L’appello degli insegnanti contro la regionalizzazione della scuola

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Il malessere sull’autonomia differenziata, richiesta avanzata dalle regioni del Veneto e della Lombardia a guida leghista e, con un progetto differente, dall’Emilia Romagna, correva da tempo nel mondo della scuola. Ora si rende ancora più visibile con l’opposizione netta dei sindacati, che hanno lanciato un appello unitario (“restiamo uniti”) e con una petizione lanciata da “Professione Insegnante” – un gruppo social di docenti – al presidente Sergio Mattarella contro la regionalizzazione dell’istruzione pubblica: “E’ incostituzionale”.

L’appello on line in due giorni ha raccolto diecimila firme e ora sta per raddoppiarle. La regionalizzazione dell’istruzione – si legge – “mira a differenziare classi di dipendenti dello Stato, diversificare gli stipendi e la spesa sulla scuola. La scuola deve essere unica, accessibile e di qualità su tutto il territorio nazionale senza differenze tra regioni eccezione fatta per quelle a statuto speciale laddove l’istruzione è materia di differenziazione”.

L’ok del governo alle bozze d’intesa per l’autonomia di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna è saltato lo scorso 14 febbraio in Consiglio dei ministri, anche per i rilievi avanzati dal M5s. Tutto rinviato per ora, manca un accordo dentro il Governo. Non vengono meno però le preoccupazioni. Uno dei capitoli più caldi e delicati è quello della scuola.

Le richieste di Veneto e Lombardia sono forti: le due regioni vogliono partecipare all’organizzazione didattica, occuparsi di valutazione e alternanza Scuola-lavoro, bandire concorsi su base regionale, gestire le graduatorie dei precari. E pagare in modo differenziato gli stipendi dei docenti. Un anno dopo l’approvazione della legge docenti e presidi potranno passare alla scuola regionale (con stipendi più alti). Al Veneto grazie all’Autonomia potrebbe arrivare un miliardo di euro in più per la scuola, ma per l’assessora regionale all’istruzione Elena Donazzan “non si tratta di un regalo bensì di una sorta di pareggio considerato che uno studente veneto costa 483 euro, molto meno che nelle altre Regioni”. La richiesta è che “si utilizzino i costi standard come avvenuto con successo con la sanità – aggiunge – o attraverso i livelli assistenziali delle prestazioni, la cosa non cambia: il Veneto vedrà riconosciuto quanto gli spetta”.

Il passaggio più contestato è proprio quello sugli insegnanti e i presidi dipendenti regionali con stipendi differenziati: “Il lavoro degli insegnanti, dei dirigenti e di tutto il personale della scuola ha lo stesso valore su tutto il territorio nazionale, quindi rigettiamo ogni ipotesi di differenziazione e di trattamento salariale tra personale che opera su regioni diverse – continua la petizione – Tutti gli studenti che risiedono e sono cittadini del Paese hanno pari diritto ad accedere alle stesse proposte di istruzione nel territorio in cui vivono”. Per questo, “ci auguriamo che la proposta di regionalizzazione dell’istruzione non veda mai la luce, ciò rappresenterebbe la distruzione definitiva della scuola e con essa del futuro del nostro Paese”.

Sul fronte contrario si sono schierati tutti i sindacati autonomi, di base e Confederali. Al loro appello si può aderire via mail: restiamouniti1@gmail.com. Unicobas e Anief hanno proclamato uno sciopero il 27 febbraio. “I sindacati scuola e il mondo dell’associazionismo esprimono il loro più netto dissenso riguardo alla richiesta di ulteriori e particolari forme di autonomia in materia di istruzione avanzata dalle Regioni Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, a cui sono seguite quelle di altre regioni – spiega Lena Gissi, segretaria della Cisl Scuola –  Si tratta di un’ipotesi che pregiudica la tenuta unitaria del sistema nazionale in un contesto nel quale già esistono forti squilibri fra aree territoriali e regionali. E’ un appello alla mobilitazione rivolto al mondo della scuola e alla società civile per fermare un disegno politico disgregatore dell’unità e della coesione sociale del Paese”.

Il confronto nelle scuole si sta animando ora. L’appello dei sindacati è firmato da tante associazioni, tra cui Cidi, Aimc, Proteo Fare Sapere, docenti Art. 31, Lip Scuola, e dagli studenti di Link, Rete degli studenti medi, Unione degli studenti e degli universitari. La proposta della Lega “è una secessione senza possibilità di equivoco, mi auguro che la Corte costituzionale la bocci”, attacca Gaetano Passarelli della Flc-Cgil. “Un disastro”, commenta Giovanni Cocchi, insegnante bolognese, “si creeranno sistemi scolastici differenti e tutto quello che la scuola ha fatto per unire l’Italia sarà rovesciato”.