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Partono i corsi sul sostegno: 7mila posti, ma per gli abilitati

da La Tecnica della Scuola

Partono i corsi sul sostegno: 7mila posti, ma per gli abilitati

Le università iniziano a pubblicare i bandi per la partecipazione ai corsi di abilitazione al sostegno, da cui entro il 2015 usciranno circa 6.600 nuovi insegnanti. Presto i test preselettivi, poi  i percorsi di specializzazione ed il relativo numero di posti

Per prendere parte alle selezioni, scrive anche il Redattore sociale, bisognerà versare una quota tra i 90 e i 110 euro: chi sarà ammesso, dovrà poi pagare una tassa tra i 2.400 e i 3 mila euro. Tuttavia l’accesso ai corsi è riservato ai docenti già abilitati, anche di ruolo. Restano fuori quindi tutti gli idonei ai concorsi per l’insegnamento.

“Resta da capire”, sostiene Anief, “per quale motivo il Miur non abbia permesso a tutti gli idonei vincitori del concorso a cattedra di partecipare ai corsi specializzanti nel sostegno: è un’esclusione grave e immotivata, perché questi docenti risultano comunque abilitati, proprio a seguito del superamento delle prove concorsuali scritte e orali. Tanto è vero che con l’assunzione nei ruoli dello Stato acquisiscono in pieno lo status di docenti. Non si comprende proprio perché non possano accedere ai corsi di sostegno”.

Stage con trappola: 2.700 studenti sfruttati da alberghi e ristoranti

da Corriere.it

Stage con trappola: 2.700 studenti sfruttati da alberghi e ristoranti

Sei denunciati nell’indagine della Guardia di Finanza di Bassano: i ragazzi lavoravano a basso costo e in nero dietro lo schermo dell’alternanza scuola-lavoro

di Leonard Berberi

In teoria rientrava tutto nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro. In pratica erano impiegati in maniera abusiva da decine di ristoratori e albergatori, soprattutto nei periodi con il più alto numero di cerimonie (matrimoni, comunioni, cresime). E grazie – secondo l’accusa dei finanzieri – a due società con residenza fittizia all’estero, San Marino e Svizzera. È la sorte di 2.700 studenti, di cui alcuni anche minorenni: tutti lavoratori «in nero» che dovevano essere in cucine e hotel a svolgere attività di praticantato e invece, in molte occasioni, si trovavano a fare anche altro.

60 euro alla settimana

Manodopera a costo basso, bassissimo e per la quale – certificano le Fiamme gialle – «i mediatori si facevano pagare 60 euro alla settimana per ogni studente impiegato in cucine, bar e alberghi». La scoperta è stata fatta dalla Guardia di finanza di Bassano del Grappa con la Direzione territoriale del lavoro di Vicenza: l’operazione, coordinata dal capitano Pietro De Angelis, è stata condotta in tutta Italia e ha fatto venire alla luce anche il suo funzionamento. Dopo l’accordo tra istituti scolastici e aziende – nell’ambito del percorso formativo che prevede «sul campo» diverse ore di praticantato – «si inseriva in modo del tutto illecito» un intermediario che provvedeva, dietro pagamento, a fornire gli studenti a ristoratori e albergatori. «A quel punto non si poteva più parlare di rapporto scuola-lavoro, ma di rapporto di lavoro vero e proprio», spiega De Angelis. Lavoro «in nero», visto che non venivano versati i contributi. Su richiesta le persone coinvolte nell’attività illecita «facevano sottoscrivere a ristoratori e albergatori una “lettera d’incarico” con la quale veniva definito l’impiego, per un periodo determinato, di un numero di studenti occorrenti alle strutture», dietro i già citati 60 euro a settimana per studente. «L’importo veniva poi riportato nelle fatture emesse dalle due società, falsamente residenti all’estero, evadendo però le imposte dirette e l’Iva».

Ragazzi del Sud sfruttati da aziende del Centro-Nord

Le scuole superiori coinvolte (36 in tutto) si trovano in Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Mentre le aziende che richiedevano i ragazzi – un’ottantina circa – sono in Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Toscana, Umbria, Abruzzo, Puglia, Sicilia e Sardegna. Insomma: gli allievi del Meridione andavano soprattutto al Centro e al Nord. I finanzieri hanno denunciato quattro persone (due sono marito e moglie) per somministrazione fraudolenta di manodopera e hanno anche calcolato l’importo dell’Iva evasa (circa 200 mila euro su un milione di importo): per quest’ultimo elemento due delle persone sono state denunciate anche per frode fiscale. In caso di «somministrazione fraudolenta di manodopera – ricorda il capitano De Angelis – è prevista la sanzione pari a 70 euro per giorno d’impiego per studente e considerato che ognuno di loro è stato impiegato in media per quindici giorni, la sanzione potrà arrivare fino a 2,6 milioni di euro».

Stabilità, salta emendamento pd per la sicurezza nelle scuole superiori

da Corriere.it

Stabilità, salta emendamento pd per la sicurezza nelle scuole superiori

Il deputato Mattiello, che voleva estendere lo sblocco del patto di Stabilità alle province: «Un brutta notizia nel giorno dell’anniversario della morte di Vito Scafidi». Ma il governo assicura: ne riparleremo al Senato

