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Alunni con cittadinanza non italiana A.S. 2011-2012

Alunni con cittadinanza non italiana A.S. 2011-2012
Approfondimenti e analisi

Il volume è a cura di Vinicio Ongini (Miur) e Mariagrazia Santagati (Ismu)

L’elaborazione dei dati è stata realizzata nel dicembre 2012

Accoglienza e integrazione degli Alunni stranieri

Nota di sintesi, riflessione e proposte elaborata nel corso  di formazione per l’accoglienza e integrazione degli Alunni stranieri.

Arezzo, maggio 2012

 

Alunni Stranieri: il 37% viene “fermato” alla fine del primo anno di scuola superiore e l’11% abbandona. Che cosa possono fare la scuola e le istituzioni locali?

 

Premessa

Nella presente Nota riportiamo le riflessioni e le proposte emerse dal corso di formazione “Gli alunni stranieri: le criticità nel passaggio dalla scuola secondaria di 1° grado alla scuola secondaria di 2° grado e i miglioramenti possibili”, tenutosi ad Arezzo nell’anno scolastico in corso (2011/12), al quale hanno partecipato docenti referenti e/o funzioni strumentali per gli alunni stranieri e per l’orientamento scolastico appartenenti ai due cicli scolastici.

Il documento è rivolto ai dirigenti scolastici, ai collegi dei docenti e a tutto il  mondo della scuola  affinché la complessità del fenomeno sia presa in carico non solo dai docenti referenti – che costituiscono comunque i punti di riferimento e i coordinatori delle iniziative – ma dalla intera comunità dei docenti, sia per l’aggiornamento-formazione professionale che si rende necessario per tutti, sia per gli interventi che ciascuno è chiamato a realizzare in classe e nelle singole discipline. Il documento è posto all’attenzione delle amministrazioni e delle istituzioni locali e del mondo associazionistico, affinché vi sia una presa di coscienza collettiva su tale problematica e una visione lungimirante nel prospettare le azioni di inclusione e di inte(g)razione

 

Alcune criticità

Nella variegata problematica dell’integrazione e della riuscita scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana, tra i punti di criticità che permangono – nonostante il cammino percorso e i molti passi in avanti compiuti – assume particolare rilievo quello che il “Dossier Statistico Immigrazione 2010” di Caritas/Migrantes ha chiamato “integrazione subalterna”, intendendo con questa espressione l’insieme dei fattori che connotano come particolarmente svantaggiata la frequenza della scuola degli alunni stranieri e in particolare di quelli neo-arrivati.

I dati nazionali che evidenziano questa condizione sono noti da tempo, ciò nonostante essi sono rimasti sostanzialmente immodificati. Il ritardo scolastico che aumenta nel corso degli studi – un alunno straniero che frequenta la terza media, ad esempio, ha un’età più elevata di uno, due o più anni nel 54% dei casi, mentre fra gli italiani è in ritardo alla fine della scuola secondaria di I grado meno del 10% del totale –; la forte canalizzazione delle scelte scolastiche verso l’istruzione professionale (oltre il 40%) e tecnica (il 38%); i tassi di ripetenza  che insieme agli  abbandoni crescono lungo gli anni del percorso scolastico e toccano punte di particolare acutezza negli anni di passaggio e soprattutto nel primo anno delle scuole superiori (Miur, 2011).

Queste cause sono tra loro strettamente collegate e disegnano una sorta di “circolo vizioso”: inserimento penalizzante in ingresso (uno/due anni indietro rispetto all’età anagrafica) che colpisce soprattutto i neo-arrivati; maggiore probabilità di riportare esito negativo soprattutto alla fine del primo anno di ogni ciclo di scolarità; marginalità sociale che diventa anche solitudine relazionale nel tempo extrascolastico; mancanza di adeguate figure di riferimento in grado di aiutare lo studente nello studio/compiti a casa; difficoltà della famiglia ad accompagnare i figli nel momento delle scelte scolastiche (spesso orientate “al ribasso”) e a sostenerne motivazioni e progetto.

I dati sopra menzionati – alto ritardo scolastico, forte canalizzazione nei percorsi di studio professionalizzanti e più brevi, esiti negativi e abbandoni – esprimono con nettezza la condizione di svantaggio degli alunni figli dell’immigrazione, rispetto alla quale la scuola deve riuscire a mobilitare vecchie e nuove energie se vuole operare per rimuovere gli ostacoli, realizzare pari condizioni di partenza, creare le condizioni per il successo scolastico, essere inclusiva ed accogliente. L’obiettivo è alto: partire dal “basso” consente sempre di costruire con gradualità percorsi e strumenti condivisi.

 

Il passaggio alla scuola superiore: un momento delicato per tutti

Tra quelli citati, il dato che richiede maggiore attenzione da parte delle comunità scolastiche, riguarda l’altissimo tasso di ripetenza nel passaggio dalla scuola secondaria di I grado alla secondaria di II grado. Si tratta di un momento “cruciale” nella storia scolastica di ogni studente, nel quale vengono “al pettine” molteplici fattori di criticità.

