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Insegni al Sud? Guadagnerai meno! Regione che vai, stipendio che trovi. L’idea leghista diventa ddl: “reddito temporaneo correlato al luogo di attività”

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Regione che vai, stipendio che trovi. È quello su cui sta ragionando la maggioranza di Governo: adeguare le retribuzioni dei dipendenti al luogo in cui vivono, in particolare al costo della vita. Guai a chiamarle “gabbie salariali”, ma di fatto questo si vorrebbe realizzare. L’idea leghista sta prendendo piede in tutti i partiti che sostengono il Governo Meloni, quindi anche in Fratelli d’Italia e Forza Italia.

Azzerato il salario minimo

Nell’ultima giornata, la maggioranza ha fatto dei passi in avanti: un ordine del giorno di Andrea Giaccone (Lega), passato alla Camera col parere favorevole del governo, ha azzerato il salario minimo e fatto passare il concetto che “lo stipendio unico nazionale può comportare disuguaglianze sociali su base territoriale, creando discriminazioni di reddito effettivo”.

Inoltre, il 28 novembre un disegno di legge, con i medesimi obiettivi, è stato assegnato in Commissione Lavoro di Palazzo Madama.

Il testo del disegno di legge

In quest’ultimo testo, il ddl firmato dal capogruppo della Lega Massimiliano Romeo e appena assegnato in Commissione, c’è scritto che “per sostenere il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici e privati attraverso la previsione di trattamenti economici accessori collegati al costo della vita dei beni essenziali, così come definito dagli indici ISTAT, nelle aree territoriali presso cui si svolge l’ attività lavorativa, con particolare riferimento alla distinzione tra aree metropolitane urbane, suburbane, interne e di confine”.

Ma le applicazioni pratiche di tutto questo cosa comporteranno? A detta dei partiti promotori solo vantaggi. Inoltre, si legge ancora nell’odg, “sarebbe auspicabile per alcuni settori, come nel mondo della scuola, un’evoluzione della contrattazione che, da una retribuzione uguale per tutti, passi a garantire un pari potere d’acquisto per tutti, ipotizzando una base economica e giuridica uguale per tutti, cui aggiungere una quota variabile di reddito temporaneo correlato al luogo di attività“.

Quindi, cambiando regione il docente o Ata si ritroverebbe con stipendi diversi: a Milano, a Torino, a Venezia o a Genova, ad esempio, la busta paga di un dipendente della scuola assumerebbe una consistenza decisamente maggiore rispetto a quella data a fine mese a dei colleghi che prestano servizio in provincia, soprattutto se collocata nel Sud Italia.

A sentire il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, però, i tempi sono maturi per “trovare nuove strade, anche sperimentali, di sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, per finanziare l’istruzione, oltre allo sforzo del governo”.

Valditara aveva anche detto che “senza alcuna differenza fra nord, centro e sud, dalle regioni arriva una richiesta di capire come fare per affrontare il tema del costo della vita”.

I contrari

Intanto, il Pd accusa la maggioranza di “voler dividere il Paese”. Perché, dice Irene Manzi, responsabile scuola nazionale dei dem, “con un blitz notturno la Lega prova a introdurre l’idea di stipendi diversificati per i professori su base regionale. Invece di impegnarsi per aumentare concretamente le retribuzioni di tutti gli insegnanti, la maggioranza decide che gli stipendi dovranno essere più alti al Nord senza tener conto degli sforzi che quotidianamente affrontano i docenti in aree del Paese difficili e disagiate. Proposte come queste vanno nella stessa direzione del progetto di autonomia differenziata”.

Secondo Manzi, “vogliono una scuola che allarghi divari e disuguaglianze invece di ridurli. Questo è il progetto spacca Italia della Lega e della maggioranza che governa il paese. La battaglia per un aumento degli stipendi dei docenti in linea con i livelli europei deve riguardare tutti ed è quello su cui vorremmo poter conoscere le proposte del Ministro Valditara. Questo è attacco al principio di coesione nazionale”.

Dello stesso parere i rappresentanti del Movimento 5 Stelle in Commissione istruzione alla Camera: “Se davvero Giorgia Meloni seguirà la Lega in questa follia – avvertono i ‘grillini’ – ci troverà dentro e fuori il Parlamento a difesa della dignità dei docenti italiani e dell’unità del sistema scolastico nazionale. La scuola ha bisogno non di stipendi differenziati ma di stipendi più alti per tutti i prof, per portare l’Italia almeno al livello degli altri stati europei”.

Solo che, proseguono sempre dal M5s, “con un blitz la Lega ha messo per l’ennesima volta nero su bianco che auspica l’introduzione delle gabbie salariali e che dunque gli insegnanti del Centro Sud secondo loro valgono meno di quelli del Nord e devono ricevere stipendi più bassi. Il governo ha dato l’ok. Lega e Meloni rifilano così l’ennesimo schiaffo alla scuola pubblica e al Sud, dopo il ridimensionamento della rete scolastica e le autonomie”.

Liceo “made in Italy”: la Camera approva il disegno di legge che però dovrà ancora passare dal Senato; entusiasmo della maggioranza

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Commenti entusiastici della maggioranza per l’approvazione del disegno di legge sul Made in Italy da parte della Camera dei deputati nella seduta del 7 dicembre.

Su questo provvedimento, nelle ultime settimane, il Governo ha innestato il turbo anche con l’intenzione di chiudere la partita entro la fine del mese.
Il provvedimento dovrà però passare anche al Senato e i tempi sono davvero ristretti anche perché, in concomitanza, c’è anche da approvare la legge di bilancio.

Secondo la sottosegretaria all’istruzione Paola Frassinetti (FdI) il nuovo liceo previsto dalla legge “preparerà la classe dirigente necessaria alla promozione e alla tutela delle nostre eccellenze”.
“L’istituto – aggiunge Frassinetti – colmerà un vuoto in questo campo e interverrà nell’ambito della capacità di tutelare, valorizzare e promuovere le eccellenze italiane nel mondo. Le materie riguarderanno prevalentemente argomenti di tipo giuridico-economico, saranno previste anche filosofia, due lingue straniere, inoltre saranno attivati i percorsi di tirocinio con le imprese per rafforzare la connessione col tessuto economico-produttivo di riferimento”.

Come si ricorderà, inizialmente il disegno di legge prevedeva che il Liceo Made in Italy avrebbe dovuto progressivamente “soppiantare” o quanto meno “inglobare” il liceo economico sociale.
Nel corso di questi mesi, però, si è creato un vasto movimento a difesa degli economico-sociali animato e sostenuto non solo dalla rete nazionale dei LES ma anche di sindacati della scuola.
E così, a conti fatti, il risultato dovrebbe essere un po’ diverso: il liceo made in Italy e l’economico-sociale coesisteranno come articolazione del sistema dei licei.

