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Il curricolo digitale

Il curricolo digitale

di Stefano Stefanel

         L’emergenza per il Coronavirus ha portato allo scoperto un tema (che presenta molti aspetti: didattica a distanza, comunità virtuale, scuola attraverso il cloud, smart school, smart working, ecc.), che stava prendendo una strada priva sbocco, cioè quella della contrapposizione tra libri e web. Le norme prodotte in funzione dell’emergenza per il Coronavirus mettono nero su bianco, in maniera anche un po’ confusa, metodologie e possibilità che già c’erano e che qualcuno stava già sfruttando. Sui social poi sono fiorite le testimonianze delle varie comunità scolastiche virtuali nate a seguito dell’emergenza o che già si stavano sviluppando. Così il dibattito su libri e web è tornato, ma sotto mentite spoglie, con il web che dimostra come possa essere utile e utilizzato, fermo restando che a casa e a scuola si possono continuare a leggere anche i libri.

         Io credo non sia possibile percorrere la china che ha preso, nel frangente dell’emergenza, una parte del dibattito sulla scuola italiana e vada riaffermato un principio cardine molto semplice: è necessario e fondamentale che le scuole si dotino di curricoli digitali che siano di supporto al curricolo d’istituto o che interpretino in forma autonoma il digitale. Non si possono improvvisare classi virtuali, chat didattiche, cloud più o meno operativi o lezioni su you tube senza prima aver predisposto un lavoro progettuale frutto di ricerca e innovazione e ricerca sull’innovazione.

         Il Miur ha finanziato nel 2016 per quasi due milioni di euro progetti nazionali per la redazione di Curricoli digitali: da quell’autunno del 2016 ci sono voluti tre anni per arrivare nel novembre del 2019 ad individuare i vincitori di quei progetti, che stanno aspettando (sempre da novembre) che vengano accreditati i fondi e autorizzate le spese per iniziare i progetti. Troppo tempo dunque e tutto troppo lento pur in presenza di soldi e di volontà. Però anche un monito: non si producono didattiche alternative in poco tempo e soprattutto non le si producono durante un’emergenza. Il processo progettuale deve essere graduale, ma non lento, innovativo ma non necessariamente rivoluzionario, attento alle esigenze degli studenti e dei docenti, collegato a device e a software facilmente utilizzabili, economici ed anche abbastanza sicuri da intrusioni.

         Se la contrapposizione tra libri e web mi sembra una contrapposizione sterile che mette in secondo piano quello che è l’elemento centrale della scuola e cioè lo sviluppo armonico dell’apprendimento dello studente, lanciarsi in improbabili esperimenti a seguito della chiusura per una settimana delle scuole (in alcune regioni di meno, perché tre giorni di chiusura erano già previsti per Carnevale) significa avere in spregio la pedagogia, non conoscere la multimedialità, sottostimare il processo di apprendimento. Esiste un passaggio eccezionale dell’Iliade che ci viene in aiuto. Achille si è ritirato sulle navi e i Mirmidoni non combattono più. Ettore fa uscite le truppe da Troia e incalza gli Achei che combattono con i piedi in acqua tanto avanti sono arrivati i troiani. Escono allora in battaglia i due Ajace che respingono i troiani combattendo appaiati e avanzando insieme, ma con metodologie diverse: Ajace Telamonio combatte e avanza da solo, poi si ferma a riposare e i suoi uomini tengono la posizione che ha conquistato; Ajace Oileo invece avanza mentre i suoi uomini da dietro tirano frecce sui troiani in sincronia con i suoi movimenti. Scrive Omero che i due eroi mitologici avanzano insieme come buoi in un campo da arare e i troiani indietreggiano. Diverse metodologie, un unico traguardo. Ma anche un’altra cosa: precisione millimetrica di tempi e spazi, sincronia, fiducia nel vicino: tutte cose necessarie per frenare l’avanzata di Ettore, ma anche per mettere a punto una didattica efficace e non solo efficiente.

         Per prepararsi a uscire in battaglia contro Ettore e in una situazione drammatica non si può improvvisare o sperimentare, bisogna mandare fuori i migliori perché loro sanno come si fa. E lo sanno perché le loro competenze vengono da molto lontano. Improvvisare, a causa di una emergenza, lezioni a distanza o condividere compiti on line se si è sempre agito di persona e su carta è il peggior modo di entrare in quella struttura didattica innovativa e digitale di cui l’Italia ha molto bisogno. E molto male fanno all’incedere corretto della didattica e dell’innovazione coloro che estremizzano la comunicazione, dando per scontato ciò che è processo, dando per trovato quello che è ancora ricerca. In situazione come queste e davanti a dibattiti surreali su argomenti discussi sul web prima che nei collegi docenti bisogna avere la capacità di pensare e costruire mappe di ricerca che producano una reale curricolarità. Il digitale ha bisogno di curricolo, anche perché non viene da lontano e non ha un programma, dunque si trova nella terra di nessuno, quella delle competenze nominate ma non declinate. Da ormai vent’anni la competenza digitale sta tra quelle chiave dell’area Ocse ed è stata assunta nei programmi di sviluppo per le scuole, di cui i PON sono solo l’esempio più eclatante. Da vent’anni c’è la competenza digitale inserita tra le otto competenze chiave, ma non c’è il curricolo, anzi si stanno sviluppando, quasi di pari passo, il BYOD (Bring You Our Device) e i tentativi di reprimere con mezzi artigianali un processo di sviluppo molto potente. Quello del web è un mondo complesso, dove si possono acquisire contemporaneamente dati, conoscenze, notizie, informazioni, fake news, bufale, stupidaggini e competenze che si intrecciano con confini spesso molto sfumati tra loro.

         Se dunque è corretta l’idea ministeriale che la curricolarità digitale abbisogni di una progettualità che nasca da sperimentazioni dal basso, pare molto confusa l’idea che le scuole hanno nel complesso delle competenze digitali, di come si certificano, di come si valutano, di dove si valutano e – soprattutto – di come possano convivere con la repressione sull’uso degli strumenti di proprietà. Tutto questo ha bisogno di solidi curricoli d’istituto, che traccino i confini e in cui il web sia al servizio dell’apprendimento, permetta di costruire repositori e cloud accessibili e scientificamente approfonditi, che integri il sapere dentro strutture di controllo analitico di quanto viene divulgato e sviluppato.

         Credo anche sia necessario che la curricolarità digitale parzialmente abbia un appiglio in alto (Università, Miur, Ricerca didattica) e parzialmente nasca da ricerche e azioni di istituto, esperienze che si consolidano strada facendo, formazione docenti e formazione studenti che vanno i pari passo. Sono le scuole che devono iniziare la ricerca e devono perseguire l’innovazione, perché lo ritengono necessario, non perché obbligate dal Ministero o dall’emergenza.  Personalmente ritengo molto obsoleta l’dea che il circuito “Spiegazione e assegnazione compiti – Interrogazione o compito sulla spiegazione – Misurazione che si trasforma in valutazione” possa essere considerato virtuoso nel rapporto tra insegnamento e apprendimento, anche perché tiene fuori il rapporto ormai necessario e paritario nel percorso di apprendimento tra formale, non formale e informale nella valutazione degli studenti. La spinta all’innovazione, all’uso di tecnologie informatiche, allo sviluppo del BYOD, che viene anche dalla società civile, non penso stupisca più nessuno (semmai produce inspiegabili reazioni contrarie a difesa della carta, che di fatto nessuno attacca). Anche per questo i riferimenti governativi in relazione alla didattica a distanza, all’uso delle piattaforme, al rapporto con gli studenti in forma diversa da quella tradizionale deve collegarsi a quanto contenuto nei PTOF, non a livello formale, ma proprio a livello sostanziale. In questo come in quasi tutti i settori del sapere e della conoscenza nulla si inventa dall’oggi al domani, ma tutto è sperimentalmente possibile. Penso non sia inutile ricordare quanto contenuto nel comma 10 dell’art. 21 della legge 59 del 15 marzo 1997 (la Bassanini Uno): “Le istituzioni scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell’autonomia didattica e organizzativa.”

         E quindi ribadisco quello che ritengo un concetto chiave: si può ricercare, sperimentare, innovare e sviluppare tutto (didattiche, pedagogie, pratiche, verifiche, valutazioni, metodologie, contenuti, ecc.), ma non si “deve” fare nulla perché ci viene imposto dall’alto o dall’emergenza, ma solo perché ci viene imposto dalla necessità di fare il meglio possibile per migliorare l’apprendimento degli studenti. Sta in questo la libertà di insegnamento, nel collegarla alle necessità dello studente, allo sviluppo della professione, all’attenta analisi di quanto viene proposto dal mondo scientifico, culturale, pedagogico. Non ritengo che un’emergenza debba stravolgere il corso degli eventi: se la didattica integrata col web è un valore positivo lo è in tutte le giornate dell’anno, come in tutte le giornate dell’anno è utile e bello leggere un libro, consultare un manuale, scoprire o conoscere qualcosa.          Certamente possiamo fare di più e di meglio e la mia speranza sarebbe di non vedere più docenti girare con obsoleti pacchi di fogli di carta da correggere (ma forse è una speranza un po’ vana), ma quella (in questo caso ben riposta e confermata nei fatti) di tanti docenti che sperimentano metodologie didattiche o modalità di valutazione alternative, mitigando così la passione per l’assegnazione di numeri alla ripetizione dell’identico (compiti e interrogazioni), Ma esternata questa speranza, in qualità di dirigente devo aiutare e favorire il processo di redazione curricolare, non farlo io con imposizioni o iniziative che minano la professionalità del lavoro dei docenti.

