Buona condotta

BUONA CONDOTTA

Franco Buccino

da ScuolaNapoletana

Alla fine degli anni ’70, giovane insegnante appena tornato da Varese, mi ritrovai in una commissione d’esami in un istituto magistrale del Vomero. Leggendo e correggendo i temi d’italiano, mi aveva colpito ed entusiasmato quello di un ragazzo dal cognome importante, quello di un famoso commediografo napoletano. Il mio giudizio era largamente condiviso da tutti i colleghi della commissione. Poi capitò qualcosa di incredibile: arrivarono, in successione, ispettori periferici e centrali, cioè del Provveditorato e del Ministero, a dirci che questo studente doveva essere bocciato, anzi non avrebbe dovuto neanche essere ammesso agli esami perché aveva offeso la preside dell’istituto. Nonostante l’impegno mio e della collega di latino nel sostenere la tesi della nostra autonomia, nonostante i risultati più che sufficienti in tutte le prove, lo studente fu bocciato.Quest’episodio l’ho sempre ricordato nei tanti anni trascorsi come insegnante e preside. Una delle contraddizioni che ancora oggi vive la scuola, nelle sue granitiche certezze, è l’incontro con uno studente che si comporta male ma che ha un buon profitto. Nei consigli di classe scattano dinamiche impreviste rispetto ai soliti schieramenti per le solite questioni: alunno di scarso profitto e comportamento riprovevole; o alunno di scarso profitto ma tranquillo ed educato. Per il primo cartolina ai genitori, provvedimenti disciplinari, probabile bocciatura. Per il secondo: non può fare di più, contesto familiare “sfavorevole”, probabile ammissione alla classe successiva.Il provvedimento approvato nei giorni scorsi definitivamente dal Parlamento, della riforma del voto in condotta, pone un rimedio, secondo il Ministro, a questa e ad altre storture. Non tanto al fatto che l’alunno che si comporta male possa essere bocciato. Ma piuttosto al fatto che il voto in condotta possa non incidere sul voto finale. Nel primo caso, secondo il decreto approvato, scatta un percorso di recupero che si conclude col tema che dimostri l’acquisita “crescita educativa” o scatta la bocciatura, a seconda del voto più o meno insufficiente. Nel secondo caso si stabilisce che il voto in condotta “fa media” per il voto finale e, soprattutto, spiana la strada per i crediti all’esame di maturità.Verrebbe da dire, in prima battuta, che è improponibile una commistione tra la condotta e i risultati nelle singole discipline. Immaginate delle prove Invalsi che riguardassero pure la condotta? Così come è francamente improponibile concedere i crediti per la maturità a chi sì e a chi no. Ma ancora più grave, oggettivamente, sembra questa considerazione della “condotta”. Mentre ci riempiamo la bocca di disagio giovanile e lo stesso Ministro è favorevole allo psicologo nelle scuole, poi sembra che per frequentarle ci voglia un certificato di buona condotta!Torna il dubbio che si pensi alle scuole come accademie militari, che si pensi a una riforma della repubblica, della società da rimettere in ordine. E che si comincino prove generali a partire dalla scuola.Come reagiranno i ragazzi, gli studenti? È facile immaginare un autunno caldo, caldissimo: li stanno tirando per i capelli. E speriamo che, “in applicazione” del decreto sicurezza, gli studenti che protestano, non li mettano in carcere. Del resto, si sa, chi protesta, occupa, blocca, sono studenti e operai. Chissà che non si guardino negli occhi. Come la storia insegna: proprio nei primi anni ’70 il movimento operaio e il mondo della scuola s’incontrarono…