Alcuni dati riferiti all’a.s. 2010/11, elaborati dalla Sezione Immigrazione dell’Osservatorio Sociale Provinciale in collaborazione con l’Osservatorio scolastico della Provincia di Arezzo, possono aiutarci a capire quanto andiamo dicendo. Nel 1° anno delle scuole superiori il 36,5% degli alunni stranieri iscritti è “fermato”, e un altro 11% si ritira in corso d’anno (questo dato di “abbandono” riguarda interamente gli istituti professionali).  Il passaggio dalla scuola secondaria di I grado alla superiore si rivela “delicatissimo” per tutti gli studenti: per gli alunni stranieri nati in Italia, ovvero le cosiddette “seconde generazioni” in senso stretto che presentano tassi di ripetenza poco inferiori agli alunni stranieri ricongiunti (pari al 35%), ma al contrario di questi ultimi hanno un tasso di abbandono pari allo zero (da qui emerge lo stretto rapporto tra ritardo scolastico e abbandono); e per gli alunni italiani che “bocciano”, nella classe 1^ delle superiori, con una percentuale molto elevata (pari al 16%), la più alta di tutto il ciclo di istruzione secondaria.

È su questo momento di passaggio che abbiamo voluto indagare, utilizzando contemporaneamente, forse per la prima volta, i punti di vista, le esperienze e le conoscenze di docenti diversi per compiti (referenti per gli alunni stranieri e per l’orientamento), appartenenti a scuole del 1° e del 2° ciclo, provenienti da diversi contesti territoriali della nostra provincia.

L’antico e più alto compito della scuola italiana – essere agente della promozione sociale, rimuovere gli ostacoli allo sviluppo delle potenzialità, creare le condizioni per le pari opportunità – che nel passato ha riguardato le differenze interne al nostro Paese, ritorna in forme nuove e si allarga a comprendere le “disparità” e contraddizioni che la rapida evoluzione mondiale trascina con sé. È per questo che abbiamo bisogno di più scuola, più attenzioni concrete alla scuola, più cura delle sue professionalità; e occorre ripeterlo, più risorse in organici, in tempo scolastico, in formazione, in figure professionali collaterali, in servizi; e più collaborazioni interistituzionali e con le risorse del territorio.

 

Come curare i “passaggi”: alcune proposte

Nel nostro percorso abbiamo messo da parte importanti rivendicazioni (che ciascuno potrà rappresentare in altre sedi e nei modi e tempi che riterrà opportuno) e ci siamo concentrati sul “qui” e “ora”, cioè su cosa è possibile fare fin da ora nel quadro della situazione esistente. Siamo partiti da domande semplici ma centrali, relative alle cause del fenomeno, chiedendoci  su quali  di esse sia possibile intervenire e, soprattutto, quali azioni coordinate e cogestite tra ordini di scuole possono essere intraprese sul piano didattico, organizzativo, relazionale e della continuità.

In particolare la discussione-ricerca si è concentrata sulle proposte – strumenti, azioni, iniziative – credibili, incisive ed efficaci, ma anche praticabili, da elaborare e sottoporre all’attenzione delle scuole. Ci siamo chiesti perciò che cosa debba avvenire (in termini di dispositivi, procedure, documentazione) nell’ultimo anno della scuola di I grado; che cosa nel primo anno delle superiori e, soprattutto che cosa si deve costruire nella “terra di mezzo”, nella fase di attraversamento del “confine” tra ordini di scuola, affinché in questa fase intermedia l’alunno non sia lasciato solo, e si eviti l’oscuramento del cammino fatto e della prospettiva di sviluppo tracciata, dei punti di partenza, degli adattamenti compiuti e delle potenzialità su cui si è fatto leva.

La proposta è costruire un “ponte” che, partendo dalla continuità del progetto didattico-educativo, evolva senza cesure e gradualmente nella discontinuità della nuova fase formativa. L’elemento di novità è che il “ponte” sia il frutto di un accordo tra le scuole, realizzato in condivisione e cogestione; che ci sia un momento – la fase iniziale del nuovo anno scolastico – in cui l’alunno fa ingresso nella scuola superiore accompagnato dai suoi docenti (e dunque dalla sua storia, dalle sue caratteristiche, dal suo percorso scolastico) al nuovo Consiglio di classe, che lo accoglie facendosi carico del raccordo sia per gli aspetti socio-relazionali sia per l’organizzazione in termini di gradualità dei nuovi apprendimenti.

La proposta appena enunciata, specificatamente rivolta agli alunni che presentano una situazione di maggiore vulnerabilità/problematicità, può essere così schematizzata.

  • Scuola secondaria di I grado e scuola secondaria di II grado

Nella fase delle iscrizioni alla nuova scuola (da febbraio in poi) gli insegnanti referenti/funzioni strumentali per l’Orientamento scolastico e per gli Alunni stranieri prendono contatti con i lori colleghi della scuola di arrivo, verificano insieme  le possibilità di accoglienza e integrazione, di  prosecuzione e  sviluppo del percorso personalizzato, gettano le basi per i successivi contatti e scambi di informazioni.

