Regolamento del Concorso per dirigenti scolastici statali

Regolamento del Concorso per dirigenti scolastici statali: una buona notizia, con tanti problemi da risolvere

 

Il D.M. 138/2017, nuovo Regolamento per l’assunzione dei molti dirigenti che mancano alle scuole statali, è finalmente stato emanato. Il gravissimo ritardo nella sua pubblicazione non ha fatto che aumentare in questi anni le difficoltà di direzione e gestione delle scuole oltre che mortificare una professione che dovrebbe essere vista dalla politica e dall’Amministrazione come la principale risorsa per il buon funzionamento e per l’innovazione delle istituzioni scolastiche.

 

Una scelta viziata all’origine

L’avvio della procedura concorsuale è da accogliere positivamente vista la situazione non più sostenibile delle reggenze il cui numero, cresciuto a dismisura, potrebbe comportare dal 1 settembre 2018 metà delle scuole statali con un dirigente scolastico impegnato cioè su due scuole.

Il modello avviato per il reclutamento dei dirigenti scolastici, caratterizzato da un percorso impegnativo (anche in forza del recepimento nel Regolamento dei pareri del Consiglio di Stato), lascia fortemente perplessi, sia per la soluzione complessiva che per diversi elementi che rischiano di comprometterne l’efficienza e l’efficacia dell’esito.

L’impostazione resta, intanto, ispirata da un centralismo statale  che viene restaurato dopo l’infelice esperienza causata dalla gestione regionale del 2011: il centralismo non produce da molti anni né efficienza di funzionamento né efficacia di risultati. Basta guadare alle esperienze passate. Regolamento e norma originaria di riferimento hanno evitato ancora una volta la strada del decentramento e della autonomia di gestione delle fasi del concorso, come accade per analoghe procedure di assunzione negli Enti Locali, nella sanità, nelle università, nelle Camere di commercio.

Il meccanismo delle prove appare, poi,  nel suo complesso, non pertinente al profilo  ed al ruolo che si va a reclutare, a cominciare dalla prova preselettiva, costituita da una batteria di 100 quiz: una modalità assolutamente inadeguata all’accertamento di quelle attitudini umane e relazionali indispensabili per la figura professionale di dirigente scolastico che si va a selezionare.

 

Aspetti problematici

Ma che se si rimane all’interno della logica procedurale prescelta per l’imminente concorso,  le soluzioni operative previste dal Regolamento evidenziano aspetti problematici che, senza interventi correttivi da introdurre nel Bando concorsuale, creano serie ipoteche sugli esiti.

 

  • Come faranno una batteria di quiz ed una prova scritta al computer ad accertare l’attitudine del candidato ad assumere una funzione che non è costituita da una somma di competenze ‘tecniche’, ma che ha il proprio cuore nell’esercizio di una direzione educativa esito anche di competenze relazionali e di leadership ?
  • Come sarà possibile avere nuovi dirigenti scolastici per la data del 1 settembre 2018 se dopo le prime tre prove tutti dovranno fare, tra formazione e tirocinio, ancora sei mesi e poi altre prove  ?  Per quale seria ragione si è scelto di dare retta al suggerimento di un’altra prova scritta dopo il periodo di tirocinio ? Non sarebbero bastate le due precedenti previste?
  • Come si eliminerà l’assurdo sistema delle reggenze se, fallito l’obiettivo della conclusione del concorso entro agosto 2018, non saranno sufficienti neanche i 2.400 posti messi a bando a coprire le ulteriori dirigenze che nel frattempo saranno  diventate vacanti?
  • Come sarà possibile rendere efficiente anche solo le prime due fasi del concorso se il Bando non risolverà con chiarezza i rispettivi compiti e responsabilità del rapporto centro-periferia, tra commissione centrale e sottocommissioni periferiche ?
  • Vi è garanzia che questa volta i quesiti della prova preselettiva (ancora una volta affidate al mondo universitario) non siano più del tenore di quelle del concorso direttivo del 2011 che risultarono piene di inesattezze, fortemente nozionistiche e totalmente sganciate dalla professione direttiva?
  • Sarà possibile nel Bando di prossima emanazione correggere ed integrare la prevista tabella di valutazione dei titoli e scegliere  di valorizzare adeguatamente l’esperienza acquista per tutti gli anni di servizio dai candidati nella collaborazione alla dirigenza?
  • Non è possibile individuare una adeguata soluzione alla direzione delle numerose scuole sottodimensionate spesso ubicate in territori periferici e disagiati, meritevoli, per questo, di maggiore attenzione?

