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SINGOLARE SENTENZA DEL TRIBUNALE DI FIRENZE

SINGOLARE SENTENZA DEL TRIBUNALE DI FIRENZE

SU RICORSO PROMOSSO DALL’UNICOBAS

 

Singolare sentenza del Giudice Roberta Santoni Rugiu del Tribunale di Firenze riguardo all’annosa questione del riconoscimento dell’anzianità maturata dal personale ATA proveniente dagli enti locali. Con la sentenza n° 600/2014 ai lavoratori che si erano rivolti al Tribunale anche e soprattutto in virtù delle sentenze della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, tra cui la recentissima sentenza del 13/5/2014, il Giudice ha risposto dichiarando nullo il ricorso e condannandoli al pagamento delle spese processuali ( ben 5620 euro più le spese generali del 15%, iva e c.p.a.!).

Quello che stupisce poi sono i motivi per cui il ricorso è stato dichiarato nullo:

“ non è possibile individuare l’esatta pretesa dell’attore”……..“ Non è indicato da quale amministrazione ognuno di loro provenisse, come vi fosse inquadrato e quale fosse il relativo trattamento retributivo ….”

Eppure, dopo aver chiaramente espresso nel testo del ricorso le motivazioni dei ricorrenti, di ciascuno erano state allegate:

  • le buste paga dell’Ente Locale di provenienza dove, oltre all’inquadramento, erano desumibili l’anzianità di servizio, lo stipendio base e le voci incentivanti;
  • L’inquadramento fatto dal MIUR successivamente al passaggio allo Stato da dove si desumeva chiaramente il danno subito, visto che veniva fatto in base allo stipendio tabellare dell’Ente Locale di provenienza ( voci incentivanti escluse) e non in base all’anzianità di servizio;
  • certificati del servizio fatto nell’Ente locale;
  • tentativi di conciliazione e/o sentenze precedenti dove erano nuovamente descritte le vicende dei singoli ricorrenti;
  • le buste paga relative al mese in cui era stato depositato il ricorso da cui si evinceva la scuola di attuale servizio e la progressione di carriera in linea con l’inquadramento precedente fatto dal MIUR ( a dimostrazione che il danno era ancora attuale).

Che è successo? Semplice, il giudice non ha voluto tener conto degli allegati, come fossero estranei al ricorso! Le ragioni? Possono essere molteplici ma sicuramente non hanno niente a che vedere con la nullità del ricorso che era perfettamente valido e documentato.

 

Oltretutto il Giudice ha negato all’Avvocato Altini che ha presentato il ricorso e che all’udienza aveva richiesto i termini per note, la possibilità di chiarire al Giudice gli aspetti che a quanto pare non aveva compreso.

A 6 dei 9 ricorrenti,che avevano avuto sentenze negative passate in giudicato, poi è stato precluso di                        agire con un nuovo ricorso, quando invece le recenti sentenze della CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, che tra l’altro erano state prodotte al Giudice, come anche studi di studiosi di diritto e di professori universitari ( tra i quali proprio uno di un docente dell’Università di Firenze) sulla questione del GIUDICATO nazionale e del GIUDICATO EUROPEO, specificano che quest’ultimo si deve intendere come prevalente o comunque da tenere in considerazione.

Infatti alla luce della NORMATIVA EUROPEA le SENTENZE DELLE CORTI EUROPEE DI GIUSTIZIA hanno dato ragione ai ricorrenti e addirittura sono arrivate ad emettere provvedimenti di condanna a pagamenti somme quale risarcimento del danno a carico dello Stato Italiano! Questo in casi di ricorrenti che già avevano avuto sentenze negative in Italia passate in giudicato.

La giurisprudenza comunitaria ha costantemente affermato che “il giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di dare al singolo la tutela che quel diritto gli attribuisce, disapplicando di conseguenza la norma interna confliggente, sia anteriore che successiva a quella comunitaria”.

Quindi il Giudice NON HA TENUTO IN MINIMA CONSIDERAZIONE LE SENTENZE DELLE

CORTI EUROPEE DI GIUSTIZIA E NON ENTRANDO NEANCHE DEL MERITO DELLA QUESTIONE HA DATO TORTO TROVANDO   UNA “ NULLITA” INESISTENTE!

Quindi, ferma restando la possibilità di adire la CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, i ricorrenti, a stragrande maggioranza, hanno deciso fare l’appello per ribaltare la sentenza ingiusta del Tribunale di Firenze.

Dulcis in fundo:

  • l’esagerato ammontare delle spese di condanna, neanche la Cassazione si spinge a quelle cifre, e poi per un’unica udienza di 20 minuti senza che neanche si fosse costituita l’Avvocatura dello Stato!
  • Un piccolo grande neo che può rendere nullo il verbale: “ Sentenza pubblicata con lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale” ma le parti non c’erano e la sentenza il Giudice l’ha letta per conto proprio.

 

Il segretario regionale Claudio Galatolo

ANCORA NEL RECINTO DEGLI APPESTATI?

DIRIGENTISCUOLA-CONFEDIR: LA DIRIGENZA SCOLASTICA ANCORA NEL RECINTO DEGLI APPESTATI?

Sono oggi apparsi in gazzetta ufficiale, dopo le ripuliture e gli aggiustamenti ad opera dei tecnici del Quirinale, i due decreti legge contenenti disposizioni di straordinaria necessità e urgenza, l’uno riferito alla semplificazione e trasparenza amministrativa, l’altro alle misure per favorire la competitività e la crescita.

Ma, a dodici giorni dalla fantasmatica deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, del presunto disegno di legge di riforma della dirigenza pubblica, siamo ancora fermi al testo apocrifo apparso su www. eticapa.it, il cui articolo 3, rubricato Dirigenza, sembra clamorosamente smentire, a dispetto dello slogan – Repubblica semplice – che lo che lo sintetizza, tutti i capisaldi siccome figuranti nelle originarie Linee guida: ripristino del ruolo unico di tutta la dirigenza pubblica manageriale, separata dai professional, e abolizione della distinzione tra prima e seconda fascia, con la correlata armonizzazione degli odierni sperequati trattamenti economici; intercambiabilità e rotazione degli incarichi in ragione delle competenze culturali e professionali di ogni dirigente e in esito a una rigorosa valutazione degli obiettivi assegnati e delle capacità organizzative dimostrate, tal che la remunerazione risulti commisurata ai carichi quali-quantitativi di lavoro ed inerenti responsabilità, ovvero a quello che il dirigente fa e non a dove lo fa!

Ora, invece, scorrendo l’articolo, composto da tre commi e il primo dei quali contiene quindici corpose lettere (a-o), pare, prima facie, che la preannunciata, ed abusata, rivoluzione sia, più che innovativa, decisamente regressiva rispetto all’ epocale riforma Brunetta, di cui alla legge delega 15/09 e susseguente d.lgs. 150/09, ma rimasta ibernata.

Vi leggiamo che:

-è sì confermata la distinzione tra dirigenti con compiti di gestione di risorse umane e finanziarie (cioè i c.d. dirigenti manageriali o dirigenti stricto iure) ed esperti con specifiche (e indeclinate) professionalità, ma in prosieguo appare un profluvio di figure dirigenziali, più o meno in corrispondenza delle sette differenziate qualificazioni dell’onnicomprensivo termine di pubblica amministrazione. Così, accanto ai dirigenti delle amministrazioni centrali, degli enti pubblici non economici e delle agenzie ex d. lgs. 300/99, vi sono i dirigenti regionali, i dirigenti apicali degli enti locali, i dirigenti degli enti e delle aziende del Servizio sanitario nazionale, distinti in dirigenti amministrativi, in dirigenti tecnici (che, sempre stricto iure, dirigenti non sono, perché non preposti alla conduzione di strutture organizzative, ovvero non aventi compiti di gestione di risorse umane e finanziarie, se non in maniera marginale ed in via eventuale), in dirigenti professionali (presumibilmente quei centoventimila degli attuali centotrentamila medici e/o appartenenti ai ruoli sanitari regionali la cui funzione, squisitamente professionale, attiene, in misura preponderante se non esclusiva, a decisioni di natura clinico-assistenziale);

-il ruolo unico, incardinato nella Presidenza del consiglio, seguito dall’abolizione delle due fasce, è circoscritto ai dirigenti delle amministrazioni centrali (che dovrebbero comprendere i dirigenti tecnici del MIUR, già ultraspecifici ispettori scolastici), degli enti pubblici non economici e delle menzionate agenzie.

