Archivi categoria: Sociale e Handicap

Titoli sul sostegno conseguiti all’estero

Pubblicato l’Avviso che disciplina le modalità e le tempistiche per l’espressione della rinuncia alle domande di riconoscimento dei titoli sul sostegno conseguiti all’estero, finalizzate alla partecipazione ai percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità.

Tali percorsi saranno attivati dall’INDIRE e dalle Università, autonomamente o in convenzione con INDIRE, ai sensi dell’articolo 2 del decreto interministeriale 77 del 24 aprile 2025.

A partire da oggi, 5 giugno, e fino al prossimo 25 giugno, potrà essere espressa la rinuncia, esclusivamente da coloro i quali abbiano i requisiti previsti dalla legge, attraverso la piattaforma SIDI e, solo per coloro i quali abbiano presentato domanda di riconoscimento del titolo estero sul sostegno in formato cartaceo, tramite posta elettronica certificata all’indirizzo rinuncia.sostegnoestero@postacert.istruzione.it. La rinuncia, secondo quanto stabilito dal decreto interministeriale, costituisce condizione per la partecipazione ai percorsi di specializzazione.

Le rinunce pervenute prima del 5 giugno saranno considerate irricevibili; pertanto, gli aventi diritto, dovranno ripresentare la rinuncia, a far data dal 5 giugno 2025 sino alla data del 25 giugno p.v., esclusivamente con le modalità indicate dall’Amministrazione.

Tutte le informazioni relative ai corsi di specializzazione disciplinati dal decreto interministeriale 77 del 24 aprile 2025 sono reperibili alla pagina web https://www.mim.gov.it/web/guest/corsi-di-specializzazione-ex-articolo-7.

Continuità dell’insegnante di sostegno

Continuità dell’insegnante di sostegno: le nuove misure operative per l’anno scolastico 2025/2026

di Carmelo Salvatore Benfante Picogna *

Con l’obiettivo di garantire la continuità educativa degli alunni con disabilità, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha introdotto, per l’anno scolastico 2025/2026, una procedura formalizzata per la conferma dei docenti a tempo determinato già in servizio su posto di sostegno. Il riferimento normativo è il Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio 2025, integrato dalle indicazioni operative contenute nella Nota n. 123954 del 29 maggio 2025.

Finalità e quadro normativo

La misura si fonda sull’art. 14 del D. Lgs. 66/2017 (come modificato dalla L. 106/2024), che riconosce il diritto alla continuità didattica nell’ambito dell’inclusione scolastica. Essa si applica in via straordinaria per il solo anno scolastico 2025/2026, in attesa di un regolamento organico sul conferimento degli incarichi di supplenza.

Chi può essere confermato

Sono destinatari della procedura:

  • Docenti specializzati per il sostegno che abbiano prestato servizio nel 2024/2025 con contratto a tempo determinato;
  • Docenti non specializzati, inseriti in II fascia GPS o individuati tramite le MAD, che abbiano prestato servizio su posto di sostegno nello stesso anno scolastico.

Condizioni per la conferma

La conferma è possibile solo se:

  1. La famiglia dell’alunno presenta richiesta scritta entro il 31 maggio 2025;
  2. Il dirigente scolastico, dopo aver sentito il GLO, valuta positivamente la sussistenza delle condizioni per la conferma (coerenza educativa, beneficio per l’alunno);
  3. Il docente interessato manifesta la propria disponibilità preventiva.

L’esito dell’istruttoria deve essere comunicato dal dirigente all’Ufficio scolastico di ambito territoriale (AT), alla famiglia e al docente entro il 15 giugno 2025.

Procedura informatizzata e adempimenti tecnici

La Nota ministeriale ha istituito una funzione dedicata all’interno del portale SIDI, attiva dal 31 maggio 2025, dove il dirigente scolastico deve inserire:

  • Codice fiscale del docente;
  • Tipo di contratto e numero di ore;
  • Sede di servizio nel 2024/2025 e quella proposta per il 2025/2026;
  • Grado di istruzione.

Successivamente, il docente dovrà confermare la propria volontà definitiva di essere riconfermato tramite istanza POLIS, con precedenza assoluta sul posto occupato nell’anno precedente.

Ruolo dell’Ufficio scolastico di ambito territoriale

Dopo le immissioni in ruolo e gli incarichi finalizzati al ruolo, l’’AT verifica:

  • La disponibilità del posto;
  • La nominabilità del docente, nel rispetto delle priorità previste.

Se tutte le condizioni risultano soddisfatte, l’Ufficio emana il provvedimento di conferma, esclude il docente dalla procedura ordinaria di nomina a tempo determinato e blocca il posto da eventuali ulteriori assegnazioni.

La conferma deve avvenire entro il 31 agosto 2025. Le disponibilità che emergano successivamente non saranno prese in considerazione per questa procedura.

La misura rappresenta un significativo passo avanti nella tutela del diritto alla continuità didattica per gli alunni con disabilità, pur restando limitata all’anno scolastico 2025/2026. Essa riconosce formalmente il valore delle relazioni educative già avviate e valorizza il ruolo dei dirigenti scolastici, delle famiglie e dei GLO nella definizione dei percorsi inclusivi.

BOX INFORMATIVO

Chi può essere confermato

  • Docenti specializzati su sostegno a T.D. (anno 2024/2025)
  • Docenti non specializzati, nominati da II fascia GPS o MAD, su posto di sostegno

Scadenze da ricordare

31 maggio 2025: La famiglia presenta richiesta scritta di continuità al dirigente scolastico

31 maggio 2025: Il dirigente scolastico acquisisce la disponibilità del docente e avvia l’istruttoria

Dal 31 maggio 2025: Il DS inserisce i dati nel SIDI – Fascicolo personale scuola > Continuità Didattica

15 giugno 2025: Il DS comunica l’esito dell’istruttoria a famiglia, docente e AT

Agosto 2025: Il docente esprime volontà definitiva tramite la PIATTAFORMA POLIS

31 agosto 2025: L’AT adotta il provvedimento di conferma

Strumenti e piattaforme

  • SIDI > Fascicolo Personale Scuola > Informatizzazione Nomine Supplenze > Gestisci Anno Corrente > Continuità Didattica
  • POLIS – Istanze Online (https://www.istruzione.it/polis)

Riferimenti normativi

  • D.M. n. 32 del 26/02/2025
  • Nota MIM n. 123954 del 29/05/2025
  • Art. 14, D. Lgs. 66/2017 (come modificato da L. 106/2024)

* Dirigente tecnico, Ufficio scolastico regionale per la Sicilia 

Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica

Si è tenuta il 9 aprile 2025 la seduta del Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica, costituito da rappresentanti del Ministero dell’Istruzione e del Merito, da esponenti del mondo delle associazioni delle persone con disabilità, oltre che da componenti di altre amministrazioni. Chiamato a pronunciarsi sui decreti ministeriali di cui agli articoli 6 e 7 del decreto-legge 71/2024, in materia di percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, il Comitato ha espresso parere favorevole.

“Ho fortemente voluto, in sede di conversione del decreto-legge 71/2024, che vi fosse il parere dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica nell’iter di perfezionamento dei decreti, che mirano a rafforzare l’effettività del diritto allo studio delle nostre studentesse e dei nostri studenti con disabilità. Per queste ragioni sono molto felice per il parere favorevole espresso dal Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio, che esprime la sensibilità di chi quotidianamente vive e affronta le tante sfide connesse all’inclusione e di chi opera per la tutela e per la promozione dei diritti delle persone con disabilità”, così il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.


Si è insediato l’1 aprile 2025 l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica, ricostituito con decreto ministeriale n. 185 del 10 settembre 2024, presieduto dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e con la presenza del Sottosegretario Paola Frassinetti.

In occasione dell’insediamento, il Ministro ha illustrato i provvedimenti di recente adozione, o in corso di adozione, in materia di disabilità, soffermandosi in particolar modo su quelli riguardanti l’incremento dell’organico dell’autonomia per i posti di sostegno e la continuità didattica per gli alunni con disabilità, nonché il potenziamento dei percorsi di specializzazione per i docenti di sostegno.

“Lo studente – ha dichiarato Valditara – rappresenta il centro della scuola costituzionale. Questo Ministero, con il supporto dell’Osservatorio, intende procedere con fermezza per garantire il primario diritto degli studenti con disabilità alla continuità didattica e ad un’istruzione di qualità che sostenga e valorizzi i loro talenti. Una forte sinergia tra il Ministero e l’Osservatorio è essenziale per rafforzare l’inclusione scolastica”.

Il Ministro ha concluso sottolineando come il modello italiano di inclusione scolastica sia considerato un punto di riferimento da molti Paesi, europei ed extra-europei, come testimoniato ancora di recente da delegazioni olandesi e spagnole nel corso di incontri che si sono tenuti al Mim. 

FAQ Handicap e Scuola – 67

Domande e risposte su Handicap e Scuola
a cura dell’avv. Salvatore Nocera e di Evelina Chiocca


Archivio FAQ


In caso di assenza dell’insegnante di sostegno il Dirigente può nominare un supplente già dal primo giorno di assenza della stessa? Se sì, esiste una normativa di riferimento?


Sono una docente di sostegno nella scuola Primaria. Quest’anno sono referente di plesso e mi trovo dinanzi a tanti dubbi che vorrei fugare.
In una classe del mio plesso ci sono due bambini con sostegno, (l.104 art.3 comma 3 e somministrazione del farmaco).
Ognuno di loro ha chiaramente l’insegnante di sostegno per 22 ore.
Uno frequenta per 30 ore settimanali (5 mattine e 2 rientri pomeridiani) ed ha, oltre l’insegnante di sostegno per 22 ore, anche 6 ore di OEPAC.
L’altra frequenta per 20 ore settimanali (5 mattine) ed ha, oltre l’insegnante di sostegno per 22 ore settimanali, anche 8 ore con OSS e 1 ora con CAA, quindi le compresenze in classe a volte sono molto numerose, arrivano anche a 6 educatori.
So che la figura della OSS non può sostituirsi all’insegnante, perché i campi d’azione sono differenti, quindi deve stare in classe insieme ad un docente.
Mi chiedo:
1) E’ possibile in classe affiancare alla OSS di una entrambe le insegnanti presenti (curricolare e sostegno dell’altro) e mandare l’insegnante di sostegno del primo a supporto di altre problematiche in altre classi?
2) E’ possibile mandare l’insegnante di sostegno di una a sostituire i colleghi assenti qualora la bimba fosse assente?


Vorrei porvi un quesito che ci risulta molto importante a carattere generale, perchè può capitare in ogni parte d’Italia!
Bimbi disabili con Invalidità, accompagnamento e riconoscimento co 3 art 3 della 104/92 hanno il trasporto scolastico gratuito e fin qui ci siamo.
Però se in orario scolastico devono andare a visite o riabilitazione o terapie è previsto che tale tipo di trasporto sia a carico dei Comuni … magari utilizzando il Volontariato?


Sono una docente della scuola secondaria di secondo grado. In riferimento alla certificazione delle competenze in assolvimento dell’obbligo di istruzione degli alunni con disabilità volevo chiedere dei chiarimenti per capire se il modello nazionale previsto dal DM n. 14 del 30 gennaio 2024 deve essere rilasciato solo agli alunni con disabilità che hanno seguito un percorso didattico ordinario/ personalizzato o anche agli alunni che hanno seguito un percorso didattico differenziato in tutte le discipline?
Se si, è corretto andare a personalizzare i descrittori delle competenze nel medesimo modello in riferimento agli obiettivi differenziati del PEI, accompagnandolo con una nota esplicativa come dice il DM o fare diversamente?


Siamo i genitori di un bambino di 7 anni che quest’anno ha frequentato la prima elementare.
La classe in questione ha al suo interno molte criticità.
Stiamo facendo seguire nostro figlio dal 2022 da neuropsichiatra dell’età evolutiva, psicomotricista e psicologa, per risolvere qualche problema di natura soprattutto comportamentale.
Il tutto è stato rappresentato alla scuola con apposita documentazione, sia a docenti che alla dirigente, prima ancora che l’anno scolastico iniziasse.
Durante gli incontri scuola-famiglia, e non solo, le maestre hanno evidenziato il comportamento di nostro figlio non proprio idoneo nei confronti dei compagni.
Allo stesso tempo, però, ci hanno fatto capire (in confidenza) che – a parte un alunno con 104 – il 50% della classe, secondo le docenti, ha dei problemi, e che questi alunni andrebbero fatti valutare.
Nessuno dei genitori degli altri bambini vuole accettare la situazione dei propri figli nonostante gli inviti delle docenti.
Intanto nostro figlio vive quotidianamente un contesto che non lo aiuta affatto a superare i suddetti problemi comportamentali, anzi, gli stessi vengono acutizzati se attorno a lui ci sono alunni iperattivi, violenti, e/o con problematiche di natura psicologica.
LA SCUOLA CHE MEZZI HA per poter risolvere una situazione del genere?
Ci sono norme che possono supportare la dirigente a richiedere la valutazione degli alunni segnalati dalle docenti?
E’ mai possibile che se i genitori non accettano una disabilità di un figlio, la scuola non può far nulla?
Se – come nel nostro caso – il 50% della classe ha problemi, si continuerà così senza poter prendere provvedimenti?
Io mi metto nei panni delle docenti che devono, ogni giorno, dover gestire questa situazione quasi impossibile.
Purtroppo non si comprende che così facendo, i bambini con problematiche non vengono aiutati. Al contrario.
Certe situazioni, se prese in tempo, possono sicuramente migliorare, sia il singolo, sia il contesto classe.


Nella scuola secondaria di secondo grado è corretto o meno il riferimento all’o.m.90/2001 per la valutazione  finale nel passaggio dal primo al secondo anno della scuola secondaria di secondo grado e  quale articolo  si applica? Alla luce dei nuovi modelli di pei trova ancora applicazione l’o.m 90/2001?


Scrivo per chiedere, cortesemente, tre delucidazioni.
1) qualora gli esercenti della responsabilità genitoriale di una studentessa frequentate la classe quinta di un’istituto secondario di secondo grado non dovessero firmare il PEI personalizzato, può la stessa essere affiancata dall’insegnante incaricato su posto di sostegno durante gli Esami di Stato?
2) qualora gli esercenti della responsabilità genitoriale di una studentessa non dovessero firmare il PEI personalizzato poiché chiedono che vengano modificati i criteri di valutazione cosa succede?
3) uno studente con PEI personalizzato è obbligato a svolgere l’intero monte ore dei P.C.T.O.? A quale normativa fare riferimento per strutturare i P.C.T.O.?


Sono insegnante di sostegno nella scuola dell’infanzia. Seguo anche una bambina di 6 anni con autismo grave. Nell’ultima passeggiata che abbiamo fatto nei pressi della scuola la bambina, che non sa parlare, a un certo punto si è gettata a terra piangendo e gridando e la situazione si è protratta fin quando sono riuscita a riportarla a scuola con tanta fatica e con il supporto del vigile e di una passante.
La mia domanda è: Posso rifiutarmi di uscire nelle prossime passeggiate di sezione trattenendomi a scuola con lei?


Sono un genitore di un ragazzo autistico L104 art3 comma 3 iscritto al liceo in terza classe. Vi scrivo per avere informazioni legate alla nomina delle supplenze. Il docente di sostegno ha preso già 4 giorni di malattia ed ora altri 10 giorni, mi dicono che non possono nominare la supplenza perché non supera i 15 giorni, il ragazzo lo sballottolano da una parte all’altra, oggi ad esempio è stato con un supplente in servizio in un’altra classe e penso che questa cosa sia totalmente illegale.
Mio figlio purtroppo ha bisogno di una figura di un docente che sia vicino a lui quindi si sta rifiutando di frequentare la scuola.
Cosa posso fare?


Qual è la normativa che vieta la bocciatura allo studente con PEI differenziato?


Sono un’insegnante di sostegno. Mi trovo per la prima volta nella situazione di dovermi confrontate con una richiesta di Istruzione Domiciliare per un post intervento del mio alunno. Vorrei sapere:

  1. Come insegnante di sostegno sono obbligata a svolgere tutto il mio orario nell’abitazione del mio alunno? Devo pretendere un ordine di servizio?
  2. A livello assicurativo io e lui siamo coperti?
  3. Essendo un post operatorio con richiesta di attenzioni particolari per garantire la buona riuscita dell’intervento….chi se ne assume la responsabilità?
  4. A mio parere sarebbe rispettoso nei confronti dell’alunno programmare un istruzione domiciliare che tenga conto dei tempi e del bisogno di recupero dell’alunno. Posso proporre un orario ridotto rispetto a quello chevsvolge con me a scuola?

Qualora gli esercenti della responsabilità genitoriale di una studentessa frequentate la classe quinta di un’istituto secondario di secondo grado non dovessero firmare il PEI personalizzato, può la stessa essere affiancata dall’insegnante incaricato su posto di sostegno durante gli Esami di Stato?


Qualora gli esercenti della responsabilità genitoriale di una studentessa non dovessero firmare il PEI personalizzato poiché chiedono che vengano modificati i criteri di valutazione cosa succede?


Uno studente con PEI personalizzato è obbligato a svolgere l’intero monte ore dei P.C.T.O.? A quale normativa fare riferimento per strutturare i P.C.T.O.?


Sono un ‘insegnante di ruolo posto comune scuola primaria. Nella mia classe è presente un alunno con 104, comma 3, articolo 3, con disturbo dell’apprendimento e tratti autistici. Gli sono state assegnate 32 ore di sostegno coperte dal docente di sostegno e da personale oipax (ex aec). Non fa più nessuna terapia né logopedia come nel precedente anno. Nel frattempo l’alunno resta scoperto per quattro ore per di più di pomeriggio ed e’ affidato solo alla sottoscritta. Chiedo se tale situazione rientri o meno nella norma


Sono la mamma di un bambino di 4 anni riconosciuto disabile, con una 104 art. 3 comma 1, per un disturbo del linguaggio. Frequenta il secondo anno di scuola d’infanzia paritaria. Mio figlio è anche plusdotato ed è a tutti gli effetti un BES, sia per la plusdotazione come per il disturbo del linguaggio.
Abbiamo anche un documento di richiesta di sostegno da parte della neuropsichiatra della ASL, che abbiamo consegnato al management della scuola.
Abbiamo esportato alla scuola tutti i documenti e fatto un incontro con la neuropsichiatra infantile, l’insegnante, il management della scuola e noi genitori in cui sono stati dati dei “consigli” da parte della neuropsichiatra per gestire nostro figlio. C’è stato un rifiuto totale da parte della scuola di mettere in atto qualsiasi “consiglio” elargito dalla neuropsichiatra, inoltre, in un’altro incontro solo con noi genitori, c’è stato detto che non inseriranno nessuna figura di sostegno e se c’è la richiesta da parte della famiglia, questa figura professionale, sarà scelta dal management della scuola ma che è a totale carico della famiglia.
Vorrei capire quali sono gli obblighi di una scuola d’infanzia paritaria rispetto a PEI, GLO, e insegnante di sostegno.
Inoltre, vorrei capire, come segnalare questa condotta agli organi competenti, affinché nessun altro bambino e nessun’altra famiglia si trovi a vivere la nostra stessa situazione in futuro alle prese con questa scuola.
Cambieremo scuola, mio figlio andrà in una scuola pubblica a cui abbiamo già esportato il quadro clinico, e c’è stata subito accoglienza, ma da Settembre 2024 poiché non ci sono posti disponibili nell’anno in corso nella scuola prescelta ed in altri istituti che possano garantire il supporto adeguato alle caratteristiche peculiari di mio figlio.


Sono un’ insegnante di sostegno di una scuola secondaria, avrei necessità di avere dei chiarimenti riguardo ad un punto del nuovo pei.
Nel caso in cui uno studente segua una programmazione di tipo B esiste nel modello la possibilità di scegliere tra prove identiche e prove equipollenti. Nel caso di prove identiche si tratta di considerare nella valutazione delle prove con griglie diverse dagli altri studenti verificando il raggiungimento degli obiettivi Minimi. Per quanto riguarda le prove equipollenti, subentrano un sacco di opinioni contrastanti, non tanto in ambito valutativo ma in particolar modo nella predisposizione delle verifiche . Potrei avere una spiegazione completa ed esaustiva con riferimenti normativi attuali che possano aiutare l’intero Glo ad individuare la giusta modalità da condividere all’interno del Pei?


Ho una bimba di 5 anni con una lieve disabilità motoria (legge 104 comma 1) e il prossimo anno dovrà andare a scuola.
Ieri sono passata dalla scuola che avevo scelto che offre anche come servizio la mensa e il pomeridiano (a pagamento) con assistenza ai compiti e attività extraxurriculari. Mi è stato detto che la bambina, per la quale richiederebbero la mattina il sostegno, potrà frequentare la scuola ma non potrà essere ammessa alle attività pomeridiane essendo una bambina disabile. Possono farlo?


Mio figlio spettro autistico livello 1 comma 3, è stato picchiato per l’ennesima volta da un suo compagno. Insegnante curriculare e di sostegno, ritenendolo in parte responsabile, in quanto dicono che tende a stuzzicare”, decidono di fare scrivere a tutti sul quaderno, i nomi degli alunni che si sono picchiati durante l’anno per riflettere sui fatti non belli accaduti, mettendo in primis il nome di mio figlio. È lecito questo? Non è discriminate e contro la privacy, considerando che gli altri genitori non sanno che dietro ci potrebbero essere delle certificazioni o disabilità?


Sono un’insegnante di sostegno e seguo un alunno autistico grave. L’alunno frequentava fino a giugno, un centro riabilitativo tutti i pomeriggi, quest’anno non lo frequenterà il giovedì. La dirigente ha deciso che l’alunno deve frequentare la scuola subito fino alle 16.00, io e la famiglia abbiamo richiesto un inserimento graduale pomeridiano ( prima fino alle 14.00, poi fino alle 15.00 e per arrivare fino alle 16.00), perché l’alunno ha problemi con l’alimentazione ( non mangia niente), e alle frustrazioni ( come fame) lui reagisce manifestando dei comportamenti auto ed etero aggressivi. Io ultimamente sono stata in infortunio (12 giorni) a causa di continui comportamenti etero aggressivi dell’alunno. Per un inserimento tranquillo del bambino, come posso fare ragionare la dirigente, che non lo conosce neanche di vista l’alunno.

Di fronte al comportamento di chiusura formalistica della Dirigente Scolastica, forse l’unica modalità di azione è di ricorrere a un intervento altrettanto formalistico non discutibile: la famiglia potrebbe farsi rilasciare una dichiarazione dello specialista che segue l’alunno, nella quale sia detto che egli non può stare tante ore consecutive a scuola, in quanto è necessario disporre di quei pomeriggi per altre attività meno impegnative (o qualcosa di simile).
Il secondo suggerimento è di richiedere, quotidianamente e secondo gli scaglioni orari da voi ipotizzati, l’uscita anticipata (che non può essere negata a nessun alunno).
Infine si fa presente che, a fronte di uscita anticipata permanente, si rende necessaria la richiesta della famiglia accompagnata da certificazione sanitaria, come stabilito dal DI 153/2023.


Ho un dubbio relativo alla composizione del glo. se in classe (secondaria di secondo grado) sono presenti assistenti alla comunicazione e assistenti specialistici non assegnati però allo studente in questione, ma ad altri studenti della classe, questi assistenti faranno comunque parte del glo come figure interne alla classe? quindi dovrò inserirli nei componenti?
se i rappresentanti della asl non sono presenti al glo devono firmare comunque la seconda pagina?

Fanno parte del GLO solamente l’assistente o gli assistenti assegnati all’alunno con disabilità, in quanto figure professionali “esterne all’istituzione scolastica”, che interagiscono con l’alunno stesso. Acquisita la disponibilità a prendere parte al GLO, il dirigente scolastico inserisce questa figura fra i componenti, ovvero fra coloro che partecipano ai lavori del GLO.
Se gli specialisti dell’ASL, che sono stati invitati, non partecipano al GLO e alla stesura del PEI, non firmano il PEI.


Vorrei chiarimenti sui casi in cui il PEI può essere presentato oltre il termine previsto dalla normativa vigente.
Oltre al caso in cui l’insegnante di sostegno sia stato da poco nominato, per cui serve un congruo periodo di osservazione, vi sono altri validi motivi per richiederne la presentazione posticipata? Quali sono le conseguenze per una mancata presentazione nei termini?
Nell’Istituto in cui lavoro, si è svolto, in data 25 ottobre, il GLO per un bambino frequentante la scuola dell’Infanzia, con sostegno assegnato già dallo scorso anno. La F.s. sostegno che ha presieduto l’incontro, ha ritenuto opportuno rinviare la presentazione del PEI a metà dicembre, per monitorare l’andamento della proposta fatta in sede di GLO, di un incremento orario di frequenza dell’alunno, senza una figura educativa aggiuntiva. Specifico che il bambino è riconosciuto come comma 3, quindi con gravità.
Secondo me non è un valido motivo e tale confronto potrebbe figurare come un momento di revisione, peraltro previsto nel documento sopra citato.
Non volendo essere prolissa, spero di essere stata sufficientemente chiara nell’esposizione.

Le uniche cause che possono legittimamente ritardare la formulazione del PEI definitivo dovrebbero essere solo quelle concernenti una insufficiente conoscenza dell’alunno o delle risorse umane che consentano di realizzare gli obiettivi che si ritiene necessario raggiungere (ad es. la mancanza della DF o addirittura della certificazione). La mancata nomina del docente con incarico sul sostegno non può giustificare la mancata elaborazione del PEI in tempo utile).
Anche la mancanza della figura addetta all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione non è motivo valido per posticipare la elaborazione del PEI.
La scuola, pertanto, deve insistere nell’accelerare l’arrivo dell’assistente; ma se è previsto un aumento di ore di frequenza dell’alunno, questo deve essere garantito da subito; anche perché il Decreto Interministeriale n. 153/2023 stabilisce che la (eventuale) riduzione di orario di frequenza deve essere consentita solo dietro richiesta della famiglia e del servizio sanitario, solamente a fronte di “gravi motivi di salute”; in questo caso l’assenza della figura addetta all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione non è certamente motivo valido per posticipare l’approvazione del PEI.


Sono mamma di una ragazza disabile art.3 comma 3 disprassica con disturbi multipli di apprendimento che quest’anno ha iniziato il primo anno di superiori.
Nonostante la consegna delle relazioni della neuropsichiatra, sono state somministrate prove ed interrogazioni come tutti gli altri alunni, dando solo la possibilità di utilizzare a volte mappe e calcolatrice. Senza PEI, in quanto la scuola era iniziata da soli 20 giorni, sono arrivati i primi 2… si proprio 2 .. ma è possibile dare un 2 ad una ragazza disabile e in più senza ancora il PEI ? E’ possibile per legge? I voti sono stati registrati sul registro facendo media.

A sua figlia, certificata con disabilità, spettano, in base alla definizione del percorso curricolare, prove equipollenti e, coerentemente, la possibilità di avvalersi di attrezzature tecniche, di ausili e/o sussidi didattici e di ogni altra forma di ausilio tecnico necessario (compresi quindi, fra gli altri, eventuali tabelle, schemi, mappe, tempi più lunghi per le prove e utilizzo di tecnologie assistive, come stabilito dalla legge 104/92).
È probabile che in questa fase i docenti stiano cercando di capire quale percorso adottare per l’attuale anno scolastico, acquisendo, attraverso anche le prove di verifica, informazioni circa le capacità di vostra figlia. In ogni caso le prove proposte non possono essere le stesse dei compagni di classe, perché, essendo la ragazza certificata con disabilità, ha diritto a ricevere prove strutturate sulle sue capacità e non certamente prove standardizzate, che comporterebbero una discriminazione nei suoi confronti.
In assenza di altri elementi, non è da escludersi che il “2” attribuito come valutazione possa voler giustificare, per i docenti, la proposta di un PEI differenziato, senza aver verificato adeguatamente le reali capacità della ragazza.
Fermo restando che, alla proposta della scuola di un percorso differenziato, voi genitori potete esprimere il vostro diniego (e di conseguenza la scuola non può adottarlo), di fronte alla situazione, alquanto paradossale, che si sta verificando, forse è il caso di chiedere l’intervento del Referente per l’inclusione scolastica della vostra Regione (questa figura opera presso l’Ufficio Scolastico Regionale). Al riguardo, vi alleghiamo. L’elenco dei referenti regionali.
In merito al voto assegnato, ovvero al “2”, si tenga presente che, attualmente, è in discussione un progetto di legge promosso dal Governo con il quale si farebbe divieto di ricorrere a votazioni inferiori al 4.
Se lo ritenete, potete farvi affiancare da un’Associazione di persone con disabilità del vostro territorio; forse potrebbe essere utile chiedere un corso di formazione-aggiornamento sui temi dell’inclusione scolastica di 25 ore, da svolgersi possibilmente a inizio di anno scolastico, ai sensi dell’art 13 del decreto legislativo n. 66/2017. Se lo desidera, ci tenga informati degli sviluppi.


