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Nota 4 maggio 2010, Prot. n. A00DGPER. 4738

Oggetto: Organico di diritto del personale docente di religione cattolica per l’a.s. 2010/2011

Dipartimento per l’Istruzione

Direzione Generale per il Personale Scolastico – Ufficio IV

Si comunica che dal 6 maggio c.a. sono disponibili per le istituzioni scolastiche le funzioni per l’acquisizione dei dati di organico del personale docente di religione cattolica ai seguenti nodi:

ORGANICO DI DIRITTO \ INFANZIA \ ACQUISIZIONE DATI \ RILEVAZIONE CONSISTENZA INSEGNAMENTO RELIGIONE CATTOLICA

ORGANICO DI DIRITTO \ PRIMARIE \ ACQUISIZIONE DATI \ RILEVAZIONE CONSISTENZA INSEGNAMENTO RELIGIONE CATTOLICA

ORGANICO DI DIRITTO \ SCUOLE SECONDARIE DI PRIMO GRADO \ ACQUISIZIONE DATI \ RILEVAZIONE CONSISTENZA INSEGNAMENTO RELIGIONE CATTOLICA

ORGANICO DI DIRITTO \ SCUOLE SECONDARIE DI SECONDO GRADO \ ACQUISIZIONE DATI \ RILEVAZIONE CONSISTENZA INSEGNAMENTO RELIGIONE CATTOLICA

Le funzioni sono descritte nel manuale utente relativo all’ordine scuola corrispondente disponibile nel portale SIDI.

Le funzioni saranno rilasciate alle istituzioni scolastiche fino alla chiusura del collegamento del 10 giugno. A partire dal 14 giugno e fino al 21 giugno, le funzioni saranno disponibili agli Uffici territorialmente competenti per le opportune verifiche.

I Direttori Generali Regionali sono pregati di sensibilizzare le istituzioni scolastiche ed gli Uffici territoriali di competenza in merito alla conclusione delle operazioni entro le date previste.

Infatti, solo alla totale conclusione delle procedure sopra esposte si potrà emanare il decreto interministeriale sulla consistenza degli organici per l’insegnamento della religione cattolica relativi all’a.s. 2010/2011.

IL DIRETTORE GENERALE

F.to Luciano CHIAPPETTA

Nota 18 marzo 2010, Prot. n. AOODGPER 2968

Oggetto: Trasmissione dell’O.M. n.29 del 18 marzo 2010 prot. n. AOODGPER 2967 relativa alla mobilita’ del personale docente di religione cattolica per l’a.s. 2010/2011

Direzione Generale del personale scolastico –

Uff.IV

Per opportuna conoscenza e norma, al fine di predisporre i necessari adempimenti da parte degli uffici competenti, si trasmette, in allegato alla presente, copia dell’Ordinanza ministeriale n. 29 del 18 marzo 2010 prot. n. AOODGPER 2967, in corso di registrazione, concernente norme di attuazione del contratto integrativo in materia di mobilità del personale, docente, educativo e A.T.A. sottoscritto il 16.2.2010.

Si provvederà a dare tempestiva comunicazione della data di registrazione dell’O.M. suddetta.

Si pregano gli uffici competenti di dare la massima diffusione dell’ O.M. e di comunicare agli uffici interessati che la medesima può essere consultata ed acquisita sul sito Internet e sulla rete Intranet del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Si richiama l’attenzione degli uffici in indirizzo sulla circostanza che il primo anno del triennio per l’attribuzione del punteggio per la continuità ai docenti di religione cattolica decorre a partire dall’a.s. 2009/2010. Pertanto i docenti interessati potranno fruire di tale punteggio – per la prima volta – nelle domande di mobilità per l’a.s. 2013/2014.

Si ribadisce che, ai fini della qualificazione necessaria per l’insegnamento della religione cattolica, l’ultimo anno utile per il conteggio del quinquennio di cui all’art. 4 comma 6 è l’a.s. 1985/86.

Si ritiene utile, infine, sottolineare che le domande di mobilità devono essere presentate dal personale docente di religione cattolica interessato dal 15 aprile al 17 maggio 2010.