  • Scuola secondaria di I grado

Nel terzo anno si compila una scheda di presentazione dell’alunno, del suo percorso scolastico, degli adattamenti previsti e delle potenzialità, che si conclude con la motivazione della promozione ed indicazioni per il raccordo didattico-educativo.

Nell’Allegato 1 presentiamo un modello di scheda condiviso dai docenti dei due ordini di scuola che hanno partecipato al percorso formativo. Una scheda da sperimentare ed eventualmente migliorare per renderla più funzionale agli obiettivi posti. È riferita agli alunni stranieri, ma può essere adattata anche agli alunni autoctoni.

  • Scuola secondaria di I grado e scuola secondaria di II grado

Nei primi giorni dell’anno scolastico, durante la fase di programmazione, i docenti della classe di provenienza, insieme ai docenti referenti degli alunni stranieri e dell’orientamento scolastico incontrano i loro colleghi della scuola di II grado per presentare l’alunno  sulla base della scheda di accompagnamento da essi predisposta.

  • La scuola secondaria di II grado,sulla base del materiale fornito dalla scuola di provenienza e dell’incontro con i suoi docenti elabora una propria scheda di accoglienza e integrazione nella quale stabilisce gli adattamenti del percorso di studio in continuità e sviluppo con quello della scuola di provenienza e ogni altro accorgimento volto a facilitare l’inserimento-accoglienza  nella nuova realtà scolastica e promuovere la riuscita scolastica.

Come azioni di sistema è importante prevedere che:

  • al termine di ogni anno scolastico, e almeno per il primo biennio, la scuola secondaria di II grado comunichi alle scuole secondarie di I grado da cui sono giunti i propri alunni, gli esiti scolastici (e l’eventuale abbandono) dei medesimi, affinché la scuola secondaria di I gradosia informata sull’andamento di tutti gli alunni che ha avuto in terza media, al fine di non perderli di vista e così sviluppare maggiormente una dimensione di autodiagnosi rispetto a ciò che la scuola fa e “produce”;
  • periodicamente i docenti delle scuole secondarie di I e II grado, referenti per gli alunni stranieri e per l’orientamento, si incontrano per scambiarsi i punti di vista, le esperienze e le conoscenze, e per monitorare i passi in avanti compiuti nel percorso di “continuità” qui proposto. Questi incontri potrebbero essere promossi e coordinati dall’UST di Arezzo (ex Provveditorato).

Rileviamo, inoltre, che gli elementi di accompagnamento e di accoglienza presenti in questa proposta – che hanno come segni di novità  la condivisione e cogestione della difficile fase di passaggio – possono costituire indirettamente anche un modo per realizzare sul campo una migliore conoscenza reciproca tra i livelli scolastici, stimolata dalle possibilità di scambi di esperienza, di punti di vista, di compiti e finalità che possono dimostrarsi utili ai fini della costruzione di un sistema scolastico che, pur nelle differenze dei diversi stadi di sviluppo, sia più coeso e unitario in modo che ogni sua parte sia più consapevole e partecipe delle finalità complessive del singolo progetto nel contesto del sistema educativo nazionale.

 

Altre proposte, altre attenzioni

Dal proficuo interrogarsi e dall’impegno di ricerca per i miglioramenti possibili sono emerse altre proposte che riteniamo utili, e  realisticamente percorribili. Esse fanno riferimento, nello specifico, al piano della continuità tra i due livelli di istruzione secondaria, nonché ai piani organizzativo, didattico e relazionale.

– La figura dello studente mentore/tutor. È stata rilanciata la proposta di sperimentare, ed eventualmente “istituzionalizzare”, nelle scuole superiori la figura del “compagno più grande” che aiuta, sostiene, consiglia ed è punto di riferimento per l’alunno straniero o italofono che sia, quando questi è in difficoltà o perche isolato o perché non capisce ancora le “cose” della nuova scuola (comportamenti dei compagni, abitudini e funzionamento della scuola. organizzazione). Quella del “compagno più grande”, il compagno accogliente, è naturalmente un’idea da approfondire e definire meglio,  pensando anche ad una preparazione al compito e a forme di valorizzazione.

Si può prevedere anche, in accordo con la vicina sede universitaria, l’utilizzo di studenti universitari stranieri o di origine straniera, ma anche autoctoni, che accompagnino come tutor e “fratelli maggiori” i minori non italiani, anche per due anni: in terza media aiutando nella preparazione all’esame di terza, e durante il primo anno delle superiori. Così inteso, il tutor si presenta come una figura per la “continuità”.

Scheda di auto-narrazione prodotta dall’alunno. È stata segnalata l’opportunità di utilizzare una scheda di auto-narrazione nella quale l’alunno al 1° anno delle superiori (o, adattandola parzialmente, al 3° anno di scuola media), sulla base di uno schema guida, presenti se stesso, la sua storia scolastica e la sua prospettiva di futuro; una scheda – di cui presentiamo esempio nell’Allegato 2 – che sia di supporto alle scelte di chi la riceve, ma anche di aiuto all’alunno stesso che la produce perché gli permette di avere una migliore conoscenza di sé e una maggiore consapevolezza circa gli impegni e le sfide che lo riguardano.

