L’integrazione non va al liceo

da ItaliaOggi

L’integrazione non va al liceo

L’accusa del Cnel: manca una politica per la scuola. La Kyenge: confronto con il Miur

Emanuela Micucci

Canalizzati nelle scuole tecniche e professionali e privi di una vera politica di integrazione scolastica, gli studenti stranieri vedono scendere in due anni il loro l’inserimento sociale. Lo rivela il IX Rapporto Cnel sugli «Indici di integrazione degli immigrati in Italia», che misura sia il grado di attrattività dei territori sulla popolazione straniera sia il loro potenziale di integrazione (www.cnel.it).

Tra i 18 indicatori considerati uno misura l’istruzione liceale degli studenti stranieri, «non prendendone in considerazione gli esiti scolastici – spiega il curatore del rapporto, Luca Di Sciullo, ma la quota di iscritti a un liceo nell’anno scolastico 2011/12. L’ipotesi è che si sia una correlazione diretta di questa percentuale con l’indice di inserimento sociale». Aumenta rispetto al 2009 la canalizzazione, già molto forte, degli studenti stranieri verso gli istituti tecnici e professionali, anche per chi consegue risultati eccellenti alle medie. Dei 164.524 alunni immigrati iscritti alle superiori solo il 19,3% frequenta un liceo: 31.731 ragazzi che, nel Mezzogiorno, rappresentano il 29,2% degli stranieri delle superiori nelle Isole e il 26,3% di quelli al Sud, area che supera di poco la percentuale del Centro (23,6%). Quest’ultima è quella che ne accoglie di più: 9.951. Seguita dal Nord Ovest con 9.134 liceali stranieri e il Nord Est con 7.045, valori però pari rispettivamente al 16,1% e al 15,6% degli immigrati qui iscritti alle superiori.

Tutti gli altri ragazzi stranieri, 132.793, in Italia si iscrivono a percorsi tecnico-professionali. «Più è alta la percentuale di liceali stranieri – prosegue Lo Sciullo -, più sono gli studenti immigrati che proseguono un percorso formativo superiore orientato all’università e, quindi, affrancato dall’esigenza di trovare immediatamente lavoro per sostenere economicamente la famiglia. E più si può presupporre un inserimento sociale avanzato. Più la loro formazione culturale è elevata e più potrebbero concorrere per posti di lavoro qualificati, contribuendo alla mobilità sociale degli immigrati». Nelle prime 9 posizioni della graduatoria sull’istruzione liceale è rappresentato quasi tutto il Meridione con 7 delle totali 8 regioni. Unica eccezione la Basilicata al 16° posto. In testa alla graduatoria il 32,3% della Sardegna. Un blocco compatto in cui si inseriscono Trentino, 2° (30,4%), e Lazio, 3° (30,1%). L’equivalente, tra le province, è rappresentato da Isernia con il record del 46,1%, Sassari (36,3%), Palermo e Vibo Valentia.

All’altro capo delle rispettive graduatorie, con valori molto più ridotti anche rispetto alla media nazionale, Verbania, 103° con solo il 7,5%; Modena, 102° con l’8,4%; Reggio Emilia, 101° con l’8,6%. E l’Emilia Romagna al 20° posto con appena il 13,0% di liceali, la Lombardia 19° con 13,9% e il Veneto al 18° con 14,6%. Tre regioni, come il Nord, che tradizionalmente offrono occupazione e con una radicata una cultura del lavoro che incoraggia a inserirsi presto nel mondo produttivo. Due fattori che, quindi, in ogni territorio condizionano la scelta o meno del liceo. «Non stupisce che in queste aree – conclude Lo Sciullo – anche i figli degli immigrati si orientino verso scuole che preparano al lavoro». La scuola non realizza nessuna politica di integrazione, è l’accusa di Giorgio Alessandrini, presidente Onc-Cnel, «ci sono buone circolari ministeriali, ma non c’è un euro per la mediazione culturale, la formazione dei docenti». E il ministro per l’integrazione Cecile Kyenge annuncia: «Ho già avviato un confronto con il ministero dell’istruzione».