Un figlio con sindrome di Down fa nascere un padre consapevole

da Redattore sociale

Un figlio con sindrome di Down fa nascere un padre consapevole

Nel libro “Ti seguirò fuori dall’acqua”, Dario Fani ha raccolto pensieri, sensazioni e molto vissuto dei giorni seguiti alla nascita prematura di suo figlio Francesco. La scrittura “essenziale per rielaborare”

ROMA – “Io e mia moglie abbiamo aspettato Francesco per diversi anni. La notizia della gravidanza di Iole e stata una piacevole inattesa sorpresa. Nutrivo grandi aspettative di me come padre e c’era anche il latente timore di poter non essere all’altezza. Cioè di non riuscire a diventare quel padre perfetto che pensavo mio figlio meritasse. Poi, come spesso, accade la vita mi ha mostrato che raramente accade quel che ci aspettiamo”. Si racconta con estrema schiettezza Dario Fani. La stessa schiettezza che ha usato scrivendo il volume Ti seguirò fuori dall’acqua, in cui ha raccolto pensieri, sensazioni e molto vissuto dei giorni seguiti alla nascita prematura di suo figlio Francesco, che ha la sindrome di Down ed è celiaco. “In un primo momento ho visto crollare ogni forma possibile di felicità. Prima di Francesco ho sempre creduto che la sofferenza e il dolore fossero l’espressione materiale della sconfitta. Appena ricevuta la notizia ho pensato a mio figlio come a un dolore che sarebbe durato tutta la vita. Non potevo immaginare inferno peggiore di un’esistenza vissuta nell’infelicità. Quei giorni di vita sospesa nell’incubatrice sono stati determinanti. Francesco, ora dopo ora, ha sciolto quell’amore che ogni padre ha per il proprio figlio e mi ha aperto la strada per uscire dall’inferno. Sì, ne sono venuto fuori, per quanto possa apparire banale, scoprendo che era possibile camminare lungo la strada dell’amore”.

Il nome l’avevano scelto, lui e sua moglie Iole, perché “personalmente sono sempre stato affascinato la figura di un uomo come San Francesco, che pur di testimoniare la propria verità, ha il coraggio di sfidare un intero sistema di valori, una società e la propria stessa famiglia. C’era poi il fatto che Iole ha avuto la sua prima esperienza come baby sitter di un bimbo di nome Francesco. Un’esperienza molto gratificante e bella che l’ha legata molto a quel bambino e a quel nome”. Il libro lo ha scritto in tempi diversi: “La prima parte è una rielaborazione di quanto era stato provato al momento della nascita ed è stata scritta 4-5 mesi dopo la nascita di Francesco, in pochi giorni. È stato un momento necessario di riflessione, il desiderio di recuperare uno spazio interiore e andare ad esplorare quelle zone buie che la paternità mi aveva ‘donato’ – ricorda Dario –. Altre parti riprendono appunti e considerazioni successive. Durante la scrittura al principio non ho mai pensato a una pubblicazione e questo credo sia stato un vantaggio in relazione all’onestà. Scrivere è stato comunque essenziale per rielaborare l’intera vicenda. Attraverso la scrittura e ancor più attraverso la pubblicazione ho capito quanto sia importante la scelta di narrare le proprie esperienze. Le nostre narrazioni sono in grado di produrre altre narrazioni. C’è una responsabilità profonda in come si agisce ma anche in ciò che si scrive è una responsabilità a cui non dobbiamo sottrarci”.

“Mio figlio mi insegna continuamente a guardare il mondo da angolazioni diverse. Questo è fonte di grande ricchezza nella mia vita”, aggiunge Fani. Per il papà Francesco è nato la prima volta che ha potuto tenerlo in braccio, fuori dall’incubatrice. Quel contatto fisico ha fatto nascere anche lui come padre, lo ha generato a un amore oblativo, gratuito, incondizionato. Perché padri si diventa. Forse lui ha avuto il dono di prenderne consapevolezza attraverso uno shock, il crollo di tutte le sue aspettative e proiezioni. (Laura Badaracchi)