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20 dicembre Dimensionamento Rete Scolastica

L’art. 138 del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 ha delegato alle Regioni “la programmazione, sul piano regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali“.

L’art. 3 del DPR 18 giugno 1998, n. 233, a norma dell’art. 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59, ha determinato iter, tempi di applicazione e attuazione del piano regionale di dimensionamento, stabilendo che lo stesso venga approvato entro il 31 dicembre.

La Conferenza unificata Stato-Regioni, vista la sentenza della Corte Costituzionale 4 giugno 2012, n. 147, preso atto della Risoluzione della 7a Comissione Senato del 10 luglio 2012, (Intesa, in corso di formalizzazione, relativa al Dimensionamento della rete scolastica), ha deliberato:
Art. 1
Al fine di salvaguardare le specificità territoriali, ad ogni Regione, con provvedimento del Ministro dell’Università e della ricerca di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, viene assegnato un contingente regionale di dirigenti scolastici, cui corrisponde un numero non superiore di istituzioni autonome comprese quelle educative, le scuole speciali e i poli tecnico-professionali di cui all’art. 52 della L. 35/2012, esclusi i Centri Provinciali di istruzione per gli adulti (CPIA), il cui numero è pari a 55. Tale contingente, al fine anche di assicurare il contenimento della spesa pubblica, è definito dividendo per 900 il numero degli alunni iscritti alle scuole statali nell’organico di diritto del primo anno scolastico di riferimento del triennio, integrato dal parametro della densità degli abitanti per Kmq.. Il primo anno del triennio è l’anno scolastico 2013/2014.
Per le scuole con insegnamento in lingua slovena si confermano le autonomie già funzionanti nell’a.s. 2012-2013.
Nell’ambito del contingente assegnato le Regioni, di cui alla tabella A) allegata, definiscono autonomamente il numero degli alunni per ogni istituzione scolastica a seconda delle diverse realtà territoriali che come afferma la citata sentenza della Corte costituzionale “ben possono essere apprezzate in sede regionale”, nonché tenedo conto dei comuni montani, delle piccole isole e della specificità delle istituzioni scolastiche.
Il Governo, assicurando comunque il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica ivi previsti, si impegna a proporre l’abrogazione del comma 5 dell’ art. 19 del decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011, convertito, con modificazione della legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dalla legge 183/2011 art. 4 comma 69, nonché dell’art. 2 del DPR 18 giugno 1998 n. 233 ed a valutare in relazione alla presente intesa, i criteri di assegnazione per i DSGA.
Art. 2
Per consentire l’attivazione delle procedure legate all’avvio dell’anno scolastico di riferimento, relative alla definizione degli organici, alla mobilità del personale, alle immissioni in ruolo, il piano di dimensionamento della rete scolastica è approvato dalla Regione entro il 30 novembre di ogni anno. Eventuali deroghe e/o differimenti temporali possono essere previste in presenza di situazioni complesse o in via di definizione. Gli Uffici scolastici regionali entro il 31 dicembre di ogni hanno provvedono ad apportare le necessarie modiche al sistema informativo adeguando le scuole secondo le delibere regionali. In fase di prima applicazione i termini sopra indicati si intendono differiti rispettivamente al 15 gennaio e al 30 gennaio.

La Legge 15 luglio 2011, n. 111, la Legge 12 novembre 2011, n. 183  e Legge 8 novembre 2013, n. 128 hanno modificato i parametri definiti dal DPR 18 giugno 1998, n. 233 (confermati dall’art. 1, comma 3, del DPR 20 marzo 2009, n. 81) concernenti i criteri generali, i parametri ed i tempi per il dimensionamento della rete scolastica e per la correlata programmazione dell’offerta formativa.

Il comma 4, dell’art. 19 della Legge 15 luglio 2011, n. 111, di conversione del Decreto-Legge 6 luglio 2011, n. 98, (dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale 4 giugno 2012, n. 147) prevede che, “per garantire un processo di continuita’ didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita’ linguistiche“;

il comma 5, dell’art. 19 della Legge 15 luglio 2011, n. 111, di conversione del Decreto-Legge 6 luglio 2011, n. 98, come modificato dall’art. 4, comma 69, della Legge 12 novembre 2011, n. 183, e dall’art 12 della Legge 8 novembre 2013, n. 128 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, prevede che “Negli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014 alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unita’, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificita’ linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome“;

il comma 5-bis, dell’art. 19 della Legge 15 luglio 2011, n. 111, introdotto dall’art. 4, comma 70, della Legge 12 novembre 2011, n. 183, come modificato dall’art. 12 della Legge 8 novembre 2013, n. 128 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, prevede che «Negli anni scolastici 2012-2013 e 2013-2014, alle istituzioni scolastiche autonome di cui al comma 5 non può essere assegnato in via esclusiva un posto di direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA); con decreto del Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale competente il posto è assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche, individuate anche tra quelle cui si applichi il medesimo comma 5. Al personale DSGA che ricopra detti posti, in deroga all’articolo 9, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è riconosciuta, a seguito di specifica sessione negoziale, una indennità mensile avente carattere di spesa fissa, entro il limite massimo del 10 per cento dei risparmi recati dal presente comma»;

il comma 5-ter, dell’art. 19 della Legge 15 luglio 2011, n. 111, introdotto dall’art. 12 della Legge 8 novembre 2013, n. 128 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, prevede che «A decorrere dall’anno scolastico 2014-2015, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, nonche’ per la sua distribuzione tra le regioni, sono definiti con decreto, avente natura non regolamentare, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e della finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, fermi restando gli obiettivi finanziari di cui ai commi 5 e 5-bis del presente articolo. Le regioni provvedono autonomamente al dimensionamento scolastico sulla base dell’accordo di cui al periodo precedente. Fino al termine dell’anno scolastico nel corso del quale e’ adottato l’accordo si applicano le regole di cui ai commi 5 e 5-bis».

Il MIUR, con la Nota 20 dicembre 2013, AOODPIT Prot. n.2828, stabilisce che la mancata stipula dell’ accordo e la conseguente mancata predisposizione del Decreto Interministeriale previsto dal comma 5-ter, dell’art. 19 della Legge 15 luglio 2011, n. 111, introdotto dall’art. 12 della Legge 8 novembre 2013, n. 128, comporta il permanere, anche per l’anno scolastico 2014/2015, delle disposizioni di cui ai commi 5 e 5 bis dell’ art. 19 della legge 15 luglio 2011, n. 111 come modificato dalla legge 183/2011, art. 4 comma 69, che prevede la non assegnazione del dirigente scolastico e del DSGA nei casi in cui la scuola non raggiunga i 400 (in particolari casi) o i 600 alunni.

Nota 20 dicembre 2013, AOODPIT Prot. n.2828

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
DIPARTIMENTO DELL’ISTRUZIONE

Al Direttori generali degli Uffici scolastici regionali
LORO SEDI
e p.c. Agli Assessori Regionali all’ istruzione
LORO SEDI

OGGETTO: Dimensionamento della rete scolastica – A.S. 2014/2015

Il decreto legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito della citata legge 8 novembre 2013, n. 128, all’ art. 12 prevede che a decorrere dall’ a.s. 2014/2015, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali ed amministrativi, nonché per la sua distribuzione tra le regioni, siano definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’ economia e delle finanze, previo accordo in Conferenza unificata, fermi restando gli obiettivi finanziari di cui ai commi 5 e 5 bis dell’ art. 19 del decreto legge 6 luglio 2011, n.98 convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

Sui contenuti dell’ipotesi di decreto interministeriale si sono svolti diversi incontri senza però giungere ad una conclusione definitiva e, pertanto, tenuto conto dei tempi necessari per la definizione degli organici e le successive procedure di mobilità del personale, in vista dell’avvio dell’anno scolastico 2014/2015, a partire dal 10 dicembre c.m., sono state aperte le funzioni dell’ aggiornamento anagrafe delle scuole (nuove istituzioni, fusioni, soppressioni etc.) e, presumibilmente, verranno tenute aperte sino al 31 gennaio 2014.
La mancata stipula dell’ accordo e la conseguente mancata predisposizione del Decreto Interministeriale comporta il permanere, anche per l’anno scolastico 2014/2015, delle disposizioni di cui ai commi 5 e 5 bis dell’ art. 19 della legge 15 luglio 2011, n. 111 come modificato dalla legge 183/2011, art. 4 comma 69, che prevede la non assegnazione del dirigente scolastico e del DSGA nei casi in cui la scuola non raggiunga i 400 (in particolari casi) o i 600 alunni.

Si invitano, pertanto, le SS.LL. a stabilire immediati contatti con gli Uffici dei competenti Assessorati regionali per offrire ogni utile collaborazione e supporto nell’ ottica di una sollecita definizione della programmazione della rete scolastica e dell’ offerta formativa suggerendo, di recuperare le istituzioni sottodimensionate dimensinandole opportunamente e, per quanto possibile, non alterando l’attuale assetto della rete scolastica.

Con l’occasione si ricorda che i Poli Tecnici-Professionali devono essere presenti nei Piani di dimensionamento della rete scolastica regionale.

Per ogni utile riferimento, si allega il decreto relativo all’anno scolastico 2013/2014, registrato dalla Corte dei Conti, che ha definito il numero delle istituzioni scolastiche dimensionate e quelle sottodimensionate.

Si ringrazia per la consueta fattiva collaborazione.

Il Capo Dipartimento
Luciano Chiappetta

istituzioni_scolastiche_2014-15

Ordinanza TAR Campania 8 maggio 2013, n. 1300

N. 00740/2013 REG.PROV.CAU.

N. 01300/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 1300 del 2013, proposto da: XXXX, rappresentati e difesi dall’avv. Leonardo Sagnibene, con domicilio eletto presso Leonardo Sagnibene in Napoli, via A.De Gasperi N. 45;

 

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale della Campania, 13° Circolo Didattico in persona del Dirigente p.t., rappresentati e difesi dall’Avvoc. Distrett. Stato Napoli, domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, 11; Regione Campania, rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Consoli, con domicilio eletto presso Massimo Consoli in Napoli, via S. Lucia,81 c/o Avvoc. Regionale;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

DELIBERA DI GIUNTA REGIONALE N. 32/2013 AVENTE AD OGGETTO “ORGANIZZAZIONE DELLA RETE SCOLASTICA E PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA ANNO SCOLASTICO 2013/2014”.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, di Ufficio Scolastico Regionale della Campania, di Regione Campania e di 13° Circolo Didattico in persona del Dirigente p.t.;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;

Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Considerato che l’amministrazione regionale ha mantenuto autonomia in capo al 13° Circolo didattico statale di Napoli (trasformato in Istituto comprensivo statale) nonostante il numero degli alunni ivi iscritti (555) risultasse inferiore alla soglia minima (600) al di sotto della quale si impone la fusione con altro istituto scolastico – oltre che a dispetto delle indicazioni di accorpamento con l’Istituto comprensivo statale “Pavese”, fornite dal Comune di Napoli con la nota del 27 dicembre 2012, prot. n. PG/2012/986089) –;

Ritenuto, quindi, che:

– ad un sommario esame, appaiono sussistere le condizioni di cui all’art. 55 cod. proc. amm.;

– appare equo compensare interamente tra le parti le spese relative alla presente fase di giudizio;

– la causa potrà essere definita nel merito, la cui udienza di trattazione viene fissata alla data del 23 ottobre 2013;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) accoglie, ai fini del riesame, la suindicata domanda incidentale di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.

Compensa interamente tra le parti le spese relative alla presente fase di giudizio.

Fissa alla data del 23 ottobre 2013 l’udienza pubblica per la trattazione della controversia nella sede di merito.

La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Gianluca Di Vita, Primo Referendario

Olindo Di Popolo, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Sentenza Consiglio di Stato 11 gennaio 2013, n.110

N. 00110/2013REG.PROV.COLL.

N. 06251/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6251 del 2012, proposto da: omissis rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Pompilio e Olivia Polimanti, con domicilio eletto presso Olivia Polimanti in Roma, via Taro, n. 25;

contro

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall’avv. omissis, con domicilio eletto presso omissis in Roma, via Ottaviano, n. 9;

nei confronti di

PROVINCIA DI COSENZA, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica; COMUNE DI CASTROVILLARI, in persona del sindaco in carica; omissis tutti non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO :SEZIONE II n. 529 del 25 maggio 2012, resa tra le parti, concernente piano di dimensionamento scolastico della Città di Castrovillari;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Calabria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati A. Pompilio e G. Pungi, su delega di D. De Nobili;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

I. Con ricorso giurisdizionale notificato tra il 10 ed il 13 aprile 2012, i signori omissis, tutti in proprio e quali genitori di alunni delle (ex) scuole primarie S.S. Medici e De Nicola, hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria l’annullamento: a) della delibera della Giunta regionale della Calabria n. 47 del 10 febbraio 1992, avente ad oggetto “Piano di riorganizzazione e di razionalizzazione della rete scolastica e della programmazione dell’offerta formativa della Regione Calabria a.s. 2012/2013 e nomina commissario ad acta”, nonché, per quanto di ragione, della successiva deliberazione n. 64 del 16 febbraio 2012, avente ad oggetto “Integrazione delibera di Giunta regionale n. 47 del 10 febbraio 2012 ad oggetto: Piano di riorganizzazione e di razionalizzazione della rete scolastica e della programmazione dell’offerta formativa della Regione Calabria a.s. 2012/2013; presa d’atto della deliberazione del Commissario ad acta n. 3 del 14 febbraio 2012 per adempimenti Provincia di Reggio Calabria”, entrambe nella parte concernente il dimensionamento scolastico della città di Castrovillari; b) della delibera consiliare n. 31 del 2 dicembre 2011 della Provincia di Cosenza, avente ad oggetto “Piano di dimensionamento: Programma territoriale della rete scolastica e dell’offerta formativa a.s. 2012/2013”, pure nella parte concernente il dimensionamento scolastico della città di Castrovillari; c) della delibera della Giunta municipale di Castrovillari n. 181 del 25 ottobre 2011, avente ad oggetto “Piano di dimensionamento scolastico – Costituzione istituti comprensivi – Proposta della Giunta comunale”; d) dell’atto/proposta dei dirigenti scolastici del 20 ottobre 2011; e) in quanto lesiva, della delibera della Giunta municipale del Comune di Castrovillari n. 48 del 6 aprile 2012, avente ad oggetto “Piano di dimensionamento scolastico – Costituzione istituti comprensivi – Richiesta sospensione per un anno – Atto d’indirizzo”; f) di ogni altro atto presupposto, conseguente, connesso o comunque collegato.

