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166 mln di euro per macchinari innovativi negli Istituti agrari

da La Tecnica della Scuola

Di Pasquale Almirante

Secondo un decreto emanato dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara sono stati messi a disposizione oltre 166 milioni di euro per l’acquisto di strumentazione e specifiche attrezzature green, sostenibili e digitali fino ad un massimo di spesa di 250mila euro per gli istituti agrari, alberghieri, nautici ed aeronautici e fino a 350mila euro per ciascuna scuola con più di un indirizzo.

In una nota il  presidente di Federacma, Federazione Confcommercio che raggruppa le associazioni nazionali dei rivenditori di macchine agricole e da giardinaggio, ha dichiarato: “Ringraziamo il ministro Valditara per aver previsto questo stanziamento di risorse che permetterà agli istituti tecnici e agrari di rinnovare finalmente il proprio parco macchine affinché gli studenti possano usufruire di mezzi all’avanguardia tecnologica per mettere in pratica ciò che apprendono”.

Di questi fondi, 59,3 milioni di euro sono destinati esclusivamente alle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.

“Nel nostro comparto ci sono molti posti di lavoro, tecnici e qualificati, oggi disponibili e che gli studenti potrebbero occupare grazie ad una formazione adeguata. Lo stanziamento previsto non potrà che migliorare e innalzare il livello della didattica, soprattutto dal punto di vista della pratica, invogliando sempre più studenti ad intraprendere, ci auguriamo, percorsi lavorativi e professioni connesse alla meccanica agraria”.

1923-2023 I cento anni della Riforma Gentile (III)

1923-2023 I cento anni della Riforma Gentile (III)

di Gabriele Boselli

Parte terza: la scuola come luogo di cultura e di scienza.
Purtroppo anche di propaganda

Riassunto delle puntate precedenti (in Educazione&Scuola, Febbraio 2023, n. 1146, XXVIII Anno e Aprile 2023, n. 1148, XXVIII Anno)  –  A cento anni dalla promulgazione della sua riforma, Giovanni Gentile vede trascurato il suo immenso patrimonio ideale tra cui la teoria dell’atto in quanto dinamica dell’Intero, la dottrina della scienza, l’idea di pedagogia come scienza filosofica. I media non tralasciano invece di imputargli aspetti indubbiamente meno felici come la selettività dell’istruzione superiore e la propaganda politica nelle scuole. 

Il 2023 è iniziato da tempo ma non mi sono note iniziative del ministero dell’Istruzione, anzi del MIM, per una adeguata commemorazione del centenario della riforma Gentile del 1923, l’unica nell’ultimo secolo a trarre origine e forza da una forma alta di pensiero come quella illustrata nelle puntate precedenti. Nonostante le dimissioni di Gentile dopo l’omicidio Matteotti pesa ancora sulla reputazione della riforma il pregiudizio politico per l’infelice scelta di aderire alla repubblica di Salò e la definizione tanto utile a Mussolini di “La più fascista delle riforme”. Sbagliata poiché gli studi più autorevoli (Natoli, Del Noce, De felice….) ne mostrano il profilo profondamente liberale ed europeo.

Si trascura anche il fatto che questa riforma provocò la generalizzazione dell’istruzione fino ai 14 anni di età mentre in precedenza era diffuso solo l’insegnamento nella scuola elementare e nemmeno tanto. Generalizzazione che diffuse l’istruzione nelle più sperdute contrade della penisola, prima veri deserti dell’analfabetismo, attraverso l’incremento massiccio delle scuole rurali. Divennero sì centri di propaganda fascista, comunque ragazzi e adulti impararono a leggere e a scrivere.

Il contesto culturale e scientifico di allora (tanta scienza) e di adesso (tanta tecnologia)

Il centenario blocco della progettualità nazionale in campo scolastico va senz’altro principalmente messo sul conto della mediocrità dei politici che per un secolo succedettero a Gentile. Non è stata peraltro solo colpa loro ma anche del blocco del paradigma culturale e scientifico mondiale dopo la magnifica avanzata dei primi trent’anni del ‘900.  Interessi, stilemi e apparati di deferenza dei centri di potere economico e scientifico sono stati di forte ostacolo alla generazione di matrici di nuova produzione teoretica. Non ci sono state nuove titaniche avventure verso l’intelligenza dell’ Intero come le cardinali ideazioni avvenute in quell’epoca: la teoria della relatività, la nascita della fenomenologia, la fisica quantistica e le basi teoriche dell’A.I. nessun scenario teorico  fondazionale veramente nuovo, con eccezione per la genomica, si è più sviluppato nel Novecento e in questo scorcio di terzo millennio. Né mi sembra che qualche sviluppo della ricerca pura nelle scienze dello spirito come del mondo fisico abbia più consentito progressi teoretici da considerare come una  rivoluzione nel conoscere della specie.

Nonostante il massiccio aumento degli studenti, delle cattedre e dei finanziamenti, a quasi un secolo non mi pare siano individuabili nuovi Husserl, Heidegger, Barth, Einstein, Heisenberg, Schmitt, Sraffa, Keynes, Kafka, Dewey (1). Le scienze fisiche -anche quando come l’A.I. e l’ ingegneria genetica (con la tecnologia CPSR) sarebbero suscettibili di innescare immense aperture  sul Novum mi sembrano divenute in gran parte espressioni interessate di apparati ove dominano istanze di ordine economico, ove la pressante esigenza di un ritorno (con interessi) degli investimenti effettuati costringe a sviluppare prevalentemente ricerche suscettibili di produrre comunque qualche risultato vendibile a breve/medio termine. Idem sul piano delle scienze umane. Impera la sostituzione della scienza con la tecnica, quella falsa ideologia del neoliberismo predatorio e incolto che si è riverberata negli ultimi trent’anni del MIUR e che ora continua inalterata con il MIM.

La nostra pedagogia appare così confinata alle periferie dell’Accademia e nella cattiva retorica ministeriale viene sostituita “per scarso rendimento” dalle illusioni della psicologia, dal didatticismo e dalle pratiche valutative derivate dalla cultura economicistica, ultimamente del lustrinato “merito”.

Contrariamente alla vulgata che ancora prevale, la riforma Gentile si nutrì e si avvantaggiò dei fermenti culturali e scientifici di un momento di cultura e di scienza eccezionale, soffrì solo superficialmente della retorica nazionalistica e bellicista residua della prima guerra mondiale. Anche se pochissimi insegnanti in tutti gli ordini di scuola rifiutarono di  prendere la tessera del PNF (“tenevano famiglia”) e le pareti delle aule erano tappezzate di omaggi al duce (vedi foto nota 2) il pensiero critico -alimentato dalla parte autentica del pensiero gentiliano- continuò a sussistere e a preparare le riscossa delle democrazia. Ispirato dal vento delle scienze del mondo fisico e dello spirito, Gentile aveva ormai impresso alla scuola una spinta inesauribile.

(1) Boselli, G. (2020). Inhibitions of the Novum. Encyclopaideia24(56), 133–141. 