E inoltre, sono emerse alcune indicazioni/raccomandazioni più generali che fanno riferimento alle tematiche dell’orientamento e dell’aiuto scolastico (dare più scuola a chi ne ha bisogno).

Figure di prossimità. A supportare i passaggi e le scelte scolastiche vi sono anche figure di prossimità come i mediatori linguistico-culturali che possono informare, spiegare, dare voce ad aspettative e desideri altrimenti silenziosi, accompagnare in una fase iniziale. In particolare, l’intervento del mediatore può rivelarsi utile quando vi è uno scarso raccordo/comunicazione con la famiglia.

Opuscoli plurilingui.  Per superare o attenuare il vuoto informativo che possono avere i genitori immigrati e anche i ragazzi stranieri che arrivano in Italia direttamente dai Paesi d’origine, si rende opportuno disporre di uno schema (opuscolo) agile ed essenziale sul sistema di scuola secondaria, con il suo funzionamento e le principali caratteristiche delle diverse scuole secondari di II grado tradotto nelle principali lingue (una guida essenziale di questo tipo è già stata prodotta per le scuole del I ciclo).

Attività di dopo scuola/aiuto allo studio. In collaborazione con i vari soggetti del territorio occorre aumentare il tempo dedicato agli studenti bisognosi anche nel pomeriggio per integrare la conoscenza della lingua italiana con attività varie.

Laboratori linguistici per l’italiano delle discipline. La questione della complessità linguistica dei libri di testo e dell’italiano per studiare nelle superiori è di particolare rilevanza. Occorre rafforzare la lingua per lo studio con azioni didattiche mirate che accompagnino l’alunno in modo sistematico e continuativo per più lunghi periodi, nella consapevolezza che un buon controllo e uso della lingua passano necessariamente per la cura di lessici specifici e di esplicite esercitazioni.

Nel pensare e organizzare questi interventi occorre, da un lato, avere una visione chiara dei fattori di vulnerabilità che non consentono a molti giovani stranieri di progettare il proprio futuro con pari opportunità rispetto ai loro coetanei italiani; dall’altro, occorre riconoscere e valorizzare le risorse e le abilità di cui sono portatori i giovani migranti, i loro genitori e l’associazionismo etnico, affinché ciascuno possa dare, da protagonista, il proprio personale contributo, come attore di cittadinanza attiva e non soltanto beneficiario passivo.

 

L’importanza del “clima” scolastico

Per concludere, un’indicazione di lavoro che deve costituire lo sfondo di ogni contesto scolastico e educativo: il clima scolastico.

Un tempo nuovo è già tra noi, e ci impone di rivedere gli schemi e le coordinate con cui sinora abbiamo pensato ed agito e che  hanno guidato il nostro stare insieme nella scuole e nella società.

Nel documento “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” (Miur, 2007) è contenuta un’importante considerazione: la presenza di alunni stranieri non è il “problema”, ma soltanto la spia di quanto stia cambiando il mondo e di quanto sia importante ed urgente aggiornare la nostra scuola.

L’ultima indicazione, perciò, riguarda l’importanza di lavorare sul “clima” scolastico complessivo. Essa è un’indicazione  “aperta” nel senso che ciascuna scuola, valorizzando le proprie esperienze e potenzialità,  è chiamata a dedicarsi esplicitamente alla cura e allo sviluppo di quegli elementi che favoriscono aggregazione, inclusione e socializzazione.

È a tutti noto quanto lo star bene con sé e con gli altri agisca sulla riuscita scolastica degli studenti ed in particolare di quelli più vulnerabili per la non regolarità del percorso scolastico o per quelle situazioni di solitudine e spaesamento che si producono  quando si passa a nuovi contesti e a più difficili compiti.

Determinante, a questo fine, è che l’impegno per l’accoglienza-inte(g)razione sia tradotto in iniziative e forme organizzative capaci di permettere  a tutti di esprimere le proprie potenzialità aprendo gli spazi e i tempi delle scuole alla partecipazione, alla responsabilità e all’autorganizzazione nella prospettiva dell’intercultura e della cittadinanza attiva. Pensiamo, cioè, a scuole che realizzino l’educazione alla cittadinanza  (legge 168/2009) configurandosi anche come centri di vita culturale e sociale, aperte al nuovo, capaci di creare motivazione e voglia di impegnarsi, scoprire e fare: pensiamo ad attività teatrali, dibattiti, gruppi di studio, incontri con autori e personalità della cultura, giornali di Istituto, forme di volontariato e di solidarietà, gruppi musicali e sportivi, uso di nuove tecnologie e nuovi linguaggi artistici e comunicativi (filmati, cortometraggi, spot…).

È nel “fare insieme” che le persone si avvicinano e si “scoprono” facendo cadere steccati e barriere e  costituendo gli spazi comuni della nuova cittadinanza.