Solo per loro vale l’ordinaria mobilità nei diversi settori delle amministrazioni statali, in orizzontale e in verticale; così come solo per loro vale l’omogeneizzazione delle retribuzioni nell’ambito del ruolo unico, in esito alla riparametrazione di tutte le voci retributive. Per contro, mette conto aggiungere, solo loro sarebbero incisi da una valutazione non positiva, comportante il demansionamento, con la destinazione ad attività di supporto, ed infine il licenziamento se privi d’incarico al termine del periodo massimo di messa a disposizione;

-contrariamente ad una dirigenza che si voleva sempre più qualificata e meritocratica, al riparo dei condizionamenti politici, ne viene accentuata la gerarchia interna, reso più facile lo spoils system e ampliata la possibilità di ricorrere ad incarichi esterni, senza la previa verifica della disponibilità di dirigenti di ruolo aventi le corrispondenti competenze;

dulcis in fundo, dai ruoli unici, e dai connessi istituti or ora sunteggiati, è esclusa la dirigenza scolastica, nei cui confronti la cennata riforma Brunetta sembrava invece contenere una pur indiretta apertura, nel segno di una dirigenza normale, per avere esplicitamente prefigurato una specialità esclusivamente per la dirigenza della Presidenza del consiglio e per quella medica: nel senso di dirigenze forti, non già di dirigenze farlocche.

Il dato testuale appare inoppugnabile nel non considerare quella scolastica come dirigenza manageriale a tutto tondo, così come essa effettivamente è ex lege, e come tale riconosciuta dalle giurisdizioni superiori (Corte dei conti-Sezioni riunite di controllo, Adunanze del 7 aprile 2006 e del 14 luglio 2010, rispettivamente per la certificazione del CCNL 2002-2005 e del CCNL 2006-2009; Consiglio di Stato, Comm. Spec. P.I., n. 529 del 16 ottobre 2003); che possiede ed esercita generali competenze di tipo giuridico-istituzionle, competenze afferenti alle scienze dell’amministrazione, competenze di leadership organizzativa estrinsecantesi nella capacità di conseguire gli obiettivi coinvolgendo e motivando professionisti dell’educazione-istruzione-formazione; che è molto più complessa e più carica di responsabilità, giuridiche e sociali, delle tante attuali e debordanti figure dirigenziali quoad – più che doppia – pecuniam; che, infine, richiede per accedervi il superamento di un, più gravoso, concorso di secondo grado.

Sembrerebbe, allora e sempre, preclusa ai cirenei aventi l’unica colpa di provenire dalla docenza, ogni possibilità di uscire dal recinto degli appestati, in cui – sin dall’acquisizione di un’aggettivata altisonante, ma vacua, qualifica – sono stati reclusi (o si sono auto reclusi?) a contemplare la loro ineffabile specificità ad imbuto.

Sicché, non solo avranno precluso qualsivoglia percorso di carriera, ma non potranno – se addottorati in discipline artistiche, letterarie o filosofiche – aspirare, secondo criteri di banale normalità, ad un incarico di pari livello nel Ministero dei beni culturali, o – se laureati in materie economiche – nel MEF, o – se in possesso di laurea in giurisprudenza e affini – nel MAE o nel Ministero degli interni, o ancora – se di formazione sociologica, psicologica, pedagogica – nel Ministero della salute o nel Ministero del lavoro e politiche sociali, ovvero e latamente nelle strutture pubbliche dei servizi alla persona.

E’ la maledizione dell’ – inemendabile? – vizio d’origine di una dirigenza normata – in evidente distonia con la generale disciplina contenuta nel d.lgs. 29/93, come novellato dalla legge 59/97 – da una fonte abusiva e tracimante, nella sostanza frutto della riformulazione dell’articolo 32 del contratto nazionale di lavoro del comparto scuola, sottoscritto il 4 agosto 1995, in un assetto ordinamentale pre-autonomistico e all’epoca comprendente i presidi e i direttori didattici, ma non più gli ispettori tecnici, uscitine nel 1989 dopo l’acquisizione della qualifica dirigenziale, per essere collocati nell’area prima dei dirigenti ministeriali. Contratto che ha preteso – riuscendovi – di creare una distinta area della specifica dirigenza scolastica nell’ambito del comparto scuola, non assimilabile alla dirigenza (la generale dirigenza pubblica, inclusi i già ispettori scolastici) regolata dal d.lgs. 29/93.

Dovremmo pertanto farcene una ragione, come direbbe il nostro Presidente del consiglio?

Ma sempre in nostro Presidente del consiglio, che in cima al suo programma di governo ha posto il valore strategico della scuola e ha affermato che i docenti (estensivamente, crediamo, i professionisti che vi operano) hanno stipendi ridicoli o quasi, dovrebbe essere sensibile anche alle ragioni della sua dirigenza: che non domanda privilegi bensì equità, semplicemente non volendo permanere nel suo status di figlia di un dio minore.

Non sarebbe quindi da escludersi che la ministra Madia, nell’impostare la sua riforma, abbia voluto riservarsi un trattamento migliore per una dirigenza che produce cultura, formazione, uomini e cittadini; mentre la dirigenza normale produce pratiche, carte e provvedimenti amministrativi.

Le chiederemo, perciò, un incontro ufficiale e urgente per saperlo dalla sua viva voce, sebbene – ancor prima – dovremmo chiederlo alla sua collega Giannini, che nelle irrefrenabili quotidiane dichiarazioni all’universo mondo dei mass media non ha mai speso una sola parola sulla dirigenza scolastica.

E ci piacerebbe essere affiancati, e sostenuti, sia dai sindacati del comparto scuola, ai quali la categoria ha attribuito la maggioranza assoluta della propria rappresentanza, sia dal sindacato più autorevole e, relativamente, più rappresentativo della dirigenza scolastica. O, almeno, ci aspettiamo che battano un colpo.

CONCORSO PER DIRIGENTI SCOLASTICI IN CAMPANIA

Alla cortese attenzione

del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,

del Presidente del Consiglio Matteo Renzi,

del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca scientifica,

Stefania Giannini,

del Presidente del Senato Pietro Grasso,

del Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini

del Presidente della VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione

della Camera Dei Deputati,

dei Componenti della VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione,

del Presidente dell’Autorità anti-corruzione,

Dott. Raffaele Cantone,

del Segretario di SEL, On. Nicki Vendola

 

Lettera aperta alle Autorità da parte di un gruppo di docenti, alcuni dei quali partecipanti al Concorso per Dirigenti scolastici in Campania e controinteressati, perché risultati non idonei nelle procedure di selezione, che vogliono garanzie di legalità dalle Istituzioni.

Noi docenti, raccogliendo l’invito del Presidente del Consiglio secondo cui la “legalità non è un optional, è un valore”, in seguito all’interpellanza parlamentare – presentata alla VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, e avente per oggetto il Concorso per dirigenti scolastici in Campania – del 12 maggio 2014, seduta n. 226, da parte degli onorevoli di SEL, SCOTTO Arturo e GIORDANO Giancarlo cofirmatario, sentiamo il dovere di rivolgere alle Autorità in indirizzo un appello in nome e nel rispetto della legalità, della trasparenza e della meritocrazia, valori sempre sbandierati da tutte le forze politiche, ma mai realizzati e resi concreti nell’operare quotidiano, così come il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, ha di recente sottolineato anche in più occasioni.

È inconsueto per noi docenti dover fare appello alla legalità in uno Stato di diritto!

Ecco il resoconto dei fatti ben noti a tutti, che da qualche anno caratterizzano la procedura per il reclutamento dei Dirigenti scolastici:

questo Concorso, bandito con D.D.G. del 13 luglio 2011, ha avuto in Campania una serie di vicissitudini, che hanno riguardato in prima battuta la sfera esclusivamente amministrativa (è previsto per il 15 luglio prossimo la pronuncia del Consiglio di Stato relativo a presunte irregolarità nelle procedure di selezione) e che poi, dal 18 febbraio scorso, a seguito di indagini puntuali della Magistratura, avrebbero portato ad inscrivere nel registro degli indagati ben ventitré persone, tra cui alcuni componenti delle Commissioni giudicatrici, per i quali si ipotizzerebbero gravi reati, stando a quanto rivelato dagli organi di stampa.

Al momento, la Procura ha sequestrato buona parte degli atti del concorso, compresi i registri delle commissioni.

Inoltre, a seguito dell’intervento dell’autorità giudiziaria, la selezione pubblica è stata congelata: i titoli non possono essere valutati e, a maggior ragione, non può essere pubblicata la graduatoria di merito.

