. Daphna ha un figlio tossicodipendente e in  una situazione di grave contrasto con i suoi complici nel traffico di droga.

L’ufficiale ebreo riuscirà, tramite la scrittrice, a raggiungere “il poeta di Gaza” e tramite lui suo figlio ma quando tutto era stato preparato dai rivali perché il terrorista fosse eliminato cercherà di salvargli la vita e vi riuscirà. Il rapporto avuto col padre, le lunghe conversazioni tenute con lui lo avevano mosso a compassione ma questo non basterà a salvarlo dall’accusa di tradimento e dal carcere. Da qui uscirà affranto, sfinito, confuso. Ora è completamente solo giacché la moglie, stanca di vivere soltanto col bambino, lo ha lasciato, se n’è andata insieme al piccolo. Lui cercherà Daphna, la incontrerà nella sua casa, invecchiata, delusa del figlio. Gli dirà che Hani è morto e insieme penseranno che sia ancora possibile sperare in tempi migliori.

E’ una speranza che percorre tutto il libro e che alla fine acquista il valore di un giuramento, di un patto, di un compito da svolgere  perché in Israele non c’è solo una famiglia da salvare dal pericolo, dalla rovina ma un’intera società. Questa mostra il romanzo di Sarid nei suoi problemi, nelle sue contraddizioni, nei tempi, nei luoghi della sua storia, della sua vita, della sua religione, nei pericolosi confronti con i vicini palestinesi, nei gravi rischi che corre e che soltanto un ambiente di collaborazione, di scambio, un’atmosfera di partecipazione, una volontà di bene potrebbero eliminare.

Quella di un uomo e di una donna che hanno perso tutto, che sono rimasti soli a Tel Aviv e che continuano a sperare, è l’immagine ultima dell’opera, è quella che lo scrittore vuol far diventare il simbolo dell’intera popolazione ebrea. Con essa vuole invitare la sua gente ad intraprendere un percorso diverso da quello finora compiuto, un percorso guidato dal bene, dall’amore e non più dal male, dall’odio.

Capace è stato Sarid di tenere legato il lettore, di coinvolgerlo fin dall’inizio, di farlo sentire partecipe di quella situazione sempre sospesa che è propria del romanzo, di quell’eterno travaglio al quale fin dall’antichità è esposto Israele.

A. Passaro, Il valore del lavoro

Il valore del lavoro
dalla Costituzione un’eredità per i giovani del XXI secolo

di Carlo De Nitti

passaroIl lavoro, architrave di ogni attività umana, è, in questi anni, economicamente difficili, spesso al centro di dibattiti politici, economici, sociali e culturali, anche in quell’agorà virtuale rappresentata dagli studi televisivi e dal web. Il lavoro che non c’è, il lavoro da creare, il lavoro da cercare, il lavoro nero, il mercato del lavoro, il lavoro part time, il lavoro atipico: insomma, il lavoro è il cardine di tutti i momenti di discussione che si vogliano dire pertinenti i Italia, in Europa come in tutto il mondo globalizzato.

In questo contesto si inserisce la pubblicazione del volume del giornalista e portavoce di un noto leader sindacale, ANTONIO PASSARO, Il valore del lavoro, edito nel 2012, a Napoli, per i tipi di Tullio Pironti editore, presentato da Luigi Angeletti, segretario generale dell’Unione Italiana del Lavoro, e prefato da Giovanni Floris, volto notissimo della televisione di approfondimento sulle tematiche politiche, economiche e sindacali.

Il volume consta di due parti (la prima, Le radici del lavoro. L’articolo 1 della Costituzione, la seconda, Il lavoro oggi e domani. Brevi appunti su crisi, speranze e futuro): nella prima,  ricostruisce – nel corso di sei capitoli, con eccellente puntualità storiografica e con stile capace di coinvolgere i lettori, soprattutto i più giovani – il dibattito avvenuto all’interno dell’Assemblea Costituente per giungere alla formulazione dell’articolo 1 della Costituzione della Repubblica Italiana; nella seconda, in tre capitoli, tematizza il lavoro nella dimensione odierna ed in quella dell’immediato futuro, compresi i suoi rapporti con l’istruzione/formazione.

“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, il celeberrimo incipit della Costituzione, “scaturì da un dibattito lungo ed articolato, durato mesi e culminato nella storica seduta dell’Assemblea del 22 marzo 1947. Fu un punto di arrivo di un nobile compromesso, vissuto nel senso etimologico del termine […] un piccolo capolavoro giuridico e politico, esito di un grande impegno personale di autentici statisti”(p. 17).

Una scelta non facile quella dei Padri e delle Madri Costituenti che discussero della materia (tutti i loro nomi nell’allegato da p. 181 a p. 187), unica nelle Costituzioni europee e non solo: proposta da Amintore Fanfani (1908 – 1999), così apodittica, scolpita nella pietra di un appassionato ed approfondito dibattito parlamentare, aveva il suo indispensabile completamento nel secondo comma, anch’esso proposto dal medesimo deputato, sul punto di imputazione della sovranità nel popolo.

Attraverso i sei capitoli che costituiscono la prima parte, ANTONIO PASSARO analizza la cronaca politica di quei giorni di febbrili discussioni, di mediazioni alte tra concezioni del mondo diverse, accomunate dalla volontà dei Costituenti (scorrerne, anche velocemente, i nomi è ‘istruttivo’, da B. Croce a P. Togliatti, da A. Moro a C. Marchesi, da P. Calamandrei, ad A. Labriola, da E. Lussu a G. Martino, etc.) di superare la tirannide totalitaria del precedente ventennio, ma non certo così contrapposte da non potere mutuamente rispettarsi ed interloquire reciprocamente, guardando tutti nella medesima direzione con la consapevolezza di avere in solido come ‘orizzonte di senso’ non già il passato ma il futuro del Paese.

Di questa lungimirante saggezza tutta la società italiana, ha da essergliene grata a sessantacinque anni dalla conclusione della loro opera, soprattutto ora che tutti i Costituenti guardano al nostro Paese, appartenendo al popolo italiano e non più alla popolazione.

La validità delle intuizioni dei Padri e delle Madri Costituenti su questo – fondamentale – come su tanti altri temi cruciali nel dibattito politico odierno, emerge nella seconda parte del lavoro che porta la firma di A. PASSARO: “il lavoro […] è scopo, energia, determinazione. Il lavoro compone la nostra essenza ed è sul lavoro che si fonda la nostra vita civile […] il lavoro aiuta il cittadino a realizzare se stesso” (pp. 15 – 16 passim), scrive GIOVANNI FLORIS nella sua Prefazione, il nostro compito di adulti – ed in questo anche la Scuola può e deve giocare un suo ruolo importante – è quello di indicare ai giovani la via per fondare sul lavoro la loro esistenza e la loro storia.

Peraltro, al lavoro sono dedicati nella Carta Costituzionale anche altri numerosi articoli a cominciare, nei Principi fondamentali, dall’art. 4, che consacra il diritto al lavoro: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”

Attuare il dettato costituzionale non è stato sempre semplice nel corso dei decenni a causa di ‘ostacoli’, come li chiama PASSARO: l’evasione fiscale, i costi della politica, la scarsa produttività. Sono loro, insieme ad una moneta unica, l’Euro, che non consente più la pratica della svalutazione, come negli spesso rimpianti tempi della lira, “le disfunzioni del nostro sistema economico sono molteplici e di varia natura […] Gli squilibri finiscono così per scaricarsi sull’occupazione sui salari […] in questo contesto negativo non si crea lavoro né, tantomeno, si genera sviluppo” (p. 158 passim).

Nel capitolo finale, “Per un rinascimento del lavoro”, la pars construens del volume: la valorizzazione del lavoratore come ‘creatore’, come lo definisce Benedetto XVI nell’enciclica pontificia Caritas in veritate, citando Paolo VI; un patto per la produttività; un patto fiscale per il lavoro; la tassazione delle transazioni finanziarie, oltre che della rendita; gli investimenti pubblici nazionali ed europei; gli investimenti privati; last but not least, la scuola e la formazione che consenta di interfacciare giovani e mondo del lavoro.

Chi scrive queste righe è uomo di scuola – dirigente in una tipologia di istituto, quelli professionali, dove massima dovrebbe essere questa interazione: si fa davvero molta fatica a poter costruire percorsi che accompagnino le studentesse e gli studenti dalla istruzione e dalla formazione scolastica ad un approccio concreto ed euristico al mondo del lavoro.

Nell’anno scolastico passato, in un comune della provincia a pochi chilometri da Bari, a Bitetto, la felice interazione tra un istituto professionale, ed, in particolare, una docente molto carismatica tra i suoi discenti, e la lungimiranza di un giovane assessore, ha consentito ad un congruo gruppo di studenti di unirsi in modo gratuito in una cooperativa, regolarmente costituita, per unire forze e sforzi comuni di giovani ed adulti per inserirsi nel mondo del lavoro.

E’ un piccolissimo esempio, ma chi scrive ritiene che questa sia una delle possibili direzioni giuste da percorrere: “Ce lo chiede il nostro passato, scolpito nell’art. 1 della nostra Costituzione. Ma ce lo impone il nostro futuro già scolpito nelle menti e nei cuori dei nostri figli” (p. 176).