Nuove prospettive di impegno e di lavoro sono indicate in questo documento e  si aggiungono alle tante altre, ne siamo consapevoli. Ma i dati da cui siamo partiti non ci possono lasciare inerti o indifferenti.

Si ringraziano i docenti che hanno partecipato al corso, i quali con la loro esperienza e le loro competenze hanno contribuito alla realizzazione di questo documento

La stesura del testo è stata realizzata da Domenico Sarracino e Lorenzo Luatti.

 

Alunni Stranieri nel Sistema scolastico italiano A.S. 2011-12

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Direzione Generale per gli Studi, la Statistica e per i Sistemi Informativi – Servizio Statistico

GLI ALUNNI STRANIERI NEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO A.S. 2011/12

(Ottobre 2012)

I dati presenti in questa pubblicazione fanno riferimento agli studenti con cittadinanza non italiana dell’anno scolastico 2011/2012 aggiornati all’ 8 agosto 2012.

I dati elaborati e qui pubblicati sono patrimonio della collettività: è consentito il loro utilizzo e la loro pubblicazione con la citazione della fonte (“Fonte: MIUR – Ufficio di Statistica”; “Fonte: elaborazione su dati MIUR – Ufficio di Statistica”).

Il notiziario è stato curato da Carla Borrini e Paola Di Girolamo.

VIII Rapporto CNEL

Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
Organismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
DG dell’immigrazione e delle politiche di integrazione

INDICI DI INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA
Attrattività e potenziale di integrazione dei territori italiani
VIII Rapporto

Roma, 16 febbraio 2012

L’accoglienza necessaria

MIGRANTI, STRANIERI, NUOVI CITTADINI: L’ACCOGLIENZA NECESSARIA
Istituzioni amministrative e società a confronto

di Mariacristina Grazioli

 

da Migranti a Stranieri: i dolorosi perché.

 

Miguel Angel Garcia amava citare nei suoi  scritti la figura del  migrante, uomo e donna che sia ,   immerso nello “spaesamento”, non solo geografico , ma anche emotivo di un’esistenza vissuta sul filo di spostamenti e viaggi più dovuti che voluti, più subiti che desiderati.

E’ uno “spaesamento” talvolta lacerante dove , l’abbandono del luogo di vita e delle radici culturali e sociali portano ad un risveglio della coscienza nuova  di un’identità che va formandosi, anche dolorosamente, nelle terre di arrivo, spesso non scelte ma subite.

I migranti viaggiano tra le geografie orografiche , nei tempi storici e politici dei paesi, lungo le derive emotive ed affettive. Giungono in città e comunità nuove, e lì diventano stranieri.

La loro estraneità si rapporta faticosamente con le lingua comunicativa, con le abitudini di vita, con i riti sociali di affiliazione al gruppo di riferimento.

Migranti prima, stranieri poi. E tutta la difficoltà e la fatica della perdita delle terra di origine e della conquista delle terra di arrivo si sommano, ai disagi organizzativi, alle necessità di lavoro, alla difficile collocazione nei nuovi contesti socio-amicali.

Ma non solo.

La migrazione che fa diventare straniero , fa percepire l’importanza di trovare un collocazione anche giuridica. Allora il desiderio di nuove cittadinanze e di nuove identità si fa indiscutibile ed alimenta volontà di appartenenza al nuovo contesto sociale, che tuttavia non annulla la nostalgia delle terra lontane e delle identità lasciate.

Il progetto di vita e la costruzione dell’identità personale si fa ancora più significativo se il migrante –straniero è minore di età e si colloca nella fascia dell’infanzia e dell’adolescenza. E’ in questo momento di vita , infatti , che si gioca con forza il possibile passaggio tra identificazione  con il gruppo sociale di appartenenza e autodeterminazione e affermazione delle specificità individuali.

I minori stranieri- e soprattutto i minori stranieri non accompagnati- rappresentano dunque la sfida che la società di un paese civile deve raccogliere con forza per consentire alla collettività e ai singoli   di progredire verso- come sosteneva  E. Durkheim- il significativo progresso dell’umanità.

Accogliere i minori stranieri significa esprimere livelli di civiltà assoluti; equivale a  garantire il pieno potenziale umano di tutti coloro che risiedono su un territorio, significa difendere l’Uomo e le ragioni dell’ esistenza.

 

Il fenomeno delle migrazioni nel pensiero giuridico internazionale

Da sempre la cultura giuridica internazione si è mostrata sensibile a questi temi.

Non è un caso che le LINEE GUIDA DELLE NAZIONI UNITE PER LA PREVENZIONE DELLE DEVIANZA MINORILE – approvate dall’Assemblea dell’ONU nel 1990, riservano all’istruzione ed ai sistemi educativi un posto di rilievo. In particolare l’attenzione è posta alla necessità che si sviluppino azioni di educazione significative: insegnamento dei valori essenziali, sviluppo e rispetto per i valori sociali del paese in cui il minore vive, conoscenza e rispetto delle identità e delle tradizioni culturali di ciascun giovane , rispetto per le culture differenti , rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali.