 

Una risorsa decisiva

Un’appropriata individuazione delle fasi e delle modalità di gestione di questo concorso possono garantire l’individuazione di adeguato personale direttivo, risorsa decisiva per le scuole e per il paese. Auspichiamo che nel Bando, nelle modalità operative che verranno individuate dall’Amministrazione scolastica e nello svolgimento delle fasi del concorso prevalgano modalità che valorizzino le esperienze relazionali-comunicative, le competenze pregresse e le motivazioni dei candidati, garantendo serietà, efficienza e regolarità nello svolgimento del percorso.

 

A vantaggio dei tanti docenti che, attraverso il concorso, metteranno alla prova in prospettiva di un nuovo ruolo le proprie esperienze, competenze ed idealità ed a tutela delle tante comunità scolastiche che attendono urgentemente leader motivati e competenti.

Fedeli: “Bene iniziativa Regione Lazio per impegno nelle scuole contro la violenza sulle donne”

“Cultura del rispetto è unica risposta efficace per contrastare abusi e discriminazione”

(Roma, 25 settembre 2017) “L’unica risposta efficace alla violenza contro le donne è diffondere, a tutti i livelli della società, la cultura del rispetto. L’iniziativa della Regione Lazio è lodevole e voglio ringraziare il Presidente Zingaretti per questo impegno: investire sulle nuove generazioni vuol dire mettere in campo politiche di lungo termine per risolvere una questione che non è emergenziale ma strutturale, risultato di rapporti diseguali tra uomini e donne. Dobbiamo combattere questi squilibri e promuovere un’educazione al rispetto dei diritti di ogni persona, così come è stabilito nella nostra Costituzione, all’articolo 3. E farlo quotidianamente, non soltanto per effetto della suggestione del momento, della rabbia nata dalle vicende che scuotono le nostre coscienze. La scuola e le istituzioni giocano un ruolo di primo piano”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, a proposito di “Le scuole contro la violenza sulle donne. Oltre l’indignazione, l’impegno!”, l’iniziativa di mobilitazione culturale, lanciata dalla Regione Lazio e proposta a tutte le scuole del territorio per la giornata del 25 settembre.

“Il Miur – spiega Fedeli – è da tempo impegnato per far sì che le giovani e i giovani che frequentano i nostri istituti siano espressione concreta dei valori di uguaglianza e di libertà, che sono fondanti in società giuste e di pari opportunità. Le nostre scuole svolgono una funzione fondamentale, sono un luogo di osservazione e di intervento privilegiato in questo senso: grazie all’assidua frequentazione, la comunità educante può cogliere i segnali che portano all’emersione delle violenze subite dalle giovani e può fare molto in termini di prevenzione. A breve lanceremo un Piano di educazione al rispetto: ogni giovane deve sapere di vivere e agire all’interno di comunità nelle quali le differenze sono fonte di arricchimento e non motivo di emarginazione, discriminazione e abuso. Renderemo disponibili le linee guida nazionali per l’attuazione dell’articolo 1, comma 16, della legge 107 del 2015. Punteremo alla formazione delle docenti e dei docenti, inserendo il tema del contrasto alla violenza di genere tra quelli di approfondimento e lavoreremo per far sì che negli atenei ci sia spazio per percorsi di valorizzazione degli studi di genere e di formazione di tutte le professionalità legate alla prevenzione della violenza. Inoltre, il Ministero è coinvolto in un gruppo di lavoro specifico, all’interno dell’Osservatorio nazionale dedicato alla questione, con l’obiettivo di elaborare un nuovo Piano antiviolenza e stiamo pensando di avviare un tavolo di lavoro con l’Aie, l’Associazione italiana editori, per riflettere sul linguaggio e sui contenuti dei libri di testo ma anche per evidenziare il contributo delle donne in tutte le discipline. Una scelta importante, che ribalta l’attenzione nei confronti di questa componente della nostra società, ancora, purtroppo, vittima di pregiudizi e stereotipi culturali”.