“La Rete nazionale dei Licei Economico-Sociali – 
sottolinea Francesca Di Liberti, dirigente della scuola capofila della Rete stessa  sta seguendo con interesse l’evoluzione del disegno politico dopo le audizioni a cui ho preso parte. La Rete si era già espressa a giugno e ad agosto con due documenti che proponevano che i due indirizzi si sviluppassero in modo parallelo, ma i legislatori hanno scelto di porli in alternativa”.
“Ad ogni modo – 
aggiunge – nel prosieguo dell’esame del ddl le cose sono cambiate e la nostra Rete esprime soddisfazione per la permanenza del LES nell’ordinamento liceale, visto il crescente consenso che sta registrando”.
Ma nella legge c’è una questione che rischia di complicare l’intera vicenda; spiega ancora Di Liberti: “Saranno le Regioni e gli UU.SS.RR. a valutare come i diversi territori potranno contribuire all’attuazione delle due offerte formative che, come è stato più volte evidenziato nei documenti della Rete e nelle audizioni, non sono sovrapponibili in quanto disegnano profili di uscita delle studentesse e degli studenti diversi. La Rete nazionale resta in attesa di capire le dinamiche alla base delle scelte delle singole Regioni e auspica che vengano coinvolte le scuole direttamente interessate nel dialogo istituzionale”.

Bullismo e cyberbullismo: per i docenti solo il 6% degli studenti ne è colpito, ma il dato riportato dai ragazzi è molto più alto

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

C’è un profondo divario tra ciò che viene vissuto dagli studenti e dalle studentesse e ciò che viene percepito dai docenti per quanto concerne gli atti di bullismo e cyberbullismo. Nelle scuole secondarie di secondo grado, infatti, i docenti stimano che sia coinvolto nei fenomeni circa il 6% degli studenti e delle studentesse, un dato lontano da quello riportato dai ragazzi e dalle ragazze. Sembra, quindi, che solo gli episodi più gravi e sistematici arrivino all’attenzione dei docenti, mentre quelli meno gravi, ma non per questo senza conseguenze, rimangano sommersi.

A dirlo sono i risultati del monitoraggio effettuato dal Ministero, in collaborazione con l’Università di Firenze, attraverso la Piattaforma Elisa, che saranno restituiti nei prossimi giorni alle scuole partecipanti.

In particolare, i report alle scuole partecipanti alla rilevazione studenti verranno inviati alla casella di posta istituzionale tra i giorni 11-15 dicembre, mentre i report docenti verranno inviati alla casella di posta istituzionale tra i giorni 18-22 dicembre.

Ricordiamo che al monitoraggio hanno partecipato 185.063 studenti e studentesse di 699 Istituzioni Scolastiche statali secondarie di secondo grado (circa il 23% delle Istituzioni Scolastiche statali secondarie di secondo grado del paese) e 44.070 docenti afferenti a 1.909 Istituzioni Scolastiche statali primarie e secondarie di primo e secondo grado (circa il 22% di tutte le Istituzioni Scolastiche statali italiane, dei tre gradi).

Quasi il 27% dei ragazzi ha subito atti di bullismo

Secondo il monitoraggio emerge che gli episodi di prepotenza tra pari continuano a coinvolgere un numero considerevole di studenti e studentesse, soprattutto nelle modalità faccia a faccia. Infatti, il 26,9% degli studenti e delle studentesse (21,5% in modo occasionale e 5,4% in modo sistematico) ha riportato di essere stato vittima di bullismo nei 2-3 mesi precedenti alla rilevazione (avvenuta tra maggio e giugno 2023), mentre il 17,5% dei partecipanti ha dichiarato di aver preso parte attivamente a episodi di bullismo (14,7% in modo occasionale e 2,8% in modo sistematico).

Con riferimento al cyberbullismo, l’8% (6,5% in modo occasionale e 1,5% in modo sistematico) degli studenti e delle studentesse ha dichiarato di averlo subito, mentre il 7,2% (5,8% in modo occasionale e 1,4% in modo sistematico) ha riportato di aver preso parte attivamente a episodi di cyberbullismo.

Alta è anche la percentuale degli atti di bullismo basati sul pregiudizio

Anche la vittimizzazione e il bullismo basati sul pregiudizio sono fenomeni che coinvolgono un numero considerevole di studenti e studentesse. Infatti, il 10,1% (6,9% in modo occasionale e 3,2% in modo sistematico) dei partecipanti al monitoraggio 2022/2023 ha dichiarato di aver subito prepotenze a causa del proprio background etnico, l’8,1% (5,5% in modo occasionale e 2,6% in modo sistematico) di aver subito bullismo o insulti di tipo omofobico e il 7,4% (4,9% in modo occasionale e 2,5% in modo sistematico) di essere stato vittima di bullismo per una propria disabilità.

In riduzione l’odio online

Dal monitoraggio emerge un dato positivo: seppur ancora molto presente, l’esposizione all’Hate Speech Online è in riduzione. Gli studenti e studentesse che hanno dichiarato di essere stati esposti a contenuti di odio almeno una volta durante i mesi precedenti alle rilevazioni sono passati dal 46,2% (monitoraggio 2020/2021) al 38,7% (monitoraggio 2022/2023). Questo dato potrebbe far intravedere un uso progressivamente più responsabile di internet e dei social da parte dei partecipanti. Nonostante la progressiva riduzione, la percentuale di studenti e studentesse esposti a contenuti di odio online continua a essere preoccupante e necessita attenzione da parte delle Istituzioni, al fine di arginare i possibili effetti di normalizzazione della violenza a cui si potrebbe andare incontro.

LA NOTA

I RISULTATI DEL MONITORAGGIO

Censimento permanente sui banchi di scuola, iscrizioni entro il 15 gennaio 2024

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Parte anche quest’anno “Il Censimento permanente sui banchi di scuola”, l’iniziativa dell’ISTAT giunta alla quinta edizione peraltro in concomitanza anche con le operazioni legate al Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni.

Essa si compone di un Percorso formativo, cui è collegato un Contest, articolato in una competizione statistica e un concorso di idee, finalizzato alla realizzazione di un prodotto di comunicazione che, partendo dalla lettura e dalla comprensione dei dati statistici, consenta ai ragazzi di conoscere e raccontare il proprio territorio.

L’iniziativa è indirizzata alle classi terza, quarta e quinta della Scuola primaria, e alle classi prima, seconda e terza della Scuola secondaria di primo grado.