Sono la mamma di una bambina di 11 anni frequentante la prima media. A mia figlia è stata riconosciuta la legge 104 art 3 comma 3, quindi 18 ore di sostegno settimanali che diviso per 5 giorni settimanali sarebbero 3 ore e mezzo al giorno. la preside all inizio dell’ anno scolastico aveva previsto due insegnanti di sostegno che si alternavano perché in classe di mia figlia ci sono altri bambini che avevano necessità. Vi chiedo adesso che a mia figlia è riconosciuta la disabilita ha diritto alla nomina di un insegnante di sostegno esclusiva e non condivisa per garantirle le 18 ore settimanali?

Quando si presenta la documentazione necessaria, nello specifico la Diagnosi funzionale e l’allegato Verbale di Accertamento, se previsto, la scuola richiede le risorse, fra cui il docente con incarico sul sostegno.
Il docente è assegnato alla classe alla quale è iscritto l’alunno con disabilità e il suo intervento, rivolto a tutti gli alunni, tiene sicuramente conto dell’alunno con disabilità (diversamente la sua presenza non potrebbe essere prevista).
Le 18 ore settimanali, pertanto, devono essere obbligatoriamente garantite, così come gli interventi necessari per assicurare il diritto allo studio. Tenga conto che i docenti di sua figlia sono tutti gli insegnanti assegnati alla classe di sua figlia e non esiste l’assegnazione esclusiva di un solo docente.
Tutti devono garantire il diritto allo studio di sua figlia, garantendo il supporto necessario


Se i genitori per il loro figlio con ritardo lieve dello sviluppo richiedono il sostegno alla scuola dell’infanzia e poi si rendono conto che a fine ciclo scolastico non sia più necessario, risulterà questa informazione (il fatto che abbia avuto il sostegno) alla scuola elementare?

Generalmente avviene il passaggio di informazioni da un ordine di scuola a quello successivo.
Se presso la scuola Primaria viene depositata dalla famiglia la certificazione di disabilità, l’alunno è riconosciuto come alunno con disabilità. La famiglia, se lo ritiene, può rinunciare al docente per il sostegno (che è un diritto, non un obbligo). In questo caso l’alunno, in quanto alunno con disabilità, mantiene tutti i diritti previsti, ma non ci sarà l’assegnazione di un docente di sostegno.
Se, invece, la famiglia non vuole che il figlio sia considerato “alunno con disabilità”, allora deve togliere la certificazione dalla scuola.
In tal caso la scuola potrà eventualmente considerare l’alunno come alunno con BES, unicamente a fronte di consenso e di oggettiva intesa con la famiglia.


Sono genitore di un bambino autistico di 11 anni che frequenta la classe prima della scuola secondaria di primo grado. È certificato in stato di handicap con connotati di gravità (art. 3 comma 3). Gli stati attribuiti 18 ore di sostegno, ma la docente stessa mi ha informato che a partire da questa settimana è stato modificato dal dirigente il numero di ore da dedicare al bambino che passano da 18 a 12. Le sei ore tolte sono state assegnate ad un compagno di classe. Tutto questo senza che noi fossimo informati dal dirigente. So benissimo che l’ insegnante di sostegno è assegnata alla classe per favorire l’inclusione dell’ alunno con disabilità, e che quindi non è insegnante solo del bambino ma dell’ intera classe. Mi chiedo però se l’alunno disabile in condizioni di gravità non abbia diritto al rapporto 1:1 con l’insegnante, in questo caso 18 ore.

Formalmente il docente con incarico sul sostegno è assegnato ad una classe in quanto in quella classe è iscritto un alunno con disabilità; la sua assegnazione, insieme all’intervento di ogni insegnante della classe, è finalizzata a favorire, attraverso “attività di sostegno alla classe” (art. 13 della legge 104/92), l’inclusione e a garantire il diritto allo studio. Non per nulla se in classe ci sono due alunni con disabilità possono essere assegnati, sulla base delle ore, due docenti con incarico sul sostegno.
Veniamo alla questione proposta. Dopo l’assegnazione delle ore, indicate dal GLO e già scritte nel PEI, il Dirigente scolastico non può modificare quanto stabilito nel PEI, soprattutto se confermato dall’assegnazione da parte dell’Ufficio scolastico regionale.
Al riguardo si è pronunciato anche il Consiglio di Stato; secondo la Sentenza del Consiglio di Stato n. 2030/2017 “il numero di ore di sostegno indicate nel PEI non possono essere ridotte dall’Ufficio scolastico regionale”; a maggior ragione non possono essere ridotte dal DS.
Pertanto suggeriamo di inviare una PEC al Dirigente scolastico invitandolo a restituire immediatamente le 6 ore sottratte a vostro figlio e minacciando ricorso al Tribunale civile per discriminazione ai sensi della legge n. 67/06, con diritto al risarcimento dei danni anche non patrimoniali; salvo ogni diritto eventuale in sede penale.


Sono docente di sostegno presso la scuola secondaria di primo grado, lo scorso anno ero nell’anno di prova (superato) e oggi sono di ruolo.
Chiaramente sono in possesso del titolo di specializzazione TFA conseguito nell’a.s. 2021/2022.
Nel 2022 ho compilato le GPS e poi sono stata chiamato il 1° settembre con il contratto ad agosto per l’anno di prova.
Il MINISTERO MI HA ASSEGNATO LA CATTEDRA PER AD00 (DH). La referente del sostegno, sostiene che dovrò restare a vita su tale tipologia

Lei ha pienamente ragione, soprattutto considerato il fatto è che in Italia, già dal 1986, è stata introdotta la specializzazione polivalente, che ha superato le tre monovalenti. All’entrata in vigore della nuova specializzazione (polivalente), mancavano nelle scuole docenti con la nuova specializzazione, mentre vi erano docenti con una specializzazione monovalente diversa; allora, invece di formulare una sola graduatoria per le supplenze e per le immissioni in ruolo, il Ministero decise di formulare “tre elenchi”, rispettivamente ciascuno per ciascuna delle tre specializzazioni; in questi elenchi potevano immediatamente inserirsi i docenti allora in possesso della o delle specializzazioni monovalenti. Ovviamente mano a mano che venivano ad operare docenti con specializzazioni polivalenti, questi venivano inseriti contemporaneamente nei tre elenchi, assegnando lo stesso punteggio, per poi essere nominati su una di esse. Però, quando l’alunno usciva da quel grado di istruzione, il docente specializzato con incarico sul sostegno, proprio perché in possesso di specializzazione polivalente, avrebbe dovuto rimanere nella stessa scuola, per essere assegnato ad altre classi alle quali erano iscritti alunni “con altra disabilità”, diversa da quella per la quale era stato precedentemente nominato.
L’immobilismo della burocrazia ha determinato la “prassi illegittima” di considerare, in tal caso, il docente di sostegno quale “perdente posto” e di mandarlo via dalla scuola, anche se assunto in ruolo, ovvero a tempo indeterminato, facendolo ruotare come fosse un docente supplente. Ciò è chiaramente e semplicemente assurdo!!!
Purtroppo, fino a quando circoleranno ancora persone con “titoli monovalenti”, non sarà possibile abolire i tre elenchi; però tali titoli dovrebbero cessare entro pochissimi anni. In ogni caso, i docenti con specializzazione polivalente dovrebbero non essere mai considerati perdenti posto, almeno finché nella loro scuola è iscritto un alunno con disabilità.
Nel suo caso specifico, le suggeriamo di far presente quanto le stiamo scrivendo e, nel caso dovessero considerarla “perdente posto”, le consigliamo di parlarne con un avvocato; pianti subito la “legittima” grana ed avrà certamente giustizia e contribuirà, così, a far modificare finalmente una prassi assurda operante da oltre 36 anni.


Sono un insegnante di sostegno con contratto al 30/06 presso una scuola primaria. Seguo un alunno con gravissima patologia, rispetto alla quale ha già superato l’aspettativa di vita media. Nel nefasto caso di decesso, il mio contratto sarebbe a rischio? Oppure resterei a disposizione dell’istituto?

Se lei è stato nominato solo per quell’alunno e se l’alunno, per qualunque causa, non dovesse essere più frequentante la scuola, la sua supplenza dovrebbe cessare. Solamente qualora la scuola dimostrasse di avere ulteriori necessità, allora potrebbe ottenere dall’USR che lei rimanga.


Sono un’insegnante di sostegno. Seguo un ragazzo autistico grave con programmazione differenziata e quest’anno abbiamo pensato, d’accordo con la famiglia, di fargli cambiare sezione e indirizzo all’interno dello stesso istituto professionale (si trovava meglio con i nuovi compagni). Per la legge deve sostenere un esame integrativo o avendo una programmazione differenziata è esente? Ho bisogno, se possibile e per favore, dei riferimenti normativi.

Le prove integrative si rendono necessarie per verificare le competenze e le conoscenze raggiunte dallo studente nel momento del passaggio ad altro percorso scolastico e se le stesse sono sufficienti per proseguire nella stessa classe frequentata nel precedente indirizzo.
Considerato che per lo studente, per il quale lei chiede indicazioni, è stato adottato un percorso “differenziato”, quindi fortemente personalizzato, in quanto coerente con le sue capacità e potenzialità, le prove integrative si rendono non necessarie.


Mia figlia con la 104 frequenta la terza primaria e per i primi due anni le classi erano formate da un’unica maestra per tutte le materie tranne inglese e insieme collaborava un’assistente in più un insegnante di sostegno per tutti i bambini. Vorrei sapere se una dirigente di scuola alla primaria possa inserire, all’inizio della scuola, senza avvisare i genitori, nuove maestre per l’nsegnamento di più materie, storia, geografia e scienze escludendo la maestra che ha sempre seguito i bambini nei primi due anni. Secondo noi genitori durante un percorso già iniziato non si dovrebbe fare ma terminare il ciclo dei cinque anni. In particolar modo mia figlia con mutismo selettivo troverà la difficoltà a comunicare con più insegnanti,mentre stava seguendo il giusto metodo e rapporto con la maestra e tutte noi mamme abbiamo iscritto i nostri figli per la presenza di un’unica maestra.Per legge la dirigente può fare questo?

Nella scuola primaria l’organizzazione è strutturata a modulo o mediante il ricorso a docenti prevalenti; in entrambi i casi si tratta di “più docenti” assegnati alla classe.
Sicuramente, con l’arrivo del nuovo dirigente, sarà stata adottata l’opzione che vede più docenti assegnati ad una classe e questo è incontestabile.
Risulta poco chiaro perché la docente “unica” non sia stata assegnata alla classe terza, in quanto, in virtù della continuità educativo-didattica, non poteva essere spostata.
Come genitori potete chiedere motivazioni alla dirigente ed esigere, sempre in virtù della continuità, ai sensi della legge 107/2015, che la docente venga riassegnata alla classe terza, sicuramente non per insegnare tutte le discipline, come prima, ma alcune sì


Sono un’insegnante di sostegno scuola primaria. Il mio alunno aveva la scadenza della 104 a luglio con visita davanti alla commissione per revisione a settembre. Per un imprevisto medico la signora non si è presentata alla visita. Cosa accade alla copertura di sostegno?decade o viene congelata in attesa dell esito della nuova convocazione a visita? Ovvero l’alunno è coperto da Pei e insegnante visto che nella richiesta organico era conteggiato? oppure non ha diritto alla docente fino a esito nuova visita?

Quando un alunno, convocato per il controllo, non si presenta alla visita, perde la qualifica di alunno con disabilità.
Da quanto scrive, la madre non si è potuta presentare per un imprevisto. In questo caso, per non perdere la qualifica di alunno con disabilità, la famiglia deve giustificare immediatamente alla Commissione medico legale il motivo della mancata presentazione alla visita, prima che questa archivi la pratica.


Sono una maestra di sostegno. Il bambino con grave disabilità che abbiamo salutato a giugno e che ora dovrebbe iniziare il primo anno della scuola secondaria di primo grado, rischia di non poter frequentare la scuola in quanto il Comune gli ha comunicato che il servizio scuolabus del quale ha usufruito finora, non è disponibile ora per la scuola secondaria (pur essendo all’interno del Comune stesso).

Il Comune dovrebbe sapere che il trasporto gratuito è un diritto costituzionalmente garantito, come tutti gli altri supporti delle diverse amministrazioni, agli alunni con disabilità. Ciò in base all’art 28 della legge n. 118/1971 e all’art 139 del decreto legislativo n. 112/1998, nonché dai principi sanciti dalla Sentenza della Corte costituzionale n. 275/2016.
Pertanto se il Comune non può approntare il servizio di minibus, allora deve pagare un taxi all’alunno oppure deve fornirgli un servizio meno costoso tramite volontari che, col solo rimborso delle spese di benzina, lo porti e lo riprenda da scuola.
Comunque i Comuni debbono anche sapere che ogni anno il Ministero distribuisce alle Regioni dei fondi finalizzati al trasporto gratuito degli alunni con disabilità. Il Comune, facendo regolare richiesta alla Regione e indicando il percorso e la spesa presunta, riceverà la somma, autorizzando ufficialmente la famiglia a prendere un taxi o a prendere contatti con i volontari indicati dal Comune stesso in tempi immediati, poiché la scuola sta iniziando e l’alunno ha diritto a non perdere, per questo motivo, neppure un giorno di scuola.
In mancanza di tale autorizzazione, il Comune è passibile di ricorso al Tribunale civile per discriminazione ai sensi della legge n. 67/2006, salvo ogni diritto in sede penale per interruzione di un pubblico servizio per violazione dei doveri di ufficio.


Siamo i genitori di un ragazzino autistico. Negli ultimi due anni ha frequentato la scuola media. Sono stati anni assolutamente improduttivi, nei quali ha manifestato il proprio disagio adottando comportamenti provocatori (non aggressivi). Gli insegnanti di sostegno, senza qualifica, non sono riusciti a trovare la quadra delle sue condotte. In un solo anno, ha conosciuto dodici insegnanti di sostegno. Per lui la scuola è stata un vero e proprio parcheggio, dove non ha svolto alcun programma didattico e dove ha perso le competenze acquisite alla primaria.
Adesso, nel tentativo di cercare un’altra scuola per l’ultimo anno delle medie, l’ufficio scolastico ci propone in maniera oggettiva (senza conoscere i dettagli della nostra disabilità) l’inserimento in un Polo RES dicendoci, tra l’altro, che potrebbe essere una soluzione ideale anche per le superiori, potendo rimanere lì fino ai diciotto anni in qualità di ripetente.
Vorremmo cortesemente sapere a chi spetta la decisione di destinare un alunno disabile in una scuola ordinaria piuttosto che in un Polo RES e se è ammissibile la pratica di bocciare l’alunno reiteratamente al fine di condurlo alla maggiore età.

La proposta che vi è stata rivolta da parte dall’Ufficio scolastico di iscrivere il ragazzo in un Polo RES, che sostanzialmente riproduce le scuole speciali di fatto, è, a nostro avviso, irricevibile. Se poi si considera anche il fatto che vostro figlio, durante la primaria, ha acquisito competenze, che dovevano (e potevano) essere approfondite e ampliate nella secondaria di primo grado, la proposta non si giustifica.
Il Polo RES è un contesto in cui è prevista la permanenza dell’alunno fino al compimento del diciottesimo anno di età; e questo, quindi, impedirà a vostro figlio di potersi iscrivere ad una scuola secondaria di secondo grado (a meno che voi non decidiate di inoltrare ricorso presso un Tribunale).
A chi spetta decidere se iscrivere o meno un alunno al Polo RES? La decisione spetta ai genitori.
Tenete presente, tuttavia, che la frequenza del centro residenziale (Polo RES) è illegittima sino all’adempimento dell’obbligo scolastico, cioè sino al 16° anno di età (con 10 anni di frequenza della scuola dell’obbligo) Durante il periodo dell’obbligo scolastico, la frequenza del centro residenziale è possibile, ma solo di pomeriggio (senza, cioè, abbandonare la scuola dell’obbligo).
Il suggerimento pertanto è di proseguire il percorso nella scuola “di tutti” (l’attuale scuola), parlando con il dirigente scolastico affinché si impegni a monitorare il percorso formativo di vostro figlio, che, come tutti i suoi coetanei, ha diritto ad apprendere, a socializzare, a comunicare e a stabilire relazioni significative con i suoi compagni.


Con il passaggio della primaria alla scuola secondaria non vogliamo più mettere il sostegno a nostro figlio in quanto essendo un asperger lieve con un QI molto elevato ha raggiunto una maturazione personale eccellente. Alla primaria non avremmo voluto certificarlo ma in questi anni abbiamo capito che le insegnanti volevano il sostegno per diritto in quanto dietro la parola spettro autistico si nasconde uno stigma pazzesco. Volevamo sapere se la scuola é obbligata a passare il fascicolo personale e se fosse cosí noi genitori possiamo opporci? Inoltre possiamo richiedere la cancellazione dei vari verbali, pei e diagnosi?

La normativa sugli alunni con disabilità non è un obbligo per le famiglie, ma un diritto; pertanto Lei può chiedere alla scuola Primaria di non trasmettere alla scuola Secondaria di Primo grado tutta la documentazione relativa alla certificazione di disabilità.
La scuola non può eliminare la documentazione (PEI, Diagnosi Funzionale, ecc.) dai propri atti, poiché la nomina del docente di sostegno e le modalità di valutazione, durante la scuola Primaria, sono state effettuate basandosi proprio sulla documentazione e sulla certificazione contenute nel fascicolo personale di suo figlio; se tali documenti venissero stralciati dagli archivi della scuola, la scuola non potrebbe giustificare le azioni sopra richiamate. Però senza il consenso della famiglia la scuola Primaria non può trasferirli alla scuola Secondaria di Primo grado; in tal senso si è espresso il Garante per la tutela dei dati personali in un provvedimento emanato alcuni anni fa.
Inoltre, trascorsi gli anni obbligatori di conservazione delle carte presso le segreterie delle scuole (si informi quanti debbono essere: forse 10 anni?), lei, in qualità di genitore, ha diritto al cosiddetto “oblio”, ovvero alla eliminazione dall’archivio della scuola di tutti gli atti relativi alla condizione di disabilità di suo figlio.
Se lei intende rinunciare solo al docente di sostegno, però, tenga presente che può farlo presente alla scuola immediatamente, scrivendo (e protocollando) una lettera o una email (tramite PEC) di “rinuncia al docente per il sostegno”, inviando la lettera o la PEC al Dirigente scolastico e, per conoscenza, all’Ufficio scolastico regionale e all’Ufficio scolastico territoriale. Scrivendo subito, il Dirigente scolastico eviterà di inoltrare la richiesta delle risorse all’USR.
Se la rinuncia riguarda solo il docente di sostegno (e non anche la documentazione), anche senza sostegno suo figlio continuerà ad essere considerato “alunno con disabilità”, e potrà avvalersi di tutti gli altri diritti a lui spettanti (la predisposizione del Pei, le modalità di verifica personalizzate, i criteri di valutazione personalizzati, di cui all’art 16 commi 1 e 2 della l.n. 104/92).
Se invece non vuole che suo figlio sia considerato “alunno con disabilità”, allora deve ritirare, qualora sia stata inviata all’atto dell’iscrizione alla scuola Secondaria di Primo grado, tutta la documentazione relativa alla condizione di disabilità di suo figlio; in tal modo suo figlio sarà considerato come tutti gli altri compagni.


Sono un insegnante di sostegno della scuola secondaria di primo grado. Mi permetto di contattarla per una consulenza in merito al progetto individuale, cui fa riferimento il D.Lgs 66/2017 modificato dal D.Lgs 96/2019 e che trova spazio nei nuovi modelli di PEI in un’apposita sezione di raccordo.
Mi piacerebbe potermi informare in merito ad eventuali modelli o fac simile di tale progetto già predisposti, per poter avere un’idea dell’aspetto formale che dovrebbe avere, e sulle fonti cui attingere per poter reperire informazioni sui servizi dei comuni della provincia, in modo da poter indirizzare opportunamente eventuali famiglie interessate alla luce di una base informativa e normativa solida quale sono sicuro posso ricevere dalla sua esperienza.

Tenga presente che non esiste un “fac-simile” di Progetto individuale; la legge n. 328/2000 all’art. 14 descrive gli elementi che costituiscono il Progetto Individuale (il Progetto individuale contiene: la valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione dell’ASL; i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata; le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale; le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare).
Può sicuramente trovare molte informazioni sul Progetto Individuale-Progetto di Vita nel sito nazionale dell’ANFFAS, che riporta molte sentenze. Potrebbe vedere se nel sito di alcune scuole sono riportate delle informazioni oppure potrebbe rivolgersi al Referente regionale per l’inclusione scolastica.


Sono la mamma di una bambina con sindrome di Down, il prossimo anno inizierà la prima elementare. Abbiamo iscritto la bambina ad una scuola paritaria. La dirigenza ci ha comunicato che al momento la scuola non riesce a trovare un insegnante di sostegno da inserire e che probabilmente il sostegno sarà a carico di un educatore. Ovviamente sappiamo bene che le due figure sono distinte.
Vorrei sapere da dove la scuola deve attingere gli insegnanti di sostegno e se e scuole paritarie parificata sono svantaggiate nel reperire queste figure professionali qualificate e quali sono i canali per una famiglia per intervenire.

Senza dubbio non può essere nominata una figura differente da quella del docente, in quanto verrebbe leso il diritto allo studio, garantito dalla legge 104/92. La legge n. 62/2000 nell’ultimo comma dell’unico articolo ha costituito un piccolo fondo per il sostegno nelle scuole paritarie; quindi il Dirigente della scuola paritaria deve chiedere all’Ufficio scolastico di competenza la somma corrispondente al “pagamento non totale” del docente che la scuola paritaria deve liberamente individuare tra le persone abilitate all’insegnamento nella scuola Primaria e specializzate per le attività di sostegno. Dal momento che anche il Ministero dell’Istruzione e del Merito non sempre può nominare docenti specializzati per le attività di sostegno, in quanto mancano, qualora la scuola non ne trovi uno disponibile, può chiedere una deroga all’Ufficio scolastico, dal momento che il diritto dell’alunno è inviolabile, come avviene per talune nomine di docenti non specializzati da parte del Ministero. Se la scuola è anche parificata, allora la nomina è economicamente e totalmente a carico del Ministero.


Un consiglio di classe in una scuola secondaria di secondo grado (classe terza) sta organizzando una gita d’istruzione di un giorno in treno a xxx.
Nella classe è presente uno studente con L. 104/92, art. 3, comma 3.
Il consiglio di classe ha previsto per lo studente una copertura con l’insegnante di sostegno. Il genitore ha richiesto alla scuola di poter accompagnare suo figlio durante la gita. Chiediamo se ciò sia lecito e possibile. Nel nostro regolamento gite non vi è nulla a riguardo.

Nel progettare un viaggio di istruzione il Consiglio di classe, oltre a definire una meta accessibile, si accerta che il numero di docenti, che hanno dato la disponibilità in qualità di accompagnatori, corrisponda a quanto previsto per poter effettuare l’uscita.
Pertanto se la scuola garantisce tutti gli accompagnatori necessari, la famiglia non ha diritto di partecipare; se però vuole essere comunque presente, sarà il Dirigente Scolastico a valutare ed eventualmente autorizzare la loro partecipazione, chiaramente precisando che le spese dovranno essere sostenute dalla stessa famiglia, in quanto la scuola già garantisce gli accompagnatori necessari.


Un alunno autistico, iscritto alla seconda media, è stato escluso dalla partecipazione alla gita scolastica, senza che la famiglia fosse preventivamente informata dell’uscita e senza che vi fosse un accordo con i genitori. Il comportamento della scuola è corretto?

Il comportamento della scuola è illegittimo e costituisce palese discriminazione ai sensi della legge n. 67/2006.
Oltre ad inviare una lettera di denuncia alla scuola e, per conoscenza, all’Ufficio Scolastico Regionale ed al Ministero, la famiglia può anche ricorrere al Tribunale civile per ottenere il risarcimento dei danni anche non patrimoniali, come già avvenuto con numerose Sentenze.


Sono un insegnante avrei bisogno di un’informazione. Un insegnante di sostegno di scuola primaria al quale sono stati assegnati due casi in due classi diverse, durante un’uscita didattica, in cui partecipano entrambe le classi, a livello burocratico, puo’ risultare come accompagnatrice in entrambi le classi o deve necessariamente risultare su una sola classe? Gli possono essere assegnati solo i due alunni sul foglio di uscita?

Per organizzare uscite didattiche o viaggi di istruzione va dapprima acquisita la disponibilità da parte dei docenti, in qualità di accompagnatori, e va poi individuata una meta accessibile per tutti gli alunni della classe. Il numero di accompagnatori è definito dal collegio docenti; mediamente è richiesto un docente ogni 15 alunni e uno per ciascun alunno con disabilità iscritto alla classe.
Gli alunni in uscita, esattamente come in classe, sono affidati parimenti a tutti i docenti accompagnatori (non esiste l’assegnazione di docenti in modalità “ad personam”); pertanto ogni docente accompagnatore (che in classe opera con incarico sul sostegno o con incarico sulla disciplina) è responsabile di ogni alunno impegnato nell’uscita. Ne consegue che un alunno non può essere affidato ad un solo docente.
Nel caso descritto – essendoci due alunni con disabilità – oltre a un docente ogni quindici alunni vanno indicati due docenti in più (da intendersi in termini numerici e non diversamente).
La formalizzazione dell’incarico può indicare che la nomina è coerente con i rapporti numerici descritti, ma non può attribuire un docente nominalmente ad un alunno (in quanto lascerebbe erroneamente intendere una suddivisione della responsabilità che, formalmente, come detto, non esiste).


Sono il padre di alunna di 19 anni con ritardo mentale lieve certificato L. 104/92 che frequenta il quarto anno di liceo artistico.
Mia figlia aveva un PDP da dicenbre 2022 a seguito di richiesta per emissione da parte dell’ASL di una valutazione psicodiagnostica di RML.
Ho protocollato la diagnosi funzionale il 10/01/2023 ma a scuola non solo non è stato adeguato il PDP ma alcuni docenti che insegnano le materie dove trova maggiore difficoltà certificato dal profilo dinamico funzionale non solo non applicano le misure dispensative ma giudicano le prove sulla base delle performance e non dei progressi raggiunti.
La scuola non doveva fare il PEI o per lo meno adeguare il PDP non adeguato alla diagnosi? Cosa devo fare?

Avendo consegnato alla scuola una Diagnosi Funzionale nel mese di gennaio, in quello stesso mese si doveva convocare il GLO per elaborare il Piano educativo individualizzato, valido per l’anno scolastico in corso. Per gli alunni certificati con disabilità, infatti, non solo non si redige il PDP (documento predisposto per gli alunni con diagnosi di Disturbo specifico di apprendimento, e non è il caso di sua figlia), ma non si ricorre neppure a misure dispensative, in quanto per gli studenti con disabilità vengono definiti “obiettivi di apprendimento personalizzati”, coerenti con un percorso definito “su misura” (per cui la dispensa non trova applicazione, essendo già tutto personalizzato”. Nel frattempo siamo arrivati al mese di maggio. Che cosa fare?
Quello che possiamo suggerirle è di chiedere l’immediata convocazione del GLO, gruppo di lavoro operativo, e, in quella sede, considerati i tempi, predisporre un PEI provvisorio, indicando le ore di sostegno e le eventuali altre risorse (anche ausili, sussidi, strumentazione informatica) necessarie per il prossimo anno scolastico. Tenga presente che voi, come genitori, dovete prendere parte al GLO, in quanto il PEI deve essere elaborato e concordato sicuramente con voi, come pure con gli specialisti dell’ASL che seguono vostra figlia.


Sono funzione strumentale per l’inclusione di un I.C. ed avrei urgentemente bisogno di capire se è possibile, e con quale legge, contrastare l’imposizione dei nostri servizi territoriali multidisciplinari a non dettagliare le ore necessarie alla copertura scolastica dell’alunno grave, in sede GLO con la minaccia di non firmare il verbale

Il principio di personalizzazione, a base di tutta la nostra normativa inclusiva, impone a tutti che bisogna graduare la quantità di risorse secondo i bisogni educativi dei singoli alunni; non per nulla la legge n. 104/92 prevede il riconoscimento della “connotazione di gravità” per alcune persone e, di conseguenza, la priorità nell’accesso ai servizi. Parametro utile per la proposta delle risorse necessarie al quale vanno aggiunte le indicazioni del D.I. 182/2020; questo provvedimento distingue cinque condizioni, concernenti la restrizione alla partecipazione, con riguardo alle capacità dell’alunno, così declinate: assente, lieve, media, elevata, molto elevata; a ciascuna di queste condizioni la norma fa corrispondere “altrettanti “range” orari, intesi quali impegno di risorse” necessarie per garantire e tutelare il diritto allo studio dell’alunno con disabilità. Le “risorse” sono riferite al numero delle ore di sostegno e, ove necessario, al numero delle ore di assistenza per l’autonomia e la comunicazione secondo le fasce indicate.
Tenga conto, poi, che la proposta delle ore per il sostegno didattico ed anche, ove chiaramente necessario, dell’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale, è compito affidato al GLO (art. 15 comma 10 della legge 104/92) e non ai soli servizi dell’unità di valutazione multidisciplinare. Dovete pertanto raggiungere un accordo, in sede di GLO, il più possibile condiviso, e riportare l’indicazione della proposta delle risorse, con la quantificazione oraria settimanale, anche nel verbale che, come stabilito dalla norma, non deve essere sottoscritto da tutti i partecipanti all’incontro del GLO, bensì unicamente da colui/colei che ha coordinato l’incontro e da chi, materialmente, ha scritto il verbale (art. 4 del DI 182/2020).
Ai Servizi, così come a tutti i presenti al GLO, è chiesto di firmare il PEI, in cui viene riportata la proposta delle risorse necessarie per garantire il diritto allo studio dell’alunno con disabilità.