L’odierna importanza cruciale della tematica affrontata nel libro per le giovani generazioni è testimoniata dal Convegno Nazionale “Il valore del lavoro” tenutosi a Bari il 2 maggio 2013, organizzato dall’I.I.S.S. “Euclide” e l’I.R.A.S.E. Nazionale. Nel Convegno sono state presentate ricerche scolastiche progettate e realizzate in tre istituti superiori italiani: gruppi di studenti, coinvolti da docenti motivati ed appassionati, hanno compiuto ricerche, scritto relazioni e trascritto documenti riguardanti il mondo del lavoro e i suoi valori ormai perduti, in riferimento all’art. 1 della Costituzione. In particolare, gli allievi dell’I.I.S.S. Euclide di Bari hanno approfondito il tema “Il lavoro che realizza e appaga l’uomo”, quelli dell’I.I.S.S. Via Asmara di Roma, basandosi su ricerche sociologiche e psicologiche, hanno presentato “Casi di licenziamento, disoccupazione e perdita del lavoro”, mentre i discenti del Liceo Classico Vittorio Emanuele di Lanciano hanno approfondito il tema “Il mondo del lavoro, alle origini della filosofia”.

Al Convegno barese sono intervenuti esperti a livello nazionale quali Massimo Di Menna, segretario generale Nazionale UIL Scuola; Gaetano Veneto, docente di Diritto del Lavoro e relazioni industriali dell’Università Aldo Moro di Bari, già deputato al Parlamento; lo stesso Antonio Passaro, autore del libro qui recensito, che ha dato l’abbrivo al Convegno: moderatore d’eccezione, Vincenzo Fiorentino, componente del Comitato Scientifico Nazionale dell’I.R.A.S.E. Nazionale e fondatore dell’Istituto scolastico organizzatore.

S. Poggiali, Ermes

Un buon esordio

di Antonio Stanca

poggialiBuono l’esordio narrativo di Simonetta Poggiali, napoletana che insegna Lettere a Milano e collabora con giornali nazionali oltre a partecipare a sceneggiature per la televisione. Ermes (Una storia napoletana) è il suo primo romanzo pubblicato  nel 2008 per conto della Neri Pozza di Vicenza e ristampato a Febbraio del 2013 dalla BEAT di Varese (pp. 155, € 9,00). Si tratta di un’ampia narrazione che la Poggiali ambienta nella Napoli dei giorni nostri, incentra sulla figura del protagonista, il sedicenne Luigi, e con la quale ricostruisce i luoghi, i personaggi, la vita di quella Napoli rimasta sempre ai margini perché fatta di poveri, di persone alle quali mancano molte cose e per questo giungono alla clandestinità, alla violenza quando non si abbandonano a vizi come quelli dell’alcol. Abituate a vivere di espedienti fin dalla prima età, ad accettare difficili condizioni familiari, ad avere sempre problemi, a soffrire le differenze  quando vengono a contatto con gli altri, queste persone hanno dovuto cercare, percorrere vie diverse da quelle conosciute e sono approdate al malcostume, all’illegalità, ne hanno fatto il loro modo di essere.

La Napoli dei poveri, degli esclusi, dei violenti vuole rappresentare la Poggiali col suo libro e vi riesce tramite quel Luigi figlio di una madre vedova, che lavora come portinaia, fuma in continuazione, e fratello di Pasqualino, bambino delle elementari, debole fisicamente e sempre alle prese con un naso malato. Luigi vive nel clandestino, ritira le mesate per i boss e questo lavoro lo porta ad attraversare con la  vespa l’intera Napoli, ad avere contatti con gli ambienti, i protagonisti della malavita napoletana in qualunque parte della città si trovino. Un movimento continuo e rapido è la sua vita, è lui l’Ermes, il messaggero alato degli dei dell’antica Grecia, è con i suoi spostamenti che la scrittrice fa vedere tutta Napoli, ogni quartiere in ogni suo aspetto, dalle strade alle spiagge, dai palazzi alle baracche, dai colori alle ombre, dalle luci alle tenebre anche se tra queste conclude sempre i viaggi del ragazzo. Vera, autentica vuole essere la Poggiali nella rappresentazione anche perché molto concede, nell’espressione, al linguaggio parlato, al dialetto napoletano.

Il bisogno di realtà, però, finisce per essere solo un aspetto dell’opera dal momento che l’autrice fin dalle prime comparse del suo giovane protagonista lo fa vedere diverso dal ragazzo che si sarebbe creduto proprio di quell’ambiente e dagli altri ragazzi con i quali lo fa incontrare. Pur essendo Luigi un adolescente tra i tanti del luogo la Poggiali gli attribuisce delle qualità che lo distinguono, lo rende capace di richiami interiori, di voci dello spirito. Spesso lo coglie da solo a pensare, riflettere, ricordare, soffrire per la sua vita,  desiderare un’altra senza riuscire a chiarirsela, ad intravedere una qualche possibilità per raggiungerla. Sono pensieri che riflettono il movimento del suo spirito e dai quali Luigi si distoglie coltivando l’amicizia con Ninetta, la ragazza più bella del quartiere, che egli tanto ammira. Quell’amicizia lo colma di tutto ciò che avrebbe desiderato, con la ragazza si frequenta, con lei esce, lei ama nel suo segreto anche se è promessa a Gaetano, il capo dei giovani del posto che momentaneamente è in carcere. Di questa assenza i due approfitteranno per incontrarsi, parlare, uscire più spesso ma pericolosa, crudele diventerà la situazione quando Gaetano, libero, saprà delle loro frequentazioni. Gli sembreranno così gravi da giungere a sentirsi tradito da Ninetta, da diventare furioso ed uccidere la ragazza. Tanto ne soffrirà Luigi da togliersi la vita.

Il bene, il bene coltivato da Luigi sarà sopraffatto dal male, l’amore dall’odio, la vita dalla morte. Le regole dell’ambiente annulleranno quanto di nuovo stava in esso succedendo, non concederanno spazio a ciò che poteva superare i limiti di una situazione, si confermeranno come uniche, inesorabili. Non perde, però, l’opera della scrittrice il suo valore di denuncia dei gravi fenomeni  che ancora esistono senza che ci si impegni a rimuoverli, la sua funzione di messaggio per una vita migliore dove ancora non c’è.

Che tanti elementi, ambienti e personaggi, realtà e idea, vita e morte, rinuncia e speranza, siano presenti e ben combinati in un’opera d’esordio non può che sorprendere e muovere ad apprezzare il romanzo della Poggiali.

C. Serino e A. Antonacci, Psicologia sociale del bullismo

“BULLI” E “VITTIME” NEL “GRUPPO”:
LO SPAZIO EDUCATIVO PER FAMIGLIE E SCUOLE 

di  CARLO DE NITTI

serinoAl fenomeno del “bullismo” – tanto più pervasivamente diffuso quanto più ignorato o sottovalutato dagli adulti in tutti i contesti educativi, scolastici, familiari e non – non può che essere dedicato il massimo sforzo educativo delle scuole nella loro quotidiana azione militante, sostenuto da un’efficace alleanza pedagogica con le famiglie, affinchè possa essere colto l’obiettivo della sconfitta di quella che si configura, nel secondo decennio del XXI secolo, come un’emergenza educativa in tutti i milieu sociali di provenienza dei discenti.

Ad un tema di così scottante attualità – sovente i media si occupano di situazioni drammatiche che si verificano nelle nostre aule – ed, in particolare, alla sua dimensione psico-sociale, è dedicato l’ultimo, recentissimo, lavoro editoriale a quattro mani di CARMENCITA SERINO ed ALBERTO ANTONACCI, Psicologia sociale del bullismo, edito per i tipi della Carocci (pp. 215), dal significativo sottotitolo “Chiavi di lettura, esperienze, risorse”. Caratteristica precipua del volume è la sua ‘multimedialità’ perché cerca, riuscendovi, a far utilizzare ai lettori le enormi potenzialità della comunicazione attraverso il web, che si connota per la sua interattività.

Il volume è arricchito dalla presenza di interessanti Appendici su tematiche specifiche, dovute ad altri specialisti: la salute come corpus unicum bio-psico-sociale da perseguire in un’ottica multidimensionale (OMS docet…) che coinvolge le scuole; il cooperative learning favorito dall’utilizzo delle TIC come via regia al miglioramento del ‘clima’ delle classi; il bullismo omofobico e di genere.

Tematizzare oggi, come fanno gli Autori, questi argomenti di immediato impatto sociale ed  educativo significare incentrare l’attenzione su problemi che andrebbero dibattuti al fine di far compiere un vero e proprio salto di qualità non solo al mondo della scuola ed alla qualità dei suoi esiti ma anche alla società tutta perché il bullismo è un problema sociale.

Gli Autori, non a caso, dichiarano fin dalla Presentazione la loro ottica nel leggere le problematiche legate al bullismo, quella della psicologia sociale, che si rivela essere euristica non solo per l’enucleazione dei problemi ma anche per l’individuazione delle soluzioni possibili. <<Non c’è uno degli argomenti presenti in qualunque buon testo di introduzione alla psicologia sociale che non trovi una specifica articolazione nel momento in cui ci si proponga di analizzare, comprendere e contrastare i fenomeni legati al bullismo>> (p. 11). Ed in questo intendimento un ruolo importante possono giocare le risorse presenti nel web.

Quelli finora succintamente esposti sono già motivi sufficienti per asserire che questa pubblicazione non può mancare nella biblioteca di tutti coloro i quali, per professione, si occupano di educazione, ma anche di tutti i genitori che desiderino svolgere il loro fondamentale ruolo educativo in modo informato e consapevole.

Riflettere sui problemi educativi rivenienti dal bullismo non è sufficiente un approccio che consideri esclusivamente il ‘bullo’ (in tutte le sue sfaccettature) e la ‘vittima’ (in ogni suo aspetto psicosomatico) senza analizzare, interpretare e, quindi, educare tutto lo spazio psico-socio-ambientale in cui nascono relazioni ‘malate’. Scrivono gli Autori: “[…] un approccio psicosociale al bullismo richiede che l’aggressività tra pari sia analizzata considerando l’iterazione tra l’individuo (le sue caratteristiche biologiche, i tratti di personalità, gli stili di funzionamento cognitivo, gli atteggiamenti, i valori, le aspettative, le rappresentazioni individuali) e il contesto sociale, con riferimento alla presenza di gruppi diversi, al sistema normativo e valoriale ed al sistema storico-culturale nel suo complesso” (p. 37).