di Valentina Santarpia

La proposta è stata rinviata, ma la questione invece è già scoppiata: le scuole delle Province, 5.384 mila istituti superiori sparsi in tutta Italia che raccolgono 2,6 milioni di studenti, non hanno i soldi per la manutenzione. E l’emendamento alla legge di Stabilità, presentato dal deputato pd Davide Mattiello, che avrebbe sbloccato il patto di Stabilità interno alle Province in materia di edilizia scolastica, è stato ritirato ieri in Commissione Bilancio alla Camera. «Nel giorno in cui ricorre la morte di Vito Scafidi, lo studente piemontese rimasto ucciso dal crollo di un soffitto a scuola, è una brutta notizia», commenta Mattiello. «Ancora una volta il Governo ferma un emendamento che estenderebbe anche alle scuole superiori la possibilità di avviare nuovi investimenti in sicurezza e infrastrutture», dichiara il Presidente dell’Upi Alessandro Pastacci. Ma il ritiro è più di forma che di sostanza, visto che la discussione sarà riaffrontata quando la manovra finanziaria arriverà al Senato: «Alla Camera abbiamo affrontato i temi dei Comuni, al Senato porteremo le istanze di Regioni e Province – assicura l’onorevole Maria Coscia, capogruppo Pd in commissione cultura alla Camera -. Non ci arrenderemo, il tema è troppo importante: l’edilizia è la terza voce del bilancio delle Province, con il patto di Stabilità questi enti non riusciranno neanche a portare avanti i progetti già cofinanziati con lo Stato, per il rischio di violare i limiti di bilancio». Anche il sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta, assicura: «Nessuna sottovalutazione di questo tema. Abbiamo solo scelto di affrontare il capitolo delle Regioni e delle Province durante l’iter in Senato».

Cantieri fermi

Ma di quanti soldi parliamo? La stima non è semplicissima, visto che le Province, con il 50% degli edifici che avrebbero bisogno di una seria ristrutturazione (secondo l’ultimo rapporto Legambiente), dovrebbero spendere almeno tre miliardi per rimettere a nuovo ogni liceo e istituto professionale e tecnico di propria competenza. «Si può stimare che ci siano almeno 500 milioni che le Province potrebbero spendere immediatamente», calcola Umberto D’Ottavi, assessore all’istruzione alla Provincia di Torino. «Parliamo di bandi già finanziati dal Cipe, o dall’Inail, di soldi già disponibili, che però le Province per vincoli del patto non possono spendere: da Torino a Milano, sono decine le Province in queste condizioni». E c’è anche chi è già pronto a dare battaglia: Alberto Avetta, presidente pro tempore della Provincia di Torino, ha annunciato proprio durante la commemorazione a Rivoli per la scomparsa di Scafidi, l’intenzione di sforare il Patto di stabilità anche in fatto di edilizia scolastica e non solo per il dissesto idrogeologico, rischiando quindi le multe Ue pur di portare avanti i progetti di risistemazione. «Tragedie come quelle di Rivoli vanno ricordate, ma bisogna svolgere azioni decisive perché non si ripetano», incalza Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione. Ma, per ora, le Province non possono spendere «in deroga». E i cantieri restano fermi.

Scuola, troppo rumore in 2 aule su 3

da Corriere.it

Scuola, troppo rumore in 2 aule su 3

La soluzione: soffitti e pannelli fonoassorbenti riducono i decibel

di Matteo Trebeschi

Il rumore non è soltanto un problema esterno. E non si risolve limitandosi a chiudere le finestre e installando i doppi vetri. In realtà, a incidere sulla didattica è anche l’acustica interna delle classi. Le aule bresciane, in questo senso, sono per due terzi troppo «rumorose». È quello che emerge dallo studio condotto dall’Università di Brescia in una dozzina di scuole della provincia. Certo, il campione va allargato, ma un primo risultato esiste già: è bastato introdurre pannelli fonoassorbenti o controsoffitti per riportare queste classi nei limiti di legge, abbattendo il rumore del 50-70 per cento. Un problema, quella dell’acustica interna alle aule, da sempre sottovalutato.

«In realtà – spiega la coordinatrice dello studio, Anna Marchesini – il rumore costituisce di fatto una barriera architettonica». L’ingegnere, che oggi presenterà i risultati del progetto «De.C.I.So» nella sede dell’Associazione genitori dei Sordi bresciani, sottolinea che il rumore persistente nelle aule crea difficoltà di comprensione non soltanto alle persone che presentano un deficit uditivo. Si pensi, in primis, a tutti gli alunni delle elementari, che sono in fase di apprendimento e possono fare confusione tra parole o consonanti simili. Oppure ai ragazzi ipovedenti, che sfruttano l’udito per orientarsi nello spazio. Senza dimenticare il sempre più crescente numero di stranieri: in un’aula rumorosa chi non è madrelingua deve fare uno sforzo maggiore per capire. Tutti a scuola devono poter distinguere i singoli vocaboli, ma se i rumori persistono troppo a lungo «il rischio – sottolinea Marchesini – è che il suono di una parola venga mascherato dalla coda del vocabolo precedente».

Una sovrapposizione che non solo genera confusione, ma incide anche sul rendimento degli studenti. Infatti, secondo uno studio di riferimento californiano, quando è in corso un compito in classe l’acustica non è un fattore secondario: il miglioramento dell’ambiente sonoro può far crescere i risultati degli studenti anche del 50 per cento. Eppure, nonostante in Italia esista da quarant’anni un limite di legge fissato ad un 1,2 secondi, i tempi di riverberazione – cioè l’intervallo che serve all’energia sonora per diventare così bassa da non essere percepita – sono quasi sempre troppo alti. Al Villaggio Sereno, per esempio, l’aula delle scuole elementari registra un livello pari a 1,76 secondi. Superano la soglia anche le elementari di San Bartolomeo (1,55), diverse aule del complesso scolastico di Chiesanuova (1,4-1,5) e persino un liceo come il Copernico (2,84), con valori che sono il doppio di quello consentito.