Volevo sapere se mio figlio con disabilità grave per motivi di salute assente da fine gennaio e frequentante la scuola superiore, con certificazione medica può chiedere di non perdere l’ anno scolastico.

L’art. 5 del d.lgs n. 62/2017, per la secondaria di primo grado, e l’art. 14 comma 7 del DPR 122/2009, per la secondaria di secondo grado, stabiliscono che il Collegio dei docenti deliberi specifiche deroghe alla frequenza, ai fini della validità dell’anno scolastico, come indicato dalla C.M. 20/2011. In base a tali deroghe, a fronte di certificazione medica che giustifica le assenze, è possibile non avere invalidato l’anno scolastico per le eccessive assenze, purché i docenti del Consiglio di classe dispongano di sufficienti elementi per procedere alla valutazione positiva dello studente.
Pertanto faccia in modo che, anche tramite didattica a distanza, suo figlio venga valutato per ciascuna disciplina prima della conclusione dell’anno scolastico; con una valutazione positiva, suo figlio sarà ammesso alla classe successiva (promosso), senza perdere l’anno scolastico.


Vorrei avere chiarimenti circa l’assegnazione dell’insegnante specializzato, a fronte di una certificazione di L.104/92 acquisita agli atti dell’istituto scolastico come revisionabile nel 2019, ma della quale non è mai stata prodotto da allora alcun nuovo documento aggiornato.
La famiglia dello studente interessato, dichiarandosi (anche se in modo informale) non interessata a volersi avvalere della Legge 104, come pure lo studente stesso, oggi maggiorenne e prossimo a sostenere l’esame di stato, benchè formalmente sollecitati non hanno mai voluto produrre alcun aggiornamento della documentazione: di fatto la Scuola ancora ignora se lo studente sia stato convocato a visita per la revisione della certificazione o se convocato volutamente non si sia presentato.
Come e’ tenuta ad operare la scuola?
Deve comunque applicare le tutele della L.104 (assegnare all’alunno l’insegnante di sostegno, redigere il PEI ecc.) oppure, in mancanza della presentazione di una documentazione aggiornata, ritenere l’alunno non più in condizione di disabilità?
Preciso che l’alunno, al tempo certificato per problematiche relazionali e disturbo misto degli apprendimenti, seguendo una programmazionane di classe, con il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento riferibili ai nuclei fondanti e ai saperi essenziali delle discipline, è stato comunque preso in carico come alunno disabile dai vari Consigli di Classe che si sono avvicendati negli anni, prescindendo dall’aspetto formale.
Adesso, tuttavia, in vista degli adempimenti relativi all’Esame di Stato, ci si interroga sull’aspetto legale del dovergli riconoscere le tutele della L.104 o meno.

Dovreste inviare una PEC alla famiglia o far pervenire una raccomandata, con ricevuta di ritorno, in cui fate presente che, essendo la certificazione rivedibile, la legge n. 114 del 2014 stabilisce che qualora lo studente non si presenti alla visita di controllo, si perdono i diritti derivanti dalla certificazione. Pertanto invitate la famiglia a comunicare immediatamente, sotto la propria responsabilità penale, se vi è stata o meno la convocazione .
Solo qualora non vi sia stata ancora convocazione, la stessa legge stabilisce che continua ad aver efficacia la certificazione in possesso della famiglia.


Vorrei sapere se è vero che in ogni scuola di ordine e grado non è possibile rifiutare la richiesta di iscrizione di un alunno che ha la 104. ( Art. 3 comma 1).
Chiedo per mio figlio che ha compiuto 18 anni lo scorso dicembre e che possiede appunto la 104 senza connotazione di gravità e la certificazione Dsa dalla seconda elementare.
Avrebbe intenzione di iscriversi ad un corso di formazione professionale finanziato dalla regione Piemonte.
E nel caso in cui non ci fossero più posti disponibili come si fa in questi casi?

Alcune scuole rifiutano l’iscrizione, in quanto, questa è la motivazione data, hanno già iscritti, nelle nuove classi prime, loro prime classi, due alunni con disabilità per ciascuna classe.
Quanto ai corsi di formazione professionale, occorre vedere i regolamenti degli stessi. Mentre per gli alunni con disabilità con connotazione di gravità l’art 3 comma 3 prevede il diritto alla priorità di iscrizione, ovviamente tranne i casi detti sopra, la stessa norma non è ripetuta per i corsi di formazione professionale. Qualora questi abbiano già troppi studenti con disabilità, occorre cercare altri corsi. Si può provare con le cooperative sociali.


Sono la mamma di un bimbo di 5 anni, scuola infanzia. Le insegnanti hanno segnalato la difficoltà relazionale e comportamentale da parte del bambino. Mi sono affidata a uno specialista il quale non ha evidenziato problematiche, chiedendomi di farmi rilasciare dalla scuola una relazione osservativa, per poter meglio valutare la criticità segnalata dalle insegnanti.
Ho chiesto alla scuola “ relazione osservativa, “ credo previsto dalla legge, e mi è stato risposto che non sussiste alcuna norma per legge secondo la quale la scuola di qualsiasi ordine e grado debba consegnare ai genitori relazioni osservative senza che sia stata specifica richiesta di uno specialista.
Devo necessariamente far conoscere alla scuola il nome dello specialista cui mi sono recata per esaminare il minore? E’ possibile che non ci sia una tutela di privacy ?

Non risultano norme che impongono alla scuola di rilasciare relazioni illustrative sul comportamento di un alunno. Certamente è corretto che, a fronte di una segnalazione, i docenti diano informazioni puntuali, come per esempio: “Che tipo di comportamento è stato rilevato? Quando si manifesta? Come si manifesta (quali azioni compie il bambino)? In che termini è da definirsi problematico?”, in modo che i genitori possano decidere se chiedere una valutazione oppure no.
Da quanto scrive, i docenti non sono andati al di là dell’indicazione generica di “difficoltà”, che potrebbe anche essere temporanea.
Che cosa fare in questo caso?
Di seguito alcuni suggerimenti:
1) far formulare la richiesta direttamente dallo specialista, corredandola con una vostra autorizzazione, in modo che sia garantita la privacy;
2) concordare un incontro congiunto al quale possano partecipare tutti i docenti della sezione, voi genitori e lo specialista (chiaramente anche in tale circostanza lo specialista non rimarrebbe anonimo);
3) infine, considerato che lo specialista “non ha evidenziato problematiche”, potreste lasciar cadere la preoccupazione dei docenti.


Mio figlio di 3 anni e mezzo frequenta il primo anno di una scuola materna comunale, il bambino ha un ritardo del linguaggio e attualmente è seguito da una psicomotricista. Quest’ultima gli ha proposto la Comunicazione aumentativa alternativa al fine di permettere al bambino di esprimere le sue richieste e quindi comunicare, oltre a favorire poi la richiesta verbale ed effettivamente dopo un mese e mezzo di utilizzo si inizia a vederne i progressi. La scuola mi vieta di portare il quaderno CAA essendo il bambino non certificato, siamo in attesa di visita neuropsichiatrica coi tempi biblici che sappiamo. Chiedo quindi se c’è una normativa a riguardo che mi impedisca di usare uno strumento facilitatore della comunicazione per un bambino senza una diagnosi.

Comunicare è importante per tutti; e non può essere una certificazione ad autorizzare la possibilità di comunicare, che deve essere garantita a ogni persona e che deve essere sollecitata sin dalla più tenera età.
Si tenga presente che la scuola, per le sue attività, si avvale ordinariamente di flashcard, di carte con simboli o con immagini, di libri con immagini, di proiezioni e di video con immagini, di simboli per favorire l’apprendimento di nuove parole (sono modalità utilizzate nella scuola dell’Infanzia, ma anche negli ordini e gradi successivi); ad ogni bambino dell’Infanzia, inoltre, è assegnato un contrassegno, ovvero un disegno-un’immagine di riconoscimento.
E non risulta che per questo tipo di attività si chieda la certificazione. Le immagini e i simboli, in altre parole, sono abitualmente utilizzati a scuola. Quindi sicuramente il bambino e i suoi compagni già utilizzano immagini.
Pertanto pare persino paradossale il non consentire ad un bambino di utilizzare un ausilio che non solo arricchisce il lessico (obiettivo che le Indicazioni Nazionali fissano a partire dalla scuola dell’infanzia), ma, e questo è di primaria importanza, consente e favorisce la comunicazione (obiettivo primario per lo sviluppo dei traguardi di competenza, da perseguirsi sin dai primi percorsi; nell’infanzia mediante i campi di esperienza).
Non esiste una normativa che impedisca ad un bambino di usare un facilitatore della comunicazione in assenza di diagnosi; d’altra parte, se esistesse, nessuno a scuola potrebbe utilizzare flashcard o oggetti simili (sopra descritti).
Ne parli urgentemente con il Dirigente scolastico, affinché intervenga presso i docenti.


Sono una docente di una classe prima di una scuola secondaria di primo grado.
Quest’anno abbiamo in classe un alunno, proveniente da un altro IC, che fin da subito ha manifestato gravi problemi comportamentali: scatti di rabbia, aggressioni verbali ai pari, autolesionismo. Solo dopo molte insistenze da parte nostra, recentemente, la madre ha ammesso che il bambino ha la 104 c. 1, ed è seguito da uno psicoterapeuta. Solo a metà marzo ha portato a scuola la documentazione del niat datata settembre 2021. Questo alunno non ha pertanto il sostegno nè l’assistente educatore. La madre e lo psicoterapeuta non ritengono necessario il sostegno, ma solo l’educatore.
La mia domanda è questa: il consiglio di classe deve comunque redigere un Pei ? O Un pei provvisorio dato che siamo quasi al temine delle attività didattiche? Oppure un pdp visto che non vi sarà insegnante di sostegno?

Considerati i tempi e considerato che la certificazione è stata rilasciata nel 2021, è il caso di predisporre un PEI provvisorio. Il PEI è documento al quale partecipano, per la sua stesura, tutti i docenti della classe (questo indipendentemente dal fatto che vi sia o che non vi sia un docente con incarico sul sostegno).
Il Dirigente, pertanto, dovrà procedere definendo la composizione del GLO, mediante provvedimento costitutivo. Quindi, una volta convocato il GLO, i convenuti predisporranno il PEI, all’interno del quale vanno indicate le risorse necessarie, come il docente da incaricarsi per il sostegno didattico; subito dopo sarà il Dirigente scolastico a richiedere, sulla base del PEI, il docente per il sostegno, in modo da disporre da subito di un supporto, con la speranza che il docente possa restare anche il prossimo anno.


Sono una docente di sostegno di una classe quinta di un Istituto di istruzione superiore di secondo grado. Una docente disciplinare della classe in cui insegno ha organizzato una uscita didattica presso un Museo. Purtroppo i tempi per l’organizzazione sono stati ristretti, nessun pullman è risultato disponibile per il trasporto degli studenti perché già impegnati da altre scuole, per cui l’organizzatrice ha optato per il viaggio in treno. La stazione dei treni della piccola cittadina in cui ha sede la scuola non è ben servita, per cui non è possibile prendere treni a distanza ravvicinata, ci si deve adattare. Inoltre dalla stazione di arrivo al Museo vi sono pochi autobus disponibili e, per poter arrivare in tempo al Museo rispettando l’appuntamento fissato con la guida (ultimissimi posti disponibili), si è deciso di percorrere a piedi il tragitto dalla stazione al Museo, della durata tra i 25/30 minuti e così per il ritorno da Museo a stazione. Due allievi con disabilità, uno con emiparesi e l’altra autistica ma in sovrappeso e facilmente stancabile, sono stati dispensati dal compiere il tragitto a piedi e gli è stata data la possibilità di prendere un taxi sia all’andata che al ritorno. Un’altra allieva con lieve disabilità si è offerta di prendere il taxi coi due compagni. Le famiglie erano state informate e, mentre una ha acconsentito senza problemi, l’altra ha polemizzato asserendo che la scuola avrebbe dovuto organizzare diversamente l’uscita didattica per dare la possibilità agli allievi di rimanere sempre insieme, che una scuola inclusiva non deve fare questi tipi di discriminazioni e che avremmo dovuto annullare l’uscita. Ma la famiglia in questione ha autorizzato comunque la figlia a partecipare continuando a infierire contro l’Istituto.
Ora io le chiedo, dato che non vi erano altre strade percorribili, se effettivamente siamo stati non inclusivi. L’inclusività per noi è consistita nel permettere che ogni allievo potesse partecipare alla visita guidata al museo, avremmo preferito certamente che tutti utilizzassero gli stessi mezzi di trasporto ma, quando non oggettivamente possibile, l’utilizzo di uno strumento compensativo, in questo caso il taxi, per alcuni allievi e per una piccola parte dell’uscita didattica in termini di tempo, non ha favorito l’inclusione?
Se avessimo annullato l’uscita, non avremmo leso il diritto che esiste anche per gli allievi normodotati di poter effettuare uscite utili alla loro formazione?

Quando alla classe sono iscritti alunni con situazioni fra loro differenti e complesse, è bene individuare attentamente le mete dei viaggi di istruzione, onde evitare quanto vi è accaduto.
Fortunatamente alcune delle persone con disabilità non hanno fatto polemiche; purtroppo una, invece, si è fortemente risentita. Certo è che, al punto in cui ormai vi trovavate, non era possibile agire diversamente, ovvero autorizzando l’uso di un taxi per gli spostamenti.
Per le prossime uscite didattiche o per i prossimi viaggi di istruzione predisponete tutto con molta attenzione, in quanto ormai le famiglie sono molto permalose. Vogliamo sperare che ormai la situazione si sia calmata. Grazie per il lavoro inclusivo che cercate di realizzare.


Un ragazzo con 104 disabilità mentale può fare ore di teatro extrascolastico senza assistente nè docente di sostegno? Di chi sono le responsabilità?

Se l’attività si svolge durante l’orario scolastico e se il PEI prevede tale attività, sono i docenti in servizio responsabili dello studente con disabilità, così come di tutti gli altri alunni e alunne della classe.
Se per attività extra-scolastiche lei fa riferimento alle attività promosse con i PON o altra analoga modalità, si immagina che nel predisporre il progetto siano state prese in considerazione tutte le variabili al fine di garantire la piena partecipazione di ogni alunno aderente.
Se, invece, il corso di teatro si svolge in orario extra-scolastico, la famiglia deve indicare la persona alla quale il ragazzo è affidato. Ciò in base all’art. 2046 del Codice civile per responsabilità verso terzi; per eventuali danni subiti dal ragazzo è sempre responsabile tale persona.


Vorrei avere informazioni circa il diritto al sostegno di una persona con disabilità (ritardo mentale lieve) nel caso volesse iscriversi per frequentare un corso serale proposto da un IIS. La persona in questione (43 anni) ha interrotto gli studi nello stesso Istituto Professionale al terzo anno (conseguendo l’attestato previsto)
Vorrebbe proseguire e arrivare a ottenere un diploma di maturità.

La Sentenza della Corte Costituzionale n. 226/2001 prevede che nei corsi serali agli studenti con disabilità siano garantiti gli stessi diritti degli studenti frequentanti i corsi del mattino.


Sono una docente di sostegno all scuola secondaria di secondo grado. Insieme ad un’altra collega e ad un’OSS seguiamo un’alunna con un grave deficit cognitivo, neuropsicologico, dell’apprendimento, della comunicazione e socializzazione e inoltre con problemi nella deambulazione.
Nella mia scuola vi è un progetto chiamato “Autonomia” che prevede uscite didattiche nei dintorni dell’edificio scolastico e la referente ritiene che l’alunna debba partecipare e siamo d’accordo.
La mamma ci ha però forniti un passeggino che utilizzava alla scuola primaria e quindi non idoneo alla disabilità, al peso e all’altezza della figlia.
Abbiamo richiesto alla mamma di procurarci una carrozzina idonea e sicura senza avere risposta.
La dirigente mi ha detto che anche secondo lei il passeggino fornito dalla madre non va bene e che aspettiamo il parere del responsabile alla sicurezza.
Ad ogni modo finché la dirigente non mi autorizza posso rifiutarmi di portare fuori l’alunna?

Il passeggino è un arredo scolastico e deve essere richiesto da famiglia e scuola all’ente territoriale che, nel caso di scuola Secondaria di Secondo grado, è o la Regione o l’Ente locale al quale essa ha delegato tale funzione (Provincia, Consorzio di Comuni, Ambito Territoriale o Comune).
Quanto alla somministrazione di farmaci a scuola, le linee guida del 2005 prot. n. 2312 stabiliscono che la famiglia deve portare a scuola un certificato del medico specialista che dichiari se i farmaci possono essere somministrati da chiunque o se, richiedendo una valutazione professionale, debbano essere somministrati da un infermiere dell’asl o di un’associazione di volontariato sanitario (permane sempre la disponibilità da parte di chi si presta alla somministrazione).
Quanto all’alimentazione, sempre il medico deve dichiarare se occorre un infermiere o se possa essere effettuata da un’assistente o, su incarico del Dirigente scolastico, da un collaboratore scolastico, al quale sono affidati compiti di spostamento nella scuola e di somministrazione pasti, n forza del CCNL. Anche per la somministrazione dei pasti è necessario che il medico indichi, in base alle necessità dell’alunna, quale figura professionale debba essere incaricata.
Quanto alla responsabilità, che coinvolge tutti i docenti della classe e, durante l’uscita, tutti i docenti in servizio e non solamente lei, fino a quando non arriverà un “passeggino idoneo”, chiedete alla sicurezza se sussistano le condizioni per effettuare l’attività oppure no; tuttavia è il caso di affrontare la questione in sede di Consiglio di classe: se, infatti, non vi sussistessero le condizioni per rendere partecipe l’alunna all’attività (data l’assenza dei mezzi necessari e/o della presenza di altra figura professionale idonea), allora essa non può essere proposta al gruppo-classe. In altre parole, quando si programma un’attività rivolta al gruppo-classe, è necessario valutare se ad essa possono effettivamente partecipare tutti gli alunni della classe; se ciò non è garantito, si cambia attività.


Sono la madre di un ragazzo autistico frequentante il primo superiore di un istituto tecnico che segue il programma differenziato. Ha assegnate due insegnanti di sostegno, che si alternano nove ore di 55 minuti ciascuna, con le quali ci sono diversi problemi di comunicazione. È stato da loro stilato un PEI dal quale si evince che il programma è differenziato ma no vi è alcuna programmazione indicata, né alcun criterio di valutazione. A inizio anno, proprio a causa della mancata programmazione e dell’improvvisazione quotidiana, il ragazzo ha avuto un paio di reazioni, stringere polsi e dare un pizzicotto, che nel corso dei mesi non si sono più ripresentate. Durante il GLO si è discusso del fatto che si rende necessario preparare il materiale da proporre al ragazzo e adeguarlo alle sue caratteristiche, si è accennato ai comportamenti problema e a come prevenirli. Nel verbale, che non è stato condiviso con la famiglia, si evince invece che mio figlio avrebbe gravi comportamenti problema e non viene fatto nessun accenno alla programmazione. Posso impugnare in qualche modo di sostegno il verbale?

È necessario riconvocare subito il GLO, chiedendo la presenza di un esperto o della Vostra associazione o dello sportello autismo della scuola-polo competente; ciò per far comprendere ai docenti come deve essere impostato il PEI di suo figlio.
In sede di GLO deve essere concordato il PEI, con gli obiettivi di apprendimento, le modalità di verifica e i criteri di valutazione.
Se durante il GLO è presente il medico che conosce suo figlio, può essere chiarito il comportamento del ragazzo e si potrebbe correggere il giudizio negativo su tale comportamento.
È utile mettere a verbale che voi genitori non firmerete il PEI se il PEI non contiene tutto quanto previsto dalla legge (quindi se non conterrà anche gli obiettivi di apprendimento, le modalità di verifica, i criteri di valutazione).
Quanto all’impugnazione, per evitare di perdere ulteriore tempo, forse per il momento è bene evitarla.


Capita che durante i glo non ci venga letto quello che viene verbalizzato al momento. Successivamente chiediamo una copia del verbale e ci accorgiamo che non viene scritto quello che vogliamo venga messo a verbale. In merito a questo volevamo sapere se per legge noi genitori possiamo mandare delle osservazioni tramite email, o farlo presente al glo successivo per fare in modo che vengano integrate.
Inoltre abbiamo visto che nel verbale non viene menzionato nei partecipanti il nominativo della figura educativa , anche lei era presente al GLO ed ha fatto interventi positivi che non sono stati inseriti. É corretto?

È scorretto non verbalizzare, neppure in sintesi, gli interventi di tutti i partecipanti; infatti il verbale deve essere la riproduzione fedele dei concetti espressi da tutti.
Il verbale , se non viene approvato al termine della riunione, deve esserlo alla prima riunione e, in quel momento, si ha diritto a far inserire nel verbale tutto ciò che risulta assente nella bozza di verbale letta.
Se la scuola si dovesse rifiutare, allora occorre immediatamente farlo presente all’Ufficio scolastico Regionale, minacciando il ricorso al Tribunale.
Quindi, dopo la richiesta di correzioni e di integrazioni, chiunque ha diritto di estrarre copia del verbale, ovvero di chiedere copia del verbale, per verificare se è stata effettivamente rispettata la volontà dei partecipanti.


Un alunno con disabilità grave, per spettro autistico, frequenta la classe seconda della scuola media.
I docenti lamentano, soprattutto in alcuni periodi, difficoltà nella gestione del ragazzo, che ha problemi a rimanere seduto, a concentrarsi e ad adeguarsi alle regole e alle dinamiche scolastiche (alla primaria paritaria non manifestava tutte queste difficoltà).
E’ seguito da professori che si definiscono “improvvisati” sul sostegno, essendo specializzati in materie letterarie e scientifiche. Da inizio anno, ha conosciuto dodici insegnanti di sostegno.
Adotta, a tratti, comportamenti oppositivo provocatori (non violenti). In questi casi, i docenti che non riescono a comprendere quali siano i fattori scatenanti e che non sanno gestire la situazione, sono soliti chiamare noi genitori per chiedere un nostro intervento. Ci vediamo costretti, quindi, ad allontanarci dal lavoro per accorrere a scuola a prelevare il ragazzo.
Inutile descrivere l’ansia con cui affrontiamo le mattinate nel timore di ricevere la telefonata della scuola.
Mi chiedo se tutto ciò sia ammissibile e se sia giusto che le famiglie, già gravate da troppe preoccupazioni, debbano occuparsi anche della sfera scolastica per mancanza di professionisti qualificati. Le priorità dovrebbero essere gli alunni non i punteggi!

Il comportamento oppositivo provocatorio potrebbe essere la manifestazione di un disagio interiore, peraltro affrontabile dai docenti se mettessero in atto linee di intervento educativo coerenti, concordate con la famiglia ed anche con gli specialisti, al fine di realizzare un contesto di apprendimento positivo e sereno per l’alunno e per i suoi compagni.
Quello che pare emergere è la fuga da una progettualità educativo-didattica, non certo la ricerca di percorsi coerenti. Sicuramente quello che le suggeriamo, nell’immediato, è di non andare a scuola a prendere suo figlio, il quale ha diritto a restare con i suoi compagni e a vivere, come gli altri, l’esperienza scolastica.
In secondo luogo le consigliamo di chiedere l’urgente convocazione del GLO, con la presenza anche di un esperto dell’Associazione sull’autismo o dello sportello autismo del CTS di competenza territoriale, se presente. In sede di GLO si analizzano gli interventi educativi già inseriti nel PEI per individuarne eventualmente altri, ritenuti più efficaci; se invece non sono state indicate linee di intervento educativo, è il caso di definirle nell’immediato, con il supporto degli esperti, concordando le modalità operative (senza dimenticare di creare le condizioni affinché il ragazzo possa star bene a scuola; adottando, cioè, le agende visive o il videomodeling, prevenendo, inoltre, gli stati d’ansia e/o il disagio attraverso l’anticipazione delle attività da svolgersi e offrendo, fra un’attività e l’altra, momenti di pausa con attività gradite all’alunno, da vivere anche insieme ai compagni). Accertatevi che tutto sia riportato nel PEI. Quindi informate la scuola che voi non andrete più a prendere vostro figlio, salvo per motivi di salute (e non certo perché adotta atteggiamenti oppositivi, rispetto ai quali vanno adottati interventi mirati da parte di tutti gli insegnanti della classe).
Quanto ai dodici docenti di sostegno, se mancano aspiranti competenti nelle graduatorie di istituto, occorre accedere a quelle di istituti viciniori e, in mancanza, farsi autorizzare a nominare un esperto anche fuori graduatoria, come avvenuto tempo fa in Calabria, nel caso di una studentessa con disabilità visiva.


Nella nostra scuola media, ogni volta che viene proclamato uno sciopero, l’alunno autistico grave deve recarsi (al pari degli altri alunni) a scuola e attendere in cortile le determinazioni del dirigente scolastico. Se l’istituto resta chiuso per adesione allo sciopero, la famiglia (che aspetta nelle retrovie) si vede costretta a riorganizzarsi. Finora è andata così, ma è corretto?

Lo sciopero ha l’intento di richiamare l’attenzione del contesto sociale sulle questioni che hanno sollecitato i lavoratori ad aderire all’agitazione proclamata dai sindacati di categoria. In genere, non sapendo quanti docenti aderiscono allo sciopero se non la mattina stessa, il dirigente scolastico assume la decisione di sospendere le lezioni, dandone comunicazione scritta alle famiglie oppure informa dello sciopero e della necessità di vigilare in merito all’ingresso o meno dei loro figli (in base alla presenza o meno dei docenti). Si tratta di scelte.
I docenti della classe dell’alunno con disabilità, che lei cita, potrebbero aderire allo sciopero, mentre altri no; in questo caso se l’alunno resta a scuola, sarà affidato, insieme a tutti gli altri alunni e le altre alunne presenti, ai docenti in servizio (che effettueranno la necessaria sorveglianza).
Se, invece, tutti i docenti aderiscono allo sciopero, allora le lezioni vengono sospese lo stesso giorno.


Esiste un riferimento normativo in base al quale l’eventuale compresenza di insegnante di sostegno ed operatore socio-educativo in una situazione di forte gravità, possa configurarsi come danno erariale?

Le competenze e i compiti, come pure il ruolo, della figura professionale dell’assistente ad personam (qui definito operatore socio-educativo) sono decisamente differenti da quelli del docente (sia esso incaricato su posto di sostegno o incaricato su posto disciplinare). Gli stessi contratti di lavoro differiscono, così come i datori di lavoro.
L’art. 13 comma 3 della legge 104/92 stabilisce che la figura dell’assistente sia prevista per l’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale dell’alunno con disabilità, al quale viene assegnato. Si presume che, per esempio, in relazione all’autonomia essa non si manifesti, come necessità, un’ora sì e l’altra no, pertanto se il GLO ritiene che l’assistente debba essere presente per tutto il tempo di frequenza scolastica, non deve far altro che indicarlo nel PEI. La mancata assegnazione di una figura essenziale, ai fini dell’autonomia e/o della comunicazione, si configurerebbe come discriminazione nei confronti dell’alunno con disabilità, non certo come danno erariale.


Sono una docente di scuola superiore. Al momento mi è stata riconosciuta la legge 104 (senza connotazione di gravità), e invalidità al 50%. Ho inoltrato domanda di aggravamento sperando di ottenere invalidità superiore ai 2/3, per usufruire della precedenza nelle graduatorie di istituto.Se non dovessi farcela ad ottenere aggravamento dell’invalidità (nel caso in cui me la diano) entro i termini di scadenza dell’aggiornamento delle graduatorie d’, istituto, posso fare domanda di esclusione dalle stesse riservandomi di presentare i verbali della commissione, cioe dichiarando di essere in attesa di aggravamento? Fa fede la data del verbale della commissione?

Dovrebbe chiedere ai Sindacati di categoria. In ogni caso, per analogia a quanto avviene con la consegna dei titoli di specializzazione conseguiti successivamente alla scadenza della data di presentazione che, con un’avvertenza ufficiale, possono essere consegnati al momento del rilascio, si ritiene che lo stesso possa accadere in questo caso, dal momento che la certificazione produce effetti dalla data della domanda.