Questa è la situazione oggettivamente e cursoriamente ricostruita, di cui il Ministro Stefania Giannini, certamente, conosce tutti i risvolti e gli aspetti nevralgici.

In questi giorni, tuttavia, forse per timore che il concorso possa essere annullato dall’autorità giudiziaria per palesi irregolarità (tutte ancora da dimostrare), si sta tentando una “via politica” alla soluzione di una questione che ha poco di politico.

E’ quanto appare nel testo della succitata interpellanza che recita:

….Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca . — Per sapere – premesso che:   

 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha indetto, con decreto del direttore generale del 13 luglio 2011, un concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica;

 l’articolo 9 del bando di concorso prevedeva che alle prove concorsuali si accedesse mediante preselezione, e che il concorso si articolasse in due prove scritte ed una prova orale, alle quali si aggiungeva la valutazione dei titoli;  

 espletate le varie fasi concorsuali, che hanno visto impegnati quasi 7000 concorrenti, il direttore generale dell’ufficio scolastico regionale per la Campania, all’esito delle prove scritte, ha approvato l’elenco dei 959 candidati ammessi a sostenere la prova orale del concorso;   

 avverso i predetti atti alcuni concorrenti non ammessi hanno proposto svariati ricorsi innanzi al TAR Campania di Napoli, eccependo l’illegittimità della propria esclusione e, in caso di mancato accoglimento della richiesta, l’illegittimità dell’intera procedura e dell’operato della commissione;  

 il TAR Campania con varie ordinanze ha inizialmente sospeso l’iter procedimentale e, pertanto, a molti concorrenti è stato impedito di sostenere le prove orali;   

 successivamente, il 24 luglio 2013, il TAR Campania medesimo con le sentenze nn. 3807, 3837, 3836, 3805, 3804, 3839, 3803, 3389, 3860, 3806, 3834, 3842, 3833, 3841, 4088, 3840, 3858, 3809, 4090, 3856, 3835, 4089, 4087, 3857, 3808, 3859, 4086 e 3864 ha respinto tutti i ricorsi proposti, argomentando compiutamente e diffusamente su tutte le censure mosse;   

le prove orali sono state quindi riavviate in data 3 ottobre 2013, e sono terminate in data 18 febbraio 2014;   

 nel frattempo avverso le sentenze di primo grado del TAR Napoli i ricorrenti soccombenti hanno proposto appello al Consiglio di Stato, che, all’udienza del 14 gennaio 2014, non ha ritenuto di concedere l’invocata tutela cautelare ed ha fissato il merito all’udienza del 15 luglio 2014;   

l’iter procedimentale del concorso in argomento è stato dunque molto travagliato, con un lungo periodo di sospensione a seguito delle misure cautelari disposte dal TAR Campania;

solo a seguito dei provvedimenti favorevoli emessi dal TAR, con i quali è stata acclarata la legittimità dell’intera procedura, ritenuta immune dai vizi denunciati, molti dei concorrenti hanno potuto concludere positivamente l’iter concorsuale;   

 l’ufficio scolastico regionale avrebbe dovuto, pertanto, procedere all’attribuzione del punteggio ai singoli candidati per i titoli posseduti e, di conseguenza, all’attribuzione del punteggio finale, dato dalla somma dei voti delle due prove scritte, del voto della prova orale e del punteggio riportato nella valutazione dei titoli;   

nonostante le prove orali siano terminate, come già detto, il 18 febbraio 2014, l’ufficio scolastico regionale non ha ancora concluso il procedimento, né risulta che sia stata approvata la graduatoria generale di merito, alla stregua di quanto disposto dall’articolo 15 del bando di concorso;   

il ritardo nella pubblicazione sta determinando gravi pregiudizi a tutti i concorrenti che hanno superato le prove concorsuali ed aspirano ad un’utile collocazione in graduatoria, dopo aver profuso considerevoli energie in termini organizzativi, professionali e di studio;   

dovrebbe risultare anche d’interesse pubblico una celere conclusione dell’iter procedimentale, così da consentire la tempestiva copertura dei posti di dirigente scolastico vacanti e disponibili –:   

quali siano le iniziative che si intende mettere in campo per tutelare da un lato le legittime aspettative dei candidati idonei, e dall’altro l’interesse pubblico alla conclusione del concorso. (4-04784) 

La mozione risulta imprecisa e incompleta, perché non fa alcun riferimento alle pendenze giudiziarie (ipotetiche e se dimostrate, gravissime), cui abbiamo cursoriamente accennato.

A ragione riteniamo che, per la gravità delle fattispecie di reato ipotizzate, sia doveroso e legittimo aspettare ulteriori sviluppi dalle indagini, prima di sollecitare qualsivoglia intervento.

Infatti, la pronuncia della Magistratura, nel cui operato crediamo fermamente, potrebbe rimettere in discussione ogni cosa, potrebbe comportare l’annullamento della procedura concorsuale, se inficiata da reati insanabili.

Data la rilevanza e la peculiarità degli accadimenti campani, che non emergono dalla interpellanza, noi chiediamo al Ministro e alle Autorità:

1) di tutelare il diritto di tutti i partecipanti al Concorso;

2) di agevolare il lavoro della Magistratura e di contemplare soltanto alla fine dell’iter giudiziario la conclusione del Concorso, che tuttavia non può essere compiuta contro le norme della legalità e della giustizia;

3) che si mettano finalmente in atto tutte le iniziative volte ad una selezione trasparente, sulla base del merito, dei futuri Dirigenti scolastici.

Insomma, la politica non può sanare una situazione che la Magistratura potrebbe dimostrare insanabile!

Può, d’altra parte, il Ministero dell’Istruzione ipotizzare di concludere una procedura concorsuale mentre l’attività della Magistratura è in corso per chiarire e del caso perseguire eventuali fattispecie sanzionabili ad essa collegate?

Può ignorare l’esigenza di affidare soltanto a persone veramente meritevoli una funzione così determinante per la qualità della scuola?

Alla luce di queste riflessioni non è chiaro il fondamento dell’interpellanza, né appaiono ovvie le motivazioni del Decreto Salva-dirigenti, approvato lo scorso 3 giugno, che sembra andare in una discutibile direzione, insinuandosi e bypassando il lavoro della Magistratura non ancora concluso, quando prevede che:

“Entro il 31 dicembre 2014, è bandita ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8.novembre 2013, n. 128, la prima tornata del corso-concorso nazionale per il reclutamento del dirigenti scolastici per la copertura delle vacanze di organico delle regioni per le quali si è esaurita la graduatoria di cui al comma 1-bis del medesimo articolo 17. In sede di prima applicazione, il bando dispone che una quota dei posti, nel rispetto della normativa vigente, sia riservata ai soggetti già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie di concorso successivamente annullate in sede giurisdizionale, ai soggetti che hanno un contenzioso pendente legato ai concorsi per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale 22 novembre 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004 e al decreto direttoriale 3 ottobre 2006, ovvero avverso la rinnovazione della procedura concorsuale ai sensi della legge 3 dicembre 2010, n. 202, nonché ai soggetti che hanno avuto la conferma degli incarichi di presidenza di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43. Lo stesso bando disciplina i titoli valutabili tra i quali l’aver svolto le funzioni di dirigente scolastico.”

 

 

 

Sicuramente è condivisibile quanto dichiara la relatrice del disegno di legge, Francesca  Puglisi del Partito democratico, che “è intollerabile  che vincitori di concorso che lavorano già si vedano annullare tutto per errori dell’amministrazione”, ma è assolutamente intollerabile che con un contestabile intervento politico, che addirittura prevede delle corsie preferenziali, si legittimi un concorso su cui pendono ancora procedimenti penali ed amministrativi.

Concludiamo chiedendo con forza che il diritto, la legalità, il merito, finalmente, siano una priorità non solo dei Magistrati, ma anche dei politici, che troppo spesso urlano allo scandalo e poi trovano una soluzione politica allo scandalo!

Conoscendo la forza delle Vostre idee e la Vostra dirittura morale, crediamo di trovare in Voi interlocutori ideali.

 

Avellino, 18 giugno 2014

I docenti firmatari

 

 

Incontro al MIUR del 19 giugno 2014

Incontro al MIUR del 19 giugno 2014

Ieri 19 giungo si è tenuto un incontro al MIUR sugli organici dei dirigenti scolastici e sui mutamenti di incarico. Erano presenti tutte le organizzazione sindacali dell’area V e l’amministrazione.