Nella prossima puntata: i Programmi della scuola elementare del 1923 (foto tratta per cortese concessione degli autori da AAVV  I giovani e i luoghi dell’istruzione nella cultura degli anni Trenta, pubblicazione di Italia Nostra presso tip. Monte Meru editrice. Non è nota la datazione dello scatto originale ma potrebbe trattarsi sia del 1930 che del 2030)

Certificazioni INVALSI 2023, dal 5 giugno i maturandi possono scaricarle: a cosa servono

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Da oggi, 5 giugno 2023, gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori che hanno svolto le Prove INVALSI potranno richiedere e scaricare la certificazione dei livelli di competenza in formato open badge relativi all’anno scolastico 2022-2023.

Ricordiamo che il badge digitale certifica il livello conseguito in Italiano, Matematica e Inglese, e può essere utilizzato per:

  • arricchire il proprio curriculum o e-portfolio
  • evidenziare i livelli di competenze raggiunti sui social network o su altre piattaforme professionali
  • fornire una rappresentazione visiva delle proprie competenze su un sito web.

Per scaricare gli open badge INVALSI è necessario registrarsi  all’area riservata sul sito invalsi.it seguendo la procedura descritta nella pagina dedicata e poi effettuare l’accesso.


Docenti tutor, aderiscono oltre 52mila insegnanti. Valditara: ‘Importante risultato’

da Tuttoscuola

Su 2.734 istituzioni scolastiche interessate dalla riforma che istituisce in via sperimentale il docente tutor e il docente orientatore, figure che da settembre accompagneranno gli studenti nella costruzione del loro percorso in campo scolastico e professionale, ben 2.728 (pari al 99,8% del totale) hanno inoltrato la richiesta di partecipazione ai moduli formativi: si tratta complessivamente di 52.176 tutor e 4.252 docenti orientatori.

Si è quindi ottenuto il pressoché totale coinvolgimento delle scuole relativamente all’ultimo triennio dell’istruzione secondaria superiore, superando abbondantemente l’obiettivo minimo che si era prefissato in 37.708 tutor e 2.753 docenti orientatori da avviare alla formazione. Si è raggiunto infatti ben il 138% di partecipazione di docenti tutor e il 154% di docenti orientatori.

Questo risultato consentirà di avviare davvero il percorso virtuoso di personalizzazione della didattica e dell’orientamento, attraverso un supporto agli studenti e alle famiglie finalizzato a individuare e valorizzare i talenti di tutti i giovani, a operare scelte consapevoli e ponderate coerenti con le potenzialità degli studenti, mirando a ottenere la riduzione della dispersione scolastica e dell’insuccesso scolastico. Per l’introduzione di queste figure è previsto un finanziamento pari a 150 milioni di euro, destinati a questo scopo dal decreto ministeriale di aprile scorso. Ulteriori risorse sono già state reperite per consentire una didattica disciplinare di supporto in orario extracurriculare, allungando così il tempo scuola.

Si tratta di un risultato importante, dovuto alla risposta eccezionale giunta dalla comunità scolastica tutta e dai docenti in particolare, che, nonostante gli impegni già gravosi di chiusura dell’anno scolastico, hanno dimostrato di voler ricoprire un ruolo da protagonisti del cambiamento della scuola”, ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

Ai docenti e ai dirigenti scolastici va il mio ringraziamento”, ha proseguito il Ministro, “a dispetto delle previsioni negative di taluni, l’importante novità introdotta dal Ministero ha riscosso un diffuso consenso. Ora lavoreremo insieme, anche attraverso un costante confronto con tutti gli interlocutori istituzionali, per proseguire il percorso di personalizzazione della didattica e di orientamento, nell’interesse delle studentesse e degli studenti italiani e in linea con le migliori esperienze internazionali”.

Hanno chiesto di partecipare al percorso di formazione dei docenti tutor anche l’Aninsei, l’associazione degli istituti non statali, le Province autonome di Bolzano e Trento nonché la Regione autonoma Valle d’Aosta per i rispettivi docenti. Il percorso di formazione sarà dunque esteso agli insegnanti di queste importanti realtà del sistema scolastico.

Percorsi di formazione al sostegno didattico: preselettive dal 4 al 7 luglio

Più di 29mila posti per i percorsi di formazione al sostegno didattico. Le preselettive dal 4 al 7 luglio
SuperAbile INAIL del 05/06/2023

ROMA. Sono oltre 29.000 i posti totali disponibili per il nuovo ciclo – l’ottavo – di specializzazione dei docenti per il sostegno didattico, per il 2023-2024. Circa tremila in più rispetto al precedente anno accademico.

La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha firmato il decreto n. 694 che autorizza l’avvio dei nuovi percorsi per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità per i docenti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I e II grado.

Per esattezza, i posti totali a disposizione sono 29.061. La novità dell’VIII ciclo è la riserva della quota del 35% per gli insegnanti con almeno 36 mesi di servizio sul sostegno didattico negli ultimi cinque anni (comma 2 dell’art. 18-bis dlgs n. 59/17). La misura è stata introdotta di concerto con il ministero dell’Istruzione e del Merito (decreto interministeriale numero 691 del 29 maggio 2023). Per questi docenti è anche prevista l’ammissione diretta alla prova scritta.

I candidati, per accedere ai percorsi delle Università, dovranno superare un test preselettivo – una o più prove scritte o una prova pratica – e una prova orale. Gli aspetti organizzativi e didattici dei percorsi di formazione saranno disciplinati dagli stessi atenei con propri bandi.

Le prove preselettive si terranno dal 4 al 7 luglio prossimi per tutti gli indirizzi della specializzazione per il sostegno.

Il calendario in dettaglio prevede:
4 luglio 2023: prova scuola dell’infanzia
5 luglio 2023: prova scuola primaria
6 luglio 2023: prova scuola secondaria di I grado
7 luglio 2023: prova scuola secondaria II grado
Gli atenei dovranno concludere i percorsi di specializzazione entro il 30 giugno 2024.

La lettura e il mondo dei bambini

La lettura e il mondo dei bambini

di Margherita Marzario

Scuola di Barbiana (in Toscana dal 1954 al 1967): una scuola basata sull’“i care” (ci tengo, me ne importa, ho a cuore), spazi piccoli ma ampi spazi mentali, scarso materiale didattico ma immenso materiale umano, senza banchi ma con tavoli da lavoro attorno cui stare insieme e non solo a fianco. Don Lorenzo Milani, maestro di scuola e di vita, che si è sporcato le mani e che ha formato a un buon uso delle mani, che si è battuto contro ogni povertà educativa e appiattimento mentale, che ha educato alla libertà di pensiero e di coscienza, che ha coniugato il fare e il sapere, il parlare e il saper parlare, il leggere e il saper leggere (andando oltre i libri di testo e facendo leggere anche i contratti di lavoro). Don Milani ha preconizzato la cultura dell’infanzia e lo spirito della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, in particolare il contenuto dell’art. 13 che, nel paragrafo 1, recita: “Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, a prescinderne dalle frontiere, sia verbalmente che per iscritto o a mezzo stampa o in forma artistica o mediante qualsiasi altro mezzo scelto dal fanciullo”.Etimologicamente “leggere” ha una varietà di significati quali “cogliere, raccogliere, adunare, scegliere” e da esso derivano, oltre a lettura, anche “lezione “ e “intelligenza”. Don Milani è stato antesignano in tutto ciò, nel concretizzare tutti questi aspetti come dovrebbero essere ogni maestro/a e ogni scuola in ogni tempo e in ogni luogo.