Sono una docente di sostegno titolare presso una scuola secondaria di secondo grado ad indirizzo tecnico, che segue un’alunno dal primo anno, attualmente frequenta il quarto anno con percorso di studi ordinario. L’alunno è affetto da Polioneuropatia sensitivo motoria assonale con interessamento motorio distale e coinvolgimento dei nervi cranici, la malattia purtroppo è in continua evoluzione determinando una compromissione dell’autonomia di base e un affaticamento nella gestione delle diverse attività didattiche che con tenacia e dedizione assolve. Il problema sussiste in merito all’assolvimento delle ore di PCTO che aggravano l’impegno scolastico determinando una sfiducia nelle sue oggettive capacità. Preso atto di quanto disposto dal D.Lgs. 66/2017 e dalle linee guida del nuovo PEI si evince che avendo l’alunna un percorso “ordinario” sarebbe tenuta ad assolvere tutte le 150 ore stabilite per legge. Vorrei sapere se attenendomi a quanto riferito in una faq ministeriale nr 14 (https:www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/faq.html) il GLO congiuntamente può decidere di esonerare anche parzialmente l’assolvimento di tale limite, facendo riferimento alla situazione eccezionale dettata dall’aggravamento della patologia?

Nessuna disposizione di legge prevede l’esonero dal PCTO; tuttavia, secondo quanto indicato dal DLgs 66/17 art. 7 comma 2, lettera e), è nel PEI che sono definiti: «gli strumenti per l’effettivo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro, assicurando la partecipazione dei soggetti coinvolti nel progetto di inclusione». Se per gli alunni con disabilità il percorso formativo è personalizzato, da tale principio non può sottrarsi il percorso per le competenze trasversali e l’orientamento. La preoccupazione del legislatore, rispetto all’insistenza nel ribadire che “si deve far di tutto per consentire agli studenti con disabilità di svolgere questa esperienza”, deriva dal garantire la partecipazione ad attività che vedono coinvolti tutti gli alunni del secondo grado (relativamente alle classi interessate).
È pur vero che tale diritto va esercitato nel pieno rispetto della persona con disabilità, e trova la sua applicazione nelle necessarie forme di personalizzazione che devono essere garantite per tutte le attività previste nel percorso scolastico (quindi anche per le attività di PCTO).
Il DI 182/2020, nelle Linee guida, stabilisce che la scelta di una tipologia di percorso “né in azienda né a scuola” possa essere considerato in situazione eccezionale, “ad esempio in presenza di un progetto di istruzione domiciliare”. Considerato quanto da lei scritto e preso atto dell’impossibilità di una riduzione di ore, è possibile effettuare il PCTO mediante attività realizzate presso un ufficio o un’impresa virtuale, modalità contemplata e percorribile.
Sicuramente l’ipotesi virtuale si propone come la più efficace e significativa; in alternativa potreste optare, come indicato dalle Linee guida, per una “esperienza di tipo scolastico”, avendo però cura di ricreare un ambiente di lavoro che, “dal punto di vista organizzativo (regole, orari, persone di riferimento…)” e per le attività svolte (laboratori e altri spazi utilizzati) “sia il più vicino possibile a quello aziendale, creando una discontinuità tra queste esperienze e le abituali attività scolastiche”.


Sono un’educatrice e lavoro come assistente scolastico in una scuola superiore della mia città. Assisto un alunno affetto da tetraparesi spastica e che dunque utilizza la sedia a rotelle, necessitando di costante assistenza didattica e soprattutto materiale.
Terminato il periodo di emergenza pandemica, la scuola sta ricominciando ad organizzare uscite didattiche e gite d’istruzione; in particolare, è prevista per la fine dell’anno scolastico una gita a Roma, e, naturalmente, la famiglia del mio alunno è intenzionata a farlo partecipare.
La scuola si è assicurata che tutti i luoghi che i ragazzi andranno a visitare siano accessibili anche per lui, ma permane una criticità relativa al mezzo di trasporto da utilizzare.
In base alle mie conoscenze e alla mia esperienza lavorativa, mi risulta che la nota ministeriale 645/02 chiarisca la necessità di utilizzare un mezzo di trasporto idoneo alla situazione motoria dell’alunno; pertanto, mi sembra logico che la scuola debba provvedere ad affittare un pullman attrezzato con un elevatore o comunque una rampa per l’accesso con la sedie a rotelle. Tuttavia, i responsabili della commissione gite sono restii a procedere in tal senso, in quanto – dicono – l’affitto del mezzo attrezzato farebbe lievitare e non di poco il costo della gita per ogni partecipante.
Dal canto suo, la madre del mio alunno non sembra turbata dalla situazione: ritiene, infatti, che il figlio possa tranquillamente viaggiare a bordo di un normale pullman, in quanto lei, che lo accompagnerà in gita, abitualmente lo trasporta sulla sua autovettura (non attrezzata) prendendolo in braccio e posizionandolo su un normale sedile. Prevede di fare lo stesso durante la gita (sic!), per cui la scuola sembrerebbe intenzionata a procedere con questa modalità, limitandosi a far firmare alla signora una liberatoria.
Personalmente, ho seri dubbi che questa escamotage possa funzionare, e soprattutto ho il timore che il giorno della gita l’autista del pullman possa (giustamente) rifiutarsi di far salire a bordo il ragazzo con questa modalità, escludendolo dall’evento. Insomma, la ritengo un’idea alquanto ingenua e dai risvolti assolutamente dannosi, tanto per dire un eufemismo… ma, dato che non ho una grande conoscenza delle leggi e delle normative in merito e non facendo parte dell’organico scolastico (non parteciperò nemmeno alla gita), non so se il mio è un eccesso di apprensione oppure un fondato timore.
Chiedo, quindi, a voi se è effettivamente possibile “bypassare” le disposizioni ministeriali tramite una semplice liberatoria oppure se la scuola si sta infilando in un ginepraio che potrebbe avere delle conseguenze negative.

In genere, quando la scuola programma viaggi di istruzione o uscite didattiche, se ha necessità di un mezzo di trasporto particolare, lo richiede direttamente nel momento in cui affitta il mezzo di trasporto per l’attività programmata. Non è raro il fatto che le scuole si rivolgano direttamente al Comune o al Consorzio di Comuni che, normalmente, dispongono di un mezzo attrezzato che forniscono senza eccessivi costi.
Sicuramente, per una maggiore sicurezza e anche per garantire all’alunno una migliore mobilità, è opportuno richiedere un mezzo attrezzato (si comprende la questione dei costi, ma ciò non può essere indicata come motivazione).
Si potrebbe chiedere un intervento dell’USR o del delegato regionale per l’inclusione, ma il fatto che il genitore si sia assunto la responsabilità di spostare il figlio come normalmente fa con il mezzo privato potrebbe non condurre ad una soluzione ottimale. Potremmo suggerirle di far presente al coordinatore di classe l’importanza di garantire un mezzo adeguato, ma la decisione compete alla scuola (e alla famiglia).


 Ad un bambino di 9 anni della scuola primaria con lievissimo spettro, per la prima volta gli é stata assegnata la maestra di sostegno e figura educativa (data per mediare nella comunicazione) si parla di un bambino gestibile e molto intelligente che talvolta ha difficoltà nell’autoregolarsi a parlare. Per la “prima volta” nonostante ci fosse la figura educativa, gli é stata data una nota nel diario perché disturbava una lezione di cinque bambini. Alla fine della giornata la figura educativa non ci ha informato di questo fatto perché l’insegnante stessa gliel’ha proibito e così a casa abbiamo poi trovato una nota generica senza capire cosa fosse successo. Volevamo capire se la figura educativa é tenuta a dirci quando vi sono giornate problematiche o deve rispettare quello che gli viene detto dalle insegnanti. Cosa prevede la normativa?

Mentre è previsto il colloquio individuale con ciascuno dei docenti della classe, tale evenienza non è contemplata per le figure addette all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione, con le quali, formalmente, si può interloquire solo in sede di GLO.
Le suggeriamo di chiedere subito un incontro con la docente che ha scritto la nota, al fine di avere chiarimenti e fornirne circa il comportamento dell’alunno il quale, anche in considerazione della certificata condizione di disabilità, più che di una “inutile” nota, necessita di coerenti interventi educativo-didattici e di un supporto adeguato, in sintonia con la famiglia (come indicato nel PEI); inviti quindi la docente a non ricorrere a queste modalità e di provvedere, invece, a informarla, in modo che insieme possiate rivedere eventualmente gli interventi educativi, già concordati a inizio di anno scolastico nel PEI, se ritenuti non efficaci.
In caso di impossibilità di dialogo, le suggeriamo di rivolgersi al Dirigente scolastico, informarlo su quanto accaduto e, contestualmente, di chiedere un incontro di GLO, al fine di chiarire le modalità di intervento educativo.


Sono una docente vorrei porre un quesito in merito ad un mio alunno. Il ragazzo frequenta la V classe di un Istituto tecnico, ha una differenziata, la famiglia chiede che venga bocciato perché non sa a chi affidarlo. Il ragazzo nei prossimi mesi compirà 22 anni. La mia domanda è: se il consiglio di classe dovesse decidere di bocciarlo, avrebbe diritto ancora al sostegno? In merito esiste una normativa precisa?

Con il percorso “differenziato” la non ammissione alla classe successiva o la non ammissione agli esami di Stato è normalmente impossibile, in quanto la “non ammissione” avviene quando non si raggiungono gli obiettivi fissati nel PEI. Siccome gli obiettivi definiti nel PEI differenziato sono formulati solo sulla base delle effettive capacità dell’alunno, essi vengono normalmente, sempre, raggiunti.
Invece di pensare ad una ripetenza, che rinvia di un anno il problema manifestato dalla famiglia, sarebbe più opportuno pensare da subito a chiedere al Comune di residenza, d’intesa con la scuola e con gli altri Enti pubblici e del privato sociale interessati, il Progetto individuale (utile ai fini dell’attuazione del Progetto di vita dell’alunno) ai sensi dell’art 14 della legge n. 328/2000, che la Magistratura ha dichiarato obbligatorio per i Comuni che, a richiesta della famiglia, debbono avviare.
Il Progetto Individuale potrebbe inizialmente prevedere la frequenza di un corso di aggiornamento di primo livello, al fine di verificare le capacità lavorative dell’alunno e di individuare dove egli possa svolgere e dove l0’alunno potrebbe svolgere e dove potrebbe svolgerlo e quindi un successivo corso specifico, ad esempio nel campo dell’agricoltura o dell’artigianato o della ristorazione, ovvero nel settore in cui manifesta maggiori capacità. dove abbia maggiori capacità.


Nelle scuola primaria nella quale è inserita mia figlia, avendo un soggetto disabile in classe a livello psichico (comportamenti in classe inadeguati, morsi ai compagni, banchi lanciati per aria, parolacce, ect.),ma soprattutto disturbo continuo in classe nel momento delle spiegazioni e non solo. Chiedevo, se sia possibile tale comportamento e intaccare per tante ore lo stato psicologico del resto della classe.
Al fine di tutelare la salute psicologica dei nostri figli, come dobbiamo cautelare e tutelare la classe in forma legale?e soprattutto A CHI rivolgerci visti i continui reclami agli enti interessati che rispondono che non possono fare nulla?

La descrizione di quanto accade in classe è alquanto dettagliata e ci chiediamo se ciò derivi da supposizioni o ipotesi oppure da informazioni date dai docenti ai genitori. Avendo omesso la classe è difficile immaginare un bambino che lancia in aria i banchi (forse spostarli, gettarli a terra). È bene quindi aver contezza di quanto effettivamente avviene e sono i docenti che possono riferire.
Alla luce delle sue considerazioni, tuttavia, lei potrebbe suggerire al docente coordinatore di classe di chiedere la “convocazione urgentissima” del GLO (al quale lei non può partecipare, in quanto genitore di altro alunno) per definire le modalità di intervento educativo da adottarsi nell’immediato, al fine di tutelare sia il diritto allo studio di ogni alunno e alunna, compreso l’alunno con disabilità, sia la sicurezza e la serenità necessarie per garantire la frequenza di tutti.
È probabile che sia già stato individuato e messo in atto un percorso educativo; ma forse risulta poco efficace, per cui potrebbe essere necessario rimodulare strategie e interventi (l’uso della musica è sicuramente un interessante supporto, peraltro valido per tutti gli alunni della classe, per i suoi effetti positivi; si potrebbero poi suggerire anche attività rilassanti nei momenti di particolare tensione ma, è chiaro, si tratta di ipotesi, in quanto solamente i docenti della classe, i genitori dell’alunna e gli specialisti possono, conoscendo l’alunno, indicare le strategie e gli interventi adeguati). L’opportunità e la necessità della convocazione urgentissima del GLO, in questo caso, è sicuramente fondamentale.
L’alunno, esattamente come sua figlia, ha diritto sia di frequentare la scuola sia di fruire degli interventi educativi e formativi utili per una crescita armoniosa, insieme ai coetanei, e per la realizzazione del Progetto di Vita. Siamo certi che, a fronte di adeguati e coerenti interventi educativi promossi nella classe, la situazione potrà risultare migliore per ogni alunno e alunna. Tenga, infine, conto che la sua richiesta è irricevibile, in quanto in contrasto con la legge 104/92, art. 12 comma 2 (gli alunni con disabilità esercitano il loro diritto all’educazione e all’istruzione nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado) e, sempre articolo 12, comma 4, secondo il quale nessuna condizione di disabilità può essere causa di esclusione dalla frequenza scolastica.


Per un alunno autistico grave, la scuola media in occasione di un episodio isolato di autolesionismo, manifestatosi verbalmente in aula sostegno alla fine dello scorso anno, ha fatto una segnalazione alla procura dei minori.
La scuola, che dopo l’evento non ha convocato alcuna riunione con i genitori, ha sporto denuncia senza notiziare la famiglia e senza pensare, probabilmente, alle conseguenze che lo stesso esposto avrebbe comportato in termini di burocrazia e di ingerenza immotivata nella sfera familiare.
I genitori, all’improvviso, sono stati contattati dai servizi sociali che, su incarico della procura, hanno attivato il lungo iter di incontri, sopralluoghi domiciliari degli assistenti e osservazioni a casa con l’educatore.
E’ corretto tutto ciò? Perché se il fatto si è verificato a scuola dev’essere coinvolta esclusivamente la famiglia? Non si potrebbe parlare prima di agire, risparmiando tempo e risorse? Come possiamo tutelarci?

La famiglia, a questo punto, deve far presente di non essere a conoscenza di quanto segnalato dalla scuola (e di non essere stata informata da nessuno!).
Occorre contattare il Tribunale dei minori ed anche i servizi sociali tramite un avvocato, se la famiglia teme che ci possano esservi problemi circa la responsabilità genitoriale. Se tutto si risolve per il meglio, poi la famiglia potrà eventualmente chiedere il risarcimento dei danni subiti alla scuola.
Prima, però, di ricorrere ad un avvocato, suggeriamo alla famiglia di contattare un’Associazione di genitori, che possano consigliarla al meglio.


Sono il genitore di un alunno disabile, legge 104, art. 3 comma 3, che frequenta la terza media, e segue una progettazione didattica differenziata, solo quest’anno tra molte difficoltà, per l’ostruzionismo della dirigente scolastica, siamo riusciti a far approvare un PEI che contenesse degli obiettivi chiari e verificabili.
Non mi sembra possibile perseguire gli obiettivi prefissati senza avere elementi tangibili dei risultati conseguiti e da conseguire.
Posso chiedere che la valutazione contenga le competenze acquisite per singola disciplina? Cosa prevede la normativa vigente?

Nella scuola secondaria di Primo grado non esiste il PEI differenziato, pertanto la prima azione da compiere è di correggere il PEI e di utilizzare le espressioni: “ordinario” o “personalizzato” (ogni altra espressione è errata e non coerente con la normativa vigente).
La connotazione di gravità ai fini della legge 104/92 non dà alcuna indicazione per definire gli obiettivi di apprendimento; bisogna infatti considerare le capacità dell’alunno e le sue potenzialità. Sulla base di capacità e potenzialità si definiscono, per ciascuna disciplina, gli obiettivi di apprendimento (e quest’azione non è facoltativa, ma obbligatoria. Tutti i genitori conoscono gli obiettivi di apprendimento dei figli, in quanto riportati nel Piano dell’offerta formativa, sotto la voce curricolo di istituto, e declinati poi, per ciascuna classe, durante le assemblee iniziali con i genitori; altrettanto per i genitori dell’alunno con disabilità: devono conoscere nel dettaglio gli obiettivi di apprendimento, che sono definiti nel PEI e che vanno rispettati).
Le attività didattiche sono quindi proposte tenendo conto, per ciascuna disciplina di insegnamento, degli obiettivi fissati nel PEI, delle strategie e delle metodologie educativo-didattiche in esso riportate e delle modalità di verifica personalizzate (prove scritte / orali / pratiche / miste, etc.), dei criteri di valutazione personalizzati.
Nel corso del quadrimestre il genitore può chiedere, attraverso i colloqui individuali (da svolgersi con ciascun insegnante della classe) e quelli generali (sempre con ciascun docente della classe), sia come va il proprio figlio e quali valutazioni ha raggiunto sia che gli vengano mostrate le prove svolte dal figlio. In realtà anche nel registro il genitore deve vedere almeno le valutazioni.
Nella scheda di valutazione sono riportati:
– per ciascuna disciplina un voto in decimi (le valutazioni sono coerenti con il PEI, e non possono essere frutto di un paragone con i voti dei compagni),
– per il comportamento un giudizio,
– nel riquadro finale un giudizio sintetico che, sicuramente, non può contenere i descrittori ICF come erroneamente hanno scritto nella scheda di suo figlio (decreto legislativo n. 62/2017; legge 104/92 art. 16 comma 2).
Suggeriamo di convocare urgentemente il GLO, di chiarire la questione del PEI (che non può essere differenziato), di definire coerentemente, riportandoli, i personalizzati obiettivi di apprendimento, le modalità di verifica personalizzate e i criteri di valutazione personalizzati. Ricordate alla scuola che le valutazioni degli apprendimenti devono essere coerenti con il PEI, in forza dell’art. 16 commi 1 e 2 della legge 104/92 e del decreto legislativo n. 62/2017. Anche le prove d’esame di Stato devono essere predisposte sulla base del PEI e, a conclusione, lo studente riceverà il diploma (decreto legislativo n. 62/17 e legge 104/92).
Rammenti inoltre che non vi è alcuna norma che indichi di riportare i codici ICF nella scheda di valutazione e neppure nel PEI, come più volte è stato ripetuto dalla formazione promossa dal Ministero dell’Istruzione.


Scrivo per chiedere quali sono i riferimenti normativi per la valutazione degli studenti e delle studentesse con disabilità nel secondo ciclo di istruzione.

Le norme relative alla valutazione degli alunni con disabilità sono: la legge 104/92; l’art. 20 del d.lgs. 62/2017; il D.I. 182/2020 e le Linee guida (di cui all’art. 20/2020), nella parte riguardante la scuola secondaria di secondo grado.
Per la validità dell’anno scolastico: CM 20/2010; DPR 122/2009; Nota 7736/2011.


Mia figlia, frequenta la prima superiore. La commissione ATS le ha assegnato insegnante di sostegno ed educatore. Ha legge 104. Ad oggi l’educatore non è ancora arrivato. Ho mandato diverse mail all’assistente sociale, senza avere risposta. Ho scritto all’assessore ai servizi sociali, nessuna risposta. La cooperativa dice che non hanno educatori. Ho scritto alla provincia e alla regione. La regione mi ha risposto che il comune è obbligato a dare l’educatore, rivolgendosi a cooperative. In questo caso, se la cooperativa del bando non ha educatori disponibili, può rivolgersi ad altre?

Occorre che il Comune sia informato che la Cooperativa attualmente non ha operatori disponibili; pertanto la Regione deve autorizzarlo a prendere un educatore sul territorio o a rivolgersi ad altre cooperative. Ciò deve avvenire subito, perché la Regione, per legge, ha il compito di fornire direttamente o, tramite cooperative, il numero di assistenti richiesti regolarmente dalle scuole e non può ritardare motivando che attualmente non ci sono fondi disponibili, come sancito nella sentenza della Corte costituzionale n 275/2016.


Sono un’insegnante di sostegno alla scuola secondaria di secondo grado. Insegno in una classe in cui sono presenti due studenti con handicap. Sono state riconosciute ad ognuno 18 ore di sostegno; la presenza dei docenti di sostegno in classe è però di 18 ore complessive, divise quindi tra i due studenti. Si ritiene infatti che la normativa prevede che poichè il sostengo è assegnato alla classe, il monte ore complessivo non possa essere superiore alle 18 ore, e che l’USR assegni le cattedre in base a questo principio. Chiedo se questo sia corretto oppure se le ore corrette siano quelle effettivamente riconsociute ad ogni studente (18 per l’uno e 18 per l’altro, quindi un totale di 36), e se potete cortesemente indicarmi eventuali riferimenti normativi  Vorrei inotlre sapere se il docente di sostegno ha qualche repsonsabilità a riguardo

Quanto avviene in questa classe è totalmente contro legge.
È vero che il docente incaricato su posto di sostegno “assume la contitolarità della classe” ed è assegnato alla classe, ma ciò proprio allo scopo di garantire all’alunno con disabilità, insieme a tutti i docenti, la piena inclusione e l’esercizio del diritto allo studio.
Tant’è vero che “per ciascun alunno” vengono indicate nel proprio PEI il numero di ore a lui spettanti e nessuno può ridurre il numero di ore indicate nel suo PEI, neppure l’USR, quindi tanto meno la scuola.
Si rammenta, inoltre, che ciò è stato stabilito dal Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 2023 del 2017. Si aggiunga poi che, sempre il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 226 del 2001, ha stabilito che è vietato, a seguito di una Sentenza che aumenta il numero di ore ad un alunno, togliere ore ad altri alunni della stessa scuola per assegnarle a chi ha vinto la causa. La motivazione è che, a seguito di questa azione, in vero l’alunno non avrebbe vinto la causa contro il Ministero dell’Istruzione, ma contro l’alunno che perde le ore, senza che egli abbia saputo nulla della causa nella quale comunque non potrebbe essere coinvolto.
In sintesi le ore di sostegno devono essere assegnate a ciascun alunno con disabilità e, se per ciascuno sono state indicate 18 ore settimanali, allora alla classe devono essere assegnati due docenti per il sostegno didattico.
Il docente di sostegno non ha alcuna responsabilità.  In questo caso è bene che informiate i genitori, in modo che possano esigere dal Dirigente  il corretto rispetto dell’assegnazione delle ore di sostegno ed eventualmente ricorrere per ottenere le ore sottratte. Ciascuna famiglia, infatti, può fare ricorso al TAR, perché ciascuna famiglia ha subito una riduzione del numero di ore di sostegno previste nel PEI. 


Sono un’insegnante di sostegno in servizio da quest’anno in una seconda classe di scuola primaria. Mi è stato assegnato un bambino con autismo e, dall’inizio dell’anno, la DS ha autorizzato la sua terapista ABA a venire in classe una volta ogni 15 gg per due ore.
La terapista è venuta solo due volte a scuola ( la terza volta non ci ha neanche ha avvertito che si sarebbe assentata). In queste due volte non mi è stata di grande aiuto: si è limitata ad osservare ciò che facevo con il bambino e diceva che il bambino non lavorava perché i premi non non gli piacevano. Le ho chiesto allora di aiutarmi suggerendomi dei giochi, visto che lei conosceva di più il bambino, e mi ha risposto che non c’è una regola ma che bisogna provare. Fine
Intanto, il bambino ha fatto tanti progressi, sia nel comportamento che negli apprendimenti, nonostante la terapista non si sia fatta più vedere.
È tornata venerdì scorso, dopo circa un mese e mezzo di assenza ( io intanto ho preso l’influenza ed ero assente) e, parlando con le mie colleghe, sosteneva che il bambino fosse indietro con il programma, e che io rallento il lavoro che lei fa a casa. Io non conosco il percorso che il mio alunno fa con lei, mentre lei vede i quaderni che il bambino riporta a casa tutti i giorni ( tra l’altro io lavoro anche con materiale strutturato che resta in classe). I compiti che io assegno per casa, raramente vengono svolti ( allora li faccio fare il giorno dopo a scuola).
Sono un’insegnante competente e di grande esperienza; anche con bambini autistici ho ottenuto sempre ottimi risultati e grandi soddisfazioni; faccio l’insegnante di sostegno non per ripiego ma per una scelta consapevole e spinta dalla volontà di essere di aiuto ai bambini che hanno più difficoltà; sul lavoro ho uno spirito collaborativo e mi piace anche il confronto ( ho avuto altre terapiste ABA in classe e non ci sono stati mai problemi); il bambino non è indietro, le verifiche lo testimoniano.
Domanda: può una terapista entrare nel merito della didattica ed esprimersi in questi termini, peraltro in mia assenza? Certo che no! Vorrei però conoscere i riferimenti normativi che regolamentano il ruolo e i compiti dei terapisti in classe. Come dare uno stop e delimitare il campo di azione di questa persona? Come difendersi, norme alla mano, visto che sta gettando discredito sulla mia persona, peraltro sia con le colleghe che con la mamma dell’alunno?

È bene chiarire che lei, in quanto docente specializzata, è assegnata alla classe e non ad un alunno specifico. Il bambino con disabilità, esattamente come tutti gli alunni e le alunne della classe alla quale è iscritto, è affidato a tutti i docenti della classe.
Per sostenere il progetto inclusivo è importante, e questo lei lo ha ben precisato, che vi siano sintonia e collaborazione fra scuola-famiglia e specialisti. A volte gli specialisti possono chiedere un tempo di osservazione in classe, durante le lezioni, per raccogliere informazioni utili; l’intervento non può essere di tipo terapeutico, perché non è consentito effettuare terapia a scuola. Per entrare nella classe, inoltre, servono l’autorizzazione del Dirigente scolastico e dei genitori di tutti gli alunni e di tutte le alunne della classe.
Lo specialista deve garantire di mantenere il massimo riserbo su ciò che osserva limitandosi, per l’appunto, all’attività di osservazione. La riservatezza alla quale la specialista è chiamato vale anche durante le attività di osservazione. Se i docenti della classe ravvisano comportamenti e/o azioni poco coerenti, devono segnalarli tempestivamente al Dirigente scolastico (se lo specialista modifica l’orario di osservazione e non informa la scuola; se non comunica la sua presenza; se si esprime denigrando il lavoro, in questo caso, dei docenti e se tale intervento è effettuato in orario scolastico, mentre i docenti sono in classe, quindi alla presenza degli alunni).
Diverso, invece, in fase di incontro “scuola-famiglia-terapista” in cui si possono esprimere considerazioni, perplessità, dubbi in merito agli interventi, alle modalità, all’efficaci degli stessi e al raccordo delle azioni educative, sempre nel reciproco rispetto (e senza alcuna denigrazione).
Sulle questioni proprie della didattica lo specialista non può entrarvi in alcun modo, così come i docenti non entrano nel merito di come un terapista interviene. Sono campi differenti e, sulla didattica, il terapista non ha competenze.
È sicuramente il caso di parlare con il Dirigente per informarlo in merito al comportamento tenuto, in questo caso, dalla specialista, ma è anche opportuno informare la famiglia, convocandola. Suggeriamo di mantenere aperta la collaborazione cercando condivisione e confronto sugli interventi, che riporterete nel PEI, ed evitando interventi di osservazione che, da come lei descrive, si sono rivelati inefficaci.


Sono una docente di sostegno di un Istituto Superiore.
Un ragazzo con un problema fisico agli arti superiori non riesce a scrivere. Usa il puntatore oculare ma il problema riguarda lo scrivere la matematica. Vorrebbe iscriversi ad un Liceo Scientifico perchè cognitivamente non ha problemi. Alla secondaria di primo grado sta utilizzando la dettatura all’insegnante di sostegno per svolgere gli esercizi di matematica anche durante le verifiche.
Il mio dubbio (ho un dubbio perchè non riesco a trovare il riferimento normativo,se esiste…), è se in sede di esame di stato con programmazione personalizzata e prove equipollenti, potrebbe usare la dettatura ad un insegnante di sostegno. Se sì, qual è il riferimento normativo.

Il decreto legislativo 62/2017 statuisce che la commissione d’esame, sulla base della documentazione fornita dal Consiglio di classe, predisponga una o più prove differenziate, in linea con gli interventi educativo- didattici attuati sulla base del PEI (è nel PEI, infatti, che devono essere descritte con attenzione e in modo dettagliato le modalità di svolgimento delle prove di verifica e ogni altra informazione utile).
Sempre l’art. 20 del decreto legislativo 62/2017 stabilisce che “per la predisposizione, per lo svolgimento e per la correzione delle prove d’esame, la commissione può avvalersi del supporto dei docenti che hanno seguito lo studente nel corso dell’anno scolastico”.
Pertanto nel documento del 15 maggio, oltre al PEI, è necessario allegare le simulazioni d’esame e ogni altra informazione utile, comprese le indicazioni relative alle modalità di svolgimento delle prove e della necessaria presenza di un docente (esplicitando in che cosa consiste il suo intervento), affinché la Commissione d’esame agisca coerentemente.
Per completezza di informazione, ed anche per esperienza diretta, è bene sapere che è possibile installare un programma per lo svolgimento delle attività di matematica, in modo che lo studente possa operare autonomamente, avvalendosi del puntatore oculare.