“Educare al rispetto e alla parità tra i sessi – aggiunge la Ministra – vuol dire anche rafforzare le bambine, le ragazze, le donne, assicurando loro libertà di scelta per la propria vita personale e professionale. Ribadire che non ci sono strade che non sono percorribili per via del loro sesso. Che l’unica via per la loro realizzazione personale risiede nelle loro capacità, nei loro talenti e nei loro sogni”.

“Tutto ciò che viene fatto deve essere portato a segno. Da senatrice sono stata la prima firmataria della proposta per una Commissione parlamentare contro la violenza sulle donne, per verificare periodicamente l’attuazione della Convenzione di Instanbul. Una commissione che si è insediata a gennaio scorso dopo aver raccolto l’appoggio di tutte le forze politiche, con il voto praticamente unanime di tutta l’Aula. Ma è importante e ormai irrimandabile mettere in campo un’alleanza vasta e solida per fermare una volta per tutte la violenza sulle donne. Troppo a lungo la questione è stata affrontata, guardando soltanto all’universo femminile, come se femminicidi, stupri, discriminazioni fossero un problema di una certa parte della popolazione. Non c’è niente di più sbagliato. La violenza sulle donne riguarda tutte e tutti. Dobbiamo smettere di tenere l’obiettivo fisso sulle vittime e cominciare a occuparci anche di chi le ha rese tali. Solo così ci renderemo conto di essere parte in causa, di essere responsabili di ciò che avviene nelle nostre società. Possiamo prevenire e contrastare abusi e aggressioni solo assumendoci, ciascuno per la propria parte, le nostre responsabilità educative: scuole, famiglie, territori, media, social”, conclude la Ministra.

Tre scritti, e prove Invalsi anticipate ad aprile: così cambia l’esame di terza media

da Il Sole 24 Ore

Tre scritti, e prove Invalsi anticipate ad aprile: così cambia l’esame di terza media

di Claudio Tucci

Per essere ammessi al nuovo esame di terza media, che debutterà a giugno, bisognerà «aver partecipato» (a prescindere, però, dal voto ottenuto) alle prove nazionali Invalsi in italiano, matematica e – è un’altra novità – inglese (la prova Invalsi viene così anticipata in corso d’anno – si svolgerà ad aprile – ed esce definitivamente dall’esame).

È pronto il decreto che, in 18 articoli, attuando la legge 107, modifica gli esami di terza media. Le novità entreranno subito in vigore: interesseranno i circa 550mila studenti che, da pochi giorni, hanno iniziato l’ultimo anno delle medie. L’ammissione alle prove finali resta subordinata pure alla frequenza di almeno tre quarti del monte ore annuale; oltre che ovviamente al profitto.

L’eventuale non ammissione all’esame (nei casi di insufficienza in una o più discipline) dovrà essere motivata dal consiglio di classe. Il nuovo esame si semplifica. Gli scritti diventano tre: italiano, matematica, lingue straniere (inglese e seconda lingua comunitaria), più il colloquio orale (per accertare le competenze trasversali). Si torna, poi, a dare più valore al percorso scolastico.

