Richiesta del certificato del casellario giudiziale da parte delle Scuole

Sen. Stefania Giannini
Ministro Istruzione, Università e Ricerca
On. Andrea Orlando
Ministro per la Giustizia
On. Maria Anna Madia
Ministro per la Semplificazione e la P.A.
LORO SEDI

Oggetto: DLgs. 39/2014 art. 2 – Richiesta del certificato del casellario giudiziale da parte delle
Scuole – Necessità di chiarimenti.

La scrivente Organizzazione, la più rappresentativa dei dirigenti delle scuole italiane, in relazione all’oggetto, intende rappresentare lo stato di viva preoccupazione del personale in questione, su cui ricadrebbe l’onere della richiesta di circa un milione di certificati del casellario giudiziario, sotto pena di onerosissime sanzioni, che sembrerebbero, fra l’altro, dover essere moltiplicate per il numero di richieste eventualmente omesse.
Si fa presente peraltro che – ad avviso della scrivente – tale adempimento non risulterebbe dovuto da parte delle scuole, stante che tutto il personale che nelle stesse presta la propria attività a contatto con i minori ha presentato, all’atto dell’assunzione, un certificato generale del casellario giudiziario come parte della documentazione necessaria per perfezionare il rapporto di lavoro.
E’ ben vero che tale certificazione ha una scadenza, prevista dalla legge in sei mesi: ma è vero altresì che, ove si accedesse a tale impostazione, si dovrebbe procedere al rinnovo della richiesta ogni sei mesi, cioè due volte per anno scolastico e sempre per circa un milione di addetti. Un impegno di tempo e di mezzi molto rilevante per le segreterie scolastiche, anche in considerazione del fatto che l’archiviazione dei documenti così ottenuti – stante la loro natura di atti super-sensibili – dovrebbe essere effettuata con tutte le specifiche procedure di legge.
Nella stessa direzione va anche il tenore letterale della norma, là dove afferma che alla richiesta della certificazione è tenuto il “soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona (…)”. L’espressione “che intenda impiegare” sembra doversi riferire solo al momento che precede l’instaurazione del rapporto di lavoro e non anche ai rapporti già costituiti all’atto dell’entrata in vigore della legge.
Ad adiuvandum, andrà pure ricordato che “intenda” esprime letteralmente un libero atto di volontà e quindi di scelta del soggetto da impiegare, mentre le procedure di assunzione nella pubblica amministrazione – e nelle scuole in particolare – costituiscono un procedimento vincolato, nel quale
l’individuazione del destianatario è un atto necessitato, che non lascia al singolo dirigente alcun margine di apprezzamento o di discrezionalità.
Quest’ultima considerazione viene in rilievo anche in relazione alla condotta che il dirigente dovrebbe eventualmente tenere qualora emergesse che il soggetto ha riportato condanne per taluno dei reati specificati dalla norma. A meno che dalla certificazione del casellario non emergano anche “specifiche sanzioni interdittive delle attività (…)”, la prescrizione letterale dell’art. 2 parla solo di una “verifica”, senza indicare esplicitamente se da essa derivi la facoltà di denegare l’assunzione. E’ vero che tale conseguenza appare in qualche modo implicita: ma in ambito di rapporti di lavoro una lettura che comprima i diritti soggettivi non può essere applicata sul mero presupposto del buon senso.
I primi chiarimenti diramati dal Ministero della Giustizia circa l’applicazione della norma fanno altresì riferimento al “consenso dell’interessato”, che dovrebbe essere preliminare alla presentazione della richiesta della certificazione da parte del datore di lavoro.
Ad avviso di questa Organizzazione, il consenso dell’interessato non va in ogni caso richiesto nel caso delle scuole, in base all’art. 13 comma 5 del DLgs. 196/03, in quanto si ricadrebbe nell’ipotesi di un trattamento di dati da parte di una pubblica amministrazione previsto da una norma di legge. Se così non fosse, si porrebbe il problema di come operare nel caso in cui il soggetto interessato negasse il proprio consenso (tenuto conto che si tratta di soggetti rispetto ai quali è già costituito un rapporto di lavoro, nella grande maggioranza dei casi a tempo indeterminato).
Il complesso delle questioni fin qui rappresentate porta alla conclusione che l’adempimento non risulterebbe dovuto da parte delle scuole e dei loro dirigenti. Tuttavia, atteso il pesante regime sanzionatorio previsto dalla norma, appare necessario che le SS.LL. – ciascuna per la parte di propria competenza – si adoperino per fornire al riguardo tempestivi chiarimenti.

E’ gradita l’occasione per porgere distinti saluti.

Giorgio Rembado
Presidente nazionale Anp