Per ora e ancora didattica a distanza

di Francesco G. Nuzzaci

Un’ondata di critiche ha sommerso il Comitato tecnico-scientifico (CTS), istituito dalla Presidenza del Consiglio, per l’inopinata decisione assunta nell’antivigilia di Ferragosto – provvisoriamente  mascherine chirurgiche dove non sarà possibile il distanziamento, se mai si riuscisse a realizzarlo – per un sempre più complicato avvio dell’imminente nuovo anno scolastico in presenza.

Si segnala, in particolare, la reazione inviperita dell’ostentato più rappresentativo dei sindacati, che invita i dirigenti scolastici a mettersi in ferie, a questo punto non essendo più loro compito quello di sbrogliare una matassa divenuta intricatissima.

Una vera e propria chiamata alla diserzione di massa e nel momento più delicato. Che però non ci sarà, per il comprovato coriaceo spirito di servizio della categoria, indipendentemente dalla consapevolezza che non sarebbe compresa dall’opinione pubblica, in primis dalle famiglie oramai in piena crisi di nervi, e senza bisogno di andare a leggere ciò che è scritto nel proprio contratto collettivo nazionale di lavoro: che il dirigente scolastico soggiace a una specifica responsabilità nel programmare, organizzare e comunicare le ferie tenendo conto delle esigenze di servizio a lui affidato, coordinandosi con quelle generali della struttura di appartenenza, comunque provvedendo affinché sia assicurata, nel periodo di sua assenza, anche mediante delega di funzioni nel rispetto della vigente normativa, la continuità delle attività ordinarie e straordinarie.

Proverà, il sorpreso Comitato, a raddrizzare la barra nella nuova riunione del 19 prossimo, presumibilmente avvalendosi del soccorso offerto dalla lussureggiante lingua italiana e predisposta per gli eleganti eufemismi, non volendo – sembra –   privare  di un paracadute un’Amministrazione fin qui ondivaga se non inconcludente, con la sua ministra ossessionata dalla compulsiva ricerca della diuturna massima visibilità mediatica, arricchita dalle passerelle effettuate nei diciotto uffici scolastici regionali – con i telegrafici interventi dei selezionati interlocutori istituzionali – a spargere a piene mani la retorica dei buoni sentimenti.

Ma se, adempiendo al proprio compito professionale, coniugherà la scienza con il buon senso, dovrebbe suggerire l’unica soluzione al momento realistica, vale a dire la didattica a distanza: sempreché si stimi prevalente il diritto alla salute, degli studenti e non meno del personale – dirigenti, docenti e Ata –  abbondantemente over cinquanta e quindi potenzialmente tutti soggetti fragili.

Evidenze inoppugnabili nei paesi che hanno riaperto le scuole testimoniano un’inequivoca recrudescenza pandemica, esse costituendo inevitabilmente i più attivi focolai d’infezione, che direttamente coinvolgono oltre la metà della loro popolazione. Certamente gli scienziati sono concordi nel ritenere che il ritorno in presenza dovrebbe congiuntamente assicurare, quale misura precauzionale ineludibile, le mascherine per coprire costantemente bocca e naso, fino a otto ore al giorno nel tempo pieno, il rigoroso distanziamento tra le rime buccali (oltre l’igienizzazione e l’areazione continua dei locali) e soprattutto il costante controllo che ne imponga il rispetto: cosa però impossibile, se si hanno i piedi per terra, con i venti-venticinque bambini o i venticinque-trenta adolescenti affidati a un docente, siano o meno sostituiti i tradizionali banchi con i preannunciati, e costosi, monopattini se e quando arriveranno, collocati o meno in aule anguste o spaziose, ovvero nei fantasiosi e tuttora languenti contenitori alternativi che dovrebbero fornire, attrezzandoli, gli enti locali o l’evanescente privato sociale, altresì sollecitati a sottoscrivere con le istituzioni scolastiche patti educativi di comunità per lo svolgimento di attività integrative o alternative alla didattica: ludico-ricreative, di approfondimento culturale, artistico, coreutico, musicale, motorio-sportivo… e quant’altro elencando.