Grazie al progetto «De.C.I.So» (Deaf Children: Improvement of Classroom Sound quality) – al quale hanno partecipato anche i giovani ingegneri Cesare Trebeschi ed Edoardo Piana – è stato possibile intervenire per ridurre il problema dei rumori.
Applicando controsoffitti e pannelli fonoassorbenti, forniti da un’azienda svedese del settore alcune aule hanno ridotto notevolmente i tempi di riverberazione.
Alla scuola media Calvino il valore si è dimezzato (0,73), mentre al Copernico è sceso del 73 per cento. Per rimettere in «sicurezza acustica» le nove aule bresciane l’intervento è costato intorno ai 30 euro al metro quadro, ma è intuibile che interventi di più amplia scala potrebbero far calare i prezzi. In tempi di tagli fare investimenti è difficile, nessuno se lo nasconde. Eppure, se il rumore venisse considerato davvero una barriera architettonica, i comuni avrebbero un fondo ad hoc al quale attingere, quello per eliminare le barriere, appunto. Un primo passo, di certo, è stato fatto. E mentre all’estero i valori soglia sono più bassi (in Francia è 0,4 secondi), gli studenti con deficit uditivo pretendono aule meno rumorose. È grazie all’Associazione genitori dei sordi bresciani che la ricerca è partita. Loro, che lottano dal 1985, sono stati i primi a dare l’input a questa ricerca. E ora aspettano una risposta dalle istituzioni.

Sicurezza edifici, tema centrale per il Governo ma non in Parlamento

da La Tecnica della Scuola

Sicurezza edifici, tema centrale per il Governo ma non in Parlamento

Mentre da Rivoli il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone ricorda la morte di Vito Scafidi (“bisogna svolgere azioni decisive perché non si ripetano queste tragedie e per questo abbiamo investito miliardi per riqualificare gli edifici scolastici”), a Montecitorio cade un emendamento alla Legge di Stabilità che avrebbe sbloccato i finanziamenti alle Province: saltano così gli interventi di manutenzione in 5mila istituti scolastici superiori, dove fanno lezione 2 milioni e mezzo di allievi.

22/11/2008 moriva a scuola per il crollo del soffitto, Vito Scafidi. A Rivoli per ricordarlo e confermare impegni del governo sulla scuola“: così ha ‘cinguettato’, con un tweet, il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone nell’anniversario del sesto anno della tragica morte del liceale piemontese mentre era a assistere una lezione con i compagni di classe. Improvvisamente, un controsoffitto venne giù. Dai rilievi dei giorni successivi si scoprì che a far perdere la vita all’allora diciassettenne Scafidi, oltre che a rendere invalidi alcuni suoi compagni, erano stati dei pesanti tubi di ghisa dimenticati proprio nel controsoffitto.

“Tragedie come quelle di Rivoli vanno ricordate, ma bisogna svolgere azioni decisive perché non si ripetano”, ha detto ancora, stavolta a voce, il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, giunto a Rivoli per ricordare la morte di Scafidi.

“Il giorno dell’insediamento di Renzi – ha sottolineato Faraone – il tema dell’edilizia scolastica è stato posto come centrale. E’ stata istituita un’unità di missione e sono stati stanziati miliardi”. La dimostrazione, secondo il sottosegretario, “dell’impegno concreto del governo per la sicurezza nelle scuole. Servono interventi per riqualificare gli edifici – ha concluso – e renderli anche più moderni e adatti alla scuola di oggi”.

Intanto, però, mentre Faraone rilanciava il tema sulla sicurezza negli istituti e la necessità di sbloccare e finanziare gli interventi di manutenzione e di ricostruzione, da Montecitorio arriva la notizia del ritiro dell’emendamento alla Legge di Stabilità che avrebbe sbloccato il patto di stabilità per le Province in materia di edilizia scolastica: il provvedimento avrebbe riguardato circa 5mila istituti scolastici superiori e 2 milioni e mezzo di allievi (quelli che li frequentano), consentendo interventi di manutenzione per le scuole.

“E’ una brutta notizia” commenta il deputato Pd, Davide Mattiello, che ha proposto l’emendamento. “Gli elementi positivi – rileva Mattiello (Pd) – sono tuttavia due: l’emendamento è stato solo ritirato e l’onorevole Maino, capogruppo Pd in commissione Bilancio, lo ha sottoscritto, con ciò rafforzando il sostegno all’emendamento già fatto proprio dalla capogruppo Pd in commissione Cultura, onorevole Coscia”.

Il futuro della modifica della Legge di Stabilità per finanziare interventi negli istituti superiori rimane appeso ad un filo: “credo che solo un intervento del governo possa rimettere in piedi un emendamento ragionevole e necessario”, ha concluso con amarezza l’onorevole proponente dell’emendamento.

3 miliardi ai Pon

da La Tecnica della Scuola

3 miliardi ai Pon

3 miliardi di euro ai “Pon Istruzione 2014-2020”, un miliardo in più rispetto alla programmazione 2007-2013. Le finalità: lotta alla dispersione scolastica, qualificazione dell’offerta tecnica professionale con l’alternanza scuola-lavoro e voucher per studenti brillanti del Sud che vogliono frequentare gli Its del Nord

La notizia la riferisce Il Sole 24 Ore, secondo cui coi nuovi fondi (più consistenti) ci sarebbe la possibilità di far decollare l’alternanza scuola-lavoro arrivando, potenzialmente, a coinvolgere tutti i 200mila studenti iscritti agli ultimi due anni degli istituti tecnici, visto il progetto del governo di voler rendere obbligatoria questa esperienza formativa che lega scuola e impresa ai ragazzi degli ultimi tre anni degli istituti tecnici.

L’annuncio dell’imminente avvio del “Pon Istruzione 2014-2020”, scrive sempre Il Sole 24 Ore, è arrivato ieri a Verona, al «Job&Orienta».