A sostegno dell’impugnativa i ricorrenti hanno dedotto:

1) “Eccesso di potere per carenza del presupposto. Violazione dell’art. 3 della L. 241/90. Eccesso di potere per contraddittorietà/tautologia della motivazione. Eccesso di potere per carenza e/o difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti. Eccesso di potere per sviamento del fine. Eccesso di potere per illogicità e violazione del principio di proporzionalità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L. 23/96. Violazione e falsa applicazione del DPR 81/2009 artt. 3, 4, 9, 10, 11, del D.M. 18/12/1975 e del D.m. 26/08/92. Violazione e falsa applicazione della deliberazione n. 48 del 04/08/2010 e degli indirizzi regionali per la programmazione della rete scolastica. Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti. Violazione dell’art. 3 L. 241/1990. Violazione e falsa applicazione della circolare n. AOODGPER 10309 e delle direttive della Conferenza delle regioni. Eccesso di potere per violazione del legittimo affidamento”: l’impugnato piano di dimensionamento regionale, come proposto dal Comune di Castrovillari e adottato dalla Provincia di Cosenza, aveva omesso di tener conto dei puntuali criteri regionali in materia, non conteneva alcuna motivazione in ordine alla sua necessarietà ed indilazionabilità per il riequilibrio e la sistemazione degli assetti preesistenti ed era fondato esclusivamente su di un mero criterio aritmetico, senza considerare la idoneità degli edifici in cui sarebbero state allocate le classi degli istituti accorpati (anche in ragione degli ambiti di età della popolazione scolastica interessata, della promiscuità che si sarebbe creata tra alunni di età assolutamente diversificata tra di loro e delle esigenze logicistico – organizzative del tutto disomogenee) ed i relativi requisiti standard (anche sotto il profilo igienico – funzionale); ciò tanto più che lo stesso Comune di Castrovillari, resosi evidentemente conto di tali macroscopiche problematiche, inizialmente sottovalutate e affrontate in modo approssimativo, senza il dovuto approfondimento istruttorio, con la delibera n. 48 del 5 aprile 2012 aveva chiesto la sospensione per un anno del piano di dimensionamento scolastico;

2) “Illegittimità derivata. Eccesso di potere. Violazione norme procedimentali. Eccesso di potere per contraddittorietà dei provvedimenti”: il ravvedimento del Comune di Castrovillari contenuto nella ricordata delibera n. 48 del 5 aprile 2012 privava di qualsiasi sostegno e fondamento l’impugnata deliberazione regionale;

3) “Violazione dell’art. 3 legge 241/90. Eccesso di potere. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Sviamento di potere. Violazione e falsa applicazione del DPR 81/2009. Eccesso di potere per omissione”: ulteriore riprova del criterio meramente aritmetico posto inammissibilmente a fondamento del nuovo piano di dimensionamento scolastico era la pacifica circostanza che gli alunni con disabilità, frequentati le scuole da accorpare, erano stati considerati unitariamente, quale “gruppo”, cioè quale mera entità numerica, nel piano comunale e nessuna considerazione della loro effettiva esistenza era dato riscontrare dall’esame degli atti provinciale e regionale;

4) “Violazione dell’art. 3 legge 241/90. Eccesso di potere. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Sviamento di potere per violazione del principio di proporzionalità”: lo smembramento degli istituti esistenti per dare vita agli istituti comprensivi appariva giustificato dal mantenimento delle figure dei dirigenti scolastici e dai livelli occupazionali del personale docente e non docente, finalità che non solo non sembravano essere effettivamente conseguite, per quanto potevano essere raggiunte anche con una composizione degli istituti comprensivi diversa da quella prevista negli atti impugnati;

5) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, comma 2, e 1, comma 2, del d.p.r. 23 giugno 1998 n. 233; violazione dell’art. 97 Cost. Violazione del principio di ragionevolezza. Eccesso di potere per travisamento, illogicità, carenza dei presupposti e di motivazione”: il provvedimento di aggregazione non aveva minimamente tenuto conto dei diversi percorsi didattici e formativi delle scuole accorpate;

6) “Violazione dell’art. 139 della L. 112/1998 e delle linee guida regionali. Violazione di norme procedurali. Eccesso di potere per difetto di istruttoria”: la modifica del piano di dimensionamento non aveva seguito il suo specifico iter formativo, non essendo state in particolare sentite nella conferenza provinciale le organizzazioni sindacali e le comunità montane;

7) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del TU 267/2000. Violazione e falsa applicazione dell’art. 139 L.R 34/2002. Incompetenza”: i piani di dimensionamento scolastico, quali atti programmatici, rientravano nella competenza degli organi consiliari ed invece nel caso di specie, quanto alla Regione Calabria e alla Provincia di Cosenza, erano stati in ammissibilmente adottati dai relativi organi esecutivi (la giunta).

II. L’adito tribunale, sez. II, nella resistenza della Regione Calabria e della Provincia di Cosenza, con la sentenza n. 529 del 25 maggio 2012, assunta ai sensi dell’art. 60 c.p.a. all’udienza in camera di consiglio fissata per la delibazione dell’istanza cautelare di sospensione degli effetti degli atti impugnati, ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di interesse, osservando che “…i ricorrenti non danno indicazione alcuna in ordine all’esistenza di un proprio interesse personale, diretto, concreto ed attuale all’impugnazione degli atti avverso i quali è stato proposto ricorso, limitandosi a richiamare, in relazione, peraltro, all’istanza cautelare, un generico pericolo alla sicurezza fisica, alla tutela della personalità ed al diritto all’istruzione connesso alla smembramento conseguente alla creazione degli istituti comprensivi…in assenza di qualsiasi indicazione in ordine al concreto carattere lesivo degli atti impugnati”.

III. I sigg. omissis, già originari ricorrenti, con rituale e tempestivo atto di appello hanno chiesto la riforma della predetta sentenza, deducendone innanzitutto l’assoluta erroneità per la frettolosa ed inopinata declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado e riproponendo tutti i motivi di censura ivi spiegati, non mancando di sottolineare peraltro che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 417 del 2012 aveva annullato la normativa su cui si fondava l’impugnato piano di dimensionamento scolastico.

Ha resistito al gravame la sola Regione Calabria che ne ha chiesto il rigetto, sottolineando in particolare la correttezza della sentenza impugnata, non essendo stata fornita neppure in appello alcuna prova degli asseriti effetti pregiudizievoli derivanti agli interessati dai provvedimenti impugnati, nonché l’infondatezza dei motivi di censura anche alla luce della invocata sentenza della Corte Costituzionale n. 417 del 1992, stante la discrezionalità dell’amministrazione regionale nel decidere la istituzione degli istituti comprensivi.

IV. Con ordinanza n. 3691 del 12 settembre 2012 la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, in accoglimento della domanda cautelare avanzata dagli appellanti, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata, avendo rilevato che “…all’esame proprio della fase cautelare, l’appello appare assistito dal necessario fumus boni iuris, sia quanto al profilo della sussistenza dell’interesse a ricorrere, sia quanto alla sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale, a seguito della sentenza 7 giugno 2012, n. 147, del comma 4 dell’art. 19 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, che costituisce il presupposto normativo dell’impugnato piano di dimensionamento scolastico della città di Castrovillari”.

Con la predetta ordinanza è stata anche fissata l’udienza di discussione del merito del ricorso per il 12 marzo 2013.

V. Con istanza depositata il 13 settembre 2012 gli appellanti hanno proposto istanza di correzione di errore materiale dell’ordinanza n. 3691 del 12 settembre 2012, sul presupposto che quest’ultima, pur sospendendo la sentenza impugnata (recante una mera pronuncia processuale), non contenesse alcuna statuizione circa la sospensione dei provvedimenti impugnati in primo grado.

All’udienza in camera di consiglio del 9 ottobre 2012, su richiesta delle parti è stata disposta l’anticipazione dell’udienza di trattazione del merito, già fissata per il 12 marzo 2013, al 18 dicembre 2012, in ragione della delicatezza e rilevanza degli interessi, pubblici e privati, coinvolti.

VI. Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

VII. E’ fondato e merita accoglimento il primo motivo di gravame, con cui gli appellanti hanno sostenuto l’erroneità della declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado per l’asserita mancata prova dell’esistenza di un proprio interesse personale, diretto, concreto ed attuale all’annullamento degli atti impugnati, dei quali non sarebbe mancata qualsiasi indicazione del carattere lesivo.

E’ stato rilevato (C.d.S., sez. VI, 13 aprile 2010, n. 2054; 16 febbraio 2007, n. 661; 21 febbraio 2001, n. 896; 3 aprile 2001, n. 1958; 8 ottobre 1992, n. 735) che gli atti di fusione, scissione o soppressione degli istituti scolastici sono espressioni della potestà autoorganizzatoria dell’amministrazione, capaci pertanto di esplicare sul piano fattuale effetti sia sugli alunni, quali diretti fruitori del servizio scolastico, sia sui soggetti (personale docente e non docente) che opera nell’ambito della scuola, così che deve ammettersi l’esistenza in capo a tali soggetti di una posizione legittimante la impugnazione dei predetti atti ogni qualvolta se ne prospetti l’incidenza sulla qualità del servizio in relazione ai requisiti di dimensione ottimale dell’istituto in base a prestabiliti parametri normativi fatti propri dagli atti di indirizzo a livello locale.

Applicando tali principi al caso di specie, posto che non è stata minimamente contestata la qualità dei ricorrenti di genitori di alunni frequentanti rispettivamente la scuola primaria “S.S. Medici” e secondaria di I° grado “De Nicola” (sez. D – E – G), oggetto di accorpamento nel nuovo istituto comprensivo n. 2 (qualità peraltro provata con apposite certificazioni prodotte già nel primo grado di giudizio), non può negarsi che gli impugnati atti di dimensionamento scolastico, nel prevedere, quanto alla città di Castrovillari, la creazione dell’istituto comprensivo n. 2 mediante accorpamento di varie scuole tra cui, per quanto qui interessa, la scuola primaria “S.S. Medici” e quella secondaria di I° grado “De Nicola” (sezioni D – E – G), sono effettivamente lesivi delle posizioni giuridiche degli alunni (e dei genitori esercenti nei loro confronti la relativa potestà), quali fruitori del servizio scolastico, in quanto direttamente incidenti sulla qualità del servizio scolastico, come non implausibilmente prospettato con riferimento, tra l’altro, alla contestata idoneità dell’edificio chiamato ad ospitare il nuovo istituto, alla disomogeneità della popolazione scolastica comprendente indistintamente bambini della scuola primaria ed adolescenti della scuola secondaria di I° grado (con diverse esigenze anche dal punto di vista logistico e igienico – funzionale, asseritamente non apprezzate in modo esauriente e approfondito) ed alla omessa considerazione della diversità dei percorsi didattici e formativi delle scuole da accorpare.

Non può infatti considerarsi del tutto irrilevante per gli utenti del servizio scolastico, ed in particolare per le famiglie degli alunni, soprattutto se appartenenti alla scuola primaria o secondaria di primo grado, il contesto strutturale, logistico e funzionale nel quale il servizio scolastico viene effettivamente reso e conseguentemente la logicità e la ragionevolezza (quanto meno sotto il profilo della adeguata istruttoria e della puntuale motivazione) delle scelte organizzatorie: pertanto, indipendentemente dalla fondatezza dai vizi di legittimità da cui sarebbero affetti gli atti impugnati (secondo le tesi dei ricorrenti), essi sono da considerarsi effettivamente lesivi, sussistendo la concretezza e l’attualità dell’interesse alla loro eliminazione, quanto meno al fine della corretta riedizione del predetto potere organizzatorio (ferma ovviamente la verifica giurisdizionale della fondatezza di tali prospettati vizi).

Deve del resto ricordarsi che nel processo amministrativo l’interesse ad agire deve essere verificato con esclusivo riferimento all’oggetto del giudizio ed al contenuto della domanda giudiziale proposta, alla luce di quelle che son le naturali conseguenze della pronuncia giurisdizionale, senza avere riguardo alle eventuali determinazioni future, assumibili in via autonoma dall’amministrazione in attuazione dei principi contenti nella sentenza (C.d.S., sez. V, 6 luglio 2012, n. 3955), dovendo tenersi conto dell’idoneità del provvedimento richiesto al giudice per eliminare la dedotta situazione lesiva.

VIII. L’accoglimento dell’esaminato motivo di gravame impone alla Sezione lo scrutinio dei motivi di censura appuntati nei confronti degli atti impugnati col ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

VIII.1. Deve essere innanzitutto esaminato, per priorità logico – giuridica, il settimo motivo di censura, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 52 del TU 267/2000. Violazione e falsa applicazione dell’art. 139 L.R 34/2002. Incompetenza”, con cui gli interessati, assumendo che i piani di dimensionamento scolastico sono atti di natura programmatica, hanno sostenuto che gli stessi appartengono alla competenza degli organi consiliari, con conseguente illegittimità per incompetenza delle delibere giunta regionale n. 47 del 10 febbraio 2012 (e n. 64 del 16 febbraio 2012) e della Giunta del Comune di Castrovillari n. 181 del 25 ottobre 2011.

Il motivo non è fondato.

VIII.1.1. L’articolo 139 della legge regionale 12 agosto 2002, n. 34 (recante “Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali”), disciplinando proprio la “programmazione della rete scolastica”, affida, secondo quanto dispone il comma 1, al Consiglio regionale il compito di formulare “indirizzi per la predisposizione dei piani provinciali e l’organizzazione della rete scolastica, sulla base dei criteri e dei parametri nazionali”, rinviando poi alla generale competenza della Regione l’approvazione dei piani di organizzazione della rete scolastica redatti ed approvati dalle province.