IL DIRETTORE GENERALE

f.to – L. Chiappetta –

Ordinanza Ministeriale 18 marzo 2010, n. 29

Nota 18 marzo 2010, Prot. n. AOODGPER 2969

Oggetto: O.M. n.29 del 18 marzo 2010 prot. n. AOODGPER 2967 sulla mobilita’ degli insegnanti di religione cattolica per l’anno scolastico 2010/2011

Direzione Generale del personale scolastico –

Uff.IV

Si prega di voler curare, urgentemente, la diffusione, attraverso il sito Internet e la rete Intranet, dell’O.M. n.29 del 18 marzo 2010 prot. n. AOODGPER 2967 corredata dei relativi allegati, concernente la mobilità degli insegnati di religione cattolica per l’a.s. 2010/2011, nonchè della nota con la quale vengono trasmessi gli atti in questione e fornite indicazioni agli uffici interessati.

IL DIRETTORE GENERALE

f.to – L. Chiappetta –

Nota 21 gennaio 2010, Prot.AOODGOS n.427

Oggetto: CM n. 4/2010. Attivita’ alternative all’insegnamento della religione cattolica. Chiarimenti

Dipartimento per l’Istruzione

Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per l’Autonomia Scolastica

In relazione a quesiti pervenuti, si conferma che, come negli scorsi anni, l’Allegato D della CM n. 4 del 15 gennaio 2010, sulle iscrizioni per l’anno scolastico 2010-2011, relativo alla scelta di avvalersi o di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, va compilato al momento dell’iscrizione alla classe iniziale.

L’Allegato E della medesima circolare, relativo alla scelta tra le attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, va compilato entro l’avvio delle attività didattiche in relazione alla programmazione di inizio d’anno da parte degli organi collegiali.

Si precisa inoltre che le scelte alternative all’insegnamento della religione cattolica, previste dall’Allegato E, costituiscono il numero minimo di opzioni che la scuola offre agli alunni.

IL DIRETTORE GENERALE

Mario G. Dutto

Sentenza TAR Emilia-Romagna 17 giugno 1993, n. 250

Sentenza TAR Emilia-Romagna 17 giugno 1993, n. 250

Presidente ed Estensore Sinagra

Chiesa Evangelica metodista di Bologna e altri (avvocato Virgilio) contro Circolo di Vergato ed altri (avvoc. Stato Zito) e Nicosia e altri (avvocati Chirco, Dani, Fanzini, Mazzone, Solazzi, Valgimigli e Virgilio).