Gli alunni saranno chiamati, attraverso l’ausilio dei propri insegnanti, a seguire un percorso formativo che li porterà a partecipare a una competizione statistica, le Censigare, e a realizzare un Progetto creativo, sul tema “Censimento e territorio”, che racconti la realtà in cui vivono dal punto di vista demografico, geografico, sociale e culturale.

Per partecipare ciascuna classe dovrà essere iscritta dal docente referente, utilizzando il form predisposto, attivo fino al 15 gennaio 2024. Succesivamente, dovrà compiere le attività previste in preparazione delle Censigare che si svolgeranno il 28 febbraio 2024; e infine realizzare un Progetto creativo e consegnarlo entro il 27 marzo 2024.

LA NOTA

Il blitz della Lega sulle gabbie salariali come avamposto dell’Autonomia differenziata?

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Tanto tuonò finché piovve, come il vecchio progetto della Lega che da decenni è andata sibilando la necessita di istituire le gabbie salariali, quelle che negli anni delle contestazione, tra il 1968 e il 1969, furono abolite sulla spinta di forti mobilitazioni operaie, ma che oggi, a distanza di oltre 50 anni, dal profondo nord, con azione improvvisa, quasi un blitz da parte della Lega, vengono riportate in vita nottetempo, tramite un Ordine del giorno parlamentare, e che si insinuano dentro le maglie degli scarsi salari della scuola.

Arrembaggio notturno per piazzare l’Autonomia differenziata

Sicuramente, questo arrembaggio notturno è utile a creare un avamposto per l’approvazione futura dell’autonomia differenziata che, come è noto, sarà una legge più articolata per staccare il nord dal sud, attraverso un meccanismo in cui avrebbero un certo peso i cosiddetti LEP, ovvero Livelli Essenziali di Prestazione, criteri per determinare il livello di servizio minimo che dovrebbe essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Una invenzione insomma per far credere più dolce la pillola.

Rapporto Swimez conferma i pericoli dell’Autonomia differenziata

Che sia un imbroglio infatti lo certifica anche il Rapporto SVIMEZ 2023, diffuso nei giorni scorsi, secondo il quale “L’autonomia differenziata espone l’intero Paese ai rischi di una frammentazione insostenibile delle politiche pubbliche chiamate a definire una strategia nazionale per la crescita, l’inclusione sociale e il rafforzamento del sistema delle imprese”.

Fratelli d’Italia: fratelli nel voto e non in frittata

In ogni caso, anche questo allarme di un Istituto di ricerca indipendente non pare interessare, non già solo il gruppo politico legato al senatore Calderoli, incaricato di strutturare la Legge, ma neanche quello legato al partito dei Fratelli d’Italia che ama intrattenersi con enfasi sui concetti di Patria, Nazione, Famiglia, Unità nazionale ecc. ecc., facendone cavali di battaglia per confermare la propria visione di parità, di uguaglianza e di fratellanza (non si chiamano infatti Fratelli?) fra cittadini lungo lo Stivale.

Due categorie di docenti

Tuttavia, la parità e l’uguaglianza si raggiungono invece non mortificando ulteriormente le regioni del sud, come certifica SVIMEZ, né tantomeno i salari fra, come ama dire la destra di Meloni, ma in campagna elettorale, docentitaliani del sud e docenti italiani del nord.

Che se passasse questo Ordine del giorno con “una quota variabile di reddito temporaneo correlato al luogo di attività”, sarebbe una vera discriminazione, una frattura, una  distinzione che umilierebbe ancor di più non solo la classe dei docenti ma anche tutto il mezzogiorno. E come se facesse parte, questa zona meridionale, di un’altra Nazione e di un’altra Patria.  Anche perché, e non c’è bisogno di essere economisti, dei motivi ci saranno se qualche prodotto, alimentare soprattutto, costa qualche centesimo in meno al sud.

Valditara, da leghista, pienamente d’accordo sulle gabbie salariali

Il fatto poi che lo stesso ministro Valditara abbia ventilato nei giorni passati la possibile implementazione della disparità di retribuzione, su cui declama il suo pieno accordo e connivenza, conferma in qualche modo la vecchia concezione leghista della secessione economica e sociale dal Sud, dove però questo partito ha pure rappresentanza nel parlamento isolano che è il più antico d’Italia.

Un modo per dividere i prof del nord e i prof del sud?

Sicuramente, questa sortita della Lega al Parlamento, organizzata nottetempo, dovrà subire altri passaggi, anche contrattuali e sindacali, ma sembra sufficiente per interpretare politicamente altre uscite a danno del mezzogiorno. E serve pure a innescare sicuri malintesi e sicure scaramucce pecuniarie, nel senso dell’avere più soldi da una parte e meno dall’altra, fra prof del nord e del sud, a smembrare ancora di più l’unità, già smembrata,  di questa classe di intellettuali della scuola italiana.

Dimensionamento scolastico, centinaia di scuole perdono autonomia e posti, il Governo riduce i tempi

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Monta la protesta contro l’accorpamento e la sparizione degli istituti scolastici con un numero ridotto di iscritti. Certo parliamo di un “mini-dimensionamento”, che non ha nulla a che vedere con la cancellazione di ben oltre 2.000 istituti, derivante dalle politiche taglia-spesa pubblica dell’accoppiata Gelmini-Tremonti. È un dato di fatto, però, che il venire meno di oltre 600 scuole autonome in pochi anni, così come stabilito dalla Legge di Bilancio di un anno fa, sta facendo venire più di qualche mal di pancia.

Paradossalmente, dopo i recenti ‘no’ espressi prima dalla Corte Costituzionale – che ha respinto i ricorsi di Toscana, Emilia Romagna e Puglia – e poi dal Consiglio di Stato – che ha confermato le riduzioni in Campania- le contestazioni regionali e provinciali hanno preso ancora più piede. Soprattutto dagli enti locali guidati dal centro-sinistra.

Ha fatto “rumore”, prima di tutto, la lettera inviata pochi giorni fa da tutti i sindacati regionali della scuola Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief alla Regione Lazio che ha emanato la proposta di modifica di Deliberazione sulle “Linee guida della Regione sulla programmazione della rete scolastica anno scolastico 2024/25”.

Secondo le organizzazioni dei lavoratori quello che si sta realizzando nel Lazio “è un colpo di mano, con il taglio di 37 autonomie”.

