L’innocenza sconfitta
di Antonio Stanca
«…È questo paese che ha perduto il senso della verità. O forse non l’ha mai avuto».
«Da che parte stiamo, Max?».
«Dalla parte degli innocenti».
«Non avevo dubbi, ma sono contento di sentirtelo dire».
Con questo dialogo tra Marco Buratti e Max la Memoria si conclude il romanzo Il corriere colombiano di Massimo Carlotto, il cinquantacinquenne scrittore padovano che vive a Cagliari e variamente impegnato si mostra. Dalla narrativa al teatro, alla sceneggiatura, alla saggistica, alla musica, al giornalismo passa la sua attività. Il corriere colombiano è stato ora ristampato dalle edizioni E/O di Roma che molte altre opere dello scrittore stanno ristampando e molte versioni originali hanno ospitato negli anni passati. Questo romanzo fa parte della serie dell’Alligatore, di quelli nei quali l’autore immagina che l’ex detenuto Marco Buratti sia divenuto l’Alligatore, cioè un investigatore che, insieme ai “soci” Max la Memoria e Beniamino Rossini pur’essi con precedenti penali, s’impegna a scoprire o cercare di scoprire la verità nei casi giudiziari dove persone innocenti rischierebbero non solo di apparire colpevoli ma anche di essere condannate.
È la sorte toccata al Carlotto quando da giovane era stato per molti anni perseguitato dalla giustizia perché ingiustamente ritenuto responsabile della morte di una giovane donna, il cui corpo egli aveva scoperto per caso. Era stato processato, messo in carcere, era stato latitante in Sud America, molto era durato il suo caso, vari aspetti aveva assunto finché non era giunta la grazia da parte del Presidente della Repubblica Scalfaro. Solo allora si era sentito libero ed aveva continuato nell’attività di scrittore iniziata in carcere. Tra la tanta sua scrittura si sarebbe segnalato per quella di genere noir, ne sarebbe divenuto uno dei maggiori rappresentanti in ambito europeo, avrebbe ottenuto numerosi riconoscimenti. In essa, tra situazioni misteriose, personaggi ambigui, ambienti sospetti, avrebbe egli trasposto la propria vicenda e soprattutto nei romanzi dell’Alligatore l’avrebbe fatto dicendo quanto d’ingiusto, di falso può succedere nella vita, quanti danni ne possono derivare a persone e cose, quanto è necessario adoperarsi perché questo non avvenga. Sarà lui il Marco Buratti, l’Alligatore, l’investigatore che, insieme ai due collaboratori, si muoverà per fare giustizia dove non c’è stata, per raggiungere la verità dove è mancata. Ne Il corriere colombiano la vittima di un’ingiustizia è il giovane trevigiano Nazzareno Corradi che viene attirato in un tranello e finisce in carcere. È accusato di crimini che non ha commesso, è falsamente coinvolto in un traffico internazionale di stupefacenti provenienti dalla Colombia. La sua diventa una situazione difficile perché tramite lui altri vogliono nascondere le loro colpe. Nemmeno gli organi di giustizia sono chiari e per essere aiutato il suo avvocato si rivolge all’Alligatore. Questi si mette in azione con i compagni e si trova di fronte a molti, infiniti ostacoli: la malavita colombiana, quella veneta con i suoi interminabili collegamenti, le stesse forze dell’ordine. Molto difficile diventerà l’operazione e non approderà a risultati completi perché molto è cambiato pure negli ambienti criminali, anche quelle che erano le loro regole hanno smesso di valere, l’inganno, il tradimento, la corruzione hanno preso il sopravvento e di niente è possibile essere sicuri, di niente può avvalersi nel suo lavoro l’Alligatore che tra questi ambienti si muove. Egli non ha rinunciato a credere nell’anima sia pure di un fuorilegge ma deve constatare che non è più possibile e il suo diventa un confronto impari perché aumentati sono i nemici, tutto gli è contrario. Deve riconoscere che la menzogna può vincere sulla verità, che l’innocente può rimanere colpevole.
Stavolta Carlotto non ha trovato quanto cercava e nello stile di sempre, semplice e chiaro, ha scritto di una sconfitta così grave. È stanco, deluso ma non può fare altro che rassegnarsi.
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