La fenomenologia del bullismo è assolutamente variegata nella pluralità delle dinamiche che si instaurano tra tutti i soggetti – ‘bullo/i’, ‘vittima/e’, ‘spettatori’, educatori (docenti, dirigenti, genitori, adulti significativi) – che entrano in una relazione ‘malata’ soprattutto in una fascia anagrafica quale quella dell’adolescenza in cui le competenze emozionali e le life skills (capacità di prendere decisioni, risolvere i problemi, comunicare efficacemente, pensare creativamente e criticamente, evitando gli stereotipi, gestire le emozioni e lo stress) di cui l’OMS parla per gestire le relazioni tra pari ed affermare correttamente la propria identità di genere necessitano di essere formate con la presenza di professionisti della relazione competenti e sempre aggiornati.

In quest’ottica, pare paradigmatico il contrasto che è indispensabile opporre al bullismo omofobico: come emerge da una ricerca condotta nell’Università di Bari Aldo Moro tra le studentesse e gli studenti delle classi intermedie degli istituti superiori, “per comprendere  adeguatamente il fenomeno è necessario acquisire un’ottica sistemica tesi a cogliere gli aspetti legati alla specificità delle dinamiche intergruppali e intragruppali  che si attivano in relazione alla messa in atto di comportamenti violenti” (p. 162). Compito fondamentale dei docenti e degli educatori in genere è l’educazione al rispetto delle differenze di orientamento sessuale e di identità di genere come di tutte le altre diversità, che costituiscono una ricchezza per tutti, ma soprattutto alla promozione di una cultura ‘delle pluralità’.

Altresì, una particolare attenzione i due Autori dedicano al cyberbullismo, “gli atti aggressivi, di vessazione, di umiliazione, di molestia e di diffamazione condotti intenzionalmente e ripetutamente nel tempo da un individuo o da un gruppo di individui ai danni di una vittima, usando varie forme di contatto elettronico” (p. 132). Ciò che accomuna il cyberbullismo con tutte le altre forme di bullismo è la volontà di “deridere, umiliare, calunniare la vittima” (p. 132), cui può aggiungere la potenza di una tecnologia quale quella telematica che consente di rendere nota ogni cosa a chiunque a livello planetario attraverso il web e farla permanere per tutto il tempo che si vuole.

Alla diversa forma di esercizio delle prepotenze, quella telematica, non corrisponde una diversità qualitativa sostanziale del fenomeno del bullismo, anzi, nel web, è molto più difficile per le vittime difendersi. Ciò dà spazio – sia nel web che nella realtà familiare, scolastica e sociale –  a possibilità educative fondate su “strumenti e spazi che, in una comunità inclusiva e solidale, possono essere presidiati  utilizzati al meglio e offrire opportunità di crescita” (p. 141) per tutti, “bulli”, “vittime” e “gruppi” nella loro interezza.

Questo bel volume e le innovative estensioni on line che lo arricchiscono, aiuta tutti coloro i quali vivono da adulti in corpore vili – genitori, operatori della scuola, della salute, del sociale – i problemi qui enucleati ad avere uno strumento decisivo in più nella loro cassetta degli attrezzi per affrontarli e risolverli. Con passione, professionalità e competenza.

B, Wilder, Avanti!…Che cosa è successo tra mio padre e tua madre

Nota di Gianfranco Purpi al film di Billy Wilder : “Avanti!…Che cosa è successo tra mio padre e tua madre”

…In questo film prende mirabilmente forma esistenziale e di assoluta verosimiglianza realistica…una sublime commedia di vita di sogno e da sogno,…ambientata a Ischia ,…dove con fine arte cinematografica e interpretazione pregevole …si rendono bene alla sensibilità e alla catarsi dello spettatore …le bellezze di un paesaggio incantevole che fanno da teatro naturale e da culla dialogica smerigliata …all’incorporarsi graduale e quasi magico di due culture quasi di oppositività antropologica e dialetticamente contrapposta dei rispettivi protagonisti;
…a monte di una fatale e inaspettata (primi fra tutti…i due protagonisti!)…”Love story” … impensabile e assolutamente contingentista all’inizio del viaggio di entrambi,…dove ne sortisce una storicità che ha dell’incredibile,…dove le rispettive ontogenesi ripercorrono le filogenesi dei due genitori appena scomparsi (…due maturi amanti!)…e imbarcheranno i due nostri protagonisti appena conosciutisi a caso …nell’orsa maggiore del carro dell’amore eternalizzato ,…elevandoli subliminalmente e quasi “controvoglia” …innamorati di sempre …per i giochi diabolici dei colpi di fulmine che Dio fa sortire entro una cornice da costante cartolina illustrata…e da contingentismo esilarante di umorismo satirico (…in mutazione miracolosa a partire da “due verità illuse” di vita …credute inizialmente …,a torto…, esaustive nell’autoreferenzialità del presente e nelle staticità inerti delle caratterizzazioni del solo qui e ora!)…
…Proprio come era successo,decenni prima,…ai loro suddetti rispettivi genitori scomparsi (…che si davano,per questo,appuntamento a Ischia,ogni anno,per un mese,…per vivere una incantevole loro storia d’amore che credevano irrepetibile e unica,…non potendo ipotizzare che ai loro figli sarebbe successo tutto quanto in analogia storica ed esistenziale…e di magìa trascinante…irrefrenabile!)…
…La pellicola vede nelle sue fatate sequenze da fiaba di ieri come di oggi…le magistrali interpretazioni di una spendida polposa Juliette Mills in coppia ad uno inarrivabile straordinario Jack Lemmon,vero maestro di senso ironico e di satira umoristica tutta italo/americana,…e peraltro la costante presenzialità partecipativa di un immenso Gianfranco Barra …meraviglioso emblematico personaggio tipicizzante semiologicamente l’antropologia prorompente e raffinatamente verace della “civiltà” di Ischia e dei suoi Codici Mediterranei tutti peculiarmente partenopei (…anche se…sempre composti e metaforicamente raffinati!); …il Tutto,…per la regia di un mito di Hollywood:…Billi Wilder…talentuoso artista e produttore di questo suo 22° film del 1972.

R. Murphy, Mangia Prega Ama

Nota di Commento essenziale al film : “Mangia Prega Ama” – di Gianfranco Purpi –

Nota di Commento essenziale al film : “Mangia Prega Ama
(Eat Pray Love)”

Propongo il film imperdibile intitolato: “Mangia prega ama”, relativo ai dati di locandina ufficiale riportati in coda.

Eccovi a preludio di questa breve Nota la Trama fondamentale di narrazione significativa della pellicola in questione:

Liz Gilbert (Julia Roberts) ha tutto ciò che una donna moderna può sognare – un marito, una casa e una carriera di successo – ma come tante altre donne, è insoddisfatta, confusa ed è alla ricerca di cosa effettivamente desidera dalla vita. Appena divorziata, trovandosi ad un bivio, Liz decide di allontanarsi dal suo mondo rischiando tutto e, per dare un cambiamento radicale alla sua vita, intraprende un viaggio intorno al mondo, un percorso per ritrovare se stessa. Nel suo viaggio in Italia riscopre il piacere di mangiare; in India arricchisce la sua spiritualità e, inaspettatamente, a Bali ritrova il suo equilibrio interiore grazie al vero amore.

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Così,dopo aver visto questa meravigliosa pellicola …vien proprio voglia di pensare che è davvero un “Peccato” che sono poche le donne che comprendono quando e di chi sono veramente innamorate e che ameranno per sempre,…al contrario del personaggio di una meravigliosa e bravissima Julia Roberts! in questo sublime film da fiaba e storia …dell’anima vera!…E ignorano che una stella cometa si disintegra nell’universo solo apparentemente all’occhio umano storicistico e bio/neuro/fisiologico e psichico/anatomo funzionale!

In effetti credo che ogni stella cometa epocalmente significativa anche a ciascuna nostra trama di vita esistenziale…si compone e si ricompone continuamente in ragione della “quintessenza” di noi umani sempre rifrangenti l’armonia,il cuore e la geometria del firmamento,…e di ogni galassia della sua stupefacente teleologia divina e meccanicistica,…allo stesso tempo quantistica e accorata di Mistero sentimentalizzante trasfigurante…

E…continua sempre ,…in incessante movimento in divenire,…a girare senza fine e senza sosta temporalizzante e spaziale…in ellissi concave e convesse ,…e lungo le gravitazioni attrattive e planetarie di mondi sconosciuti…per poi ritornare a baciarci e a farsi baciare…

…Con l’amore puro e passionalmente simbiotico che riesce addirittura a trascendere l’impotenza della medicina e della chirurgia più sperimentali e innovative di ogni razionalizzazione scientifica pur sempre definita da soli Logoi e Topoi di Fredda Ragione di pura teoresi epistemica “unilineare”,…ma solo quando è deprivata e monca dell’intuito dell’ésprit de Finesse poetico e dell’empatia del Sentimento Animistico più espressivo/cristianizzante e catartico/transferiale che si possa avere dentro all’Anima!

…Sempre in orizzonte di trasformazionalità subliminale e di monismo/immanentistico con …la legge morale dentro di noi e con le stelle perlacee fuori di noi,…nel mare dell’artisticità più ristrutturante e creativa,…civilizzante…,anche se necessariamente pure algoritmico/matematizzante,…e non di meno animistico e fatato da Favoloso “Mondo di Amelie”!