I bambini hanno bisogno e diritto alla lettura (sin dal grembo materno) anche perché attraverso la lettura si trasmettono la “pedagogia della lettura” e l’“ermeneutica della letteratura”, ovvero si forniscono strumenti di ogni sorta, chiavi di lettura delle proprie emozioni e della realtà. 

“La lettura precoce fatta da genitori, zii o nonni modifica le strutture del cervello che sovraintendono, poi, le funzioni di lettura e scrittura per la sinergia tra componente cognitiva e quella affettiva. […] Il piccolo amerà i libri come ama le persone che hanno condiviso con lui l’esperienza. Dove la voce del genitore ha una magia in più, che risiede nell’essere una voce conosciuta. Dalla venticinquesima settimana il feto ascolta la voce della madre e del padre e le riconosce. Ecco dove risiede la prima magia. Ricordare la voce suscita nel bambino la riattivazione di parti del cervello grazie a un elemento conosciuto e rassicurante. La seconda magia risiede nel fatto che parlare al bambino significa testimoniargli che lo vedi, lo ascolti e sei lì con lui. Sia che tu lo faccia raccontando storie, cantando o solo parlando. La voce diventa testimonianza di vicinanza e affetto” (Giorgio Tamburini, pediatra e cofondatore del progetto nazionale Nati per leggere). Leggere ai e con i bambini, parlare ai e con i bambini con le diverse intonazioni della voce ed espressioni del viso è aprire ai bambini tanti mondi da vivere e modi di vivere. È contribuire a quello sviluppo descritto in modo puntuale e graduale nell’art. 27 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, come sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale del fanciullo.  

Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, afferma: “Tutto va bene, anche il raffinato Shakespeare, se l’adulto riesce a fare della lettura un’occasione privilegiata per una comunicazione intensa e complice. Allora non ci sarà più il grande che insegna e il piccolo che impara, spesso controvoglia, ma due esseri alla pari, entrambi meravigliati e coinvolti dalla magia del racconto”. Il racconto è fondamentale per lo sviluppo del bambino anche per far sì che abbia “un’infanzia felice” (locuzione mutuata dal Preambolo della Dichiarazione dei Diritti del Bambino del 1959). A questo scopo contribuisce certamente leggere  per i bambini e con i bambini perché, tra l’altro, ci si aduna nella stessa sfera d’emozioni.

“La fede forse ha le risposte, ma il posto dove siamo liberi di farci le domande resta ancora la letteratura” (la scrittrice Michela Murgia). Bisogna trasmettere alle nuove generazioni la fede nella vita e la passione per la lettura, perché sognare e leggere sono tra le forme più esaltanti di libertà. La letteratura non è una materia scolastica da insegnare, ma una materia di vita da “comunicare” perché consente di conoscere e riconoscere emozioni, di conoscersi e riconoscersi in altri già esistiti o mai esistiti. Favorisce il contrasto alla povertà educativa e ad altre povertà più o meno invisibili. 

“Capire un testo non significa trovare il significato di una frase e legarlo a quello della frase successiva; infatti, un lettore può capire un brano a livello superficiale ma non afferrare il senso di ciò che legge. La comprensione del testo scritto è, quindi, un processo attivo e costruttivo finalizzato a cogliere il significato del testo. Dal punto di vista didattico per promuovere una duratura abilità di comprendere testi, è di fondamentale importanza rendere il lettore cognitivamente attivo, intrinsecamente motivato all’attività di lettura o incoraggiarlo a esserlo” (un team di esperti). Ogni attività didattica, a cominciare dalla lettura, non dovrebbe “passivizzare” gli alunni.

“Leggere” significa etimologicamente “raccogliere”, ma non solo; infatti, la radice “leg-“ è la stessa del termine “lògos”, che ha vari significati (parola, discorso, causa, ragione…), per cui la lettura può essere considerata come un’azione che coinvolge la totalità della persona che “raccoglie” e in particolar modo la sua capacità di cogliere il significato profondo di ogni testo. La lettura non è una prestazione ma una delle attività più umane e umanizzanti per cui a scuola non la si può e non la si deve né banalizzare (per esempio fotografandone ogni momento) né appesantire (per esempio facendo, ogni volta, rappresentare graficamente o commentare quanto letto). La lettura è una delle più emozionanti esperienze di realtà virtuale, il migliore ambiente immersivo.

I bambini hanno bisogno di “bibliovarietà” o “bibliodiversità”: “Occorre fare in modo che i nostri bambini e i nostri ragazzi abbiano accesso quotidiano ai libri, abbiano modo di scegliere quali testi leggere e possano usufruire di tempi riservati alla lettura, da intendersi sia in modalità individuale che collettiva, ossia con l’insegnante che legge ad alta voce un testo per tutta la classe” (la formatrice Barbara Dragoni). “Bibliovarietà” è rispetto delle diversità, è intercultura.

“Leggere ad alta voce ai bambini sin da piccoli, specie se fatto in modo coinvolgente, promuove l’alfabetizzazione emergente e lo sviluppo del linguaggio oltre a sostenere il rapporto tra bambino e genitore o, laddove praticato in contesto scolastico, all’interno del gruppo di bambini e tra i bambini stessi e gli adulti che leggono per loro. Inoltre, può promuovere un amore per la lettura che è ancora più importante del miglioramento di specifiche capacità di alfabetizzazione perché sosterrà l’alfabetizzazione futura e il successivo sviluppo del lessico (Duursma, Augustyn, Zuckerman, 2008). Insomma,  la lettura ad alta voce quotidiana e continuativa costituisce un vero e proprio repertorio inesauribile per lo sviluppo di un lessico ricco e variegato” (il formatore Federico Batini). Leggere ad alta voce ai bambini sin dalla tenera età favorisce non solo le loro competenze linguistiche o scolastiche in generale ma il loro sviluppo olistico, “lo sviluppo individuale più completo possibile, incluso lo sviluppo culturale e spirituale” (di cui all’art. 23 par. 3 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia, articolo relativo ai bambini con disabilità). 

“Trovo che l’editoria, i libri, servano poco a imparare informazioni. Dai libri si può trarre qualcosa di molto più importante e raro, e cioè l’entusiasmo, l’energia, l’ispirazione, che producono generalmente voglia di pensare, muoversi, agire, ovvero tentare di essere attori protagonisti e non comparse della propria sceneggiatura” (lo scrittore Simone Perotti). Leggere libri non per teorizzare la vita, ma per praticare meglio la propria vita, per penetrare a fondo la propria vita. Etimologicamente “libro” è la “corteccia interna dell’albero” su cui si scriveva: scrivere e leggere libri dentro di sé, è questo il senso del leggere che si deve e si può trasmettere alle nuove generazioni in famiglia e a scuola. Non imporre di leggere ma proporre di leggere insieme: ciò che si condivide è sempre meglio.

Leggere insieme e ad alta voce aiuta anche i bambini con dislessia o con altro simile disturbo dell’apprendimento. Non sono tanto i bambini con dislessia a manifestarla quanto la scuola (o chi per lei) che ne soffre perché non sa leggere i veri bisogni dei bambini con o senza dislessia a causa della crescente burocrazia, della mancanza di mezzi adeguati e fondi, di obiettivi spesso distanti dalla realtà e altro ancora. 