Media Education e Cittadinanza attiva

Media Education e Cittadinanza attiva

di Maria Grazia Carnazzola

Il 3 febbraio scorso si è svolto a Roma, presso la nuova aula dei gruppi della Camera dei Deputati, il Convegno “Media Education: più consapevolezza, più opportunità, più futuro”. Tema molto in voga, iniziativa in sé lodevole, effetto “vetrina” compreso.  Cosa ne deriverà, dipenderà dalle azioni conseguenti che il Ministero concretamente porrà in essere perché dal dichiarato si passi all’agito.  Probabilmente seguiranno indicazioni alle scuole in modo che le affermazioni di principio non rimangano, come troppo spesso è accaduto negli ultimi anni, appunto affermazioni di principi validi e condivisibili, ma senza seguito pratico. La domanda di formazione, quale formazione, viene dalla società e alla società deve tornare la risposta, nella forma di un progetto politico che si raccorda con un sistema giuridico e si esplicita in un impianto didattico-metodologico-organizzativo per l’attuazione. Ma il cambiamento lo attuano le scuole.

Per Media Education, generalmente, si intendono tutte quelle attività educative e didattiche consapevolmente finalizzate alla comprensione critica e alla gestione personale dell’informazione e della comunicazione attraverso i media, nella prospettiva della cittadinanza attiva e responsabile. E’ perciò cosa ben diversa dall’uso didattico delle tecnologie: il focus si sposta dall’uso dei mezzi alla consapevolezza dei modi, dei linguaggi, degli scopi della comunicazione- non sempre prevedibili e controllabili- di tali mezzi e alla loro funzione di medium. L’attenzione è posta sull’obiettivo delle informazioni veicolate , sulla grammatica, sulla sintassi , sul lessico  che vengono utilizzati e che connotano la comunicazione ; tutto questo per contribuire a contrastare   la  “mezza cultura” di massa, come sosteneva  U. Cerroni già nel 1991 “È  la modernizzazione delle diseguaglianze tipica della società postindustriale: le masse, istruite dalla scolarità dell’obbligo, partecipi del consumo economico, culturale, tecnologico, sono ormai messe in condizione di avvertire bisogni, consumare beni, recepire convinzioni e posizioni cui adeguarsi: è la tendenza a dividere verticalmente il corpo sociale in una oligarchia tecnocratica che possiede grammaticalmente i nuovi linguaggi e le nuove tecnologie, e in una massa che utilizza tali linguaggi sotto forma di consumo… E’ la barbarie della mezza cultura”.

 Diventare cittadini attivi.

Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”?  Riprendendo il motto reso celebre da Antonio Gramsci, che in un editoriale pubblicato su Ordine Nuovo nel 1920 lo attribuisce a Romain Rolland, bisogna dirsi forte e chiaro che questo nostro tempo ha un estremo bisogno dell’una e dell’altra cosa. Se la scuola deve aiutare a comprendere il presente e a immaginare il futuro come potrebbe essere, servono nel contempo spirito realistico e critico, fondato sulla rappresentazione del mondo così come ci appare nel qui ed ora – sapendo che è una delle rappresentazioni possibili- e la fiducia nel domani che fonda sul dovere sì, ma anche sulla passione e sul desiderio.  Le tecnologie, i social mediano la nostra rappresentazione del mondo e della realtà, ne sono parte integrante; chiediamoci, come adulti e come insegnanti, e aiutiamo i ragazzi a chiederselo, in che modo agiamo e agiscono l’uso dei media, quali sono gli svantaggi e i vantaggi che apporta il loro utilizzo, pervasivo, massiccio e acritico.  Insegniamo loro a scegliere, dopo aver valutato secondo criteri che rimandano a valori come il pluralismo e il pensiero critico. I valori, lo sappiamo bene, si pongono tra l’affettivo/emotivo e il cognitivo: i nostri modelli interni della realtà guidano le nostre azioni, influenzando il sorgere degli stati emotivi che guidano altre risposte. Non sono le situazioni ambientali che creano le emozioni, ma le interpretazioni che se ne danno, come la teoria dell’attribuzione ha ampiamente dimostrato.   La scuola deve rendere conoscibile la contemporaneità, oggetto centrale di studio e di prova di quanto appreso, indagandola con razionalità e con competenza scientifica, utilizzando il pensiero critico-argomentativo che si fonda sull’elaborazione dei dati raccolti, sulla riflessione, sulla sequenzialità del pensiero, sul confronto delle ambiguità insite nelle diverse risposte possibili. Il diritto ad esprimere il proprio pensiero deve essere garantito sempre, nel rispetto dei modi e con le regole del linguaggio e della comunicazione.  Questo si intende quando si parla di educazione civica. Educazione civica e cittadinanza non sono propriamente sinonimi, ma entrambe fanno riferimento alla competenza sociale e ad abilità e atteggiamenti non sempre facilmente riferibili a regole da rispettare. La cittadinanza attiva presuppone senso di appartenenza ed esercizio di democrazia e se democrazia è contrapposizione, prima, e mediazione poi , il linguaggio, l’uso delle parole, la correttezza del dire sono fondamentali e irrinunciabili. Comportamenti corretti quali parlare uno per volta, parlare a voce bassa, esprimere dissenso senza disprezzare, essere gentili, criticare le idee e non chi le esprime, riconoscere il valore degli altri, controllare l’impulsività e la rabbia, comunicare gli stati d’animo e i sentimenti quando necessario, andrebbero promossi e sostenuti. Di cosa si parla altrimenti quando si parla di valutazione del comportamento? E il comportamento non è quell’insieme di tratti che ci permette di partecipare coscientemente e responsabilmente alla vita sociale? Gli adulti dovrebbero riflettere su questi aspetti, a cominciare dai politici e da tutti quelli che offrono spettacoli pietosi in televisione o sui social.

Se non si passa di qui, da questi comportamenti che manifestano il livello di sensibilità alla dimensione interpersonale -che si rilevano ma difficilmente si sanzionano, come fossero dettagli – è giocoforza passare direttamente a manifestazioni eclatanti come il bullismo, che un tempo si chiamava in altro modo, e alla sua amplificazione attraverso i social. I bulli possono essere tali anche perché si confonde il diritto con la rivendicazione, la trasparenza con l’ingerenza. La manomissione dei concetti e delle parole sono passaggi obbligati nella distorsione dell’informazione. Sempre, anche a scuola. E quando mancano le parole giuste per dire, si agisce, anche aggredendo.

Media Education: questione di insegnanti, di allievi, di valori, di etica.

Da sempre gli adulti insegnano quello che i giovani non sanno: le conoscenze, i metodi, le tecniche; oggi le nuove generazioni hanno accesso a una quantità di informazioni come mai nella storia: possono cercarle con estrema rapidità o riceverle senza cercarle. Ma le informazioni vanno collegate, selezionate, sistematizzate, contestualizzate: bisogna dare loro una forma perché diventino conoscenza.  Questo i giovani non lo sanno fare, perché gli strumenti che usano non hanno questo scopo; tocca agli adulti insegnare come si costruisce la conoscenza, come si collegano e si contestualizzano le informazioni, come si verificano e si valutano.

La generazione digitale è diversa dalla generazione Gutenberg, nei modi e nei tempi di apprendimento. Basta partire da lì.  Sostiene Carlo Sini “(Heidegger)…non si è mai chiesto il senso delle operazioni concrete che veniva esercitando, nel far lezione…Queste pratiche le esercitava come “ovvie” e ovviamente importanti, anzi epocali. Ma noi siamo le pratiche che esercitiamo”. (L’alfabeto e l’occidente, pag.132).

La scuola può continuare ad essere strumento per lo sviluppo sociale e per la crescita del Paese solo se saprà intercettare le trasformazioni in atto e gestirne le complessità, compito di difficoltà elevata che si scontra con il progressivo impoverimento degli strumenti professionali degli insegnanti sotto il profilo culturale e psicopedagogico. La qualità dell’istruzione delle giovani generazioni dipende ancora in buona misura dal sapere degli insegnanti, dalla loro cultura psicopedagogica e dalla loro professionalità che sono altro e molto di più del sapere disciplinare, indispensabile ma non sufficiente. Professionalità dedicate e competenti che tengano insieme le innovazioni con le radici storico-culturali.

Dopo aver parlato tanto di apprendimento significativo, della necessità che ogni nuovo apprendimento si innesti sulla rete degli apprendimenti precedenti, forse è tempo di parlare di insegnamento significativo, che ridisegni, in una visione integrata e non lineare-sommativa, le varie Educazioni, Discipline, Progetti. Tutte le innovazioni, tutti i dibattiti, hanno senso solo se al centro ci stanno la professionalità del docente, che passa anche attraverso le modalità di reclutamento, la formazione in ingresso e i percorsi “di manutenzione” della formazione in servizio che dovrebbe essere obbligatoria e strutturale. Solo così, ritengo, sarà possibile la costruzione e il mantenimento di una solida professionalità docente, valutata e riconosciuta dal contesto sulla base di chiari indicatori di professionalità e di dichiarati sistemi valoriali di riferimento. Senza questo passaggio, nessun cambiamento, nessuna innovazione porterà risultati significativi, sia che si tratti di includere le diversità sia che si tratti di contrastare il degrado culturale anche attraverso l’uso consapevole dei media. Non basta enunciare principi: bisogna delineare il cambiamento, monitorarlo e valutarlo. A volte chi dentro la scuola ci lavora ha la sensazione di essere in un permanente cantiere aperto, dove si susseguono le richieste e i progetti più disparati, a volte richieste e progetti vecchi presentati con parole nuove ripetute come slogan che, svuotandosi di significato, generano disorientamento o convinzione di essere già allineati con l’innovazione. Ben venga la Media Education, con un percorso che attraversi tutte le discipline, un principio ispiratore che orienti e finalizzi l’insegnamento di tutti i saperi e chieda alle scuole una seria riflessione su quello che già si fa e su ciò che di nuovo va messo in campo. Riflettere è il primo passaggio della ricerca per il miglioramento continuo, indispensabile per contrastare la caduta del ruolo e per il riconoscimento dello status di docente. La scuola è un servizio: ha bisogno di professionisti che sappiano agire nella complessità tra vincoli e rischi, che sappiano occuparsi delle trasversalità e non solo degli aspetti specialistici della propria disciplina, perchè in questo caso sarebbero semplicemente dei prestatori d’opera.