La lista dei tagli locali

L’Emilia Romagna perderà 20 scuole: il governatore, Stefano Bonaccini, ha annunciato che “alla luce della sentenza della Corte Costituzionale convocheremo subito una riunione con le Province e gli Enti locali. E inviteremo anche il ministro dell’Istruzione Valditara, perché spieghi in prima persona agli amministratori locali le ragioni di questi tagli e i criteri indicati dal Governo; tagli che noi riteniamo profondamente sbagliati e criteri che restano discriminatori”.

In Sicilia è stato stabilito che verranno soppresse quasi 100 scuole: 19 istituti a Palermo, altrettanti a Catania, 11 a Messina, 7 a Caltanissetta, 5 ad Enna, 9 ad Agrigento, 9 a Trapani, 6 a Ragusa e 10 a Siracusa.

Nel frattempo, ha raggiunto 3mila firme in pochi giorni la petizione lanciata su Change.org da Usb scuola contro la scomparsa di 17 scuole a Palermo e provincia: “Le conseguenze del dimensionamento scolastico, che a Palermo coinvolgerà 17 scuole, saranno pesanti – dicono dalla Cgil – , oltre alla soppressione delle autonomie delle scuole, la riorganizzazione avrà effetti immediati non solo per dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi ma anche colpirà gli assistenti amministrativi e i collaboratori scolastici, che in alcuni casi dovranno cambiare sede di lavoro”.

In Toscana, l’assessore all’Istruzione Alessandra Nardini spiega che “la Consulta ha ritenuto di fare una scelta diversa da quella da noi auspicata: ne prendiamo atto e agiremo necessariamente di conseguenza. Questo non cambia però, neanche di un millimetro, la nostra posizione: non condividiamo la scelta politica fatta a livello nazionale, non condividiamo che sulla scuola pubblica si tagli”.

In Campania, una delle regioni più martoriate dall’accorpamento di scuole, l’assessore all’Istruzione Lucia Fortini si è detta “amareggiata” perchè “il Ministero ha vinto e dunque si potranno tagliare scuole in Campania, contratti di dirigenti scolastici, di docente e personale Ata. Credo che ogni volta che si taglia anche un solo euro per l’istruzione, sia una sconfitta per la nostra comunità”.

La riduzione di scuole è generalizzata. La Giunta regionale del Veneto ha previsto per il prossimo anno il taglio di 32 autonomie scolastiche. In Liguria il taglio prevede 16 autonomie scolastiche in meno.

A Potenza solo due giorni fa Cgil e Uil sono scesi in piazza anche contro la decisione di sopprimere alcuni istituti autonomi. In Molise il taglio farà venire meno otto istituzioni scolastiche sulle 52 attuali

La difesa del ministro Valditara

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, dal canto suo, non sembra volere tornare indietro: quello che abbiamo stabilito “è un richiesta dall’Europa”, che però, a differenza di quanto si dice in giro, “non prevede la chiusura di plessi ma solo l’ammodernamento del nostro assetto organizzativo, attraverso l’eliminazione progressiva delle reggenze”.

La diretta della Tecnica della Scuola

Del dimensionamento scolastico si occuperà la diretta di oggi, giovedì 7 dicembre, alle ore 16,00. Faremo un punto dalle varie Regioni d’Italia, con collegamenti dalle sedi dei sindacati. Ospiti Antonio Antonazzo, coordinatore provinciale Gilda Cuneo, Mariella Vitaliano della Cisl Scuola Lazio e Adriano Rizza, segretario Flc Cgil Sicilia. Modera il direttore della Tecnica della Scuola Alessandro Giuliani. Diretta visibile sui canali social, Facebook e YouTube, della Tecnica della Scuola.

Piattaforma UNICA, quali servizi e strumenti per gli studenti? Una guida alla navigazione

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Dall’11 ottobre scorso, è on-line UNICA, la nuova piattaforma del Ministero dell’Istruzione e del Merito ideata per offrire un solo punto di accesso ai servizi digitali dedicati alle famiglie e agli studenti e per agevolare le comunicazioni scuola – famiglia.

Il portale, raggiungibile all’indirizzo https://unica.istruzione.gov.it/it, è strutturato in tre macro-aree:

  • Orientamento, con informazioni e strumenti utili per scegliere il percorso formativo e contattare il tutor e il docente orientatore;
  • Vivere la scuola, per cogliere tutte le opportunità del panorama scolastico;
  • Strumenti, per semplificare la vita delle famiglie con servizi innovativi.

Vediamo di seguito, in particolare, i servizi e gli strumenti messi a disposziione per gli studenti.

Come registrarsi

Dopo l’avvenuta associazione tutor/studenti ad opera della scuola, gli studenti (a partire dai 14 anni) possono registrarsi al portale, collegandosi a questa pagina e cliccando sul Registrati.

Si invita a consultare il manuale per la registrazione.

UNICA per gli studenti

Dopo aver effettuato la registrazione, gli studenti possono accedere ad UNICA effettuando il login con nome utente e password.

Appena entrati, la home è suddivisa nelle seguenti sezioni:

  • Orientamento
  • Vivere la scuola
  • Strumenti

L’E-portfolio

La sezione E-portfolio contiene lo strumento, che è appunto il portfolio digitale, che accompagna gli studenti durante tutto il percorso scolastico per aiutarli a fare scelte consapevoli. Consente di avere una visione completa delle esperienze formative scolastiche, extrascolastiche e delle certificazioni conseguite. Permette di seguire lo sviluppo delle proprie competenze e di indicare per ogni anno scolastico almeno un “capolavoro”., cioè un prodotto che rappresenti i progressi che lo studente ha compiuto.

Alcune sezioni saranno disponibili nel corso di quest’anno scolastico, altre lo saranno a partire dal 2024/25,

Il docente tutor

La sezione tutor riporta tutti gli appuntamenti e dà la possibilità allo studente di fissare un appuntamento con il tutor.

Guida alla scelta

Questa è la sezione contenente indicazioni utili per orientare gli studenti nella scelta della scuola.

Vivere la scuola

In Vivere la scuola lo studente può esplorare le opportunità che la scuola offre, quindi le attività di PCTO, la Scuola in ospedale e l’Albo nazionale delle eccellenze.

Strumenti

Infine, in Strumenti, lo studente può collegarsi al portale Io Studio, la Carta dello Studente nominativa che consente di attestare il tuo statusdi studente in Italia e all’estero e di usufruire di vantaggi e agevolazioni offerte dai partner nazionali e locali aderenti al progetto.

La Carta è destinata a tutti gli studenti frequentanti le scuole secondarie di II grado statali e paritarie.

La Carta può anche essere attivata come un borsellino elettronico (carta prepagata ricaricabile).