“Leggere è aprire una finestra sul mondo dal proprio bunker” (cit.). Leggere libri rende più leggeri e liberi. Più si legge, più ci si slega dai propri limiti e più ci si lega agli altri: educare alla lettura e educarsi nella lettura.

“Abbiamo davanti a noi un’infinità di libri da leggere. Ogni cosa è un libro, ma spesso non sappiamo decifrare i segni che ci vengono dalla realtà” (don Massimo Camisasca, educatore). Leggere dentro e fuori di se stessi è una quotidiana lezione di vita, soprattutto in famiglia.

“La lettura è una prova d’amore prima che una prova d’attore” (Elisa Mazzoli, autrice per l’infanzia). La lettura, in particolare ad alta voce, evoca e stimola: ascolto, attesa, attenzione, benessere, condivisione, curiosità, cura, dono, educazione. La lettura è un fattore essenziale che contribuisce a creare l’ambiente familiare, l’atmosfera di felicità, amore e comprensione che servono per il pieno ed armonioso sviluppo della personalità del bambino (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

Se tuo figlio è un Hikikomori come lo aiuti?

Se tuo figlio è un Hikikomori come lo aiuti?
Vita del 05/06/2023

«Il nostro è stato un incubo durato 12 anni», racconta l’attrice Lucia Sardo. «Nessuno ti dice che tuo figlio è un Hikikomori». Eppure in Italia sono circa 54mila gli studenti italiani di scuola superiore che si rifugiano nella loro stanza e tagliano i ponti con il resto del mondo. Tra i soggetti a cui rivolgersi, Gruppo Abele e CIAI.

Tapparelle abbassate, solo la luce azzurrina del computer sempre acceso, scambia il giorno per la notte, non si lava e ha coperto gli specchi. Con un temperino ha scavato una piccola feritoia sotto la porta, da lì una madre sempre più sofferente gli passa i pasti e cerca di capire chi sia suo figlio. Ogni storia è a sé, ma le storie dei ragazzi Hikikomori somigliano parecchio a questa.  Un tema che abbiamo affrontato nel magazine di VITA di maggio, dal titolo “Gioventù bruciata” (disponibile qui).

In Italia sono circa 54mila gli studenti italiani di scuola superiore che si rifugiano nella loro stanza e tagliano i ponti con il resto del mondo (in una situazione di ritiro sociale). Lo certificano i dati del primo studio nazionale condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr è stata promossa dal Gruppo Abele in collaborazione con l’Università della Strada. che ha stimato a livello quantitativo l’isolamento volontario tra la popolazione studentesca.

Chi sono?
«Il fenomeno del ritiro sociale si sta diffondendo in modo sempre più articolato e variegato e, per questo, risulta sempre più difficile tracciare un profilo valido per tutti. In linea di massima si può comunque parlare di un fenomeno che, ancora oggi, è prevalentemente maschile, di ragazzi che non hanno disturbi specifici di apprendimento e che si ritirano dalla scuola e dalla società, in preadolescenza o adolescenza o all’inizio della giovane età adulta, perché sperimentano un senso di inadeguatezza e fallimento rispetto alle aspettative interiorizzate durante l’infanzia», osserva Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta presidente della Fondazione Minotauro (Centro clinico di consultazione e psicoterapia), psicologo, psicoterapeuta e tra i maggiori studiosi del fenomeno del ritiro sociale. «Lo sguardo di ritorno dei coetanei a scuola e la competitività serrata che la società adulta alimenta ogni giorno promuovono un senso di vergogna e di impresentabilità, che li spinge a ritirarsi e a suicidarsi socialmente, nel momento in cui bisognerebbe, invece, nascere socialmente».
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Perché si ritirano?
«I ragazzi e le ragazze che si ritirano sono persone in difficoltà e sofferenti, le altre definizioni servono agli adulti per liberarsi la coscienza dalle proprie responsabilità, dai modelli che ogni giorno a scuola, in famiglia e nei mass media proponiamo alle nuove generazioni», osserva ancora Lancini.

Colpa dei social?
«Sono convinto che internet sia uno strumento di difesa per loro. Né un nemico, né una causa», evidenzia l’esperto. «Sfido chiunque abbia incontrato almeno un ragazzo ritirato socialmente a non essere d’accordo con questa affermazione. Internet è una difesa, una forma di automedicazione, scongiura il rischio di un breakdown psicotico nel momento in cui il dolore è talmente pervasivo da non riuscire a essere espresso e dunque rischia di farti impazzire. Chi sostiene che sia la dipendenza da internet a impedire ai ragazzi ritirati di frequentare la scuola e il mondo o non ha incontrato un numero sufficiente di ragazzi e ragazze con questa problematica o è incapace di identificarsi con il dolore e il funzionamento affettivo, psichico e relazionale degli adolescenti che incontra».
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Meglio togliere internet?
«Chi toglie forzatamente Internet ai ritirati sociali, si assume una responsabilità enorme. In alcuni casi, sono certo, l’intervento privativo di videogiochi ed esperienze mediate da internet, da parte dell’adulto, ha contribuito ad un aggravamento, a volte drammatico, dello stato di salute mentale del giovane figlio, studente, paziente».

A chi rivolgersi?
«Il nostro è stato un incubo durato 12 anni – racconta l’attrice Lucia Sardo – intanto perché nessuno ti dice che tuo figlio è un hikikomori. Io l’ho scoperto cercando disperatamente in rete. Sono uscita dalla solitudine nella quale ero piombata quando ho conosciuto l’associazione “Hikikomori Italia Genitori onlus” . Perché, poi, il problema non è così palese; non è che c’è un figlio che ha una gamba rotta, sei lì a cercare una risposta a quel suo chiudersi sempre di più in sé stesso, a non volere più contatti con nessuno. Allora provi a motivarlo, cerchi di incentivarlo, ma niente, peggiori solamente la situazione. Quando capisci che non funziona ecco che arriva la rabbia, poi quando neanche questa ha efficacia provi con la dolcezza. È un’altalena di emozioni che ti può distruggere. Si potrebbe fare un film. Inoltre, quando tutto comincia non ne hai consapevolezza. Per questo dico che bisogna stimolare le scuole molto prima che i genitori».
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Il progetto specifico di Gruppo Abele
A Torino il progetto “Nove ¾” di Gruppo Abele supporta e sostiene i giovani hikikomori. Un educatore a domicilio aiuta i ragazzi a ritrovare la fiducia, e supporta i genitori che non trovavano risposta alla chiusura e all’isolamento dei loro figli. «Spesso il disagio si manifesta tra la terza media e il biennio delle superiori. Fondamentale lavorare con le scuole», spiega Milena Primavera, responsabile del servizio.
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Il gruppo per i genitori
Sei genitore o parente di un ragazzo con problemi di isolamento sociale? Nel giugno 2017 si è costituito ufficialmente l’Associazione “Hikikomori Italia Genitori”, aperta a tutti i genitori e parenti di ragazzi con problemi di isolamento sociale che desiderano sostenere la causa di Hikikomori Italia. L’obiettivo comune è quello di sensibilizzare le istituzioni al fine di ottenere maggiori diritti e servizi. Tale causa potrà essere perseguita – per chi lo desidera – anche attivandosi in prima persona in qualità di socio volontario. 
Qui i contatti

