L’intelligenza artificiale e la scuola

L’intelligenza artificiale e la scuola: una sfida culturale

di Enrico Fortunato Maranzana

La scuola si sta attrezzando per sfruttare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale, ma ne interpreta le potenzialità in funzione dell’insegnamento tradizionale. In questo modo, la finalità educativa è accantonata.


La domanda centrale, invece, dovrebbe essere: come utilizzare le nuove tecnologie per promuovere capacità? (legge 12/2020).

A questo proposito, vale ricordare due saggezze complementari:

  •  «Il mestiere devi rubarlo», dice un proverbio: l’osservazione e la pratica precedono e sostengono la teoria;
  • «Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco», sottolineava Confucio: la vera comprensione nasce dall’operatività.

Le conoscenze, infatti, nascono dai procedimenti e, attraverso questi, si sviluppano le capacità.

Esemplificando: sette fasi possono rappresentare un processo di ricerca, promuovendo altrettante capacità:

  1. Formulazione del problema (capacità di progettare)
  2. Raccolta delle informazioni (capacità di selezionare)
  3. Analisi delle informazioni (capacità di analizzare)
  4. Formulazione di ipotesi (capacità di correlare, d’essere creativi)
  5. Sperimentazione: applicazione di strategie, ottenimento dei risultati (capacità di inventare, di modellare)
  6. Controllo: utilizzo dello scostamento tra attese ed esiti (capacità di controllare, di valutare, di capitalizzare)
  7. Comunicazione dei risultati (capacità di comunicare, d’argomentare, di sintetizzare)

Da qui discende la questione: come l’intelligenza artificiale può facilitare la progettazione educativa?

A titolo d’esempio, si propone un’occasione d’apprendimento sul principio di Archimede.

Gli studenti sono immersi nel contesto problemico dello scienziato greco; devono rispondere alla domanda: perché un corpo galleggia?

All’IA è assegnato il compito di realizzare un ambiente interattivo in cui l’utente fornisce le dimensioni di una zattera (da cui dipende il peso) e la zavorra. A ogni tentativo, il sistema restituisce uno dei due possibili esiti: galleggia, affonda.

Gli studenti, lavorando in piccoli gruppi, cercano la risposta. I risultati sono poi condivisi e discussi. Solo alla fine il docente, dopo aver sintetizzato le produzioni, sistematizza.

Il lavoro di gruppo assume un valore fondamentale: favorisce la condivisione delle conoscenze, stimola la collaborazione, abitua alla valutazione del punto di vista altrui e al coordinamento, tempra la flessibilità e apre la disponibilità al cambiamento, capacità essenziali per affrontare la complessità del mondo contemporaneo.

L’intelligenza artificiale, rispondendo alle richieste ben formulate del docente, genera un ambiente di apprendimento stimolante, in cui gli studenti operano avendo presente l’origine e il senso del loro agire.

In questo scenario, la professionalità del docente si valorizza: come una guida alpina accompagna l’escursionista, così l’insegnante aiuta gli studenti a sviluppare le loro qualità. Gli insegnanti devono smettere di essere ripetitori per diventare progettisti.

La vera sfida non è tecnica ma culturale: occorre ripensare la scuola come luogo di sviluppo delle capacità, non come trampolino per il mondo del lavoro.

La progettualità formativa, educativa e dell’istruzione, “sostanza dell’autonomia dell’istituzione scolastica” (DPR 275/99), deve finalmente uscire dal cassetto.