Secondo la stessa formulazione letterale della ricordata disposizione non può ragionevolmente dubitarsi della legittimità delle ricordate delibere della giunta regionale n. n. 47 del 10 febbraio 2012 e n. 64 del 16 febbraio 2012, sotto il profilo della competenza ad adottarle, in quanto esse, prendendo atto dei piani di dimensionamento scolastico delle competenti province ed approvando il Piano di organizzazione della rete scolastica e della Programmazione dell’offerta formativa della Regione Calabria come risultante dai singoli piani provinciali, lungi dal contenere o formulare indirizzi per la predisposizione dei piani provinciali, costituiscono attuazione (anche sotto forma di verifica dell’effettiva e coerente applicazione da parte delle province, ai sensi del terzo comma dell’art. 139 della ricordata legge regionale 12 agosto 2002, n. 34) degli indirizzi formulati dal consiglio regionale con la delibera n. 48 del 4 agosto 2010 (avente ad oggetto “Indirizzi regionali per la programmazione della rete scolastica regionale e dell’offerta formativa della Regione Calabria per il quinquennio a.s. 2011/2012 – 2015/2016”).

VIII.1.2. Ugualmente infondata è la censura di incompetenza rivolta nei confronti della delibera della Giunta comunale di Castrovillari n. 181 del 25 ottobre 2011, avente ad oggetto “Piano di dimensionamento scolastico. Costituzione istituti comprensivi. Proposta della Giunta Comunale”.

E’ sufficiente al riguardo rilevare che “l’istituzione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione” è compito, per un verso, rimesso, ai sensi del comma 1 dell’articolo 139 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 132 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”), in via generale ai comuni, non rientrante in alcuna delle specifiche e tassative attribuzioni consiliari delineate dall’invocato art. 42 del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Peraltro non può non evidenziarsi che nel caso di specie l’impugnata delibera della Giunta municipale, come si ricava dalla sua stessa lettura, non costituisce neppure atto latamente programmatico, ponendosi come mero atto attuativo delle disposizioni contenute nel richiamato articolo 19, comma 4, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 (“Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”), convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

VIII.2. Posta la legittima adozione, sotto il profilo della competenza, dei provvedimenti impugnati, occorre ora esaminare l’incidenza sugli stessi della sentenza della Corte Costituzionale n. 147 del 7 giugno 2012, intervenuta nelle more del giudizio, come dedotto dagli appellanti con apposito mezzo di gravame.

VIII.2.1. Detta sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 4 dell’art. 19 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazione dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, il quale così disponeva:

“Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011 – 2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti comprensivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche”.

Secondo il giudice delle leggi, infatti, la predetta norma “…contiene due previsioni, strettamente connesse: l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola d’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per acquisire l’autonomia…”, e, pur prescindendo “…da un certo margine di ambiguità perché, mentre impone l’aggregazione delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, in istituti comprensivi, non esclude la possibilità di soppressioni pure e semplici, cioè di soppressioni che non prevedano contestuali aggregazioni”, essa “…incide direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti, materia che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 200 del 2009, n. 235 del 2010 e n. 92 del 2011), non può ricondursi nell’ambito delle norme generali sull’istruzione e va, invece, ricompresa nella competenza concorrente relativa all’istruzione…”.

D’altronde, sempre secondo il giudice delle leggi, il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche è di spettanza regionale, mentre appartiene alla competenza statale la determinazione dei principi fondamentali e la norma in esame non ne contiene, possedendo “…il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica…” che “emerge, con ancora maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia: in tal modo lo Stato stabilisce alcune soglie rigide le quali escludono in toto le Regioni da qualsiasi possibilità di decisione, imponendo un dato numerico preciso sul quale le Regioni non possono in alcun modo intervenire…”.

E’ stato poi ulteriormente ribadito che la preordinazione dei criteri volti all’attuazione del dimensionamento delle istituzioni scolastiche ha una diretta ed immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali e alle connesse esigenze socio – economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale, con la precisazione che non possono venire in rilievo aspetti che ridondino sulla qualità dell’offerta formativa e sulla didattica (cfr. Corte Costituzionale n. 200 del 2009), aggiungendosi che, per sottrarre la norma in esame al delineato giudizio di incostituzionalità, non può invocarsi la c.d. “ragion fiscale”, atteso che “…, pur perseguendo la disposizione in esame – come si è detto – evidenti finalità di contenimento della spesa pubblica resta pur sempre il fatto che anche tale titolo consente allo Stato soltanto di dettare principi fondamentali, e non anche norme di dettaglio; e, secondo la giurisprudenza di questa Corte <norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi > (sentenza n. 326 del 2010)”.

VIII.2.2. Ciò ricordato, occorre rilevare che tutte le delibere impugnate con il ricorso introduttivo del presente giudizio costituiscono espressa attuazione della disposizione dichiarata incostituzionale.

Infatti la delibera della Giunta comunale di Castrovillari n. 181 del 25 ottobre 2011, sia nelle premesse che nel dispositivo, richiama la predetta disposizione e proprio sul presupposto della sua immediata e diretta cogenza (che modifica sia l’assetto organizzativo che i parametri previsti dall’art. 2, commi 2 e 3, del D.P.R. 18 giugno 1998, n. 233) istituisce i tre istituti comprensivi, così ridefinendo l’assetto organizzativo delle istituzioni scolastiche presenti sul suo territorio per rendere operante il nuovo piano di dimensionamento scolastico a partire dall’anno scolastico 2012/2013.

Ugualmente è a dirsi per la delibera del consiglio provinciale di Cosenza n.31 del 2 dicembre 2011.

Anche la delibera della Giunta regionale n. 47 del 10 febbraio 2012 (integrata dalla successiva delibera n. 64 del 16 febbraio 2012), costituisce attuazione dell’articolo 19, comma 4, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011, n. 111, prendendo essa espressamente atto dei piani di dimensionamento scolastico a tal fine predisposti dalle province e approvando poi il Piano di organizzazione della rete scolastica ed il Piano dell’offerta formativa, quale risultante dei singoli piani provinciali; né a fondamento di tale atto di approvazione è stata minimamente richiamata un’esigenza diversa da quella di dare puntuale attuazione alla ricordata normativa statale (al di là di ogni ragionevole dubbio indicata espressamente nelle ricordate delibere della Giunta comunale di Castrovillari e della Provincia di Cosenza.

VIII.3. Poiché in base al combinato disposto dell’art. 136 della Costituzione e dell’art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge determina la cessazione della sua efficacia erga omnes ed impedisce, dopo la pubblicazione della sentenza, che essa possa essere applicata ai rapporti, in relazione ai quali la norma dichiarata incostituzionale risulti anche rilevanti, stante l’effetto retroattivo dell’annullamento escluso solo per i c.d. rapporti esauriti (tra le più recenti, C.d.S., sez. III, 14 marzo 2012, n. 1429; Cass. Civ., 6 maggio 2010, n. 10958), la ricordata declaratoria di illegittimità costituzionale del più volte citato comma 4, dell’articolo 19 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011, n. 111, travolge gli atti impugnati, privandoli del loro fondamento normativo.

IX. Alla stregua delle osservazioni svolte l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, devono essere annullati gli atti impugnati in primo grado nei limiti dell’interesse degli appellanti.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello proposto dai signori omissis avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sez. II, n. 529 del 25 maggio 2012, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della stessa, accoglie il ricorso proposto in primo grado ed annulla gli atti impugnati.

Condanna la Regione Calabria al pagamento in favore degli appellanti delle spese del presente grado di giudizio liquidate complessivamente in €. 6.800,00 (seimilaottocento euro), €. 400 (quattrocento) per ognuno degli appellanti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

omissis, Presidente

omissis, Consigliere, Estensore

omissis, Consigliere

omissis, Consigliere

omissis, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Ipotesi Accordo RSU e Dimensionamento (ARAN, 22.11.12)

Ipotesi di Accordo su integrazione e modificazioni dell’Accordo Quadro del 7 agosto 1998 per la costituzione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie per il Personale dei comparti delle Pubbliche Amministrazioni e per la definizione del relativo Regolamento elettorale – Comparto Scuola

 

10 luglio Risoluzione 7a Senato su Sentenza Corte Costituzionale 147/12

Il 26 giugno, il 4 ed il 10 luglio la 7a Commissione del Senato esamina la Sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 4 giugno 2012, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

(7a Senato, 26 giugno 2012) Il relatore RUSCONI (PD), nel sottolineare l’urgenza della procedura in titolo, anche a fronte dell’imminente incontro fra Governo e Regioni, tiene anzitutto a precisare che la Corte costituzionale ha sanzionato solo il metodo, non anche il merito, della norma approvata dal precedente Governo. Ciò sgombra il campo, a suo avviso, da possibili polemiche, in considerazione della più ampia maggioranza che sostiene il Governo attualmente in carica. La Consulta ha infatti eccepito che, trattandosi di competenza concorrente, occorreva un maggior coinvolgimento delle Regioni, cui doveva essere lasciato ogni intervento di dettaglio, riconoscendo tuttavia il diritto dello Stato di ridurre il numero dei dirigenti scolastici per conseguire risparmi di spesa.
Poiché peraltro la sentenza interviene a piani di dimensionamento pressoché completati, egli preannuncia l’intenzione di proporre che per l’anno scolastico 2012-2013 gli organici siano mantenuti inalterati, ancorché elaborati sulla base di una norma dichiarata illegittima. Ciò, al fine di garantire quanto meno certezza al mondo della scuola. Anticipa indi la proposta di procedere ad una audizione della Conferenza Stato-Regioni, onde sviluppare un confronto circa i parametri da adottare per l’anno scolastico successivo.
Entrando nel merito della sentenza n. 147 del 2012, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, egli precisa che essa fa seguito a ricorsi promossi da sette Regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Puglia e Basilicata), le quali ritenevano la norma lesiva del loro ambito di competenza legislativa.
In particolare, riferisce che la disposizione impugnata aveva ad oggetto la rete scolastica e il dimensionamento delle scuole: essa disponeva infatti l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi dovevano raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
Nel riepilogare anzitutto la ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di istruzione in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione, rammenta che la Consulta ha ben individuato – già con la sentenza n. 200 del 2009, confermata dalla sentenza n. 147 – la distinzione tra la competenza esclusiva dello Stato circa le norme generali sull’istruzione e la competenza concorrente delle Regioni sui principi fondamentali in materia di istruzione. Nel primo ambito – competenza esclusiva – rientrano «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali». Afferiscono invece alla competenza concorrente «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione e, dall’altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione), dell’intervento del legislatore regionale». A giudizio della Corte, dunque, l’organizzazione della rete scolastica si inquadra nell’insieme delle competenze concorrenti delle Regioni.
Il relatore precisa poi che detta materia è stata disciplinata dal Legislatore con diverse norme, da ultimo con il decreto-legge n. 112 del 2008 (articolo 64, comma 4-quater), che riconosceva la competenza delle Regioni salvo il rispetto di parametri fissati con d.P.R. n. 233 del 1998. Sottolinea pertanto come all’atto di emanazione dell’articolo 19, comma 4, le Regioni avevano già provveduto all’approvazione dei piani regionali di dimensionamento in vista dell’inizio dell’anno scolastico 2011-2012, secondo lo schema di cui al citato d.P.R. n. 233 del 1998.
Egli riferisce quindi che la Corte, dopo aver rilevato l’ambiguità della disposizione impugnata, la quale non esclude l’ipotesi di soppressioni pure e semplici, pur regolando solo quelle finalizzate all’aggregazione, l’ha ritenuta rientrante nella competenza concorrente, per cui lo Stato poteva stabilire esclusivamente i principi fondamentali. A detta della Corte, infatti, “l’aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1.000 alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all’interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio; ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale”. Fa notare altresì come il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerga, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia.
Non è stata perciò accolta, prosegue il relatore, la tesi dell’Avvocatura dello Stato secondo cui la norma aveva finalità di carattere generale in quanto volta al contenimento della spesa pubblica, da un lato, e dall’altro fissava requisiti minimi per l’autonomia delle scuole, facendo parte così della competenza esclusiva statale.
Egli puntualizza poi che è stata invece giudicata costituzionalmente legittima la successiva disposizione, di cui all’articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011, parimenti impugnata dalle Regioni. Tale norma, secondo cui alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero inferiore a 600 unità (ridotto a 400 per le scuole site in piccole isole, comuni montani e aree caratterizzare da specificità linguistiche) non possono essere assegnati dirigenti scolastici a tempo indeterminato, ma debbono essere coperte con incarichi di reggenza, pur incidendo a sua volta in modo significativo sulla rete scolastica, è stata ritenuta legittima dalla Corte in quanto non sopprime i posti di dirigente, limitandosi a prevederne una diversa modalità di copertura. Osserva del resto che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali, non regionali; il titolo di competenza esclusiva statale prevale perciò sul titolo di competenza concorrente. Il perseguimento della finalità di contenimento della spesa pubblica attraverso un diverso criterio di assegnazione dei dirigenti scolastici rientra infatti pienamente – ad avviso della Corte – nell’ambito di competenza esclusiva dello Stato.
Tenuto conto della pronuncia di illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, reputa infine necessario capire quali scenari si prefigurano per il prossimo anno scolastico. Nel far presente che le Regioni hanno già dato seguito alla norma, ora censurata, per la formazione degli organici, rimarca che risulterebbe alquanto problematico riscorporare ora gli istituti aggregati. Rende quindi noto con sollievo che le Regioni – di cui ripropone l’audizione – hanno responsabilmente dichiarato che manterranno inalterata la situazione per l’anno scolastico 2012-2013, in ossequio ad un principio di buon andamento dell’amministrazione, salvo però intervenire per l’anno successivo.
Soffermandosi su alcuni dati, il relatore riferisce indi che i piani di dimensionamento della rete scolastica, con decorrenza dal 1° settembre 2012, adottati dalle Regioni, hanno prodotto una riduzione di 1.013 istituzioni scolastiche, benché non tutte le Regioni abbiano ultimato i propri piani.
A seguito di tali interventi, emerge la seguente distribuzione per numero di alunni: fino a 300: 105 scuole; fino a 400: 309 scuole; fino a 500: 489 scuole; fino a 600: 805 scuole; fino a 700: 1.168 scuole; da 701 a 1.100: 4.331 scuole; da 1.101 a 1.300: 1.110 scuole; da 1.301 a 1.500: 533 scuole; da 1.501 a 1.700: 163 scuole; da 1.701 a 1.900: 54 scuole; da 1.901 a 2.100: 16 scuole; oltre 2.100: 5 scuole, per un totale nazionale di 9.088 scuole.
È evidente peraltro, prosegue il relatore, che il disagio conseguente all’accorpamento in un unico istituto di oltre un migliaio di alunni è diverso in un piccolo comune ovvero in un’area più vasta, nella quale occorra coprire maggiori distanze.
Egli pone perciò l’accento sulla necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell’ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio. A suo giudizio, esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall’altro, sull’esigenza di contenimento della spesa pubblica. Ciò permetterebbe alle Regioni di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali.
Tenuto conto che il rapporto medio nazionale, dopo gli accorpamenti del 2012-2013, è pari a 860 alunni per scuola, per un totale di 8.617 istituti scolastici, egli propone il parametro di 900 alunni, con il quale gli istituti scolastici salirebbero a 8.692. Lo scarto sarebbe pertanto assai contenuto, pari ad appena poche decine di scuole, mentre l’autonomia delle Regioni sarebbe salvaguardata.