DIRITTO

La fattispecie, nella sua apparente complessità poiché per qualche ambito riguardante i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, si risolve tuttavia rapidamente con la lettura e la corretta applicazione dell’art. 6 secondo comma lett. d) ed f) del D.P.R. 31 maggio 1974 n. 416 sulla istituzione di organi collegiali nelle scuole statali.
Questa norma della legge delegata affida alla competenza dei consigli di circolo o di istituto di deliberare sulla programmazione e sulla attuazione di attività extrascolastiche, facendo specifico e sostanzialmente escludente riferimento ai corsi di recupero e di sostegno, alle libere attività complementari, alle visite guidate e ai viaggi di istruzione.
Nonché alle attività culturali, sportive e ricreative, riconosciute di particolare interesse educativo.
Deve riuscire evidente, se non si vogliano fare forzature al dettato della legge, che in nessuna delle indicate attività potrebbero mai rientrare concettualmente la celebrazione di liturgie o riti religiosi o il compimento di atti di culto o comunque le pratiche religiose.
Non è necessario alcun altro commento, tanto sono chiari la significazione lessicale delle attività menzionate dalla legge e il concetto di atto di culto o di pratica religiosa.
Lo Stato italiano, pur se non indifferente rispetto al fenomeno religioso, riafferma la propria laicità nell’art. 7 della Costituzione laddove «lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».
I loro rapporti sono regolati dai patti lateranensi, cioè da accordi internazionali che, come tali, entrano a far parte dell’ordinamento interno italiano solo in virtù di leggi di esecuzione.
Leggi quindi ordinarie che come tali non possono porsi in contrasto con i principî e i precetti della Costituzione dello Stato.
La legge ordinaria che ratifica e dà esecuzione alle modifiche al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, concordate il 18 febbraio 1984, è la legge 25 marzo 1985 n. 121 che, all’art. 9, riafferma il principio fondamentale della libertà della scuola e l’esigenza del rispetto delle previsioni costituzionali.
Assicura poi l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali, muovendo dal riconoscimento del valore della cultura religiosa e dalla considerazione che i principî della religione cattolica fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano.
Questa disposizione di legge giova sicuramente alla comprensione delle relazioni fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica e perciò delle loro reciproche posizioni.
Intanto, se certamente l’insegnamento della religione è cultura religiosa (e soltanto esso lo è), altrettanto certamente gli atti di culto, le celebrazioni di riti e le pratiche religiose non sono “cultura religiosa”, ma essi sono esattamente il colloquio rituale che il credente ha con la propria divinità, un fatto di fede individuale quindi e non un fatto culturale.
E infatti lo Stato italiano assicura l’insegnamento scolastico della religione cattolica, proprio perché riconosce il valore della cultura religiosa e insieme che i principî in particolare della regione cattolica sono parte del patrimonio storico del popolo italiano.
Al di là però dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole dello Stato, non è consentito andare: pertanto, ogni altra attività, squisitamente religiosa (atti di culto, celebrazioni) non è prevista e non è consentita nelle aule scolastiche e meno ancora in orario di lezione e in luogo dell’insegnamento delle materie di programma.
Immaginare che il compimento di atti di culto possa rientrare nella categoria e nel quadro delle attività extrascolastiche, oltre a configurare una evidente violazione della legge, significa voler fare entrare dalla finestra ciò che non si può fare entrare dalla porta.
Del resto, la norma concordataria sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali, divenuta norma del diritto nazionale in virtù della legge di esecuzione, deve ritenersi norma di carattere eccezionale rispetto al principio della laicità dello Stato italiano enunciato dal primo comma dell’art. 7, della Costituzione. E perciò deve ritenersi norma di stretta interpretazione.
Così da non consentire, per una pretesa analogia, di ricomprendervi attività assolutamente a esso non attinenti, quali il compimento di atti di culto o la celebrazione di riti religiosi.
Gli atti di culto e le celebrazioni religiose si compiono unicamente nei luoghi a essi naturalmente destinati, che sono le chiese e i templî e non nelle sedi scolastiche, in sedi cioè improprie e destinate alle attività didattiche e culturali, finalità appunto della scuola (art. 9 della legge n. 121) e alla attività educativa di essa.
Diversamente ragionando, assisteremmo a una vera interferenza della Chiesa nell’attività dell’istituzione statale, esclusa e non consentita dalla Costituzione.
Un’interferenza che addirittura elimina l’insegnamento della materia curriculare e la normale ora di lezione, a essa sostituendo un atto di culto o la celebrazione di un rito religioso o una visita pastorale, che nulla hanno a che fare con la formazione scolastica dello studente e con la didattica scolastica e che nulla hanno a che fare neanche con l’insegnamento della religione.
La Chiesa è libera di svolgere queste attività nelle scuole che essa stessa istituisce; non può però svolgerle nelle scuole dello Stato e nell’ambito di esse, e gli organi pubblici che questo consentano commettono senza dubbio una illegittimità.