A tacere – e sono invano trascorsi sei sterili mesi dalla chiusura delle scuole – dell’irrisolto problema a monte: quello dei mezzi di trasporto pubblico in condizioni di sicurezza, dato che a scuola non tutti ci arrivano in bicicletta o a piedi.

I corposi finanziamenti sin qui erogati, resi da ultimo più generosi dal decreto legge del 14 agosto, potranno abbondantemente garantire in via prioritaria e gratuitamente la dotazione all’intera utenza di appropriati device ed efficienti collegamenti internet, insieme al necessario supporto tecnico ai docenti deficitari nelle competenze informatiche e a un sostegno ai genitori nell’obbligato affidamento dei figli a personale e strutture idonei quando sono al lavoro.

E senza più cincischiare dovrà attivarsi una sequenza contrattuale che per l’inizio dell’anno scolastico abbia definito e disciplinato la didattica a distanza per renderla esigibile in termini di precisi diritti e obblighi connessi al rapporto lavorativo, sottraendola a un improvvisato fai-da-te: sia nel suo impiego esclusivo, sia quando dovrà integrarsi – si auspica il prima possibile –  con la didattica in presenza.

Non è cosa di poco momento e di tempo se n’è perso, colpevolmente, a iosa. Perché, in parziale analogia con il lavoro agile cui fa riferimento il CCNL Scuola 2006-2009:

1. va anzitutto definito un progetto con gl’inerenti obiettivi assegnati;

2. la postazione di lavoro deve essere messa a disposizione del dipendente, installata e collaudata a spese dell’istituzione scolastica, inclusi i costi di manutenzione e di gestione, congiuntamente all’attuazione della normativa sulla sicurezza (e sugli infortuni sul lavoro, sulle malattie professionali, sulla tutela della salute in genere), con piattaforme affidabili anche a protezione della privacy, in ordine alla quale ultima si devono stilare dei protocolli sì da non rimettere le responsabilità in via esclusiva al singolo docente e ai dirigenti scolastici;

3. l’orario di lavoro deve essere distribuito nell’arco della giornata a discrezione del dipendente in ragione dell’attività da svolgere e con diritto alla disconnessione, fermo restando che questi deve tenersi  disponibile per comunicazioni di servizio secondo convenute modalità;

4. per effetto dell’autonoma  distribuzione del tempo di lavoro non sono in radice configurabili prestazioni supplementari, straordinarie, notturne o festive, né permessi brevi o altri istituti che importino riduzioni di orario;

5. devono essere garantite specifiche iniziative di formazione;

6. vanno sottoscritte a favore del lavoratore polizze assicurative per la copertura dei rischi concernenti i danni alle attrezzature telematiche in dotazione, con esclusione di quelli derivanti da dolo o colpa grave, e i danni a cose o persone, compresi i familiari del lavoratore, rivenienti dall’uso delle stesse attrezzature; 

7. occorre procedere alla verifica delle condizioni di lavoro e dell’idoneità dell’ambiente in cui è effettuato all’inizio dell’attività e periodicamente, concordando con l’interessato i tempi e le modalità di accesso nel suo domicilio.

In disparte anche le sicure modifiche  sulle ferie, sui permessi, sui congedi et alia, dirimenti appaiono i punti 1 e 3, d’impostazione e di erogazione della didattica secondo la logica del progetto e della libera organizzazione del lavoro: che pongono al centro il ragionare – e operare – per obiettivi,  cui conseguono l’autonomia e la responsabilità di una tipica obbligazione di risultato, oggetto di puntuale rendicontazione, a differenza delle obbligazioni di mezzi dei liberi professionisti ma anche dei molto più garantiti ruoli impiegatizi.

Dirimenti, perché – allo stato, nonostante le stucchevoli giaculatorie sulla magnifica e salvifica autonomia scolastica – strutturalmente incompatibili con le rigidità, e le ritualità, di sistema.