Cosa accade alla Storia dell’Arte, facciamo chiarezza

da Com.Unita.it

Cosa accade alla Storia dell’Arte, facciamo chiarezza

Non so come e non so perché ieri tutti gli italiani (meglio tardi che mai) si sono svegliati difensori dell’Arte. Ripeto: meglio tardi che mai, visto il torpore a cui abbiamo assistito per circa 20 anni su alcuni temi.

Il tema era l’insegnamento della Storia dell’Arte nelle scuole. Tentiamo di fare un po’ di chiarezza semplicemente ricostruendo le vicende che l’hanno riguardato negli ultimi anni.

2010: il decreto Gelmini di riordino delle scuole secondarie di secondo grado (comunemente note con il nome scuole superiori) depotenzia lo studio dell’Arte. L’insegnamento dell’Arte viene fortemente ridotto negli Istituti tecnici e del tutto cancellata in quelli Professionali: dove è possibile diplomarsi in Moda, Grafica e Turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo o Michelangelo. Nei Licei artistici vengono eliminati insegnamenti come il restauro e la catalogazione del nostro patrimonio artistico. Inoltre si chiudono tutte le sperimentazioni che rafforzavano l’esigua presenza (un’ora la settimana nel solo triennio finale) della Storia dell’arte negli altri licei (compresi i licei classici, da sempre scandalosamente a digiuno di figurativo, nei quali frequentissima era la sperimentazione in storia dell’Arte, cioè l’estensione dello studio di questa disciplina a tutto il corso dei 5 anni). Numeri alla mano, tale provvedimento riguarda, più della metà dei nostri ragazzi (iscritti in scuole tecnico-professionali) che crescerà in un radicale analfabetismo artistico. Subito, dal 2010, si crea un movimento di protesta  (io insegno arte e sono stata e sono tra costoro) per contrastare tali provvedimenti. Sparutissimo direi e ignorato da chiunque in questi anni, dal Paese, dalla politica, dal sistema informativo, persino dagli altri colleghi docenti. Il movimento si affida alla sola azione di noi docenti di arte, per lo più sulla rete e di alcune associazioni di docenti d’Arte. Arriviamo al 2013. Il movimento, come mille altri movimenti di protesta per qualcosa, tra i mille tentativi di ottenere ascolto, o trovare interlocutori, mette on line una petizione (esattamente questa: http://firmiamo.it/ripristiniamo-storia-dell-arte-nelle-scuole ). Accade no? Che vi arrivi tra le mail o sul profilo Facebook una petizione. Giusto? Accade anche che, senza che ce lo aspettassimo, noi docenti di arte soprattutto, dopo tre anni di proteste solitarie, spesso individuali, la petizione giri, venga firmata, si diffonda, raggiunge addirittura 16 mila firme. Forte di questo sostegno, un deputato di Sel, presenta nell’ ottobre del 2013 un emendamento in cui chiede il ripristino delle ore soppresse. Emendamento che viene fortemente sostenuto sia dal ministro Carrozza, sia dal ministro Bray. Perchè intanto si è insediato il governo Letta. L’emendamento non viene accolto a causa della mancanza di copertura finanziaria. Riparte la protesta. Cioè: non ha motivo di fermarsi visto che non si è risolto il problema.

Nonostante la raccolta di oltre 15 mila firme, nonostante l’appoggio esplicito del ministro per i Beni culturali Massimo Bray, nonostante la disponibilità di migliaia di storici dell’arte abilitati a quell’insegnamento, la ministra Maria Chiara Carrozza, nonostante il suo stesso desiderio, non è per ora riuscita a rimediare al grave errore di chi l’ha, purtroppo, preceduta.

Arriviamo a ieri: è accaduto che qualcuno ha messo on line un articolo in cui si parla di questa vicenda. Per onestà, dobbiamo dire che è dal 2010 che ne parliamo, e che si mettono on line articoli simili, basta fare una semplice ricerca in rete. Era l’ennesimo articolo sulla stessa questione. La novità è che, per gli oscuri meccanismi della rete, dell’informazione e della comunicazione, l’articolo inizia a “girare” vorticosamente e sembra quasi che il problema sia nato ieri. Il neo dell’articolo infatti è quello di non aver riportato passaggi e  date all’interno, che per alcuni di noi son scontati, mentre, lo abbiamo capito, per la maggioranza del Paese no. Non c’era nulla di non vero in quell’articolo, se non l’omissione di date. Per cui: enorme confusione, grida allo scandalo, e controscandalo, è una bufala, no non lo è…è stata tolta, non, non è stata tolta,..etc..etc.

