Decreto Carrozza, svolta decisionista

da TuttoscuolaFOCUS

Decreto Carrozza, svolta decisionista

Tanto tuonò che piovve, dice il Manzoni dei ‘Promessi sposi’. E’ stato così anche per il decreto scuola, più volte annunciato nelle scorse settimane come punto di svolta rispetto alle politiche riduzioniste degli ultimi governi, a partire almeno dal 2007?

Sì e no. Sì perché dal punto di vista finanziario, sia pure per un ammontare limitato (400 milioni), questa volta per l’istruzione il segno è stato positivo: si dà e non si toglie. No perché il provvedimento nel suo complesso non esprime una strategia di ampio respiro, ma è costituito da una serie di interventi, molti dei quali apprezzabili, la cui fattibilità ed efficacia dovranno però essere dimostrate nei fatti.

Proprio il fatto che si investa il piccolo “tesoretto” a disposizione su tanti fronti fa sì che per quasi nessuno l’intervento sia risolutivo. Però questo potrebbe avere il senso di un’inversione di tendenza a 180 gradi. Una ripartenza, come suggerito dallo slogan scelto nel comunicato stampa del Miur.

Così il tratto distintivo del decreto Carrozza è ravvisabile più nel metodo impiegato – decisionista e per alcuni versi neocentralista – che nel merito delle misure assunte. Decisionismo esibito in particolare su questioni che riguardano il personale, e che hanno subito suscitato riserve e proteste dei sindacati. La Flc Cgil critica la “propensione ad invadere, per legge, il campo contrattuale”. Entra nel merito la Uil scuola, che mette sotto accusa l’art. 16 (‘Formazione del personale scolastico’) che prevede interventi formativi obbligatori per gli insegnanti i cui alunni ottengano cattivi risultati nelle rilevazioni Invalsi e Ocse-Pisa. “Scherziamo?” è la battuta di Di Menna, segretario del sindacato.

Protesta anche l’ANP, il cui presidente Giorgio Rembado teme che l’affidamento dei futuri concorsi a dirigente scolastico alla Scuola Nazionale della Pubblica Amministrazione possa privilegiare le competenze giuridico-amministrative dei capi di istituto a scapito di quelle legate alla promozione delle risorse umane.

In questa direzione sembrerebbe andare la norma che stabilisce che i dirigenti scolastici siano chiamati a vigilare sul rispetto dei tetti di spesa per i libri di testo e a non dare esecuzione alle decisioni del Collegio che li superano: se lo facessero incorrerebbero in sanzioni per “illecito disciplinare” (art. 6, comma 1). Echi di un neocentralismo burocratico o interventi efficaci per dare concretezza alle misure evitando che restino, come tante volte in passato, proclami non applicati?