Docenti padroni del sapere e del saper fare, esempi di comportamenti deontologici eticamente orientati, perché la correttezza, il rispetto e la responsabilità non si insegnano solo con le parole.

BIBLIOGRAFIA

N. Postman, Ecologia dei media, Armando Editore, Roma 1981;

U. Cerroni, La cultura della democrazia, Mètis, Bari 1991;

P. Cesare Rivoltella, Relazione, Convegno “Media Education”, Roma 3 febbraio 2020;

P.H. Lindsay, D.A. Norman, L’uomo elaboratore di informazioni, Giunti Barbera, 1983;

C.Sini, Pratica del foglio mondo, Jaca Book, Milano 2004;

        Id; L’alfabeto e l’occidente, Jaca Book, Milano 2012.

L’albero dei problemi

L’albero dei problemi

di Andrea Mesoraca

La motivazione

Ho deciso di realizzare questa applicazione leggendo il libro: “Costruire il miglioramento” Percorsi di ricerca sul miglioramento scolastico a cura di Massimo Faggioli, editore Rubbettino. (Capitolo 6 della prima parte del libro, “La ricerca: obiettivi e metodologia”, curato dalla Dott.ssa Valeria Pandolfini).

Per una progettazione di azioni di miglioramento è necessario una puntuale definizione dei problemi da fare insieme, operatori, destinatari e decisori.

Con questo contributo spero di facilitare il lavoro degli operatori della scuola nel mettere in relazione criticità/problemi, cause e le azioni da realizzare al fine della progettazione dei piani di miglioramento ed il loro monitoraggio.

Che cos’è?

E’ un’applicazione realizzata con Web2py (Programma per costruire applicazioni Web in Python, gratuito e open source, creato da Massimo Di Pierro).

Cosa fa?

Automatizza alcune fasi della progettazione:

  • Costruzione dell’albero dei problemi;
  • Costruzione dell’albero degli obiettivi;
  • Pianificazione delle azioni di miglioramento;
  • Monitoraggio.

Guida all’installazione

Scaricare il file dell’applicazione al seguente link: L’Albero dei problemi

Attenzione, non aprire l’anteprima, il file deve essere scaricato cliccando sul comando della finestra [scarica]

Dopo il download decomprimere il file

Istruzioni d’avvio

Aprire la cartella “web2py.app.Albero_Problemi”, poi la cartella “web2py”

Un doppio click sul file “Web2py.exe”:

Si apre la console di Windows

Si apre un’altra finestra

Scegliere ed inserire una password e cliccare su “start server”.

L’agenda del Dirigente scolastico

L’agenda del Dirigente scolastico

di Andrea Mesoraca

Che cos’è?

E’ un’applicazione realizzata con Web2py (Programma per costruire applicazioni Web in Python, gratuito e open source, creato da Massimo Di Pierro).

Cosa fa?

E’ responsabilità del dirigente scolastico perseguire il miglioramento scolastico attraverso linee di intervento che si traducono in azioni che compie quotidianamente. L’applicazione aiuta a riflettere e a comprendere le conseguenze che le varie azioni hanno sui processi, sulle priorità e sugli obiettivi.

Come?

Classifica le azioni delle istituzioni scolastiche sia in funzione del tempo sia in funzione delle seguenti tipologie di interventi:

  • Processi educativi didattici;
  • Processi gestionali e organizzativi;
  • Obiettivi del dirigente;
  • Priorità;
  • Obiettivi di processo

Guida all’installazione

Scaricare il file dell’applicazione al seguente link:
L’agenda del dirigente scolastico

Dopo il download decomprimere il file

Istruzioni d’avvio

Aprire la cartella “web2py.app.Dashboard”, poi la cartella “web2py”

Un doppio click sul file “Web2py.exe”:

Si apre la console di Windows

Si apre un’altra finestra

Scegliere ed inserire una password

Creare musica a scuola con le nuove tecnologie

Creare musica a scuola con le nuove tecnologie

di Stefano Maviglia[1]

Nelle Indicazioni Nazionali per il Curricolo del primo ciclo di istruzione viene ampiamente sollecitato l’utilizzo delle nuove tecnologie al fine di comporre musica a scuola. Nello specifico vengono inseriti obiettivi in merito sia al termine della classe terza che al termine della classe quinta della scuola primaria. Ad esempio, al termine della classe terza viene posto il seguente obiettivo: “[Il bambino] Articola combinazioni timbriche, ritmiche e melodiche, applicando schemi elementari; le esegue con la voce, il corpo e gli strumenti, ivi compresi quelli della tecnologia informatica” (M.I.U.R., 2012, p. 71). Inoltre nella normativa scolastica italiana è sempre maggiore l’attenzione posta alle competenze digitali; si veda per tutti la Legge 107/2015 (M.I.U.R., 2015) che all’art. 1 comma 56 così afferma: “Al fine di sviluppare e di migliorare le competenze digitali degli studenti e di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze in generale, il M.I.U.R. adotta il Piano Nazionale per la scuola digitale”. Tale piano è stato poi emanato con D.M. 851 del 2015 (M.I.U.R., 2015). Nei nuovi scenari delle Indicazioni Nazionali viene detto che “I nostri ragazzi, anche se definiti nativi digitali, spesso non sanno usare le macchine, utilizzare i software fondamentali,  e queste sono abilità che vanno insegnate” (M.I.U.R., 2018).

Malgrado ciò e nonostante l’importanza loro attribuita, è nota a tutti la mancanza e l’arretratezza di molte attrezzature tecnologiche della scuola italiana odierna. L’Ocse, in un’indagine compiuta nel 2012, riporta come in Italia sia disponibile in media un computer ogni 4 bambini e di questi solo il 66,8% riferisce di farne uso, contro il 72% della media europea (De Gregorio, 2015). A questo problema si aggiunge spesso anche l’impreparazione degli insegnanti, i quali non sempre sanno utilizzare le tecnologie a loro disposizione.

Al di là di queste considerazione generali, quanto è diffuso l’utilizzo delle ICT nell’insegnamento musicale? Purtroppo non sono disponibili dati specifici riguardanti l’Italia in merito a ciò, tuttavia visti i risultati del citato rapporto Ocse, si può presumere che la diffusione di questo fenomeno sia minore rispetto alla media europea ed extra-europea.

L’utilizzo delle tecnologie nella didattica appare limitato a causa della scarsa disponibilità delle risorse, della inadeguata preparazione degli insegnanti e della non semplice integrazione delle ICT nella didattica stessa. Tenendo conto di questa situazione verranno presentati alcuni software e strumenti di semplice utilizzo e reperibili sul mercato gratuitamente o a basso costo.

Al di là delle difficoltà che si possono incontrare nell’integrazione delle tecnologie nella didattica, i vantaggi che si possono trarre da queste sono sostanziali ed innumerevoli, in particolare per quanto riguarda i processi compositivi. Odom (2000) sostiene al riguardo che nelle scuole in cui le ICT sono disponibili e vengono utilizzate dagli insegnanti, i bambini dimostrano di raggiungere migliori risultati nella composizione. Certamente il computer cambia le consuetudini legate alla composizione facilitandone lo svolgimento. In particolare esso permette di svincolarsi dalle abilità esecutive: il musicista non deve più suonare il brano per riascoltarlo in quanto il computer permette di riprodurre la musica in maniera automatizzata. Questo consente al musicista di concentrarsi esclusivamente sull’ascolto del brano e non più sulla sua esecuzione (Biasutti, 2015). Inoltre il computer permette anche di scrivere particolari incisi e frasi che non si è in grado di eseguire manualmente in quanto troppo complesse o difficili. L’uso di programmi specifici facilita anche l’arrangiamento di un brano a più voci: senza l’utilizzo della tecnologia il risultato può risultare molto impegnativo, se non addirittura impossibile. Il computer offre anche una vasta scelta di timbri da cui scegliere per la composizione, alcuni dei quali si avvicinano anche al timbro degli strumenti tradizionali (Biasutti, 2015).

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Le tecnologie musicali permettono performance maggiormente dettagliate e non possibili altrimenti e consentono anche il miglioramento degli alunni in alcune aree correlate alla composizione, come l’ascolto. Ad esempio, attraverso le ICT è possibile isolare particolari strumenti o bande di frequenza che rimangono nascoste nel contesto generale.

Oltre a queste considerazioni più didattiche è il caso di aggiungere che attualmente tutte le forme musicali utilizzano in un modo o nell’altro il computer e anzi in alcuni generi la musica è totalmente prodotta attraverso software specifici. L’impiego di tali programmi a scuola permette ai bambini e ai ragazzi di poter produrre il genere musicale a loro più gradito. Inoltre, sempre di più i ragazzi si avvicinano alla musica attraverso il computer e non più necessariamente attraverso un’istruzione formale; la scuola dovrebbe pertanto tenere conto di questo cambiamento, pur ovviamente non trascurando un’istruzione formale in musica, che appare necessaria. 

Uno dei problemi che disincentiva l’utilizzo delle nuove tecnologie da parte degli insegnanti è legato alle poche risorse disponibili. In realtà molte risorse sono accessibili gratuitamente o comunque a prezzi ragionevoli.

I software commerciali sono applicazioni utilizzate nella produzione musicale, sviluppate con lo scopo di aiutare il musicista senza precisi intenti didattici. Di questa categoria fanno parte i programmi di scrittura musicale con il pentagramma. Questa tipologia di software è di solito costituita da un foglio pentagrammato al quale possono essere aggiunti vari simboli come note, pause ecc. attraverso il mouse o l’utilizzo di una tastiera MIDI (Biasutti, 2007). Vi sono poi le cosiddette DAW (Digital Audio Workstation) (definite da Biasutti come software di Sound Edit) che permettono la registrazione, la gestione di file MIDI, il mixaggio, il montaggio sonoro e ovviamente la riproduzione dell’audio. Questi sono probabilmente i più utilizzati in campo educativo ed offrono il vantaggio di essere tendenzialmente degli ambienti più aperti che consentono agli insegnanti di definire piani di lavoro specifici adatti all’utenza ed al contesto (Biasutti, 2007). Di questi software commerciali ne esistono innumerevoli, alcuni complicati e costosi, altri più semplici e meno cari, se non addirittura gratuiti. Una limitazione importante è legata alla dimestichezza che i docenti devono avere con tali programmi prima di poterli proporre ai propri alunni. Tuttavia esistono innumerevoli guide e “tutorial” disponibili gratuitamente in rete che permettono di colmare queste lacune.