Il sottosegretario Elena UGOLINI conferma che per domani è previsto un incontro con le Regioni dedicato all’avvio del prossimo anno scolastico. In quella sede, sarà probabilmente convenuto di lasciare immutati gli organici per il 2012-2013, mentre sarà avviata una discussione per rivedere i parametri a partire dal 2013-2014. Ritiene pertanto assai utile ogni indicazione che sarà fornita al riguardo dal Senato.

 

(7a Senato, 4 luglio 2012) Riprende l’esame sospeso nella seduta del 26 giugno scorso, nel corso della quale – ricorda il PRESIDENTE – è stata svolta la relazione introduttiva del senatore Rusconi. Fa presente altresì che l’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi ha appena svolto l’audizione di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Nel dibattito interviene quindi la senatrice SOLIANI (PD), la quale sottolinea l’importanza dell’autonomia scolastica che trae origine dalla legge n. 59 del 1997. Dopo aver ricordato gli effetti negativi del decreto-legge n. 112 del 2008 in tema di dimensionamento della rete scolastica, ritiene che la sentenza n. 147 della Corte costituzionale rappresenti un’occasione unica per interloquire con le Regioni sul piano della gestione concreta dell’autonomia.
Nel richiamare poi la giurisprudenza della Corte in materia, registra con piacere che il giudice relatore della pronuncia in esame è Sergio Mattarella, uno dei protagonisti di un momento evolutivo di rilievo per il processo che ha condotto all’autonomia scolastica.
Afferma peraltro che gli aspetti fondamentali della pronuncia della Consulta attengono, da un lato, alla necessità che lo Stato concerti con le Regioni le modalità di organizzazione della rete scolastica e, dall’altro, all’imprescindibile rispetto dell’autonomia, in virtù della quale non è possibile un intervento di dettaglio in ambiti di legislazione concorrente.
Giudica altresì interessante il criterio della dimensione longitudinale degli istituti comprensivi, in luogo di un mero parametro numerico, onde consentire alle Regioni di tener conto delle rispettive peculiarità. Osserva del resto come la consistenza delle scuole rappresenti un valore per le comunità di riferimento.
Nel ribadire l’importanza della concertazione e dell’autonomia, si interroga quindi sulla capacità delle Regioni di non produrre squilibri eccessivi nell’attuazione del dimensionamento. Precisa inoltre che la sentenza ha ribadito la competenza statale sul personale scolastico e dirigenziale, in ossequio ad un principio di parità di trattamento per tutti gli studenti italiani. Ciò non toglie tuttavia la possibilità di un’assegnazione del personale, in particolare di quello dirigenziale, che sia funzionale e flessibile per assicurare le specificità territoriali.
Reputa pertanto che lo Stato debba indicare le condizioni per l’attuazione dell’autonomia, anche ai fini del bilancio, tenendo comunque presente che vi saranno presumibilmente dei tagli ulteriori agli uffici periferici del Ministero, data la situazione in costante trasformazione.
Nell’auspicio che tali considerazioni siano recepite nello schema di risoluzione del relatore, giudica assai utile offrire delle prospettive concrete per l’attuazione della sentenza per l’anno scolastico 2013-2014, cogliendo così l’occasione per dare degli indirizzi all’Esecutivo. Ritiene infine che la sentenza raccolga l’intero patrimonio di cultura istituzionale e politica acquisito finora.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) attribuisce un particolare merito alla pronuncia della Corte nella misura in cui essa ha posto l’attenzione sul rapporto tra lo Stato e le Regioni in questa materia. Invita peraltro a considerare il particolare contesto attuale, che vede le Regioni in seria difficoltà nella gestione della propria sfera di competenza attribuita dal Titolo V. Registra infatti criticamente una sorta di impossibilità tecnica di funzionamento, che potrà condurre ad una nuova centralizzazione oppure ad una più spiccata autonomia.
Ritiene comunque che qualora il personale scolastico rientrasse nelle competenze regionali vi sarebbe un aumento dei costi, come accade già in altri settori.
Concorda pertanto con la piena autonomia, purché ad essa consegua la responsabilità, in modo che lo Stato non debba poi sopperire alle negligenze delle amministrazioni regionali. Rammenta altresì che già dal 1997 si è legiferato in materia di dimensionamento, su cui si potrà dunque riflettere alla luce della summenzionata sentenza n. 147.
Nel ribadire nuovamente la competenza esclusiva statale sul personale direttivo delle scuole, si augura che possano essere date indicazioni precise alle Regioni sul percorso da intraprendere, ponendo al centro l’autonomia e in particolare l’organico funzionale. Si interroga conclusivamente sulla capacità delle Regioni di assumersi in concreto la responsabilità per il personale docente, che implicherebbe comunque un ripensamento del Titolo V della Costituzione.

In una breve interruzione la senatrice Vittoria FRANCO (PD) precisa che in base al testo vigente della Costituzione la gestione del personale scolastico rientra nella sfera di legislazione esclusiva dello Stato.

Il senatore PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI-PSI) esprime un giudizio senz’altro positivo sulla sentenza n. 147, ravvisando l’assoluta coerenza nella giurisprudenza della Corte in materia di limiti della legislazione statale rispetto a quella concorrente. Cita poi gli ambiti riservati allo Stato per quanto riguarda le norme generali sull’istruzione, concordando altresì con il senatore Asciutti circa la necessità di trasferire competenze solo previa responsabilizzazione e indicazione degli obiettivi, anche per quanto concerne il piano finanziario. Rammenta del resto che un principio analogo è stato seguito in occasione dell’esame della legge n. 240 del 2010 sull’università, che ha tentato proprio di coniugare autonomia e responsabilità.
Riallacciandosi alla puntualizzazione della senatrice Vittoria Franco, ritiene che sull’assunzione di personale non vi sia un preclusione netta a che possano subentrare le Regioni.

Dopo che la senatrice Vittoria FRANCO (PD) ha ribadito la sfera di competenza statale sul personale scolastico, il PRESIDENTE ricorda il contenuto dell’articolo 117, nonché dell’articolo 33, secondo comma, della Costituzione in materia di istruzione.

Poiché nessun altro chiede di intervenire nel dibattito, il PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione generale e rinvia il seguito dell’esame.

 

(7a Senato, 10 luglio 2012) Riprende l’esame sospeso nella seduta del 4 luglio scorso, durante la quale – ricorda il PRESIDENTE – si è conclusa la discussione generale.

Replica il relatore RUSCONI (PD), registrando con soddisfazione la consonanza degli interventi nel dibattito rispetto ai contenuti dell’audizione dei rappresentati della Conferenza delle Regioni. A tale ultimo riguardo esprime un particolare apprezzamento alla disponibilità delle Regioni ad attuare la sentenza secondo il principio di sussidiarietà verticale e di gradualità, ferma restando la necessità di utilizzare parametri unici.
Illustra quindi uno schema di risoluzione, pubblicato in allegato al presente resoconto, nel quale sono individuati alcuni impegni di carattere generale indirizzati all’Esecutivo, per quanto concerne le modalità del confronto con le amministrazioni regionali e la certezza dei criteri. In seconda battuta, fa presente di aver suggerito la previsione di parametri considerati come media regionale, come del resto richiesto anche dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, in modo da rispettare le diverse realtà territoriali. Osserva infine che, a fronte di un parametro di 910 alunni a legislazione vigente e una media regionale pari a 861 alunni, potrebbe essere proposta la soglia di 900 alunni.

Il sottosegretario Elena UGOLINI ritiene che lo schema di risoluzione sia coerente con quanto il Ministero si è impegnato a realizzare con le amministrazioni regionali. Ribadisce infatti che l’anno scolastico 2012-2013 inizierà senza cambiamenti rispetto alla sentenza della Corte, mentre la pronuncia della Consulta si attuerà a partire dal 2013-2014. In questo caso il Dicastero assegnerà un contingente di dirigenti scolastici alle Regioni, le quali saranno chiamate a decidere le modalità di distribuzione in relazione alle diverse esigenze, nel rispetto degli studenti e della natura del territorio.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) si dichiara d’accordo con l’impostazione della risoluzione, manifestando tuttavia il dubbio che nella definizione del parametro non sia adeguatamente considerato il diverso peso che la natura del territorio gioca all’interno di ciascuna Regione. Afferma infatti che, accanto al numero di alunni, dovrebbe essere previsto anche un collegamento con la specificità territoriale.

Il sottosegretario Elena UGOLINI osserva che le considerazioni del senatore Asciutti possono essere ricomprese nella considerazione dei parametri come media regionale.

Il relatore RUSCONI (PD) condivide la fondatezza delle affermazioni del senatore Asciutti, ricordando comunque che le Regioni si sono dichiarate disponibili ad aggiustamenti e compensazioni, secondo un principio di solidarietà e di sussidiarietà verticale, tanto più che esse sono assai differenti fra loro. Proponendo dunque la soglia di 900 alunni e alla luce delle dichiarazioni rese dalle amministrazioni regionali, potrà essere agevolmente individuata una soluzione equilibrata e graduale per tutte. L’eventuale maggiore precisione nella elaborazione dei parametri deve quindi a suo avviso essere lasciata alla concertazione tra Governo e Regioni.

Il senatore ASCIUTTI (PdL) fa presente che la presunta compensazione tra le Regioni si basa su un dato volontario e presuppone comunque un problema territoriale.

Il senatore PROCACCI (PD) concorda con le osservazioni del senatore Asciutti, sottolineando come accanto al numero di alunni e all’esigenza di contenimento della spesa pubblica, vada previsto anche un criterio oggettivo che tenga conto delle caratteristiche del territorio, come ad esempio la densità abitativa. Occorre infatti dare certezza e chiarezza onde poter poi assicurare una gestione coerente e non traumatica.
Nel dare atto alle Regioni di un atteggiamento di responsabilità per quanto riguarda la non applicazione della sentenza per il prossimo anno, chiede a sua volta che si modifichi la bozza di risoluzione inserendo esplicitamente l’aspetto territoriale nella predisposizione dei criteri.

Anche la senatrice SOLIANI (PD) condivide la sollecitazione del senatore Asciutti, paventando che il dato numerico esclusivamente quantitativo degli alunni non sia sufficiente a rappresentare le diversità territoriali. Chiede inoltre che venga preso in considerazione anche un ulteriore parametro, relativo alla coerenza didattica della scuola con il sistema generale di istruzione.

Il presidente POSSA (PdL) manifesta perplessità sul punto n. 4) degli impegni di carattere generale di cui alla lettera A. Ritiene infatti che i risparmi debbano essere ottenuti celermente, in un’ottica che mal si concilia con la gradualità. Concorda perciò con la fissazione di un parametro che rispetti l’autonomia regionale, ma pone al tempo stesso l’accento sull’esigenza di conseguire rapidamente i risparmi.

Il senatore de ECCHER (PdL) ravvisa una contraddizione nel summenzionato punto 4). Osserva infatti che la prevista gradualità dei processi di dimensionamento contrasta con l’asserita volontà di non sottoporre le istituzioni scolastiche a continui mutamenti.

Il senatore PITTONI (LNP) fa presente che l’articolo 14, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, sulla spending review, limita la tutela delle minoranze linguistiche a quelle di lingua madre straniera, discriminando così quelle che sono parlate solo in Italia. Ciò, nonostante che la legge n. 482 del 1999 disponga una tutela unitaria per tutte le minoranze. Poiché ciò ha una sua rilevanza nell’attribuzione delle dirigenze scolastiche, chiede di inserire un richiamo alla piena tutela di tutte le minoranze al punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B.

Il senatore MILONE (PdL) osserva che, laddove si preveda l’incrocio di più parametri, occorre stabilire un tetto massimo ed uno minimo anziché individuare un dato numerico unico.

Preso atto dei suggerimenti avanzati, il relatore RUSCONI (PD) si dichiara disponibile a sopprimere il punto n. 4) degli impegni di carattere generale di cui alla lettera A, nonché a modificare il punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B nel senso di tenere conto anche delle caratteristiche dei territori, nonché della coerenza delle scelte didattiche delle scuole rispetto al sistema nazionale.

Il presidente POSSA (PdL) rileva che la coerenza didattica delle scuole non può che rientrare fra i criteri con cui le Regioni distribuiscono il contingente di dirigenti scolastici loro attribuito dallo Stato.

Concorda il senatore ASCIUTTI (PdL).

Il senatore PITTONI (LNP) rinnova la richiesta di introdurre una esplicita tutela di tutte le minoranze linguistiche al punto 1) degli impegni di dettaglio di cui alla lettera B.

Il senatore de ECCHER (PdL) esprime netta contrarietà a tale proposta.

A giudizio del senatore ASCIUTTI (PdL) detta tematica deve essere affrontata nella sua sede propria, rappresentata dal decreto-legge sulla spending review.

Conviene il senatore VALDITARA (Per il Terzo Polo:ApI-FLI). Egli coglie altresì l’occasione per dichiararsi d’accordo con la prospettiva di assegnare alle Regioni un contingente fisso di dirigenti scolastici, calcolato sulla base delle esigenze di risparmio pubblico, nell’ambito del quale possono essere compiute le scelte di competenza regionale.

Il relatore RUSCONI (PD) modifica conclusivamente la bozza di risoluzione precedentemente illustrata in un testo 2, pubblicato in allegato al presente resoconto.

La senatrice SOLIANI (PD) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo, esprimendo soddisfazione per l’ampio recepimento delle indicazioni contenute nella sentenza n. 147 della Corte costituzionale. Non va infatti dimenticato, osserva, che sono in gioco diritto costituzionali di primaria importanza, atteso che il dimensionamento della rete scolastica deve consentire a ciascun allievo le medesime opportunità di istruzione.

Anche il senatore ASCIUTTI (PdL) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo, ringraziando il relatore per aver accolto la sua richiesta di modifica.