Gli ulteriori fondi dipendono dal fatto che “rispetto ad altri piani operativi, qui le risorse sono sempre state ben gestite e soprattutto spese. I 3 miliardi sbloccati arriveranno a tutte le 20 regioni italiane (non solo a quelle dell’Obiettivo Convergenza, che ne avranno comunque due) e, inoltre, per la prima volta, come accade negli altri principali paesi Ue, ci sarà l’integrazione tra fondi per non sovrapporre la spesa”. In pratica, su una misura confluiranno, come “vasi capillari”, le risorse del Pon Istruzione, la spesa regionale, e altri piani operativi nazionali, piano occupazione, in primis”, ha evidenziato il capo dipartimento per la Programmazione e le risorse umane e finanziarie del Miur.

I fondi 2014-2020, ha aggiunto il capo dipartimento del Miur, “interesseranno 8.730 scuole, 3 milioni di studenti, 250mila docenti e personale scolastico, 200mila adulti. E li spenderemo tutti”.

Per l’Indire i risultati della programmazione 2007-2013, nelle regioni Convergenza, sono stati lusinghieri:  le azioni «Tirocini e stage» e «Impresa simulata» hanno interessato oltre 110mila studenti (15.468 hanno realizzato uno stage all’estero) e sono state circa 8mila le imprese che hanno ospitato i ragazzi.

Il nostro augurio è che se ne faccia buon uso

Alternanza scuola-lavoro: a parole si rilancia, nei fatti si riduce

da La Tecnica della Scuola

Alternanza scuola-lavoro: a parole si rilancia, nei fatti si riduce

 

Ai roboanti annunci del Governo, fa seguito la riduzione di fondi e ore. Pantaleo (Flc-Cgil): per i percorsi annuali si passa da 122 ore del 2012/13 a 97 del 2013/14; se il Governo dice il contrario conferma poca conoscenza. Anche l’Anief fa qualche conto: 15 anni fa si finanziavano gli stage con 5.500 euro a classe, oggi con appena qualche centinaia di euro.

Sull’alternanza scuola-lavoro si continuano a spendere tante parole, promesse e numeri. Ma i fatti, gli investimenti reali, rimangono solo sulla carta. A sostenerlo sono i sindacati della scuola, che rispondono così agli annunci dei giorni scorsi sulla necessità di rilanciare le attività di stage degli studenti delle superiori nelle aziende. Ma anche sugli incoraggianti dati del monitoraggio relativo all’anno scolastico 2013-2014, in particolari i confortanti i numeri elaborati dall’Indire (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa) per conto del Miur e presentati  al Job&Orienta di Verona.

Per il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, questi numeri sono solo “un maldestro tentativo di rispondere alle accuse di chi ha messo in rilievo nelle scorse settimane la stridente contraddizione tra le roboanti parole del governo sull’importanza del rapporto tra scuola e mondo del lavoro e le pesanti riduzioni delle risorse dedicate all’alternanza”:

“Il primo elemento evidente – a detta del sindacalista – è la forte riduzione della durata media annuale espressa in ore dei percorsi in alternanza”. Infatti, sottolinea, “per i percorsi annuali si passa dalla media di 122,4 ore dell’anno scolastico 2012/13, a 97,8 ore del 2013/14; per i percorsi biennali da 105,8 ore del 2012/13 a 91,2 per il 2013/14; per i percorsi triennali da 98,2 ore dell’anno 2012/13 a 90,6. Inoltre, solo per i percorsi quadriennali che rappresentano una piccolissima percentuale del totale, si ha un aumento da 85,4 a 90,2 ore”.

Se questi dati vengono collegati “con la pesante riduzione del numero dei percorsi, da 11.600 a 10.279, il quadro che ne viene fuori – prosegue Pantaleo – è chiarissimo: il peso dell’alternanza si sta riducendo sensibilmente nell’ambito del curricolo della secondaria di II grado. Interessante notare come nonostante il Piano del governo restringa il campo dell’alternanza solo ai percorsi tecnici e professionali, i licei continuino ad attivare tali percorsi, con un trend, peraltro, Eppure nei giorni scorsi, il sottosegretario Gabriele Toccafondi aveva dichiarato che ‘cresce la consapevolezza dell’importanza dei percorsi di alternanza per avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro’. Queste parole, conclude Pantaleo, sono “disarmanti e allarmanti per il livello assai debole di conoscenza e di governo dei processi in atto”.

Qualche giorno fa, sullo stesso tema è intervenuto anche l’Anief, secondo cui “sull’importanza formativa delle esperienze degli studenti in azienda, il Governo continua a predicare bene ma a razzolare sempre peggio” visto che “per l’anno scolastico in corso le risorse destinate all’alternanza scuola-lavoro – per lo svolgimento degli stage degli allievi iscritti al terzo, quarto e quinto anno degli istituti superiori tecnici e professionali – sono state ridotte drasticamente, passando da circa 20,5 milioni dell’anno scorso agli attuali 11.

Sempre secondo l’Anief, “si tratta di cifre davvero esigue, ormai quasi simboliche, visto che dovranno essere ripartite tra i circa 2mila istituti scolastici superiori interessati. Ogni scuola superiore riceverà, in media, 5.500 euro. Se si dividerà questo finanziamento per le varie classi terze, quarte e quinte di ogni istituto, ne consegue che ad ognuna arriverà appena qualche centinaio di euro”.

“Viene da chiedersi – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – se il Governo è a conoscenza di questa situazione: perché la discrasia tra il dire e il fare da parte di chi amministra lo Stato e la scuola pubblica italiana è troppo grande per essere vera. Basta dire che i 5mila euro che verranno assegnati nel 2015 ad ogni scuola superiore per le attività di alternanza, sono quelli che 15 anni fa venivano assegnate ad ogni classe interessata alle stesse attività di collegamento scuola-lavoro. Invece di pensare seriamente di elevare l’obbligo formativo a 18 anni, come aveva proposto saggiamente nel 1999 l’allora Ministro Luigi Berlinguer – conclude Pacifico –, oggi al Miur l’operazione che meglio riesce è quella dei tagli”.