Piano ‘anti-diplomifici’ del MIM: cosa prevede

da Tuttoscuola

Per quanto riguarda le modifiche normative “anti-diplomifici” annunciate nel comunicato del Ministero dell’istruzione e del merito – che riprendono in buona parte le misure contenute nel decalogo di proposte predisposto da Tuttoscuola – spicca l’intenzione di prevedere per legge l’adozione del registro elettronico e del protocollo informatico, due strumenti che non hanno mai trovato attuazione in decreti ministeriali specifici, consentendo, soprattutto a istituti paritari “opachi”, di mantenere registro e protocollo cartacei, facili da contraffare, mascherando iscrizioni tardive e assenze degli studenti.

Il provvedimento normativo allo studio dovrà prevedere un numero limitato di classi quinte cosiddette collaterali. Attualmente è un decreto ministeriale (83/2008) a fissare il numero massimo (soltanto una in più) di classi quinte oltre il numero naturale delle classi quarte dell’anno precedente. A dire il vero, la quinta classe collaterale in più negli istituti paritari è diventata una in più per ogni indirizzo di studio. E ci sono istituti in cui gli indirizzi, guarda caso, “proliferano”.

In questo modo, ad esempio, in Campania, regione prolifica di istituti “opachi”, Tuttoscuola ha accertato che nel 2015-16 gli indirizzi di studio attivati erano 321. Ebbene in pochi anni sono aumentati di oltre il 25%, diventando 404 nel 2022-23.

È di tutta evidenza l’importanza dell’aumento del numero di indirizzi, in quanto determinano un parallelo aumento del numero di classi collaterali attivabili e, conseguentemente, un potenziamento del numero di studenti da accogliere per portarli al diploma, secondo questa interessata sequenza:

    + indirizzi= +classi collaterali= +studenti= +profitti

In effetti sempre in Campania l’aumento del numero di indirizzi ha consentito l’aumento del numero di classi collaterali, passate, secondo gli accertamenti di Tuttoscuola, da 438 del 2015-16 a 709 e nel 2020-21 con una variazione in aumento di 271, pari all’incremento del 62%.

Tra il 2015-16 e il 2020-21 sono state attivate complessivamente 3.502 classi collaterali.

In particolare, gli istituti paritari della Campania hanno cumulato complessivamente 1.880 classi collaterali, pari al 54% del totale, grazie anche soprattutto agli istituti della provincia di Napoli che ne hanno attivate 1.085 e a quelli della provincia di Salerno con 530.

Ma la vera sorpresa delle classi collaterali è il superamento del limite numerico consentito (una classe collaterale per ogni indirizzo di studio). Ci sono, infatti, molti indirizzi di studio che superano il numero minimo consentito di classi collaterali.

Di quelle 3.502 classi collaterali funzionanti nell’arco del sessennio considerato ben 1.725, quasi la metà (in buona parte in Campania), sono oltre il limite consentito di una sola classe collaterale per indirizzo, con eccedenze di più classi nel medesimo indirizzo di studio.

Sono diversi gli indirizzi di studio con una sola classe collaterale oltre il limite consentito; diversi indirizzi hanno avuto anche due o tre classi eccedenti, o, in casi limiti, sei-sette classi collaterali eccedenti. Classi collaterali eccedenti non autorizzate dall’USR, ma imposte da sentenze del TAR.

Il ddl fisserà per legge anche il numero minimo di iscritti per classe, limite fissato da un decreto ministeriale in 8 alunni che, in seguito a un ricorso, è stato annullato nel 2012, in quanto non determinato dalla legge 62/2000 istitutiva della parità, consentendo da allora il funzionamento di classi anche con un solo iscritto o poco più.

Il ddl porrà anche nuove regole sugli esami di idoneità, prevedendo la presenza di un presidente esterno e il recupero massimo di due anni. Poiché gli esami di idoneità vengono attualmente calendarizzati dalla scuola a cominciare da luglio, è necessario che tutti i nuovi dispositivi in merito siano attivati mesi prima (da qui l’urgenza della nuova legge).

Considerato l’impegno assunto dal Ministero dell’istruzione per prevenire e contrastare il deprecabile fenomeno, sarebbe opportuno mettere mano anche alla revisione dei codici meccanografici.

In effetti, mentre ogni istituto statale ha un unico codice identificativo, gli istituti paritari non hanno un proprio codice, ma dispongono di tanti codici quanti sono gli indirizzi di studio: scomodo per loro e più difficile da controllare.

Contrasto al fenomeno dei diplomifici

“Per contrastare il fenomeno dei diplomifici, il Ministero ha avviato un piano straordinario di vigilanza, mentre sul fronte legislativo stiamo lavorando a misure che evitino il riprodursi di storture nel sistema”. Così il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.

Il piano straordinario di vigilanza prevede l’intensificazione dei controlli da parte dei collegi ispettivi. Questi ultimi stanno accertando, in particolare presso alcune realtà della Campania, del Lazio e della Sicilia, il possesso dei requisiti di legge per il riconoscimento e il mantenimento dello stato di scuola paritaria, verificando tra l’altro che gli studenti frequentino con regolarità le attività didattiche, che siano rispettate le procedure amministrative e contabili, che vengano attivati i percorsi di istruzione previsti dall’ordinamento scolastico e che siano stati sottoscritti regolari contratti di lavoro per docenti e personale ATA.

Inoltre, sono in corso di presentazione, nell’ambito di un prossimo disegno di legge governativo, diverse misure normative che prevedono: l’adozione del registro e del protocollo elettronico per attestare le presenze degli studenti e impedire la registrazione in data anteriore di iscrizioni che avvengono successivamente, la limitazione numerica alla costituzione delle classi quinte collaterali – con la disciplina, peraltro, di una specifica procedura autorizzatoria con termini certi -, l’individuazione del numero minimo di studenti per la costituzione delle classi dei vari anni di corso e l’effettuazione degli esami di idoneità per non più di due anni di corso nello stesso anno scolastico, con previsione di un presidente di commissione d’esame esterno alla scuola. Non sarà più possibile, quindi, recuperare tre o quattro anni di scuola secondaria di secondo grado con un solo esame, come spesso viene pubblicizzato in rete.

A tutto questo si aggiunge l’imminente firma di un Protocollo d’intesa con la Guardia di Finanza che ha l’obiettivo di potenziare le attività d’indagine.

“Si tratta di interventi fondamentali e non rinviabili, che consentiranno di valorizzare il ruolo delle tante scuole paritarie che operano correttamente nell’ambito del sistema nazionale di istruzione”, conclude Valditara.