Il senatore PITTONI (LNP) si dichiara disponibile a votare a favore, purchè sia inserito il riferimento alla tutela di tutte le minoranze linguistiche. Trova del resto inconcepibile che la Commissione non condivida tale tematica.

Il relatore RUSCONI (PD), pur comprendendo la rilevanza della problematica sollevata dal senatore Pittoni, osserva che essa non è pertinente con l’argomento in esame. Nel manifestare perciò piena disponibilità ad affrontarla nell’ambito del decreto-legge sulla spending review, dichiara di non modificare ulteriormente la bozza di risoluzione presentata.

Dopo che il PRESIDENTE ha accertato la presenza del numero legale ai sensi dell’articolo 30, comma 2, del Regolamento, e previa dichiarazione di astensione del senatore PITTONI (LNP), la Commissione accoglie a maggioranza la bozza di risoluzione del relatore.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE SUL DOC. VII, N. 165 (Doc.VII-bis, n. 1)

La Commissione,

premesso che con la sentenza n. 147 del 2012 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, avente ad oggetto la rete scolastica e il dimensionamento delle scuole;

tenuto conto che la norma censurata disponeva l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi dovevano raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche;

rilevata la ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di istruzione in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione come delineata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui:

– nella competenza esclusiva rientrano «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali»;

– alla competenza concorrente afferiscono invece «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione e, dall’altro, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione), dell’intervento del legislatore regionale»;

osservato dunque che, a giudizio della Corte, l’organizzazione della rete scolastica si inquadra nell’insieme delle competenze concorrenti delle Regioni, in quanto si tratta di un intervento di dettaglio, mentre la scelta di un diverso criterio di assegnazione dei dirigenti scolastici rientra pienamente nell’ambito di competenza esclusiva dello Stato, essendo i dirigenti scolastici dipendenti pubblici statali;

preso atto con favore che, poiché la pronuncia di illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, interviene a piani di dimensionamento pressoché completati, le Regioni hanno responsabilmente dichiarato che manterranno inalterata la situazione per l’anno scolastico 2012-2013, in ossequio ad un principio di buon andamento dell’amministrazione, salvo però intervenire per l’anno successivo;

considerata la necessità di provvedere a dare attuazione alla sentenza a partire dall’anno scolastico 2013-2014;

rilevato che la sentenza è un’occasione unica per interloquire con le Regioni sul piano della gestione concreta dell’autonomia, tanto più che l’autonomia scolastica è strettamente collegata a quella regionale;

ritenuto che il disagio conseguente all’accorpamento in un unico istituto di oltre un migliaio di alunni è diverso in un piccolo comune ovvero in un’area più vasta, nella quale occorra coprire maggiori distanze;

impegna il Governo:

A. Sul piano generale

1. a prevedere il superamento di criteri rigidi, inaugurando una nuova fase di confronto nella quale raggiungere un’ampia condivisione con le amministrazioni regionali sugli obiettivi per la riorganizzazione della rete scolastica da porre in essere in tempi ragionevoli;

2. ad avviare una riflessione comune sugli organici, ponendo criteri oggettivi per quantificare un bisogno condivisibile, al fine di trovare una convergenza progressiva in una logica di solidarietà e di sussidiarietà verticale;

3. a garantire la certezza dei criteri, che devono essere chiari, coerenti, trasparenti e ragionevoli;

B. In dettaglio

1. a rispettare le specificità regionali, stabilendo parametri da considerare come media regionale; in particolare, si sottolinea la necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell’ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio. Esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall’altro, sull’esigenza di contenimento della spesa pubblica, tenendo in debito conto anche le caratteristiche dei territori, al fine di permettere alle amministrazioni regionali di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali. Alla luce della normativa vigente, si suggerisce ad esempio un parametro medio regionale non superiore a 900 alunni.

 

Il 4 luglio si svolgono nella 7a Commissione della Camera delle interrogazioni a risposta immediata sulle problematiche concernenti il dimensionamento della rete scolastica.

5-07243 Coscia: Sul rinvio dell’applicazione delle norme di cui al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, in materia di dimensionamento scolastico.

Maria COSCIA (PD) illustra l’interrogazione in titolo, che evidenzia l’oggettiva complessità e la delicatezza del percorso di ridefinizione dei piani regionali di dimensionamento della rete scolastica. Chiede, quindi, al Governo se, in vista di un’organica definizione della materia, non ritenga urgente avviare un monitoraggio della situazione esistente negli istituti comprensivi citati, anche mediante l’istituzione di un tavolo tecnico con i rappresentanti degli enti locali, al fine di valutare la necessità di assumere le opportune iniziative normative conseguenti alla pronuncia della Corte costituzionale n. 147 del 7 giugno scorso.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA osserva che, per l’anno scolastico 2012/2013, il dimensionamento della rete è già stato disposto dalle regioni e che, al momento, l’eventuale revisione dei piani già adottati determinerebbe conseguenze negative sull’inizio del prossimo anno scolastico. Segnala, infatti, che sono in via di conclusione tutte le operazioni volte ad assicurarne il regolare avvio, quali le iscrizioni alle nuove scuole, l’attivazione dei nuovi indirizzi di studio per le scuole secondarie di secondo grado, la determinazione delle dotazioni organiche, i trasferimenti del personale scolastico e la definizione dei conseguenti posti vacanti per le immissioni in ruolo. Evidenzia che, per gli anni scolastici successivi al 2012/2013, le regioni potranno comunque riprendere in esame il processo di dimensionamento già attuato o completarlo nei termini previsti per questa fase di interventi, che normalmente precede il periodo delle iscrizioni.
Osserva che, tenuto conto delle argomentazioni svolte dalla Corte nella sentenza n. 147 del 2012, la strada per la corretta attuazione della suddetta pronuncia può individuarsi nella costituzione di un tavolo di concertazione con la conferenza unificata, nell’ambito del quale dovranno essere individuate le soluzioni più appropriate alla questione in argomento. Segnala, altresì, che, a tal fine, il Ministero sta elaborando un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna regione e che tale parametro dovrà rispondere a due criteri fondamentali: il numero di alunni di ciascuna regione ed il contenimento della spesa pubblica, già raccomandato in sede di accertato mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dall’articolo 64.
Ritiene, infine, che l’assegnazione di un contingente di dirigenti scolastici consentirà alla regione di definire la propria rete scolastica prescindendo da un numero fisso di alunni, minimo o massimo, per ciascuna istituzione scolastica e definendo il dimensionamento delle stesse a seconda delle esigenze legate alle varie realtà territoriali, con particolare riferimento alle scuole di montagna e delle piccole isole.

Maria COSCIA (PD), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo, ribadendo la necessità dell’istituzione di un tavolo tecnico con le regioni, al fine di arginare gli inevitabili contenziosi.

5-07244 Zazzera: Sulle iniziative da intraprendere a salvaguardia della qualità e della funzionalità delle strutture scolastiche.

Pierfelice ZAZZERA (IdV) illustra l’interrogazione in titolo, che denuncia la difficile situazione determinatasi all’indomani della pubblicazione della citata sentenza della Corte costituzionale. Auspica, quindi, che il Governo coinvolga, nei futuri processi di modifica della rete scolastica, i diversi soggetti interessati, ossia gli enti locali, le scuole, i sindacati, al fine di garantire la qualità e la piena funzionalità delle strutture scolastiche interessate.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA richiama la risposta fornita al precedente atto di sindacato ispettivo, ricordando, altresì, che la sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 2012, che ha dichiarato l’illegittimità del quarto comma dell’articolo 19 del decreto legge n. 98 del 2011, ha invece confermato la compatibilità con i criteri di riparto delle competenze tra Stato e regioni in materia di istruzione del quinto comma del citato articolo 19, come novellato dall’articolo 4, comma 69, della successiva legge n. 183 del 2011, secondo il quale agli istituti con numero di allievi inferiore a 600 (ridotto a 400 per particolari aree) non potrà essere assegnato né il dirigente scolastico, né il direttore dei servizi generali e amministrativi.

Pierfelice ZAZZERA (IdV), replicando, si dichiara insoddisfatto della risposta fornita dal rappresentante del Governo, pur ringraziandolo per aver fornito ulteriori elementi di valutazione. Ritiene, al riguardo, che l’Esecutivo, pur potendo fronteggiare la difficile situazione mediante il posticipo dell’avvio dell’anno scolastico, non ha adottato alcuna misura concreta per assicurare la qualità e la continuità della didattica.

5-07245 Capitanio Santolini: Sulle iniziative da adottare al fine di tutelare l’offerta formativa e la qualità della didattica.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdCpTP) illustra l’interrogazione in titolo, auspicando in particolare che il Governo attivi un tavolo di confronto con tutte le parti interessate, al fine di tutelare la qualità della didattica ed il buon funzionamento della rete scolastica.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA, rinviando alle risposte fornite ai precedenti atti di sindacato ispettivo, assicura, altresì, che l’adozione dei piani di dimensionamento non comporta le disfunzioni evidenziate dall’onorevole interrogante. Segnala, infatti, che l’amministrazione ha predisposto nei tempi dovuti tutte le operazioni volte ad assicurare il regolare avvio dell’anno scolastico: iscrizioni alle nuove scuole, attivazione dei nuovi indirizzi di studio per le scuole secondarie di secondo grado, determinazioni delle dotazioni organiche, trasferimenti del personale scolastico e conseguente individuazione dei posti vacanti per le immissioni in ruolo. Evidenzia, inoltre, che la proposta di costituzione di un tavolo di confronto con le parti interessate è già all’attenzione del ministero, essendo in programmazione incontri in sede di conferenza unificata in merito all’applicazione del Titolo V della Costituzione. Assicura, quindi, che, nell’ambito di tali incontri, verranno ricercate le soluzioni per le questioni aperte dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 147 per la parte in cui è stata dichiarata l’incostituzionalità del comma 4 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 98 del 2011.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UdCpTP), replicando, si dichiara soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo, ribadendo la necessità dell’istituzione di un tavolo tecnico con tutti i soggetti interessati, al fine evitare un aumento delle prestazioni e delle responsabilità in capo alle scuole ed ai lavoratori in esse occupati.

5-07246 Centemero: Sulla ripartizione delle competenze fra Stato e regioni in materia di dimensionamento della rete scolastica.

Paola FRASSINETTI (PdL), in qualità di cofirmataria, illustra l’interrogazione in titolo, auspicando che il Governo definisca nel più breve tempo possibile la situazione relativa al dimensionamento della rete scolastica dell’anno 2012/2013 e di tutti i piani di dimensionamento approvati dalle regioni, sulla base delle indicazioni dei comuni e delle province.

Il sottosegretario Marco ROSSI DORIA richiama integralmente le osservazioni formulate in risposta ai precedenti atti di sindacato ispettivo, assicurando che è all’attenzione del ministero l’istituzione di un tavolo di confronto con le parti interessate.

Paola FRASSINETTI (PdL), replicando, si dichiara parzialmente soddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo.

 

7 giugno Corte Costituzionale e Dimensionamento

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 147 del 4 giugno 2012, depositata il 7 giugno, esaminati i sette diversi ricorsi delle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia, Basilicata e Sicilia, sulla legittimità costituzionale dell’articolo 19, cc. 4 e 5, d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, come modificata dall’art. 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011, n. 183,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011:

«4. Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.».

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 5, del medesimo d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dell’art. 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012):

«5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome».

 

CCNI Dimensionamento e Mobilità Area V (5.6.12)

Contratto Integrativo Nazionale per il personale della Dirigenza Scolastica in attuazione dell’articolo 9 del C.C.N.L. – Area V – del 15.7.2010 e dell’articolo 11 del C.C.N.L. – Area – dell’11.4.2006

Tra la parte pubblica e le rappresentanze sindacali, a seguito dell’applicazione al personale Dirigente scolastico delle disposizioni di cui al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e della legge 12 novembre 2011, n. 183, si concorda, per l’anno scolastico 2012/13, quanto segue.

Art. 1
Istituzioni scolastiche dimensionate

Nelle ipotesi di fusioni e accorpamenti delle istituzioni scolastiche determinate dall’emanazione del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, vengono individuati i criteri per il conferimento del nuovo incarico di cui tener conto nei confronti del predetto personale.
Nell’ordine:
a) accordo tra i dirigenti definito con l’Ufficio scolastico regionale;
b) anni di continuità sulle sedi sottoposte a dimensionamento;
c) esperienza dirigenziale e professionale complessivamente maturata;
d) numero di alunni della scuola di provenienza che confluisce nella nuova scuola.

Art. 2
Istituzioni scolastiche sottodimensionate

Le istituzioni scolastiche sottodimensionate con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 in alcuni casi particolari ai sensi dell’art. 19, comma 5, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificata dalla legge 12 novembre 2011, n. 183, non possono essere più sede di dirigenza scolastica ma devono essere conferite in reggenza a Dirigenti scolastici in servizio presso altre istituzioni scolastiche autonome.
Pertanto, in ossequio al succitato disposto normativo, i Dirigenti scolastici in servizio sulle predette sedi avranno titolo a partecipare alle operazioni di mutamento di incarico e di mobilità interregionale, sia nel caso di prossima scadenza del contratto sia nel caso in cui il contratto non sia in scadenza, successivamente ai Dirigenti di cui all’art. 1.
L’assegnazione degli incarichi sarà effettuata nell’ordine previsto dall’art. 11 del C.C.N.L. – Area V – del 11 aprile 2006.

Art. 3
Dirigenti scolastici in esubero

Nelle eccezionali ipotesi di esubero, qualora le disponibilità di sedi conferibili siano inferiori al numero dei Dirigenti scolastici in servizio nella regione, i Dirigenti scolastici, che ricoprono una sede divenuta sottodimensionata, esaurite le disponibilità assegnabili per norma (tra queste vanno ricomprese: le sedi vacanti e disponibili, le sedi già assegnate con incarico nominale ad altro Dirigente scolastico distaccato e utilizzato altrove ai sensi delle vigenti disposizioni, le sedi, comunque, disponibili per l’intero anno scolastico in virtù dell’assenza del titolare), saranno assegnati sulle sedi sottodimensionate con un incarico di durata annuale conferito sulla sede ricoperta nell’anno scolastico 2011/12.
Terminate le operazioni di cui sopra, qualora residuino ulteriori sedi sottodimensionate, le stesse verranno attribuite, a domanda o d’ufficio, prioritariamente ai Dirigenti scolastici cui sia stato conferito il predetto incarico annuale.
Al fine di stabilire quale ulteriore sede sottodimensionata debba essere assegnata al Dirigente scolastico si terrà conto dei seguenti criteri:
a) preferenza espressa dal Dirigente scolastico;
b) vicinanza tra le due sedi;
c) residenza del Dirigente scolastico.