Per quanto riguarda gli organici, l’amministrazione ha comunicato che il decreto è alla firma del Ministro. La novità di quest’anno è l’avvio pressoché sicuro di 52 CPIA nelle regioni che hanno proceduto alla delibera: 7 in Emilia Romagna, 4 in Friuli Venezia Giulia, 19 in Lombardia, 10 in Piemonte, 5 in Puglia, 4 in Toscana, 1 in Umbria e 2 in Veneto. Di conseguenza l’organico dei Dirigenti scolastici, comprensivo dei 52 CPIA, dovrebbe stabilizzarsi intorno agli 8095. Le istituzioni scolastiche sottodimensionate ammontano a circa 470.

Pubblicheremo il testo del decreto non appena disponibile.

A seguito dell’informativa l’Anp, insieme alle altre OO.SS, ha chiesto all’amministrazione notizie più dettagliate circa il numero di pensionamenti e il numero delle richieste di trattenimento in servizio. Abbiamo chiesto anche di rendere noti quanto prima gli indirizzi e i codici dei CPIA per consentire ai dirigenti interessati al mutamento di incarico di poter esprimere la preferenza anche per queste nuove istituzioni.

Per i trattenimenti in servizio il Ministero ha precisato che inoltrerà al MEF le circa 140 richieste pervenute con il parere favorevole degli Uffici Scolastici Regionali, per le sole regioni in cui non esistono code di idonei al concorso per dirigente scolastico. Ovviamente la decisione potrebbe essere rivista a seguito dell’emanazione del DL sulla pubblica amministrazione.

Rispondendo alle nostre richieste l’amministrazione ha precisato di aver intenzione di chiedere al MEF l’autorizzazione ad assumere i vincitori e gli idonei su tutti i posti disponibili nelle regioni in cui esistono code concorsuali.

Per i mutamenti di incarico il Miur ha presentato la bozza di nota, indirizzata ai direttori degli Uffici Scolastici Regionali, sostanzialmente immutata rispetto a quella dello scorso anno. Rimane ancora imprecisata la data di scadenza per le domande che dovrebbe comunque essere compresa tra il 5 e il 10 luglio. Lo stesso termine vale per i mutamenti interregionali .

L’Anp ha chiesto che, a proposito dell’ordine delle operazioni di mutamento d’incarico, si tenga conto anche della situazione di quei dirigenti che, per effetto del dimensionamento, si sono trovati con sedi in altre province o comunque molto distanti dal luogo di residenza.

L’Anp, insieme alla altre OO.SS., ha chiesto ragione del fatto che all’ordine del giorno non fosse prevista la discussione sugli altri punti contenuti nella richiesta unitaria di incontro inviata il 6 giungo scorso.

L’amministrazione è stata evasiva pertanto tutte le OO.SS hanno reiterato la richiesta di avere un monitoraggio relativo allo stato dei contratti integrativi regionali con riferimento, in modo particolare, al pagamento della retribuzione di risultato e delle reggenze. Si è inoltre sottolineata la perdurante grave situazione dell’Umbria.

L’Anp, in accordo con le altre OO.SS., ha inoltrato immediata richiesta di incontro al Capo di Gabinetto proprio per discutere della inaccettabile situazione della consistenza del FUN e della contrattazione integrativa regionale.

Graduatorie d’Istituto: adesioni ai ricorsi

Graduatorie d’Istituto: ANIEF apre le adesioni ai ricorsi

 

Per l’inserimento in seconda fascia con idoneità al concorso DDG 82/2012 o diploma magistrale linguistico/sperimentale ante 2001/02 e l’inserimento in terza fascia A019 con laurea in Scienze Politiche v.o. post 2000/01. E ancora: per assegnare 30 punti aggiuntivi agli idonei ai concorsi, 18 punti aggiuntivi a SFP, 12 punti aggiuntivi ai PAS, per la valutazione del servizio militare in seconda e terza fascia GI, per la valutazione del servizio IRC (e alternativa IRC) in seconda fascia GI, per il riconoscimento in GI del doppio punteggio per il servizio in pluriclassi prestato a partire dal 2007/08. Adesioni on line entro il 10 luglio.

 

Dopo l’annuncio di alcuni giorni fa, partono i ricorsi Anief avverso il D M 353/2014 di aggiornamento delle Graduatorie d’istituto. I punti critici che il sindacato intende impugnare riguardano sia il decreto ministeriale che le tabelle di valutazione titoli di seconda (tabella A) e terza fascia (tabella B) allegate al decreto. Ecco il dettaglio dei ricorsi:

 

  • Ricorso per l’inserimento in terza fascia GI A019 dei laureati in Scienze Politiche (vecchio ordinamento) dopo l’a.a. 2000/01: clicca qui per aderire on line

 

 

  • Ricorso per l’inserimento in seconda fascia dei docenti in possesso di diploma magistrale a indirizzo linguistico/sperimentale conseguito entro l’a.s. 2001/02: clicca qui per aderire on line

 

  • Ricorso per il riconoscimento di 30 punti aggiuntivi in GI agli idonei ai concorsi a cattedra (DDG 82/2012 e/o precedenti): clicca qui per aderire on line

 

 

  • Ricorso per il riconoscimento di 12 punti aggiuntivi agli abilitandi PAS che abbiano maturato un punteggio per il servizio scolastico prestato durante lo svolgimento del corso inferiore a 12 punti: clicca qui per aderire on line

 

  • Ricorso per il riconoscimento del punteggio per il servizio militare di leva (o civile sostitutivo) prestato in costanza di nomina (solo II fascia GI) o non in costanza di nomina (II e III fascia GI): clicca qui per aderire on line

 

  • Ricorso per il riconoscimento del servizio aspecifico in seconda fascia GI per l’insegnamento IRC o alternativa IRC: clicca qui per aderire on line

 

  • Ricorso per il riconoscimento del doppio punteggio per il servizio prestato in pluriclassi a partire dall’a.s. 2007/08: clicca qui per aderire on line

 

Si raccomanda a tutti gli interessati di leggere con molta attenzione le istruzioni per ciascun ricorso e di completare l’adesione seguendo tutte le indicazioni presenti sul portale Anief.

 

La scadenza per l’adesione ai ricorsi è fissata al 10 luglio 2014.

 

CONTRATTO: VALORIZZARE PROFESSIONE DOCENTE CON AREA SEPARATA

CONTRATTO, GILDA A GIANNINI: VALORIZZARE PROFESSIONE DOCENTE CON AREA SEPARATA
Se il ministro Giannini vuole davvero valorizzare la professionalità dei docenti, prenda in considerazione la proposta, che rappresenta da sempre un nostro cavallo di battaglia, di istituire un’area di contrattazione separata per gli insegnanti rispetto al resto del pubblico impiego”. A chiederlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, riferendosi alle dichiarazioni del ministro dell’Istruzione riguardanti il riconoscimento del merito.
Siamo d’accordo con Giannini quando afferma che per il contratto servono soldi: noi lo ribadiamo dal 2009, e cioè da quando è scaduto. Durante questi 5 anni – spiega Di Meglio – il potere di acquisto dei docenti è diminuito del 15% e al ministro chiediamo che nel rinnovo del contratto vengano recuperate le somme perse a causa dell’inflazione”.
Fin dal suo insediamento, questo Esecutivo si è definito come il governo del cambiamento: adesso dimostri concretamente di esserlo, raccogliendo la nostra proposta contrattuale e restituendo dignità professionale a un lavoro così delicato e importante come quello dell’insegnante. Ci auguriamo – conclude i coordinatore nazionale – che il ministro consulti e ascolti i sindacati prima di presentare la sua proposta di contratto”.