 

Locandina del film:

USCITA CINEMA: 17/09/2010
GENERE: Drammatico
REGIA: Ryan Murphy
SCENEGGIATURA: Ryan Murphy, Jennifer Salt
ATTORI:
Julia Roberts, James Franco, Billy Crudup, Javier Bardem, Richard Jenkins, Viola Davis, Luca Argentero, Arlene Tur, Tuva Novotny, Stephanie Danielson, James Schram
Ruoli ed Interpreti

FOTOGRAFIA: Robert Richardson
MONTAGGIO: Bradley Buecker
MUSICHE: Dario Marianelli
PRODUZIONE: Columbia Pictures, Plan B Entertainment, Red Om Films
DISTRIBUZIONE: Sony Pictures Releasing Italia
PAESE: USA 2010
DURATA: 133 Min
FORMATO: Colore
SOGGETTO:
Tratto dal romanzo bestseller di Elizabeth Gilbert.

Un libro a tre piste

Un libro a tre piste

di Maurizio Tiriticco

tifo_per_il_barcellonaMassimo Di Menna, Luigi Nardo, Ettore Vitale, Tifo per il Barcellona, pp. 104, € 18,00, Tullio Pironti editore, Roma, 2013

Quante ricerche, oggi, sui nuovi mezzi della comunicazione! E su quanto possano implementare i messaggi che con essi sono veicolati! E non c’è nessuno che non sappia o abbia sentito dire che il mezzo è il messaggio: quella rivoluzione che McLuhan annunciò fin dal lontano 1967, ma che pochi o nessuno hanno completamente tradotto in nuove forme di comunicazione. I libri sono sempre quello che sono, la Tv idem e così via! Potremmo anche aggiungere tutte le diavolerie offerte oggi dal web, dai cellulari o dai social network! Ma sono più divertissement che veri e propri “mezzi/messaggi”.

Perché le virgolette? Perché, contrariamente a quanto si è da sempre pensato, che cioè ciò che conta è il messaggio e che il mezzo è ininfluente, il nostro McLuhan ha dimostrato che non è affatto così e che ogni mezzo non solo condiziona il messaggio, ma lo caratterizza anche e lo sostanzia nei suoi contenuti comunicativi! Un mezzo “altro” produce un messaggio “altro”! Negli stessi anni gli analitici inglesi scoprivano la “corposità” stessa del linguaggio! Altro che parole parole parole! Che differenza corre tra un “ti amo” e un “ti condanno a morte”? Sono solo parole? E Carlo Levi ci ha insegnato che “le parole sono pietre”. Fare tesoro di queste intuizioni, di queste nuove realtà che hanno investito il mondo della comunicazione, è o sarebbe indispensabile, anche se non è cosa facile!

Confesso di essere rimasto stupito e sconcertato quando ho avuto il primo impatto con il Tifo per Bercellona! Mi aspettavo la presentazione di sempre: una presidenza con gli amici dell’autore, i complimenti di rito, qualche intervento benevolo e l’autore che gongola e ringrazia! Poi la corsa alla dedica autografa. E qualche pasticcino che chiude sempre in bellezza! Ebbene, niente di tutto questo! Ma i pasticcini c’erano! Un’altra cosa? Un altro mondo? Un altro libro? O meglio un libro “altro?” Proprio così! Un libro “altro”! Tre autori, tre linguaggi, tre piste! Il testo descrittivo/argomentativo, il testo narrativo/informativo, le immagini, per illustrare, far ricordare, sottolineare, enfatizzare! Ma pur sempre un unico oggetto!

Non siamo abituati a testi, o meglio ad ipertesti cartacei di questo tipo e confesso che – nonostante la mia pretesa preparazione in teorie dell’informazione e della comunicazione – ho fatto un po’ di fatica a capire… dopo un primo difficile impatto! Una scelta coraggiosa, che farà scuola certamente. In genere un recensore va subito alla pagina 1! Con il libro in questione non mi sono comportato così! Ho capito che l’oggetto fisico è importante, il suo peso, i colori della copertina… E’ un libro quadrato con cerchi multicolori a spirale su di una copertina scura: linee rette e linee curve, quanto basta per sollecitare un lettore, anzi un fruitore, un po’ smaliziato, quale penso di essere, a pensare che il volume vuole impegnare i due emisferi del nostro cervello, quello sinistro blu e quello destro rosso: quello delle indispensabili informazioni e quello delle altrettanto indispensabili emozioni! Inoltre un titolo in totale divergenza! Insomma quel poesia e non poesia crociane che una buona volta si coniugano insieme!

Trent’anni della storia della nostra scuola, o meglio trent’anni della nostra storia, perché la scuola è la popolazione intera che apprende e cresce, e che fa la cultura del nostro Paese, cultura in senso lato, ovviamente! E che si intreccia con la storia di noi tutti. Quindi avanza la colonna portante di Massimo Di Menna, che traccia il filo rosso dei governi e dei governati, delle trattative e dei contratti, con richiami colti: i limiti del relativismo, la necessità dell’evoluzionismo, gli auspici per un Europa dei popoli in un contesto laico e democratico. Il sindacato non è solo contrattazione, se è sindacato avanzato e responsabile. La strategia minuta del contrattare non può non discendere da una visione alta di quello che un sistema educativo di istruzione e formazione è e deve essere, oggi e domani.

E alla colonna portante dell’argomentazione si affianca il piombo della narrazione meticolosa, anno dopo anno, dei fatti salienti, non solo della scuola, ma dell’intero mondo da cui il vero e produttivo insegnare/apprendere non può mai prescindere. Il giornalista Luigi De Nardo attende ottimamente a questo gravoso e puntuale compito di ritrovare costantemente tutte le maglie che legano il fatto scuola ai fatti della vicenda storica, politica e sociale.

E pagina dopo pagina le illustrazioni curate da Ettore Vitale, ora narrative, i manifesti, i volantini, le copertine di pubblicazioni colte, e tante immagini, sempre fortemente conative, un Pertini montanaro, la Sofia Loren de “La Ciociara”, Dario fo, Falcone e Borsellino, i Mondiali di calcio e l’aquilone che torma a volare su Kabul. Tutto ci si sfila davanti a rinforzare le informazioni date dalla colonna portante di Di Menna.

“La simbologia del filo… è legata alla specificità della scuola”, ci dice Vitale. E’ una simbologia che concorre alla costruzione di un libro come “spazio aperto”. Sono saggi insegnamenti che ci vengono da lontano, dall’Opera aperta di Eco, dalla visione strutturalista di un Escarpit o dalle avvincenti e seduttive intuizioni di un Roland Barthes. “In uno spazio aperto – scrive Vitale – gli elementi grafici e le lettere assumono l’aspetto di figure integrate nell’ambiente. Le lettere, che con la loro combinatoria formano la scrittura e la comunicazione della conoscenza”…. Il filo che non solo consente di attraversare il susseguirsi dei fatti, ma di costruire costantemente un “collegamento tra passato e presente e presente e futuro… tra tradizione e innovazione… il filo come tessitura del sapere”.

In conclusione, al di là del valore intrinseco dell’opera, che consente a ciascuno di noi di ripercorrere la storia della nostra scuola mai scollegata dalla nostra storia complessiva, penso che il volume possa essere inteso anche come un libro laboratorio. Un libro nuovo, capace di dire molto di più di quanto ci raccontano quelli a cui siamo abituati, pagina dopo pagina, rigo dopo rigo, un inizio e una fine. Nel libro dei nostri tre amici è difficile trovare un inizio e una fine… è un libro aperto nel tempo, come aperta quella scuola che viene da lontano, implementa il presente e… dovrebbe costruire il nostro futuro!

Paolo Virzì, Tutti i santi giorni

Nota di commento essenziale al film di Paolo Virzì:”Tutti i santi giorni” (del 2012) –
di Gianfranco Purpi –

…Questa pellicola di cinema d’autore incantevole … propone in orizzonte linguistico/interpretativo di sequenze fattuali descrittivamente storicistiche e di autenticità esistenziale meravigliosamente essenziale, … la storia filmica di due “ragazzi/amanti” narrata con pregevole neorealismo espressionista e addirittura il più possibile immanente ed intrinseca alle vicissitudini della vita familiare vissuta e concepita senza alcuna predestinazione di senso artefatto o aprioristicamente ermeneutico e teleologico, …nè dalla volontà del Regista e nemmeno dalla immensa strabiliante carica narrativa dei protagonisti !
…Fra di essi,Guido è timido, riservato, coltissimo. Antonia irrequieta, permalosa e orgogliosamente ignorante. Lui portiere di notte appassionato di lingue antiche e di santi. Lei aspirante cantante e impiegata in un autonoleggio.
La mattina presto, quando Guido torna dal lavoro, la sveglia con la colazione e finiscono col far l’amore.
Una romantica storia d’amore vissuta in una metropoli complicata come Roma, con dei vicini di casa rozzi, allegri e disperati e alle spalle due famiglie d’origine che non potrebbero essere piú distanti. Un amore che sembra indistruttibile, finché il pensiero ostinato di un figlio che non viene non mette in moto conseguenze imprevedibili.

Questo è l’ultimo Film di Paolo Virzì (2012) , intitolato : “Tutti i santi giorni” ( Italia, 2012 ), con attori principali Luca Marinelli; Thony; Micol Azzurro; Claudio Pallitto; Stefania Felicioli; Franco Gargia!