Organico funzionale: la montagna partorisce il topolino

da La Tecnica della Scuola

Organico funzionale: la montagna partorisce il topolino

L’organico funzionale rischia di restare un bello slogan. Secondo il deputato PD Umberto D’Ottavio in Piemonte dovrebbe essere formato da meno di 300 docenti, all’incirca uno per ogni circolo didattico o istituto comprensivo. In tal caso non ci sarebbe nessun beneficio reale sotto l’aspetto organizzativo.

In materia di organico funzionale tutto procede come avevamo già previsto da tempo: difficile che l’organico funzionale possa davvero servire a trasformare la scuola italiana, in assenza di un investimento consistente di risorse. La conferma arriva dalle dichiarazioni rilasciate alla quotidiano La Stampa dal deputato Umberto D’Ottavio (Commissione Cultura): secondo le anticipazioni fornite dal parlamentare torinese in Piemonte dovrebbero arrivare circa 5mila assnuzioni (il 7% del totale nazionale); di queste, poco meno di 300 riguarderebbero l’organico funzionale.
Facendo un calcolo proporzionale l’organico funzionale a livello nazionale dovrebbe quindi ammontare a meno di 5mila posti, numero ben lontano dalle decine di migliaia di cui si favoleggia nel Documento sulla Buona Scuola.
D’altra parte che un organico funzionale di 300 insegnanti sia del tutto inadeguato per la scuola piemontese è molto evidente se si pensa che le Istituzioni scolastiche dell’intera regione sono più di 600.
E se anche i 300 posti riguardassero solo pimaria e infanzia basterebbero appena per assegnare un docente ad ogni circolo didattico o istituto comprensivo.
Come si possa pensare di azzerare le spese delle supplenze con un docente in più per ogni direzione didattica resta un mistero e forse non sarebbe male se dal Minstero iniziassero a fornire qualche spiegazioni (ammesso che negli uffici di Viale Trastevere stiano pensando seriamente alla questione).
Ma i problemi non si fermano qui: D’Ottavio fa anche osservare che nella scuola secondaria l’organico funzionale non può riguardare la singola scuola ma deve necessariamente avere una dimensione territoriale piuttosto ampia ed essere prefigurato a livello di rete.
Assegnare ad una singola scuola un insegnante in più di matematica, per esempio, servirebbe a poco perchè per attribuire supplenze in  tutte le altre discipline bisognerebbe continuare a ricorrere alle graduatorie di istituto.
Insomma, sta finalmente emergendo quello che la nostra testata ha sostenuto fin dal’inizio: l’organico funzionale è certamente una bella idea, ma se non è adeguatamente finanziato rischia di rimanere un semplice slogan.

Il Miur dovrà rispondere sulle ambigue applicazioni del contratto di mobilità

da La Tecnica della Scuola

Il Miur dovrà rispondere sulle ambigue applicazioni del contratto di mobilità

Sulla diatriba sindacati/Miur apertasi presso l’Ufficio dell’ambito territoriale di Reggio Calabria alcuni deputati di SEL hanno presentato una interrogazione parlamentare. Adesso si attende la risposta del Ministro.

La nostra testata lo aveva evidenziato già questa estate, che all’Atp di Reggio Calabria si applicava il contratto sulla mobilità in modo difforme da come lo applicano tantissimi altri ambiti territoriali italiani. Eppure l’amministrazione reggina ha fatto spallucce, e non ha voluto affrontare realmente e seriamente il problema sollevato dalla Flc Cgil locale e da tutti gli altri sindacati.
Adesso la diatriba tra sindacati e Atp di Reggio Calabria, su come dovrebbero essere applicate alcune norme contrattuali sulla mobilità, sulle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, è stata portata, attraverso un’interrogazione parlamentare a risposta scritta, al Miur. A presentare questa interrogazione è stata l’On. Celeste Costantino di Sel e i firmatari sono i deputati Fratoianni Nicola, Giordano Giancarlo e Scotto Arturo. In questa interrogazione si chiede la Miur di dire se è corretto che l’ATP di Reggio Calabria non conceda la continuità del servizio per ogni anno scolastico, applicando la nota 5 bis del CCNI del 26 febbraio 2014, ai docenti perdenti posto che si muovono d’ufficio o a domanda condizionata.
Infatti l’Amministrazione dell’ufficio scolastico provinciale di Reggio Calabria sostiene che per fruire della continuità di servizio, anche per i perdenti posto che sono obbligati a presentare, loro malgrado, la domanda di mobilità condizionata, serva una continuità di servizio nella stessa scuola di oltre tre anni e non può essere riconosciuto il punteggio per ogni anno scolastico di servizio. Non si capisce allora dove verrebbe applicata, secondo questo ATP, la nota 5 bis e la relativa tabella C. Inoltre si chiede al Miur di spiegare come mai l’ATP in questione, per i docenti DOS che hanno assegnata la sede annuale durante le utilizzazioni, viene conteggiato il punteggio di ricongiungimento al coniuge nella sede di residenza. Per esempio a Catania, l’ufficio scolastico non assegna alcun ricongiungimento al coniuge per i Dos, come d’altra parte fanno tantissimi altri Atp in Italia. Chi applica correttamente il contratto di mobilità in questo frangente? Reggio Calabria  o Catania? E poi come mai l’ATP calabrese per i figli referenti unici che assistono il genitore in stato di gravità, e che sono anche gli unici figli conviventi con il malato, non concede l’applicazione della precedenza in fase di assegnazione provvisoria  ai sensi dell’art.33 della legge 104?
Anche questo dovrà chiarire per iscritto il Miur. Speriamo di ricevere tali risposte per comprendere le ragioni dei sindacati ma anche quella dell’Atp, che sicuramente avrà avuto le sue buone ragioni per applicare in un certo modo le norme contrattuali, anche se ciò ha comportato forti penalizzazioni per alcuni docenti.