Di seguito verranno elencati quei software che attraverso la nostra personale esperienza si sono rivelati più utili e funzionali. E’ il caso di sottolineare, inoltre, che tutti i programmi di cui si parlerà sono completamente gratuiti. Molti produttori di DAW, oltre al loro prodotto di punta, offrono anche una versione gratuita, con limitate funzionalità che permette però di prendere confidenza con il Workflow della casa produttrice. Garage Band ad esempio è un software sviluppato dalla Apple e compatibile con i dispositivi Mac e iOS. Questo programma, versione gratuita del fratello maggiore e più professionale Logic Pro, è stato pensato appositamente per utenti non professionisti. Gestione dei file MIDI, salvataggio dei progetti, possibilità di esportare in audio, innumerevoli virtual instruments che emulano il comportamento di strumenti acustici ed elettrici e che è possibile suonare attraverso strumenti che trasmettano MIDI, innumerevoli effetti disponibili che permettono di modificare il timbro degli strumenti ed attuare un rudimentale missaggio, accesso a una libreria di loop preregistrati, possibilità di visualizzare i propri arrangiamenti su spartito o su “pianoroll”: sono solo alcune delle innumerevoli funzioni offerte dal software in questione. Nonostante ciò il software risulta particolarmente “user friendly” e fruibile a tutti. Il programma in questione offre anche una guida breve e ben organizzata accessibile direttamente dal sito Apple, oltre a numerosi tutorial presenti sul web e realizzati dagli stessi utenti.

Per Windows sono invece disponibili altri software come Cakewolk e Podium free. Questi, così come Garage Band, offrono innumerevoli funzioni, specialmente il primo che risulta essere il più completo. Altro software consigliabile è Ableton Lite, versione gratuita di Ableton Live. Quest’ultimo attualmente è molto in voga, soprattutto nel mondo della musica elettronica, proprio per la sua semplicità. Il fratello minore, pur presentandone alcuni limiti, ne eredita la facilità d’uso.

Di grande interesse per la sua semplicità appare il sito web AudioSauna. Esso offre la possibilità di accedere ad una vera e propria DAW online. Nonostante i limiti inerenti alle funzioni disponibili è veramente molto immediato; inoltre, essendo online, non c’è bisogno di installare alcun programma prima del suo utilizzo. Il limite più importante è la necessità di essere connessi alla rete, cosa purtroppo non scontata nelle scuole. Altro programma degno di nota è Audacity, che, non essendo una vera propria DAW, non permette la gestione di file MIDI e non ha virtual instruments interni, e quindi permette solo di registrare ed editare l’audio. Tuttavia è molto conosciuto e diffuso per la sua gratuità e semplicità d’uso.

Passando ai software di scrittura musicale su pentagramma, uno dei più conosciuti è certamente MuseScore, che non è particolarmente semplice, tuttavia nel sito ufficiale della casa produttrice sono presenti dei video tutorial per imparare ad usarlo. Noteflight offre molte delle funzione di MuseScore, ma a differenza di quest’ultimo è fruibile solo online previa registrazione. Anche in questo caso i vantaggi e i limiti offerti dal programma online sono i medesimi di AudioSauna. Insomma, di software gratuiti di tutti i tipi ce ne sono in abbondanza; ciò che potrebbe mancare a scuola ad ostacolare il lavoro di composizione attraverso le ICT è la possibilità di avere dei computer funzionanti e l’accesso ad internet. Per quanto riguarda il primo problema tuttavia è auspicabile pensare che in tutti gli istituti ci sia un’aula computer accessibile ed attrezzata.

Per quanto riguarda invece gli strumenti elettronici utilizzabili con i bambini, riteniamo che una tastiera in grado di trasmettere MIDI al computer possa essere una buona scelta, così come sostenuto anche da Odom  (2000).

Per quanto concerne il mondo dei sintetizzatori la serie Volca prodotta da Korg appare molto interessante. La famiglia dei Volca è composta da una serie di piccoli synth di funzioni molto limitate e per questo veramente molto semplici da utilizzare. Ognuno di loro ha uno scopo specifico (drum machine, synth polifonico, synth bass), e quindi è possibile acquistare solo quello che interessa di più. Essi permettono di registrare delle sequenze all’interno del sintetizzatore stesso, sono dotati di piccoli altoparlanti, e permettono di modificare il timbro ottenuto.

Insomma, le nuove tecnologie possono dare un contributo importante nel favorire la composizione musicale a scuola, anche se ovviamente occorre risolvere alcuni importanti problemi, primo fra tutti la formazione dei docenti, i quali non sempre sanno come integrare nella propria didattica le nuove tecnologie e la cui preparazione professionale, soprattutto nell’ambito degli applicativi informatici musicali, sembra essere, allo stato attuale, del tutto inadeguata.


Bibliografia

Biasutti, M. (2007). Creare musica a scuola: elementi di didattica per la scuola primaria. Lecce: La Biblioteca Pensa Multimedia.

Biasutti, M. (2015). Elementi di didattica della musica: strumenti per la scuola dell’infanzia e primaria. Roma: Carocci Faber.

De Gregorio, A. (2015, settembre 15). Tecnologia a scuola, Ocse: se è troppa, peggiora l’apprendimento. Corriere della Sera.

M.I.U.R. (2012). Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. Milano: Le Monnier.

M.I.U.R. (2015, Luglio 13). Legge 13 luglio 2015, n. 107. Tratto da Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2015/07/15/15G00122/sg

M.I.U.R. (2015, Ottobre 27). Piano Nazionale per la Scuola Digitale ai sensi dell’articolo 1, comma 56, della Legge 13 luglio 2015, n. 107. Tratto da Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca: http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/2015/DM_n_851_Piano_Naz_Sc_Digitale.pdf

M.I.U.R. (2018, Febbraio 22). Indicazioni Nazionali e Nuovi Scenari. Tratto da Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca: https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Indicazioni+nazionali+e+nuovi+scenari/3234ab16-1f1d-4f34-99a3-319d892a40f2

Odom, G. (2000). Teaching composing in secondary schools. British Journal of Music Education, 109-127.


[1] Tecnico del suono, Laureando in Scienze della Formazione Primaria, Università di Padova

R. Maragliano, Scrivere – Zona franca

Roberto Maragliano, uno più uno

di Maurizio Tiriticco

“Scrivere” e “Zona franca” sono le due ultime pubblicazioni di Roberto Maragliano, che insieme potrebbero avere come titolo “le nuove grammatiche della scrittura”, nonché, ovviamente, anche “le nuove grammatiche della lettura”. Maragliano è noto per avere insegnato per ben quarant’anni nelle Università di Sassari, Firenze, Salento, Sapienza e Roma Tre! Oggi è felicemente pensionato! Almeno così è formalmente, ma… un cervello pensante e una penna scrivente – per non dire anche di “dita battenti”, dato che la tastiera è ormai una sorta di silenziosa “penna/carta” – difficilmente vanno in pensione, oggi soprattutto, quando è in atto una rivoluzione delle penne e, forse, delle stesse tastiere! Anche perché, tra gli artefici più convinti e produttivi di questa odierna rivoluzione, Maragliano è uno dei più convinti e attivi protagonisti. E di una rivoluzione che in effetti non ha mai fine! Stante il fatto che il progress delle “diavolerie scrittorie” marcia al cubo o, come si suol dire, alla potenza di tre… e domani forse di quattro o di cinque…
Insomma, oggi si scrive e si legge dal mattino alla sera e ovunque! Sulla metropolitana i miei conviaggiatori non fanno altro che smanettare sui cellulari! Mi chiedo: ma che mai avranno da dirsi? Insomma, dal Paese di analfabeti che eravamo al tempo dell’Unità nazionale, ora siamo tutti diventati infaticabili scrittori/lettori. Il web mi dice che, “all’indomani dell’unificazione, nel 1861, l’Italia contava una media del 78% di analfabeti con punte massime del 91% in Sardegna e del 90% in Calabria e Sicilia, bilanciata dai valori minimi del 57% in Piemonte e del 60% in Lombardia”. Oggi invece il 100% degli Italiani – o poco meno – sa leggere e scrivere! Comunque, che cosa scriva e che cosa legga è un altro conto! E di questo si preoccupava il compianto Tullio De Mauro. Il web, il World Wide Web, questa sterminata rete scrittoria mondiale, consente tutto! Quindi, benedetto sia il web, che non mi costringe a cercare fonti e informazioni sulle centinaia di volumi affastellati nella mia libreria! E quando penso che un Dante o un Galileo hanno scritto quelle “cose eccezionali”, penso anche che disponevano senz’altro di un web personale, di una memoria fondante come parte costitutiva della loro intelligenza e della loro competenza produttiva.
Forse, l’assenza del web sollecitava ed esigeva competenze mnemoniche! Ma oggi? Maragliano ci dice che il possesso di una scrittura ricca e complessa è tuttora patrimonio di pochi e che la società non riesce a garantirne un effettivo allargamento (p. 26). Infatti, se pensiamo alle nostre scuole e alle nostre università, “vediamo che sono frequenti, e quasi rituali … le lamentele nei confronti di giovani che, approdando agli studi accademici, e collocandosi dunque, almeno formalmente, nella fascia alta della stratificazione culturale, mostrano una palese, drammatica incapacità di produrre testi di una qualche complessità”. Eppure – dico io – smanettano dal mattino alla sera sui loro cellulari per scambiarsi messaggini. “Messaggini”, appunto, molto ini e con tanto di virgolette. Si tratta di quegli atti comunicativi che Jakobson ha definito tanti anni fa, fàtici, di contatto, appunto: “Io ci sono e tu?” “Ci sono anch’io!”. E così all’infinito, per tutta la giornata e tutti i giorni a seguire! E mai atti – sempre per dirla con Jakobson – metalinguistici e referenziali! Ricchi di informazioni e di significati! Insomma – a mio avviso – è come se l’estrema possibilità comunicativa arricchisca lo strumento ma impoverisca il messaggio.
Pertanto, a mio avviso, quel “verba volant, scripta manent” del buon tempo antico, ricordato anche da Maragliano (p. 53), non ha più senso perché oggi volano sia le parole dette che quelle scritte! E non solo! Con un “canc” tutto sparisce! E chi di noi, “scrittori tecnologici” non ricorda quante volte ha cancellato tutto, solo per un errore di digitazione? Insomma, oggi avanza una strana scrittura! Che rivoluziona tutte le precedenti, quelle che alla fine hanno portato alla “carta/penna”! Prodotti materiali! La gran parte dei quali è giunta fino i nostri giorni! E che, forse, durerà! Oggi prevalgono e dominano prodotti virtuali. Che vivono e muoiono con un click! Afferma Maragliano in una presentazione in ppt reperita sul web: “A seconda della logica di riferimento, il contenuto di ordine e disordine cambia. Scrivere una lettera come una email è disordine, dentro la logica testuale. Scrivere una email come una lettera è disordine, dentro la logica reticolare. Occorre dunque maturare una concezione anfibia della scrittura, dove il rapporto fra ordine e disordine sia costantemente messo in gioco. Occorre accettare e capire che ‘scrivere’ è un verbo transitivo. Insomma, occorre essere ad un tempo testuali e reticolari”.