Chi, distratto, in questi anni non aveva capito, chi non ne sapeva nulla, chi non c’era perché dormiva, all’ improvviso ieri si è svegliato. Scatta la caccia all”untore.

Gli anni dei governi Berlusconi hanno visto un depotenziamento nelle scuole di insegnamenti e tempo scuola, una di queste è l’Arte, che è stata depotenziata in alcuni corsi di scuola e tolta da altri.E vale anche per altri insegnamenti. Lo diciamo dal 2008, e ancor di più dal 2010, ma l’italiano medio, o anche basso, o anche alto, in genere se ne accorge solo quando ci sbatte la faccia.

Ancora oggi sono sommersa di mail di mamme, di papà, di rafffinati professionisti, come di normali casalinghe,  che si lamentano su come mai la loro bambina a Palermo esce da scuola alle 12.30 mentre prima usciva alle 14.30, su come mai il figlio non studi la geografia e su come mai il diritto è quasi scomparso dalle scuole superiori. Perchè non avevano capito nulla di quello che effettivamente comportavano i decreti della Gelmini. Pensavano che l’Italia avrebbe regalato un grembiulino ad ogni bambino. E invece è stato lo sfacelo, lo smottamento, l’impoverimento. Non parliamo poi della musica. Non pervenuta. Mentre celebriamo Abbado, lo seppelliamo nella mente dei nostri figli. Beh, esattamente per quella storia del “grembiulino…e degli sprechi e dei soldi spesi male”….Vi ricordate? Taluni la ripetono ancora adesso a cantilena. Salvo poi non saperne assolutamente nulla, di quello che realmente è stato tolto: ore di scuola, risorse e vivibilità scolastica. La Storia dell’Arte è tra le cose tolte o depotenziate. Metà degli studenti italiani medi non la studia più, l’altra metà la studia meno. In classi affollate e in scuole dove le attività progettuali (tra cui laboratori, visite, attività extracurriculari) sono ridotte a zero per il taglio quasi totale del fondo di funzionamento d’istituto.

O mutos deloi oti, la favola insegna che:

Identificare il colpevole è interessante, divertente, ma superfluo, ai fini della situazione di fatto attuale. Sarebbe utile attivarsi per la soluzione, se è un problema. E’ necessario, indispensabile e inderogabile, prima di fare qualunque riforma del sistema scolastico italiano, ribadire come facciamo da sempre, che tali “riforme” non sono ragionerie contabili da dare in pasto al paese puntando sulla criminalizzazione di una categoria, su un untore di comodo, per giustificare tagli e cambiamenti che poi si abbattono su altri, (così fecero Tremonti, la Gelmini e Brunetta) ma vanno descritte per bene ai cittadini e vanno raccontate per quel che sono: variazioni nei curriculi di studio dei nostri studenti e dunque nella loro formazione complessiva di cittadini prima che di lavoratori o professionisti. Poi, possiamo anche decidere di togliere, aggiungere, ridisegnare, ma con l’ estrema e precisa consapevolezza di ciò che vai a disegnare. Il punto, la visuale, la prospettiva, la base deve rimanere il curriculo formativo degli italiani, del Paese.

Io, personalmente, non sono affascinata dalla caccia all’ untore, ma dalla pioggia che lava la peste. Lo scompiglio di ieri una cosa buona però l’ha ottenuta: raccontarci un’Italia che ama l’Arte e il su Patrimonio. Non abbiatecene se ci siam commossi.

L’arte, la musica, i diritti di cittadinanza e lo sport sono il dna degli italiani. Non il superfluo, non il cassetto dei centesimi da risparmiare, non la chiacchiera al bar sugli sprechi della scuola e quei docenti fannulloni e che ce vò glielo dico io come si insegna, bensì il dna degli italiani, l’identità comune e imprescindibile su cui costruire il resto, sia che si tratti di insegnamenti che di professionalità. Noi siamo la Cappella Sistina, siamo Verdi, siamo Fellini, siamo il Diritto Romano. Non si scherza e nemmeno si chiacchiera superficialmente con cose serie come il proprio DNA. E non soltanto per la tutela e la valorizzazione di quel patrimonio, ma per la speranza di coltivare la produzione dell’Arte, della Musica, del Civismo e dello Sport. Se no domani non avremo novelli Michelangelo, novelli Puccini, o novelli Bottai..e i Mennea si ritrovano ad allenarsi con fatica in campetti extrascolastici e lontani.

La scuola, come organizzazione curriculare, per come è fatta oggi, per come ce l’ha lasciata Berlusconi, quel DNA è costretta quasi ad ignorarlo, al netto degli sforzi dei docenti di conservarlo in qualche modo. Per porre rimedio ci vogliono risorse, non chiacchiere, non ricerche di colpevoli. La situazione attuale è che più della metà degli studenti italiani delle scuole superiori non studia l’Arte, l’altra metà la studia pochissimo, la quasi totalità non studia la Musica, non studia il Diritto e fa pochissimo Sport. Gli effetti di tale scelta mi pare siano sotto gli occhi di tutti e costano molto di più delle risorse necessarie a riportarle nelle scuole. Non è possibile andare a votare senza avere idea della gerarchia delle leggi, ad esempio, non è possibile vivere, senza sapere cosa rappresenta la Primavera di Botticelli o il Nabucco o il valore di un paesaggio. Non solo per goderne ma per superarli nella produzione di leggi migliori, opere nuove e assetti del territorio utili perchè belli.

Ci vogliono risorse. Risorse. Risorse. Ci vogliono i docenti di arte, di musica, di diritto e di sport. Ci vogliono ore di scuola. Ci vuole un disegno diverso e una visione diversa. Perchè se no tra dieci anni gli effetti li pagheremo il doppio. Perchè le cose di cui sopra sono esattamente il nucleo della nostra competitività internazionale. La semisconosciuta nella scuola e nel paese competenza talento.

Compito, responsabilità degli italiani è prenderne atto e decidere quali sono le priorità e quali sono i tempi che vogliamo definire per la politica. Senza slogan, senza distrazioni e senza omissioni. Con rigore, approfondimento e serietà. Perché all’ epoca della Gelmini gli italiani sono stati sommersi in quantità massiccia di slogan, di distrazioni e di omissioni. Mi pare che lo scompiglio venuto fuori ieri abbia dato qualche indicazione su come noi docenti di Arte, ma vale anche per la Musica, per lo Sport e per il Diritto forse non siamo così soli come pensavamo. E questa è la cosa più importante. Il mio dubbio è che a via di disegnare la Scuola perfetta, nulla cambi, passino gli anni, e ci ritroviamo un popolo di twitteri, non di cittadini consapevoli e produttori attivi, oltre che conservatori, di patrimonio materiale e immateriale. Non si vive di rendita.

Mila Spicola

Pensierino della sera:

Qualcuno mi ha rimproverata aspramente perché, “in qualità di dirigente di partito”, non dovevo permettermi ieri di prendere posizione, rischiando di “aumentare gli equivoci”, visto che non è stato il mio partito a togliere e visto che ieri è “passato questo”. Io prendo posizione su questo dal 2010…Mica da ieri pomeriggio. No, non è stato il mio partito a togliere, lo ripeto, non è stato il mio partito a togliere, ma la Gelmini, tra il 2008 e il 2010. Ricordarlo e ripeterlo però non elimina il problema, se poi non riusciamo a ovviare a quei guasti. Il problema si elimina …eliminandolo, cioè sanando le cose che non vanno. E c’è un governo che, a fronte della mancata attenzione a quell’emendamento, non ha controproposto ad oggi adeguatamente delle azioni efficaci. So perfettamente che nel mio partito stiamo facendo di tutto per ridisegnare quel DNA. Ma se non ci mette i soldi è solo bella intenzione, esercizio di stile. Mi permetto però di dire, agli agitatori di rimproveri, che io sono nel PD per difendere la scuola e gli interessi di alcuni cittadini particolari, gli studenti, e sono in quel partito, perché quel partito difende la scuola e quei cittadini particolari, e io ne sono certa che li difende. Ma tale difesa deve tradursi in esiti, in sostegni alla Carrozza quando cerca di operare. Il mio PD deve essere la pioggia che lava la peste, facendo le cose, non mettendosi in posizione di difesa quando i cittadini chiedono qualcosa di giusto e utile a tutti. Dovrebbero esserne certi anche altri, più intenti a difendere se stessi.

Se la Scuola non avesse bisogno di nulla, sarei in classe, che è l’unico luogo e l’unico ruolo che mi riconosco. In questa difesa non mi son svegliata ieri sera con un tweet, o con una medaglietta, o con una carica, ma è la mia pratica quotidiana dall’ 89 ad oggi, il mio agire nel mondo, prescinde dalle parti e dalle persone e dai contesti. Nessuna sorpresa e nessun rimprovero dunque. Nè per ieri, nè per oggi, nè per domani. Nessuno si aspetti che io cambi.