RIVOLUZIONE SCUOLA: Valori Spazi Metodi

RIVOLUZIONE SCUOLA: Valori Spazi Metodi, questo il titolo del Convegno organizzato dal FAI REGIONALE VENETO e dall’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI PADOVA Giovedi 27 novembre 2014 in Sala Conferenze della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Piazza Duomo, 15 Padova.

Comunicato stampa

Rivoluzione a scuola. Ce n’è davvero bisogno? E se sì da dove cominciare?
Il tradizionale “strumento-scuola” é ancora adatto in un mondo che ha subito radicali trasformazioni sociali e tecnologiche?

Queste ed altre domande si porrà Il Convegno – sollecitato dal saggio di Corrado Poli “Rivoluzione a Scuola”, che ha ispirato per certi aspetti anche l’azione dell’attuale governo – dal titolo RIVOLUZIONE SCUOLA: Valori Spazi Metodi, organizzato dal FAI REGIONALE VENETO e dall’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI PADOVA giovedì 27 novembre 2014 In Sala Conferenze della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Piazza Duomo, 15 Padova dalle ore 09,30 alle ore 16,00, cui seguirà un dibattito aperto tra i convenuti ed i relatori

Il piano di edilizia scolastica del Governo Renzi, che coinvolgerà complessivamente 21.230 interventi per investimenti pari a 1.094.000.000 di euro, è composto da tre principali filoni: scuole nuove – costruzione di nuovi edifici scolastici o di rilevanti manutenzioni, scuole sicure – interventi di messa in sicurezza, scuole belle – opere di decoro e piccola manutenzione.

Certo è meritevole questa nuova volontà di investire risorse nella scuola, ma partendo da questo rinnovato impegno si discuterà in modo più ampio e complesso sui valori, gli spazi ed i metodi, mettendo a confronto le opinioni di urbanisti, architetti e pedagoghi, che affronteranno il tema in modo originale e in forma ampia e compiuta.

La scuola di un secolo fa fu progettata attorno ai concetti guida del diritto allo studio, dell’obbligatorietà scolastica, della standardizzazione del sapere e, di conseguenza, del valore legale del titolo di studio garantito dallo Stato nazionale.
Nell’attuale società, sono ancora attuali questi concetti o andrebbero ripensati e ridefiniti radicalmente?
La standardizzazione del sapere, necessaria all’integrazione nazionale e alla modernizzazione, è ancora prioritaria rispetto all’innovazione, alla creatività e alla differenziazione sia di metodi didattici, sia di contenuti?
In che modo la scuola favorisce il passaggio dalla società moderna di massa a una società dove convivono diversi stili di vita?

Dalle risposte a queste domande emergeranno gli indirizzi progettuali per i seguenti tre aspetti della politica scolastica che hanno ricadute dirette sulla società, il territorio e le costruzioni.

Con il convegno si intende aprire una riflessione sul ruolo che la scuola gioca in tutta la società, ivi compresa la costruzione degli edifici, l’urbanistica e la formazione del territorio.

Si affronteranno sia gli aspetti pedagogici e organizzativi, sia le problematiche relative ai luoghi della scuola, dagli edifici alla collocazione sul territorio.

La collaborazione tra geografi, architetti, pedagogisti, urbanisti, sociologi ed esperti di politiche urbane, consentirà di affrontare in modo comprensivo la questione dell’istruzione/educazione che nel mondo occidentale coinvolge tutti i cittadini per lunghi periodi della vita e ogni giorno riguarda direttamente almeno il 15% delle popolazioni.

Parteciperanno portando le loro esperienze e i loro contributi specialistici:
Corrado Poli                         geografo-saggista, direttore scientifico del Master in Sustainable Urban Management, IULM di Milano
Luigi Cerantola                    letterato, già docente di letteratura italiana all’Imperiale Accademia di Tokio
Laura Pezzetti                      architetto, docente Politecnico di Milano
Leonardo Ciacci                   architetto urbanista, docente IUAV
Georg W. Reinberg              architetto, docente Vienna Technical University
Vanna Iori                             pedagoga, docente Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Coordinerà il dibattito Giulio Muratori delegato FAI e Consigliere dell’Ordine

La peculiarità del Convegno starà nel collegare gli aspetti psico-pedagogici con le strutture materiali, di conseguenza si penserà alla scuola come a un elemento fondamentale nella formazione della città e del territorio.

La scuola potrà ridiventare centrale nel processo di formazione della società riproponendosi in termini di riferimento formale e sociale, dovrà diventare il vero fulcro dei quartieri, con grande valore estetico aperta tutta la giornata, con funzioni anche di tipo sociale e aggregativo, sino a diventare elemento simbolico in grado di ridare un’identità autonoma alle varie parti della città, il tutto inserito in aree verdi con impianti sportivi di base, perché la creazione della cultura è senza dubbio favorita se avremo dei cittadini sani grazie all’attività motoria.

Miur, crescono gli istituti tecnici coinvolti nell’alternanza scuola-lavoro

da La Stampa

Miur, crescono gli istituti tecnici coinvolti nell’alternanza scuola-lavoro

Nell’anno scolastico 2013/2014 ha partecipato il 10,7% degli studenti. I dati elaborati dall’Indire
roma

Nell’anno scolastico 2013/2014 il 43,5% delle scuole secondarie di II grado ha utilizzato l’alternanza scuola-lavoro come metodologia didattica. I percorsi attivati sono stati 10.279, 210.506 gli studenti partecipanti (il 10,7% del totale), 126.003 le strutture ospitanti (con un +21,6% di imprese coinvolte).