Il progetto del CIAI
Il Centro Italiano Aiuto all’Infanzia (CIAI) tramite i suoi Centri psicologici ed educativi Ciaipe, presenti in tutta Italia, segue genitori e figli – non solo adottivi – offrendo loro anche sostegno psicologico. «Ultimamente abbiamo notato che sono soprattutto i giovani a chiedere spontaneamente di avviare un percorso di psicoterapia per poter esprimere le proprie fragilità. Lo fanno specialmente attorno ai 14 anni, all’inizio della secondaria di secondo grado», osserva Paola De Cesare, psicologa psicoterapeuta del Ciaipe di Bari. «A generare il loro malessere non è più la paura di punizioni (della famiglia, della società, dei compagni, dei professori) ma il terrore di deluderli, la possibilità cioè di venire meno alle aspettative che gli altri nutrono nei loro confronti.
Questo talvolta li porta ad attivare un meccanismo di evitamento sociale, che nelle sue manifestazioni più estreme prende il nome di hikikomori: fondamentalmente è una strategia per evitare il giudizio dell’altro». Dinanzi a questo bisogno crescente, dal mese scorso Ciai a Milano ha avviato, con un finanziamento di Fondazione Cariplo, il progetto Attiva-Mente. Percorsi in rete, coinvolgendo ragazzi, ragazze, famiglie e una rete di scuole in partnership con l’associazione Contatto e l’Università̀ Bicocca e in collaborazione con la neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e il Centro psicosociale giovani dell’ospedale Niguarda. Darà supporto psicologico ai ragazzi con problemi di isolamento sociale e di attacchi al corpo che sono in attesa di accedere ai servizi di neuropsichiatria.

di Sabina Pignataro

Immissioni in ruolo docenti 2023: da fine giugno. Il Ministero verso l’anticipo delle operazioni

da OrizzonteScuola

Di redazione

Un anticipo delle operazioni di immissione in ruolo dei docenti a fine giugno: è questa la novità prevista secondo quanto raccolto da Il Messaggero. Le assunzioni a tempo indeterminato del personale docente arriverebbero quest’anno con circa un mese di anticipo rispetto a quanto accade solitamente.

Pubblicati il 24 maggio gli esiti della mobilità 2023/24 degli insegnanti, ora si possono valutare i posti effettivamente rimasti liberi (Qui un prospetto per infanzia e primaria e secondaria) e quelli rimasti vacanti dopo le domande di pensionamento (posti disponibili).

Le assunzioni vengono effettuate dalle graduatorie di merito dei concorsi e dalle graduatorie ad esaurimento, al 50%, nonché dalle graduatorie di prima fascia sul sostegno.

Il Mef annualmente autorizza il contingente delle immissioni in ruolo. Da quanto dichiarato dal Ministro Valditara le assunzioni previste si aggirano sui 56mila, così suddivise:

  • 19.472 docenti di sostegno inseriti nella prima fascia delle GPS, di cui: 17.126 con la procedura speciale di assunzione dalle graduatorie provinciali per le supplenze; 2.347 con scorrimento di altre graduatorie vigenti, 38 mila unità di posti comuni così suddivise:
  • 36 mila per scorrimento idonei dei concorsi posti comuni;
  • 2 mila dalle GAE.

Anticipare le immissioni in ruolo significa partire in anticipo anche con le supplenze e quindi iniziare l’anno scolastico a settembre con i docenti al loro posto.

Operazioni propedeutiche

Naturalmente dire “fine giugno” non significa che il 27 o il 30 sarà aperto il form per presentare domanda, ma è riferito in generale alle operazioni, in particolare quelle disposte dagli Uffici Scolastici

Restano infatti confermate le date per

Poi devono naturalmente essere pubblicate le graduatorie GaE e GPS utili per le assunzioni 2023/24, con i relativi tempi di reclamo e correzione.

Il piano di semplificazione delle procedure

Il motivo per cui quest’anno le assunzioni potrebbero avvenire anticipatamente è il piano di semplificazione presentato recentemente da Valditara. Tra gli interventi previsti la velocizzazione degli adempimenti per i pensionamenti, l’individuazione di soluzioni procedurali, organizzative e tecnologiche per poter effettuare le nuove nomine in tempi utili all’avvio dell’anno scolastico e una più veloce gestione delle supplenze brevi.

I candidati potranno, tramite il sistema online, rinunciare alla proposta di nomina. Il quadro dei posti disponibili dovrebbe essere, con tutti gli interventi, in questo modo più chiaro e permettere di procedere con le immissioni e l’attribuzione delle supplenze più velocemente.

D’estate dovrebbe inoltre arrivare il bando del concorso straordinario ter per i precari con tre anni di servizio o in possesso dei 24 CFU. Le assunzioni da tale procedura partiranno però da settembre 2024 e riguardano il piano di immissioni previsto dal Pnrr.

Valditara annuncia: “Venerdì presenteremo l’Agenda Sud con Invalsi. In 150 scuole risorse specifiche per combattere la dispersione scolastica”

da OrizzonteScuola

Di redazione

Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, in un’intervista a Il Messaggero, ha riconosciuto che la dispersione scolastica rappresenta uno dei problemi più gravi affliggenti il sistema scolastico italiano.

In risposta a questo, ha rivelato i piani per una nuova iniziativa chiamata “Agenda Sud”.

Durante l’intervista, rilasciata prima della sua presentazione in Calabria, il ministro Valditara ha dichiarato che l’iniziativa è progettata per affrontare la dispersione scolastica. Sebbene i dettagli completi dell’iniziativa non siano stati ancora rivelati, Valditara ha condiviso che l’iniziativa è un progetto pilota che coinvolge 150 scuole selezionate attraverso le valutazioni dell’Invalsi.

L’Agenda Sud si propone di offrire ai ragazzi delle regioni meridionali dell’Italia le stesse opportunità di successo formativo, contribuendo a colmare il divario tra Nord e Sud in termini di abbandono scolastico e competenze specifiche. Valditara ha confermato che il progetto includerà risorse dedicate.

Riguardo alle strategie per colmare la distanza Nord-Sud nella scuola italiana, Valditara ha citato l’istituzione di docenti tutor e docenti orientatori, nonché l’implementazione di didattica extracurriculare. Queste misure estenderebbero l’orario scolastico per gli studenti che ne hanno bisogno, con risorse dedicate specificamente alle scuole del Mezzogiorno.

Il Ministro ha poi affrontato la questione della revisione dell’organizzazione scolastica, parlando di eliminazione delle reggenze dei presidi, accorpamento di plessi e nuove norme per la creazione di una “istituzione scolastica”. Valditar ha assicurato che non ci sarà alcuna diminuzione del numero di scuole in Italia, ma piuttosto un consolidamento delle presidenze e la rimozione del limite minimo di 400 studenti per l’autonomia scolastica. Questo consentirà alle Regioni una maggiore flessibilità organizzativa.

Il Ministro ha poi parlato dei cambiamenti previsti per il personale scolastico, compreso l’eliminazione delle attuali 866 reggenze entro 9 anni, liberando così i presidi da attività burocratiche supplementari. Questi cambiamenti dovrebbero portare a risparmi significativi, con fondi che vengono reinvestiti nel sistema scolastico per migliorare il trattamento economico di presidi e personale amministrativo.