Roma, 5 giugno 2012

F.to l’Amministrazione
F.to le Organizzazioni Sindacali

Dichiarazione a Verbale

Le Organizzazioni Sindacali Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals Confsal, maggiormente rappresentative della “V Area – Dirigenti Scolastici”, avendo fin dall’inizio del confronto con l’Amministrazione sostenuto la necessità di disciplinare la materia del conferimento e mutamento di incarico attraverso uno specifico Contratto Integrativo Nazionale, hanno sottoscritto il presente Accordo in quanto, pur tra le difficoltà derivanti dall’applicazione dei recenti provvedimenti legislativi di riorganizzazione e dimensionamento delle istituzioni scolastiche, ne garantisce una gestione amministrativa ispirata a criteri oggettivi, trasparenti e omogenei sull’intero territorio nazionale.
Pienamente consapevoli della gravissima situazione retributiva e di lavoro dei dirigenti delle scuole pubbliche statali, le predette Organizzazioni Sindacali dichiarano che il presente Accordo mira esclusivamente a fronteggiare una situazione straordinaria ed eccezionale e lascia, pertanto, impregiudicati tutti gli istituti giuridici ed economici del rapporto di lavoro dei dirigenti scolastici come definiti dal CCNL 11.4.2006 e dal CCNL 15.7.2010 attualmente vigenti.
Le Organizzazioni Sindacali stesse si impegnano a vigilare, a tutti i livelli, affinché l’azione amministrativa risulti conforme ai criteri assunti nel presente Accordo e ribadiscono la comune volontà di tutelare – ove necessario – anche sul piano giudiziale, i dirigenti scolastici eventualmente destinatari di provvedimenti lesivi delle condizioni professionali contrattualmente disciplinate.

Roma, 5 giugno 2012

 

Sentenza Corte Costituzionale 4 giugno 2012, n. 147

SENTENZA N. 147

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 19, commi 4 e 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, dalla Regione siciliana, e dalle Regioni Puglia e Basilicata, con ricorsi notificati il 12-14 e il 13 settembre 2011, depositati in cancelleria il 14, il 21 e il 23 settembre 2011 e rispettivamente iscritti ai nn. 90, 98, 99, 101, 102, 104 e 105 del registro ricorsi 2011.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 18 aprile 2012 il Giudice relatore Sergio Mattarella;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna, Marcello Cecchetti per la Regione Toscana, Paola Manuali per la Regione Umbria, Marina Valli e Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e gli avvocati dello Stato Enrico De Giovanni e Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— Con sette diversi ricorsi le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia, Basilicata e la Regione siciliana hanno proposto questioni di legittimità costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

La presente decisione ha oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 19, commi 4 e 5, del citato decreto-legge, essendo oggetto di separate decisioni la trattazione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte dalle sole Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Liguria avverso altre disposizioni, con riferimento anche a differenti parametri.

Le Regioni menzionate hanno censurato l’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011 – e alcune di esse, e cioè le Regioni Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata, anche il successivo comma 5 – per violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, del principio di leale collaborazione e, limitatamente alla Regione siciliana, anche per violazione, oltre che del già citato art. 117, terzo comma, Cost., degli artt. 14, lettera r), 17, lettera d), e 20 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), nonché degli artt. 1 e 6 del d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 (Norme di attuazione dello Statuto della regione siciliana in materia di pubblica istruzione).

2.— Il testo dei due commi impugnati è il seguente:

«4. Per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti compresivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.

5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome».

3.— Le Regioni a statuto ordinario ricorrenti censurano le suindicate disposizioni con argomentazioni in larga misura coincidenti.

Esse osservano, innanzitutto, che tali norme comportano una significativa riduzione del numero delle scuole dell’infanzia, delle scuole primarie e delle scuole secondarie di primo grado mediante la formazione di istituti comprensivi, imponendo un numero minimo di iscritti come condizione per ottenere l’autonomia e determinando una diminuzione del numero dei dirigenti scolastici; il tutto nel quadro di un complessivo contenimento della spesa in materia di istruzione, avviato già con l’art. 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Nella materia dell’istruzione – argomentano le ricorrenti – convivono diverse competenze, suddivise tra Stato e Regioni: al primo spetta la competenza esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost., in tema di «norme generali sull’istruzione», mentre è oggetto di competenza concorrente, secondo l’art. 117, terzo comma, Cost., la materia dell’istruzione in generale, nella quale allo Stato rimane soltanto la determinazione dei principi fondamentali.

Le Regioni ricorrenti rilevano che nel caso specifico, alla luce dei concetti espressi nella sentenza n. 200 del 2009 di questa Corte, non sembra che le disposizioni censurate possano rappresentare norme generali sull’istruzione, in quanto esse non fissano affatto gli standard minimi, non toccano i cicli dell’istruzione, non regolano le finalità ultime del sistema dell’istruzione, né hanno ad oggetto la regolamentazione delle prove che consentono il passaggio ai diversi cicli o la valutazione periodica degli apprendimenti e del comportamento degli studenti. Allo stesso modo, però, neppure sembra che le norme censurate possano ritenersi espressione di principi fondamentali in materia di istruzione, poiché le stesse si risolvono nell’enunciazione di una serie di regole di dettaglio «che precludono l’esercizio di scelte che sono la ragione stessa dell’autonomia che la Costituzione riserva alle Regioni» (così, testualmente, le Regioni Emilia-Romagna e Liguria). Stabilire che non possono esservi scuole dell’infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado che non siano accorpate in istituti comprensivi (art. 19, comma 4) significa escludere in via assoluta la possibilità di dare risalto a specifiche particolarità locali, imponendo alle Regioni una mera attività di esecuzione. Analogamente, l’art. 19, comma 5, vietando di attribuire la dirigenza scolastica alle istituzioni scolastiche autonome con un numero di alunni inferiore ad una certa soglia fissata dallo Stato esclude, senza una plausibile ragione, qualunque possibilità di valutazione da parte delle Regioni, da compiere sulla base delle risorse disponibili. Non si tratta, quindi, di principi fondamentali, bensì, in modo evidente, di una normativa di dettaglio emessa in una materia di competenza concorrente.

Osservano poi le ricorrenti che una tipica competenza regionale – riconosciuta anche dalla giurisprudenza costituzionale intervenuta subito dopo la riforma del 2001 (sentenze n. 13 del 2004, n. 34 e n. 279 del 2005) e poi ribadita nella citata pronuncia n. 200 del 2009 – è proprio quella riguardante la programmazione della rete scolastica ed il dimensionamento degli istituti scolastici. Tale competenza era stata già conferita alle Regioni dall’art. 138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59); né è pensabile che una funzione attribuita alle Regioni nel quadro costituzionale antecedente la riforma di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), sia stata poi alle stesse sottratta dopo tale riforma, che è orientata nel senso di una maggiore autonomia.

In particolare, la Regione Toscana sottolinea che le norme in esame rientrerebbero nel medesimo ambito di cui all’art. 64, comma 4, lettera f-bis), del d.l. n. 112 del 2008, già dichiarato costituzionalmente illegittimo con citata la sentenza n. 200 del 2009.

La totale mancanza di ogni coinvolgimento delle Regioni nel processo di ristrutturazione degli istituti scolastici determinerebbe, inoltre, la violazione del principio di leale collaborazione – che la Regione Basilicata, in particolare, ricollega all’art. 120 Cost. – e dell’art. 118 Cost. (richiamato dalle Regioni Toscana e Umbria), poiché, anche invocando il principio di sussidiarietà in senso ascendente, si sarebbe dovuta comunque garantire un’adeguata concertazione con le Regioni. Il che è ancor più grave se si pensa che la modifica legislativa è intervenuta nel mese di luglio, ossia a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico, in tal modo alterando decisioni ed assetti organizzativi già assunti dalle Regioni. A questo proposito, le Regioni Toscana, Umbria e Puglia fanno presente di essersi già dotate, con proprie leggi regionali o provvedimenti aventi natura di decreti, di un piano concernente il dimensionamento degli istituti scolastici.

Il carattere di norme di dettaglio delle disposizioni sottoposte a scrutinio, inoltre, lederebbe anche l’art. 117, sesto comma, Cost., in base al quale la potestà regolamentare spetta alle Regioni in tutte le materie che non rientrano in quelle di competenza esclusiva dello Stato.

4.— Le Regioni ricorrenti rilevano, inoltre, che le disposizioni contenute nell’art. 19, commi 4 e 5, del d.l. n. 98 del 2011 non possono trarre il loro fondamento giustificativo in altri titoli di competenza previsti dall’art. 117 della Costituzione.

Al riguardo, le Regioni Umbria e Puglia evidenziano che non può parlarsi, in questo caso, di disposizioni concernenti la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., perché la normativa impugnata non si preoccupa di imporre il raggiungimento di livelli qualitativamente minimi nel servizio istruzione – livelli che le Regioni possono certamente migliorare – ma detta, invece, una normativa specifica relativa alle dimensioni ed alla dirigenza degli istituti scolastici.

Tutte le Regioni ordinarie ricorrenti, infine, specificano che le disposizioni oggi sottoposte allo scrutinio della Corte, pur avendo un chiaro obiettivo di riduzione della spesa, non possono considerarsi principi fondamentali nella materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica. La giurisprudenza costituzionale, infatti, ha ribadito in più occasioni (si richiamano, tra le altre, le sentenze n. 182 del 2011, n. 120 e n. 289 del 2008 e n. 169 del 2007) che lo Stato può imporre legittimamente alle Regioni vincoli alle politiche di bilancio; tuttavia, affinché non venga invasa la sfera di competenza regionale, occorre che tali limiti riguardino l’entità del disavanzo oppure, ma solo in via transitoria, la crescita della spesa corrente, fermo restando che lo Stato non può mai fissare limiti precisi per singole voci di spesa, ma soltanto un limite complessivo che lasci alle Regioni la libertà di allocare le risorse nei diversi ambiti. Nel caso specifico, invece, la normativa statale lede ulteriormente la competenza concorrente delle Regioni nella materia citata, perché non lascia alle stesse alcuna possibilità di scelta.

5.— La Regione siciliana, infine, nel proprio ricorso, svolge considerazioni analoghe a quelle delle Regioni a statuto ordinario, ma richiama, inoltre, specificamente i parametri costituiti dalle norme dello Statuto speciale e dalle relative disposizioni di attuazione.

A norma dell’art. 14, lettera r), e dell’art. 17, lettera d), del r.d.lgs. n. 455 del 1946, infatti, la Regione è titolare di una potestà normativa primaria in materia di istruzione elementare e di una potestà concorrente relativa all’istruzione media e universitaria; l’art. 20 dello Statuto, poi, attribuisce alla Regione le funzioni esecutive ed amministrative nelle materie di competenza regionale. Tale quadro è completato dagli artt. 1 e 6 del d.P.R. n. 246 del 1985.

In attuazione di tali proprie competenze, la Regione siciliana precisa di essere intervenuta a regolare, fra l’altro, anche il dimensionamento degli istituti scolastici, con le proprie leggi regionali 24 febbraio 2000, n. 6, e 12 luglio 2011, n. 13. Scorrendo le disposizioni di queste ultime, si vede che la Regione ha fissato le condizioni numeriche che gli istituti scolastici sono tenuti a raggiungere per poter conseguire l’autonomia, per cui le indicazioni imposte dallo Stato vengono a confliggere con la normativa regionale. D’altra parte, la giurisprudenza costituzionale ha da tempo riconosciuto (vengono citate le risalenti pronunce n. 18 del 1969 e n. 165 del 1973) che la disciplina statale ha, nelle materie di competenza primaria della Regione, una sorta di efficacia suppletiva, tale che, ove la Regione abbia dettato norme proprie, le stesse prevalgono su quelle statali.

Osserva poi la ricorrente che le norme impugnate, invece, pur non essendo esplicitamente destinate ad operare anche nelle Regioni a statuto speciale, devono, in assenza di espressa previsione di garanzie delle loro competenze, ritenersi applicabili anche alle medesime.

La giurisprudenza costituzionale ha stabilito (sentenza n. 177 del 2004) che alla Regione siciliana spettano le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di pubblica istruzione, mentre allo Stato rimane la competenza relativa alla disciplina della natura giuridica e del riconoscimento legale degli istituti scolastici non statali, secondo un assetto che è da ritenere confermato anche alla luce dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Ne deriverebbe, pertanto, la sicura illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate.

Oltre alle citate lesioni, la Regione lamenta anche la violazione del principio di leale collaborazione, perché la normativa oggetto di ricorso è stata approvata senza alcuna previa concertazione con le Regioni.

6.— In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con singoli atti di identico contenuto, chiedendo che le prospettate questioni vengano dichiarate non fondate.

Osserva l’Avvocatura dello Stato che le norme impugnate impongono la formazione di istituti comprensivi per la scuola dell’infanzia, per quella primaria e per quella secondaria di primo grado.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 200 del 2009, ha chiarito che, anche dopo la riforma del 2001, lo Stato mantiene una competenza esclusiva in materia di norme generali sull’istruzione; secondo tale pronuncia, deve ritenersi che «il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, rivesta carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni». Alla luce di questo criterio, va riconosciuto che le norme censurate, andando ad incidere sulla determinazione degli standard strutturali minimi che le istituzioni scolastiche devono possedere, «si possono annoverare tra quelle disposizioni che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme su tutto il territorio nazionale»; in quanto tali, esse rientrano nella competenza esclusiva dello Stato. Come già in precedenza avveniva con l’art. 2 del d.P.R. 18 giugno 1998, n. 233 (Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59), anche l’attuale art. 19 risponde alla necessità di fissare criteri omogenei su tutto il territorio al fine di far acquisire alle istituzioni scolastiche l’autonomia e di consentire l’attribuzione della personalità giuridica.

Ad analoghe conclusioni si perviene, secondo l’Avvocatura dello Stato, anche richiamando la competenza concorrente in tema di istruzione prevista dall’art. 117, terzo comma, Cost.: infatti la natura di norma di principio emerge dal rilievo per cui le norme dell’impugnato art. 19, commi 4 e 5, contribuiscono a configurare la struttura portante del sistema nazionale di istruzione, al fine anche di consentire un’offerta formativa omogenea.