Appello

Alla c.a.
Stefania Giannini
Ministro dell’Istruzione, Università, Ricerca
Roberto Reggi
Sottosegretario di Stato

L’associazione Diesse Lombardia rinnova la richiesta al Ministro di porre attenzione ai problemi legati all’attuazione,
nel prossimo anno scolastico, di un insegnamento in lingua inglese di una disciplina non linguistica nelle classi quinte
dei licei e dei tecnici, secondo quando previsto da DD.PP.RR. attuativi della Riforma della Scuola Secondaria di
secondo grado nn. 88/2010 e 89/2010.
Si tratta di un intervento particolarmente ‘pesante’ che deve misurarsi con problemi di natura diversa.
Facciamo presente che già le esperienze in atto nei licei linguistici sono di vario tipo e genere e spesso difficilmente
catalogabili come insegnamento CLIL .
Innanzi tutto non possono essere ignorati alcuni problemi di natura organizzativa che rischiano di incidere
pesantemente sulla riforma prevista. Tra questi:
1) I docenti di molte scuole non hanno le competenze linguistiche necessarie per l’insegnamento in lingua di dln
(anche ora che sono state abbassate da C1 a B2). Nonostante l’impegno da ultimo profuso da parte degli USR,
i docenti che stanno frequentando corsi di perfezionamento linguistico sono ancora pochi. Inoltre ci si chiede
se le competenze linguistiche B2 possano considerarsi sufficienti per l’insegnamento di una disciplina in
lingua straniera?
2) Un insegnamento CLIL necessita di conoscenze linguistiche specifiche e richiede modalità didattiche
adeguate. A tutt’oggi però non sono ancora stati istituiti corsi CLIL da parte delle Università volti
all’acquisizione della metodologia relativa da parte dei docenti che il prossimo anno dovranno insegnare nelle
classi quinte dei licei e dei tecnici.
3) La situazione che si potrà creare il prossimo anno dovrà sciogliere nodi che potrebbero dar luogo anche a
conteziosi. Tra questi:
• la distribuzione dell’organico: i pochi docenti competenti dovranno essere “spalmati” sulle quinte a danno
della continuità didattica?
• l’esame di maturità: chi interrogherà le classi che hanno svolto una materia secondo la metodologia
CLIL? Solo docenti interni?
4) inoltre la mancata organizzazione di un insegnamento CLIL non potrebbe essere occasione per azioni legali
da parte dei genitori?
5) La maggioranza di questi problemi riguarda anche le scuole paritarie che sono tenute a rispettare quanto
previsto dal DPR ma i cui insegnanti non hanno avuto la possibilità di acquisire il titolo necessario. Anche i
docenti dei linguistici paritari non hanno potuto iscriversi ai corsi di metodologia organizzati lo scorso anno,
perché formalmente aperti solo ai docenti delle scuole statali.
Oltre ai problemi organizzativi richiamati, la proposta CLIL è portatrice di una questione culturale ed
educativa di grandissima rilevanza, di cui sino ad ora si è troppo poco discusso: l’impatto culturale e
formativo che questa scelta ha sulla formazione degli allievi. Cambiare la lingua veicolare di un
insegnamento, in particolare quando si tratta di insegnamenti umanistici o scientifici, non significa infatti
solo tradurre dei termini (cosa non sempre facile come sanno benissimo i traduttori professionisti) ma
proporre un nuovo costrutto semantico che inserisce i termini scelti in un contesto concettuale diverso. La
traduzione di opere letterarie, e ancor più poetiche, è a sua volta produzione letteraria e poetica.
L’insegnante sarebbe quindi chiamato non solo ad acquisire il linguaggio in modo approfondito ma anche a
‘ricostruire’ il proprio pensiero. In particolare per quanto riguarda l’insegnamento di discipline scientifiche
si negherebbe agli studenti la possibilità di un’approfondita comprensione degli strumenti concettuali,
linguistici e metodologici, propri delle diverse scienze; questo risulterebbe molto grave nella fase conclusiva
del percorso di scuola secondaria di secondo grado in cui agli studenti è richiesto il raggiungimento di
competenze specifiche di carattere logico-argomentativo.
Ciò comporta tre conseguenze, inevitabili nella grandissima generalità dei casi:
-­‐ l’impoverimento della proposta da parte dell’insegnante che si troverebbe a far fronte
contemporaneamente al padroneggiamento di una terminologia e al ripensamento del senso che tali
termini comunicheranno a soggetti, gli allievi, a loro volta impegnati alla semplice comprensione
letterale dei termini proposti;
-­‐ un possibile (e probabile) fraintendimento di quanto viene insegnato, anche se poi, in realtà, per
l’apprendimento molto probabilmente lo studente non farà riferimento alla lezione (in inglese) ma al
libro di testo con cui stabilirà un rapporto che esclude l’insegnamento in classe;
-­‐ i due punti richiamati mettono in luce anche come l’insegnamento CLIL, così come proposto dalla legge,
comporterà la grande difficoltà a sviluppare in classe un articolato confronto tra insegnanti e allievi e tra
gli allievi stessi, a loro volta condizionati da un possesso dello strumento linguistico in genere non
adeguato a questo tipo di comunicazione, e non sostenuto dalle modalità di insegnamento dell’inglese
attualmente in uso nella scuola italiana.
In questa situazione ci sembra ragionevole:
1) Lasciare alle scuole – nella loro autonomia e quindi nella responsabilità di una scelta formativa fatta
in base a ragioni culturali e di presenza delle risorse umane necessarie – la scelta di come introdurre
l’uso della lingua inglese nelle materie non linguistiche (nei paesi europei l’insegnamento CLIL è
scelto dalle scuole e non imposto uniformemente a tutte).
2) Sostenere nei prossimi tre anni un programma di formazione nelle competenze linguistiche per i
docenti e, parallelamente, di ripensamento dell’insegnamento della lingua impartito.
3) Assegnare a università, associazioni riconosciute come enti formatori il compito di formare i docenti
dal punto di vista metodologico, mettendo a confronto le diverse esperienze di insegnamento già
presenti in alcune scuole.
In sintesi l’associazione, in sintonia con quanto richiesto da tutti nell’incontro dell’8 maggio organizzato dal
Miur, chiede che le norme attuali per l’insegnamento di una disciplina in lingua inglese venga modificato
profondamente, a partire da esperienze più diffuse e da una riflessione che si confronti con i problemi
culturali che questo cambiamento comporta. Accanto a ciò che si guadagnerà deve essere chiaro anche che
cosa si perderà: solo così sarà possibile prendere decisioni che non si risolvano in un ulteriore
impoverimento delle capacità della nostra scuola di sostenere la crescita delle giovani generazioni.

PRECARI – Illegittimo non pagare le ferie per i periodi di sospensione delle attività didattiche

PRECARI – Illegittimo non pagare le ferie per i periodi di sospensione delle attività didattiche

 

Anief ricorda che l’art. 54 della Legge di Stabilità n. 228/12 contraddice la direttiva europea sulla materia n. 88/2003. Ma anche diverse norme della giurisprudenza nazionale, l’articolo 36 della Costituzione e molte sentenze già emesse nelle aule dei tribunali del lavoro. In attesa di una modifica legislativa riparatoria, per i supplenti “brevi” o con contratti fino al 30 giugno non rimane che fare ricorso.

 

Un docente o Ata precario con contratto “breve”, fino al termine delle attività didattiche o al 30 giugno 2014, ha pieno diritto a vedersi corrisposti tutti i giorni di ferie non godute. Anief torna a ribadire che questa sua prerogativa contrattuale non può essere negata. La direttiva europea n. 88/2003 indica, infatti, che nel conteggio dei giorni da monetizzare vanno indicati tutti i giorni di sospensione delle attività didattiche. Quindi pure le vacanze di Natale e di Pasqua, come gli stop delle lezioni decisi dalle regioni o degli stessi istituti sulla base di esigenze particolari. Oppure la chiusura delle scuole perché diventate seggi elettorali o ospitanti pubblici concorsi. Come, ovviamente, i periodi di malattia che “cadono” nei giorni di sospensione dell’attività didattica.

 

Collocare in ferie d’ufficio durante tali periodi i docenti e Ata precari, al termine del loro rapporto di lavoro, come ci risulta stiano facendo una parte dei dirigenti scolastici, significa voler infierire contro i lavoratori più indifesi. L’articolo 54 della Legge di Stabilità n. 228/12, approvato dal Governo Monti, non è applicabile. Oltre che rispetto alle indicazioni UE, è in palese contraddizione con i pareri espressi sullo stesso tema dalla Cassazione.

 

Lo stesso articolo della spending review che introduce il divieto di monetizzazione delle ferie dei precari presenta forti dubbi di costituzionalità: secondo Anief è in evidente contrasto con un articolo n. 36 della “madre” delle nostre leggi. Ma anche con diverse parti della giurisprudenza nazionale. Ad iniziare dall’art. 2109 del Codice Civile, il quale dispone che il diritto alle ferie si concretizza attraverso una fruizione il più possibile continuativa, al fine di soddisfare la finalità specifica “del recupero energetico e della salutare distensione e ricreazione psicologica”. Il concetto è stato ribadito più volte, su casi simili, anche dai giudici: secondo i quali non si può ridurre il monte ore delle ferie dei lavoratori sottraendo dal computo il numero di giorni che il dipendente ha passato nello stato di malattia.