«Le prove Invalsi si arricchiscono dell’inglese, ormai considerata una competenza di base, assieme a italiano e matematica», ha spiegato Carmela Palumbo, capo dipartimento del Miur. «È importante che la certificazione Invalsi sia rimasta, anche se slegata dall’esame – ha aggiunto la vice presidente dell’Associazione nazionale presidi, Licia Cianfriglia – perché è giusto valutare pure i risultati della scuola».

Il rebus dei 2.000 presidi che vinceranno il concorso «Ne servono il doppio»

da Corriere della sera

Il rebus dei 2.000 presidi che vinceranno il concorso «Ne servono il doppio»

La Fondazione Agnelli: la carenza dei dirigenti è ormai strutturale

Gianna Fregonara

«Affronteremo la carenza strutturale di dirigenti scolastici, daremo una riposta importante», ha promesso qualche giorno fa la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli presentando il concorso per presidi che sta per essere indetto dopo mesi di ritardi, lungaggini, proteste più o meno eclatanti dei medesimi dirigenti che — uno su tre — sono costretti ad occuparsi di più di una scuola.

Eppure dovevano essere loro i veri motori della nuova scuola voluta dalla riforma approvata nel 2016, tre miliardi di spesa annua aggiuntiva per modernizzare il sistema di istruzione: più autonomia agli istituti, più responsabilità ai presidi, possibilità di scegliersi la squadra con le contestate chiamate dirette di professori. Sono state le parole d’ordine durante la discussione della riforma. Presidi manager, presidi sceriffo li hanno chiamati in questi anni in senso positivo o negativo.

E invece sono solo pochi. Molto pochi. La mancanza di presidi è diventata cronica negli ultimi quindici anni: in Piemonte, Veneto, Liguria, Friuli e Emilia Romagna, un preside su due ha almeno una «reggenza», cioè copre il posto di uno o più colleghi che non ci sono. Dopo la pubblicazione del regolamento nei giorni scorsi ora è questione di giorni, i pessimisti dicono di settimane e finalmente si saprà quando e come arriveranno i rinforzi. In palio ci sono 2.386 posti di dirigente scolastico, anche se l’ultima parola spetta al ministero dell’Economia e i posti potrebbero essere di meno.

L’ultimo concorso è del 2011, sei anni fa: i nuovi dirigenti sono arrivati per lo più nel 2015, dopo lo scandalo delle buste trasparenti che non garantivano l’anonimato delle prove, ricorsi, diverse sentenze del Tar e del consiglio di Stato e non poche prove rifatte. Alcuni candidati ancora oggi non sanno se sono presidi o se dovranno ripetere il concorso.

Il punto però è che la macchina organizzativa che sta per partire — ci si aspettano decine di migliaia di candidati, ci sarà una preselezione su cento quesiti, poi cinque prove, due mesi di corso e quattro di tirocinio, più di un anno di procedura — rischia di non essere risolutiva affatto, anzi la previsione più probabile è che alla fine lasci l’emergenza esattamente come è adesso. Finora sono stati soprattutto i sindacati a protestare per il rischio di carenza cronica di dirigenti scolastici, ma ora a mettere il dito nella piaga è anche la Fondazione Agnelli che ha appena finito uno studio che proietta i dati di scuole, presidi e pensionamenti nei prossimi anni: il risultato è che quando i nuovi presidi entreranno in carica — «Non prima del 2019», prevede il direttore della Fondazione Andrea Gavosto — ci saranno già di nuovo altrettante reggenze da coprire.

«È come Achille e la tartaruga, ci troveremo sempre indietro rispetto ai bisogni delle scuole, che sono poi i bisogni dei ragazzi. Visto che non è possibile prevedere un concorso ogni anno, sarebbe necessario cercare di programmare. Secondo i dati che abbiamo elaborato, partendo dalle cifre fornite da ministero, entro il 2021-22 che è il periodo di validità del concorso, serviranno 3600-4000 presidi, considerato il turn over, visto che un terzo dei presidi ha più di 60 anni. Ma ce ne saranno la metà. La riforma ha speso tre miliardi per gi insegnanti, forse sarebbe utile investire qualche milione per organizzare meglio la selezione dei presidi, tenendo conto che il concorso, tra commissioni e test, comunque costa e dunque dovrebbe essere efficace».