Valditara ha anche affrontato il problema del bullismo e delle aggressioni ai professori, proponendo l’istituzione di un’assistenza psicologica permanente e generalizzata nelle scuole in cui ci sia necessità.

Gite scolastiche: attenti alle responsabilità soprattutto per le uscite più “rischiose”

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

La vicenda della esperienza di rafting che ha interrotto in modo drammatico una gita scolastica in Calabria fa molto discutere e molti docenti e dirigenti scolastici si pongono più di una domanda.
Tutto ruota però intorno ad un quesito: ma in casi come questo esistono responsabilità civili e penali in capo alla scuola e ai loro operatori ?

Premesso che la nostra risposta è di carattere assolutamente generale e non può in alcun modo riguardare il caso specifico, di cui non conosciamo i dettagli, possiamo però dire questo.

E’ chiaro che se nel corso di una gita scolastica si verifica un incidente in una sede non scolastica la prima responsabilità è in capo alla struttura che ha ospitato gli studenti.
Se si sviluppa un incendio in un teatro o in un cinema durante uno spettacolo a cui partecipano delle scolaresche, è del tutto evidente che alla scuola non possono essere addebitate delle colpe.
Ma la questione non è così semplice perché gli operatori che accompagnano gli studenti devono comunque assicurarsi che l’attività si svolga in condizioni di sicurezza: se per esempio nel cinema non vi sono posti sufficienti per accogliere tutti potrebbe esserci un problema di capienza della struttura e in caso di incidenti il giudice potrebbe chiamare in causa anche la scuola.
Questo ovviamente non significa che ci debba essere un controllo preventivo completo e “maniacale” (di tanto in tanto c’è anche chi sostiene che quando si sale su un pullman a noleggio gli accompagnatori debbano controllare anche lo stato degli pneumatici: ma questo è piuttosto discutibile perché richiede competenze tecniche che non rientrano nelle conoscenze del docente).
Come è noto l’organizzazione delle gite scolastiche prevede un iter preciso: il consiglio di istituto deve definire i criteri mentre al collegio dei docenti e ai consigli di classe spetta la concreta programmazione delle iniziative.
In alcuni casi è opportuno che le delibere siano adeguatamente motivate.
Non c’è bisogno di molte parole per motivare la valenza didattica della visita di un museo archeologico  per una classe che studia la storia antica ma certamente potrebbe essere utile soffermarsi sulle motivazioni di una escursione di altro genere (non è detto che tutto debba essere “giocato” sulla didattica perché anche lo sviluppo delle relazioni e della socialità ha un ruolo importante nella formazione dei ragazzi).
Nella organizzazione delle gite va posta particolare attenzione verso le iniziative che esulano dalle quelle più consuete (visita a un museo o a una citta, partecipare a uno spettacolo o un evento sportivo, ecc…) perché in taluni casi potrebbero essere necessarie cautele e precauzioni particolari come peraltro prevede esplicitamente l’articolo 2050 del codice civile: “Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

E’ evidente che per la visita ad un museo non è necessario adottare misure particolari, mentre cosa diversa è se si organizza una escursione in montagna.
Non è male poi verificare accuratamente le clausole dell’assicurazione stipulata dalla scuola: talora la Compagnia assicuratrice esclude espressamente alcuni tipi di danni, a partire da quelli derivanti dall’uso di particolari mezzi di trasporto (funivie e mezzi natanti).

Un’ultima considerazione: è vero che l’iter amministrativo della organizzazione della gita si conclude con l’autorizzazione formale firmata dal dirigente scolastico, ma questo non esclude responsabilità anche in capo ad altri soggetti.

Docenti non impegnati in esami, sono reperibili fino al 30 giugno ma non esiste l’obbligo di firma o di presenziare a scuola

da La Tecnica della Scuola

Di Lucio Ficara

Il dirigente scolastico X impone l’obbligo di firma giornaliero per tutti i docenti fino al 30 giugno, il ds Y invece pubblica un calendario di attività non deliberate dal Collegio, da svolgere per tutti i docenti non impegnati in esami fino al 30 giugno, dalle ore 8 alle ore 12 di tutti i giorni dal lunedì al venerdì, il dirigente Z invece impegna i docenti, fino al 30 giugno, al riordino della biblioteca e dei laboratori, per l’orario di servizio previsto durante il periodo delle lezioni. Sono tutte disposizioni illegittime e che non rispettano le attuali norme contrattuali. I docenti non impegnati in esami di Stato, saranno sempre reperibili fino al 30 giugno, ma per loro non esiste l’obbligo di firma o di presenziare a scuola.

Norme sull’orario di servizio dei docenti

Gli obblighi di servizio degli insegnanti sono regolati dagli artt. 28 e 29 del CCNL 2006-2009, che per effetto del comma 10 art.1 del CCNL 2016-2018 restano pienamente vigenti. L’art.28 del CCNL è stato ampliato nell’ultimo contratto scuola 2016-2018 inserendo anche i docenti impegnati nel servizio in posti di potenziamento o in posti misti tra cattedra e potenziamento. Anche per queste ultime tipologie di posti, i docenti hanno gli stessi diritti di orario del servizio esplicati nell’art.28 del CCNL 2006/2009. È bene ricordare che nel comma 4 del succitato art.28 è scritto chiaramente: “Gli obblighi di lavoro del personale docente sono articolati in attività di insegnamento ed in attività funzionali alla prestazione di insegnamento. Prima dell’inizio delle lezioni, il dirigente scolastico predispone, sulla base delle eventuali proposte degli organi collegiali, il piano annuale delle attività e i conseguenti impegni del personale docente che possono prevedere attività aggiuntive. Il piano, comprensivo degli impegni di lavoro, è deliberato dal collegio dei docenti nel quadro della programmazione dell’azione educativa e con la stessa procedura è modificato, nel corso dell’anno scolastico, per far fronte a nuove esigenze.

È utile sapere anche che le tradizionali ore di servizio dei docenti cessano con il termine delle lezioni. Infatti nel comma 5 dell’art.28 è scritto: “In coerenza con il calendario scolastico delle lezioni definito a livello regionale, l’attività di insegnamento si svolge in 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia, in 22 ore settimanali nella scuola elementare e in 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d’istruzione secondaria ed artistica, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali”.

Si comprende benissimo che le 25, 22 o 18 ore settimanali di attività d’insegnamento sono riferite esclusivamente a quanto è decretato dal calendario scolastico delle lezioni definito a livello regionale. È utile sapere che quando terminano le lezioni, cessa anche l’efficacia del su citato comma 5, quindi è illegittimo che un dirigente scolastico chieda il rispetto dell’obbligo di servizio ai sensi del comma 5 dell’art.28 anche dopo il termine delle lezioni.

Altra cosa sarebbe stata se sul piano delle attività, deliberato ad inizio anno dal Collegio docenti, fosse stato previsto l’espletamento di un corso di formazione o delle attività collegiali rientranti nell’art. 29 del CCNL scuola.  In buona sostanza con le norme attuali nessun dirigente scolastico può obbligare gli insegnanti al rispetto del proprio orario servizio dal termine delle lezioni fino al 30 giugno o fino all’entrata in ferie del docente.

