Nuovi dirigenti scolastici e missione del dotto
di Gabriele Boselli
Gran parte degli insegnanti osserva con tristezza come per accedere ai ruoli dirigenziali nella scuola non sia più richiesta una elevata cultura generale e pedagogica ma abilità nel compilare i questionari; come non occorrano capacità intellettuali critiche e creative. I nuovi dirigenti, fatte le dovute eccezioni, sono spesso individui bravi a ricordare la normativa ma non a capire la complessità e la profondità del reale; dotati di un’arida cultura giuridico-manageriale e addestrati sui manuali, esprimono un non-pensiero ossequiente, oggettivistico, applicativo, incurante.
Servono ancora una profonda cultura umanistica e scientifica e una intelligenza della complessità per essere un docente e un vero dirigente scolastico? Quale il suo ruolo nella società e nella scuola? Quali le doti necessarie ad adempiere alla funzione/missione? Domande sostanzialmente analoghe a quelle che a Jena si poneva Fichte oltre due secoli fa.
Pur bravo nei test, un ignorante non può dirigere una scuola
Nei questionari di accesso ai ruoli dirigenziali tutto è o bianco o nero, o giusto o sbagliato e quel che è giusto o sbagliato viene deciso in alto loco; non ci sono colori, sfumature; non c’è fastidiosa cultura critica. I dirigenti di una scuola (non di un market) vengono selezionati principalmente sulla capacità di memorizzare nelle prove testistiche le risposte ritenute giuste da una commissione selezionata allo scopo dai serventi del decisore politico. Si privilegia nelle meccaniche d’accesso la disponibilità al decidere-conforme contro il pensiero pensante e l’azione culturale e didattica. E’ naturale che dirigenti di scuola così selezionati trascurino poi gli studi, la ricerca pedagogica, l’animazione della didattica e la partecipazione alla vita culturale della città: tutte anticaglie inutili anche al fine della valutazione in servizio del dirigente. I meccanismi valutativi non considerano le pubblicazioni e inducono a considerare quella che dovrebbe essere la cattedra dirigenziale una scrivania come tante e gli insegnanti non come dei colleghi con cui orientare ed orientarsi ma dei meri dipendenti.
La qualità dei vissuti scolastici di insegnanti e dirigenti autentici è invece costituita dalla cultura, dalle capacità relazionali e dalla padronanza della didattica, intesa questa come ambito della mediazione tra lo studiare (di dirigenti e insegnanti) per costruire il sapere, l’ insegnare e l’apprendere.
Non servono due DSGA
In troppe scuole non c’è un vero dirigente ma si aggirano due DSGA spesso in conflitto e uno dei quali, il DS, il più delle volte privo di competenze amministrative per limiti della propria formazione iniziale. Siede un DS che si limita a un’amministrazione difensivistica, al culto della sicurezza, a cercar di spendere nei tempi comandati tutti i soldi del PNRR, a garantire la correttezza formale delle procedure; non “ perde tempo” ad elaborare una comune visione e coinvolgere la scuola in questo processo. Il che richiederebbe una solida cultura generale (non settoriale) che consentisse di cogliere i fermenti innovativi, valorizzare le professionalità, impostare strategie di sviluppo per poter dialogare con competenza e saggezza con la città, sostenere i docenti nella ricerca di soluzioni innovative. Anche nel tempo dell’AIG vi è ancora necessità di un preside dotto, a guida di una comunità di culturache orienti avendo un quadro d’insieme fondato e partecipato e presieda per primato intellettuale, capacità di cura (non di carico) e umanità.