Prof, in Veneto revocate le graduatorie d’istituto: «Errori» E i supplenti cambiano di nuovo

da Corriere della sera

Prof, in Veneto revocate le graduatorie d’istituto: «Errori» E i supplenti cambiano di nuovo

La beffa: le graduatorie appena pubblicate, da cui attingere per le supplenze, non sono valide perché ci sono stati, ammissione del Miur, «errori informatici». Le supplenze non sono valide e bisogna revocarle e richiamarle

Valentina Santarpia

Rischio caos in Veneto: le graduatorie di istituto, quelle appena compilate dopo le domande inviate a luglio, sono state revocate con una circolare del ministero dell’Istruzione. Motivo? «Errori dovuti a problemi informatici», si legge nella circolare urgente inviata dall’ufficio scolastico regionale del Veneto ai dirigenti scolastici, all’ufficio scolastico di Venezia, alle organizzazioni sindacali e all’ufficio relazioni per il pubblico. Si parla delle graduatorie definitive di istituto relative a tutte le fasce e gli ordini di scuola, per cui le nomine di supplenti fino all’avente diritto andranno effettuate «utilizzando le vecchie graduatorie» fino alla risoluzione di tali problematiche. L’effetto è facilmente immaginabile. I presidi che hanno già attivato supplenti, lunghi o brevi che siano, dovranno annullare le convocazioni perché hanno attinto i loro nomi da una graduatoria considerata definitiva e che invece non è valida. E quindi dovranno richiamare altre persone ripescando da un altro elenco, quello vecchio. Col rischio di ricorsi, proteste, revoche. E sicuramente non nell’interesse della continuità didattica che le famiglie si aspettano.

I guai informatici

Non è la prima volta che il sistemone informatico del Miur crea problemi. Quest’estate, proprio per raccogliere le domande- 700 mila in tutta Italia- per le nuove graduatorie di istituto, cioè quelle di terza fascia a cui possono aspirare anche i semplici laureati, il sito del ministero è andato in tilt per diverse ore. L’anno scorso fu l’algoritmo del Miur, che avrebbe dovuto smistare le domande di trasferimento e assegnazione dei docenti, a combinarne di tutti i colori: almeno cinquemila in tutta Italia le conciliazioni per rimettere al loro posto i docenti che protestavano per mancata corrispondenza tra richiesta, punteggi e assegnazioni. Ora questo caso in Veneto, con la speranza che non si siano verificati errori analoghi nel resto d’Italia.

Contratto, il Governo trova i 48 euro mancanti ma gli stipendi rimangono mini

da La Tecnica della Scuola

Contratto, il Governo trova i 48 euro mancanti ma gli stipendi rimangono mini

 

Il Governo trova i 48 euro lordi a lavoratore che mancavano per arrivare agli 85 euro medi, per il triennio 2016/18, su cui era stato trovato l’accordo a fine novembre 2016.

“Per coprire tutto l’incremento – avevamo scritto ad inizio settembre – mancano circa 1,5-1,6 miliardi, di più di quanto era stato stimato sino ad oggi (1,2-1,3 miliardi): dovranno, per forza, arrivare con la Legge di Bilancio di fine 2017”.

Ora, leggendo la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, si ha la certezza che la parte mancante è arrivata: con la legge di Bilancio sarà stanziato, secondo quanto ha appreso l’Ansa, 1 miliardo e 650 milioni.

Le risorse sono finalizzate al rinnovo contrattuale, dopo quasi nove anni di attesa, per diversi comparti pubblici: dalla P.A. centrale ai ministeri, fino alla scuola, dove operano il numero maggiore di lavoratori.