La legge del “taglione” s’abbatte su 600 scuole, solo in Sicilia 93: il via libera di Consulta e Consiglio di Stato rianima le proteste

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Monta la protesta contro l’accorpamento e la sparizione degli istituti scolastici con un numero ridotto di iscritti. Certo parliamo di un “mini-dimensionamento”, che non ha nulla a che vedere con la cancellazione di ben oltre 2.000 istituti, derivante dalle politiche taglia-spesa pubblica dell’accoppiata Gelmini-Tremonti. È un dato di fatto, però, che il venire meno di oltre 600 scuole autonome in pochi anni, così come stabilito dalla Legge di Bilancio di un anno fa, sta facendo venire più di qualche mal di pancia.

Paradossalmente, dopo i recenti ‘no’ espressi prima dalla Corte Costituzionale – che ha respinto i ricorsi di Toscana, Emilia Romagna e Puglia – e poi dal Consiglio di Stato – che ha confermato le riduzioni in Campania- le contestazioni regionali e provinciali hanno preso ancora più piede. Soprattutto dagli enti locali guidati dal centro-sinistra.

Ha fatto “rumore”, prima di tutto, la lettera inviata pochi giorni fa da tutti i sindacati regionali della scuola Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief alla Regione Lazio che ha emanato la proposta di modifica di Deliberazione sulle “Linee guida della Regione sulla programmazione della rete scolastica anno scolastico 2024/25”.

Secondo le organizzazioni dei lavoratori quello che si sta realizzando nel Lazio “è un colpo di mano, con il taglio di 37 autonomie”.

La lista dei tagli locali

L’Emilia Romagna perderà 20 scuole: il governatore, Stefano Bonaccini, ha annunciato che “alla luce della sentenza della Corte Costituzionale convocheremo subito una riunione con le Province e gli Enti locali. E inviteremo anche il ministro dell’Istruzione Valditara, perché spieghi in prima persona agli amministratori locali le ragioni di questi tagli e i criteri indicati dal Governo; tagli che noi riteniamo profondamente sbagliati e criteri che restano discriminatori”.

In Sicilia è stato stabilito che verranno soppresse quasi 100 scuole: 19 istituti a Palermo, altrettanti a Catania, 11 a Messina, 7 a Caltanissetta, 5 ad Enna, 9 ad Agrigento, 9 a Trapani, 6 a Ragusa e 10 a Siracusa.

Secondo Francesca Bellia segretaria generale Cisl Scuola Sicilia “l’assessore regionale all’Istruzione Turano poteva fare meglio e di più, se avesse ascoltato e preso a riferimento le proposte definite dai territori. Nel Piano esitato registriamo contraddizioni che possono avere ricadute negative sulla rete scolastiche, visto che la Regione non ha voluto definire un quadro coerente e lineare rispetto alle proposte definite dalle Conferenze, e che per diverse realtà, non tiene conto dei criteri e parametri indicati dalla normativa ministeriale”. Secondo Bellia, quindi, l’operato della regione Sicilia “rischia di inserire elementi di discrezionalità nelle scelte operate”.

Il risultato, conclude la sindacalista Cisl Scuola, è che siamo “molto preoccupati” perchè “a risentirne sarà la qualità del servizio scolastico nella nostra regione”.

Nel frattempo, ha raggiunto 3mila firme in pochi giorni la petizione lanciata su Change.org da Usb scuola contro la scomparsa di 17 scuole a Palermo e provincia: “Le conseguenze del dimensionamento scolastico, che a Palermo coinvolgerà 17 scuole, saranno pesanti – dicono dalla Cgil – , oltre alla soppressione delle autonomie delle scuole, la riorganizzazione avrà effetti immediati non solo per dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi ma anche colpirà gli assistenti amministrativi e i collaboratori scolastici, che in alcuni casi dovranno cambiare sede di lavoro”.

In Toscana, l’assessore all’Istruzione Alessandra Nardini spiega che “la Consulta ha ritenuto di fare una scelta diversa da quella da noi auspicata: ne prendiamo atto e agiremo necessariamente di conseguenza. Questo non cambia però, neanche di un millimetro, la nostra posizione: non condividiamo la scelta politica fatta a livello nazionale, non condividiamo che sulla scuola pubblica si tagli”.

In Campania, una delle regioni più martoriate dall’accorpamento di scuole, l’assessore all’Istruzione Lucia Fortini si è detta “amareggiata” perchè “il Ministero ha vinto e dunque si potranno tagliare scuole in Campania, contratti di dirigenti scolastici, di docente e personale Ata. Credo che ogni volta che si taglia anche un solo euro per l’istruzione, sia una sconfitta per la nostra comunità”.

La riduzione di scuole è generalizzata. La Giunta regionale del Veneto ha previsto per il prossimo anno il taglio di 32 autonomie scolastiche. In Liguria il taglio prevede 16 autonomie scolastiche in meno.

A Potenza solo due giorni fa Cgil e Uil sono scesi in piazza anche contro la decisione di sopprimere alcuni istituti autonomi. In Molise il taglio farà venire meno otto istituzioni scolastiche sulle 52 attuali

La difesa del ministro Valditara

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, dal canto suo, non sembra volere tornare indietro: quello che abbiamo stabilito “è un richiesta dall’Europa”, che però, a differenza di quanto si dice in giro, “non prevede la chiusura di plessi ma solo l’ammodernamento del nostro assetto organizzativo, attraverso l’eliminazione progressiva delle reggenze”.

Il titolare del Mim non ha dubbi: “Grazie a questa riorganizzazione avremo scuole più efficienti e risparmi per 88 milioni di euro; risorse che potranno essere reinvestite per il personale scolastico e non solo. Parlare di un dimensionamento che farà sparire sedi, attraverso smembramenti e accorpamenti di plessi, con la sparizione di scuole nelle aree più interne del Paese e creando classi più affollate, è semplicemente falso”, chiosa Valditara.

Viaggi di istruzione, in arrivo agevolazioni per le famiglie in difficoltà economica: cosa fare in attesa dell’attivazione del servizio

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

A breve sarà disponibile il servizio per agevolare la partecipazione degli studenti ai viaggi di istruzione e alle uscite didattiche.

Lo prevede la direttiva n. 6/2023, con la quale il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha destinato, per l’anno scolastico 2023/2024, 50 milioni di euro per consentire alle scuole di coinvolgere il numero più ampio possibile di studentesse e studenti in viaggi di istruzione e visite didattiche.

La misura è rivolta alle istituzioni scolastiche e educative statali, primarie e secondarie di primo e secondo grado. Tali risorse saranno ripartite fra le scuole beneficiarie sulla base di criteri oggettivi e trasparenti che terranno conto dell’indicatore ISEE delle famiglie. Quindi, i fondi saranno destinati a studenti e studentesse provenienti da famiglie economicamente svantaggiate.

