Scuola: presidi, concorsi e ricorsi
Franco Buccino
da Scuolanapoletana
I concorsi per un posto a tempo indeterminato nella scuola hanno visto, nel tempo, un aumento esponenziale di ricorsi. Questo si sa. Forse non è altrettanto noto che il maggior numero di ricorsi, o altro contenzioso, in rapporto agli addetti, non si ha nei concorsi per docenti o per personale amministrativo, tecnico, ausiliare, bensì in quelli per dirigente scolastico.
In Campania, per diverse settimane, non è partita la prova orale dell’ultimo concorso a dirigente scolastico. Per un insieme di motivi, da quelli “ordinari” come mancanza di titoli richiesti, ecc., che hanno provocato un gran numero di ricorsi, al Tar e alla magistratura anche
per illeciti penali, all’incredibile motivo che non si riusciva a completare la commissione per rinunce a catena. Ora sembra che riparta, ma i ricorsi stanno tutti in piedi. Dall’”opacità” sull’estrazione delle tracce, alla manomissione dei verbali con contestuali richieste di perizie calligrafiche, alla nomina nelle sottocommissioni, perfino, di colleghi bocciati nelle prove preselettive! In Campania come nel resto d’Italia. E si potrebbe continuare.
Ma cosa spinge i candidati a fare ricorso? Certo, avvocati e uffici sindacali sempre più specializzati a trovare motivi a vantaggio dei propri assistiti: sia a scoprire ogni tipo di irregolarità, incompatibilità riguardanti gli altri, sia a fare le pulci alle commissioni esaminatrici. L’obiettivo per i loro assistiti è entrare in una graduatoria, fosse pure “con riserva”. Con la quasi certezza che nel decreto “omnibus” di fine anno ci sarà un comma che li “sana”. O addirittura che preveda la ripetizione della prova non superata in concorsi diversi e poi l’inserimento degli idonei in un’unica graduatoria. Quel che è successo di recente.
Ma cosa spinge tanti docenti a fare il concorso a preside? Buoni propositi: contribuire al miglioramento del sistema d’istruzione o voler far carriera ritenendo di avere tutti i requisiti.
Ma anche propositi pratici: migliorare di parecchio la propria retribuzione, o risalire un po’ la scala sociale, almeno rispetto ai docenti.
E veniamo al cuore della questione. Abbiamo per lo meno un milione di docenti che stabilmente vive nell’orbita della scuola, tra quelli di ruolo, supplenti, neolaureati. La loro carriera, nei circa quarant’anni di servizio, passa attraverso due concorsi: quello per passare di ruolo (concorso ordinario, riservato, ecc.) all’inizio o, più spesso, dopo diversi anni di
precariato, e il concorso a dirigente scolastico, per tanti, a carriera avanzata.
Allora, non stupisce che l’interesse è tutto concentrato su questi due concorsi. E se il primo è per avere un lavoro stabile, il lavoro che si vuol fare e magari già si sta facendo, il secondo, il concorso a preside, diventa l’occasione concreta per fare un “salto” di carriera, magari uno dei pochi, se non l’unico, riconoscimenti di merito.
Ci sono alternative? Lo diciamo sempre in tanti fino alla noia: la piena applicazione dell’autonomia scolastica. Che ci permetterebbe le cose ostinatamente ripetute, l’ottimizzazione delle risorse, l’organizzazione più efficiente, anche una dirigenza effettiva del preside e un’articolazione di funzioni del personale, tutte cose utili e decisive per raggiungere, la singola scuola autonoma, i risultati. Tutte a vantaggio dei ragazzi.
In questa prospettiva sarebbero accettati e riconosciuti, anche internamente, i ruoli affidati ai singoli, la loro competenza, il merito, perfino le differenze salariali. E, forse, anche i concorsi diventerebbero più seri. Di sicuro quello a dirigente scolastico!