 

“Le indicazioni di una precisa direttiva comunitaria e le norme nazionali in materia – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – parlano chiaro: fino a prova contraria non si può cancellare il diritto a quantificare i giorni di ferie da assegnare di ogni lavoratore sull’intero periodo lavorativo svolto. Quindi anche i giorni di sospensione delle lezioni vanno conteggiati, perché il dipendente rimane in servizio. In attesa che venga adottata una modifica legislativa in Parlamento, non rimane che rivolgersi al giudice del lavoro”.

 

Pertanto, Anief invita tutta i precari cui l’amministrazione nega il pagamento per intero delle ferie non fruite ad impugnare la posizione dell’amministrazione scrivendo a ferie@anief.net.

 

ESAMI DI MATURITA’, PER I COMMISSARI INTERNI RETRIBUZIONE INADEGUATA

ESAMI DI MATURITA’, PER I COMMISSARI INTERNI RETRIBUZIONE INADEGUATA

“Le retribuzioni per i membri interni delle commissioni degli esami di maturità sono totalmente inadeguate rispetto al compito delicato e professionalmente impegnativo svolto dai docenti”. La Gilda degli Insegnanti punta l’indice contro la circolare 7321/2012 con cui il ministero dell’Istruzione ha deciso unilateralmente di ridurre i compensi assegnati ai commissari interni, prevedendo pagamenti aggiuntivi soltanto se operano su più commissioni e non, come stabilito dalla precedente nota del 2007, anche nel caso in cui esercitino la loro funzione in due classi della stessa commissione.

“A luglio scorso – ricorda la Gilda – avemmo un incontro al Miur per discutere della questione, ma la risposta che il ministerò ci fornì non fu soddisfacente e perciò minacciammo di procedere con decreti ingiuntivi contro l’amministrazione. E’ trascorso un anno, eppure la situazione è rimasta immutata. Riteniamo inaccettabile questo comportamento e – conclude la Gilda – invitiamo viale Trastevere a rivedere la circolare e a ripristinare la precedente retribuzione per i commissari interni. Se il ministero continuerà a fare orecchie da mercante, riprenderemo il contenzioso”.

RIFORMA P.A.: TAGLIO A SINDACATI E’ DERIVA POPULISTICA

RIFORMA P.A., FGU: TAGLIO A SINDACATI E’ DERIVA POPULISTICA

“Quella sbandierata dal tandem Renzi-Madia è una rivoluzione puramente di facciata che in realtà non procura risparmi ma ferite gravi e profonde alle grandi organizzazioni democratiche rappresentate dai sindacati”. Non usa mezzi termini Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Federazione Gilda-Unams, per commentare il dimezzamento dei permessi e dei distacchi sindacali previsto dalla riforma della pubblica amministrazione approvata venerdì scorso in Consiglio dei Ministri.

“Il taglio del 50 per cento di permessi e distacchi viene effettuato brutalmente, senza alcuna gradualità, e va a colpire persone che generalmente prestano servizio ben oltre il normale orario di lavoro per difendere i diritti di insegnanti e impiegati e per aiutarli a districarsi nella giungla burocratica italiana”.“Il risparmio che deriverà dal dimezzamento di permessi e distacchi – spiega il coordinatore della Fgu – ammonterà a circa 13 milioni nelle scuole e ad altrettanti nel resto del pubblico impiego, una cifra che corrisponde a meno degli stipendi di una manciata di dirigenti pubblici. Il rientro dei distaccati, inoltre, non farà altro che ridurre ulteriormente i posti di lavoro disponibili, con ‘tanti saluti’ al famoso ricambio generazionale”.

“Ben altro sistema ha usato il governo – incalza Di Meglio – per il finanziamento pubblico ai partiti, la cui abolizione avverrà soltanto nel 2017 e che alla fine verrà sostituito dal 2 per mille nella dichiarazione dei redditi. L’attacco di Renzi – conclude – si conferma come una deriva populistica tesa a destrutturare i sindacati”.

Scuole pubbliche o solo statali?

Mercoledì 25 giugno

Ore 9.00 – 13.00

Aula Magna Università LUISS, viale Pola 12, Roma

Presentazione del Quaderno n. 10:

“Scuole pubbliche o solo statali? Per il pluralismo dell’offerta. Francia, Olanda, Inghilterra, USA e il caso Italia”

Apertura

MASSIMO EGIDI –Rettore Università LUISS

Relazioni

SIMON STEEN – Presidente ECNAIS (European Council of National Associations of Indipendent Schools)

Le scuole indipendenti in UE e il caso Olanda

ANTONINO PETROLINO – già Dirigente scolastico e Presidente ESHA (European School Heads Association)

I casi Inghilterra e USA

BERNARD TOULEMONDE – Inspecteur General de l’Education Nationale

Il caso Francia

ROSARIO DRAGO – già Ispettore tecnico dell’istruzione e consigliere MIUR

Il caso Italia

ATTILIO OLIVA – Presidente Associazione TreeLLLe

Considerazioni conclusive

ANDREA ICHINO – Prof. Economia Politica (European University Institute)

Una ipotesi di sperimentazione

Interventi

On. LUIGI BERLINGUER, già Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca

On. STEFANIA GIANNINI, Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca

Questa ricerca riguarda il rapporto fra “finanziamento” e “gestione” delle istituzioni scolastiche e, in connessione, la questione dei limiti alla libertà di scelta educativa da parte dell’utenza.

Si tratta di un tema molto controverso sul piano politico. Non siamo in presenza di una querelle solo italiana:  con toni diversi, il nodo è stato già affrontato in altri paesi di grande tradizione educativa, ciascuno dei quali ha individuato una propria via per gestirlo. Ci sono del resto eccellenti ragioni, storiche e culturali, per sostenere il ruolo primario dello Stato ad indirizzare e valutare l’azione educativa della scuola; come ce ne sono di non meno valide per sottolineare i rischi di un monopolio educativo, da chiunque esercitato.

In ciascuno dei quattro paesi stranieri presi in esame, esistono scuole finanziate dallo Stato ma gestite da privati, con modalità diverse: è il caso delle Charter Schools americane, delle Academy Schools inglesi, delle Scuole private a contratto in Francia e delle Scuole private a diversa “denominazione” nei Paesi Bassi. Quello che li accomuna tutti è la scelta di diversificare l’offerta formativa, consentendo l’apertura di scuole “indipendenti”, finanziate nella stessa misura o quasi delle corrispondenti scuole statali.

Il Quaderno si conclude con il caso delle scuole paritarie in Italia: l’assegnazione dei fondi pubblici viene effettuata in un clima di sostanziale  incertezza e aleatorietà. Con queste caratteristiche, il “contributo” dello Stato (ed anche degli altri enti pubblici) risponde solo simbolicamente ai principi di pluralismo dell’offerta, diritto di scelta delle famiglie, sussidiarietà tra iniziativa statale e privata, e natura pubblica del servizio educativo affermati dalla legge 62.

Anche dal punto di vista culturale la misura e le modalità a dir poco inefficienti del finanziamento pubblico non sembrano rispondere ad una consapevole e condivisa scelta politica che è stata invece operata dagli altri Paesi presi in esame.

Inclusione scolastica: riforme e temi urgenti

Inclusione scolastica: riforme e temi urgenti

Molti i temi relativi al diritto allo studio sul tavolo dello specifico Comitato tecnico dell’Osservatorio del Ministero dell’Istruzione sull’inclusione degli alunni con disabilità.

Presieduto dal sottosegretario Reggi, il Comitato, l’11 giugno, ha visto la partecipazione di esperti universitari, dirigenti ministeriali e di FAND e FISH, le federazioni maggiormente rappresentative delle associazioni di persone ed alunni con disabilità.

Si è discusso della proposta di legge predisposta da tempo dalle associazioni per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica e già presentata all’Osservatorio. Le disposizioni che la proposta prevede potrebbero favorire la continuità didattica, oggi frenata dal diffuso precariato, creando degli appositi ruoli per i docenti per il sostegno.

Vi si ribadisce anche l’obbligo di riduzione del numero di alunni per classe e del numero di alunni con disabilità nella stessa classe. Ed ancora: l’obbligo di formazione iniziale ed in servizio dei docenti sulle didattiche inclusive.

La proposta – già presentata – in Parlamento sarà esaminata entro luglio dal Ministero insieme con i parlamentari firmatari e le associazione per accelerarne l’approvazione.