Sono un’ insegnante di sostegno e nella mia scuola si sta verificando una situazione incresciosa. Una docente specializzata sul sostegno, che segue un’alunno con disabilità grave e con protocollo farmacologico (motivo per cui ha seguito uno specifico corso all’inizio dell’anno), si è assentata per malattia. Il primo certificato medico è stato di cinque giorni. La Dirigente Scolastica ha sostituito la docente con insegnanti a disposizione (potenziamento e docenti di sostegno liberi per assenza degli alunni da questi seguiti). Alcuni docenti del potenziamento, non essendo specializzati, si sono rifiutati e in quelle ore in cui l’alunno sarebbe rimasto “scoperto”, l’idea è stata quella di far seguire l’alunno dal docente curricolare di classe e mettere come supplente alla classe il docente del potenziamento.
Mi chiedo, dunque:

  • un docente a disposizione, non specializzato, può rifiutare di fare una supplenza?
  • è giusto affrontare il problema facendo uno scambio tra curricolare (che segue l’alunno con disabilità) e il docente a disposizione (che segue la classe al posto del curricolare)?
  • nel caso specifico sopra descritto, specializzati o no, i docenti non dovrebbero essere a conoscenza del protocollo farmaci ( e sottoscriverlo), prima di fare una sostituzione?

Prima questione: occorre ricordare che, in forza dell’ultima circolare sulle supplenze, il Dirigente scolastico deve nominare un supplente dopo il primo giorno di assenza (si poteva sicuramente evitare la situazione che si è creata).
Seconda questione: un docente privo di specializzazione per le attività di sostegno, effettivamente, può rifiutare una supplenza su “posto di sostegno”. Questo è un problema non indifferente per la scuola dell’inclusione, nella quale, in realtà, tutti i docenti devono essere in possesso di specializzazione.
(Il paradosso lo si rileva pensando al fatto che, in ogni classe in cui è iscritto un alunno con disabilità, ogni docente incaricato sulla disciplina, anche se privo di specializzazione, non solo è docente a tutti gli effetti dell’alunno con disabilità, ma ha anche la responsabilità di insegnare all’alunno con disabilità, esattamente come insegna agli altri alunni e alunne della classe. Il docente privo di specializzazione non può certo rifiutarsi di insegnare ad un suo alunno perché con disabilità!).
Terza questione: la prassi di invitare il docente curricolare della classe a sostituire (solo per il primo giorno di assenza) il docente incaricato su posto di sostegno, assente per legittimi motivi, e di mettere al suo posto un docente a disposizione, sembra corretta, poiché è preferibile far riferimento a un docente che, pur se privo di specializzazione, conosce l’alunno ed è suo docente per legge, anziché ricorrere a un estraneo, che non lo conosce.
Quarta questione: anche se il medico curante ha stabilito che chiunque possa effettuare la somministrazione dei farmaci, il docente individuato come supplente (ma potrebbe riguardare qualsiasi altro docente della scuola oppure anche il personale ATA), oltre a dare la disponibilità, deve sottoscrivere il Protocollo, come stabilito nelle Linee guida emanate con Nota 2312/2005. In tal caso, il Dirigente scolastico, sempre secondo le Linee guida citate, se non individua personale scolastico disponibile, dovrà rivolgersi ad un’organizzazione di volontariato sanitario del territorio e, in mancanza, al Sindaco, affinché provveda a far eventualmente intervenire l’ASL; se non trova alcuna soluzione, il Dirigente scolastico scrive al Sindaco e ai genitori informandoli. Ovviamente il tutto va predisposto dalla scuola, nel momento in cui la famiglia consegna alla scuola la richiesta di somministrazione dei farmaci insieme al documento sanitario, in cui sono riportati posologia, modalità di somministrazione e altre indicazioni in merito alla conservazione del farmaco.


Insegno in una scuola secondaria di primo grado in cui c’è anche sezione unica ad indirizzo musicale. Vorrei informarmi sulle norme che regolano l’inserimento in tale indirizzo di alunni BES (comprendendo quindi, oltre che dsa ecc anche alunni con 104).
Devono essere garantiti dei posti riservati? Quanti? Devono superare prove attitudinali ma personalizzate? Oppure se fanno domanda possono entrare senza il superamento della prova? La legislazione prevede che nella commissione ci siano anche insegnanti di sostegno o no?

Le inoltriamo, di seguito, un passaggio del regolamento di un liceo musicale: «In osservanza dell’art. 20 della legge 104/92, come modificato dall’art. 25 comma 9 del Decreto Legge n. 90/2014 (convertito con modificazioni dalla legge n. 114/2014), gli alunni con certificazione di disabilità, di cui all’art. 3 comma 3 Legge n. 104/92, uguale o superiore all’80% sono esonerati dallo svolgimento delle prove di ammissione al Liceo Musicale.»
Pertanto, a maggior ragione, anche nella scuola Secondaria di Primo grado gli alunni con disabilità sono esonerati dallo svolgimento delle prove selettive. Inoltre, in forza dell’art. 3 comma3 della legge n. 104/92, gli alunni certificati con disabilità “con connotazione di gravità” hanno diritto di precedenza nelle iscrizioni alle scuole di ogni ordine e grado.


Sono una docente di sostegno, di scuola secondaria di II grado, sto effettuando un lavoro di ricerca come specializzanda presso l’Università di Pisa sull’attuazione del DI 182/20.
Ho riscontrato, ed ottenuto pareri molto divergenti tra esperti d’istituzioni scolastiche della Toscana (coordiantori di sostegno, referenti per l’inclusione, giuristi, docenti universitari, ecc.) in merito alla predisposizione delle prove integrative nel caso di passaggio dalla programmazione differenziata a una valida per il conseguimento del titolo.
Chiedo: Quando sono previste queste prove integrative?
-SOLO se il passaggio è stato chiesto dalla famiglia dello/a studente/ssa durante l’ultimo anno (classe 5) in contrasto con il parere del Cdc?
Come sembrerebbe indicato a pag.43 [ “A tutte le considerazioni fatte fin qui si collega anche il problema del “passaggio da PEI differenziato a PEI semplificato”. La “procedura” con la quale alcune famiglie chiedono questo passaggio solo nell’ultimo anno,…]
-Se il Consiglio di classe decide, in base agli elementi di valutazione in suo possesso e con adeguata motivazione, che lo studente è in grado di apprendere anche le discipline seguite in precedenza in modo differenziato, sostenendo in un secondo momento prove equipollenti tali prove INTEGRATIVE NON devono essere sostenute?
Oppure sono sempre previste se il GLO decide di modificare il percorso?

Purtroppo il Decreto Interministeriale è stato scritto un po’ in fretta; non per nulla ha subìto uno strascico giudiziario prima dal TAR del Lazio con l’annullamento per illegittimità, poi con la conferma per il suo utilizzo del Consiglio di Stato.
Premesso che la responsabilità del percorso (ordinario, personalizzato, differenziato) è in capo al Consiglio di classe e non al GLO (questo dovrebbe essere abbastanza chiaro e rilevabile anche dalla normativa citata, e non solo), veniamo ai punti alquanto controversi che il DI 182/2020, invece di rendere chiari e lineari come nella precedente norma, ha proposto in modo, come detto, “confuso”.
Prima questione: per quanto riguarda il caso di richiesta da parte della famiglia del passaggio dal PEI differenziato a Pei personalizzato e/o ordinario, le prove integrative devono essere previste sempre (e non solo nel 5° anno); la richiesta da parte dei genitori del passaggio dal PEI differenziato a Pei personalizzato e/o ordinario, infatti, può essere inoltrata in qualunque momento e solo nel caso in cui i docenti non concordano col passaggio al PEI personalizzato e/o ordinario, l’alunno deve sostenere le prove integrative relative agli anni di effettiva frequenza della scuola secondaria di secondo grado in cui è stato valutato con pei differenziato.
Seconda questione: per quanto riguarda il passaggio da PEI differenziato a Pei personalizzato e/o ordinario con decisione assunta dal Consiglio di classe (e non dal GLO, che non ha competenze al riguardo), le Linee guida prevedono questa evenienza, precisando che “in un secondo momento” per lo studente saranno previste, di conseguenza, “prove equipollenti”. E questo lascia intendere che alla decisione del GLO non seguono prove integrative. Sicuramente il dubbio sorge di fronte all’affermazione da lei ripresa a pag. 43, dove le Linee guida, nel proporre una sintesi, sembrano far rientrare tutto in quella sintesi, pur non citando i docenti.
Considerato però che quanto scritto a pag. 43 è collegato ad alcune considerazioni /motivazioni in merito alla richiesta del passaggio dal differenziato al personalizzato durante l’ultimo anno di frequenza, appare evidente che la frase che segue si riferisca sempre al passaggio richiesto dalla famiglia e non all’autonoma decisione del Consiglio di classe.
Ad avvalorare questa indicazione potrebbe essere il passaggio a pagina 37 che si riporta di seguito in versione integrale: “Le decisioni che riguardano la corrispondenza dei percorsi disciplinari e l’equipollenza – ossia la validità delle prove di verifica – sono di competenza del Consiglio di classe non del GLO nel suo insieme; nel PEI si definiscono gli obiettivi da raggiungere per ciascuna disciplina e in base ad essi il Consiglio di classe dichiara, attraverso un voto e secondo i criteri definiti, se sono stati raggiunti. Il Consiglio di classe ha altresì il compito di definire se quegli obiettivi consentano o meno di caratterizzare il percorso personalizzato seguito come valido per il conseguimento del titolo.”
In sintesi, a nostro sommesso avviso, in attesa di un chiarimento auspicabile da parte del Ministero, si può ritenere che quanto scritto a pag. 43 può rientrare nelle indicazioni generali, mentre quanto precisato a pag. 38 riguarda l’eccezione che, peraltro, era già contenuta nell’Ordinanza Ministeriale n. 90/01, abrogata dal D.I. 182; pertanto quanto scritto a pag. 38 diviene molto rilevante. In altre parole se il Consiglio di Classe stabilisce il passaggio dal differenziato al personalizzato e/o ordinario, allora non sono richieste prove integrative.


Sono una docente presso un liceo e seguo da qualche anno una ragazzina con ritardo cognitivo e problemi di mutismo elettivo che frequenta il 4 anno. Il consiglio di classe negli anni aveva proposto una programmazione differenziata che inizialmente la madre, in sede di GLO, aveva accettato anche se con qualche titubanza. Ora, in corso d’opera, la madre chiede una revisione del PEI con il passaggio alla programmazione curriculare, sebbene la ragazzina abbia chiaramente manifestato di non sentirsi in grado di seguire una programmazione ministeriale. Il CdC all’unanimità, non in linea con la posizione della madre, ritiene che la studentessa non possa seguire un percorso ministeriale. In questo caso a chi spetta la decisione?

La responsabilità del percorso (ordinario, personalizzato, differenziato) è in capo al Consiglio di classe e non al GLO; tuttavia, quando il CdC intende adottare il percorso differenziato, allora deve acquisire il consenso della famiglia.
Se la famiglia non accetta il percorso differenziato, allora il Consiglio di classe è tenuto a informare la famiglia in merito ai rischi (per esempio la non ammissione alla classe successiva), procedendo poi con la somministrazione in tutte le discipline delle prove equipollenti, ossia valide secondo l’ordinaria progettazione dell’indirizzo di studi frequentato, garantendo tuttavia le attività di sostegno e l’applicazione di tutte le personalizzazioni ai metodi di valutazione indicati nel riquadro 8.2.
Nel caso in questione, trattandosi di un passaggio dal percorso differenziato al percorso personalizzato e/o ordinario su richiesta della famiglia, allora il Consiglio di Classe deve predisporre delle prove integrative relative agli anni di effettiva frequenza della scuola secondaria di secondo grado in cui l’alunna è stata valutata con PEI differenziato.
In sintesi, non potete semplicemente opporvi, imponendo la vostra decisione, senza aver predisposto prove con le quali devono essere accertate le effettive competenze della studentessa, come richiesto dai genitori.


Sono una docente della scuola secondaria di primo grado.
Nella mia scuola c’è anche la sezione unica ad indirizzo musicale e vorrei sapere quali siano le leggi che tutelano l’inserimento di alunni con 104 ma anche altri tipi di bes all’interno di tale indirizzo.
Hanno dei posti riservati? Quanti? Devono superare anche loro delle prove attitudinali? Nella commissione è anche prevista la presenza di docenti di sostegno o non è obbligatoria?

L’aggiunta del comma 2-bis all’art 20 della legge n. 104/92, operata con l’art. 25 comma 9 della legge n. 114/2014, stabilisce che in tutti i concorsi le persone con disabilità sono esonerate dall’effettuazione delle prove “preselettive”. Dato che normalmente per l’accesso alle sezioni musicali della scuola secondaria di primo grado, come pure dei Licei musicali, si effettuano delle prove preselettive o selettive, che hanno quindi natura concorsuale, in base alla norma citata, gli alunni con disabilità sono esclusi dal dover effettuare tali prove.
Non risulta invece che vi siano riserve di posti; però rimane il disposto dell’art. 3 comma 3 della legge n. 104/92 secondo il quale la “connotazione di gravità” costituisce diritto di priorità nell’accesso a tutti i servizi previsti.


Sono una docente di sostegno di un alunno rientrante nello spettro autistico a che frequenta il primo anno di un liceo.
L’alunno non ha gravi problemi di disgrafia. Ha, invece, problemi di disortografia (si tiene comunque conto del contenuto e non della forma nelle prove scritte).
La prova scritta di Latino non è andata bene, in due ore ha svolto due righi dei 4 assegnati e non era corretta (contenuto). Il resto della classe ha svolto una prova di 12 righi.
Il genitore, a questo punto, chiede di “sostituire lo scritto con l’orale”, non di compensare. Trattandosi di materia caratterizzante il percorso di studio e distinta in voto scritto e orale, è possibile? Segue una programmazione con prove equipollenti.

L’art 16 comma 3 della l.n. 104/92 stabilisce che, nella secondaria di secondo grado, gli studenti con disabilità hanno diritto alle “prove equipollenti” (e non vi è alcun riferimento agli strumenti compensativi o alle misure dispensative, misure che, invece, vengono adottate per gli alunni con diagnosi di DSA).
Il ricorso ad “attrezzature tecniche e sussidi didattici, nonchè ogni altra forma di ausilio tecnico” come pure delle prove equipollenti deve essere garantito, mediante le forme di personalizzazione che la norma prevede per tutelare il diritto allo studio degli alunni e delle alunne con disabilità.
La definizione di prove equipollenti si rinviene nell’art 6 comma 1 del DPR n. 323/1998, secondo il quale le prove equipollenti possono consistere in prove diverse da quelle ufficiali per le modalità (ad es. prove scritte invece che orali o viceversa, prove miste, prove pratiche anziché orali, etc.), o anche nei contenuti, purchè l’esito delle stesse consenta ai docenti nel corso dell’anno (e in sede di esame di Stato alla commissione giudicatrice) di verificare se l’alunno possiede gli elementi basilari della disciplina, cioè livelli apprenditivi sufficienti per il conseguimento del titolo di studio.
Sono i docenti incaricati su posto disciplinare, supportati dal collega incaricato per le attività di sostegno, a decidere, sulla base delle capacità e delle potenzialità dello studente, nonché delle sue abilità, quali siano “le modalità differenti e/oi mezzi e/o i contenuti differenti”, ovviamente nel rispetto del principio contenuto nella norma citata.


Sono un’insegnante di sostegno di una scuola primaria, il responsabile del plesso in cui lavoro comunica che ci dovrà essere ridistribuzione delle ore degli insegnanti di sostegno, in quanto una classe del plesso ha necessità di essere supportata. Ritiene che sarà necessario rivedere alcuni orari sia di classe che di sostegno per cercare di ridistribuire le risorse presenti nel plesso. Può un responsabile togliere delle ore di sostegno o ridistribuire delle ore per ovviare alle necessità di una classe?

Le ore riconosciute ai singoli alunni con disabilità, sulla base della proposta esplicitata nei rispettivi PEI, non possono essere modificate da nessuno.
La necessità di ridistribuzione non è una motivazione che giustifichi una ridistribuzione delle risorse già assegnate a inizio di anno scolastico; si tenga presente che le ore di sostegno non possono essere sottratte né dal responsabile di plesso né dal Dirigente Scolastico: non possono essere sottratte da nessuno.
La sottrazione di ore ad un alunno con disabilità per assegnarle ad altri, comporta il rischio di un ricorso alla Magistratura.
Si tenga inoltre presente che se in una classe fossero necessarie più ore, in seguito, ad esempio, ad accertamenti o per riconosciute maggiori necessità o perché l’USR ne ha assegnate in quantità minore rispetto a quelle richieste nel PEI, allora sarà la famiglia dell’alunno interessato a ricorrere presso il TAR; in tal caso il DS, facendo riferimento a quanto stabilito nella sentenza del Consiglio di Stato n. 2023 del 2017, dovrà inviare una relazione all’USR e alla Direzione regionale della Corte dei conti, precisando che in caso di ricorso della famiglia se l’Amministrazione risultasse perdente, egli (D.S.) non si ritiene responsabile per i danni erariali conseguenti alla sentenza, in quanto ha fatto presente all’USR la necessità di un maggior numero di ore di sostegno.


Sono la coordinatrice di una classe prima della secondaria di secondo grado.
Nel caso di alunno art.3 comma 3 con disabilità mentale di grado medio, QI pari a 40, con 18 ore di sostegno, il CdC ha proposto, in base alla diagnosi, all’osservazione dell’alunno, delle sue potenzialità e capacità e delle significative difficoltà che l’alunno incontra anche nello svolgimento di compiti semplici, una programmazione differenziata che la famiglia non ha accettato.
Vorrei sapere se vi sono riferimenti normativi o eventualmente sentenze che mettano in correlazione l’handicap in situazione di gravità (art.3 comma 3), con la programmazione didattica che dovrebbe seguire, in considerazione del fatto che si tratta di una disabilità intellettiva e non fisica.

L’art. 3 della legge 104/92 introduce al comma 3 la “connotazione di gravità” nel momento in cui la presenza di “minorazione, singola o plurima” riduca “l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”; appare evidente che il riconoscimento di “connotazione di gravità” non significa che lo studente sia privo delle capacità per autodeterminarsi o per affrontare con successo un percorso di studi fino al conseguimento di un diploma o di una laurea. In altre parole non è la connotazione di gravità che determina o che predefinisce le capacità di una persona.
In relazione agli altri dati, si tenga presente che in fase di accertamento della condizione di disabilità intellettiva, il DSM-V dà rilievo maggiore alla/alle capacità di adattamento (mentre un tempo veniva attenzionato il QI, dato che viene ancora rilevato, ma che, di per sé, oggi non risulta sufficiente se non è associato a una valutazione clinica).
In sintesi, vanno considerate le capacità e le potenzialità dell’alunno quale paradigma di riferimento, abbandonando la prospettiva sanitaria di correlazione fra “diagnosi – non capacità dell’alunno”. in altre parole, si tratta di adottare la prospettiva culturale di ICF (guardare quello che c’è, riconoscere ciò che effettivamente è capace di fare lo studente, individuando capacità, potenzialità e interessi). La scuola, in particolare, deve evitare di fermarsi alla diagnosi (che non offre dati utili per la progettazione didattica).
Tanto premesso se, come Consiglio di classe, ritenete che si debba adottare un percorso differenziato (C), allora dovete comunicarlo alla famiglia per acquisirne il consenso. Se la famiglia rifiuta la programmazione differenziata, allora in tutte le discipline devono essere somministrate delle prove equipollenti, ossia valide secondo l’ordinaria progettazione dell’indirizzo di studi frequentato, e, chiaramente, andranno comunque garantite le attività di sostegno, continuando ad applicarsi tutte le personalizzazioni ai metodi di valutazione (modalità di verifica e criteri di valutazione) indicati nel riquadro 8.2 (decreto interministeriale n. 182/2020).
Tenga presente che la famiglia, se lo ritiene, può pretendere al primo anno un PEI personalizzato, anche contro la volontà dei docenti. Adottando il PEI personalizzato, il Consiglio di classe deve accertarsi che i genitori siano consapevoli dei rischi di insuccesso ai quali lo studente potrebbe “andare incontro”, come, per esempio, la non ammissione alla classe successiva e/o valutazioni negative. Potreste suggerire di adottare il PEI personalizzato per il primo quadrimestre, valutando poi, a metà anno scolastico, come procede il percorso. Se la famiglia persisterà con il percorso personalizzato, ribadite i rischi insiti in tale percorso, ma dovete procedere con il PEI personalizzato, avendo cura di adottare tutte le personalizzazioni contemplate dalla normativa vigente, sopra citate.


Abbiamo fatto richiesta della figura educativa per poche ore a scuola. Volevamo sapere se essendo una figura che viene mandata dal comune, c’é la possibilità di avere degli incontri per essere aggiornati sulla situazione con il bambino anche al di fuori dalla scuola ma direttamente con la cooperativa che la manda. C’é qualche normativa in merito? Perché abbiamo avuto risposte contrastanti, e volevamo capire se é obbligatorio che venga fatto tutto in team con l’insegnante di sostegno e curriculari o si possa avere colloqui individuali con questa figura.

Sicuramente un incontro con questa figura può essere utile, soprattutto nel momento in cui si definiscono gli obiettivi educativi; e questo avviene in sede di GLO, il contesto in cui si elabora il Piano educativo individualizzato, e dove si fissano, all’interno del PEI, gli obiettivi educativi. La normativa generale, infatti, è che i rapporti con le figure professionali che seguono l’alunno si tengano nella sede istituzionale che, come scritto, è il GLO.
Colloqui solo con la figura addetta all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione non sono contemplati, non esiste cioè una normativa che li preveda. Le informazioni relative al percorso scolastico possono essere riferite unicamente dai docenti (nei colloqui individuali mensili e nei periodici colloqui generali).
Tuttavia, se lei ha necessità di un incontro individuale con l’assistente, provi a parlarne con il dirigente scolastico o con la persona da lui delegata come coordinatore di classe (che è uno dei docenti di suo figlio); in tal caso l’incontro dovrebbe essere possibile e legittimo.
Rivolgersi alla cooperativa, di cui l’assistente è socio o dipendente per essere autorizzati a parlare con l’assistente, risulta strano; infatti la cooperativa ha rapporti diretti con la scuola e quindi è da ritenere più corretto rivolgersi al Dirigente scolastico.


Faccio parte dell’equipe per l’inclusione di una scuola secondaria di secondo grado.
Ho avuto modo di entrare sul vostro sito e l’ho trovato molto chiaro e ben organizzato.
In una classe quinta è iscritto un ragazzo con L.104 maggiorenne che non sta frequentando la scuola da fine ottobre. Ha un dirsturbo d’ansia generalizzato, personalità schizotipica e un disagio interiore con difficoltà relazionali. Il ragazzo vive con forte ansia il percorso scolastico, motivo per cui non sta frequentando. Gli è stato assegnato un docente di sostegno per 4.5 ore settimanali. La mamma chiede che sia avviato un progetto di istruzione domiciliare.
E’ possibile questa cosa? Con quali modalità? C’è una normativa di riferimento?

Si rammenta che il docente incaricato su posto di sostegno è assegnato alla classe e non allo studente; è importante richiamare la corresponsabilità dei docenti come pure la responsabilità che ogni insegnante della classe ha nei confronti dello studente con disabilità.
Tanto premesso, l’attivazione del servizio di istruzione domiciliare è possibile a fronte di richiesta formale avanzata dalla famiglia e corredata di apposita documentazione sanitaria (non è necessario un pregresso ricovero ospedaliero); la documentazione sanitaria deve attestare l’impossibilità di frequenza per un tempo minimo pari a 30 giorni di lezione, anche non consecutivi (art. 16 del decreto legislativo n. 66/17 e art. 12 comma 9 della legge 104/92).
A fronte della richiesta di attivazione del servizio di istruzione domiciliare, il Consiglio di classe deve predisporre un apposito progetto, individuando i docenti che si recano presso il domicilio (non solo quindi il docente incaricato su posto di sostegno), per il monte-ore settimanale autorizzato dall’Ufficio scolastico regionale.
In base all’organizzazione attivata, lo studente potrà seguire le attività della sua classe anche in modalità sincrona. A supporto di questo servizio oltre alla giurisprudenza e alle esperienze pregresse, vi sono le Linee guida concernenti proprio il servizio di Istruzione domiciliare.


Sono la mamma di un bimbo di 9 anni affetto da diagnosi di spettro autistico (non esageratamente grave) della classe IV della scuola primaria, con assegnazione di 22 ore di sostegno.
Fatta questa premessa, avendo seri contrasti con la sua insegnante di sostegno, volevo sapere le regole vigenti relative al comportamento dell’insegnante nei confronti del “disabile”.
Inoltre, essendo presente in classe una bambina con un PSP, se l’insegnante di sostegno a lui assegnata debba essere condivisa con tale bambina, soprattutto perchè l’insegnante perde delle dovute attenzioni verso mio figlio e poi perchè la bambina rende insofferente e nervoso mio figlio.
Infine, volevo sapere se in qualità di genitore di un bambino con tale disturbo posso pretendere che mio figlio venga spostato di banco e non invece obbligato a stare vicino alla bambina menzionata.

Il docente incaricato su posto di sostegno è assegnato alla classe e non ad un alunno; è importante aver presente questo aspetto, in quanto ogni docente ha le stesse responsabilità nei confronti dell’alunno con disabilità. Ogni insegnante, in altre parole, deve garantire gli adeguati interventi educativo-didattici.
Il docente incaricato su posto di sostegno è presente in quanto nella classe è iscritto un alunno con disabilità e il suo intervento è finalizzato a garantire il diritto allo studio, attraverso un supporto ai colleghi e agli alunni in generale, nonché all’alunno in particolare; per questo la sua azione non si esaurisce nello stare seduto per tutto il tempo accanto all’alunno con disabilità, bensì a favorire il processo inclusivo nel contesto classe.
Non è chiaro a che cosa si riferisca quando cita il PSP, forse ad un piano di studio personalizzato?
Si fa presente, infine, che proprio per favorire l’inclusione e facilitare anche il processo di socializzazione, oltre che di apprendimento, è bene che suo figlio si relazioni con tutti suoi compagni e le sue compagne di classe; in tal senso, potrebbe suggerire ai docenti della classe di cambiare il compagno o la compagna di banco di suo figlio, proprio per promuovere una maggiore e migliore interazione.


Nella mia scuola, ormai da anni, il criterio principale per il recupero delle frazioni orarie è la supplenza. Solo nel caso restino delle ore da recuperare a fine anno, viene concesso il recupero su progetto.
Stessa cosa viene chiesta agli insegnanti di sostegno (ritenuti docenti di classe e trattati alla stregua dei docenti curricolari).
Ho cercato informazioni in internet sull’argomento, ma non ho trovato risposta.
E’ corretto per un insegnante di sostegno recuperare questi minuti sostituendo i colleghi assenti della propria e altrui classe?
Essere docente specializzato nel sostegno può determinare un problema nel recuperare i minuti in tal modo?

Il recupero dei minuti di lezione perduti a causa di ore di lezione di 50 minuti, a nostro avviso, dovrebbe avvenire nella stessa classe e per le stesse discipline o per le stesse attività, secondo un calcolo orario da realizzarsi verso la fine dell’anno scolastico. Suggeriamo di valutare attentamente questa ipotesi, accertandovi che il calcolo avvenga sistematicamente e in modo puntuale.
Qualora fosse impossibile calcolare ciò, per praticità si potrebbe accettare il criterio usato nella sua scuola, destinando il recupero a supplenze.


Sono un’insegnante di sostegno e il mio bambino pakistano, iscritto regolarmente a scuola, non è tornato in Italia. Durante la pandemia non ha potuto frequentare a causa della sua situazione fisica, quindi sono più di due anni che non lo vedo. La funzione strumentale mi chiede di redigere il Pei e di mettere gli obiettivi che erano presenti nell’ultimo documento. Io come faccio a sapere quale è la situazione attuale del bambino? È una procedura corretta?

A fronte di mancata frequenza, che dura da oltre due anni, la scuola avrebbe dovuto contattare la famiglia, per conoscere le intenzioni in merito al rientro in Italia (generalmente quando una famiglia si sposta per un periodo lungo, avverte la scuola sull’assenza e sul rientro).
È chiaro che la scuola, oggi (ma forse avrebbe dovuto farlo già lo scorso anno), ha l’obbligo di segnalare all’Ufficio Scolastico Regionale la mancata frequenza dell’alunno, in modo che l’USR possa assegnare il docente per il sostegno ad altra scuola.
Se poi l’alunno dovesse rientrare in Italia, allora la scuola, sulla base della documentazione presente agli atti, potrà chiedere nuovamente le risorse necessarie, ovvero un docente per le attività di sostegno.
Per quanto concerne il PEI è il caso di rammentare che deve essere elaborato da tutti i docenti della classe (e non da un solo docente); l’alunno con disabilità non è del docente di sostegno: l’alunno, infatti, ha “i suoi insegnanti”, ovvero tutti i docenti della classe.
Infine, stante la situazione come descritta, è chiaro che non sussistono le condizioni per la compilazione del PEI.


A nostro figlio sono state assegnate 11 ore di sostegno. Volevo sapere se c’é una normativa specifica che indichi il dovere di firmare la presenza dell’insegnante di sostegno nel registro elettronico personale del bambino.
Chiedo questo perché capita spesso che nelle ore assegnate , sul registro non ci compaia la dicitura sostegno e noi vorremmo essere sicuri che queste ore vengano utilizzate solo per la classe di nostro figlio.

Il registro è lo strumento personale di ogni docente (e non degli alunni; in altre parole, non esiste il registro elettronico personale dell’alunno).
Da quanto scrive, il docente incaricato su posto di sostegno, in modo corretto e puntuale, firma nel registro di classe (in formato elettronico), indicando “attività di sostegno”; ciò significa che il docente è presente nella classe di suo figlio. Per avere una conferma, lei può contare le ore settimanali svolte nella classe, proprio grazie al registro.
Se il docente venisse utilizzato per supplenze in altre classi, non troverebbe la scritta “sostegno” nei giorni e nelle ore indicate.


Sono una docente di sostegno della scuola secondaria di secondo grado. Quest’anno seguo un’alunna con disabilità che frequenta l’istituto professionale alberghiero. AI genitori dell’alunna è stato chiesto dalla scuola di consegnare il certificato di idoneità psicofisica per lo svolgimento delle attività di laboratorio da inserire sulla piattaforma SIDI per l’aggiornamento dei fascicoli digitali. Tuttavia l’ASL che dovrebbe rilasciare questo certificato non l’ha fatto riferendo ai genitori che lo stesso non è più obbligatorio. Non avendo trovato alcun riferimento normativo in merito, chiedo, gentilmente, di poter avere delle indicazioni in riferimento al comportamento dell’ASL. ovvero se effettivamente si tratta di un certificato non più obbligatorio anche se il SIDI lo richiede.

Il certificato era precedentemente richiesto come obbligatorio; ma con una circolare del 1992, confermata dalla successiva CM n. 363/1994, esso non è più obbligatorio, in quanto, mentre prima era previsto insieme ad una discutibile dichiarazione di non utilizzabilità del diploma per l’esercizio della professione cui si può accedere con quel titolo, poi è stato derubricato a semplice informativa volontaria dell’alunno alla scuola per evitare rischi con la frequenza di taluni laboratori


Sono un insegnante di sostegno in una scuola secondaria di secondo grado. Insieme ad altri docenti gestiamo 2 gemelli con diagnosi di adhd che non hanno mai seguito terapie psicologiche e non hanno mai frequentato centri. Spesso hanno comportamenti violenti non solo verbali ma anche fisici.Di fronte a questi casi la scuola può richiedere l’intervento delle forze dell’ordine.

La scuola è il luogo dell’educazione e non della repressione.
A fronte della situazione descritta, dovreste convocare immediatamente e con urgenza una riunione del GLO (è strano che non l’abbiate ancora fatto) con la presenza obbligatoria della famiglia, di tutti i docenti, dell’ASL e dei servizi sociali del Comune; in tale incontro, dovreste chiedere alla famiglia come mai i due studenti non siano stati ancora sottoposti alla presa in carico del servizio sanitario nazionale nel loro immediato interesse e come mai i servizi sociali non abbiano mai sostenuto la famiglia in questa difficilissima situazione.
Quindi dovreste indicare nel PEI tutto ciò che risulti urgentemente indispensabile, specificando anche la necessità della presenza di assistenza per l’autonomia e la comunicazione per un certo numero di ore.


Vorrei sapere se un docente può riprendere con il proprio cellulare, senza autorizzazione, un alunno autistico in piena crisi e poi mostrare il video, senza alcun preavviso, in sede di GLO.

In sede di GLO i docenti possono riferire quanto accade in classe, descrivendo nei dettagli anche eventuali situazioni particolari. Non possono però riprendere in modalità “audio-video” ciò che accade avvalendosi di dispositivi personali (che possono essere anche erroneamente diffusi o possono essere sottratti da terzi o possono essere smarriti con conseguente diffusione di dati sensibili). È chiaro che si tratta di una grave violazione della privacy.
Diverso poteva essere un accordo scuola-famiglia con utilizzo di dispositivi “della scuola” da custodirsi sotto chiave.


In questi giorni ci hanno fatto firmare il PEI per nostro figlio che frequenta la primaria, pensavamo di potere leggere con calma una bozza e invece era già pronto da firmare. É corretta questa cosa?
Inoltre Volevamo sapere se il PEI deve contenere anche il verbale dell’incontro avvenuto con la neuropsichiatra e se alla fine del GLO é nostro diritto come genitori richiedere che ci venga letto quello che le insegnanti verbalizzano.
É possibile chiedere anche alla figura educativa una relazione scritta su quello che vede effettivamente lei in quanto é una figura extra scolastica?

1) In base all’art. 9, comma 10, e all’art. 7 del decreto legislativo n. 66/2017, come integrato dal decreto legislativo n.96/2019, il PEI viene discusso e approvato, ovvero condiviso, nella riunione di GLO con la presenza di tutte le componenti, che debbono avere il tempo di leggere attentamente la traccia eventualmente predisposta dalla scuola (non è previsto, dal DI 182/2020, che la scuola incontri da sola il neuropsichiatra o altri specialisti dell’ASL. Un eventuale incontro, se necessario, deve sempre avvenire con la presenza dei genitori o previa autorizzazione dei genitori).
Il verbale viene redatto durante l’incontro formale del GLO, l’incontro in cui sono presenti coloro che sono stati convocati al GLO. Il verbale, che deve riportare la sintesi degli interventi ed anche ciò che ciascuno chiede venga “messo a verbale”, viene letto e concordato a conclusione dei lavori del GLO; se qualcuno lo ritiene può chiedere subito una rettifica oppure può farlo successivamente, nel corso dell’incontro di GLO intermedio, chiedendo anche di aggiungere ciò che eventualmente non è stato riportato. Per la formulazione del PEI, le suggeriamo di prendere visione delle Linee guida, allegate al D.I. 182/2020.
In sintesi, quanto è stato fatto non è corretto.
2) Il PEI viene firmato da tutti coloro che erano presenti al GLO e che lo hanno condiviso (chiaramente questo significa che il PEI è stato letto. Se non è stato letto durante l’incontro di GLO, prima di apporre la firma, dovete leggerlo).
Il verbale è firmato da chi ha presieduto l’incontro e da chi fisicamente lo ha scritto (recita il comma 8 dell’art. 4 del DI 182/2020: “Nel corso di ciascuna riunione è redatto apposito verbale, firmato da chi la presiede e da un segretario verbalizzante, di volta in volta individuato tra i presenti”).
PEI e Verbale sono due atti distinti, che vengono poi inseriti nel fascicolo personale dell’alunno. Come genitori potete chiedere copia di questi due documenti (così come di tutti gli altri documenti che sono contenuti nel fascicolo personale di vostro figlio).
Ultimo punto: è bene che sappia che nessuna norma prevede che l’assistente debba formulare una relazione scritta.
Ciò che conta è il verbale che deve corrispondere a ciò che effettivamente è avvenuto durante il GLO, pena la denuncia per falso in atto pubblico.


Sono la mamma di un ragazzo certificato ai sensi della legge 104 per disabilità cognitiva lieve. Una sua professoressa ha dato istruzioni alle classe di terminare a casa un lavoro iniziato durante la lezione. Questa professoressa mi ha chiesto di non far terminare il lavoro a mio figlio a casa, (possibilità che invece gli altri suoi compagni hanno) perché vuole fare il lavoro con lui in classe, per verificare se ha le competenze di seconda media. È corretto il comportamento di questa insegnante? Durante l’ora sarà presente anche l’insegnante di sostegno che però non segue mio figlio in questa materia. Nel pei l’insegnante ha scritto che mio figlio può seguire gli obiettivi della classe e in una precedente verifica scritta, (l’unica sostenuta dall’inizio dell’anno e svolta in completa autonomia) mio figlio ha avuto un meritato 7, mentre tanti suoi compagni non hanno raggiunto la sufficienza, tanto è vero che l’insegnante ha organizzato una verifica di recupero per questi studenti. È o no discriminatorio il comportamento dell’insegnante?

Se nel PEI è stato concordato che per lo studente gli obiettivi di apprendimento sono gli stessi della classe alla quale è iscritto e se è stato stabilito che anche i criteri di valutazione sono gli stessi, come pure le modalità di verifica, allora lo studente doveva e poteva concludere il lavoro assegnato a casa dalla docente di inglese, esattamente come è stato richiesto ai compagni. Ora, dato che gli obiettivi li ha fissati proprio la docente di inglese, non si comprende la necessità, dalla stessa dichiarata, di verificare se lo studente possiede le competenze previste per la classe seconda della secondaria di primo grado. Il comportamento è decisamente poco trasparente e discriminatorio nei confronti di suo figlio. Suggeriamo di chiedere un incontro con il Consiglio di classe per far presente che, a fronte di obiettivi di apprendimento fissati proprio da loro, come genitori chiedete coerenza nell’agire, in modo che lo studente non sia trattato in maniera “palesemente” differente. Chieda che all’incontro sia presente anche il Dirigente scolastico.


Posso chiedervi riferimenti normativi per quanto concerne il diritto al sostegno nella scuola dell’infanzia ad anno scolastico già iniziato? In rete ho trovato menzionato l’art 42 del dm 331 del 1998, è corretto?

Temiamo che norma da lei citata non sia più in vigore, a causa dell’abrogazione del D M n. 331. In relazione alla questione posta, potete pretendere di avere immediatamente assegnate le ore di sostegno indicate nel PEI, che è stato formulato nel giugno scorso, in forza del principio che il diritto allo studio degli alunni con disabilità, comprendente in primo luogo un certo numero di ore di sostegno, è un diritto costituzionalmente garantito, come stabilito in numerosissime sentenze della Corte costituzionale (a partire dalla sentenza n. 215 del 1987). Pertanto non esistono decadenze per l’esercizio di tale diritto, e le risorse possono essere richieste anche ad anno scolastico avviato; anzi, la Giurisprudenza ha condannato l’Amministrazione scolastica a pagare 200 euro per ciascun mese di ritardo dalla data della domanda.


Si può rinunciare all’insegnante di sostegno nel corso dell’anno scolastico? Mia figlia ha l’insegnante di sostegno perchè usa protesi acustiche. L’insegnante però non sta quasi mai con lei, mentre sta sempre vicino ad un bambino con problemi comportamentali. A me non pare giusto tutto questo, cosa posso fare?

Il Consiglio di Stato, con Sentenza n. 455 del 2001, ha stabilito che sia legittimo rinunciare ad un docente di sostegno e chiederne un altro “quando non si sia riusciti a realizzare un valido rapporto educativo tra alunno e docente.” Pertanto non è necessario dimostrare di chi sia la colpa, bastando dimostrare che l’alunno non ha realizzato un valido rapporto educativo col docente. È opportuno evitare di dare la colpa al docente, a meno che non vi siano prove evidenti, perché, in mancanza di prove della sua colpevolezza, il docente potrebbe querelare la famiglia per diffamazione.

Albi Illustrati: educazione, innovazione, inclusione

Il potere degli Albi Illustrati: educazione, innovazione e inclusione sociale

di Sofia Turiano

1. Gli albi illustrati: cenni introduttivi

    Negli ultimi anni, il mondo della letteratura per l’infanzia ha compiuto passi significativi verso l’inclusione e la diversità. Tra questi, gli albi illustrati si stanno affermando come uno strumento prezioso per affrontare anche tematiche legate alla disabilità, promuovendo la comprensione e l’accettazione delle differenze sin dalla tenera età.

    Essi non sono solo libri, ma opere d’arte che raccontano storie di vita, emozioni e sfide, fornendo ai bambini intrattenimento, ma anche risorse per comprendere la varietà delle esperienze umane. Infatti, gli albi illustrati possono aiutare a sradicare stereotipi e pregiudizi, educando i più piccoli a riconoscere e accettare le differenze, siano esse fisiche o cognitive. A tal proposito è fondamentale far approcciare i bambini ad essi, in modo da offrire differenti prospettive, non solo didattiche, ma anche di vita.

    Gli albi illustrati sono strumenti preziosi nell’ambito dell’educazione infantile e sono in grado di favorire diversi aspetti dello sviluppo dei bambini. Essi, possono offrire vari vantaggi, tra cui:

    • Stimolo della creatività: in quanto le illustrazioni accattivanti stimolano l’immaginazione dei bambini, incoraggiandoli a pensare in modo creativo e a costruire le proprie storie.

     • Sviluppo del linguaggio: i testi brevi e semplici, accompagnati dalle immagini, facilitano la comprensione del linguaggio e aiutano i bambini a costruire il loro vocabolario.

    • Apprendimento visivo: le illustrazioni possono rendere più accessibili concetti complessi, consentendo ai bambini di apprendere attraverso un approccio visivo che spesso risulta più immediato e intuitivo.

    • Coinvolgimento emotivo: le storie raccontate negli albi illustrati possono affrontare tematiche importanti riguardanti le emozioni, la famiglia, l’amicizia e il rispetto, la diversità,  incoraggiando i bambini a riflettere su sé stessi e sulle loro relazioni con gli altri.

    • Promozione della lettura: l’aspetto visivo e la brevità del testo rendono gli albi illustrati particolarmente attrattivi, contribuendo a sviluppare l’amore per la lettura fin dalla tenera età.

    • Interazione sociale: leggere insieme agli adulti, agli insegnanti o ad altri bambini stimola la condivisione e il dialogo, creando opportunità per discussioni e riflessioni collettive.

    • Educazione interculturale: molti albi illustrati raccontano storie di diverse culture, offrendo così ai bambini la possibilità di esplorare mondi diversi e comprendere la diversità in modo empatico.

    • Apprendimento interdisciplinare: gli albi illustrati possono integrare diversi ambiti di apprendimento, come la storia, la scienza e l’arte, rendendo l’educazione più olistica e coinvolgente. Incorporare albi illustrati nella routine scolastica e nelle letture a casa non solo arricchisce il bagaglio culturale dei bambini, ma favorisce anche la loro crescita personale, rendendo l’apprendimento un viaggio divertente e significativo per tutti e per ciascuno.

    2. Educazione e sviluppo

    L’utilizzo dell’albo illustrato in un contesto didattico presenta una serie di vantaggi significativi, specialmente in termini di inclusione e accessibilità all’apprendimento. Esso permette di coinvolgere diverse modalità di apprendimento, rispondendo così ai vari stili cognitivi degli studenti.

    Inoltre, la combinazione di elementi visivi e verbali, unita all’elemento performativo della lettura a voce alta, crea un ambiente favorevole per tutto il contesto classe. La lettura ad alta voce non è solo un modo per trasmettere informazioni, ma diventa un’azione che stimola l’immaginazione e l’emotività, favorendo l’inclusione di tutti gli alunni, anche quelli con difficoltà di linguaggio o caratteristiche uniche come quelle associate all’autismo, o in generale per tutti coloro che presentano un bisogno educativo speciale. Infatti, la modulazione della voce e l’espressività corporea possono trasformare un semplice racconto in un’esperienza coinvolgente, capace di catturare l’interesse e facilitare l’attenzione.

    Inoltre, l’uso di immagini significative, come quelle presenti negli albi illustrati, svolge un ruolo cruciale nel supportare la comprensione del testo. Le immagini non solo chiariscono il significato delle parole, ma aiutano a stabilire un collegamento tra concetti astratti e rappresentazioni concrete, migliorando così la comprensione per tutti gli studenti.

    Per gli studenti con disturbi del linguaggio o altre difficoltà comunicative, ad esempio, l’uso di albi illustrati può offrire una chiara rappresentazione dei concetti, facilitando un approccio multisensoriale che promuove l’apprendimento attivo e partecipativo. Questa sinergia tra parole e immagini contribuisce a creare un ambiente didattico più inclusivo, in grado di rispondere alle esigenze diverse di ogni alunno. Infine, è importante sottolineare che l’adozione di strategie inclusive tramite albi illustrati non solo arricchisce l’esperienza di apprendimento, ma contribuisce anche alla costruzione di una comunità scolastica più coesa e rispettosa delle differenze individuali, promuovendo il valore della diversità come risorsa fondamentale nell’educazione. Leggere un albo illustrato stimola la curiosità e l’amore per la lettura, esponendo i giovani lettori a vocaboli e concetti nuovi. Inoltre, le illustrazioni forniscono un contesto visivo che facilita la comprensione del testo, rendendo la lettura un’esperienza interattiva e coinvolgente

    3. Disabilità, Peer Education e ruolo dell’insegnante

    Differenti autori e illustratori stanno contribuendo a realizzare molte narrazioni che includono protagonisti con disabilità, parlando di esperienze di vita che risuonano con la realtà di molti bambini e delle loro famiglie. Queste storie, arricchite da illustrazioni vivaci e accessibili, permettono ai lettori di entrare in contatto con la disabilità in modo empatico e naturale.

    Far leggere storie che presentano una varietà di esperienze di vita crea opportunità di dialogo e discussione, promuovendo un ambiente inclusivo e solidale, molto importante all’interno del contesto classe. Questo tipo di lettura condivisa può essere un modo importante per affrontare domande e preoccupazioni, offrendo spunti per trattare tematiche delicate con semplicità. Per questo è importante anche che all’interno delle classi i libri siano accessibili sempre ai singoli alunni, in modo da realizzare un ambiente che incoraggi i bambini ad esplorare il mondo della lettura in modo autonomo. Questa tipologia di approccio utilizzato quotidianamente favorisce anche il consolidarsi di legami sociali di condivisione tra compagni. Infatti, quando un bambino inizia a sfogliare un libro e a condividere le proprie impressioni si iniziano a creare dinamiche di “Peer education”, dove il ruolo di lettore e ascoltatore si intrecciano realizzando così un’esperienza di apprendimento collettivo.

    L’insegnante riveste un ruolo fondamentale: infatti, osservando quali testi suscitano maggiore interesse e quali alunni si rivelano più inclini a condividere le proprie letture, può sviluppare attività didattiche mirate che valorizzano le diverse competenze e sensibilità del gruppo. È fondamentale che insegnanti, educatori, genitori scelgano albi illustrati che rappresentino la diversità in tutte le sue forme, aggiungendo così valore all’educazione dei bambini.

    Peraltro, un’epoca in cui le nuove tecnologie influenzano profondamente il modo in cui si apprende, gli albi illustrati rappresentano un prezioso strumento educativo; nonostante la crescente digitalizzazione e il predominio degli ebook, gli albi illustrati stanno vivendo una rinascita. Infatti, molti lettori, grandi e piccoli, continuano a preferire il formato cartaceo, apprezzando il tatto e l’odore della carta.

    Anche differenti librerie e biblioteche hanno iniziato ad organizzare eventi e laboratori dedicati agli albi illustrati, coinvolgendo illustratori e autori in incontri con il pubblico. Attraverso storie coinvolgenti e immagini suggestive, questi libri non solo arricchiscono il bagaglio culturale dei bambini, ma contribuiscono anche alla loro formazione emotiva e sociale. È fondamentale che le scuole continuino a valorizzare e ad integrare gli albi illustrati nel loro curriculum, per garantire un’educazione che sia completa e stimolante.

    4. La scelta degli albi illustrati inclusivi

    La formazione degli insegnanti deve includere linee guida su come selezionare albi illustrati che rappresentino una diversità di esperienze e culture. Gli albi illustrati dovrebbero non solo riflettere una varietà di punti di vista, ma anche affrontare tematiche importanti come l’identità, l’uguaglianza, il rispetto e l’inclusione. La consapevolezza e la sensibilità nella scelta possono contribuire a creare un ambiente in cui tutti gli studenti si sentano riconosciuti e valorizzati.

    Una volta scelti, è essenziale che gli insegnanti siano formati su come integrare questi albi nelle loro pratiche didattiche. Alcune di queste strategie  sono:

    • Letture congiunte: leggere ad alta voce albi illustrati in classe, stimolando discussioni e riflessioni condivise che permettano a tutti gli studenti di esprimere le proprie opinioni e collegarsi ai contenuti.
    • Attività interattive: incoraggiare attività creative legate agli albi illustrati, come disegni, drammatizzazioni o creazioni di racconti, che coinvolgano diversi stili di apprendimento.
    • Riflessioni critiche: promuovere il pensiero critico, invitando gli studenti a discutere le immagini e i messaggi trasmessi dagli albi, favorendo così un dialogo aperto sulle differenze e sull’inclusione.

    Investire nella formazione degli insegnanti per l’uso degli albi illustrati rappresenta un passo fondamentale verso un’educazione più inclusiva. Questi strumenti non solo arricchiscono il percorso, ma aiutano anche a costruire comunità scolastiche più unite e rispettose, dove ogni studente ha l’opportunità di migliorare e apprendere in un ambiente accogliente e stimolante.

    La formazione continua e il supporto reciproco tra insegnanti sono essenziali per realizzare pienamente il potenziale degli albi illustrati nel promuovere l’inclusione in classe.

    5. Conclusioni

    Gli albi illustrati si rivelano un potente strumento per promuovere l’educazione, l’inclusione e l’innovazione sociale. La loro capacità di affrontare tematiche complesse attraverso storie visivamente coinvolgenti e linguisticamente accessibili è cruciale per educare i bambini a una società sempre più diversificata e interconnessa.

    Integrare questi preziosi strumenti nella pratica didattica non solo arricchisce il curriculum scolastico, ma favorisce anche un ambiente di apprendimento che celebra e valorizza le differenze. L’adozione di strategie didattiche che coinvolgano letture condivise, attività creative e riflessioni critiche permette a studenti di ogni età di confrontarsi con la diversità in modo empatico e riflessivo.

    Inoltre, la formazione degli insegnanti e la scelta consapevole di albi illustrati rappresentativi sono passi fondamentali per garantire che tutti gli alunni si sentano inclusi e riconosciuti.

    In un’epoca di rapidi cambiamenti, frenetica e digitale, è fondamentale non solo preservare il formato cartaceo degli albi illustrati, ma anche continuare a promuoverne l’uso in contesti educativi, affinché ogni bambino possa sperimentare la magia della lettura e comprendere il valore della diversità.

    In questo senso, gli albi illustrati non sono semplicemente strumentali nell’educazione: sono alleati essenziali nella costruzione di una società più inclusiva, empatica e rispettosa, dove ogni voce e ogni esperienza hanno un posto meritevole.

    Essi rappresentano un rifugio, un invito a rallentare e a lasciarsi trasportare dalla narrazione e dall’arte. Che sia per un viaggiatore solitario, un genitore che legge al proprio bambino, un insegnante o un adulto curioso, l’albo illustrato continua a essere un tesoro da scoprire e riscoprire. La loro capacità di toccare il cuore e stimolare la mente fa sì che questi libri rimangano un elemento fondamentale della letteratura moderna, capaci di attraversare generazioni e culture.

    Bibliografia        


    Andrich, A. (2015). Strategie di lettura metacognitiva, Attività per comprendere i testi in modo consapevole, riflessivo e cooperativo. Trento: Erikson

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    Ianes, D.,  Cramerotti, S. (2015). Alunni con Bisogni Educativi Speciali. Erickson:Trento.

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    Valentino Merletti, R. e Tognolini, B. (2006). Leggimi forte. Accompagnare i bambini nel grande universo della lettura. Milano: Salani

    Giornata internazionale delle persone con disabilità

    Nota 2 dicembre 2024, AOODGSIP 3576
    3 dicembre 2024 – Celebrazione della Giornata internazionale delle persone con disabilità

    Si svolge il 3 dicembre la Giornata internazionale delle persone con disabilità, istituita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel 1992, con l’intento di promuovere la piena inclusione, la tutela dei diritti e la valorizzazione della dignità delle persone con disabilità in ogni ambito della società.

    Il Ministero dell’Istruzione e del Merito intende celebrare questa giornata ribadendo tali principi, al fine di garantire pari opportunità e assenza di discriminazioni e promuovendo la consapevolezza in merito alle diverse forme di disabilità. Si tratta di un’occasione imprescindibile per rinnovare l’impegno collettivo verso un sistema educativo che sia autenticamente inclusivo.

    In tal senso, il ruolo che la comunità educante è chiamato a svolgere si configura come essenziale per la costruzione di una società realmente inclusiva, in cui il principio di uguaglianza si traduce in azioni concrete volte a garantire il diritto all’educazione e all’istruzione, anche attraverso percorsi personalizzati e individualizzati che mirano alla massima valorizzazione delle potenzialità e delle competenze e alla promozione della socializzazione e dell’autonomia, ben oltre la semplice trasmissione di conoscenze.

    Nel promuovere questa giornata, il Ministero auspica che le Istituzioni scolastiche realizzino iniziative di sensibilizzazione e formazione sui temi relativi alla disabilità e al valore dell’inclusione, anche attraverso l’organizzazione di forum, discussioni pubbliche e campagne informative, con l’obiettivo di sviluppare nuovi strumenti, strategie e risorse per favorire l’inclusione, da sempre punto di forza del sistema educativo italiano e sensibilizzare l’intera comunità scolastica sul significato profondo e internazionale di questa giornata.

    “Oggi celebriamo la Giornata internazionale delle persone con disabilità, un’occasione per riaffermare il valore dell’inclusione e il nostro impegno a rimuovere ogni barriera, fisica e culturale.

    In questi due anni di Governo, abbiamo introdotto misure per garantire la continuità dei docenti di sostegno su richiesta delle famiglie, avviato il piano per assumere nuovi insegnanti specializzati con percorsi innovativi di formazione.

    Abbiamo lavorato intensamente per rendere la scuola più accessibile, con importanti interventi, come la riqualificazione di circa il 20% del patrimonio edilizio scolastico, con 1,2 miliardi di euro aggiuntivi ai fondi del PNRR, per abbattere le barriere architettoniche ancora presenti in diverse scuole. Abbiamo stanziato 30 milioni di euro per utilizzare l’intelligenza artificiale al servizio di un insegnamento sempre più personalizzato e 70 milioni di euro per garantire il trasporto degli studenti con disabilità nelle scuole paritarie.

    Continueremo a lavorare per una vera inclusione, garantendo a tutti il diritto allo studio e la piena realizzazione dei propri talenti”.

    Così ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

    Nota 2 dicembre 2024, AOODGSIP 3576

    Ministero dell’istruzione e del merito
    Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
    Direzione generale per lo studente, l’inclusione, l’orientamento e il contrasto alla dispersione scolastica

    Ai Dirigenti Scolastici e ai Coordinatori delle Istituzioni scolastiche del primo e secondo ciclo di istruzione statali e paritarie
    Ai Direttori generali e ai Dirigenti titolari degli Uffici scolastici regionali
    Alla Sovrintendenza Scolastica per la Provincia autonoma di Bolzano
    All’Intendenza Scolastica per la Scuola in lingua tedesca di Bolzano
    All’Intendenza Scolastica per le località ladine di Bolzano
    Al Dipartimento istruzione e cultura della Provincia autonoma di Trento
    Alla Sovrintendenza agli studi per la Regione Valle d’Aosta
    e, p. c. Al Capo di Gabinetto
    Al Capo del Dipartimento per il sistema educativo di di istruzione e formazione
    All’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica
    Ai Presidenti delle Federazioni FISH e FAND
    Alle Associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari
    All’Osservatorio nazionale per l’inclusione degli alunni con disabilità

    Oggetto: 3 dicembre 2024 – Celebrazione della Giornata internazionale delle persone con disabilità

    Metacognizione e inclusione

    Metacognizione e inclusione: strategie per affrontare la dislessia e promuovere la prosocialità

    di Sofia Turiano

    Introduzione

    Nel contesto educativo contemporaneo, il concetto di inclusione scolastica si configura come un pilastro fondamentale per garantire l’accesso all’apprendimento a tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro peculiarità e difficoltà. La scuola, in quanto ambiente formativo e di crescita, è chiamata a rispondere a tutti i differenti, ed emergenti, bisogni espressi dai singoli alunni, che in alcuni casi sono molto evidenti, in altri si presentano più sfumati e celati, ma non per questo meno importanti.

    Oltre alle disabilità certificate, infatti, è sempre più frequente la presenza di alunni che presentano Bisogni Educativi Speciali, come: disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), difficoltà psicologiche, comportamentali, relazionali, svantaggio socio-economico.

    A tal proposito risulta importante che l’insegnante abbia a disposizione tutti gli strumenti utili per cogliere le differenti difficoltà e specificità dei singoli alunni,  in modo da riuscire ad attivare i giusti interventi psicoeducativi e didattici.

    Il presente articolo intende fornire una panoramica sulle principali difficoltà scolastiche, concentrandosi in particolare sulla dislessia, uno tra i più comuni DSA. Viene sottolineata l’importanza del riconoscimento precoce di tali disturbi, di come un’adeguata osservazione e un intervento tempestivo possano influire significativamente sul percorso scolastico e sulla vita di ogni bambino, e di come la metacognizione nell’apprendimento degli alunni con DSA rappresenti un aspetto cruciale, che aiuterà insegnanti e educatori a promuovere un ambiente inclusivo e proattivo, volto a sostenere il successo di ciascun studente nel processo di crescita e di apprendimento.