Il sistema educativo non può esimersi dall’attivarsi con costanza circa le azioni di promozione nelle giovani generazioni della comprensione  e del rispetto delle differenze di tipo culturale e di ogni altro tipo.

Così, la promozione della collaborazione con i  genitori e con le  organizzazioni che operano sul territorio, e l’attuazione di un sistema efficace di informazione destinata ai giovani migranti e alle loro famiglie- a proposito delle normativa e delle legislazione vigente in merito ai loro diritti , responsabilità e valori universali- porta ad obbiettivi di sicuro significato.

Chi si occupa tecnicamente di educazione deve sapere sensibilizzare ai problemi , alle necessità e alle percezioni dei giovani appartenenti alle minoranze etniche, attraverso una varietà di programmi educativi.

Ancora più chiara ed assertiva è l’indicazione della DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELLE PARSONE APPARTENENTI A MINORANZE LINGUISTICHE , NAZIONALI, O ETNICHE O RELIGIOSE,  del 1992, ove vi sono indirizzi specifici per gli Stati membri, finalizzati a garantire alle persone appartenenti a una minoranza linguistica il  diritto allo  studio della lingua madre e un  processo formativo impartito utilizzando la lingua madre o finalizzato alla conoscenza delle storia, delle tradizioni e delle cultura delle minoranze presenti nel territorio.

La cultura giuridica internazionale ha manifestato grande attenzione al tema dei migranti, ma le indicazioni fornite , seppure di ampio respiro e di illuminato intento, non hanno inciso con efficacia sulle politiche reali ed attuative dei singoli Stati.

Spesso, infatti , le idee declarate si sono dimostrate distanti dai contesti; le procedure di recepimento normativo sono state lente e , talvolta, discordanti.

Non sono mancate le tracce di un’ampia produzione di “Dichiarazioni” ed “Intenti”, ma sul piano delle fattibilità , le azioni conseguenti tese a cogliere le luci e le ombre dei migranti-stranieri, non sono state altrettanto forti e dirompenti. Tutto si è mosso sull’onda delle “parola dichiarata” , piuttosto che sull’”agito” politico-istituzionale.

Vale comunque la pena ricordare, seppure  per sommi capi,  che i documenti più esaustivi  hanno avuto il merito di  richiedere alle società occidentali attenzione sul tema dell’Uomo  e sul valore del rispetto assoluto delle vita umana. E tutto ciò non è poco, se rapportato all’innata diffidenza che ingenera nei soggetto il rapportarsi con il “diverso”, il “lontano” ,lo “sconosciuto”: lo straniero appunto.

 

La normativa italiana e la normativa europea: sistemi a confronto per le politiche di accoglienza

La cultura giuridica internazionale ha ampiamente sviluppato il tema nelle dichiarazione dei diritti umani, con particolare riguardo ai diritti  dei minori.

Una veloce panoramica dei principali documenti esprime con chiarezza la copiosità degli interventi. E’ utile citare, a tal fine, la “Declaration of the rights of the child” di Ginevra del 1924, fino alla “ Convention against discrimination in education” della Conferenza Unesco 1990 che ha previsto l’istruzione per tutti, indistintamente,  entro il 2015.

Non meno importanti sono la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, il Patto internazionale relativo ai diritti sociali e culturali, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, la Dichiarazione sulla razza e sui pregiudizi razziali, la Convenzione sui diritti dell’Infanzia , la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, la Dichiarazione dei diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose o linguistiche. In questo documenti, idee e valori divengono orizzonti culturali cui mirare e modelli di civiltà cui aspirare.

Nel nome di un futuro comune del pianeta, dunque, alla domanda     –  quante sono le razze sulla terra ?- la risposta non può che essere univoca : -UNA SOLA: QUELLA UMANA. E’ questo il bel titolo del Meeting di San Rossore che la Regione Toscana aveva organizzato a sostegno delle’idea diffusa di lotta contro la discriminazione e il razzismo. Un’idea non originale, se vogliamo, ma che richiede una costate attenzione poiché, è noto, quanto siamo ancora lontani dalla disseminazione della volontà  di accoglienza dei migranti, in varie fasce sociali e culturali dei popoli occidentali degli Stati cosiddetti industrializzati e moderni.

La normativa internazionale è stata, ed è tutt’oggi, un quadro di riferimento anche per le politiche europee.

Un documento storico centrale e dotato di forza innovativa è la Direttiva CEE 25 luglio 1977 n. 486 del Consiglio di Europa, per la formazione scolastica dei figli dei migranti, ove si prevede il diritto all’istruzione di tutte le persone soggette ad obbligo scolastico, secondo la legislazione dello stato ospitante.

E’ del 1993 la risoluzione UE sulla molteplicità culturale e la formazione scolastica dei figli dei lavoratori migranti nelle comunità europea, dove viene descritta -nelle “Considerazioni”- la necessità della mobilità intercomunitaria e la conseguente importanza della formazione interculturale, come contributo irrinunciabile alla lotta al razzismo e alla xenofobia.