Le associazioni hanno poi richiesto il ripristino dei fondi ministeriali per l’inclusione scolastica, fortemente ridotti sino quasi all’eliminazione negli ultimi anni. A tal proposito ci saranno a breve incontri col Ministero dell’Economia.

Inoltre, entro giugno, in attuazione di disposizioni già vigenti, verrà emanata una circolare che, a partire dall’inizio di settembre, avvierà la formazione dei docenti di classe dei singoli alunni con disabilità ed altri bisogni educativi speciali anche per evitare la delega didattica ai soli docenti per il sostegno.

Assai dibattuti problemi urgenti come la garanzia di “accessibilità” dei “prodotti informatici” (registri elettronici, portale MIUR ecc.), quello del controllo sull’adeguatezza degli attuali corsi di specializzazione per il sostegno, su cui sono state presentate interrogazioni parlamentari, e quello dello sciopero del personale ATA. A partire dal 1° settembre sarà infatti loro revocata l’indennità per l’assistenza igienica agli alunni con disabilità più gravi. Ciò comprime fortemente il diritto allo studio di tali alunni e le associazioni si sono dichiarate intenzionate a sostenere lo sciopero, se non si troveranno soluzioni adeguate e urgenti. Su quest’ultimo aspetto il Sottosegretario Reggi, in chiusura, ha dichiarato che una soluzione andrà certamente trovata.

Un ultimo aspetto riguarda la sensibilizzazione: la celebrazione del 3 dicembre – Giornata mondiale delle persone con disabilità – quest’anno si svolgerà per la prima volta d’intesa tra Ministero ed associazioni.

Il Presidente Nazionale FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap
Vincenzo Falabella

Il Presidente Nazionale FAND – Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità
Giovanni Pagano

Le Reti Generali delle scuole lombarde

Le Reti Generali delle scuole lombarde
Un passo decisivo per il cambiamento della governance di sistema?

A cura delle Associazioni ADI – AIMC – ANDIS – ANP – DIESSE – UCIIM della Lombardia

Le associazioni professionali di dirigenti e docenti ADI – AIMC – ANDIS – ANP – DIESSE –
UCIIM della Lombardia si sono riunite per confrontarsi sull’iniziativa presa dal Direttore Generale
dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, ovvero la costituzione di reti generali fra le
scuole lombarde. Dall’incontro è scaturito un primo documento di giudizio che verrà divulgato
nelle scuole.
In questi ultimi mesi il sistema scolastico lombardo, dopo una rapidissima gestazione guidata
dalla Direzione Generale della Lombardia, ha visto la nascita delle cosiddette ‘Reti Generali’, alle
quali, dopo alcune incertezze iniziali, le istituzioni scolastiche hanno aderito in numero
considerevole, anche perché le reti rappresenteranno il canale ordinario attraverso cui
transiteranno i finanziamenti ‘aggiuntivi’ per le istituzioni scolastiche, tra cui quelli destinati alla
formazione dei docenti.
Le Reti Generali sono state costituite sulla base di specifici Statuti e si sono dotate di una
governance articolata in:
– un Organo decisionale, l’Assemblea generale, formata dai rappresentanti di ogni
istituzione scolastica aderente;
– un Referente organizzativo generale, l’istituzione scolastica capofila, che funge da ‘Istituto
cassiere’ e presso cui ha sede la Rete;
– un Organo esecutivo (gruppo di regia), nominato dall’Assemblea generale, responsabile
della gestione comune della rete;
– i Referenti di singole tematiche, le cosiddette ‘Scuole Polo’, individuate sulla base delle
competenze e degli interessi specifici espressi nel tempo.
Per quanto esito di un processo “calato dall’alto” e, pertanto, non pienamente coerente con lo
spirito e la lettera dell’art.7 del DPR 275, tuttavia riteniamo che la Rete Generale possa configurarsi,
potenzialmente e a determinate condizioni, come uno spazio organizzativo complessivo, in grado di
diffondere e sostenere la diffusione e la crescita di una ‘logica di rete’, attraverso cui incrementare
e rendere ‘sistemica’ una pratica dell’autonomia efficace ed efficiente.
La ‘logica di rete’ trova però il suo fondamento nella presenza vitale di ‘Reti di scopo’, al
momento costituite sulla base degli argomenti sviluppati nell’ambito dei ‘tavoli tematici” già attivati
ed operativi per iniziativa dell’Ufficio Scolastico Regionale. Tutti temi particolarmente rilevanti e
utile riferimento per la formazione del personale – tema quest’ultimo richiamato anche
espressamente in alcuni Statuti delle Reti. In realtà gli stessi temi potrebbero essere affrontati non
solo attraverso la formazione ma con altre modalità più direttamente connesse al funzionamento
delle singole Istituzioni scolastiche. Alla distribuzione delle risorse ‘aggiuntive’, oggi attribuite
direttamente alle singole Istituzioni scolastiche o attraverso gli UST, all’incremento e al
riordino delle ‘Reti di scopo’, alla razionalizzazione della spesa per la formazione, si
potrebbero in prospettiva aggiungere compiti relativi alla ricerca, ai rapporti con il contesto, e
soprattutto alla didattica (successo formativo, bisogni educativi speciali, contrasto alla dispersione,
alternanza scuola-lavoro ecc.).
Perché questo avvenga è necessario che l’istituzione delle ‘Reti Generali’ all’interno del sistema
scolastico regionale costituisca un’occasione per un effettivo cambiamento nella governance del
sistema. Ciò non è automatico, perché dipende dal “senso” (in termini di significato e di direzione)
che l’Amministrazione scolastica e le scuole sapranno imprimere all’iniziativa, e anche perché il
rischio di confusione dei ruoli o di ulteriori vincoli burocratici è da tenere presente.
Deve innanzitutto essere chiaro che le Reti non costituiscono il fine ma lo strumento per
responsabilizzare il sistema.
Tutto dipenderà da come questa esperienza verrà gestita, dal ruolo che l’Amministrazione
scolastica deciderà di giocare, dalla capacità delle istituzioni scolastiche lombarde di sviluppare
iniziativa, progettualità e di costruire una prospettiva di sviluppo, utile al potenziamento della loro
autonomia e della qualità del servizio offerto alla comunità. Anche le associazioni potranno svolgere
un ruolo fondamentale per diffondere una cultura partecipativa nelle scuole in modo che una vivace
presenza di proposte da parte delle scuole – singole o alleate in reti di scopo – aiuti a definire in
modo chiaro il ruolo ed i compiti delle reti generali.
In sintesi, diversi sono gli elementi di criticità che influiranno sul successo o meno di questa
innovazione:
· La disponibilità di un numero alto di Istituzioni scolastiche ad investire nella ‘Rete Generale’ di
riferimento diventandone parte attiva, in particolare nel Gruppo di regia. È questa la sola
garanzia che l’Istituzione capofila non assuma un ruolo analogo a quello attualmente svolto
dall’Amministrazione periferica, con l’aggravante che essa non ha una posizione ‘terza’ rispetto
alle altre Istituzioni scolastiche membri della Rete.
· La capacità di ogni ‘Rete Generale’ di dotarsi di procedure innovative e di criteri trasparenti,
oggettivi, selettivi per la scelta dei percorsi da sostenere – rinunciando alla prassi del
finanziamento ‘a pioggia’ attraverso la distribuzione di parità di risorse e trovando modalità
adeguate di valutazione dei progetti – e di strumenti efficaci di verifica degli esiti delle iniziative
sostenute.
· La valorizzazione delle ‘Reti di scopo’ (e delle micro-reti) – già esistenti e che si formeranno
nel tempo – anche superando i confini provinciali o sub-provinciali delle attuali Reti Generali.
Queste sono infatti espressione diretta delle scelte e dei bisogni delle Istituzioni scolastiche, cui
spetta il compito di sviluppare un’azione formativa ed educativa efficace, efficiente e
corrispondente alle attese del proprio contesto. È questa una condizione necessaria perché la
‘Rete Generale’ rappresenti un reale fattore di sostegno all’autonomia e alla responsabilità delle
singole istituzioni formative.
· L’adozione di modalità per la formazione del personale della scuola che valorizzino un approccio
sussidiario e plurale. La scelta da parte delle Istituzioni scolastiche del soggetto cui chiedere la
formazione del personale, in particolare docenti e dirigenti, rappresenta infatti un aspetto
decisivo per l’effettivo esercizio dell’autonomia.
· La necessità che l’esigenza di strutturare la governance di rete non finisca col comprimere e tanto
meno mortificare l’iniziativa delle e nelle singole istituzioni scolastiche.
Con un’espressione sintetica potremmo dire che il successo di una ‘Rete Generale’ dipenderà
dalla sua capacità di offrire alle istituzioni scolastiche aderenti una prospettiva che superi
il cerchio autoreferenziale di cui la struttura burocratico-amministrativa è spesso generatrice e
garante. In questa prospettiva è altrettanto inevitabile che l’attivazione delle reti traguardi anche una
riorganizzazione complessiva del sistema, che comprenda il trasferimento alle Reti di funzioni che
l’Amministrazione centrale e periferica continua, spesso impropriamente, a detenere.
Questo significa anche che un appuntamento decisivo per il futuro è rappresentato dalla
capacità che ogni ‘Rete Generale’ avrà di rappresentare un ponte sia con partner presenti nel
contesto – come è il caso, per quanto riguarda la formazione, delle Associazioni professionali
accreditate – sia con i soggetti (stakeholder) interessati alla qualità offerta dal servizio scolastico,
da cui può venire un contributo di risorse e soprattutto un ampliamento dell’orizzonte e della
prospettiva in cui oggi la scuola si riconosce e agisce e a attraverso cui identifica le proprie scelte
operative.