Quando presentare la domanda?

Al momento, le tempistiche per presentare le domande non sono ancora note, per cui bisognerà attendere una comunicazione del Ministero di attivazione del servizio sulla piattaforma UNICA.

Cosa serve?

Affinché la domanda sia valutata sarà necessario che sul portale INPS sia presente una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) in corso di validità.

Se non si hauna Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) in corso di validità sarà necessario presentare una nuova DSU per richiedere l’agevolazione. Lo si può fare in diversi modi, anche online attraverso il servizio INPS dedicato alla dichiarazione: compila la DSU, oppure acquisisci la DSU precompilata.

In caso di più figli?

Per chi ha più figli in età scolare sarà possibile inviare una domanda per ciascuno di loro. La misura riguarda tutti gli studenti e le studentesse iscritti alle istituzioni scolastiche ed educative statali, primarie o secondarie di primo e secondo grado.

Come si verifica di aver ottenuto l’agevolazione?

Una volta inviata la domanda, verrà controllata la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) registrata sul portale INPS: le famiglie con ISEE al di sotto della soglia determinata dal Ministero potranno beneficiare dell’agevolazione.

Si potrà verificare di aver ottenuto l’agevolazione dall’area personale, nella sezione Strumenti, secondo le tempistiche che saranno comunicate dal Ministero.

Come si riceverà il contributo?

Chi avrà diritto all’agevolazione, potrà accedere alla copertura, parziale o totale, delle spese necessarie per partecipare a uscite didattiche o viaggi di istruzione.

Le scuole, infatti, sulla base delle risorse disponibili e del numero dei beneficiari, provvederanno a sostenere, parzialmente o interamente, i costi relativi alle uscite e ai viaggi di istruzione.

Assemblee sindacali in video conferenza

da Tuttoscuola

Il 30 novembre 2023 presso l’A.Ra.N. le Confederazioni sindacali rappresentative hanno sottoscritto il Contratto collettivo nazionale quadro (CCNQ) di ripartizione dei distacchi e dei permessi tra le associazioni sindacali rappresentative nei comparti e nelle aree di contrattazione per il triennio 2022 – 2024.

Oltre alla definizione del numero dei distacchi e delle ore di permesso, sono state integrate alcune disposizioni del precedente CCNQ, tra cui:

All’art. 4 (Diritto di assemblea) del CCNQ 4/12/2017 dopo il comma 1 è inserito il seguente: “1 bis. Fermo restando quanto previsto dai commi 1, 2, 3 e 4, è possibile che l’assemblea si svolga in modalità videoconferenza”.

Precisiamo che le due disposizioni riguardano tutti i comparti, scuola compresa.

Attualmente le assemblee sindacali prevedono la preventiva comunicazione al dirigente scolastico di adesione da parte del personale scolastico, senza tuttavia che vi sia l’obbligo di giustificare la partecipazione.

Ovviamente l’adesione all’assemblea, a differenza della adesione allo sciopero, non comporta alcuna trattenuta sullo stipendio per chi abbia dichiarato di volervi partecipare, anche se non vi partecipa in presenza o in videoconferenza.

L’assemblea in videoconferenza consentirà di starsene a casa o di fare altro.

A Trento un sindacato provinciale ha anticipato l’accordo prevedendo un’assemblea per via telematica di 4 ore (come consentito dal contratto integrativo provinciale) per il 7 dicembre, alla vigilia del ponte dell’Immacolata.

Senza voler fare del moralismo facile, il giusto diritto di assemblea non può e non deve diventare in nessun caso una scelta di comodo a danno di alunni e famiglie, privati di un servizio.

Orario visita fiscale docenti 2023: cos’è cambiato?

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Alcuni lavoratori della scuola (e in generale del settore pubblico e privato) in questi giorni stanno chiedendo informazioni riguardo all’orario di vista fiscale. In questo periodo, con l’avvicinarsi della stagione invernale, virus influenzali e sbalzi di temperatura, molte persone sono in malattia dal proprio lavoro.

Orario visita fiscale docenti 2023

Per tutti i dipendenti pubblici, quindi anche per il personale scolastico, l’orario indicato per una eventuale visita fiscale è il seguente:

  • 9.00-13.00 per la mattina
  • 15.00-18.00 per il pomeriggio
  • 7 giorni su 7 inclusi i festivi.

Nonostante non ci siano stati dei cambiamenti nel corso degli anni, una sentenza del Tar del Lazio, proposta da UIL Pubblica Amministrazione Polizia Penitenziaria, aveva annullato il decreto Madia sul regolamento delle fasce orarie delle visite fiscali per i pubblici dipendenti.

Nella sentenza si fa notare che mentre nelle aziende private, il lavoratore che prende un congedo di malattia, è vincolato a permanere a casa per l’eventuale visita fiscale dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, ciò è totalmente diverso per il lavoratore del settore pubblico. Questa evidente differenza tra pubblico e privato ha indotto il TAR a ritenere che un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito. Ne è quindi derivata la violazione dell’art. 3 della Costituzione, non essendo rispettato il principio di uguaglianza.

LEGGI L’APPROFONDIMENTO

Concorso educazione motoria alla primaria, per la prova scritta del 15 dicembre vietati cellulari, tablet, libri, dizionari e carta

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Il giorno della prova scritta del concorso di educazione motoria per la scuola primaria i candidati dovranno consegnare ai docenti incaricati della vigilanza, a pena di esclusione, ogni tipo di telefono cellulare, smartphone, tablet, notebook, anche se disattivati, e qualsiasi altro strumento idoneo alla conservazione e/o trasmissione di dati. Vietati anche strumenti di calcolo.Vietati carta e libri

Durante lo svolgimento della prova i candidati non possono introdurre nella sede di esame neanche carta da scrivere, appunti, libri, dizionari, testi di legge, pubblicazioni.

Inoltre, è vietato ai candidati di comunicare tra loro verbalmente o per iscritto, ovvero di mettersi in relazione con altri, salvo che con gli incaricati della vigilanza e con i componenti della commissione giudicatrice. In caso di violazione è disposta l’immediata esclusione dal concorso. Nel caso in cui risulti che uno o più candidati abbiano copiato, in tutto o in parte, l’esclusione sarà disposta nei confronti di tutti i candidati coinvolti. In questo caso si procederà all’annullamento della prova e il candidato/i candidati verrà/verranno allontanato/i dall’aula.

Quando e come

La prova, ricordiamo, si svolgerà dalle ore 9 alle ore 10.40 del 15 dicembre 2023.