 

Sono i numeri elaborati dall’Indire (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa) per conto del Miur presentati al Job&Orienta di Verona. I dati riguardano l’anno scolastico passato, che ha visto una flessione dei percorsi totali attivati (erano 11.600 nel 2012/2013), ma un’incidenza maggiore di questa esperienza fra i ragazzi: ha partecipato il 10,7% della popolazione scolastica interessata a fronte dell’8,7% dell’anno precedente.

 

Dei 2.361 istituti in alternanza nel 2013/2014 il 43,4% erano professionali, il 37,3% tecnici, il 13,3% licei. Mentre dei 10.279 percorsi totali il 57,9% è stato attivato negli istituti professionali, il 29,7% nei tecnici, l’11,9% nei licei.

 

La maggior parte dei percorsi (2.836) viene svolta in Lombardia, seguono Toscana (1.302), Veneto (919), Lazio (711). I percorsi negli istituti tecnici e nei licei sono aumentati rispettivamente del 19,6% e del 35,4%. In 375 esperienze di alternanza sono stati previsti anche stage all’estero.

 

«L’incremento delle attività di alternanza scuola-lavoro nei licei – commenta il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi – è una buona notizia. Stanno cadendo alcuni pregiudizi che in passato hanno bloccato questo tipo di esperienze in determinati percorsi di studio. Cresce la consapevolezza dell’importanza dei percorsi di alternanza per avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro. Ora, con la Buona Scuola, dobbiamo far crescere queste esperienze rendendole più accessibili agli studenti a partire dagli istituti tecnici. Anche attraverso un coinvolgimento sempre più forte delle imprese».

Chimienti: “Assumere a costo zero non piace al governo”

da La Tecnica della Scuola

Chimienti: “Assumere a costo zero non piace al governo”

In che modo e con quali motivazioni sono stati bocciati gli emendamenti alle Legge di stabilità proposti dal M5S? Abbiamo rivolto qualche domanda alla parlamentare Silvia Chimienti per tentare di capire quale logica è sottesa a certe bocciature, in particolare di proposte a costo zero.

Chimienti, quali spiegazioni hanno accompagnato la solenne bocciatura dei due emendamenti da voi presentati a proposito delle assunzioni dalla graduatorie d’istituto?

Dunque le motivazioni all’inizio sono state molto confuse, il governo non sapeva come giustificare il parere contrario. Hanno detto che l’emendamento che prevedeva dal 2016 di coprire le cessazioni dal servizio con assunzioni di precari di II fascia aveva un costo, cosa ovviamente non vera.

La logica sbandierata è stata dunque quella del risparmio. Come avete replicato a tale risposta?

Abbiamo sottolineato come semmai sono i nuovi concorsi che prevederanno nuovi oneri per lo stato. Siccome abbiamo fatto notare che l’emendamento era a costo zero e non era stato considerato inammissibile per carenza di copertura, ci hanno detto che non era la sede opportuna per presentarlo e che andava presentato nei successivi decreti che attueranno la buona Scuola.

Ha una ratio questo discorso?

Ovviamente anche questo è un controsenso perché l’emendamento non era inammissibile per materia. Il motivo reale è stato prettamente politico: Renzi vuole procedere al nuovo concorso nel 2015 e non vuole riconoscere il merito e la professionalità di personale già formato e abilitato dallo stato, o con anni di servizio alle spalle.

Si può allora immaginare cosa abbiano detto degli emendamenti onerosi…

Gli emendamenti onerosi, sulle classi pollaio e sul piano straordinario di assunzioni sono stati respinti perché la copertura non piaceva al governo e perché non si ha intenzione di investire veramente sulla scuola. Non si ha intenzione di investire veramente sulla scuola, conclude l’on. Chimienti. E questo il governo Renzi lo sta dimostrando, a quanto pare, ampiamente.

L’altra faccia dell’alternanza scuola lavoro: lo sfruttamento degli studenti

da La Tecnica della Scuola

L’altra faccia dell’alternanza scuola lavoro: lo sfruttamento degli studenti

 

Nel vicentino, 2.700 iscritti nelle scuole alberghiere, alcuni minorenni, sarebbero stati irregolarmente impiegati in alberghi e ristoranti, sfruttando le esperienze di tirocinio scolastico, previste dai programmi di studi: ad escogitare il sistema due società fittiziamente residenti all’estero. Prodotta un’evasione fiscale per un milione di euro.

Non sempre le esperienze di stage e di alternanza scuola-lavoro sono convogliate verso la crescita professionale degli studenti che li frequentano. Ogni tanto si scopre che i datori di lavoro approfittano della presenza di giovani volenterosi per avviare forza-lavoro a costi irrisori.

Sembra essere andata così anche per 2.700 studenti, alcuni minorenni, di scuole alberghiere, i quali sarebbero stati irregolarmente impiegati in alberghi e ristoranti, sfruttando la formula dell’alternanza scuola-lavoro prevista dai programmi di studi. A creare il meccanismo di sfruttamente sarebbero state due società fittiziamente residenti all’estero: avrebbero prodotto un’evasione fiscale per un milione di euro.

Le pesanti accuse sarebbero emerse da una indagine su scala nazionale della Guardia di Finanza di Bassano del Grappa (Vicenza) che ha denunciato quattro persone per somministrazione fraudolenta di manodopera e altre due per frode fiscale. Le due società – con residenza fittizia a San Marino e in Svizzera, i cui titolari sono residenti nel bassanese, avrebbero violato le normative vigenti (che prevedono un rapporto diretto tra scuole e strutture di ristorazione e alberghiere), interponendosi illecitamente tra gli stessi istituti scolastici di Sicilia, Calabria, Puglia, Campania e Lazio, e ristoranti e alberghi di Trentino A.A., Veneto, Puglia, Sicilia, Umbria, Abruzzo, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Sardegna.