La normativa italiana è stata particolarmente consistente e , ancora oggi, sviluppa percorsi importanti che tendono a caratterizzare una società di fatto includente e culturalmente disponibile allo scambio.

Va ricordato il d. leg. 215/ 9-7-2003 e il d. leg 216/9-7-2003 che ratificano la Direttiva 2000/43/CEE e la Direttiva 27 nov. 2000 n. 78, e forniscono una cornice alla lotta alle discriminazioni fondate sulla religione , sulle convinzioni personali, handicap, età e tendenze sessuali.

Il T.U. 25/07/1998 n. 286 offre una tutela dalle discriminazioni basate sulla nazionalità.

Altra importantissima normativa di riferimento è rappresentata dalla Costituzione Italiana del 1948, agli artt. 2 , 3  e 10.

Più recentemente , un importante contributo si desume dalla Riforma del Titolo V della Costituzione ( l.18/2001 n. 3).

Per sommi capi vanno inoltre citati:

  • TU pubblica sicurezza 1931( tutela del soggiorno degli stranieri e casi in cui vengono espulsi)
  • L.39/90 ( accettazione ufficiale degli stranieri sul territorio nazionale);
  • L.40/98 ( disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero);
  • TU 286/1998 ( misure di integrazione sociale);
  • CM 207/86 ( scolarizzazione degli zingari e dei nomadi);
  • L. 30/12/1986 n. 943 ( collocamento di lavoratori );
  • CM 301/89 ( inserimento stranieri a scuola)
  • CM 205/90 ( scuole dell’obbligo e alunni stranieri- educazione interculturale).

E’ evidente quanto, nella normativa di riferimento, il sistema scolastico pubblico sia individuato come presidio, ineliminabile e fondamentale, per le azioni di accoglienza “necessaria” a favore dei minori stranieri, figli di migranti.

Naturalmente molta altra normativa è stata emanata dagli anni novanta ad oggi , ed è qui interessante rilevare che i principi ispiratori sono coniugati ad azioni efficaci e buone pratiche; quindi,  il baricentro dell’attenzione politico-istituzionale  si è spostato dall’idea di  una “accoglienza necessaria”, ad un “accoglienza voluta ed arricchente” per tutta la comunità educativa ed educante.

E’, infatti, nei contesti formativi che sono visibili le  implementazioni  più significative , attraverso azioni di integrazione ed inclusione progressiva. Si tratta di  pratiche collaudate e sistematizzate in “protocolli di accoglienza” che , talvolta, si spingono a produrre “kit” dedicati agli stranieri neo arrivati, quasi a sostenere l’urgenza di procedure collaudate di accoglienza.

Le priorità inclusive si esprimono con azioni coordinate e sistemiche , che tessono una rete significativa che, a sua volta  crea, per certi versi ,  omogeneità di valori su tutto il territorio nazionale.

In via di sintesi estrema ecco le azioni più significative che caratterizzano i processi di accoglienza nei sistemi formativi pubblici:

-promozione di ambienti e contesti socializzanti;

-programmazione collegiale di relazioni di clima: tutoring-sportelli famiglia-laboratori di accoglienza e multiculturali- collaborazioni con le nuove figure professionali in campo orientativo e relazionale.

-attivazioni di specifici momenti di scambio culturale.

-sviluppo del opportunità di apprendimento della L2 e delle norme civiche e sociali.

Le aree operative dei sistemi istituzionali che si occupano di formazione sono improntate su un modello inclusivo: la “zona dell’accoglienza” è spendibile , indistintamente sul piano amministrativo, comunicativo e relazionale, educativo e didattico.

Ciò che ne emerge  è un sistema istituzionale fortemente orientato ai valori dell’intercultura e dell’antirazzismo, attraverso un’istruzione     “pluri-prospettica e trasversale”.

E’ innegabile perciò pensare ad una pubblica amministrazione a matrice interculturale, che promuove idee e valori, che sa dialogare con la società oggettivamente strutturata in dimensioni ben differenti e con impronta di notevole flessibilità e fluidità.

Per una volta, è la struttura istituzionale -nelle diramazioni organizzative offerte all’autonomia amministrativa della gestione dei territori- che  anticipa le istanze sociali e ne governa i passaggi e le evoluzioni, sotto il segno dei valori universali e del senso etico e civico della convivenza democratica.

 

La  nuova cittadinanza nello scenario dell’accoglienza  e i migranti nel contesto sociale.

Il termine “accoglienza” non ha nulla a che fare con l’idea di tolleranza.

Chi tollera  non accoglie, ma sopporta.

Non è qui che la società civile  può e vuole arrivare;  è infatti sufficiente pensare che azioni di “ sopportazione” o di celata indifferenza  possano avere il potenziale idoneo a creare un nuovo modello di cittadinanza?

La sfida europea ed italiana si gioca, dunque,  nelle aree dell’accoglienza , intesa come un percorso complesso di azioni coordinate a matrice interculturale, interrazziale e finalizzate alla creazione di una identità multiculturale vera, tangibile, capace di orientare la società del terzo millennio.