La modalità è informatica e sarà svolta nello stesso orario su tutto il territorio nazionale.

L’elenco delle sedi d’esame, con la loro esatta ubicazione, e con indicazione della destinazione dei singoli candidati, distribuiti in ordine alfabetico, sarà reso noto dagli Uffici scolastici regionali presso i quali si svolge la prova, almeno 15 giorni prima della data di svolgimento della prova stessa, tramite avviso pubblicato nei rispettivi albi e siti internet.

Prima della prova

I candidati che non ricevono comunicazione di esclusione dalla procedura sono tenuti a presentarsi alle ore 8.00, per le operazioni di identificazione, muniti di un documento di riconoscimento in corso di validità e del codice fiscale, da esibire al momento delle operazioni di identificazione. E’ anche necessario presentare attestazione dell’avvenuto pagamento del contributo di segreteria, allegando la ricevuta all’istanza di partecipazione.

Svolgimento della prova

Dopo le operazioni di riconoscimento e aver firmato il registro d’aula cartaceo, il candidato verrà fatto accomodare in una delle postazioni disponibili, dove troverà visualizzata la schermata di benvenuto.

Nel momento in cui tutti i candidati saranno in postazione, il responsabile d’aula o il comitato di vigilanza comunicherà la “parola chiave di accesso/inizio della prova” che i candidati dovranno inserire nell’apposita schermata.

Una volta inserita la parola chiave, il candidato avrà 3 minuti di tempo per leggere le istruzioni; allo scadere dei 3 minuti, oppure cliccando sul pulsante “inizia nuova prova”, si avvierà la prova.

La prova avrà la durata di 100 minuti, al termine dei quali il sistema interromperà la procedura e acquisirà definitivamente le risposte inserite fino a quel momento dal candidato. Ogni quesito sarà presentato in una schermata, che è possibile eventualmente scorrere utilizzando la barra laterale. Delle quattro opzioni di risposta solo una è corretta e solo una potrà essere selezionata.

Cliccando in corrispondenza della risposta questa verrà selezionata. Per modificare la risposta che è stata selezionata, sarà sufficiente cliccare in corrispondenza della opzione di risposta con cui si intende sostituirla. Se si intende annullare la risposta selezionata, lasciando la domanda senza risposta, si deve utilizzare il tasto “Cancella Risposta” che deselezionerà l’opzione di risposta eventualmente selezionata.

La risposta selezionata sarà acquisita dal sistema o passando ad un’altra domanda tramite il tasto “Freccia Avanti” o “Freccia Indietro”, o passando alla pagina di riepilogo tramite l’apposito bottone o allo scadere del tempo.

Durante lo svolgimento della prova sarà sempre possibile accedere alla pagina di riepilogo cliccando sul pulsante “vai alla pagina di riepilogo”.

In quest’ultima pagina saranno visualizzate tutte le domande. Per ogni domanda sarà visualizzato un pulsante di colore magenta o azzurro. Il pulsante di colore magenta indicherà che il candidato ha già risposto alla domanda. Il pulsante di colore azzurro indicherà che il candidato non ha ancora risposto alla domanda. Cliccando su qualsiasi pulsante, sarà possibile accedere alla relativa domanda, ed eventualmente modificare la risposta.

Quando il candidato avrà risposto a tutte le domande, dovrà attendere che il tempo previsto per la prova sia terminato.

Nella parte superiore della pagina sarà sempre possibile tenere sotto controllo il tempo mancante alla fine della prova.

Conclusione della prova

Al termine della prova, il candidato sarà tenuto a rimanere presso la propria postazione e ad attendere lo sblocco della postazione da parte del responsabile tecnico d’aula, per visualizzare il punteggio ottenuto a seguito della correzione automatica e anonima del proprio elaborato eseguita dall’applicazione.
Il responsabile tecnico d’aula si recherà quindi su ogni singola postazione e procederà a visualizzare il punteggio ottenuto sul monitor del singolo candidato. Quest’ultimo, alla presenza del responsabile tecnico d’aula, sarà tenuto ad inserire il proprio codice fiscale nell’apposito modulo presentato dall’applicazione.

Dopo che i risultati di tutti i candidati saranno stati raccolti e caricati, verrà prodotto l’elenco dei candidati contenente cognome, nome, data di nascita ed il punteggio da loro ottenuto. Tale elenco sarà stampato e allegato al verbale d’aula.

I candidati NON devono lasciare l’aula fino a quando non sono stati caricati tutti i file .bac e fino a quando non sarà stato stampato l’elenco con i risultati.

Successivamente i candidati controfirmeranno il registro cartaceo d’aula per attestare l’uscita e potranno, pertanto, allontanarsi dall’aula.

LE ISTRUZIONI

Istituti superiori, tris di novità già da settembre 2024: ecco quali

da La Tecnica della Scuola

Di Daniele Di Frangia

Un tris di novità in arrivo già a partire da settembre 2024 per gli istituti superiori. Come spiega nell’edizione odierna ‘Il Sole 24 Ore’ aumentano le scelte a disposizione degli studenti.

La prima novità è la filiera tecnologico-professionale, il modello “4+2” (quattro anni di formazione secondaria e due di Its Academy). Una sperimentazione che si spera possa portare i suoi frutti. Servirà una proposta molto ricca da parte degli istituti tecnici e professionali con incremento di esperienze scuola-lavoro. Previsto anche un processo di internazionalizzazione attraverso il conseguimento di certificati internazionali e un rilancio della metodologia Clil. Ci sarà anche spazio per moduli didattici e attività laboratoriali svolti da soggetti esterni (docenti provenienti dalle imprese e dalle professioni). Si potranno sottoscrivere contratti di apprendistato formativo di primo o di terzo livello.

Ci sono poi i nuovi Istituti Tecnici, l’anticipo della riforma prevista dal Pnrr. Previsto un primo biennio su consolidamento delle competenze di base, assolvimento dell’obbligo di istruzione e introduzione allo studio degli elementi fondanti del successivo triennio. Spazio poi nel secondo biennio a conoscenze, abilità e competenze professionalizzanti per poi avere il quinto anno più collegato al mondo del lavoro. Per la riforma vera e propria bisognerà attendere il 2025/26.

Infine il liceo del Made in Italy, una delle grandi novità volute dal governo. Il Ddl in commissione alla Camera attende l’ok. Alla base ci sarà la gestione d’impresa e le tecniche e le strategie di mercato per le imprese del Made in Italy. La classe prima assorbirà l’opzione economico-sociale del liceo delle scienze umane. Per poter partire, come abbiamo scritto, servirà un accordo in via transitoria Usr-Regione.