E’ così,in questa prospettiva cinematografica da vita vissuta cruda , volontaristica fino allo spasimo,…e storicamente tribolata e dialetticamente complessa,…che lo stesso film rivela la veracità e anche la romanticità di un amore “per tutta la vita”,…che purtuttavia attraversa tutte le strade spinose dei problemi quotidiani dell’esistenzialità problemica e veracemente umorale e fenomenologica …di due personaggi focali di una coppia di giovani assolutamente eterogenea,…e di tutti gli altri soggetti di cornice interattiva; … rappresentando mirabilmente ed emblematicamente anche la complessità spesso percepita quale conflittualità insolubile e distruttiva …di un uomo e una donna di rispettive identità coniugali oggettivamente oppositive e antinomiche,…eppure forse proprio questo (…anzi proprio per questo!)…calamitate eternamente e aporeticamente (…e sempre su di un piedistallo di voglia etica angosciante e di una storicisticamente dialogica contrapposizione di scelte,…a volte vellutato e a volte rabbioso,…di non mettere mai in discussione la ricercata reale entità loro di affanni e tormenti angosciati e di introspezione coscienziale , … proprio per la trascendentale prassica consapevolezza ed epistemica volontà di sapere sempre il …cosa significa “vivere”…per loro singolarmente e in dualità genetica originale) !

… Ciò, dunque , al di sopra e al di là di ogni sofferenza e di ogni patimento di contingenza fatalisticamente sfortunata o follemente goduta,…e di una brama costante di lettura cristallina delle loro identità testardamente coscienzializzate …sempre pronte a mettersi in discussione ed a farsi una ragione di amore puro …nell’imboccare i viali di ogni loro cambiamento di dicotomia fattuale personalizzante (…allo stesso tempo, moralmente convinta di spregiudicatezza preponderante e sublimante …e di consapevolezza stoica nel voler e dover remare in un mare di naufragio ondoso grazie a cui soltanto sono ben consci che potranno trovare come da sempre per sempre…il loro vero amore e la loro cristallina felicità primitiva !)…

Peraltro,…reagendo costruttivamente,…alla fine,…all’angoscia ed alla sofferenza dilaniante di non potere avere un figlio/figlia ,…peraltro da entrambi immensamente bramato/a…pur senza mai farne la prima ragione di coppia ,… e comunque con la continua testarda e criticistica emozionalità etico/affettiva e…psico/biologica…di amarsi alla follia senza mai aver paura di potersi per questo distruggere e distruggersi…o di rinunciare alla proprio veracità da non rinnegare mai e poi mai!

…Anzi,al contrario…sempre convinti,al postutto ,…e in dialettica infinitamente aspra e massimamente pulsionale (…anche all’indirizzo di ogni soggetto di famiglia allargata genitoriale),…di non potersi non amare…”tutti i santi giorni”…che sono davvero “santi” per loro e credo per tutti voi e noi…,sia nelle gioie da matti che nelle rinuncie alla fine sacrificanti con divina e cristologica felicità di non dirsi mai “mi spiace”,…in una rara “Love Story” di questo Post Moderno invece sovente con valori deboli e scoloribili facilmente!…

E questo…consente , allo spettatore, …di godere di una colonna sonora da fiaba delicata e di velluto amorevole,…che è anche la colonna sonora costante (…anche per gli stessi protagonisti di coppia,nella tessitura agitata della trama della storia del film!)…del talento vocale fatato e della poesia musicale sublime di Antonia,…che mi pare costituisca sotterraneamente (anche se non più di tanto!)…sorgente e fuoco per continuare a vivere un amore esistenzialmente eterno…e storico…,allo stesso tempo e per lo stesso motivo (…da “poterci contare” in incessante “I Care”,…vada come vada!)…

 

http://www.youtube.com/watch?v=8VraYlEN2Tc

Incredibile…

“…Incredibile…” – Nota di Gianfranco Purpi

…Incredibile!
(leggendo quanto a questo link:
http://www.gazzettadelsud.it/news/63326/—Napolitano–Parlamento.html)
… E penso allo sconcerto che proverebbero in questo momento …Falcone e Borsellino ( e tutti quelli della loro pasta e della loro storia sacrificale!)…nel  loro Paradiso di Angeli che sono morti ,prima di tutto,…perchè non hanno voluto far finta di “non vedere” crimini,misfatti e anche stragi …al cospetto della Lama Invisibile del Principe di turno …che li aveva più volte pregati ignobilmente di …stendere un velo pietoso ed omertoso di complicità e di collusione all’indirizzo degli amici …degli amici!

…Ancora ,cocciutamente,…non si capisce che quando le carceri sono inagibili o inaccoglibili, … si pone assolutamente doverosa la costruzione di nuove carceri realizzate congruamente ai fini paidetici più umanistici di una rieducazione civile e virtuosa di ogni carcerato/carcerando;…e comunque ,se questo non è possibile in tutto o in parte,…si deve progettare e realizzare tutta una complessa valoriale/ricercata varietà e utilità alternative o sostitutive legalmente ed eticamente legittimabili (comunque determinate e/o configurate dalla Magistratura!),…di… servizi afflittivi di pena carceraria esterni alle carceri stesse (…al limite anche carcerazioni domiciliari!)…per far scontare ,comunque sia …, le pene carcerarie e le condanne inflitte ai condannati dalla Giustizia Sovrana e dalle leggi giudiziarie fissate costituzionalmente insindacabili dalla Politica;…ciò,attraverso il preporre e assegnare i delinquenti stessi condannati…anche (…se proprio necessario e comunque giuridicamente conforme alle prescrizioni normative della Legge!) …al carcere risolventesi in servizi sociali o di pubblica utilità,…e comunque senza “azzerare” la loro fedina penale ,…e senza perderli di vista sul piano del controllo istituzionale e sociale …e giudiziario;…cautelandocisi ,peraltro,che gli stessi delinquenti , definitivamente condannati, e comunque carcerati/carcerabili …non abbiano a nuocere alla collettività , alla politica , alle cariche governative ,…alla Società Civile ,…ed ad ogni razionalizzazione istituzionale del Pubblico Statuale Etico …nel suo contesto di totalizzante convivenza umana condivisibile “erga omnes” !

…Con quale coraggio si voglia passare un colpo di spugna alle barbarie di costume e di reati (di maldicenze,di diffamazioni,di vilipendi allo Stato e alla Costituzione,…di denigrazioni , di offese , di turbative sociali e di sconcertanti rigurgiti anarco insurrezionalisti ,…e comunque di umiliazioni e di infangamento etico/politico/umanistico agli assetti dell’Ordinamento dello Stato ed alle Sue Autorità Istituzionali!),…d’ogni tipo, …commessi  …da Nani,Giganti , Delinquenti e Malviventi Vigliacchi d’ogni genere,…sia quelli che hanno ville e panfili da Nababbi , …e sia quelli che sono solo manovali e collusi e complici…di ogni Principe Mafioso , …o dei Colletti Bianchi…della Borghesia Mafiosa,…o della Criminalità finanziaria e imprenditoriale,…o comunque di Amici degli Amici …Gattopardi …di reati sconcertanti che calcano ogni ambito di vita istituzionale socio/politica ???

…Come si ha il coraggio di mistificare e di invocare in nome di UNA PRESUNTA MILLANTATA DEMAGOGICAMENTE …”RIFORMA DELLA GIUSTIZIA GOVERNATIVA E PARLAMENTARE” ,…questi Principi inconfutabili di Civiltà Giuridica Normante e di Produzione Legiferante e Giudiziaria del Diritto (…e di ogni sua legittimabile razionalizzazione etica  normativa/prescrittiva, …paideticamente “erga omnes” …della Funzione Pubblica Istituzionale della Giustizia nella Società Civile/Politica e della Magistratura dello Stato!) ,…sempre da tutelare e riconoscere …saldamente e indiscutibilmente …ancorati alla autonomia giudicante insindacabile e di assoluta sovranità costituzionale della stessa Magistratura Istituzionale,…entro l’orizzonte …che “LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI” !)…???

…Ed è una vergogna che si faccia finta ,peraltro,…di non aver visto in televisione e di presenza …come vivono da cani…i naufraghi di Lampedusa scampati miracolosamente alla morte del mare e dei padroni assassini della globalizzazione dei Principi Mafiosi Angeli di sole parole “protocollari”…;…e “di atti dovuti malvagi”;…e incapaci di un Vero Risolutore “fatto positivo” di Bene Comune Cristiano esigenzializzato dalla fattispecie!…Ed è una vergogna che non si abbia il coraggio o la sensibilità di gridare da tutte le terrazze , da tutte le televisioni e da tutti i microfoni del mondo,…che ,per ora …, questi “ricoverati” naufraghi a Lampedusa …sopravvivono in condizioni disumane e forse peggiori di  quelle dei campi di sterminio dei Regimi totalitari di più infausta memoria;…o degli schiavi di Borghezio ,…il personaggio straordinariamente e veracemente interpretato dal bravissimo Antonio Albanese nel suo ultimo film:”TUTTO TUTTO,NIENTE NIENTE” ;…e credo proprio che PRIMO LEVI direbbe e ci direbbe per QUESTI POVERI CRISTI …CHE DORMONO SOTTO LA PIOGGIA …(e per i quali pare che lo Stato ,…da quanto ho sentito ieri mattina da un giornalista -Alfredi Di Giovanpaolo- di TG24 NEWS ,… paghi 29 euro al giorno per vitto , sostentamento e medicine di ciascun immigrato stesso così “tribolato” ,…con prevista esclusione,per molti ,…del “tetto” assicurato preventivamente):”…SE  QUESTO  E’  UN  UOMO…!!!???”…

Pensando ad una passeggiata in riva al mare!

“…Pensando ad una passeggiata in riva al mare!” – Nota di Gianfranco Purpi  –

====================0====================00====================…Pensando …Pensando “”””””””
…Pensando ad una giornata di fine agosto,in una spiaggia tutta scogli e pietre di Castel di Tusa,…a due passi dalle onde della Storia … di tutte le esistenzialità mie da Favola Inarrivabile e squallidamente Borghese!