Rileva poi la difesa del Presidente del Consiglio dei ministri che esiste, nella specie, anche un altro titolo di competenza statale, ossia quello del coordinamento della finanza pubblica. Le disposizioni in questione, infatti, in attuazione degli obiettivi finanziari già delineati dall’art. 64 del d.l. n. 112 del 2008, determinano evidenti risparmi di spesa «derivanti dalla riduzione del numero di istituti scolastici di 1.130 unità e dei posti di dirigente scolastico e di direttore dei servizi generali e amministrativi». In base alla giurisprudenza costituzionale (si citano le pronunce n. 417 del 2005, n. 181 del 2006 e n. 237 del 2009), una norma statale di principio, adottata in materia di competenza concorrente, può incidere su una o più materie di competenza regionale, anche di tipo residuale, il che comporterebbe la piena legittimità costituzionale delle disposizioni oggi in esame.

L’Avvocatura dello Stato rileva, infine, che la previsione di una soglia minima di alunni degli istituti scolastici costituirebbe uno degli standard per conseguire l’autonomia e che la relativa materia è di spettanza esclusiva dello Stato.

7.— In prossimità dell’udienza, hanno depositato memorie le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia e Basilicata, confutando le argomentazioni difensive dell’Avvocatura dello Stato, in particolare rispetto alla attinenza delle norme censurate alla materia dei principi generali sull’istruzione. Le difese delle Regioni hanno, altresì, ribadito la illegittimità di tali disposizioni anche sotto il profilo della materia del coordinamento della finanza pubblica, facendo riferimento all’orientamento della Corte per cui in tale materia la legge statale può porre gli obiettivi, lasciando alle Regioni la scelta circa gli strumenti concreti per la loro realizzazione.

Considerato in diritto

1.— Le Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Puglia, Basilicata e la Regione siciliana hanno proposto, con separati ricorsi, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; nei ricorsi delle Regioni Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata le questioni sono state sollevate anche con riguardo al comma 5 del medesimo articolo.

Ad avviso delle ricorrenti, dette norme sarebbero in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto conterrebbero una normativa di dettaglio in una materia (l’istruzione) oggetto di competenza concorrente, posto che tali disposizioni non rientrano nella competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost. (norme generali sull’istruzione); con l’art. 117, sesto comma, Cost., secondo cui la potestà regolamentare spetta alle Regioni in tutte le materie che non rientrano in quelle di competenza esclusiva dello Stato; con l’art. 118 Cost., in quanto, anche invocando il principio di sussidiarietà in senso ascendente, si sarebbe dovuta comunque garantire un’adeguata concertazione con le Regioni; con l’art. 119 Cost., per lesione dell’autonomia finanziaria delle Regioni; con l’art. 120 Cost., per lesione del principio di leale collaborazione; ed infine, limitatamente alla sola Regione siciliana, le citate disposizioni sarebbero in contrasto con gli artt. 14, lettera r), 17, lettera d), e 20 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), nonché con gli artt. 1 e 6 del d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246 (Norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia di pubblica istruzione), poiché la normativa statale interviene in un ambito nel quale alla Regione è riconosciuta competenza esclusiva e concorrente e, di conseguenza, anche esecutiva ed amministrativa.

2.— I giudizi vanno riuniti, avendo ad oggetto le medesime disposizioni, ancorché prospettate in riferimento a diversi parametri costituzionali.

Occorre preliminarmente rilevare che il testo dell’art. 19, comma 5, oggetto di censura ha subito, successivamente alla proposizione delle odierne questioni, una modifica ad opera dell’art. 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), a decorrere dal 1° gennaio 2012. Il testo originario del comma 5, risultante dalla conversione del decreto-legge e vigente nel momento della proposizione dei ricorsi, era il seguente: «5. Alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 unità, ridotto fino a 300 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome». A seguito della suddetta modifica, le due soglie di 500 e 300 unità sono state innalzate, rispettivamente, a 600 e 400 unità; come si vede, si tratta di una modifica che non è in alcun modo satisfattiva delle pretese avanzate dalle Regioni ricorrenti, in quanto lascia praticamente inalterati i termini della lamentata lesione delle competenze, limitandosi a modificare le soglie numeriche necessarie per l’assegnazione alle istituzioni scolastiche di un dirigente scolastico con incarico a tempo indeterminato.

Ne consegue che, in considerazione della sostanziale identità di contenuto precettivo e del principio di effettività della tutela costituzionale nei giudizi in via principale, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, si procederà allo scrutinio dell’art. 19, comma 5, nel testo risultante dalla modifica suindicata, benché la nuova disposizione non sia stata oggetto di ulteriore ricorso in via principale (v., tra le ultime, le sentenze n. 139 e n. 237 del 2009, nonché la sentenza n. 15 del 2010).

3.— Passando al merito delle questioni, occorre esaminare per prima quella relativa all’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011.

È opportuno rilevare, ai fini del corretto inquadramento della questione, che il citato comma 4 è da ricondurre alla materia della «istruzione». La giurisprudenza di questa Corte, successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, intervenuta con legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ha individuato i criteri del riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni nella materia dell’istruzione, allo scopo di porre una chiara linea di confine tra i titoli di competenza esclusiva e concorrente che sono stati entrambi previsti nell’art. 117 della Costituzione.

In particolare, con le sentenze n. 200 del 2009 e n. 92 del 2011 è stata chiarita, alla luce delle precedenti pronunce sull’argomento (fra le quali, si vedano la sentenza n. 13 del 2004 e le sentenze n. 34 e n. 279 del 2005), la differenza esistente tra le norme generali sull’istruzione – riservate alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost. – e i principi fondamentali della materia istruzione, che l’art. 117, terzo comma, Cost. devolve alla competenza legislativa concorrente. Si è detto, a questo proposito, che rientrano tra le norme generali sull’istruzione «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali». Sono, invece, espressione di principi fondamentali della materia dell’istruzione «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione, dall’altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell’intervento del legislatore regionale» (sentenza n. 92 del 2011 che richiama la precedente n. 200 del 2009).

L’art. 19, comma 4, oggi in esame contiene due previsioni, strettamente connesse: l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. Si tratta, quindi, di una norma che regola la rete scolastica e il dimensionamento degli istituti.

Va osservato che il legislatore, prima della citata riforma costituzionale del 2001, era intervenuto a regolare con apposite norme il riparto di competenze relative all’organizzazione della rete scolastica; l’art. 138, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), già disponeva che fossero delegate alle Regioni le funzioni amministrative riguardanti la «programmazione, sul piano regionale, nei limiti della disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali»; subito dopo, il d.P.R. 18 giugno 1998, n. 233 (Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell’articolo 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59), ha disposto (art. 3) che le Regioni approvino il piano regionale di dimensionamento delle istituzioni scolastiche sulla base dei piani disposti dalle singole Province. Ne consegue che – come questa Corte ha avuto modo di rilevare fin dalle sentenze n. 13 del 2004 e n. 34 del 2005 – è del tutto implausibile che il legislatore costituzionale del 2001 abbia inteso sottrarre alle Regioni la competenza relativa al programma di dimensionamento delle istituzioni scolastiche che già era di loro spettanza in un quadro costituzionale segnato da una impostazione maggiormente centralizzata.

La legislazione degli anni più recenti è intervenuta con altre disposizioni in tale materia. L’art. 64, comma 4-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha disposto – riconoscendo, ancora una volta, la competenza delle Regioni – che le medesime dovessero provvedere, per l’anno scolastico 2009/2010, ad assicurare il dimensionamento delle istituzioni scolastiche autonome nel rispetto dei parametri fissati dall’art. 2 del citato d.P.R. n. 233 del 1998. Il successivo d.P.R. 20 marzo 2009, n. 81 (Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), mirava a modificare il quadro normativo, disponendo, all’art. 1, che alla definizione «dei criteri e dei parametri per il dimensionamento della rete scolastica e per la riorganizzazione dei punti di erogazione del servizio scolastico, si provvede con decreto, avente natura regolamentare, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata» tra lo Stato e le Regioni. Il medesimo art. 1, peraltro, stabilisce che, fino all’emanazione del menzionato decreto ministeriale, continui ad applicarsi la disciplina vigente, in particolare il d.P.R. n. 233 del 1998, ivi compreso il relativo art. 3 da considerarsi abrogato soltanto all’atto dell’entrata in vigore del predetto decreto ministeriale (art. 24, comma 1, lettera d, del d.P.R. n. 81 del 2009).

Non risulta, comunque, che tale decreto sia mai intervenuto, tanto che alcune delle Regioni ricorrenti hanno fatto presente, negli odierni ricorsi, che l’art. 19, comma 4, in esame è stato emanato quando esse avevano già provveduto all’approvazione dei piani regionali di dimensionamento in vista dell’inizio dell’anno scolastico 2011/2012, piani evidentemente formulati secondo lo schema di cui al d.P.R. n. 233 del 1998.

4.— Alla luce delle osservazioni che precedono, la questione avente ad oggetto l’art. 19, comma 4, è fondata.

La disposizione censurata mostra, anzitutto, un certo margine di ambiguità perché, mentre impone l’aggregazione delle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, in istituti comprensivi, non esclude la possibilità di soppressioni pure e semplici, cioè di soppressioni che non prevedano contestuali aggregazioni. Ma, comunque, anche volendo disattendere questa possibile lettura, è indubbio che la disposizione in esame incide direttamente sulla rete scolastica e sul dimensionamento degli istituti, materia che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 200 del 2009, n. 235 del 2010 e n. 92 del 2011), non può ricondursi nell’ambito delle norme generali sull’istruzione e va, invece, ricompresa nella competenza concorrente relativa all’istruzione; la sentenza n. 200 del 2009 rileva, in proposito, che «il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche» è «ambito che deve ritenersi di spettanza regionale». Trattandosi di ambito di competenza concorrente, allo Stato spetta soltanto di determinare i principi fondamentali, e la norma in questione non può esserne espressione.

L’art. 19, comma 4, infatti, pur richiamandosi ad una finalità di «continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione», in realtà non dispone sulla didattica: esso, anche con questa sua prima previsione, realizza un ridimensionamento della rete scolastica al fine di conseguire una riduzione della spesa, come, del resto, enunciato dalla rubrica dell’art. 19 («Razionalizzazione delle spese relative all’organizzazione scolastica. Concorso degli enti locali alla stabilizzazione finanziaria»), dalla rubrica del Capo III del decreto-legge («Contenimento e razionalizzazione delle spese in materia di impiego pubblico, sanità, assistenza, previdenza, organizzazione scolastica»), nonché dal titolo del medesimo («Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria»). L’aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1.000 alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all’interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio; ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale.

Il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerge, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia: in tal modo lo Stato stabilisce alcune soglie rigide le quali escludono in toto le Regioni da qualsiasi possibilità di decisione, imponendo un dato numerico preciso sul quale le Regioni non possono in alcun modo interloquire. Va ribadito ancora una volta, invece, come questa Corte ha chiarito nella sentenza n. 200 del 2009, che «la preordinazione dei criteri volti all’attuazione del dimensionamento» delle istituzioni scolastiche «ha una diretta e immediata incidenza su situazioni strettamente legate alle varie realtà territoriali e alle connesse esigenze socio-economiche di ciascun territorio, che ben possono e devono essere apprezzate in sede regionale, con la precisazione che non possono venire in rilievo aspetti che ridondino sulla qualità dell’offerta formativa e, dunque, sulla didattica».

Occorre rilevare, per completezza, che l’Avvocatura dello Stato ha invocato, nei propri scritti difensivi, oltre ai titoli di competenza esclusiva ed ai principi fondamentali in tema di competenza concorrente in materia di istruzione, anche quello di competenza concorrente relativo al coordinamento della finanza pubblica.

La Corte osserva, al riguardo, che, pur perseguendo la disposizione in esame – come si è detto – evidenti finalità di contenimento della spesa pubblica, resta pur sempre il fatto che anche tale titolo consente allo Stato soltanto di dettare principi fondamentali, e non anche norme di dettaglio; e, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 326 del 2010).

Sulla base delle precedenti considerazioni, va rilevato che la disposizione sottoposta a scrutinio non risponde alle condizioni necessarie per costituire un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

L’Avvocatura dello Stato ha altresì invocato, con riferimento alla seconda parte del comma 4 in esame, la competenza esclusiva statale in materia di requisiti minimi che le istituzioni scolastiche devono possedere per essere definite autonome. È indubbio che competa allo Stato la definizione dei requisiti che connotano l’autonomia scolastica, ma questi riguardano il grado della loro autonomia rispetto alle amministrazioni, statale e regionale, nonché le modalità che la regolano, ma certamente non il dimensionamento e la rete scolastica, riservati alle Regioni nell’ambito della competenza concorrente. Va ricordato che la legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), che reca norme fondamentali sull’autonomia – invocata anche dall’Avvocatura dello Stato per motivare questa rivendicazione in competenza esclusiva – prevede, all’art. 21, che i «requisiti dimensionali ottimali» per l’autonomia vanno «individuati in rapporto alle esigenze e alla varietà delle situazioni locali». Anche a motivo di questa esigenza, ancor prima del nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, gli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 233 del 1998 – anche esso invocato dall’Avvocatura perché, in larga misura, tuttora in vigore – hanno previsto che i piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, previsti dall’art. 21 in questione, al fine dell’attribuzione dell’autonomia, vadano definiti in conferenze provinciali, nel rispetto degli indirizzi di programmazione e dei criteri generali, riferiti anche agli ambiti territoriali, preventivamente adottati dalle Regioni, cui è affidata anche l’approvazione del piano regionale.

L’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, pertanto, va dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., essendo una norma di dettaglio dettata in un ambito di competenza concorrente. Restano assorbiti gli ulteriori parametri richiamati nei ricorsi delle Regioni, ivi compresi quelli relativi allo Statuto speciale ed alle disposizioni di attuazione invocati dalla Regione siciliana.

5.— La questione avente ad oggetto l’art. 19, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011, nel testo modificato dell’art. 4, comma 69, della legge n. 183 del 2011, non è fondata.

La disposizione censurata, come si è detto, prevede che alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto a 400 per le istituzioni site in piccole isole, comuni montani e aree caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato; tali istituzioni, invece, sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni autonome.