Reperibilità del docente per eventuali urgenze

Tuttavia è necessario sapere che ci sono obblighi di disponibilità e reperibilità dei docenti fino al 30 giugno per particolari urgenze. Per quanto riguarda la scuola secondaria, bisogna ricordare che ci sono in atto gli esami di Stato. Nell’Ordinanza Ministeriale n.45 del 9 marzo 2023 per gli esami di Stato del II ciclo, all’art.13 comma 4 è scritto: “Il personale utilizzabile per le sostituzioni, con esclusione del personale con rapporto di lavoro di supplenza breve e saltuaria, deve rimanere a disposizione della scuola di servizio fino al 30 giugno 2023, assicurando, comunque, la presenza in servizio nei giorni delle prove scritte”. Stessa regola vale per gli esami di Stato della scuola secondaria di I grado.

Misure su assunzioni docenti di sostegno e concorso dirigenti tecnici nel Decreto PA, in aula alla Camera da lunedì 5 giugno

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Sul decreto legge 44 in materia di Pubblica Amministrazione sta iniziando il conto alla rovescia: a partire da lunedì 5, infatti, il provvedimento sarà all’esame dell’aula della Camera per il voto che dovrebbe arrivare già entro la giornata di martedì, dal momento che il Governo sembra intenzionato a porre il voto di fiducia.
Tutte le norme relative alla scuola sono contenute nell’articolo 5.

Una di queste riguarda il concorso per dirigenti tecnici di cui si parla ormai da anni
Ci sono poi disposizioni finalizzate ad assicurare il corretto avvio dell’anno scolastico 2023/2024.
Intanto si parla di una procedura concorsuale straordinaria per il reclutamento dei docenti abilitati sul sostegno, inclusi a pieno titolo nelle graduatorie provinciali per le supplenze e negli elenchi aggiuntivi alla prima fascia; il comma dell’articolo 5, allo scopo di garantire la continuità didattica ed educativa dei docenti di sostegno destinatari di nomina a tempo determinato, introduce il vincolo triennale della mobilità; e c’è anche la misura per consentire l’accesso ai percorsi di specializzazione alle attività di sostegno anche ai soggetti privi dell’abilitazione ma in possesso di un’esperienza professionale triennale; alcuni commi affrontano la questione dei titoli per il sostegno conseguiti all’estero.

Negli ultimi giorni, in Commissione, si sono susseguiti gli interventi finalizzati ad introdurre alcuni importanti emendamenti.
Uno dei più attesi è quello che riguarda la mobilità dei dirigenti scolastici che d’ora innanzi verrebbe estesa a tutti i posti disponibili a livello regionale e che non necessiterebbe più del nulla osta del direttore regionale.

Ovviamente nei sindacati e fra i diretti interessati c’è molto malumore perché in molti si aspettavano anche misure sull’organico aggiuntivo Ata, sui DSGA facenti funzione, sugli idonei dei concorsi ordinari e straordinari bis e su altro ancora.
E su questo parla il responsabile scuola della Lega Mario Pittoni che dichiara: “Sugli interventi per la scuola ho più volte sottolineato l’inutilità di guardare cosa succede agli emendamenti parlamentari, alimentando tensioni senza senso. In piena era PNRR le questioni dell’istruzione sono in capo direttamente al Ministero”.
“Di conseguenza – aggiunge Pittoni – operazioni già concordate con Bruxelles come le graduatorie ad esaurimento per gli idonei dei concorsi ordinari e l’eliminazione del tetto alle abilitazioni all’insegnamento entreranno in un atto di iniziativa governativa, che a questo punto sarà successivo al decreto PA”.

Carriera docenti. Il modello trentino passa per un voto

da Tuttoscuola

Il 30 maggio 2023 la V Commissione del Consiglio Provinciale di Trento ha approvato il disegno di legge a firma dell’assessore Mirko Bisesti finalizzato a introdurre in Trentino un sistema di sviluppo della carriera professionale dei docenti, di cui avevamo dato dettagliata notizia nella newsletter dello scorso 22 maggio, con il quale vengono introdotte nel sistema scolastico trentino tre figure di docente: esperto, ricercatore e delegato all’organizzazione. Un embrione di carriera.

Il ddl va avanti ma avanza in un clima burrascoso, con una forte contrarietà dei sindacati e dubbi anche di una parte dei presidi. Per la Cgil si tratta di una “rivoluzione da cui sono stati esclusi docenti e sindacato”, per la Cisl di un provvedimento che penalizza coloro che scegliendo solo l’insegnamento “finiranno in uno scantinato”, per la Uil di una proposta che “ingesserà le iniziative delle scuole”.

Perplessità sono state espresse anche dal Consiglio del sistema educativo provinciale perché nel ddl non vengono fissati i parametri per le procedure concorsuali, demandati alla Giunta, mentre il riferimento su chi sarà chiamato a valutare i docenti resta nel vago. A favore del ddl si è invece dichiarato Aronne Mattedi, presidente della Consulta degli studenti, perché l’Italia, ha detto, “è l’unico paese europeo a non avere un sistema di carriera per i docenti”.

Auspicavamo maggiore condivisione durante la discussione in Commissione, ma quando si tenta di introdurre degli elementi di novità in qualunque ambito è inevitabile ci si possa scontrare con delle posizioni diverse” è stato il commento dell’assessore Bisesti, che ha fatto presente che però “la proposta è figlia anche di un lungo confronto che ha coinvolto sui territori docenti e dirigenti, dai quali abbiamo colto spunti e suggerimenti contenuti nel disegno di legge”.

Riguardo alle critiche secondo le quali il ddl sarebbe centrato sugli aspetti organizzativi a scapito di quelli didattici, Bisesti risponde che “Non è affatto vero, perché i docenti che potranno assumere il ruolo di delegati all’organizzazione rappresentano solo circa il 5% dei 1.750 insegnanti coinvolti da questo disegno di legge. Si tratta di poco più di 200 persone, che comunque saranno impegnate anche nell’insegnamento. La didattica è il cuore di questo provvedimento e ci ha guidato lungo tutto il percorso. Vogliamo docenti preparati e validi, dei bravi docenti, che conoscano sì le discipline ma anche metodologie di apprendimento adeguate da proporre agli studenti, che sappiano stabilire relazioni positive con gli alunni e le famiglie, utilizzare tecnologie utili a migliorare il proprio lavoro, coinvolgere gli studenti e i colleghi anche nella sperimentazione di modelli didattici innovativi”.

Quanto ai tempi di entrata a regime della misura l’assessore è più cauto: “è l’inizio di un percorso che, se il ddl verrà approvato, prenderà il via il prossimo anno scolastico per poi continuare negli anni a venire”, ha detto. Almeno sulla carta il voto del 30 maggio in Commissione dà avvio all’ultimo atto dell’iter legislativo, quello della discussione e del voto in Consiglio provinciale per l’approvazione definitiva del provvedimento. Forse i tempi potrebbero essere maturi considerando il fatto che tutti gli attori coinvolti si sono finalmente dichiarati favorevoli al principio dello sviluppo professionale in funzione del miglioramento della qualità della didattica.

Certo è che se per qualche motivo (di ordine politico locale o nazionale, in provincia si voterà ad ottobre) il prototipo di carriera per i docenti avviato dalla Giunta di Trento finisse anch’esso per arenarsi (come è successo, a livello nazionale, per l’ipotesi di carriera pur delineata nel PNRR) non ci sarebbe poi da stupirsi se aumentasse ulteriormente la difficoltà di trovare giovani neolaureati, soprattutto in materie scientifiche e tecniche, disposti a intraprendere la professione di insegnante. Pensare oggi ad una professione senza carriera è un po’ come l’uomo di Musil: senza qualità.

