«Salviamo insieme il colle di Leopardi Dico no alla rottamazione degli statali»

da Il Messaggero

«Salviamo insieme il colle di Leopardi Dico no alla rottamazione degli statali»

Intervista al Ministro Giannini

Maria Latella

Dice il ministro Giannini: «La campagna del Messaggero non è la solita battaglia per il decoro del paesaggio. È qualcosa di più. È una campagna contro l’ignoranza». Lo afferma con vigore il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, che aggiunge: «E io mi associo con grande convinzione a questa campagna. Le Operette morali di Leopardi, del resto, sono il manifesto contro l’ignoranza del suo tempo». In questa conversazione con il ministro partiamo dall’Ermo Colle («L’ho visto per la prima volta un anno fa, durante una visita a Recanati. Sembra impossibile, ma non c’ero mai stata prima») per approdare al conflitto tra generazioni, o meglio al tema-chiave della società italiana: come far posto ai giovani senza escludere il valore dell’esperienza dei più anziani e senza gravare ulteriormente sul sistema pensionistico? Vasto programma, ma il ministro Giannini una sua idea ce l’ha. La campagna e la raccolta di firme lanciata dal Messaggero in difesa del colle leopardiano è, lei dice, una battaglia contro l’ignoranza. «Sì. Può sembrare generico, velleitario parlare di battaglia contro l’ignoranza, ma l’ignoranza è alla base di tutto. È, per cominciare, nemica della natura. Leopardi combatte tutti i visibili segni dell’ignoranza perché la vede fare filtro alla verità». Giacomo Leopardi è tra i poeti più citati all’esame di maturità. Era così negli anni Settanta ed è, probabilmente, così anche oggi. Riesce a parlare ai giovani delle diverse generazioni. «Perché ha una dimensione eroica ed è anche il poeta della solidarietà umana, nella Ginestra almeno. Leopardi è il poeta della verità e i giovani la cercano, la verità. Se non la cerchi a 18 anni, quando la cerchi? Ora che ci penso, credo di averlo portato anch’io all’esame di maturità». Giacomo Leopardi, citando il Cortegiano di Baldassar Castiglione ricorda che i vecchi “sogliano lodare il tempo in cui furono giovani, e biasimare il presente”. D’altra parte, aggiunge, “i giovani parlano delle cose proprie credendo per certissimo che chi ode le curi poco meno che le curano essi”. Insomma: ventenni autocentrati e cinquanta-sessantenni pessimisti. Il confronto tra generazioni tiene banco da secoli, ma ora, in Italia, c’è di mezzo la sopravvivenza economica. «Fuori tu, che hai il posto fisso, dentro io che a 30 anni ancora non lavoro». Al ministro Marianna Madia che propone di prepensionare un certo numero di dipendenti pubblici per rinnovare la Pubblica amministrazione e far largo ai giovani, lei ha risposto che non è questa la strada. Qual è allora? «Mi sono permessa di osservare che un Paese nel quale si spendono in pensioni 270 miliardi di euro non dovrebbe vedere nel prepensionamento la chiave di ingresso dei giovani nella Pubblica Amministrazione. Se ricorriamo ciclicamente allo strumento dei baby pensionamenti non se ne esce più. A mio parere la strada è un’altra: introduciamo i criteri di valutazione. Chi è bravo viene premiato, chi non raggiunge i risultati rende conto del perché non li ha raggiunti. È quello che, con molta fatica, sta facendo l’università attraverso l’agenzia nazionale di valutazione. È faticoso, certo. Ma sono anni che, ciclicamente, si cerca la strada facile del prepensionamento e non mi pare abbia migliorato la qualità del settore pubblico. E poi: tutti dicono che con la legge Fornero abbiamo fatto un’ottima riforma delle pensioni e vogliamo un’altra deroga, un nuovo cambiamento?». Ma se non si comincia ad assumere, quel 40% di giovani italiani disoccupati non lavorerà mai, non lavorerà più. «Allora diciamo con chiarezza che consideriamo la Pubblica Amministrazione un ammortizzatore sociale. Diciamo che lo Stato dovrà farsi carico di venti-trenta-quarantamila assunzioni, sto facendo ovviamente ipotesi di scuola. Attenzione, però. A me risulta che in Italia ci siano aziende alla ricerca di quarantottomila lavoratori qualificati. E non li trovano. Non manca il lavoro, manca la formazione di lavoratori qualificati. Vogliamo perpetuare l’assistenzialismo immettendo nella P.A. dipendenti che non hanno alcuna idea della macchina amministrativa mentre mandiamo via chi ha esperienza? Spacciare questa proposta per una novità mi sembra assurdo». Con Marianna Madia ne avete parlato? «Non ancora, ma ci sarà occasione di farlo nel Consiglio dei ministri. A Matteo Renzi, invece, lancio una sfida semantica. Lui ha usato il termine “rottamazione”, io gli propongo di sostituirlo con “valorizzazione”. Valorizziamo chi ha esperienza e merita, valorizziamo i giovani. Nel privato, tra le aziende italiane, vanno bene quelle che sanno valorizzare il personale. Dovremmo fare lo stesso nel pubblico. Dico no ai tagli lineari alle persone fisiche». Scriveva Leopardi: “Infame, pur naturalissimo, è il disprezzo de vecchi, anche nella società più polita”. Però in Italia restano fino a 80 anni a guardia della loro poltrona e si capisce una crescente insofferenza. «Non vorrei passare dal dominio pluridecennale di una classe dirigente che non schiodava nemmeno con le cannonate, al dominio di cosiddetti giovani che rivendicano posizioni per il solo fatto di essere giovani. A loro dico: attenzione. Si fa presto a diventare vecchi. Se il criterio è solo questo, ci sarà sempre qualche giovane più giovane di te».

Maria Latella