Se l’intercultura ha bisogno di un’educazione ai valori, allora è attraverso l’accettazione delle diversità e al rifiuto di ogni modello di appiattimento e omologazione che si deve operare con forza.

E’ proprio osservando le azioni che la società sa strutturare a favore dei “minori stranieri non accompagnati” che pare evidente il potenziale delle procedure di “accoglienza obbligatoria”. E’ su questo livello di disagio oggettivo di soggetti altamente a rischio – perché privi di cittadinanza, di maggior età e di assistenza di genitori o adulti di riferimento che ne curino le necessità quotidiane- che si rendono evidenti le buone prassi delle istituzioni, nelle loro diramazioni amministrative.

Le migliori esperienze di inclusione ed accoglienza si sviluppano nei contesti educativi: scuole e centri formativi extrascolastici rappresentano un’avanguardia pregiata a cui il contesto politico istituzionale ha consegnato una mission focale per l’intera società.

Il peso delle decisioni sui minori non accompagnati apre lo scenario a nuovi modelli di cittadinanza, ove il diritto ad un vita piena e potenzialmente non discriminante, non ha nulla a che vedere con il riconoscimento legale delle cittadinanza ai sensi della noma giuridica: ciò che rileva è la norma etica.

La Risoluzione del Consiglio UE del 1997 , riprendendo la Convenzione di New York, determina che tutte le decisioni che riguardano i minori devono rispondere ad un loro interesse superiore.

La collaborazione internazionale tra Stati ha permesso la stesura del programma ACNUR – SAVE THE CHILDREN , destinato alla definizione di strategie comuni di intervento sui minori.

Anche il sospirato “permesso di soggiorno”, come documento amministrativo che regolamenta la permanenza dello stranieri sul territorio italiano, è disciplinato da indicazioni di massima attenzione alle necessità dei minori e l’iter è sottoposto alla vigilanza del CSM (comitato per i minori stranieri) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha , in ultima analisi, la cura dei contrapposti interessi dell’ordine pubblico e della tutela dei minori in un’ ottica di salvaguardia dei diritti fondamentali e di perseguimento delle opportunità di crescita, entro un preordinato progetto civile e sociale.

 

L’accoglienza: dalla norma che limita alla cultura che sconfina

Gabriele D’annunzio richiamava nei “sogni delle terre lontane” l’idea che la migrazione è qualcosa di necessario nella vita dell’uomo. Quando i pastori vanno in transumanza, emerge tutta la potenza di un comportamento arcaico e obbligatorio, che ciclicamente consente la sopravvivenza.

I nuovi migranti sanno che forse non torneranno nelle loro terre. Anzi partono con l’idea di un  mondo che contiene ritmi, vite , volontà , desideri  e necessità, oltre la loro terra d’origine , oltre i confini.

Ma è dove si vive che viene seminato il germe della cultura di appartenenza , ed è dove si vive che spunterà la pianta nuova delle contaminazioni culturali.

Dice qualche nuovo poeta della migrazione che “ migrare significa cambiare il proprio luogo di residenza per volontà o per forza: da bambini impariamo che lo fanno anche gli uccelli.”

Migrare è naturale dunque.

La norma, che regolamenta e disciplina per il  bene di tutti , deve allora lasciare spazio allo sconfinamento culturale, affinché la società di un territorio possa davvero trasformarsi.

Il processo di accoglienza dunque sarà reciproco, in un lavoro continuo di valorizzazione multiculturale.

Non c’è da avere paura dunque, perché non si perde nulla.

Nel processo di accoglienza di chi ha  valicato i confini geografici ed emotivi , c’è un arricchimento costante, perché tutto di amplia, “sconfinatamente”.

E la migrazione va allora colta come un percorso naturale di globalizzazione transnazionale, capace di sostenere i valori dell’Uomo.

Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano A.S. 2010-2011

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Direzione Generale per gli Studi, la Statistica e per i Sistemi Informativi – Servizio Statistico

Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano A.S. 2010-2011
(Novembre 2011)

La presenza degli alunni stranieri costituisce una realtà generalizzata e consolidata in ogni ordine e grado del sistema scolastico italiano. La consapevolezza del carattere strutturale, che tale fenomeno ha assunto da tempo nelle scuole su tutto il territorio nazionale, rende opportuna un’azione regolare di monitoraggio, con informazioni sempre più ricche e dettagliate. Da diverso tempo il Ministero dedica particolare attenzione al fenomeno, non rilevabile nei suoi aspetti complessivi da nessun’altra fonte, né di natura statistica né amministrativa. La rilevazione del Ministero interessa, infatti, tutti gli stranieri frequentanti le scuole, statali e non, presenti sul territorio; in altri termini, nella popolazione scolastica straniera risulta compresa sia la parte degli stranieri regolarmente residenti sia quella irregolare scolarizzata, dal momento che anche quest’ultima è soggetta all’obbligo di istruzione, all’interno del sistema scolastico italiano (D.P.R. n. 349/1999 – Regolamento recante norme di attuazione del testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero).