Ocse: ancora lontana l’integrazione scolastica in Italia

da Il Sole 24 Ore

Ocse: ancora lontana l’integrazione scolastica in Italia

di Giuliana Licini

L’Italia non passa l’esame dell’integrazione scolastica degli studenti con un background di immigrazione. Come segnala uno studio Ocse dell’ambito “Pisa”, tra il 2003 e il 2012 nella Penisola si è nettamente ampliato il divario delle competenze di matematica – uno dei pilastri dell’apprendimento – tra i 15enni immigrati (o figli di immigrati) e i coetanei.

Divario in matematica
La differenza di performance nei test di matematica nel 2012 era in media di 48 punti a svantaggio dei ragazzi immigrati, 26 punti in più rispetto al 2003, mentre nel frattempo la media Ocse è migliorata a 37 punti, con un calo di 10. Il peggioramento del gap italiano non ha riscontro tra i maggiori Paesi industrializzati. Alcuni sono riusciti nello stesso periodo a ridurre drasticamente il divario, come la Slovacchia (-70 punti), la Germania (-27) e il Belgio (-25 punti). A complicare il contesto in Italia è il forte incremento di studenti immigrati di prima generazione nel decennio, uno dei maggiori dell’area Ocse, come riconosce lo stesso studio.

Contromisure
Questo può fornire qualche attenuante, ma al tempo stesso rende più urgenti le iniziative che “devono essere una priorità” nel cantiere scolastico aperto dal Governo, sottolinea Francesca Borgonovi, economista dell’Ocse, nell’analizzare le criticità che si sono accumulate. L’Italia «storicamente non è un Paese di forte immigrazione e quindi non ha un sistema preparato ad accogliere flussi di massa. Negli ultimi anni c’è stato invece un afflusso molto forte, socio-economicamente molto sfavorito, con competenze linguistiche molto varie e concentrato in alcune parti del Paese», rileva l’economista. «E’ molto difficile per gli insegnanti, che non hanno né un’esperienza specifica, né un training mirato, gestire la situazione di immigrazione che è di doppio svantaggio. Non c’è solo una difficoltà economica e magari una situazione famigliare complessa, ma anche una scarsa conoscenza della lingua e del sistema sociale ed educativo italiano», indica Borgonovi.

Il confronto
Resta il fatto che in Paesi come il Canada, l’Irlanda e la Nuova Zelanda, gli studenti immigrati e quelli non-immigrati vanno ugualmente bene in matematica. In altri come l’Australia, l’Ungheria e Macao-China gli immigrati sono più bravi dei non-immigrati. Gli studenti indiani e cinesi di prima o seconda generazione in Australia hanno superato di 61 e di 94 punti rispettivamente i punteggi in matematica dei non-immigrati. Però, l’Australia, come il Canada, ha stringenti politiche di immigrazione che includono una selezione dei permessi di entrata nel Paese. «In Italia, però, data anche la posizione geografica del Paese, sarebbe molto difficile introdurre politiche restrittive e comunque dal punto di vista umanitario non sarebbe auspicabile», osserva Borgonovi. In Italia, piuttosto, «è necessario introdurre aiuti al personale docente per prepararlo a gestire l’integrazione degli studenti immigrati. Servono risorse, perché si tratta di programmi che hanno implicazioni finanziarie e che vanno portati avanti nel tempo. Bisogna avere un piano di azione che vada dalle elementari fino alle scuole secondarie», sottolinea l’economista. La Germania ha seguito questo strada, migliorando di molto l’equità del sistema scolastico, fornendo supporto personalizzato agli studenti, sostegno alle scuole, con tutor e programmi specifici oltre l’orario scolastico. Gli studenti immigrati – va sottolineato – sono spesso molto motivati e impegnati. Nella fascia socio-economicamente svantaggiata con performance al top, in Australia, Israele e Usa gli studenti immigrati sono più numerosi dei non immigrati. Ad Hong Kong, altro caso di rilievo, non vi sono differenze tra i due gruppi, con un unico e stellare 80% degli studenti economicamente sfavoriti tra i super-bravi matematica. L’Italia è nella media Ocse, con 25 studenti immigrati su 100 tra i migliori, mentre tra i non immigrati si arriva al 34%.

Le ricadute della mancata integrazione
La mancata gestione dell’integrazione scolastica degli immigrati, inoltre, ha ricadute sui non-immigrati. Una distribuzione più equa nelle scuole può aiutare, perché «se in una classe 20 studenti su 23 sono immigrati, la situazione è veramente ardua da gestire», osserva Borgonovi. La «questione, però, non è necessariamente la classe di soli immigrati, perché molto spesso questi ragazzi e le loro famiglie hanno molto rispetto per l’istruzione, anzi molto di più di quanto non lo abbiamo le famiglie locali doc. Ma hanno problemi oggettivi», quali la scarsa competenza linguistica. Ci deve essere la consapevolezza che gli studenti immigrati – conclude Borgonovi – «sono una risorsa, molti possono avere risultati eccellenti, tantissimi hanno voglia di fare e imparare, ma anche hanno bisogno di risorse particolari». Tenendo sempre ben presente che «l’integrazione non è solo una necessità del sistema scolastico, ma anche del sistema sociale ed economico».