    DSA e Bisogni Educativi Speciali (BES)

    Nella scuola sono presenti molti bambini e ragazzi che, nel corso del loro percorso scolastico, spesso incontrano particolari momenti di difficoltà, relativi agli apprendimenti della lettura, scrittura o calcolo. Queste difficoltà possono presentarsi o lievemente o gravemente, incidendo sul rendimento scolastico del bambino\ragazzo, provocando anche problemi di adattamento e autostima.

    Il disagio psicologico che ne deriva, il senso di scarsa autostima, le diverse reazioni, strategie di adattamento, molto spesso vengono interpretate dagli insegnanti come scarso impegno, o svogliatezza.

    Per questo risulta necessario fare una distinzione tra, il termine difficoltà d’apprendimento, che si riferisce a qualsiasi difficoltà che lo studente potrebbe incontrare nel percorso scolastico, e il termine di Disturbo Specifico dell’Apprendimento, (DSA), il quale fa riferimento alla presenza di un deficit più specifico, che viene indagato e verificato attraverso un procedimento clinico-diagnostico. (Cornoldi, 1999; 2007).

    Il disturbo infatti, è innato, resistente all’intervento che si decide di attuare, e resistente all’ automatizzazione. Invece, la difficoltà, a differenza del disturbo, non è innata, è modificabile con i giusti interventi; automatizzabile, anche se in tempi dilatati.

    Quando si parla di Disturbi Specifici dell’Apprendimento non possiamo non far riferimento alla macrocategoria politica, e non clinica, dei Bisogni Educativi Speciali, (BES), in quanto essi sono inglobati in questa categoria; essa, cerca di individuare e dare un’adeguata tutela personalizzata a tutti gli alunni, trasformando in speciali i loro normalissimi bisogni educativi.

    «…È qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo, apprenditivo, espressa in un funzionamento (secondo il modello ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), problematico per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, che necessita di un’educazione speciale individualizzata…» (Ianes, 2005).

    All’interno della macrocategoria politica dei bisogni educativi speciali (BES), rientrano tutti coloro che presentano un disturbo specifico dell’apprendimento, ovvero un disturbo neurobiologico, che riguarda specifiche aree di apprendimento, come quelle di lettura, scrittura e calcolo, ma senza alcuna compromissione dell’intelligenza generale. Essi tendono a coesistere assieme nello studente, tecnicamente definito comorbilità, e si associa ad altri disturbi neuropsicologici e patologici.

    I disturbi specifici dell’apprendimento nella società odierna sono sempre più emergenti e presenti, tale da rappresentare una sfida giornaliera molto importante, per tutti coloro che ne sono coinvolti.

     

    L’importanza nel riconoscere precocemente i DSA

    Risulta fondamentale riuscire a identificare precocemente i disturbi specifici dell’apprendimento, in modo da poter definire un intervento che sia mirato ed efficace.

    Tale aspetto è tanto emergente sia nella legge 170 del 2010, sia nelle nuove linee guida emanate a

    distanza di dieci anni dalle precedenti. Successivamente, la Conferenza Unificata Stato-Regioni, ha approvato le Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei disturbi specifici di apprendimento (DSA), e il Miur le «Linee guida per la predisposizione di protocolli regionali per l’individuazione precoce dei casi sospetti di DSA».  Entrambi i documenti forniscono chiare indicazioni per la gestione clinica dei DSA, che necessitano di essere supportate dall’evidenza scientifica aggiornata.

    La Legge 170/2010 (art. 3, comma 3), e i successivi decreti attuativi hanno previsto che le scuole, a partire dall’ultimo anno della scuola d’infanzia, attuino iniziative mirate all’identificazione precoce di bambini a rischio di DSA, sulla base di protocolli regionali in accordo con i Servizi Sanitari.

    Il clinico dovrebbe disporre di criteri diagnostici evidence based, in modo da poter distinguere tutte le difficoltà connesse a fattori relative al contesto familiare, ambientale e culturale.

    Le recenti Linee Guida (ISS, 2022), sottolineano che per ogni disturbo, le prove strumentali devono garantire sensibilità, quindi basso rischio di falsi negativi, e specificità, basso rischio di falsi positivi, per la diagnosi.

    Tante istituzioni scolastiche, si sono già mosse, attuando diversi screening, valutazioni, ed interventi, in quanto per i bambini con DSA, occorre un’attenzione speciale.

    Nel contesto classe, l’insegnante dovrebbe riuscire ad osservare i differenti comportamenti, atteggiamenti, che i bambini fin dalla scuola dell’infanzia mostrano. Molti di questi, possono essere dei piccoli segnali predittori di DSA.

    È importante considerare nel processo diagnostico dei DSA, indipendentemente dall’età la valutazione di queste competenze cognitive: funzioni attentive, in particolare visive; memoria di lavoro, verbale e visuo-spaziale; funzioni esecutive, in particolare competenze di pianificazione e monitoraggio;  abilità di elaborazione fonologica; competenze linguistiche, abilità di recupero lessicale, ma anche competenze lessicali e morfo-sintattiche in comprensione e produzione; competenze visuo-spaziali e della motricità fine.

    È da sottolineare, come molte di queste caratteristiche, si manifestano assieme a un livello estremo nello stesso individuo, solo raramente, ma osservando attentamente, si possono individuare tutti i soggetti che ne presentano la maggior parte, anche se in maniera sfumata.

    Questi comportamenti, che possono presentarsi nei bambini della scuola dell’infanzia, sono:

    • anomalie nelle sequenze, ovvero, confondere i giorni della settimana; non ricordare i mesi dell’anno; mostrare difficoltà nel memorizzare le date; non saper riconoscere il susseguirsi delle stagioni; far faticare nel riconoscere le lettere nelle parole, e le parole all’interno delle frasi; non saper elencare correttamente i numeri, avanti e indietro;
    • difficoltà nell’orientamento spazio-temporale: confondere tra la destra e la sinistra; aver difficoltà nel riconoscere gli oggetti dentro o fuori da un campo; confondere sopra e sotto; non distinguere temporalmente ieri, oggi, domani, prima, dopo; non saper leggere l’orologio;
    • coordinazione motoria: apparire goffi; mostrare difficoltà nelle attività sportive in cui si usano le mani, o i piedi, ad esempio calcio e basket; non riuscire ad allacciare le scarpe o chiudere bottoni; non riuscire ad utilizzare le forbici; difficoltà nel rispettare le linee armoniche nel disegno o nel rispettare i bordi mentre si colora; difficoltà nella copia da modello, o disordine del foglio; non riuscire a battere le mani a tempo di musica;
    • abitudini nel gioco: mostrare difficoltà nell’uso dei puzzle, delle costruzioni; avere scarso interesse per le storie audio-visive; predilezione verso la televisione; attrazione verso gli automatismi semplici dei videogame;
    • relazioni con gli altri: mostrare difficoltà nella comprensione di consegne verbali; nel seguire più istruzioni allo stesso tempo; disturbo della memoria; difficoltà nell’espressione verbale fluente anche se si dispone di un buon vocabolario; dimenticare o perdere le parole che si avevano in mente; difficoltà nel creare neologismi; scambiare parole; usare onomatopee o suoni durante l’esposizione; usare strutture grammaticali fantasiose; ripetere le parole in modi diversi; essere concisi; avere difficoltà nell’apprendimento delle filastrocche o nell’imparare rime; disegnare un volto, ad esempio, senza le parti essenziali.
    • organizzazione del lavoro: avere poca puntualità; dimenticare i diversi materiali di lavoro; perdere o rompere i materiali, ricorrendo a richieste esterne.

     

    La Dislessia

    Tra i diversi DSA rientra la dislessia. Il termine dislessia deriva dal greco, ed è formato da dys, che significa mancante o inadeguato, e lexis, che significa parola o linguaggio, e viene tradotto come linguaggio mancante o inadeguato. Letteralmente significa difficoltà con le parole. Esso fa proprio riferimento all’incapacità di riprodurre il linguaggio con la rapidità e l’abilità che un individuo dovrebbe possedere in relazione all’età e al rendimento mostrato in altre attività.

    Spesso i ragazzi con dislessia si esprimono verbalmente in maniera corretta a parole, ma presentano difficoltà nella lettura e scrittura.

    La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA), che riguarda la capacità di leggere, in modo accurato e fluido. L’alunno presenta una compromissione nello sviluppo delle capacità di lettura, che non è solamente spiegata dall’età mentale, da problemi di acutezza visiva o da un’inadeguata istruzione scolastica. Un soggetto è dislessico, quando presenta una discrepanza tra le competenze cognitive, che risultano essere nella norma, e le performance di lettura, senza un’evidente causa fisica, emotiva o culturale.

    Si tratta di una condizione neurobiologica, non dovuta a mancanza di intelligenza né a deficit sensoriali o educativi, ma ad una disfunzione nell’elaborazione delle informazioni linguistiche.

    Gli individui con dislessia possono avere difficoltà nella corretta decodifica dei suoni delle lettere, fonemi e nella corrispondenza tra lettere e suoni, grafema-fonema, compromettendo così la capacità di riconoscere le parole in modo automatico. Ogni studente con disturbo specifico dell’apprendimento è unico nel suo genere: infatti, non esistono studenti con la stessa identica forma di disturbo. Alcuni dei campanelli d’allarme che permettono di poter riconoscere la presenza della dislessia nel bambino sono: difficoltà nel riconoscere e memorizzare le parole; scarsa fluidità nella lettura ad alta voce; errori frequenti nell’ortografia; difficoltà nel seguire le istruzioni scritte.

    I documenti internazionali il DSM-5 e l’ ICD-10 considerano il disturbo nella lettura sia a livello di decodifica, che nella comprensione del testo; pertanto, basta solamente una di queste componenti deficitaria per ricevere la diagnosi di disturbo della lettura.

    Bisognerebbe prevedere di somministrare  prove adeguatamente standardizzate di lettura a più livelli: parole, non-parole e brano. Ovviamente esse vengono somministrate dagli specialisti del settore, come neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista.

    Ovviamente, è bene ricordare alcune caratteristiche dei DSA: il disturbo è innato, quindi sarà sempre presente nel percorso evolutivo del bambino; la modificabilità, anche se con esercizi specifici di abilitazione, risulta modesta; gli adattamenti didattici risultano poco sufficienti per migliorare il quadro clinico; la prestazione è resistente all’automatizzazione, quindi anche se i livelli di correttezza possono migliorare, la lentezza rimane, tanto da considerare l’ipotesi di non completa acquisizione del processo (Tressoldi e Vio, 2008).

    Infine, per poter effettuare la diagnosi di disturbo specifico della lettura, bisogna aspettare la fine della seconda classe primaria, anche se è possibile effettuare un’ipotesi diagnostica già alla fine della prima classe primaria, specialmente per tutti quei bambini che mostrano profili di funzionamento molto compromessi, e anche in presenza di una condizione di rischio, come un pregresso disturbo del linguaggio, o la familiarità del disturbo (AID, 2009).

     

    L’importanza della metacognizione per gli studenti con disturbo della lettura

    Per la realizzazione di un apprendimento efficace è necessario che esso si ispiri a modelli concettuali che considerano differenti proposte alternative innovative, non solo nozionistiche.

    Si dovrebbe pensare di operare su più livelli, in modo che sia gli insegnanti che gli studenti possano estendere la capacità di regolare e autoregolare le abilità di apprendimento, favorendo anche lo sviluppo di attitudini personali, relazionali e sociali. Questo si può ottenere fornendo agli alunni un ampio scenario di conoscenze che si rivolgano sia, all’ambito della didattica, sia alla comprensione delle abilità, e attitudini personali. Ed è per questo che attraverso lo sviluppo di abilità metacognitive ogni soggetto può raggiungere ed avere maggiore consapevolezza delle proprie capacità e peculiarità.

    Il concetto di metacognizione, inteso come apprendere ad apprendere, imparare ad imparare, viene definito attraverso la consapevolezza che i soggetti riescono a raggiungere delle proprie facoltà cognitive ed attraverso la conoscenza e la regolazione delle proprie peculiarità personali e relazionali, di tutte quelle abilità, quindi, che concorrono ad un percorso istruttivo ed evolutivo efficace e significativo.
    Il termine metacognizione indica una dimensione mentale che va oltre la cognizione e che significa letteralmente «riflessione sui processi mentali» o semplicemente, “pensare sul pensiero”.

    Fa riferimento alla capacità di ciascuno di rendersi conto di quali siano i processi implicati in ciò che si esegue, delle motivazioni sottostanti e delle situazioni contingenti più favorevoli, sia alla capacità di controllare, dirigere e valutare in modo attivo i propri processi cognitivi (Cornoldi, 1995).

     

    La didattica metacognitiva

    La didattica metacognitiva rappresenta un modo di fare scuola, sia nelle normali attività curricolari, sia nel recupero e sostegno, che usa sistematicamente i vari concetti e le metodologie derivanti dagli studi sulla metacognizione (Cornoldi, 1995).

    Nella didattica metacognitiva il ruolo dell’insegnante è quello di formare abilità mentali superiori di autoregolazione che vanno al di là dei semplici processi cognitivi di lettura, scrittura e calcolo.

    Al di là della cognizione, significa saper fare sviluppare nell’alunno la consapevolezza di ciò che sta facendo, del motivo per il quale lo fa, di quando è necessario farlo e in quali condizioni.

    Attraverso questo approccio metacognitivo si tende a far sì che l’alunno sia il più possibile “gestore” diretto dei propri processi cognitivi, gestendoli attivamente con proprie valutazione e indicazioni operative. Inoltre, tale approccio nella didattica ha fatto registrare risultati positivi sia a livello della metodologia didattica, sia per tutti gli interventi di recupero e sostegno di quelli con difficoltà di apprendimento e ritardo mentale lieve o medio.

    Infatti, l’insegnante che opera attraverso la metacognizione interviene su quattro livelli differenti:

    • conoscenze sul funzionamento cognitivo in generale, qui l’insegnante fornisce una serie di dati, informazioni, utili al far comprendere al bambino il funzionamento dei vari processi cognitivi e risolutivi, ad esempio come funziona la memoria, come risolvere problemi, scrivere, ecc., sui meccanismi anche che li rendono possibili, ed anche sui limiti che potrebbero condizionare la prestazione. Quindi, impara tutti i diversi input generali di base, che poi gli serviranno per i più complessi.
    • Autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, ovvero, si passa dalle conoscenze teoriche generali a quelle più individuali, ovvero l’alunno deve conoscere il suo personale funzionamento cognitivo e comportamentale, e di conseguenza i suoi punti di forza e debolezza. Qui si parla di introspezione, autoanalisi e autoconsapevolezza di cosa, come sto pensando, valutando, ricordando ecc.  In questo livello il feedback positivo dell’insegnate sulle prestazioni dell’allievo è fondamentale, in modo che esso abbia un’informazione di ritorno.
    • Uso generalizzato di strategie di autoregolazione, qui l’alunno sa dirigere consapevolmente e attivamente sé stesso, riesce a governare i propri processi cognitivi. In questo processo di controllo e autoregolazione è fondamentale attivare delle fasi: porsi un obiettivo; darsi delle istruzioni; osservare l’andamento del processo; confrontare i dati con gli obiettivi che si erano prefissati; valutare positivo o negativo il processo in base ai risultati prodotti.
    • Mediazioni cognitive-motivazionali-emotive, l’alunno reagisce ai vari input in maniera personale, interpretando tutto ciò che vive, e che produce effetti sulle azioni; questo perché l’alunno costruisce una sua realtà mentale: questo aspetto è emergente nell’approccio sociocostruttivistico (Carletti e Varani, 2004; Roletto, 2005).

     

    L’educazione alla prosocialità: i compagni una risorsa preziosa

    Un altro elemento fondamentale per poter sviluppare una didattica che sia finalizzata all’inclusione è quello di educare gli allievi alla messa in atto di condotte che siano prosociali.

    Promuovere un atteggiamento orientato alla valorizzazione degli aspetti positivi dei compagni, anche di coloro che “apparentemente” sono più in difficoltà, al rafforzamento dell’empatia e della promozione di azioni di aiuto e sostegno è la base dalla quale partire per poter costruire un clima favorevole all’inclusione.

    Il comportamento prosociale viene considerato dalla maggior parte degli psicologhi, (Batson, 1998; Eisenberg, Fabes, Spinrad, 2006), come qualsiasi comportamento volontario diretto volto a beneficiare altre persone. È difficile definirlo in maniera univoca, gli studiosi Mussen ed Eisenberg (1985), cercarono di dare un’interpretazione a questi comportamenti, definendole come: “…un comportamento diretto ad aiutare o beneficiare un’altra persona o un gruppo di persone, senza aspettarsi ricompense esterne” (Mussen,  Eisenberg, 1985).

    Le differenti azioni sono finalizzate a favorire il benessere altrui, rispettando le caratteristiche e le peculiarità personali. Mettere in atto azioni prosociali di aiuto nei confronti di compagni con disabilità o con BES, dipende da varie condizioni che fanno riferimento anche a delle capacità, come:

    • abilità cognitive, ovvero implementare azioni prosociali, aver la capacità di leggere e interpretare lo stato d’animo del bisogno del compagno, portare avanti un aiuto, valutare ed accettare il costo collegato all’emissione della condotta prosociale, monitorare gli effetti e anche della propria azione su di sé, sul compagno ed eventuali altre persone;
    • l’assertività, cioè la capacità della persona di portare avanti i propri obiettivi attraverso modalità socialmente adeguate e rispettose dell’interlocutore. Vi è una forte correlazione tra l’assertività e la prosocialità, in quanto non basta possedere buoni livelli di empatia e adeguate abilità cognitive per adottare condotte prosociali, in quanto dovrebbero collegarsi al saper individuare percorsi idonei per ridurre il disagio dell’altro (Mussen, Einsberg-Berg, 1985; Roche, Salfi, Barbara, 1991);
    • l’empatia, ovviamente riuscire a discriminare, comprendere e assumere il punto di vista dell’altro, quindi del compagno con BES, dal punto di vista sia cognitivo che emozionale
    • autocontrollo, competenza essenziale per promuovere e sviluppare azioni prosociali. Ad esempio, molte volte, molti bambini si trovano nella condizione di dover scegliere se perseguire un fine personale, come continuare un gioco, o prestare ascolto alla richiesta d’aiuto di un compagno, condizione sicuramente meno gratificante.

     

    Conclusioni

    L’inclusione scolastica rappresenta un pilastro fondamentale per poter garantire un ambiente educativo equo per tutti gli alunni. L’importanza di riconoscere e affrontare i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, pertanto, non può essere sottovalutata. La diagnosi precoce e un intervento mirato possono significativamente migliorare le esperienze scolastiche e personali degli studenti che affrontano tali difficoltà.

    La formazione di insegnanti consapevoli delle diverse esigenze degli alunni è cruciale. Non solo è essenziale che gli educatori familiarizzino con i segnali di allerta per i DSA, ma devono anche approcciare l’insegnamento in modo metacognitivo, promuovendo la consapevolezza delle proprie capacità cognitive negli studenti.

    Un’altra dimensione fondamentale del processo educativo è rappresentata dall’educazione alla prosocialità, che incoraggia relazioni positive e l’empatia tra compagni.

    La costruzione di un ambiente scolastico inclusivo va oltre il semplice supporto didattico: implica la creazione di un clima di accettazione, rispetto e collaborazione tra tutti gli alunni, dove ciascuno possa sentirsi valorizzato e ascoltato.

    Infine, è essenziale mantenere un dialogo costante tra scuola, famiglie e istituzioni sanitarie.

    Solo attraverso un approccio integrato, che coinvolga tutte le parti interessate, è possibile garantire ad ogni alunno, indipendentemente dalle proprie difficoltà e specificità, un accesso a un percorso educativo significativo e soddisfacente, non solo a livello nozionistico, ma anche sotto l’aspetto del benessere personale e psicologico. I

    n questo modo, si promuove non solo il successo scolastico, ma si contribuisce anche alla formazione di cittadini consapevoli, responsabili e inclusivi, capaci di affrontare le sfide del futuro.

     

    Bibliografia

    AID- Associazione Italiana Dislessia, Comitato Promotore Consensus Conference (a cura di), (2009), Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento, Raccomandazioni per la pratica clinica di dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia, Trento, Erickson.

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    Borkowski J.G. e Muthykrishna N. (2011). Didattica metacognitiva, Trento, Erikson.

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    Zappaterra T. (2012). La lettura non è un ostacolo. Scuola e DSA, ETS, Pisa. 

    Alunni H e supporto alla genitorialità

    Alunni H e supporto alla genitorialità

    di Cettina Calì

    Ogni bambino è un essere sociale che si definisce attraverso l’interazione con gli altri, dapprima nella primaria cellula sociale che è la famiglia, e poi negli altri contesti sociali nei quali, crescendo, si trova ad esprimere la propria personalità ed ha bisogno, per una crescita armonica,  di instaurare delle relazioni affettive che lo facciano sentire legato in modo stabile a persone, luoghi e cose. L’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere mai impedito, neppur  da difficoltà derivanti dalle disabilità connesse ad un handicap. La progettazione educativa per gli alunni con disabilità è, infatti, costruita tenendo ben presente questa priorità e, può essere rivista mediante la scelta, anche per brevi periodi, di  servizi integrativi. Qualora per specifiche condizioni di salute dell’alunno o per particolari situazioni di contesto, non fosse realmente possibile la frequenza scolastica, è necessario che sia programmato un intervento educativo e didattico rispettoso delle peculiari esigenze dell’alunno e, contemporaneamente, finalizzato al miglioramento delle abilità, al loro potenziamento e allo sviluppo degli apprendimenti anche nei periodi in cui non è prevista la presenza in classe. Si è integrati/inclusi in un contesto, infatti, quando si effettuano esperienze e si attivano apprendimenti insieme agli altri, quando si condividono obiettivi e strategie di lavoro e non quando si vive, si lavora, si siede gli uni accanto agli altri in momenti occasionali. Di fatto gli  alunni con disabilità complesse sono coloro che rischiano di abitare a scuola come coinquilini paralleli, sono coloro che con l’etichetta della gravità forniscono al contesto numerosi alibi, sono coloro che per i quali si accendono discussioni su educabilità e assistenzialità, diritto alla salute etc etc,  sono coloro che non vanno disturbati troppo… per il loro bene. Ma chi stabilisce qual è il loro bene? La nostra Costituzione assegna ai genitori e alla scuola il compito di istruire ed educare. Risulta pertanto irrinunciabile, per la crescita e lo sviluppo degli alunni, una partnership educativa positiva tra famiglia e scuola fondata sulla condivisione dei valori e su una fattiva collaborazione. Purtroppo, molto spesso,  dimenticando il ruolo attribuito alla suola, la si considera solo come agenzia tenuta a  “dispensare un titolo di studio” per completare l’obbligo di istruzione.  Gli insegnanti e i genitori, nonostante la diversità dei ruoli e la separazione dei contesti di azione, condividono sia i destinatari del loro agire, i figli/alunni, sia le finalità dell’agire stesso, ovvero l’educazione e l’istruzione in cui scuola e famiglia devono operano insieme per un progetto educativo comune, un progetto di vita che riguarda il figlio/alunno. Il focus della problematicità del  rapporto tra la famiglia  e la scuola cade, molto spesso,  sulla mancanza del  rispetto dei ruoli, delle competenze, dei compiti. Nell’esercizio della corresponsabilità, infatti, ciò che fa accrescere l’efficacia del rapporto scuola-famiglia  è lo scambio comunicativo e il lavoro cooperativo. Bisogna incentivare, all’interno delle scuole,  lo sviluppo di una cultura progettuale legata ad una genitorialità positiva. Il supporto alle famiglie che vivono situazioni complesse  e alla genitorialità positiva, da parte degli organi competenti, comprende una vasta gamma di azioni e di servizi che variano da un sostegno generalizzato attraverso informazioni e indicazioni “a bassa soglia”, sino a azioni mirate, specialistiche e soprattutto tarate sulle specifiche necessità di ogni  nucleo famigliare. Supportando la crescita degli stessi genitori, attraverso un  percorso di accompagnamento multidimensionale ed integrato,  gli si permette loro di acquisire la capacità di affrontare e risolvere i problemi che riguardano i propri figli, partecipando attivamente e consapevolmente alle scelte scolastiche.

    Ogni intervento di supporto, certamente impegnativo e articolato, va  predisposto ed inserito in una logica sistemica per ridurre la complessità e per recuperare attenzione, cura del benessere degli alunni e pieno sviluppo della primaria funzione educativa della scuola e  nasce da  valutazione di sistema sempre più  articolata ed orientata al miglioramento vero e proprio, che diventa  un processo necessario per l’esercizio consapevole ed efficace  da parte della scuola delle funzioni organizzative, didattiche, di ricerca e sperimentazione annesse all’autonomia scolastica.

    Giornata internazionale della consapevolezza sull’Autismo

    2 aprile 2024

    di Carlo Hanau[1] e Flavio Sartoretto[2]

    Nella giornata internazionale della consapevolezza sull’Autismo, proponiamo alcune considerazioni sul rilevante aumento della popolazione di studenti con disabilità e in particolare con disturbo dello spettro autistico (ASD-Autism Spectrum Disorder).

    Consideriamo i dati contenuti nel Report Istat denominato “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità anno 2022-2023” (pubblicato lo scorso 2 febbraio e disponibile, assieme alle relative tavole, a questo link). Vedere in particolare la Tavola riportata, dove il “Disturbo dello sviluppo psicologico” (alias ASD, alias “Disturbi generalizzati dello sviluppo psicologico”, alias “Sviluppo”) sono nettamente prevalenti su tutti gli altri nella scuola dell’infanzia e in quella primaria.

    Rispetto all’anno precedente si stima una fortissima crescita: si arriva a 338mila alunni e alunne con disabilità (+7%). Così si raggiunge il 4,1% di tutti gli alunni e alunne di tutti gli ordini e gradi. Nell’A.S.2018-2019 il numero degli alunni con disabilità certificata ammontava a 284mila, 3,3% sul totale. Fra l’A.S. 2018-2019 e quello 2022-2023 si sviluppa la pandemia COVID che giustificherebbe un approfondito confronto fra questi anni.

    L’aumento degli alunni con disabilità avvenuto nella scuola primaria nell’ultimo anno, 5,1% rispetto a 4,8% nel 2021-2022, è l’indicatore più importante e deve essere interpretato come segnale fortemente negativo. In questa fascia di età le disabilità vengono riconosciute quasi tutte e non si presenta ancora il fenomeno dell’abbandono scolastico, anche perché la scuola primaria italiana è abbastanza inclusiva. Il calo dovuto ad abbandono aumenta moltissimo nella secondaria di secondo grado. Per questi motivi si ritiene che l’indicatore di prevalenza della disabilità nelle fasce di età della scuola primaria sia quello maggiormente rappresentativo dell’aumento della disabilità fra gli alunni.

    L’aumento delle diagnosi di autismo era prevedibile e sarà ancora più forte nel futuro, come dimostrano i Paesi più progrediti, come l’Australia. L’Italia segue col ritardo di 11 anni quello degli USA (Cfr. Stati Uniti d’America, l’autismo aumenta ancora ). Il nuovo rapporto dell’Istat consente di aggiornare alcune nostre considerazioni su questi temi, già espresse nei seguenti contributi: Autismo, criteri diagnostici e prevalenza: una riflessione critica  e Riflessioni sul nuovo Rapporto ISTAT dedicato agli alunni con disabilità ). Piuttosto che negare l’aumento reale, occorre migliorare la conoscenza della sua eziologia, che è molto differenziata, trattandosi di centinaia di malattie rare e ultrarare. Quelle note sono tutte di origine organica, peccato che non si facciano gli esami per trovarne la frequenza nella popolazione con autismo. La complessità delle cause tutte da chiarire richiede invece una ricerca approfondita, che in Italia è molto trascurata e che la nostra A.P.R.I. richiede da sempre.

    La Tavola 13 del Rapporto 2022-2023 dell’Istat https://www.istat.it/it/archivio/293606, mostra che l’ASD (abbreviato come “Sviluppo”) rappresenta il 31,8% del totale degli alunni con disabilità di tutte le scuole, circa 107mila alunni.

    Appare chiaro l’aumento notevolissimo dell’ASD nella primaria. L’aumento dell’ASD è stato più elevato delle altre disabilità. L’ADHD (Disturbo della ipercinesia e disattenzione continua), spesso associato all’ASD, cresce molto.

    Il numero degli insegnanti di sostegno, è cresciuto più del numero degli allievi con disabilità. Insieme agli Assistenti all’autonomia e alla comunicazione e/o agli Educatori sociopedagogici, se fossero qualificati, basterebbero a coprire tutte le ore necessarie persino per l’intervento precoce intensivo di 25 ore settimanali in rapporto 1:1 di cui alla Linea guida 21 del 2011 sui bambini e adolescenti con autismo.

    Su questo argomento abbiamo già scritto molto, avanzando quattro proposte fattibili e sostenibili economicamente dal bilancio pubblico, di cui si può leggere al seguente contributo: La scuola continua a essere drammaticamente impreparata ad accogliere bambini e bambine con autismo (pubblicato sul sito del centro «Informare un’h» il 26 settembre 2023).