Ciò che ho scritto fin qui riguarda “Scrivere. Formarsi e formare dentro gli ambienti della comunicazione digitale” (Luca Sossella editore, editore). Ma a questo volume si lega direttamente il secondo volume citato all’inizio: “Zona franca, per una scuola inclusiva del digitale” (Armando editore). Pertanto: quali ricadute sul “fare scuola” provoca questa rivoluzione digitale? Copio dalla quarta di copertina: “Il modello di scuola centrata sul ‘leggere, scrivere, far di conto’, definito nel passaggio tra Ottocento e Novecento in ambito europeo e che attraverso varie vicissitudini si è affermato a livello mondiale, sta mostrando a suo tempo i suoi limiti. E’ entrata definitivamente in crisi la scuola del libro e della scrittura, ove la ricezione agisce attraverso il ricorso esclusivo alla lettura dei testi via via più complessi e la produzione di documenti scritti via via più articolati”.
Il volume è agile, come è nello stile di Maragliano, e ricco di suggestioni e di indicazioni per gli insegnanti. “La proposta che faccio ora è dunque che, con molta modestia, ci si attrezzi (mentalmente soprattutto) al fine di sperimentare un approccio ‘indisciplinato’ al sapere. Si tratta di accettare (e lavorare su) l’idea che la conoscenza si presenta a noi tutti sotto forma di frammenti, alla stregua di mattoncini di esperienza e conoscenza utilizzando i quali, servendoci di modelli, noi andremmo a costituire e costruire il sapere… L’ordinamento disciplinare è un modello di sapere. Su di esso si è edificata la scuola che noi conosciamo e che in buona parte pratichiamo” (p. 87). Mi sovviene la mia considerazione di sempre: il fatto che il nostro fare scuola è strettamente legato al “triangolo delle tre C”… che dovrebbe essere equilatero. A meno che non sia un triangolo delle Bermuda, dove tutto affonda e tutto si perde! Detto in termini scolastici, esiste la Cattedra, su cui siede il depositario di quei saperi che l’in/segnante, con le sue lezioni, “segna”, appunto, sulla testa dell’“alunno”, il soggetto che deve “essere alimentato”, appunto. Esiste la Classe, ovvero un insieme di alunni, e tutti della medesima età, perché si suppone che tutti crescano e apprendano, in ordine all’età, nozioni dopo nozioni, dalla più facile alla più difficile, dalla più semplice alla più complessa. Esiste la Campanella che inesorabilmente scandisce, ora dopo ora, i tempi eguali per tutti, alunni e insegnanti del medesimo edificio scolastico! Per cui, come dicevamo da studenti, tutti attendevamo con ansia l’ultimo frizzante suono perché, “cum campanella sonat, tota canaglia scappat”.
In effetti abbiamo costruito in un passato forse ormai lontano – e in tutto il mondo colto e civile, credo – saperi di cui abbiamo fatto buon uso, fatta eccezione di quell’energia atomica che ha dissolto due città giapponesi nell’ormai lontano 1945. Il fatto è che il sapere non ha una morale! Ed è proprio il sapere di ieri che è messo in discussione. Che era fatti di oggetti sempre nuovi, “accumulati” l’uno dopo l’altro. L’Enciclopedia Treccani, con cui nel lontano 1925 Giovanni Treccani e Giovanni Gentile pensarono do offrire agli italiani lo scibile umano, necessitò ben presto di più volumi aggiuntivi. Perché i saperi aumentano e, appunto, si accumulano. Ma oggi i saperi non si accumulano più! Perché non sono oggetti fisici, ma virtuali. Sullo schermo del mio PC può apparire lo scibile mondiale di oggi e di ieri! La biblioteca di Alessandria di ieri e la biblioteca del Congresso degli Stati Uniti di Washington di oggi “mi fanno un baffo”, per dirla alla romana.
In tale ricco, complesso e stimolante scenario di saperi sempre nuovi, il compito primo e primario della scuola è quello di sapersi costituire, appunto, come una zona franca, inclusiva in primo luogo del digitale. Purtroppo “il digitale è pericoloso per la scuola stessa. Per questa scuola, ovviamente. Ma siamo capaci di pensarne un’altra?” (p. 46). E la scuola è legata ancora alle tre C di sempre! In realtà ancora oggi ogni acquisizione di sapere è misurato fisicamente e temporalmente e la misurazione, fatta di orari e di verifiche e di pagine da studiare, rappresenta la condizione stessa di quelle acquisizioni. Insomma sostiene Maragliano, “il digitale porta rotture su tutti questi fronti, dunque dà fastidio. A meno che non lo si subordini a quell’assetto, rinunciando alle sue prerogative. A meno che non lo si addomestichi”. Insomma il digitale arricchisce. “Con il digitale si è pienamente affermata l’integrazione dei codici, e sono saltati i presupposti della divisione tra mass media scritturali (sapere di scuola) e mass madia audiovisuali (sapere di intrattenimento). Sta, di conseguenza, venendo alla luce una logica di pensiero diversa da quella che abbiamo sempre considerato dominante (il che era giusto) ed esclusiva (il che era sbagliato)” (p. 49).
Ne consegue che le nostre istituzioni scolastiche hanno dinanzi a sé un infinito universo da affrontare e da percorrere, e con successo! Quando, invece, sembrano dimostrare una sorta di “risentimento nei confronti di un mondo visto come opaco, pericoloso, ostile. Ed è proprio qui, su questo modo di essere che dovrebbero lavorare delegittimandone i presupposti non solo con iniziative dal basso, ma anche con una coraggiosa presa di coscienza del problema, da far maturare ai livelli più alti della cultura e della politica” (p. 50). Insomma, è estremamente necessario che nelle scuole si comprenda che oggi non esiste un solo codice per apprendere, conoscere, produrre, ma codici altri che già quotidianamente gli alunni “percorrono” e che la scuola, invece, sembra loro precludere!
Insomma, la scuola deve essere oggi una zona franca, assolutamente inclusiva del digitale!

Digital Education at School in Europe

Pubblicato il nuovo rapporto Eurydice sull’educazione digitale a scuola in Europa

Nello studio una panoramica sull’uso delle tecnologie a fini pedagogici

Firenze, 12 settembre 2019 – I sistemi educativi europei riescono davvero a preparare gli studenti agli attuali ambienti digitali d’avanguardia? Con quanto successo riescono a perseguire tale obiettivo? A questi interrogativi risponde il nuovo rapporto della rete Eurydice “Digital Education at School in Europe, che rivela la necessità di un’attenzione sempre maggiore nei confronti dell’educazione digitale. Infatti, sebbene ad oggi i sistemi educativi europei abbiano incluso l’educazione digitale nei curricoli scolastici e promuovano l’uso delle tecnologie a fini pedagogici, è possibile spingersi ancora oltre.

La ricerca copre i livelli primario e secondario di istruzione (inferiore e superiore), relativamente all’anno scolastico 2018/19 nei 38 paesi europei (43 sistemi educativi), che partecipano al programma dell’Unione europea Erasmus+: i 28 Stati membri dell’UE, oltre ad Albania, Bosnia ed Erzegovina, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Montenegro, Macedonia del Nord, Norvegia, Serbia e Turchia.

Lo studio affronta diversi aspetti dell’educazione digitale quali: curricoli scolastici e risultati dell’apprendimento; sviluppo delle competenze digitali degli insegnanti; valutazione delle competenze digitali degli studenti e uso delle tecnologie digitali per valutare gli studenti e, infine; strategie e politiche nazionali sull’educazione digitale a scuola.

In quasi tutti i sistemi educativi, le autorità di livello superiore sono coinvolte nell’offerta di attività di sviluppo professionale continuo nell’area dell’educazione digitale, destinate agli insegnanti. In alcuni paesi, tra cui l’Italia, lo sviluppo professionale continuo degli insegnanti rientra fra le iniziative che affrontano l’argomento della digitalizzazione della società.

In particolare, in Italia, al completamento della formazione professionale iniziale, i futuri insegnanti di scuola secondaria devono superare un esame per ottenere la qualifica di insegnante e accedere alla professione docente. Le competenze digitali specifiche degli insegnanti vengono valutate proprio nell’ambito di tale esame. I futuri insegnanti di scuola primaria vengono, invece, valutati nel corso della loro formazione iniziale.

La gran parte dei paesi europei ha piani di investimento ben definiti nelle infrastrutture digitali a scuola. Ad esempio, in Italia, gli investimenti nelle infrastrutture digitali sono considerati fondamentali in rapporto all’educazione digitale e, pertanto, costituiscono un aspetto chiave della strategia nazionale.

Il rapporto completo, Digital Education at School in Europe, è disponibile a questa pagina del sito di Eurydice Italia.

Inoltre, è online anche una sintesi che ripropone i risultati principali del rapporto, dal titolo Eurydice Brief Digital Education at School in Europe.

Ambienti di apprendimento innovativi

Scuola, Bussetti firma decreto che stanzia 20 milioni per ambienti di apprendimento innovativi in oltre mille istituti scolastici

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, ha firmato il decreto che avvia la realizzazione di ambienti di apprendimento innovativi in 1.006 istituti scolastici con un finanziamento di 20 milioni di euro. Il provvedimento fa seguito a un primo stanziamento di 22 milioni, dello scorso dicembre, destinato alle scuole statali di ogni ordine e grado.
“Con questa misura – dichiara il Ministro Bussetti – diamo un forte impulso per diffondere nella scuola un nuovo modo di concepire l’aula, attrezzandola con arredi e dispositivi che favoriscano metodologie didattiche innovative. A dicembre scorso abbiamo stanziato i primi 22 milioni per la realizzazione di nuovi ambienti di apprendimento in oltre mille scuole italiane. Le richieste di finanziamento pervenute a seguito di avviso pubblico sono state tante e, per questo, ho assunto l’impegno di trovare ulteriori risorse. Diamo così la possibilità ad altri mille istituti di dotarsi di ambienti laboratoriali con tecnologie innovative per l’utilizzo della realtà virtuale, della robotica educativa, del pensiero computazionale, della stampa 3d”.

Di seguito il numero delle scuole beneficiarie distinte per Regione:

regionen. beneficiari
ABRUZZO18
BASILICTA17
CALABRIA27
CAMPANIA120
EMILIA ROMAGNA62
FRIULI VENEZIA GIULIA19
LAZIO104
LIGURI24
LOMBARDIA120
MARCHE44
MOLISE7
PIEMONTE64
PUGLIA94
SARDEGNA14
SICILIA104
TOSCANA67
UMBRIA21
VENETO80
TOTALE1006

Scuola digitale: arrivano le équipe territoriali

Al via la selezione di 120 docenti esperti in materia di scuola digitale. Una ‘squadra’ di insegnanti che dovrà occuparsi – costituendo un punto di riferimento per le scuole di tutto il territorio – di promuovere la diffusione di nuove metodologie didattiche, la creazione di ambienti di apprendimento innovativi nelle scuole, la formazione degli insegnanti, la rilevazione delle migliori pratiche già presenti nel Paese.

Il bando è stato pubblicato oggi sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Le domande dovranno essere presentate dagli insegnanti interessati dal 17 al 31 luglio prossimi. La selezione sarà completata entro il mese di settembre, a partire dal quale i docenti scelti saranno esonerati per due anni dal loro servizio ed entreranno a far parte di apposite équipe territoriali.

“I docenti che saranno selezionati – spiega il Ministro Marco Bussetti – saranno punto di riferimento nei territori sul tema del digitale. Saranno esperti a disposizione delle scuole e degli altri insegnanti. Grazie all’esonero potranno dedicarsi infatti a tempo pieno a questa attività formando una vera e propria task force che potrà contribuire a rilanciare e portare avanti le azioni sul tema del digitale. Punteremo in particolare sulla formazione, che è fondamentale, dei docenti e sulla progettazione di attività per il potenziamento delle competenze degli studenti”.

I candidati dovranno dimostrare un’adeguata conoscenza delle metodologie didattiche innovative e dei processi di digitalizzazione delle istituzioni scolastiche, nell’ideazione e realizzazione di contenuti digitali per la didattica, nella progettazione e realizzazione di ambienti digitali per la didattica, nella formazione di docenti e studenti alle competenze digitali.

I docenti delle équipe formative territoriali aiuteranno le scuole nello sviluppo e nella diffusione di soluzioni per la creazione di ambienti digitali con metodologie innovative e sostenibili. Promuoveranno l’innovazione metodologico-didattica, lo sviluppo di progetti di didattica digitale, cittadinanza digitale, economia digitale, educazione ai media. Supporteranno la progettazione e realizzazione di percorsi formativi laboratoriali per docentisull’innovazione didattica e digitale. Documenteranno le sperimentazioni in atto nelle istituzioni scolastiche, nel campo delle metodologie didattiche innovative.

http://www.istruzione.it/scuola_digitale/index.shtml

Computer di classe pre-exascale in Italia

Ci sarà anche l’Italia fra i Paesi che ospiteranno un computer di classe pre-exascale, un supercomputer con elevatissime capacità di calcolo, nell’ambito delle azioni che l’Europa sta mettendo in campo per sostenere la diffusione dell’high performance computing come volano di crescita e innovazione.

La nomina dell’Italia quale Paese ospitante è avvenuta nell’ultimo Governing Board dell’European High Performance Computing Joint Undertaking, realtà voluta dalla Commissione europea per promuovere lo sviluppo di una rete di supercomputer, che ha avuto il compito di scegliere le sedi di questo progetto internazionale.

Il nostro Paese si è proposto lo scorso 21 gennaio, grazie a un Consorzio congiunto con la Slovenia guidato dal Consorzio Interuniversitario CINECA, insieme all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA). La sede prevista è Bologna.

“Per l’Italia questa notizia è motivo di orgoglio. È il frutto di un importante lavoro di squadra”, sottolinea il Ministro Marco Bussetti che esprime “grande soddisfazione” per il risultato raggiunto. “Si tratta di un’iniziativa in cui ho fortemente creduto sin dal primo momento in cui mi sono insediato al Ministero, ritenendola strategica per il nostro Paese, tanto da destinarvi risorse specifiche, 120 milioni di euro – prosegue Bussetti -. Da un lato, ci viene riconosciuta un’indiscussa leadership nel campo dell’high perfomance computing e delle tecnologie abilitanti in Europa, consentendo di sfruttare appieno le potenzialità dei big data, dei data analytics e dell’Intelligenza artificiale, solo per citarne alcune. Dall’altro, l’implementazione di questa infrastruttura avrà ricadute molto positive sia nell’ambito dello sviluppo delle attività di ricerca di base e applicate delle Università e dei centri di ricerca pubblici e privati, sia a livello delle imprese private, creando un ecosistema digitale adeguato ad accogliere nuovi investimenti pubblici e privati nei settori più avanzati”.

I dettagli dell’operazione e le sue ricadute saranno illustrati lunedì prossimo alle 16 in una conferenza stampa al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la cui agenda sarà diffusa nelle prossime ore con le modalità di accredito.

Il comunicato della Commissione europea:
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-19-2868_it.htm


Supercomputer, Italia Paese ospitante

(Lunedì, 10 giugno 2019) Bussetti: “Investiamo per un progetto che riteniamo strategico”

“Il nostro Paese ospiterà uno dei supercomputer che andranno a costituire la rete europea per il ‘supercalcolo’: siamo orgogliosi e soddisfatti per questo risultato. È frutto di un lavoro di squadra, che vede questo Ministero coinvolto attivamente: investiamo 120 milioni per un progetto che riteniamo strategico, che guarda con decisione al futuro”. Così il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, questo pomeriggio al MIUR durante la conferenza stampa di presentazione dei dettagli relativi alla nomina dell’Italia quale Paese ospitante di un computer di classe pre-exascale, un supercomputer con elevatissime capacità di calcolo. “Il nostro è un Paese avanzato nell’ambito della ricerca – prosegue il Ministro – e questo riconoscimento ne è una ulteriore dimostrazione”.

All’evento sono intervenuti anche il Direttore generale del Dipartimento delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie della Commissione europea, Roberto Viola, e il Presidente del Consorzio Interuniversitario CINECA, Giovanni Emanuele Corazza.

La nomina dell’Italia è avvenuta nell’ultimo Governing Board dell’European High Performance Computing Joint Undertaking, realtà voluta dalla Commissione europea per promuovere lo sviluppo di una rete di supercomputer, che ha avuto il compito di scegliere le sedi di questo progetto internazionale.

Il nostro Paese si è proposto lo scorso 21 gennaio, grazie a un Consorzio congiunto con la Slovenia guidato dal Consorzio Interuniversitario CINECA, insieme all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA).

Il progetto rientra nell’ambito delle azioni che l’Europa sta mettendo in campo per sostenere la diffusione dell’high performance computing come volano di crescita e innovazione. Prevede la collocazione di un calcolatore di classe pre-exascale, caratterizzato da una potenza di calcolo superiore ai 250 petaflops di potenza di picco presso il Tecnopolo di Bologna e un impegno economico complessivo del MIUR pari a 120 milioni di euro, distribuito su sette anni (2019-2025). Altri 120 milioni di euro saranno messi a disposizione dalla Commissione europea, per un investimento complessivo di circa 240 milioni di euro.

“Questo è il più grande investimento nel supercalcolo, nell’intelligenza artificiale, nel futuro digitale dell’Europa e dell’Italia – ha dichiarato il Direttore generale del Dipartimento delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie della Commissione europea, Roberto Viola -. Investiremo circa 900 milioni a livello europeo su tre grandi centri, tra i quali Bologna, e 5 di media taglia sparsi per l’Europa, per creare un’infrastruttura strategica digitale in Europa. L’obiettivo è realizzare i supercomputer più veloci al mondo. E le applicazioni sono infinite. Per dare un esempio: oggi per sintetizzare un farmaco nuovo ci vogliono 300 anni, con la nuova macchina basterà mezzora. È una grande sfida per l’Europa e per l’Italia. Siamo contenti di giocare questa sfida insieme. Fra poco entriamo anche nella corsa quantistica e speriamo di fare anche questa insieme. Perché la corsa al supercalcolatore è la nuova corsa allo spazio. E noi possiamo vincerla se mettiamo le forze insieme”.

Il 50% della potenza di calcolo generato dalla macchina sarà a disposizione degli istituti di ricerca, delle università, ma anche delle aziende, del Paese ospitante; la parte restante, invece, verrà utilizzata dai Paesi partecipanti alla Joint Undertaking.

Di fronte a questa grande quantità di dati sarà necessario disporre di infrastrutture di rete di eccellenza. Per questo tutti i centri europei saranno interconnessi con la rete europea Géant e in Italia il nodo di Bologna sarà connesso con un doppio collegamento a 100 Gbps con la rete GARR.

“Il supercalcolatore italiano si chiamerà Leonardo e avrà una potenza di picco di 270 petaflops – ha dichiarato il Presidente del CINECA Giovanni Emanuele Corazza -. Questo risultato, che giunge proprio nell’anno del cinquantesimo anniversario della fondazione di CINECA, è fonte di grande soddisfazione. Da sempre infatti la missione di CINECA consiste nel dare sevizi di calcolo ad alte prestazioni alla comunità scientifica nazionale ed europea. Il risultato ottenuto è il frutto di una stretta collaborazione istituzionale e tecnica con MIUR, Regione Emilia-Romagna, INFN e SISSA. Con questo riconoscimento da parte della Commissione Europea, CINECA conferma il proprio ruolo centrale nel contesto dell’innovazione tecnologica e si accinge a sostenere l’Europa nella sfida globale, in un confronto che ormai va al di là dei singoli confini nazionali e diventa continentale. CINECA è pronto ad affrontare questa sfida, dando compimento alla propria missione istituzionale, oggi e nei prossimi anni, come cinquant’anni fa quando fu costituito grazie alla lungimiranza di questo Ministero”.

Il supercomputer potrà, per esempio, sviluppare approcci di medicina personalizzata e predittiva, potrà rendere più affidabili le previsioni meteo e prevedere eventi naturali catastrofici. Renderà possibile lo sviluppo di materiali sempre più tecnologici e la realizzazione di ricerche e prospezioni minerarie sempre più accurate, oltre che interventi nel campo della sicurezza nazionale/cybersecurity e dell’intelligenza artificiale.

Nelle prossime settimane è previsto il lancio della gara per l’acquisizione dei componenti della macchina. L’assemblaggio, la messa in opera e la fase di testing del computer partiranno nella seconda metà del 2020 e si completeranno entro la fine dello stesso anno.

Olimpiadi di Robotica

Olimpiadi di Robotica, sul podio le squadre vincitrici. Premiate le migliori ‘sentinelle’ per salvare il pianeta. Trecento gli studenti-progettisti in gara da tutta Italia. Bussetti: “Competizione che guarda al futuro”

Alberi-robot a ultrasuoni, droni per monitorare lo stato dell’aria, automi per misurare l’inquinamento da materiale radioattivo, umanoidi salva-ambiente, prototipi per il controllo delle maree e dell’erosione della costa. È stata tutta proiettata verso il futuro la finalissima delle Olimpiadi di Robotica che si è svolta a Genova. La competizione si è conclusa il 30 marzo con la premiazione dei migliori robot realizzati dagli studenti. A salire sul podio sono stati i ragazzi che hanno progettato e realizzato i prototipi più significativi per il miglioramento delle condizioni ambientali del nostro pianeta. Le Olimpiadi quest’anno sono state dedicate al tema della tutela dell’ambiente.

Novanta gli alunni in corsa per il titolo, provenienti dalle scuole di tutta Italia. Erano in 300 ai nastri di partenza, ciascuno con la squadra del proprio istituto. A ricevere il premio sono stati i team: Hydrocarbot dell’Istituto d’Istruzione Superiore ‘Fortunio Liceti’ di Rapallo (GE); HeartQuake dell’Istituto d’Istruzione Superiore ‘Galileo Galilei’ di Crema (CR) e Giorgi dell’Istituto Tecnico Tecnologico ‘Giovanni Giorgi’ di Brindisi.

“Complimenti ai vincitori e a tutti i ragazzi che hanno partecipato a una competizione così bella che guarda al futuro. La creatività, quando è accompagnata dall’impegno e dallo studio, realizza risultati importanti”, spiega il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti. “Queste Olimpiadi sono significative. Con queste gare vogliamo promuovere, incoraggiare e sostenere le potenzialità didattiche e formative della robotica. La tecnologia può e deve essere un’alleata della scuola, per migliorare l’insegnamento e per crescere generazioni di cittadini in grado di gestire il cambiamento e non di subirlo”.

Le Olimpiadi di Robotica, alla quarta edizione, hanno preso il via venerdì pomeriggio nella sede del Collegio Emiliani. Il 30 marzo le gare e la cerimonia di premiazione. La competizione è promossa dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con la collaborazione della Scuola di Robotica. È dedicata agli studenti della scuola secondaria di II grado, statale e paritaria.

I novanta finalisti hanno partecipato suddivisi in squadre (ciascuna composta da tre alunni, oltre al proprio docente). Tre le categorie di gara, una per i principali elementi del nostro pianeta: terra, acqua e aria. Ciascun teamha scelto in quale categoria partecipare.

Le Olimpiadi sono legate alla European Robotics League e le squadre vincitrici potranno partecipare all’edizione ERL Emergency Service Robots che si terrà a La Spezia, a luglio prossimo. L’evento, che vedrà la presenza dei più prestigiosi istituti universitari internazionali, sarà organizzato in Italia daNato Sto Centre for Maritime Research and Experimentation (CMRE) di La Spezia.

In contemporanea con le gare sono stati realizzati laboratori didattici gratuiti, promossi dalla ‘Scuola di Robotica’ di Genova in collaborazione con Costa Crociere Foundation e Fifthingenium, e conferenze aperte alle scuole e al pubblico.

LE SQUADRE PREMIATE:

Categoria ‘Acqua’
Team Hydrocarbot – Istituto d’Istruzione Superiore ‘Fortunio Liceti’, Rapallo (GE)
(alunni: Giorgio Bernardini, Alberto Conte, Tommaso Pavletic; insegnante: Luca De Ponti)

Categoria ‘Aria’
Team HeartQuake– Istituto d’Istruzione Superiore ‘Galileo Galilei’, Crema (CR)
(alunni: Manuel Dadda, Stefano Picco, Andrea Zoli; insegnante: Patrizia Lini)

Categoria ‘Terra’
Team Giorgi – Istituto Tecnico Tecnologico ‘Giovanni Giorgi’, Brindisi
(alunni: Laura De Clemente, Francesco Fiani, Alessandra Moretto; insegnante: Salvatore Campeggio)

I video dei progetti realizzati dagli studenti possono essere visualizzati alla pagina: www.olimpiadirobotica.it

Futura


Riparte da Genova il nuovo tour di “Futura”, l’evento itinerante organizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per raccontare sui territori la scuola digitale. Dal 4 al 6 aprile, oltre 8.000 persone saranno coinvolte in incontri, dibattiti, gare di idee per contribuire al percorso di innovazione in atto negli istituti scolastici italiani.

I dettagli di questa prima tappa sono stati presentati la mattina del 19 marzo, nella Sala Trasparenza della Regione Liguria, dal Ministro Marco Bussetti, dal Presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, dall’Assessore regionale all’Istruzione e alla Formazione Ilaria Cavo, dal Sindaco di Genova Marco Bucci. Presente all’incontro anche il Presidente della Camera di Commercio Luigi Attanasio.

Saranno 6.400 i metri quadrati dedicati all’iniziativa. Circa 113 i workshop di formazione e aggiornamento con esperti italiani e internazionali destinati a 3.500 docenti, a dirigenti scolastici e al personale amministrativo. Oltre 110, invece, i laboratori per circa 4.000 studenti della Scuola dell’infanzia e del Primo ciclo. Mentre saranno 800 i ragazzi del Secondo ciclo coinvolti nelle gare e nelle competizioni dedicate all’innovazione.

Un’edizione completamente rinnovata, quella di quest’anno. In occasione di “Futura”, verranno approfondite le connessioni tra il digitale e discipline e temi molto diversi tra loro, come sport, arte, musica, cibo.

Nell’area “Sport Arena”, per esempio, si disputerà la “Soccer & Data Cup”, la prima competizione calcistica e digitale della scuola italiana. I giovani partecipanti alla tre giorni avranno anche la possibilità di suonare attraverso tavoli interattivi, di cimentarsi nella Street Art digitale, disegnando su un muro di sensori. O, ancora, potranno sfidarsi in cucina con cibi realizzati attraverso stampanti 3D.

“Futura – ha dichiarato il Ministro Marco Bussetti – è una manifestazione che dimostra concretamente come il sistema di istruzione e formazione italiano possa essere e sia già incubatore di progresso e sviluppo. Ripartiamo da Genova per un motivo ben preciso: questa città si è distinta nei mesi scorsi per tenacia e determinazione. Dopo il tragico crollo del Ponte Morandi è andata avanti con grande coraggio, per ricominciare. Anche attraverso la scuola. Il viaggio della scuola digitale continuerà nei prossimi mesi in giro per l’Italia. È importante essere nei territori per entrare in contatto con le buone pratiche in atto, per stimolare e supportare il cambiamento. E soprattutto per lavorare in sinergia con le altre istituzioni, impegnandoci insieme per i ragazzi che sono il futuro del Paese”.

Inoltre, a Genova verranno eletti i vincitori del Premio Scuola Digitale, che ha visto gli studenti italiani sfidarsi nei mesi scorsi a colpi di “prototipi”. Ma anche quelli della gara di idee sul tema della social innovation, e del Womest, la competizione per le studentesse sulle cosiddette discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

Il viaggio di “Futura” proseguirà nei prossimi mesi. Dopo Genova sarà la volta di Trieste. Seguiranno Ravenna, Marsala, Brescia, Sulmona, Assisi, Latina, Lucca, Matera.

“Futura” è anche a Genova per premiare lo sforzo della città, ripartita con vigore dopo il crollo del Ponte Morandi, e per riconoscere il valore che “Orientamenti” ha dimostrato in questi anni di attività. Durante “Futura” saranno, infatti, molteplici le iniziative per approfondire l’innovazione digitale a scuola e non solo, promosse dal Salone della scuola, della formazione, dell’orientamento e del lavoro, giunto quest’anno alla sua 24esima edizione. Nella giornata conclusiva della tre giorni, per esempio, ci sarà uno spazio interamente dedicato ai genitori e al mondo dell’orientamento per aiutare e coinvolgere le famiglie in una scelta consapevole per il futuro dei propri figli.

“Una bella iniziativa con migliaia di studenti che arriveranno da tutta Italia e animeranno il centro cittadino per parlare di futuro e Scuola Digitale – ha affermato Giovanni Toti, Presidente di Regione Liguria –. La prima tappa di questo tour itinerante, voluto dal Ministero dell’Istruzione, arriva nel capoluogo per dare un segnale a tutti i ragazzi che hanno vissuto momenti difficili dopo il crollo del Ponte Morandi. Un’opportunità per investire sulla formazione dei nostri ragazzi, per aiutarli a compiere le migliori scelte educative e professionali possibili anche grazie a Orientamenti, il Salone guida a livello nazionale organizzato da Regione Liguria, dedicato al mondo della scuola e al futuro lavorativo degli studenti”.

“È fondamentale andare incontro a un futuro consapevole, sia dal punto di vista scolastico che da quello professionale – ha dichiarato Ilaria Cavo, Assessore all’Istruzione e alla Formazione di Regione Liguria –. ‘Futura’ incrocia il suo potenziale formativo con quello di ‘Orientamenti’ e diventa un modo per dare un segnale forte ai nostri ragazzi su quanto siano importanti le competenze digitali in un momento in cui, anche nella nostra regione, registriamo un gap tra le esigenze delle aziende in campo tecnologico e i profili dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Un ringraziamento va al Miur e al Ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che, dopo aver sostenuto il piano scuola per far fronte all’emergenza di Ponte Morandi, ha deciso di invadere Genova con tanti giovani che guardano al futuro. Si tratta di un modo per premiare gli studenti di una città che non ha mai mollato e nel contempo per riconoscere i meriti di una manifestazione come ‘Orientamenti’ che, anche nell’edizione 2019, si concentrerà sul settore digitale come in un simbolico passaggio di consegne con ‘Futura’”.

“Siamo onorati che Genova sia la prima tappa nazionale della nuova edizione di ‘Futura’ – ha sottolineato il sindaco di Genova, Marco Bucci –.Siamo di fronte alla quarta rivoluzione industriale e crediamo che Genova possa e debba svolgere il suo ruolo anche di fronte a queste nuove sfide globali. Per questo è indispensabile non solo investire in questa direzione ma soprattutto formare i giovani. ‘Futura’ è un’ottima opportunità per i nostri ragazzi: per conoscere, imparare, condividere, sperimentare, approfondire e avvicinarsi a questi temi non solo dentro alle mura scolastiche, ma anche in altri luoghi della nostra meravigliosa città appositamente trasformati, per l’occasione, in ambienti e laboratori digitali”.

#FuturaSassari, #Ichnusa 4.0 – l’Isola connessa

#FuturaSassari, dal 20 al 22 settembre la tappa sarda del tour del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD)

Tre giorni di iniziative e confronti per raccontare e approfondire i temi del Piano Nazionale Scuola Digitale. Laboratori, atelier aperti al territorio e alle comunità scolastiche, buone pratiche, “vetrine tecnologiche”, dimostrazioni di gare robotiche, simulazioni, hackathon per le scuole: approda in Sardegna il viaggio di #Futura, l’evento a tappe creato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per fare il punto sulle trasformazioni che interessano l’istruzione e valorizzare le buone pratiche didattiche in chiave innovativa. Dal 20 e fino al 22 settembre, Sassari ospiterà una delle 25 fermate di questo tour che dallo scorso gennaio sta toccando altrettante città del paese.

Il cuore dell’evento sardo, intitolato ‘#Ichnusa 4.0 – l’Isola connessa #FuturaSassari’, sarà il Padiglione Tavolara che proprio per questa occasione sarà riaperto al pubblico dopo un lungo restauro. Gli altri appuntamenti si terranno nel Polo didattico Quadrilatero, nell’ex Biblioteca universitaria e nel Teatro comunale di Cappuccini. Come ormai consuetudine in ogni tappa di #Futura, un momento particolarmente importante della tre giorni sarda sarà il “CIVIC HACK SARDEGNA”, una maratona progettuale alla quale parteciperanno studenti di tutte le scuole secondarie di II grado della Sardegna. I ragazzi si confronteranno, con la supervisione di mentori, esperti e ricercatori, sul tema della mobilità materiale e immateriale della loro Regione per arrivare ad elaborare proposte in chiave “4.0” per il futuro e lo sviluppo del territorio sardo.

“Fauna selvatica e ambiente, un laboratorio digitale a cielo aperto”, “I progetti Erasmus+” dell’USR Sardegna per l’implementazione del PNSD”, “Nuove tecnologie per l’inclusione”, “Millennials d’Italia in movimento” sono solo alcuni dei convegni in programma da oggi e sabato nei diversi spazi che saranno animati da Futura.

#FuturaItalia è ideato dalla Direzione Generale per l’Innovazione Digitale (Dgefid) del Miur e organizzato nell’isola con il coinvolgimento dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Niccolò Pellegrini” di Sassari (in qualità di scuola polo per la progettazione e il coordinamento tecnico-operativo) e dell’Istituto di Istruzione Superiore “Sebastiano Satta” di Macomer (per il coordinamento delle attività formative in qualità di “snodo formativo territoriale” dell’iniziativa didattica e formativa).

da GOV.IT a EDU.IT

La determina n. 36 del 12 febbraio 2018  emanata dall’Agenzia per l’Italia Digitale, in coerenza con quanto stabilito dal Piano Triennale per l’informatica nella nella PA 2017/2019, prevede che il dominio GOV.IT sia assegnato alle sole Amministrazioni centrali dello Stato, come già avviene in ambito internazionale.

Dal 20 settembre 2018 tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado, statali e non statali, potranno registrare il loro nome a dominio edu.it.

Ogni scuola dovrà:

  • verificare sul database Whois se è disponibile il nome che si è scelto;
  • trovare nella Lista un Registrar che provvederà direttamente alla registrazione del dominio. I Registrar abilitati alla registrazione di domini edu.it sono identificati da questo logo:
  • accertarsi di avere a disposizione, prima di contattare il registrar, il codice meccanografico e tutti i dati identificativi della scuola e del legale rappresentante.

Se la scuola farà la registrazione nel primo anno (dal 20 settembre 2018 al 19 ottobre 2019):

  • potrà mantenere lo stesso terzo livello del nome (es. il liceomanzoni.gov.it potrà diventare liceomanzoni.edu.it).
    In questo arco di tempo i nomi a dominio delle scuole già registrate, con estensione gov.it, verranno riservati nell’SLD (Second Level Domain) edu.it;
  • non avrà costi. Il Registro.it non addebiterà al Registrar oneri per la registrazione dei nomi a dominio edu.it.

Oltre il 20 ottobre 2019, invece, i nomi non ancora registrati torneranno a essere disponibili e saranno assegnati secondo l’ordine cronologico di arrivo delle richieste.

Le istituzioni scolastiche con dominio GOV.IT potranno mantenerlo fino alla naturale scadenza del contratto di canone con il proprio gestore ed eccezionalmente anche nel caso in cui questo superi la scadenza prevista dalla citata determina AgID.


  • Regolamento
  • Manifestazione di Interesse
    Fornitura di servizi connessi alla migrazione al dominio edu.it per tutti gli istituti scolastici e al dominio .it per gli enti territoriali attualmente sotto dominio gov.it

Via alla migrazione dei domini delle scuole da .gov.it a .edu.it

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha lanciato il nuovo dominio .edu.it che verrà assegnato ai siti web di tutte le scuole d’Italia, trasformando i domini attualmente attivi .gov.it. L’obiettivo dell’operazione è quello di migliorare la visibilità e la sicurezza dei siti delle scuole coerentemente con il lavoro che si sta svolgendo anche sul design di questi siti.

A partire dal 20 settembre 2018 tutte le scuole potranno registrare il loro dominio .edu.it ed effettuando la registrazione entro il 19 ottobre potranno mantenere lo stesso terzo livello del nome, ad esempio il liceomanzoni.gov.it potrà diventare liceomanzoni.edu.it). Il passaggio inoltre sarà totalmente gratuito.

Per guidare le scuole nella migrazione dei loro domini è stata creata una pagina di supporto, disponibile al link http://www.miur.gov.it/web/guest/nuovo-dominio-edu.it, nella quale sono riportate tutte le informazioni utili al passaggio.

#FuturaVarese

Il Ministro Marco Bussetti a #FuturaVarese

Sabato 15 settembre dalle ore 11, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti sarà a #FuturaVarese, l’evento dedicato alla scuola digitale. In particolare, il Ministro parteciperà al “Civic Hack”, una maratona progettuale civica durante la quale ragazze e ragazzi lavoreranno insieme con l’obiettivo di dare il proprio contributo alla crescita e al futuro sostenibili del territorio. La scoperta delle proprie radici culturali, la ridefinizione e il rafforzamento delle identità territoriali, soluzioni per la mobilità locale e il pendolarismo sono i temi sui quali gli studenti saranno chiamati a riflettere e confrontarsi per elaborare, infine, proposte progettuali.

#FuturaVarese è la settima delle 24 tappe del tour di Futura, l’evento itinerante del MIUR per la diffusione delle buone pratiche di scuola digitale. Il tour ha già coinvolto oltre 40mila persone tra docenti, studenti e cittadini che hanno partecipato alle molte attività proposte dai programmi di Catania, Caltanissetta, Pescara, Brindisi, Rieti. La tappa lombarda è la prima dopo la pausa estiva e apre un fitto calendario che arriverà fino alla fine di novembre.