Graduatorie d’istituto: ricorso per inserimento terza fascia

Graduatorie d’istituto: Anief ricorre per l’inserimento in terza fascia per la classe A019 dei laureati in Scienze Politiche (vecchio ordinamento) dopo l’a.a. 2000/01

 

Anief annuncia l’impugnazione del D.M. 353/2014 nella parte in cui esclude dalla terza fascia delle graduatorie d’istituto per la classe A019 gli aspiranti docenti in possesso di laurea in scienze politiche, vecchio ordinamento, conseguita dopo l’a.a. 2000/2001.

 

Il 7 Aprile 2014 l’Anief ha chiesto formalmente al Miur chiarimenti sullenorme in materia di reclutamento degli aspiranti docenti in possesso di laurea in scienze politiche conseguita dopo l’a.a. 2000/01, considerato il fatto che a chi è in possesso del suddetto titolo non viene garantita la possibilità di accesso alla terza fascia delle graduatorie d’istituto per la classe di concorso A019 – discipline giuridiche ed economiche.

 

Considerato che dalle stanze di viale Trastevere non è pervenuta alcuna nota ufficiale di risposta, l’Anief ha deciso di proporre ricorso al TAR Lazio.

 

L’art. 168 T.U. 1592/33 dispone che “la laurea in scienze politiche è equipollente a quella in Giurisprudenza per l’ammissione a tutti i concorsi per le Amministrazioni Governative, salvo per la carriera giudiziaria”.

 

Il Decreto Interministeriale 15 febbraio 2011 n. 124, relativo all’equipollenza del diploma di laurea in Giurisprudenza al diploma di laurea in Scienze Politiche, all’art. 1 prevede espressamente che “il diploma di laurea di vecchio ordinamento in Giurisprudenza, conferito dalle Università statali e non statali abilitate a rilasciare titoli aventi valore legale, è equipollente al diploma di laurea di vecchio ordinamento in Scienze Politiche, rilasciato dalle predette istituzioni, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi”.

 

Appare pertanto evidente la violazione del principio di parità di trattamento laddove gli aspiranti docenti, nonostante siano in possesso del medesimo titolo, non possono accedere all’inserimento in terza fascia per la A019 se conseguito dopo l’a.a. 2000/2001.

 

Pertanto, tutti gli interessati (laureati in scienze politiche V.O. dopo il 2000/01) devono presentare il modello A2 (o il modello A2bis, a seconda dei casi) entro il prossimo 23 giugno 2014.

 

Anief renderà note con un successivo comunicato le modalità per l’adesione al ricorso.

 

LA DIRIGENZA SCOLASTICA RIMANE SOMMERSA?

COMUNICATO DIRIGENTISCUOLA-CONFEDIR: LA DIRIGENZA SCOLASTICA RIMANE SOMMERSA?

Nell’affollato, ma sostanzialmente coreografico, tavolo di ieri tra le parti sociali e la onorevole Marianna Madia, nulla si è saputo sugli atti normativi che oggi saranno licenziati dal Consiglio dei Ministri per riformare la Pubblica Amministrazione, nel cui alveo dovrebbe essere ridisegnata la dirigenza ab imis fundamentis.

Tra le varie sigle presenti campeggiavano (nel numero) quelle di comparto, altresì rappresentative (al 56%, secondo gli ultimi, e risalenti, dati ARAN) della dirigenza scolastica, restate completamente silenti sul riscritto punto 9 delle Linee guida della riforma Renzi-Madia, che ora vorrebbe fare salve le specificità della dirigenza medica e della dirigenza scolastica: fosco preludio, per quest’ultima, a permanere reclusa nella propria riserva indiana per non infettare le dirigenze vere, o presunte tali.

E, soprattutto, neanche una parola-una del presidentissimo a vita del reiteratamente autodeclamato sindacato più autorevole e più rappresentativo della dirigenza scolastica (dato ARAN: 36%), e parimenti presidente della confederazione cui è associato.

Solo la CONFEDIR, nella cui delegazione era presente il Segretario Nazionale di DIRIGENTISCUOLA, dr. Attilio Fratta, ha posto il problema della normalità della dirigenza scolastica, in quanto dirigenza manageriale a tutto tondo. Sicché,senza se e senza ma, ha chiesto, come obiettivo minimo, la necessaria equiparazione retributiva e giuridica con la dirigenza ministeriale, cioè dello stesso datore di lavoro, e conseguente fuoriuscita dall’attuale Area quinta o da nuovi recinti che si vogliano prefigurare, nobilitati o meno da suggestive denominazioni.

Solo per i medici – ha poi puntualizzato il Segretario Generale della CONFEDIR, prof. dott. Stefano Biasioli, già primario ospedaliero e dirigente di struttura dipartimentale complessa – il riconoscimento della intrinseca specificità (siccome compendiantesi in una prestazione di natura squisitamente tecnico-professionale, esclusiva o comunque prevalente) dovrebbe comportare il ritorno alla primigenia qualifica di soggetti professional, regolati in un separato contratto; nel mentre la qualifica dirigenziale permarrebbe solo per alcune apicalità prettamente gestionali.

E’ stato pertanto rimarcato che quella esplicata, in posizione apicale, in enti-organi dotati di autonomia funzionale e riconosciuta in Costituzione, è dirigenza piena! E’, cioè, dirigenza che gestisce, conducendole a sistema e orientandole alla destinazione di scopo, risorse umane-strumentali-finanziarie; per l’appunto costituito dalla produzione di un servizio pubblico (formare, educare, istruire), ascritto alla sua esclusiva e giuridicamente esigibile responsabilità.

L’incontro è stato, certo, deludente, ed è sembrato che la ministra fosse interessata solo ad acquisire, dalla vasta platea, un consenso a prescindere, o a scatola chiusa.

E’ però almeno servito a far gettare la maschera ai sindacati che si vantano di rappresentare la dirigenza scolastica, ma hanno – agendo di conseguenza – un prosaico interesse a mantenerla nell’attuale status di figlia di un dio minore.

I sindacati generalisti, grazie al mirabile autolesionismo di datori di lavoro, possono continuare a tenerli surrettiziamente astretti nel comparto scuola, per eroderne i poteri a tutela dell’indistinta e contrapposta massa dei lavoratori della scuola, le centinaia di migliaia di docenti e di personale amministrativo-tecnico-ausiliario (rapporto uno a cento!).

Il più autorevole e rappresentativo sindacato professionale, avendo da tempo saturato il suo fisiologico livello di crescita, è altrettanto prosaicamente interessato a preservare la quinta area della specifica dirigenza scolastica – al di fuori della quale è inesistente – e quindi a evitare che la sua ancora cospicua quota di rappresentatività venga diluita nell’unica e ben più vasta area della dirigenza statale, se non dell’intera dirigenza pubblica. Ed intanto lucra questa propria rendita di posizione a vantaggio di una ristretta oligarchia inamovibile che si auto perpetua con il collaudato e scientifico sistema delle lente cooptazioni.

DIRIGENTISCUOLA è nata – e cresce – per contrastare questo contorto sistema, e si ostina a sperare che i colleghi aprano gli occhi, prendendo finalmente nelle proprie mani il loro destino.