Nella manovra, si legge nella nota che aggiorna il Def, saranno “rifinanziate le cosiddette politiche vigenti, inclusive delle risorse per il rinnovo contrattuale del pubblico impiego”, al fine di completare “il quadro complessivo delle risorse che consentiranno di proseguire i negoziati e gli incontri avviati con le rappresentanze dei lavoratori, secondo gli indirizzi già espressi dal Governo”.

Gli analisti hanno rilevato che copertura leggermente più alta di quella prevista, potrebbe essere motivata dalla necessità di trovare le risorse per il salvataggio il bonus degli 80 euro riservato a tutti coloro che percepiscono non più di 26mila euro annue.

Quindi, meglio non illudersi: non si andrà oltre gli 85 euro medi prefissati. Vanificando, in questo modo, l’auspicio della ministra dell’Istruzione, che solo qualche giorno fa si lamentava perché “i docenti sono i meno pagati del pubblico impiego” prendendo anche l’impegno a risollevare economicamente la categoria.

Per quanto riguarda, invece, le assunzioni del prossimo anno scolastico, è probabile che nei prossimi mesi giunga una nuova tranche di risorse.
Sempre nell’aggiornamento al Def, “dopo aver segnato tassi di crescita negativi dal 2011, i redditi di lavoro dipendente della P.a cresceranno su base nominale di circa l’1,7 per cento nel 2017”, e questo per “effetto dei rinnovi contrattuali comprensivi della quota di arretrati” (il triennio da rinnovare parte dal 2016).
Successivamente, però, “nel 2018 la spesa per i redditi di lavoro dipendente tornerebbe a contrarsi dello 0,2 per cento, per poi riprendere a crescere nel 2019-2020, ma ad un ritmo contenuto”.
Ciò significa che l’incidenza sul Pil della spesa per gli stipendi degli statali “risulta pertanto in calo, dal 9,7 del 2017 all’8,9 per cento del Pil nel 2020, confermando le attese del Def”. Ma non quelle dei dipendenti pubblici, che dovranno accontentarsi di aumenti-mini.
Considerando che manca all’appello ancora l’Atto di indirizzo del ministero della Funzioni Pubblica, cui seguiranno le trattative di settore, è verosimile che gli aumenti, comprensivi di arretrati, arriveranno solo nel 2018 più che inoltrato.

Errori al sistema informatico: revocate graduatorie di istituto

da La Tecnica della Scuola

Errori al sistema informatico: revocate graduatorie di istituto

 

In Veneto si rischia il caos: le graduatorie d’istituto, fresche di aggiornamento lo scorso luglio, sono state revocate dal Ministero dell’Istruzione.

I motivi che hanno portato il Miur a cancellare tutto sono rintracciabili negli errori informatici, secondo quanto riporta la circolare dell’Ufficio Scolastico Regionale che ha inviato tempestivamente ai presidi delle scuole venete.

La beffa riguarderebbe, come si legge su Il Corriere della Sera.it, le graduatorie definitive di istituto relative a tutte le fasce e gli ordini di scuola, per cui le nomine di supplenti fino all’avente diritto andranno effettuate “utilizzando le vecchie graduatorie” fino alla risoluzione di tali problematiche.

Di conseguenza, i supplenti già convocati dai dirigenti scolastici, sia quelli brevi che quelli lunghi, avranno l’incarico revocato e saranno sostituti da colleghi presenti nelle vecchie graduatorie.
Risulta evidente, che anche questa faccenda, possa garantire un vero e proprio festival del ricorso.

I problemi informatici non sono certo una novità per le procedure riguardanti il Ministero dell’Istruzione: già le stesse graduatorie d’istituto dello scorso luglio avevano portato al crac dei sistemi informatici del Miur, che non hanno retto le oltre 700 mila domande di partecipazione.

E come non scordare l’algoritmo “impazzito” della mobilità 2016, i cui effetti disastrosi non riescono a contarsi nemmeno con il numero di ricorsi (persi dal Miur) che sono fioccati all’indomani degli esiti dei trasferimenti.