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…Un giorno ho visto il Mare!
…Era “bello” ed anche “intelligente”…
…Per occhi … aveva  “due luci” chiamate Lampare …dai turisti ingordi,…e dai pescatori saggi e buoni sempre a braccio di Jesus Ebreo!
…Le sue “gambe” rassomigliavano alle Piovre Lunghe Lunghe…che ,…con l’alta marea,…sembrano succhiare spume bianche agli scogli “faraglionati”…da salotto di Velluto Bergsoniano…
…I sassi “arrotondati” inesorabilmente dalle sue onde…parevano cuori e testoline “smussati/ma/mai/corrosi”…da quelle pietruzze di vera pomice tirrenica dove il Canto delle Sirene ricorda sempre certe Ninne Nanne…”senza papà e mamma”!
…Il suo vestito mi sembrava una Casacca Azzurra Azzurra come quella dei Principi di Savoia ,…e…del Regista dei Matrimoni mafiosi…e,allo stesso tempo,…selvaggiamente pulsionali e ingordi da “fare schifo”…
…E questo vestito sempre a forma di Giubba omologante e alienante ,…e mistificata ideologicamente e insensibilmente,…era …con camicie tutte abbottonate di destino ingiusto e malvagio,…e con cuoricini intrisi di infinita indelebile voglia di vivere …”tutta occidentale ed orientale…allo stesso tempo e per lo stesso comune denominatore antropologico”!
…E si sentiva nell’aria e nella pelle ,…a vista,…che la costa “ciotolata” …era stata “Teatro” da sempre di Torrette Saracene …e di “navi sfondate” solcanti i moti ondosi perdutamente imprevedibili e sparvieri di violenze inaudite apparentemente senza cause e colpe altrui,…come i violini per i poveri e i tribolati da Sempre e per Sempre…
…E pareva di rivedere e rivivere gli approdi rapsodici e incoscienti di queste navi  della Storia dei Secoli infiniti,…con le urla di paura e di dolore…e di atroci sofferenze e torture naturalistiche …di Innocenti Cristi …in silenziose estasi di preghiera fatalistica , …o in taciti esiti di Morte vivificata dalle colpe più vibranti della nostra Civiltà Giudaico/Cristiana e dell’Ebraismo sempre mascherato di sterpi marine indiavolate e venefiche…indigeste pure ai pesci delle flore di fondali egoisti affatto “vegetali”!

…Gli abissi e i misteri di questo mare turchino …erano così,…e da sempre,…incrostati di “carni umane” dei deboli e dei derelitti di ogni terrestrità  mondializzata facile ad illudersi …ed a…sorridere per una speranza di fili d’erba disperatamente fragili e gigliari…

…E queste carni parevano davvero ,… biologicamente respiranti  …o …già trafitte dal pallore dell’esito vitalistico della Morte ineluttabile, …più mute dei pesci turchini inghiottiti dalla Balena di Pinocchio e Lucignolo!
…E le sue bocche tutte palpitanti o già decrepite in rigagnoli di escrementi di peritura morte stessa già sopraggiunta,…erano tutte con la lingua “di fuori”…come se avessero voluto raccontare il lamento e i sospiri del Cristo crocifisso del Calvario,…con parole di ribellione e di invettiva esasperate che comunque non erano mai riuscite (…e mai ci riusciranno,…anche per i vivi sopravvissuti!) …a raccontare le Nequizie e le Cattiverie indiavolate dei Principi e dei Gattopardi d’ogni parte del Planetario universalizzante delle escatologie anestetiche …e del Globo imperialista di ogni terra infame…
…E fu così che immaginavo … le mani di bimbi e genitori che si stringevano prima dell’ultimo respiro annegante di mare e in mare ,…o…prima dell’ultimo grido alla Guardia Costiere o ai Pescherecci di Buona Volontà Etica…delle spiaggie di approdo…
…E fu così…che mi parve di vedere,…anche se col sole e il mare turchino agostano,…la Vela color Bianco Tenue di una scialuppa che,…purtuttavia,…non voleva arrendersi alla Legge dell’Impero Ricco,Cattivo,Avido,Borghese ed Opulento…
…Con tante mani di Cristi stipati come sardine o dentro questo mare davvero Gigante senza cuore e senza anima ,…agitarsi e congiungere le braccia in segno di un’estrema preghiera ad ogni Loro Dio “singolarizzato” pletoricamente …e sempre illusoriamente seminato da angosce e disperazioni di Terrore Esistenziale per la Morte che … sgranava Loro i terribili suoi occhi di Gatto Graffiante Improbo…al cospetto dei loro visi inermi e tanto umili e buoni!
…Ed è,così,…che ogni loro testa barcollante ,…e come se fosse già penzolante da una forca ,…o sbattuta dalle onde impetuosamente vili di questo mare turchino solo nelle Favole inventate dai Padroni per i Pierini della Buona Borghesia,…io me la vedo immaginificamente …all’orizzonte del  Mare della mia Terrazza anch’essa tanto egoista e borghese…
…E soffro tanto…sempre…da sempre…il vomito delle colpe di tutti Noi Umani che,…purtuttavia ,…non riusciamo ad acchiappare il Mare della Prassi Etica e davvero Cristiana ,…e,…al massimo,…aggrappiamo i nostri sensi di colpa a parole come queste che finisco ora di scrivere su carta,…ma che faccio rimbombare sempre alte e senza remissione di peccati … “dentro”  la mia Coscienza che non riesco a riconoscere etica e cristianamente caritatevole e solidaristica,…per questo,…e da tempo;…anche se sempre alla ricerca della catarsi sublimante e teatrante di un francescanesimo impietosamente “consumistico” e “borghese a più non posso”… figlio,al postutto…, del Kantismo più bugiardo e vanitoso …sempre allo specchio delle forme e dei vezzi delle ideologie senza foglie e senza autentica antropologia di Passione per l’Umano autentico!
…E,…guardandomi allo specchio del mio Io Interiore Olistico…(non già a quello di mia moglie della Stanza da Letto!),…mi dico e mi chiedo con gli occhi bassi di Vergogna e di Irresistibile senso di Colpa…”se io sia davvero  un Umano degno del Cristo che pregavo puro e candido…prima di subire quello che ho subito e che qui nemmeno accenno,…perchè ovvio!”…

L. Ulickaja, In quel cortile di Mosca

Dai poveri della Russia ai cittadini del nuovo mondo

 di Antonio Stanca

ulickajaUna breve raccolta di racconti, In quel cortile di Mosca, della settantenne scrittrice sovietica Ljudmila Ulickaja è stata recentemente pubblicata dalla casa editrice E/O di Roma nella serie Tascabili con la traduzione di Raffaella Belletti. La Ulickaja è nata nel 1943 a Davlekanovo, Bashkiria, nella regione degli Urali, in una famiglia di intellettuali, è cresciuta a Mosca dove ancora vive, qui ha studiato e si è laureata in Genetica presso la Moscow State University. Agli inizi ha lavorato in un Istituto di ricerca genetica ma nel 1970 è stata licenziata e arrestata perché accusata di diffondere libri di autori russi e stranieri non condivisi dalla censura che allora vigeva in Russia. In seguito visse di stenti poiché, morti i genitori e separatasi dal primo marito, era rimasta senza lavoro e con due figli piccoli. Nel 1980 fu assunta come direttrice artistica al Teatro Ebraico di Mosca ed agli anni ’90 risale l’inizio della sua attività letteraria. Il romanzo breve Sonja, del 1995, è una delle sue prime opere, quella che la farà conoscere negli ambienti culturali non solo russi ma anche europei.    Da allora la produzione e la notorietà della Ulickaja andranno sempre crescendo. Diventerà autrice di romanzi, testi teatrali, racconti compresi quelli per bambini, sarà tradotta in molte lingue e numerosi saranno i premi conseguiti in ambito nazionale e straniero. L’immenso romanzo Daniel Stein, traduttore del 2006, costato tanto tempo e tanto lavoro all’autrice che vi scrive dell’Olocausto ed esorta ad una combinazione tra ebraismo, cristianesimo e islamismo, è stato un successo mondiale. La Ulickaja è considerata ormai una delle maggiori scrittrici contemporanee. Degni di nota sono anche i suoi interventi su giornali e riviste riguardo a questioni sociali ed i suoi progetti di carattere filantropico, di diffusione della cultura da attuare ovunque nel mondo ci sia bisogno tramite quelle istituzioni internazionali, UNESCO, Istituto di Tolleranza della Biblioteca Stabile di Letterature Straniere, Parlamento Culturale Europeo, delle quali è membro. Un’azione rivolta a promuovere l’incontro, lo scambio, la comunicazione tra società, culture, religioni, tradizioni, lingue diverse svolge la Ulickaja. Un’aspirazione è la sua al raggiungimento della libertà dell’individuo, alla realizzazione delle sue capacità, all’annullamento di ogni distanza e differenza, di ogni odio e violenza, alla formazione di un’umanità nuova perché libera e unita. E come la donna anche la scrittrice è mossa da questi intenti. Ovunque, nelle sue opere, si ritrovano situazioni difficili, di emarginazione, incomprensione, esclusione, povertà ed ovunque si spera di cambiare, di liberarsi dei problemi, di progredire. Sempre scrive in esse della Russia del passato prossimo, delle grandi rivoluzioni, delle guerre, del secondo dopoguerra, delle gravi condizioni sofferte da masse di popolazioni dimenticate tra le infinite distese delle steppe o tra l’orrore dei ghiacciai, della Mosca delle periferie invasa, dopo la seconda guerra mondiale, da proletari di ogni provenienza e vissuta nella miseria. Di queste zone ultime della sua nazione narra la scrittrice, di chi vi abita dividendo lo spazio di una stanza, il cibo, la legna, senza, però, rinunciare ad una propria dignità, a pensare, agire in modo esemplare. Figure eccezionali sono quelle della Ulickaja e generalmente sono figure di donne poiché le donne, nella Russia compresa tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, furono le vere protagoniste della vita familiare e sociale essendo stati gli uomini chiamati a partecipare ai tanti movimenti rivoluzionari ed alle guerre che in quel periodo si verificarono.