È indubbio che questa previsione incide in modo significativo sulla condizione della rete scolastica, ma va rilevato che la norma in questione non sopprime i posti di dirigente, limitandosi a stabilirne un diverso modo di copertura e, tenendo presente che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali e non regionali – come risulta sia dal loro reclutamento che dal loro complessivo status giuridico – è chiaro che il titolo di competenza esclusiva statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., assume un peso decisamente prevalente rispetto al titolo di competenza concorrente previsto in materia di istruzione dal medesimo art. 117, terzo comma. La disposizione in esame persegue l’evidente finalità di riduzione del numero dei dirigenti scolastici – al fine di contenimento della spesa pubblica – attraverso nuovi criteri per la loro assegnazione nella copertura dei posti di dirigenza e questa materia rientra nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato.

Ne consegue che la questione relativa al censurato art. 19, comma 5, va dichiarata non fondata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse, nei confronti del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, dalla Regione siciliana e dalle Regioni Puglia e Basilicata;

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 5, del medesimo d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dell’art. 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo e sesto comma, 118, 119 e 120 della Costituzione, dalle Regioni Toscana, Umbria, Puglia e Basilicata, con i ricorsi indicati in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Sergio MATTARELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 giugno 2012.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI

Nota 13 dicembre 2011, Prot. A00DGPER 10309

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’istruzione
Direzione Generale per il personale scolastico
– Uff. IV –

Ai Direttori Generali Regionali
LORO SEDI
Al Coordinamento della IX Commissione
Via Parigi, 11
ROMA

Oggetto: Applicazione art. 19, comma 4, del D.L. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito, con modificazione della legge 15 luglio 2011, n. 111 – istituti comprensivi – chiarimenti.

Si fa riferimento a quanto richiesto dal Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, dai vari quesiti posti in via breve e facendo seguito alla nota n. 8220 del 7/10/2011con la quale era stato trasmesso uno studio di fattibilità relativo all’applicazione della disposizione in oggetto citata e si comunica quanto segue.
Questa Direzione Generale ritiene che, le finalità di cui all’art. 19, comma 4, del D.L. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito, con modificazione della legge 15 luglio 2011, n. 111 si raggiungono anche considerando il valore limite di 1.000 alunni (e quello limite 600 per i casi specificamente previsti) anche se tale valore viene assunto come media regionale di riferimento; conseguentemente, laddove l’organizzazione razionale della rete lo richieda, evidentemente per casi che non possono essere che sporadici , nel piano di dimensionamento potranno figurare istituti comprensivi con valori inferiori a quelli previsti dalla legge sopra richiamata, purché nell’ambito regionale vi siano istituzioni scolastiche che presentino valori che compensino adeguatamente i predetti valori inferiori salvaguardando la media di riferimento.
Nello spirito del modello cooperativo del rapporto tra Ministero, Regioni ed Enti Locali che si intende promuovere nella definizione dell’offerta formativa sul territorio, in fase di prima attuazione della norma in argomento sulla costituzione degli istituti comprensivi si potrà tener conto, con un criterio di gradualità, di particolari esigenze geografiche, socioeconomiche e legate alla “storia del territorio”, purché vengano comunque rispettati i parametri numerici previsti dalla legge n.111/2011 intesi come media regionale di riferimento .
Si precisa che a seguito delle numerose richieste pervenute, il termine del 31 dicembre è prorogato al 31 gennaio 2012.

Il Direttore Generale
F.to Luciano Chiappetta

3 novembre Riorganizzazione Rete scolastica alla Camera

Il 3 novembre si svolge in Aula, alla Camera, la seguente interpellanza urgente relativa al tema del dimensionamento e della riorganizzazione della rete scolastica:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per sapere – premesso che:
l’articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, prevede che «a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche autonome costituite separatamente da direzioni didattiche e scuole secondarie di I grado; gli istituti comprensivi per acquisire l’autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche»;
la norma precedente (decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998) fissava un range tra i 500 e i 900 alunni e, quindi, ben al di sotto dell’attuale soglia minima;
l’assetto attuale della rete scolastica è quello delineato dai piani regionali di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998;
dopo aver definito i primi piani di dimensionamento, le regioni hanno provveduto all’attuazione delle modifiche parziali che di anno in anno si rendevano necessarie e dopo aver acquisito i pareri degli enti locali e delle istituzioni interessate. Invece, con questa norma si è messo in discussione l’assetto di gran parte delle istituzioni del primo ciclo e, quindi, l’impianto complessivo dei piani di dimensionamento;
in questo quadro, numerose regioni italiane hanno impugnato il provvedimento dinanzi alla Corte costituzionale, considerandolo lesivo delle loro competenze esclusive in materia di organizzazione della rete scolastica;
del resto, sulla stessa materia, la Corte costituzionale si è già espressa in favore di ricorsi presentati dalle regioni, sancendo l’illegittimità delle misure contenute nel piano programmatico che intervengono sulla riorganizzazione della rete scolastica;
pertanto, appare evidente come la definizione dei nuovi piani di dimensionamento regionali richieda tempi adeguati di consultazione tra tutti i soggetti interessati (istituzioni scolastiche, comuni, province, uffici scolastici regionali) e tali da consentire la condivisione più ampia possibile, come previsto dalla normativa in materia (decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998) –:
se non ritenga opportuno, considerata la mancanza dei tempi necessari per la corretta applicazione della norma, tenuto conto dell’oggettiva complessità e della delicatezza del percorso di ridefinizione dei piani regionali di dimensionamento della rete scolastica, assumere le opportune iniziative normative per rinviare i tempi di applicazione della norma stessa.
(2-01231) «Coscia, Ghizzoni, Bachelet, De Pasquale, Levi, Rossa, Siragusa, Pes, Argentin, Fogliardi, Carella, Barbi, Fiorio, Duilio, Causi, De Biasi, Ferrari, Albonetti, Naccarato, D’Incecco, Bocci, Castagnetti, Colaninno, Gentiloni Silveri, Giulietti, Motta, Oliverio, Laratta, Lucà, Morassut, Sanga, Gianni Farina, Gasbarra, Tidei, Baretta». (12 ottobre 2011)

Iniziative per rinviare i tempi di applicazione delle disposizioni concernenti l’organizzazione della rete scolastica – n. 2-01231

PRESIDENTE. L’onorevole Coscia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01231, concernente iniziative per rinviare i tempi di applicazione delle disposizioni concernenti l’organizzazione della rete scolastica (Vedi l’allegato A – Interpellanze urgenti).

MARIA COSCIA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, con la nostra interpellanza poniamo una questione molto delicata al Governo, che già ha creato moltissime difficoltà nelle scuole, compresa la difficoltà di una tenuta quotidiana del loro lavoro e del loro compito così importante e fondamentale.
Le istituzioni scolastiche, come sappiamo, sono già duramente provate dai tagli indiscriminati di questi tre anni e si sono trovate quest’anno sulla loro testa a dover procedere alla applicazione di una norma francamente incomprensibile. Abbiamo già sollevato questa questione in sede di espressione del parere della VII Commissione (Cultura) sulla manovra di luglio (decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011).
Infatti, il comma 4 dell’articolo 19 prevede una norma assolutamente inapplicabile, cioè, addirittura, che con questo inizio di anno scolastico si dovesse procedere ad aggregare tutte le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado in istituti comprensivi da un giorno all’altro.
Si tratta di un iter che sappiamo essere piuttosto complesso e delicato e che assolutamente non poteva avvenire in piena estate. Infatti, così non è stato, e la norma non è stata applicata.
Tuttavia, questo ha creato difficoltà, apprensioni, tensioni e malesseri pesantissimi nelle istituzioni scolastiche, allarmando inoltre genitori e interi quartieri e comuni, perché questa norma si dice debba essere applicata in tempo utile per il prossimo anno scolastico.
Signor sottosegretario, lei lo sa, perché è da tempo che segue queste questioni: non è semplice andare a riaggregare e, quindi, a rifare sostanzialmente in tutto il Paese, in ogni regione, il piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche. Infatti, di questo si tratta alla fine: riguarderà, cioè, un numero apparentemente limitato. In realtà, siccome bisogna riaccorpare tutte le istituzioni scolastiche, vengono messi in discussione piani definiti oltre dieci anni fa e che ogni anno subivano dei semplici aggiustamenti, resi necessari dai cambiamenti periodici che sopraggiungevano.
Peraltro, questa norma, ancora una volta, si muove in modo improvvido, perché rischia di vanificare una questione che noi riteniamo, invece, importante, ovvero quella di far decollare gli istituti comprensivi in tutto il Paese come strutturazione del sistema delle autonomie scolastiche capaci di garantire lo sviluppo della continuità didattica. Si tratta, in altre parole, di consentire ai bambini che iniziano la scuola dell’infanzia, poi vanno alla scuola elementare e poi alla scuola media, di avere un percorso didattico di continuità.
Questo obiettivo fondamentale rischia di essere vanificato, perché si interviene in modo burocratico e autoritario. Si pretende, da un momento all’altro, di passare dal range prima previsto di 500 a 900 o oltre 1.000 alunni. Peraltro, si procede, così come si sta facendo, in modo forzoso ad accorpare scuole a chilometri di distanza, senza che vi sia stato quel percorso di sviluppo e di continuità didattica. È veramente un delitto dal punto di vista della progettazione e della programmazione didattica.
Si sta procedendo in alcune realtà, dove magari anche gli enti locali sono stati insensibili a certe richieste, accorpando scuole elementari con scuole medie che sono in altri quartieri, come per esempio avviene a Roma e in altre realtà dove i bambini e i ragazzi andranno in altre scuole medie. Pertanto, viene meno la funzione fondamentale degli istituti comprensivi.
Ora, dunque, si tratta di un percorso importante e delicato che richiederebbe una maggiore attenzione ed un Governo molto più attento a quelle che sono le esigenze e i diritti dei bambini all’istruzione e alla formazione. Pertanto, riteniamo che sia una scelta assolutamente non solo non condivisibile ma anche non praticabile prevedere di applicare tutto questo il prossimo anno, se si hanno a cuore, appunto, i diritti fondamentali dei bambini e la qualità della nostra scuola pubblica.
Che cosa succede? Nel frattempo, le regioni (che sono, ovviamente, più legate al territorio rispetto a questo Governo) che cosa hanno fatto? Una buona parte delle regioni ha presentato ricorso alla Corte costituzionale, come già era avvenuto nel 2008 – lo ricorderà, sottosegretario -, impugnando l’articolo 64 del «decreto-legge Tremonti» e, tra l’altro, ottenendo soddisfazione dalla Corte costituzionale, tanto che si dovette poi modificare il piano programmatico. Dall’altra parte, altre regioni, come per esempio la regione Piemonte, come al solito con la duttilità di cui sono capaci, hanno deciso autonomamente di applicare la norma con un piano triennale. Quindi, signor sottosegretario, vi è maggiore ragionevolezza nei territori e nei governi dei territori di quanto, purtroppo, non avviene a livello statale e centrale.
Pertanto, chiediamo a lei e, suo tramite, al Ministro e al Governo, di sospendere l’applicazione di questa norma e di aprire un tavolo di concertazione con le regioni e con la Conferenza unificata – quindi, anche con le rappresentanze degli enti locali – perché, appunto, è previsto un percorso nella definizione del dimensionamento che vede le proposte delle scuole, poi i pareri dei comuni, i piani provinciali e, alla fine, il piano regionale. Dunque, chiediamo di aprire un tavolo di confronto serio da questo punto di vista, per vedere come procedere in modo ragionevole.
La seconda cosa che le chiedo non è scritta nell’interpellanza urgente. Tuttavia, la faccio presente in questa sede. Chiedo di avere la sua disponibilità ad una discussione serrata in Commissione cultura proprio perché – lo ripeto – con ragionevolezza si possa evitare di alimentare disagi e malesseri così profondi nelle scuole e nei territori e assumere, piuttosto, un comportamento tale che ci aiuti a salvare quello che c’è di buono in un obiettivo condiviso come quello di far decollare gli istituti comprensivi facendo salvo, però, quello che è il loro obiettivo fondamentale e non con comportamenti e gestioni burocratiche e autoritarie come, appunto, sta avvenendo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l’istruzione, l’università e la ricerca. Signor Presidente, l’onorevole interpellante richiede che vengano assunte iniziative finalizzate a rinviare i tempi di applicazione delle norme di cui all’articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha introdotto nuove modalità in materia di riorganizzazione della rete scolastica. Tale norma prevede che «per garantire un processo di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, a decorrere dall’anno scolastico 2011-2012 la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado sono aggregate in istituti comprensivi (…)».
Preliminarmente, si rappresenta che, essendo già stati a suo tempo definiti i piani di dimensionamento per il corrente anno scolastico 2011-2012, la nuova normativa potrà trovare applicazione dall’anno scolastico successivo.
Si conviene con l’onorevole interpellante che le operazioni relative ai piani di dimensionamento debbano essere svolte in tempi adeguati di consultazione tra i vari soggetti coinvolti, in modo da consentire che sui piani stessi venga raggiunta la più ampia condivisione possibile.
A tal fine, si comunica che, proprio in considerazione della delicatezza e della complessità della materia, sono in corso interlocuzioni per l’apertura di un tavolo con la Conferenza unificata. Il Ministero, da parte sua, metterà a disposizione dati ed elementi utili alla definizione del piano di dimensionamento che ogni regione dovrà elaborare allo scopo di ottemperare alla disposizione.
Quanto ai ricorsi presentati da alcune regioni circa la legittimità costituzionale dell’articolo 19, commi 4 e 5, del citato decreto-legge n. 98 del 2011, cui l’onorevole interpellante fa cenno, si fa presente che il Ministero sta predisponendo la memoria per la difesa innanzi alla Corte costituzionale.
Vorrei anche aggiungere che trovo fondate le motivazioni addotte dall’onorevole Coscia nella sua interpellanza e che – come Ministero – mi dichiaro pronto ad aprire in Commissione un tavolo in vista di un migliore e maggiore funzionamento del sistema scolastico.

PRESIDENTE. L’onorevole Coscia ha facoltà di replicare.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, prendo atto della disponibilità del sottosegretario a ragionare in termini pacati sulla questione. Mi auguro che questa disponibilità si traduca poi in atti concreti e che – come chiedevo – si apra veramente questo tavolo e si sospenda l’applicazione di questa norma fino al momento in cui non si arrivi ad un accordo con la Conferenza unificata e ad una condivisione in sede di Commissioni.