Concorso dirigenti scolastici, i posti messi a bando non basteranno

da La Tecnica della Scuola

Concorso dirigenti scolastici, i posti messi a bando non basteranno

 

Non è certo una novità, ma adesso che il concorso per dirigenti scolastici ha il suo regolamento in Gazzetta Ufficiale il problema torna di moda.

Stiamo parlando del numero troppo basso di posti messi a bando per il concorso a preside, che a parere di molti, non risolverà il problema reggenze, ovvero il sistema ormai “ben collaudato” di affidare ad un solo dirigente scolastico la gestione di più scuole, con le conseguenze che però sono sotto gli occhi di tutti: caos, cattiva amministrazione e stress infinito per i malcapitati dirigenti-reggenti.

La mancanza di presidi è diventata cronica negli ultimi quindici anni, si legge su Il Corriere della Sera.it: in Piemonte, Veneto, Liguria, Friuli e Emilia Romagna, un preside su due ha almeno una reggenza, infatti.

In palio ci sono 2.386 posti di dirigente scolastico, Mef permettendo, con l’ultimo concorso a preside del 2011, che ha visto i nuovi dirigenti entrare in presidenza per lo più nel 2015, dopo lo scandalo delle buste trasparenti che non garantivano l’anonimato delle prove, ricorsi, diverse sentenze del Tar e del consiglio di Stato e non poche prove rifatte.

Sul tema interviene anche la Fondazione Agnelli, che ha appena finito uno studio che proietta i dati di scuole, presidi e pensionamenti nei prossimi anni: il risultato, si legge su Il Corriere della Sera, è che quando i nuovi presidi entreranno in carica — non prima del 2019, prevede il direttore della Fondazione Andrea Gavostoci saranno già di nuovo altrettante reggenze da coprire”.

“È come Achille e la tartaruga, ci troveremo sempre indietro rispetto ai bisogni delle scuole, che sono poi i bisogni dei ragazzi. Visto che non è possibile prevedere un concorso ogni anno, sarebbe necessario cercare di programmare. Secondo i dati che abbiamo elaborato, partendo dalle cifre fornite da ministero, entro il 2021-22 che è il periodo di validità del concorso, serviranno 3600-4000 presidi, considerato il turn over, visto che un terzo dei presidi ha più di 60 anni. Ma ce ne saranno la metà”, continua Gavosto.

Il direttore della Fondazione Agnelli però si auspica un investimento da aprte del Governo in tema di presidi: “la riforma ha speso tre miliardi per gli insegnanti, forse sarebbe utile investire qualche milione per organizzare meglio la selezione dei presidi, tenendo conto che il concorso, tra commissioni e test, comunque costa e dunque dovrebbe essere efficace”

Fedeli all’Agi: mai tante risorse per l’edilizia scolastica

da La Tecnica della Scuola

Fedeli all’Agi: mai tante risorse per l’edilizia scolastica

 

La ministra Valeria Fedeli dice all’AGI dopo la sua inchiesta sull’edilizia scolastica:

“Sul fronte dell’edilizia scolastica negli ultimi anni c’è stata una vera svolta”, “Il governo Renzi e quello Gentiloni hanno dato un segnale importantissimo mettendo in campo e portando avanti un piano di investimenti serio e strutturale, attivando per la prima volta, dopo quasi venti anni di attesa, l’Anagrafe e l’Osservatorio sull’edilizia scolastica, agendo non solo sul piano della sicurezza, ma finanziando anche la creazione di ambienti di studio innovativi che favoriscano l’apprendimento”.

Spiega la ministra: “Abbiamo oltre 9 miliardi a disposizione per migliorare il patrimonio edilizio e rendere le scuole più belle e sicure. Non sono mai state stanziate tante risorse. Molte di queste sono già state spese, le altre sono tutte già impegnate e saranno utilizzate per migliorare e mettere in sicurezza gli edifici scolastici. Questo grazie ad una precisa programmazione. La sicurezza e l’accessibilità delle nostre scuole sono funzionali all’apprendimento delle nuove generazioni. La scuola è per le nostre ragazze e i nostri ragazzi una seconda casa. Questo non dobbiamo mai dimenticarlo. E l’azione messa in campo in questi anni dimostra che c’è una grande e rinnovata attenzione alle esigenze e ai diritti delle studentesse e degli studenti”.