    [1] Presidente di Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale (A.P.R.I.), già Docente UNIMORE

    [2] Senior Researcher Università Ca’ Foscari Venezia

    Giornata Mondiale della Sindrome di Down 2024

    Il 21 marzo si celebra il World Down Syndrome Day (WDSD), la Giornata Mondiale della Sindrome di Down, sancita ufficialmente da una risoluzione dell’ONU.


    21 marzo, Giornata Mondiale della Sindrome di Down 2024: mettiamo fine agli stereotipi! Indetta nel 2011dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla Sindrome di Down, quest’anno la Giornata vede come tema lo stop agli stereotipi perché questi purtroppo, ancora oggi, circondano le persone con Sindrome di Down che conseguentemente vengono trattate come eterni bambini, sottovalutate, escluse, maltrattate.

    Gli stereotipi impediscono di fatto alle persone con Sindrome di Down di avere pari diritti e pari opportunità come tutte le altre persone.

    La realtà, oggi, è invece un’altra: è una realtà che vede le persone con Sindrome di Down, consapevoli di ciò che le riguarda e con giusti ed adeguati sostegni, rivendicare in prima persona il diritto ad essere incluse in tutti gli ambiti della società, ad avere un lavoro vero, ad accedere all’istruzione senza ostacoli, a decidere dove, come e con chi vivere, anche nell’ottica del “Durante Noi, Dopo di Noi”, ad avere una Vita di Qualità.

    Scardinare gli stereotipi vuol dire anche arrivare ad approccio alla disabilità basato sui diritti umani e andare oltre quel modello di pensiero obsoleto e denigrante che vede le persone con disabilità, in particolare con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, come “oggetti di carità” e incapaci di fare qualunque cosa in autonomia.

    Auspicando che questa Giornata possa contribuire a rafforzare consapevolezza su tali importanti temi, non solo in occasione del 21 marzo ma ogni giorno, Anffas come sempre è in prima linea.

    Con Roberto Spezialepresidente nazionale, in qualità di relatore, Anffas è stata infatti una delle voci della conferenza stampa dedicata alla Giornata e svoltasi ieri a Roma, in Campidoglio, alla presenza del Sindaco di Roma e di numerose altre istituzioni, con un focus dedicato proprio al porre fine agli stereotipi, evidenziando la loro infondatezza e il loro essere pericolosamente discriminatori. 

    Il presidente era accompagnato da suo figlio Valerio e da Andrea Francesca, entrambi giovani adulti con Sindrome di Down, e da Cettina Tirrito Speziale, moglie del presidente Speziale, e Roberta Pucci, mamma di Andrea Francesca. 

    La conferenza di ieri è stata anche occasione per presentare la quinta Conferenza Internazionale della Trisomy 21 Research Society sulla Sindrome di Down, che si svolgerà sempre a Roma dal 5 all’8 giugno 2024 e che vede Anffas tra i protagonisti delle sessioni dedicate alle famiglie.

    La Conferenza Internazionale rappresenta un evento internazionale di altissimo livello che “riunirà ricercatori, medici e professionisti che conducono studi clinici, organizzazioni di pazienti, famiglie, per tracciare insieme le direzioni future per la ricerca sulla sindrome di Down”Anffas darà il suo contributo con l’intervento del presidente nazionale Roberto Speziale e con sessioni di approfondimento clinico-scientifici e formativi, oltre che con gli interventi di alcuni dei suoi autorappresentanti.

    Nel proseguire il suo impegno e la sua opera per la promozione e tutela dei diritti delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, anche per la Giornata 2024, Anffas vuole sottolineare ancora una volta come l’inclusione e la parità di diritti e opportunità non dovrebbero più essere evidenziati in giornate apposite in quanto mancanti nella società ma dovrebbero essere invece realtà concreta nella vita quotidiana, nel pieno rispetto di quanto sancito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

    Disabilità: riunione Osservatori

    Mercoledì 6 marzo, dalle ore 10.00, presso la nuova Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei deputati, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e il Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli riuniranno in seduta congiunta l’Osservatorio nazionale sulla condizione di vita delle persone con disabilità e l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica.

    L’evento si terrà in occasione del quindicesimo anniversario, il 3 marzo scorso, della ratifica italiana della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.

    La diretta

    L’inclusione scolastica degli alunni con Disabilità – Anno 2022-2023

    Nell’anno scolastico 2022/2023 sono quasi 338mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole di ogni ordine e grado, il 4,1% del totale degli iscritti (+7% rispetto al precedente anno scolastico).

    Migliora l’offerta di insegnanti per il sostegno (+10%). Il rapporto alunno-insegnante, pari a 1,6, è migliore di quello previsto dalla legge, ma tra gli insegnanti 1 su 3 non ha una formazione specifica e il 12% viene assegnato in ritardo.

    Ancora forte discontinuità nella didattica: il 60% degli alunni con disabilità cambia insegnante per il sostegno da un anno all’altro, il 9% nel corso dello stesso anno scolastico.

    Decreti interministeriali 153/23 e 182/20

    Analisi del Decreto interministeriale n. 153/2023 e le modifiche al Decreto Interministeriale n. 182/2020

    di Pietro Boccia

     Il Decreto interministeriale n. 153/2023 (1 agosto2023) contiene le “Disposizioni correttive al decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182, recante: «Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’art. 7, co. 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66»”.

    Sono riportate, a partire dal Decreto interministeriale n. 182/2020, gli aggiornamenti, introdotti dal Decreto interministeriale n. 153/2023 in particolare per quanto concerne:

    • la composizione e funzionamento del Gruppo di Lavoro Operativo per I ‘Inclusione;
    • il raccordo del PEI con il Profilo di Funzionamento;
    • il curricolo dell’allievo, precisando che per gli allievi con disabilità delle scuole secondarie di secondo grado non hanno l’esonero all’insegnamento di una o più discipline presenti nel piano di studi;
    • gli esami integrativi per gli allievi con disabilità che frequentano le scuole secondarie di secondo grado;
    • la definizione delle modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno;
    • l’adozione dei nuovi modelli di PEI, acclusi nelle Linee guida, allegate al Decreto

    I documenti allegati, che fanno parte integrante del Decreto interministeriale n. 153/2023, sono:

    1. il Modello PEI scuola infanzia All. A1;
    2. il Modello PEI scuola primaria All. A2;
    3. il Modello PEI scuola secondaria di primo grado All. A3;
    4. il Modello PEI scuola secondaria di secondo grado All. A4;
    5. le Linee Guida concernenti la definizione delle modalità anche tenuto conto dell’accertamento, di cui all’art. 4 della Legge n. 104 (5 febbraio 1992), per l’assegnazione delle misure di sostegno i cui all’art. 7 del D.lgs. n. 66/2017 e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche – All. B;
    6. la scheda per l’individuazione dei supporti al funzionamento – All. C;
    7. la tabella per l’individuazione dei fabbisogni di risorse professionali per il sostegno e l’assistenza – All. C1

    Il Decreto interministeriale n. 153/2023 modifica il Decreto interministeriale n. 182 (29 dicembre 2020) e i relativi allegati.

    Gli allegati e gli articoli del Decreto interministeriale n. 182 (29 dicembre 2020) modificati sono:

    Il Decreto interministeriale n 182/2020 viene modificato all’art. 1 dall’art. 1 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Oggetto e definizione);

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 è modificato dall’art. 2 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Composizione del Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione);

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 viene modificato all’art. 4 dall’art. 3 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Funzionamento del Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione).

    L’articolo 3 del Decreto interministeriale n. 153/2023 stabilisce che:

    • il GLO si riunisce entro il 30 di giugno per la redazione del PEI provvisorio, di cui all’art. 16 e – di norma – entro il 31 di ottobre per l’approvazione e la sottoscrizione del PEI definitivo;
    • il PEI è soggetto a verifiche periodiche nel corso dell’anno scolastico al fine di accertare il raggiungimento degli obiettivi e apportare eventuali modifiche e integrazioni;
    • il GLO si riunisce almeno una volta, da novembre ad aprile, per annotare le revisioni ed effettuare le relative verifiche intermedie;
    • il GLO si riunisce ogni anno, entro il 30 di giugno, per la verifica finale e per formulare le proposte relative al fabbisogno di risorse professionali e per l’assistenza per l’anno successivo;
    • il GLO è validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza;
    • le riunioni del GLO si svolgono, salvo motivata necessità, in ore non coincidenti con l’orario di lezione;
    • le riunioni del GLO possono svolgersi anche a distanza, in modalità telematica sincrona;
    • il GLO, nella composizione, di cui all’articolo 3, comma 8 del presente Decreto, è convocato dal Dirigente scolastico o da suo delegato, con un congruo preavviso al fine di favorire la più ampia partecipazione;
    • nel corso di ciascuna riunione è redatto apposito verbale, firmato da chi la presiede e da un segretario verbalizzante, di volta in volta individuato tra i presenti;
    • i membri del GLO hanno accesso al PEI discusso e approvato, nonché ai verbali;
    • i componenti del GLO, di cui all’art. 3, co. 1, del presente Decreto, nell’ambito delle procedure finalizzate all’individuazione del fabbisogno di risorse professionali per il sostegno didattico e l’assistenza, possono accedere alla partizione del sistema SIDI – Anagrafe degli alunni con disabilità, per consultare la documentazione necessaria;
    • le procedure di accesso e di compilazione del PEI nonché di accesso per la consultazione della documentazione, di cui al comma 10 riguardante l’alunno con disabilità, sono attuate nel rigoroso rispetto del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (RGPD, Regolamento UE n. 2016/679).

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 viene modificato all’art. 8 dall’art. 4 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Attività di osservazione sistematica e progettazione degli interventi di sostegno didattico). La modifica dell’art. 4 del Decreto interministeriale n. 153/2023 stabilisce che:

    • al fine di individuare i punti di forza sui quali costruire gli interventi educativi e didattici, la progettazione è preceduta da attività di osservazione sistematica sull’allievo;
    • l’osservazione sistematica – compito affidato a tutti i docenti della sezione e della classe – e la conseguente elaborazione degli interventi per l’allievo tengono conto e si articolano nelle seguenti dimensioni:
    • la dimensione della relazione, della interazione e della socializzazione, che fa riferimento alla sfera affettivo relazionale, considerando l’area del sé, il rapporto con gli altri, la motivazione verso la relazione consapevole, anche con il gruppo dei pari, le interazioni con gli adulti di riferimento nel contesto scolastico, la motivazione all’apprendimento;
    • la dimensione della comunicazione e del linguaggio, che fa riferimento alla competenza linguistica, intesa come comprensione del linguaggio orale, alla produzione verbale e al relativo uso comunicativo del linguaggio verbale o di linguaggi alternativi o integrativi, comprese tutte le forme di comunicazione non verbale, artistica e musicale; considera anche la dimensione comunicazionale, intesa come modalità di interazione, presenza e tipologia di contenuti prevalenti, utilizzo di mezzi privilegiati;
    • la dimensione dell’autonomia e dell’orientamento, che fa riferimento all’autonomia della persona e all’autonomia sociale, alle dimensioni motorio-prassica (motricità globale, motricità fine, prassie semplici e complesse) e sensoriale (funzionalità visiva, uditiva, tattile);
    • la dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento, che fa riferimento alle capacità mnesiche, intellettive e all’organizzazione spazio-temporale; al livello di sviluppo raggiunto in ordine alle strategie utilizzate per la risoluzione di compiti propri per la fascia di età, agli stili cognitivi, alla capacità di integrare competenze diverse per la risoluzione di compiti, e – a partire dalla scuola primaria – alle competenze di lettura, scrittura, calcolo, decodifica di testi o messaggi.

    Per ciascuna delle dimensioni, di cui al co. 2, bisogna individuare:

    • gli obiettivi ed esiti attesi;
    • gli interventi didattici e metodologici, articolati sia in attività sia in strategie e strumenti.

    I “Domini”, richiamati nelle Linee guida, per la redazione della certificazione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica e del profilo di funzionamento, adottate con decreto interministeriale del 14 settembre 2022, già indicati nella Legge n. 104 del 1992, corrispondono alle “Dimensioni”, di cui al presente articolo, come di seguito riportato:

    • il Verbale di accertamento/Profilo di Funzionamento (dominio, apprendimento, comunicazione, relazioni e socializzazione, autonomia personale e sociale);
    • il Piano educativo individualizzato (dimensione cognitiva, neuropsicologica e dell’apprendimento, comunicazione e linguaggio, relazione/interazione/socializzazione, autonomia e orientamento).

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 è modificato all’art. 9 dall’art. 5 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Ambiente di apprendimento inclusivo). L’articolo 5 del Decreto interministeriale n. 153/2023 recita che:

    • ai sensi dell’art. 7, co. 2 del D.lgs. n. 66/2017, nella progettazione educativo-didattica si pone particolare riguardo all’indicazione dei facilitatori e delle barriere, secondo la prospettiva biopsico-sociale della classificazione ICF dell’OMS;
    • al fine di realizzare quanto indicato all’art. 7, co. 2 del D.lgs. n. 66/2017, sono condotte dai docenti osservazioni nel contesto scolastico – fisico, organizzativo, relazionale – con indicazione delle barriere e dei facilitatori a seguito dell’osservazione sistematica dell’allievo con disabilità e della classe, avendo cura, nella scuola secondaria di secondo grado, di tener conto delle indicazioni fornite dallo studente;
    • sono conseguentemente indicati, a seguito dell’osservazione del contesto scolastico, obiettivi didattici, strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento inclusivo, anche sulla base degli interventi di corresponsabilità educativa intrapresi dall’intera comunità scolastica per il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati e di indicazioni dello studente con disabilità. Particolare cura è rivolta allo sviluppo di “processi decisionali supportati”, ai sensi della Convenzione ONU (CRPD).

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 viene modificato all’art. 10 dall’art. 6 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Curricolo dell’allievo).

    L’articolo 6 del Decreto interministeriale n. 153/2023 afferma che:

    • al fine di un ampio coinvolgimento di tutta la componente docente, la progettazione didattica deve tener conto di ulteriori interventi di inclusione attuati sul percorso curricolare della classe e dell’allievo con disabilità, indicando modalità di sostegno didattico, obiettivi, strategie e strumenti nelle diverse aree disciplinari o discipline, a partire dalla scuola primaria. Nel caso in cui le discipline siano aggregate per aree disciplinari, la valutazione degli apprendimenti è sempre espressa per ciascuna disciplina. Per gli allievi con disabilità che frequentano le scuole secondarie di secondo grado non è previsto l’esonero dall’insegnamento di una o più discipline presenti nel piano di studi. Nella scuola dell’infanzia tale attività di progettazione, con il concorso di tutti gli insegnanti della sezione, riguarderà interventi educativi nei diversi campi di esperienza, con l’esplicitazione di strategie e strumenti utilizzati. Con riguardo alla progettazione disciplinare, è indicato che:
    • qualora l’allievo con disabilità segua la progettazione didattica della classe, si applicano gli stessi criteri di valutazione;
    • se sono, rispetto alla progettazione didattica della classe, applicate personalizzazioni in relazione agli obiettivi specifici di apprendimento e ai criteri di valutazione, l’allievo con disabilità è valutato con verifiche identiche o equipollenti;
    • qualora l’allievo con disabilità, iscritto alla scuola secondaria di secondo grado, segua un percorso didattico differenziato o esonerato da alcune discipline di studio, è valutato con verifiche non equipollenti;

    Nel PEI – per gli studenti della scuola secondaria di secondo grado – è indicato il tipo di percorso didattico seguito dallo studente, specificando se trattasi di:

    • un percorso ordinario;
    • un percorso personalizzato (con prove equipollenti); – un percorso differenziato.

    Nel PEI sono, altresì, indicati i criteri di valutazione del comportamento ed eventuali obiettivi specifici, ossia se il comportamento è valutato in base agli stessi criteri adottati per la classe ovvero se è valutato in base a criteri personalizzati, finalizzati al raggiungimento di specifici obiettivi.

    La valutazione degli apprendimenti è di esclusiva competenza dei docenti del consiglio di classe nella scuola secondaria, ovvero del team dei docenti nella scuola dell’infanzia e primaria e si svolge ai sensi della normativa vigente.

    Il Decreto interministeriale n. 153/2023 di nuova decretazione all’art. 7 fissa gli Esami integrativi per gli allievi con disabilità frequentanti scuole secondarie di secondo grado. L’art. 7, aggiunto come nuova decretazione, dal Decreto interministeriale n. 153/2023, recita che gli esami integrativi sono fissati per gli allievi con disabilità frequentanti scuole secondarie di secondo grado. Per gli allievi con disabilità, che seguono percorsi didattici differenziati nelle scuole secondarie di secondo grado, è ammessa, su richiesta delle famiglie o di chi esercita la responsabilità genitoriale, la possibilità di rientrare in un percorso didattico personalizzato con verifiche equipollenti alle seguenti condizioni:

    • il superamento di prove integrative, relative alle discipline e ai rispettivi anni di corso durante i quali è stato seguito un percorso differenziato, nel caso di parere contrario del consiglio di classe con decisione assunta a maggioranza;
    • senza il previo superamento di prove integrative, nel caso di parere favorevole del consiglio di classe con decisione assunta a maggioranza.

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 è modificato all’art. 12 dall’art. 8 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Interventi necessari per garantire il diritto allo studio e la frequenza). L’articolo 8 del Decreto interministeriale n. 153/2023 stabilisce che:

    • nel PEI sono, relativamente agli interventi di assistenza necessari per garantire il diritto allo studio di alunni con disabilità, indicati distintamente e specificamente gli interventi di assistenza di base (per azioni di mera assistenza materiale, non riconducibili ad interventi educativi) e gli interventi di assistenza specialistica per l’autonomia e/o la comunicazione (per azioni riconducibili ad interventi educativi);
    • sono, in modo specifico, indicate, per quanto concerne gli interventi di assistenza specialistica per l’autonomia e/o la comunicazione, le necessità relative all’educazione e allo sviluppo dell’autonomia (cura di sé, mensa e altro), nonché le necessità di assistenza per la comunicazione agli allievi, privi della vista, dell’udito con disabilità visive e uditive, con disabilità intellettive e disturbi del neuro/sviluppo.

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 viene modificato all’art. 13 dall’art. 9 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Organizzazione generale del progetto di inclusione e utilizzo delle risorse). L’articolo 9 del Decreto interministeriale n. 153/2023 recita che:

    • il PEI prevede un prospetto riepilogativo ove sia possibile desumere l’organizzazione generale del progetto di inclusione e l’utilizzo delle risorse, con indicazione delle presenze, rispettivamente dell’allievo a scuola, delle risorse professionali impegnate nelle attività di sostegno didattico, dell’assistente all’autonomia e/o alla comunicazione, nonché delle collaboratrici o dei collaboratori scolastici impegnati nell’assistenza igienica di base; – nello stesso prospetto sono altresì indicate le seguenti specifiche:
    • se l’allievo è presente a scuola per l’intero orario o se si assenta in modo continuativo – per eccezionali e documentate esigenze sanitarie – su richiesta della famiglia e degli specialisti sanitari, in accordo con la scuola, indicando le motivazioni;
    • la presenza dell’insegnante per le attività di sostegno, specificando le ore settimanali;
    • le risorse, destinate agli interventi di assistenza igienica e di base;
    • le risorse professionali, riservate all’assistenza per l’autonomia e/o per la comunicazione;
    • eventuali altre risorse professionali, presenti nella scuola o nella classe;
    • gli interventi, previsti per consentire all’allievo di partecipare alle uscite didattiche, visite guidate e viaggi d’istruzione organizzati per la classe;
    • le strategie per la prevenzione e l’eventuale gestione di comportamenti problematici;
    • le attività o i progetti per l’inclusione, rivolti alla classe;
    • le modalità di svolgimento del servizio di trasporto scolastico;
    • eventuali interventi e attività extrascolastiche attive, anche di tipo informale, con la specifica degli obiettivi perseguiti e gli eventuali raccordi con il PEI.

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 è modificato all’art. 18 dall’art. 10 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Definizione delle modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno). L’articolo 10 del Decreto interministeriale n. 153/2023 stabilisce che:

    • il GLO, sulla base del Profilo di Funzionamento, individua le principali dimensioni interessate dal bisogno di supporto per l’allievo e le condizioni di contesto facilitanti, con la segnalazione dei relativi “supporti al funzionamento”, secondo quanto descritto nell’Allegato C, parte integrante del presente decreto;
    • nella definizione del fabbisogno di risorse professionali per il sostegno didattico, l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione, il GLO tiene conto delle “capacità” dell’alunno indicate nel Verbale di accertamento e/o nel Profilo di Funzionamento, secondo il seguente schema (Entità delle difficoltà nello svolgimento delle attività comprese in ciascun dominio/dimensione), tenendo conto dei fattori ambientali implicati (a. Assente; b. Lieve; c. Media; d. Elevata; e. Molto elevata);
    • il GLO formula una proposta relativa al fabbisogno di risorse professionali per il sostegno e l’assistenza, con il fine di attuare gli interventi educativo-didattici, di assistenza igienica e di base, nonché di assistenza specialistica, nell’ambito dei range e dell’entità delle difficoltà indicati nella Tabella, di cui all’Allegato C1;
    • la verifica finale, di cui all’art. 15, con la proposta del numero di ore di sostegno e delle risorse da destinare agli interventi di assistenza igienica e di base, nonché delle tipologie di figure professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e/o alla comunicazione, per l’anno scolastico successivo, è approvata dal GLO, acquisita e valutata dal Dirigente scolastico, al fine di: formulare la richiesta complessiva d’istituto delle misure di sostegno da trasmettere al competente Ufficio Scolastico Regionale entro il 30 di giugno; formulare la richiesta complessiva d’Istituto delle misure di sostegno ulteriori rispetto a quelle didattiche, da proporre e condividere con l’Ente Territoriale;
    • le risorse professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione sono attribuite dagli Enti preposti, tenuto conto del principio di accomodamento ragionevole e sulla base delle richieste complessive formulate dai Dirigenti scolastici, secondo le modalità attuative e gli standard qualitativi previsti nell’accordo, di cui all’art. 3, co. 5-bis del D.lgs. n. 66/2017.

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 viene modificato all’art. 19 dall’art. 11 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Modello di piano educativo individualizzato). L’articolo 11 del Decreto interministeriale n. 153/2023 sostiene che:

    • i modelli, di cui all’art. 1, co. 2, sono adottati dalle Istituzioni scolastiche per la redazione del PEI da parte dei GLO;
    • i modelli di PEI sono resi disponibili, in versione digitale, da compilarsi in modalità telematica, con accesso tramite sistema SIDI da parte delle Istituzioni scolastiche e dei componenti dei rispettivi GLO, i quali sono registrati e abilitati ad accedere al sito con il rilascio di apposite credenziali, con livelli di abilitazione diversificati in base al profilo;

     Il Decreto interministeriale n 182/2020 è modificato all’art. 20 dall’art. 12 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Linee guida). L’articolo 12 del Decreto interministeriale n. 153/2023 stabilisce che:

    Al fine di agevolare la redazione dei PEI, è adottato il documento recante «Linee Guida concernenti la definizione delle modalità, anche tenuto conto dell’accertamento di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l’assegnazione delle misure di sostegno di cui all’articolo 7 del D.lgs. n. 66/2017 e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche», di cui all’Allegato B, quale parte integrante del presente decreto.

    Il Decreto interministeriale n. 182/2020 viene modificato all’art. 20 con nuova decretazione dall’art. 13 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Modificazioni agli allegati del D.I. n. 182/2020).  L’articolo 13 del Decreto interministeriale n. 153/2023, con nuova decretazione, stabilisce che:

    Gli allegati A1, A2, A3, A4, B, C e C1 al decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182, richiamati all’articolo 1, sono modificati secondo quanto riportato negli allegati al presente decreto – numerati e denominati come di seguito indicato – per costituirne parte integrante e sostanziale:

    1. il Modello di PEI per la scuola dell’infanzia – Allegato A1;
    2. il Modello di PEI per la scuola primaria – Allegato A2;
    3. il Modello di PEI per la scuola secondaria di I grado – Allegato A3;
    4. il Modello di PEI per la scuola secondaria di II grado – Allegato A4;
    5. le Linee Guida, concernenti la definizione delle modalità, anche tenuto conto dell’accertamento, di cui all’art. 4 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l’assegnazione delle misure di sostegno, di cui all’art. 7 del D.lgs. n. 66/2017 e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche – Allegato B;
    6. la Scheda per l’individuazione dei supporti al funzionamento – Allegato C;
    7. la Tabella per l’individuazione dei fabbisogni di risorse professionali per il sostegno e l’assistenza – Allegato C1.

    Il Decreto interministeriale n 182/2020 è modificato all’art. 21 dall’art. 14 del Decreto interministeriale n. 153/2023 (Norme transitorie). L’articolo 14 del Decreto interministeriale n. 153/2023 afferma che:

    • i modelli di PEI, di cui all’art. 19, sono adottati, nelle more dell’emanazione delle Linee Guida, di cui all’art. 5, co. 6, del D.lgs. n. 66/2017, al fine di consentire alle istituzioni scolastiche di adeguare la progettazione educativo-didattica alle nuove norme sull’inclusione;
    • al termine dell’anno scolastico 2020/2021, i modelli di PEI sono sottoposti a revisione e possono essere integrati e/o modificati, sulla base delle indicazioni pervenute dalle istituzioni scolastiche;
    • i modelli di PEI sono sottoposti a verifica e aggiornati con cadenza almeno triennale;
    • con l’entrata in vigore del presente Decreto, cessano di produrre effetti le disposizioni contenute nell’Ordinanza Ministeriale 21 maggio 2001, n. 90;
    • ai fini, di cui ai commi 2 e 3, è costituito, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica, con decreto del Ministro dell’istruzione, un Comitato Tecnico con la partecipazione di rappresentanti designati dal Ministro dell’economia e delle finanze;
    • in via transitoria, laddove non sia stato ancora redatto il Profilo di funzionamento, la predisposizione del PEI tiene conto della diagnosi funzionale e del profilo dinamico funzionale dell’art. 12 della Legge n. 104/1992, ove compilato.

    Non è stata, tuttavia, recepita, nel correttivo Decreto interministeriale n. 153/2023, la richiesta di modifica della tabella C, avanzata da numerose associazioni, vale a dire la possibilità che il GLO, unico organismo legittimato a formulare la richiesta del numero di ore di sostegno, potesse superare il rigoroso numero di ore stabilito.

    Gli elementi di novità, introdotti dal Decreto Ministeriale n.153 del 1° agosto 2023 sono, in conclusione, la composizione e le funzioni del GLO, la possibilità di frequentare un orario ridotto, l’esonero dalle materie per gli studenti con disabilità, l’assegnazione delle risorse professionali per il sostegno e per l’assistenza.

    Giornata mondiale del Braille

    Il Ministero dell’Istruzione e del Merito celebra la Giornata mondiale del Braille con un’esposizione, ormai permanente, presso la Biblioteca “Luigi De Gregori”. Proclamata dall’ONU, la Giornata cade ogni anno il 4 gennaio in memoria della nascita di Louis Braille, inventore del rivoluzionario metodo di scrittura e lettura per non vedenti e ipovedenti che porta il suo nome.

    Tra i volumi in Braille esposti nella Sala della legislazione scolastica sono visionabili il carme “Dei Sepolcri” di Ugo Foscolo, un sillabario per imparare a leggere e scrivere, una raccolta di studi musicali per pianoforte e l’iconico periodico “Gennariello”, rivista dedicata ai bambini non vedenti la cui collezione storica presente presso il MIM è stata ampliata di recente con una copia “moderna” donata alla Biblioteca in occasione dell’ultima edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino.

    Questi i titoli dei volumi selezionati, esposti e visionabili:

    • “Costituzione italiana”, edizione del testo vigente realizzata con sistema Braille dall’Ufficio comunicazione istituzionale del Senato della Repubblica, 2018
    • “Dei sepolcri. Carme a Ippolito Pindemonte”, Ugo Foscolo, Stamperia Nazionale Braille, Firenze, 1925;
    • “Gennariello”, “Natale 1925”, Stamperia Nazionale Braille, Firenze, 1925;
    • “Gennariello”, “Esce due volte al mese”, Stamperia Nazionale Braille, Firenze, 1926;
    • “Gennariello”, UICI, Roma, 2023;
    • “Piccolo Catechismo”, Stamperia Nazionale Braille, Firenze, 1925;
    • “Sedici studi con la mano ferma. Opera 224”, Louis Köhler, Stamperia Nazionale Braille, Firenze, 1925;
    • “Istituto Principe di Napoli pei giovani ciechi d’ambo i sessi: Napoli, 1873-1923”, R. Stab. Tip. Francesco Giannini & figli, Napoli, [s.d.]
    • “Grande Gatto & Piccolo Gatto”, Stefania Pessina, a cura del Centro di Produzione del materiale didattico dea Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi Onlus, Roma, 2021.

    È anche esposta una rara edizione ottocentesca delle “Raccolte delle leggi ed ordinanze dell’anno 1819 per la Dalmazia” contenente uno dei primi decreti sull’istruzione dei fanciulli ciechi.

    Per informazioni e prenotazioni è possibile scrivere biblioteca@istruzione.it

    Per il personale del Ministero dell’Istruzione e del Merito non occorre prenotazione.