Ma il fatto più notevole e più antigiuridico è che le pratiche religiose e gli atti di culto, a torto ritenuti attività extrascolastiche (ma la erronea qualificazione è chiaramente strumentale) abbiano luogo e svolgimento in orario scolastico, cioè negli orari destinati alle normali lezioni, all’insegnamento cioè delle materie oggetto dei programmi della scuola statale. E vengano perciò previsti in luogo e in sostituzione delle normali ore di lezione.
Questo soprattutto è l’aspetto di illegittimità per violazione e falsa interpretazione e applicazione della legge (art. 6 secondo comma lett. d) ed f) del D.P.R. 31 maggio 1974 [1] n. 416) delle impugnate deliberazioni dei consigli di circolo di Vergato e di Bologna.
Il Tribunale così perviene alla decisione di merito, negando validità alle eccezioni pregiudiziali sollevate dalla Avvocatura dello Stato; per riconoscere nei ricorrenti l’interesse all’impugnazione basterà considerare che in una situazione di adesione, anche di un solo studente o anche di un solo docente alla celebrazione del rito religioso o al compimento dell’atto di culto o alla visita pastorale, durante le normali ore di lezione, avverrebbe che lo studente aderente rinuncerebbe all’insegnamento di una materia curriculare – e non potrebbe neanche farlo – oppure, nel caso di allontanamento dalla classe del docente, si avrebbe lo stesso effetto per tutti gli studenti della classe, i quali verrebbero così privati dell’insegnamento della materia per quell’orario prevista nel calendario scolastico.
E quand’anche il docente venga da altro docente non aderente sostituito, ne deriverebbe la lezione di una diversa disciplina e in ogni caso un fatto interruttivo del metodo normale di insegnamento o non in armonia con lo stato di svolgimento del programma quale tenuto dal docente della classe.
In ogni caso un turbamento e un disordinamento, un intralcio e un pregiudizio all’ordinato e normale andamento dell’attività scolastica, formativa ed educativa, con ovvio, evidente danno per la formazione culturale degli studenti, che è la primaria finalità della scuola.
E non può certo dubitarsi che i genitori degli studenti abbiano interesse a che i giovani, per questo fine appunto mandati a scuola, ricevano dagli insegnanti, cioè dalle loro fonti istituzionali di istruzione, quella istruzione e quel bagaglio culturale che servirà loro nella vita e nelle realizzazioni future. E non ne siano invece distratti da attività e pratiche in nessun modo attinenti alla vita e alle attività della scuola, anzi a esse del tutto estranee.
Certamente anche il Comitato bolognese “Scuola e Costituzione”, le cui finalità si colgono immediatamente dalla stessa sua denominazione, ha, come associazione al fine specifico diretta, effettivo e innegabile interesse alla impugnazione, per motivi sostanzialmente coincidenti con quelli dei genitori degli studenti.
Qui non si tratta di garantire agli studenti o ai professori la facoltà di non partecipare al compimento degli atti di culto e alle pratiche religiose – facoltà dalle impugnate delibere assicurata – il problema è a monte ed è un altro: l’illegittimità delle deliberazioni dei consigli di circolo sta, esattamente e fondamentalmente, nell’avere consentito l’inserimento, al posto delle normali ore di lezione, di attività del tutto estranee alla scuola e alle sue finalità istituzionali. Un fatto oggettivo che resta, ovviamente, tale nella sua antigiuridicità, anche se si prevede la facoltà di studenti e docenti di non partecipazione.
L’assicurazione di questa facoltà non elimina, come è evidente, il fatto obiettivo del turbamento e dello sconvolgimento del normale e ordinato andamento della vita e dell’attività scolastica conseguente e consistente nella soppressione, non importa se anche limitata a una sola unità, dell’ora di ordinario insegnamento e nella previsione, in luogo di essa, della effettuazione di un’attività affatto estranea alle finalità e alla vita della scuola statale. Di un atto di fede che si compie nei templî a ciò destinati e nel foro interno della propria coscienza e non certo nelle sedi e negli ambiti scolastici.
Un’alterazione e un sovvertimento del normale e previsto andamento scolastico e del funzionamento della scuola con reale nocumento per lo studio e la formazione degli studenti, nel che appunto sta la illegittimità delle impugnate deliberazioni.
I ricorsi, infine, non andavano notificati alla Chiesa cattolica la quale nella fattispecie processuale non è presente quale istituzione, bensì quale Entità spirituale, come tale priva di una sua soggettività giuridica e di un non riconoscibile controinteresse.
Per quanto detto, le deliberazioni dei consigli di circolo impugnate coi ricorsi giurisdizionali, sono illegittime per violazione della legge e vanno per conseguenza annullate.
Dall’annullamento va esclusa la impugnata circolare ministeriale la quale, presentandosi come un atto dal contenuto e dalla finalità soltanto interpretativi; non ha attitudine lesiva delle posizioni soggettive dei ricorrenti.
I ricorsi giurisdizionali vanno dunque accolti, con l’annullamento delle impugnate deliberazioni dei consigli di circolo di Vergato e di Bologna, siccome affette da illegittimità per violazione e falsa interpretazione e applicazione della legge, precisamente dell’art. 6 secondo comma lett. d) ed f) del D.P.R. 31 maggio 1974 n. 416.
Stima il Collegio che le spese di giudizio vadano compensate tra le parti.

Circolare Ministeriale 18 gennaio 1991, n. 9

Circolare Ministeriale 18 gennaio 1991, n. 9

Oggetto: Sentenza della Corte costituzionale n. 13 dell’ 11-14 gennaio 1991. Istruzioni applicative.

La Corte Costituzionale, chiamata a decidere una seconda volta della legittimità costituzionale dell’ art, 9, comma 2, della legge 25 marzo 1985, n. 121 e del punto 5 lettera b), comma 2 del relativo protocollo addizionale, ha anzitutto precisato che resta ferma lo ratio della precedente sentenza n. 203 del 1989 «nel senso che l’insegnamento della religione cattolica, compreso tra gli altri insegnamenti del piano didattico, con pari dignità culturale, come previsto nella normativa di fonte pattizia, non è causa di discriminazione e non contrasta – essendone anzi una manifestazione – col principio supremo di laicità dello Stato» e ha concluso affermando, sulla base di tale considerazione, che «quanto alla collocazione dell’insegnamento neIl’ ordinario orario delle lezioni. nessuna violazione dell’ art, 2 della Costituzione è ravvisabile».
La Corte ha quindi circoscritto il ‘thema decidendum’, in ordine alla questione sollevata, attorno alla portata dello ‘stato di non obbligo’ degli studenti che scelgono di non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica.
La Corte ha chiarito che per quanti decidono di non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica, lo schema logico non è quello dell’ obbligazione alternativa: per i predetti si determina «uno stato di non-obbligo», Ha, quindi. ritenuto che i moduli organizzativi predisposti dall’amministrazione scolastica per corrispondere al non obbligo, consistenti in:
a) attività didattiche e formative;
b) attività di studio e/o ricerca individuale con assistenza di personale docente;
c) ‘nessuna attività’, intesa come libera attività di studio e/o ricerca senza assistenza di personale docente, non siano per il momento esaustivi residuando il problema se lo ‘stato di non obbligo’ possa avere tra i suoi contenuti anche quello di non presentarsi o allontanarsi dalla scuola, In proposito la Corte chiarisce che sotto il profilo considerato l’esercizio della libertà di religione è garantito con il diritto di scelta se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica e che le varie forme di impegno scolastico offerte dall’organizzazione scolastica alla libera scelta dei non avvalentisi non hanno, quindi, più alcun rapporto con lo libertà di religione, ma attengono alle modalità organizzative della scuola.
Ne consegue, come sottolinea lo Corte, che «alla stregua dell’attuale organizzazione scolastica è innegabile che lo stato di non obbligo può comprendere, tra le altre possibili, anche lo scelta di allontanarsi o di assentarsi dall’edificio della scuola».
Sulla base di tali principi affermati dalla Corte Costituzionale resta confermata lo piena legittimità della «collocazione dell’insegnamento nell’ordinario orario delle lezioni», con lo conseguenza che nella formazione del quadro-orario l’insegnamento stesso sia collocato anche in ore intercalari, così come è per le altre discipline scolastiche, in relazione a criteri di buon andamento della scuola che implicano l’ottimale distribuzione delle diverse discipline sotto il profilo didattico e lo migliore utilizzazione del personale docente.
D’altro canto deve essere offerta ai non avvalentisi anche lo scelta di allontanarsi o di assentarsi dall’edificio scolastico, in aggiunta alle altre possibilità che l’organizzazione scolastica aveva già proposto con le precedenti circolari n. 188 del 25-5-1989 e n. 189 del 29-5-1989.
È questo l’aspetto nuovo in ordine al quale con lo presente circolare si dettano i seguenti criteri di organizzazione in relazione al parametro di cui all’art. 97 della Costituzione e ai principi che regolano l’azione amministrativa.
L’ulteriore scelta offerta agli studenti non avvalentisi di allontanarsi o di assentarsi dall’edificio della scuola va dunque regolata in base ai seguenti fondamentali criteri:
a) quello attinente alle esigenze di buona organizzazione;
b) quello attinente alla responsabilità della pubblica amministrazione che ha il dovere di vigilanza sugli alunni con particolare riguardo a quelli minori degli anni diciotto.
Sotto il primo profilo è chiaro che l’organizzazione della scuola non consente scelte episodiche, discontinue e disordinate.
È quindi necessario che lo scelta in relazione a una sola delle quattro possibilità offerte vada operata una sola volta all’inizio dell’anno scolastico e valga per tutta lo sua durata.
Per quanto concerne l’anno scolastico in corso, ferma restando l’attuale articolazione dell’orario delle lezioni, in relazione alla immediata efficacia della sentenza della Corte va rivolto interpello a coloro che all’inizio dell’anno hanno dichiarato di non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica per eventualmente modificare lo scelta già operata in relazione alla nuova possibilità offerta di allontanarsi o di assentarsi dall’edificio scolastico.
La dichiarazione va fatta dall’avente diritto e cioè:
a) direttamente dallo studente, se maggiore di anni diciotto;
b) direttamente dallo studente, anche se minore, che
frequenti un istituto di scuola secondaria superiore (legge 18-6-1986, n. 281);
c) dal genitore o da chi esercita lo potestà per gli alunni della scuola materna, elementare e media, se minori degli anni diciotto.
Affinché si verifichi lo cessazione del dovere di vigilanza dell’ amministrazione ed il subentro della responsabilità del genitore o di chi esercita lo potestà è necessario che nella ipotesi sub b) lo dichiarazione dello studente di allontanarsi o di assentarsi dall’edificio scolastico sia controfirmata dal genitore o da chi esercita lo potestà e che in entrambe le ipotesi sub b) e sub c) il genitore o chi esercita lo potestà dia puntuali indicazioni per iscritto in ordine alle modalità di uscita dell’alunno da scuola.