Ed ancora di donne dicono i racconti di In quel cortile di Mosca, di donne che, bambine, giovani, vecchie, sono nate, sono giunte, vivono in uno dei quartieri malfamati della capitale russa. Buchara, Ljalja, Bron’ka, Gulja, Genele, Zinaida sono le protagoniste delle brevi storie narrate. In ambienti poveri, tra case buie, cortili maleodoranti, vicoli ciechi, esse si svolgono e la scrittrice le riporta in ogni loro verità compresa quella sessuale, in ogni aspetto della vita privata e pubblica, nei rapporti tra vicini, nei problemi di sussistenza. Non si ferma in superficie, però, la Ulickaja, va in profondità, indaga nell’anima dei personaggi, nei segreti del loro spirito, dei loro pensieri, dei loro amori, dei loro corpi, ne coglie quanto si salva dallo scorrere del tempo e rimane a valere per sempre. Anche il corpo vale per la scrittrice perché anch’esso è una verità, anch’esso ha la sua importanza. E’ un elemento nuovo questo nella letteratura contemporanea e sarà stata la cultura da genetista della Ulickaja a farglielo considerare. Per lei la persona è anche corpo e le qualità, le capacità, la forza, la bellezza di questo sono valori che lo distinguono, gli procurano una dimensione superiore, ideale. Non poteva essere diversamente per una scrittrice che vuole risalire allo spirito da ogni materia, vuole giungere dai poveri della Russia ai cittadini del nuovo mondo, vuole fare della sua opera l’annuncio, il messaggio di tale rivoluzione. E tutti gli aspetti di un messaggio da estendere ovunque essa contiene anche perché è espressa in una lingua molto semplice, molto chiara, una lingua che sembra il riflesso naturale di quanto rappresentato, che mostra come nessuno sforzo richieda a chi la usa.

C. Poli, Rivoluzione a Scuola

rivoluzioneCorrado Poli, RIVOLUZIONE A SCUOLA. Come rendere felici e migliori insegnanti e allievi, Infinito Edizioni

Trent’anni d’insegnamento e di studio lontano dall’Italia e lo choc del ritorno su una cattedra nel nostro Paese sono all’origine di questo libro rivoluzionario, scritto come un’inchiesta giornalistica brillante e a tratti umoristica.

Forte della sua esperienza internazionale, l’autore spiega come potrebbe – e dovrebbe! – essere la scuola italiana se liberata da schemi rigidi, anche sindacali, e pregiudizi che ne impediscono ogni cambiamento. Poli passa sotto la lente del microscopio l’architettura degli edifici scolastici, la posizione geografica delle scuole sul territorio, l’ambiente, il comportamento di dirigenti, insegnanti, genitori e studenti, e lancia precise sfide per il futuro. Una nuova didattica e un rapporto inedito tra la scuola, gli insegnanti, gli studenti, il territorio, i sindacati e la politica è possibile. Qui, in modo divertente e approfondito, spieghiamo come.

“Dopo trent’anni la scuola non è cambiata: è necessaria una rivoluzione”

La scuola italiana? Un organismo che non si rinnova e che, anche attraverso il primo sciopero dell’anno scolastico indetto per venerdì 18, mostra tutte le sue crisi e fragilità. Le mette in luce Corrado Poli che, dopo anni di esperienze come insegnante negli Stati Uniti, torna dietro le cattedre italiane. “Rivoluzione a scuola” è un testo ricco di suggerimenti su come rivoluzionare la scuola sotto molteplici aspetti: non solo i programmi e gli orari delle lezioni, ma anche l’architettura degli edifici e l’ambiente circostante.
Gli esperimenti fatti in classe e le problematiche vissute in prima persona portano l’autore a sottolineare quali aspetti siano negativi nel rapporto con gli studenti. Gli insegnanti, inoltre, non sono più un’élite culturale a sé stante, ma devono reinventarsi sul nuovo contesto storico e sociale attuale, di cui fanno parte genitori e talvolta anche alunni già molto informati. Poli critica negativamente l’eccessiva attenzione sul “cosa” si debba insegnare, mentre pone l’accento su altri elementi più importanti: “come” si debba svolgere questa professione, e “chi” rappresenti il docente oggi: non un freddo e impersonale “strumento audiovisivo”, ma una persona felicemente conscia della propria importante vocazione.

Corrado, nel libro lei racconta del suo ritorno nel mondo della scuola a distanza di trent’anni. Quali sono state le sue prime impressioni rispetto all’ambiente che aveva lasciato?
Nulla mi sembrava cambiato! In gran parte eravamo persino gli stessi, solo più vecchi.

In che modo anche un edificio può condizionare l’educazione degli studenti?
Sono convinto che il rapporto tra scuola e territorio, tra scuola e ambiente sia una tematica molto importante e che seguo da sempre. Il luogo in cui si svolge il processo formativo esercita una funzione simbolica cruciale, anche dal punto di vista reale: il modo di stare in classe, di muoversi negli ambienti e utilizzare gli spazi influenza il rapporto tra cittadino e comunità. Se l’andare a scuola significa passare dalla libertà e dal benessere alla costrizione e alla povertà, l’idea che i giovani si fanno della società non è certo edificante. Molte scuole sono fatiscenti e sono edifici dall’aspetto povero e triste. Come si può pensare che ci si vada volentieri? O forse l’obiettivo è insegnare ai giovani che studiare (e vivere) è una sofferenza?

È un’utopia pensare che gli insegnanti siano felici della loro professione in modo da trasmettere agli studenti la loro passione?
Anzitutto, quella che lei chiama utopia è comunque necessaria per favorire il cambiamento. Quanto alla felicità, in qualsiasi contesto, se si lavora con piacere e passione si rende di più. Questo è ancora più vero per un “non-lavoro” come quello dell’insegnare!

Un non lavoro?
Certo! Insegnare può e deve essere una professione o una passione, persino un istinto innato! Se si tratta l’educazione dei giovani come un lavoro passivo si sbaglia in partenza. Non dobbiamo preoccuparci della produttività degli insegnanti, ma concentrarci sulla loro felicità, sulla loro disponibilità a trasmettere liberamente ciò che piace loro. Se trasmettono piacere e passione saranno anche efficaci nell’educare cittadini felici. Chi è felice impara, crea, produce. Non è questo il compito della scuola?

A. Contardi – M. Berarducci, Amicizia, amore, sesso: parliamone adesso

amiciziaAnna Contardi, Monica Berarducci
Amicizia, amore, sesso: parliamone adesso
Conoscere se stessi, gli altri, le proprie emozioni

Edizioni Erickson

– Si chiama “Amicizia, amore sesso, parliamone adesso” il quinto libro appena pubblicato da Erickson nella collana “Laboratori di Autonomia”, curata dall’Aipd (Associazione italiana persone Down). Presentato stamattina a Roma, il libro di Anna Contardi e Monica Berarducci affronta il delicato tema dell’educazione sessuale, “perché esiste un diritto alla sessualità anche per le persone con disabilità – ha spiegato Anna Contardi – Non è un problema ma una parte della nostra esistenza. Secondo noi esiste anche in questo argomento come sempre in educazione un orientamento alla massima autonomia. È necessario insegnare il sesso “buono” , per dare delle competenze che poi diventano una base solida anche per una riduzione di comportamenti inadeguati o rischiosi. Nel testo infatti viene trattato sia l’aspetto biologico ma anche quello relativo alle relazioni. Fondamentale nelle relazioni, sessuali e non, è un assunzione di responsabilità e una considerazione e un riconoscimento esplicito del proprio essere grandi”.
La coordinatrice Aipd ha poi sottolineato le scelte stilistiche, lessicali e grafiche del libro: “Il libro è scritto in Easy Reading, il linguaggio in alta comprensibilità che permette di scrivere testi facili da capire: il testo è tutto in stampatello, la scelta di parole comuni, attingendo al più possibile dal vocabolario di base. Le frasi sono molto brevi, non lunghe perifrasi, soggetto verbo e complemento. Ci siamo inoltre accorti che mancano per l’educazione sessuale materiali per gli adolescenti e per le persone con disabilità intellettiva. Servono materiali flessibili, abbiamo trovato utilissimo usare un approccio narrativo con storie e un ampio uso di immagini . Un altro criterio che abbiamo usato è stato quello di coinvolgere divertendo, con realismo e adeguatezza all’età. E’ importante non dare ricette ma aiutare a ragionare, ad esprimere opinioni, a imparare a scegliere”.
Monica Berarducci, l’altra autrice ha spiegato: “Strumento di lavoro utile per affrontare il tema il libro non è solo rivolto ai ragazzi e agli adolescenti ma anche ad operatori, insegnanti e famiglie. Il primo argomento affrontato è stato come siamo fatti, uomini e donne. Un primo approccio all’ anatomia, per poi passare al fare l’amore, il sesso e il rapporto con l’altro. Si passa poi al tema dell’essere toccati e del toccare, quando e come farlo. Non solo come rispettare se stessi e il proprio corpo ma anche come rispettare gli altri. Quello del toccare, della gestualità è un tema quotidiano, molto importante perché fa parte di un modo di comportarci e rapportarci con l’altro che ci fa percepire come persone adulte. Poi si parla di amore e amicizia, si da ampio spazio a immagini ed esempi. Il capitolo conclusivo raccoglie le domande principali che in questi anni ci sono state realmente rivolte. Il libro serve per informare, capire, dare significato, percepirci adulti e vivere come tali, stare bene con se stessi e con gli altri”.
“Questo testo è molto utile – ha affermato Lucia De Anna, Lucia De Anna, professore ordinario di Pedagogia speciale all’Università degli Studi di Roma ‘Foro Italico’. – dal punto di vista pedagogico. Fortemente educativo alla relazione con l’altro diventa un elemento fondamentale dell’inclusione. Si diffonde sempre di più un’attenzione al corpo e al suo benessere ed è importantissimo iniziare i giovani alla conoscenza del proprio corpo e capirlo. L’educazione alla sessualità non si può costruire senza conoscerlo. Questo tipo di impostazione è utile a tutti, non solo alle persone con disabilità intellettiva, perché aiuta ad apprendere attraverso una metodologia”.
Mariella Marcelli, della Consulta cittadina permanente Consultori familiari del comune di Rom,a ha concluso gli interventi: “Questo testo è per tutti i giovani e per tutti gli operatori e ci interroga sulle tre parole chiave, sessualità, rispetto, accoglienza. Questi tre temi contengono tutto, chi siamo, farsi specchio, guardare per accogliere e per scoprire e poi l’atteggiamento da tenere con gli altri. Come possiamo accogliere meglio? Con 50 consultori raggiungiamo circa 50mila studenti nel Lazio, tra i 15 e i 19 anni circa il 15% della popolazione giovanile. Promuoviamo salute, educazione all’affettività, contraccezione. A Roma ci sono due consultori adolescenti, 30 hanno uno spazio privilegiato. Per noi è importante dare continuità alle iniziative che promuovono la salute sessuale, migliorare l’accoglienza, la comunicazione e il linguaggio per le persone con disabilità e per le persone straniere”.