I finanzieri – unitamente alla Direzione Territoriale del Lavoro di Vicenza, sotto il coordinamento della magistratura berica – hanno accertato un’evasione di un milione di euro e di altri 200 mila all’iva. Per la somministrazione fraudolenta di manodopera è prevista la sanzione pari a 70 euro per giorno d’impiego per studente e, considerato che ciascun studente è stato impiegato in media per quindici giorni, la sanzione potrà arrivare sino ad un massimo di 2,6 milioni.

Gli indagati, su richiesta dei ristoratori e albergatori, facevano sottoscrivere agli studenti una “lettera di incarico”, con la quale veniva definito l’impiego, per un periodo determinato, di un numero di studenti occorrenti alle strutture di ristorazione e alberghiere, al costo di 60 euro per studente a settimana lavorativa.

“Per i finanzieri – scrive l’Ansa – si sarebbe così consentito ai ristoratori e albergatori di impiegare per le proprie necessità (soprattutto nei periodi di maggiore concentrazione di cerimonie) una forza lavoro a basso costo, senza oneri contributivi, con la conseguente illecita concorrenza a danno degli altri operatori del settore. Si sarebbe permesso, inoltre, alle due società di esercitare l’intermediazione abusiva di manodopera, ricavando ingenti guadagni sottratti completamente al fisco e avrebbe comportato, a volte, per gli studenti un’esperienza scolastica in laboratori esterni con profili non propriamente specialistici”.

Ebola, i medici di famiglia nelle scuole per evitare la psicosi

da La Tecnica della Scuola

Ebola, i medici di famiglia nelle scuole per evitare la psicosi

Forniranno informazioni corrette, prevendendo i tam tam negativi spesso privi di totale fondamento, oltre che per insegnare a gestire eventuali casi di contagio da virus. L’iniziativa lanciata dalla Fimmg.

La psicosi e i falsi allarmi sul virus dell’ebola rischiano di espandersi a macchia d’olio. Per evitarlo, i medici di famiglia hanno deciso di recarsi nelle scuole: per fornire informazioni corrette, prevendendo i tam tam negativi spesso privi di totale fondamento, ma anche per insegnare a gestire eventuali casi di contagio da virus.

L’iniziativa è stata lanciata dalla Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), anche per far fronte alla carenza di informazioni che si registra in molte Asl e, di conseguenza, tra i cittadini.

“Molte aziende sanitarie sono in ritardo nel formare i medici, definire le procedure organizzative da utilizzare in caso di contagio, nella divulgazione dei protocolli ministeriali e nella distribuzione dei dispositivi di sicurezza, come tute, mascherine, guanti”, spiega Tommasa Maio, responsabile del progetto per la Fimmg. Da qui la necessità di provvedere a colmare le lacune con una serie di iniziative espressamente dedicate al ‘primo anello di comunicazione’ tra il cittadino e il Servizio Sanitario Nazionale.

Il primo seminario di formazione, che si è tenuto il 21 novembre, in occasione del III Congresso nazionale della Corte di giustizia popolare per il diritto alla salute in corso a Rimini, spiega Giacomo Milillo, segretario Fimmg, “ha visto il tutto esaurito, a dimostrazione del fatto che i medici hanno bisogno di maggiori informazioni sul tema. Seguiranno un corso di formazione a distanza gratuito e disponibile anche per i non iscritti alla Fimmg, un vademecum elettronico scaricabile da internet e poster da affiggere negli studi dei medici di famiglia”.

Tutte informazioni che devono necessariamente essere trasmesse alla cittadinanza. A partire da quella che popola le nostre scuole.

Scuola in chiaro a.s. 2014/2015: al via la fase di aggiornamento

da La Tecnica della Scuola

Scuola in chiaro a.s. 2014/2015: al via la fase di aggiornamento

L.L.

Dal 24 novembre sarà disponibile una specifica applicazione sul SIDI per consentire alle scuole di verificare la completezza, la correttezza e l’attualità delle informazioni caricate in automatico dal Miur, e per eventualmente inserire le informazioni e/o i documenti assenti

Considerata l’importanza di “Scuola in chiaro”, soprattutto in occasione delle iscrizioni on-line per orientare le famiglie nella scelta della scuola e del percorso di studi, il Miur invita le scuole ad aggiornare puntualmente le informazioni presenti sull’applicativo.

Secondo quanto indicato con nota prot. n. 3159 del 21 novembre 2014, il Ministero ha provveduto a rendere sempre disponibili le funzioni dedicate alle scuole per il caricamento delle informazioni di loro esclusiva conoscenza (didattica, servizi offerti, strutture, ecc.).

In attesa di un restyling grafico e funzionale, le scuole potranno comunque procedere all’aggiornamento delle informazioni presenti sull’attuale applicazione e potranno farlo dal 24 novembre, data dalla quale sarà disponibile una specifica applicazione (SIDI, Area Rilevazioni – Scuola in chiaro) per consentire alle scuole di verificare la completezza, la correttezza e l’attualità delle informazioni, procedendo eventualmente ad inserire le informazioni e/o i documenti assenti.

Le scuole secondarie di II grado dovranno, in particolare, procedere all’aggiornamento degli indirizzi di studio che, eventualmente, si intendono attivare per l’anno scolastico successivo (e per i quali si è chiesta esplicita autorizzazione), in aggiunta a quelli già esistenti che il sistema carica in automatico. L’aggiornamento può essere effettuato attraverso l’apposita funzione “Offerta formativa” disponibile nella predetta Area Rilevazioni – Scuola in chiaro.