Dimensionamento: ridurre le reggenze immettendo dirigenti o accorpando istituzioni scolastiche? La seconda…

da Tuttoscuola

Dimensionamento: ridurre le reggenze immettendo dirigenti o accorpando istituzioni scolastiche? La seconda…

C’è un fenomeno che lo stesso Ministero dell’istruzione e del merito ha definito “incompatibile con una gestione efficace ed efficiente del sistema scolastico” (nota inviata a Tuttoscuola a novembre 2022): quello delle reggenze, ossia delle istituzioni scolastiche affidate appunto “in reggenza” a un dirigente scolastico già titolare di un’altra istituzione. In un recente passato si è arrivati a circa 2 mila scuole in reggenza su 8 mila. Un fenomeno che l’attuale Governo intende ridurre fortemente. Ma come?

Nel question time al Senato del 1° giugno il ministro Giuseppe Valditara ha detto: “Non si tratta di chiudere scuole ma di razionalizzare le istituzioni giuridiche (scolastiche – n.d.r.). Sono 860 le reggenze, le eliminiamo e razionalizziamo, facendo sì che l’offerta sul territorio sia coerente, le risorse rimarranno a quelle scuole e l’offerta, dato il coinvolgimento delle Regioni, si modellerà a seconda delle esigenze dei singoli territori”.

A onore del vero, se si considera che le istituzioni scolastiche sottodimensionate, per legge prive di titolare, sono 490, le reggenze di cui ha parlato il ministro comprendono, quindi, 370 istituzioni “normali”, in cui il titolare è assente per distacco, mandato parlamentare o amministrativo o per motivi di salute. Si tratta, pertanto, di reggenze che continueranno ad esistere, anche se normo-dimensionate e con proprio titolare.

In ogni caso la riduzione delle reggenze può avvenire in due modi: affidando gli istituti scolastici coinvolti a un dirigente scolastico di nuova nomina (quindi conservando in vita l’istituzione scolastica), oppure accorpando l’istituto oggi in reggenza ad altro istituto (quindi cancellando l’istituzione scolastica oggi retta da un reggente), magari proprio a quello dell’attuale reggente.

Il ministro, nel confermare che il numero dei plessi scolastici rimarrà sostanzialmente invariato (sarà proprio così? Quali misure intende introdurre affinché ciò si realizzi?), ha fatto chiaramente intendere che la strada scelta è la seconda, ossia quella di cancellare alcune centinaia di istituzioni scolastiche, e quindi di posti di dirigente scolastico, di Dsga e relativo personale di segreteria. Il dirigente scolastico che oggi, per esempio, gestisce due istituti comprensivi, di cui uno in reggenza, gestirà gli stessi plessi, ma sotto un’unica istituzione scolastica (farà un solo bilancio invece di due, per dirne una); uno che oggi dirige un istituto superiore e un comprensivo in reggenza, verosimilmente lascerà il comprensivo, ma gestirà in media un istituto superiore con un maggior numero di alunni e di sedi, dovrà occuparsi di un maggior numero di docenti e di personale ATA, intrattenere rapporti istituzionali con un maggior numero di soggetti istituzionali sul territorio.

Forse diventerà – nelle intenzioni – un piccolo “Rettore”, ma senza ovviamente disporre della struttura organizzativa di una Università, e dovendo continuare a (cercare di) essere un “leader educativo” della propria comunità scolastica (caratteristica non richiesta a un rettore universitario, che fa un altro mestiere).

Di sicuro, meno dirigenti scolastici, meno DSGA. Ancora una volta, purtroppo, razionalizzare assume il significato di risparmiare sui costi, anche a rischio di compromettere l’efficacia del servizio scolastico.

Ma davvero è questo che ci ha chiesto l’Europa per il PNRR?

Valditara: ‘Nessuna scuola chiusa in futuro’. Allora vanno create le condizioni

da Tuttoscuola

Sempre in occasione del question time al Senato, il ministro Valditara ha avuto modo di precisare la differenza che c’è tra scuole e istituzioni scolastiche. Precisazione opportuna, perché sono in molti a non cogliere la differenza concreta che sta dietro una terminologia apparentemente simile.

In Italia funzionano circa 40mila punti di erogazione del servizio scolastico (o “scuole”): sono plessi, scuole e istituti statali tra infanzia, primaria, secondaria di I e II grado ubicati in altrettanti edifici scolastici. In circa 8mila di quegli edifici sono anche collocati in locali adiacenti le presidenze e le segreterie delle istituzioni scolastiche, le quali dirigono, organizzano e amministrano i plessi del territorio circostante (mediamente circa 5 scuole/plessi/istituti per ogni istituzione scolastica).

Il ministro, come ormai ripete da tempo, ha anche precisato che: “In Italia ci sono oggi 40mila plessi scolastici: nessuno di essi verrà chiuso”. Ma davvero sarà così?

La recente indagine di Tuttoscuola – ripresa con molta evidenza dai media nazionali e anche stranieri – ha documentato che negli ultimi dieci anni hanno chiuso 1.176 scuole statali (450 dell’infanzia e 726 primarie). E nei prossimi anni cosa succederà? L’analisi di alcuni dati sull’andamento negli ultimi tre anni può fornire utili indizi.

Negli ultimi tre anni scolastici nelle scuole statali di infanzia e primaria i dati prospettano un immediato futuro negativo, a causa del costante calo di alunni: 53.748 iscritti in meno nelle scuole dell’infanzia (da 875.718 nel 20-21 a 821.970 nel 22-23) e 122.747 iscritti in meno nelle scuole primarie (da 2.383.676 nel 20-21 a 2.260.929 nel 22-23), per un minor numero complessivo di 176.495 alunni tra infanzia e primaria.

Conseguentemente il numero delle classi si è ridotto di 4.087 unità (1.073 in meno nell’infanzia e 3.014 nella primaria. La chiusura di oltre 4mila classi ha determinato, quindi, la chiusura definitiva di 156 scuole (50 dell’infanzia e 106 della primaria).

Nel medesimo periodo le monosezioni della scuola dell’infanzia sono aumentate di 124 unità e le bisezioni di 74 unità: sono l’anticamera della chiusura di scuole.

Nella scuola primaria le pluriclassi sono aumentate di 106 unità: anch’esse sono l’anticamera della imminente chiusura di altre scuole.

Questo è l’inesorabile trend. Riguardo al calo di alunni, questo si può interrompere solo con un’inversione del tasso di natalità (un contributo potrebbe darlo una maggiore attenzione all’integrazione scolastica degli stranieri ed un maggiore coinvolgimento nei percorsi di educazione degli adulti, italiani e stranieri). Riguardo alla chiusura delle scuole, che è un effetto del primo fenomeno, si può interrompere nella scuola statale solo intervenendo sui parametri di costituzione delle classi e di assegnazione degli organici: è dunque ciò che si prepara a fare il ministro Valditara, dal momento che assicura che non ci saranno chiusure di scuole?

Se ciò non accadrà, prepariamoci a contare altre chiusure di scuole statali, dopo le quasi 1.300 dell’ultimo decennio.