P.L. Coda, La diagonale stretta

coverdiagonale002Pier Luigi Coda, La diagonale stretta, Effatà, Cantalupa Torino

Titolo; “La Diagonale Stretta”; si riferisce a uno dei colpi più comuni e spettacolari che sono utilizzati nel gioco della pallavolo.

Background; un’anonima città italiana, poi Oxford, Losanna, il Lago Lemano, Évian, una scappata a Stoccolma e, sullo sfondo, il gioco della pallavolo con i suoi miti storici (i grandi campioni italiani degli anni 90) e l’attrazione del suo fascino.

Sintesi; Pierre è un ragazzino ai primi anni delle Superiori, ha un solo desiderio, diventare un giocatore di pallavolo, sport per il quale evidenzia, oltre a una grande passione, uno spiccato talento. Non sono dello stesso avviso i genitori, specie il padre che per il figlio prospetta un brillante avvenire all’interno della propria azienda familiare. In tale ottica vuole che impari le lingue straniere e gli impone di completare i suoi studi in Inghilterra, a Oxford dove, per altro, aveva già studiato la madre. Pierre si oppone, cerca di sottrarsi al volere del padre, ma questi insiste finché Pierre, messo alle strette, decide di partire ma non per Oxford bensì per Losanna, città di cui non conosce nulla. Qui, incomincia la vera storia: un mondo da scoprire, le difficoltà linguistiche e ambientali, le amicizie che si lasciano e quelle che si formano, gli incantamenti, le suggestioni dei primi sobbalzi emotivi e del cuore.

Tematiche: Il vivere dei giovani oggi, le incomprensioni con i genitori, i silenzi, l’assenza di rapporti, i dissapori familiari che rendono ancora più complessa e difficile la loro esistenza. Le contrarietà con la sorella ma anche i filamenti che uniscono nei momenti difficili. E poi, la costruzione di una nuova realtà, gli “sballi”, le bravate notturne, la scoperta di amicizie vere, il problematico inserimento in una nuova squadra di pallavolo e l’ostile, opportunistica, diffidenza del nuovo allenatore… e poi il finale a sorpresa.

Forma, Linguaggio e Punteggiatura; la scelta narrativa è sotto forma di diario/racconto; il linguaggio è, in prevalenza,  quello corrente e dialogato dei ragazzi d’oggi, ovviamente piuttosto “colorito”. Non si dimentichi che l’ambiente familiare è quello di una media/alta borghesia intellettuale e imprenditoriale.  La forma letteraria privilegia, per quanto possibile, la discorsività e le espressioni della lingua parlata.

Tempi verbali; per dinamicità narrativa si è ritenuto opportuno raccontare al passato gli avvenimenti della storia e al presente le riflessioni personali del protagonista. Solo l’ultimo capitolo relativo alla partita di play off viene gestito col presente , come fosse una radiocronaca/telecronaca in tempo reale.

Target; giovani e genitori, trattandosi di un testo che affronta temi di attualità sociale sentiti e discussi. Tra l’altro non si deve dimenticare che la pallavolo in Italia è un gioco popolare e vissuto da ragazzi e ragazze con molta partecipazione; i palazzetti dove si gioca, soprattutto in serie A1 e A2 sono sempre affollati da spettatori di ogni età e sesso.

E’ sempre guerra

E’ sempre guerra

di Antonio Stanca

guerraLa seconda guerra mondiale aveva sconvolto l’opinione pubblica e quella degli osservatori di fenomeni sociali per i disastri che aveva provocato alle persone e alle cose in un’epoca ormai moderna, in un tempo che aveva raggiunto livelli di sviluppo politico, sociale, economico molto elevati, in una fase della storia dove la scienza, le sue scoperte, le sue conquiste, le sue applicazioni erano inarrestabili, in un momento in cui gli ambienti privati e pubblici erano stati decisamente rinnovati e il pensiero, la morale, il costume, la cultura erano divenuti partecipi di una nuova atmosfera. Quell’umanità, quella vita, quel mondo che sembravano destinati a vivere solo di bene erano stati costretti a sopportare, soffrire assurde, incredibili forme di male quali appunto gli orrori di quel conflitto. Ed è successo pure che mentre alcuni di essi sono rimasti ancora inspiegati, ingiustificati altri si sono aggiunti nei tempi seguenti e si aggiungono oggi quando lo stato di civiltà è più progredito. Il fenomeno è continuato, quegli orrori non sono stati gli ultimi e tra i più recenti rientrano quelli legati alle tristi vicende dei popoli asiatici e africani. Ai nostri giorni nei loro territori si compiono attentati, si combatte, si uccide, si fa guerra e non solo nei deserti ma anche nelle zone abitate, tra strade asfaltate, negozi, persone che svolgono il proprio lavoro quotidiano. Accanto a chi sta in casa, in ufficio c’è chi uccide e con una ferocia che non conosce precedenti. Fallita sembra quell’aspirazione, tanto perseguita in passato in ambito politico, sociale, culturale, ad una modernità capace di eliminare le rivalità e favorire la comprensione, la comunicazione, lo scambio, il progresso materiale e morale, la civiltà. In certe zone del mondo moderno non è ancora maturata la tendenza a risolvere un problema tramite il confronto, il dialogo perché non si è ancora disposti a rinunciare alle proprie ambizioni e si preferisce lo scontro. E’ una situazione difficile da spiegare, una situazione che sa di antichità e della crudeltà, della ferocia che l’hanno caratterizzata nei rapporti tra popoli o all’interno di un popolo.

Dovrebbe essere l’attuale condizione di progresso, di emancipazione vissuta da molti paesi occidentali a non ammettere simili manifestazioni, a cercare di diffondere, estendere ovunque principi, regole che le condannino e per sempre. Succede, però, che altri interessi si sovrappongano nei rapporti con quei popoli e che solo al momento della guerra, della morte si parli di pace, di vita. Soltanto quando sono alle armi si pensa ad avviare il dialogo con loro. Va pure osservato che alcuni di essi da tempo sono inseriti in contesti internazionali, che i loro territori dispongono di risorse tali che li hanno fatti partecipi di società, di gruppi economici, commerciali molto ampi e che questo ha favorito un loro ammodernamento. Ma si è trattato di un fenomeno soltanto esteriore, limitato alle strutture esterne, ai mezzi da usare, di un fenomeno che si è aggiunto a quanto esisteva e lo ha lasciato immutato, non ha interessato la condizione morale, i modi di vivere, di pensare, la cultura. Sono questi gli aspetti  che devono cambiare perché si raggiunga una nuova società, una nuova vita. E’ un processo lungo, avviene lentamente ma se da parte di chi lo dovrebbe avviare si attendono particolari momenti per farlo, per ridurre le distanze, le differenze, queste rimarranno e diventeranno maggiori.

In certi posti una religione, una fede, una convinzione politica, un problema di territorio, di confine, di protettorato, un capo, i suoi fanatismi, possono indurre a commettere azioni gravissime quali attentati sanguinari, ad intraprendere guerre lunghissime anche contro i potenti, a provocare un numero incalcolabile di vittime e di conseguenze per la popolazione. Sono comportamenti molto gravi soprattutto perché rientrano nella mentalità della gente di quei posti, sono accettati, voluti, cercati da essa. Né si può pensare di correggerli, eliminarli se non s’inizia una vasta operazione volta ad incontrare quella gente, ad educarla, formarla, a creare un comune patrimonio di principi, valori, verità, idealità. E’ assurdo pensare che oggi in alcune parti del mondo si sia convinti che bisogna combattere, uccidere e in altre si viva senza problemi, che civiltà e barbarie, pace e guerra, bene e male possano stare insieme  e non incontrarsi.

Inquietante è tutto questo anche perché non lascia prevedere quando finirà.