“Oltre al cambiamento di rotta sui fondi siamo intervenuti anche sulla governance. E non è stato un aspetto secondario. Stanziare risorse non basta: bisogna governare il processo di spesa, renderlo efficiente, avere a disposizione dati aggiornati per individuare le priorità. Ed è quanto abbiamo fatto grazie ad una nuova governance integrata – ribadisce Fedeli – A partire dall’Osservatorio Nazionale per l’edilizia scolastica che si riunisce al Miur e che mette insieme tutti i soggetti interessati per consentire una rapida attuazione delle misure in campo. Si tratta di una cabina di regia che era stata pensata 20 anni fa e non era mai stata attivata. L’Osservatorio è stato aperto anche alle associazioni e a quanti sono impegnati in questo ambito per migliorare la situazione delle nostre scuole. Perchè il confronto è essenziale su questi temi. E lo porteremo avanti con convinzione”.

E aggiunge: “L’Osservatorio oltre ad essere stato istituito si riunisce con regolarità per un confronto continuo e incisivo. Tra i suoi compiti c’è anche il monitoraggio degli interventi, un elemento determinante per la pubblicazione dell’Anagrafe dell’Edilizia Scolastica, un database con tutte le informazioni principali e fondamentali degli istituti scolastici, dall’agibilità al collaudo statico, dalla presenza di barriere architettoniche a questioni relative all’efficientamento energetico. Anche l’Anagrafe è stata resa pubblica in questi anni, nell’agosto del 2015, e anche in questo caso dopo quasi 20 anni di attesa. La stiamo migliorando e vogliamo che sia sempre più chiara e accessibile. Stiamo andando verso una ‘carta di identità elettronicà per ogni edificio. Vogliamo arrivarci per la fine di questo anno”.

“Anche avere un Fondo unico per l’edilizia scolastica ci aiuta a lavorare più velocemente e a scorrere le priorità senza dover ricominciare daccapo ogni volta che si apre una fonte nuova di finanziamento”.

“Potremmo dire di aver fatto abbastanza, ma sappiamo che la scuola ha ancora bisogno di molte attenzioni. E che queste vanno messe in campo rapidamente. Anche per questo a luglio abbiamo annunciato un’accelerazione nell’attuazione e abbiamo mobilitato altri 2,6 miliardi con importanti risorse per l’antisismica e ripartendo, fra l’altro, 150 milioni per la costruzione di nuovi poli per l’infanzia. Un’attenzione particolare viene naturalmente riservata ai territori colpiti dal sisma del Centro Italia e due settimane fa abbiamo stanziato 6 milioni per strutture provvisorie a Ischia in attesa di intervenire sulle scuole danneggiate. Il governo ha ben presenti i propri obiettivi e le proprie responsabilità – conclude la minsitra – le risorse e gli strumenti ci sono. Oggi come mai prima d’ora. E consentono agli enti locali di agire rapidamente e ad ampio raggio. Lavorando tutti insieme, ognuno per la propria parte, possiamo davvero garantire a ragazze e ragazzi edifici sicuri, belli e innovativi”.

Sostegno, le famiglie non potranno confermare i supplenti: rinviata la norma

da La Tecnica della Scuola

Sostegno, le famiglie non potranno confermare i supplenti: rinviata la norma

 

Anche stavolta la burocrazia batte tutti: la possibilità per le famiglie di confermare i docenti di sostegno, prevista dal decreto alla legge 107, quest’anno è saltata.

Infatti, il parere del CSPI, che ha ricevuto il testo solamente ad agosto, ha chiesto un riesame del decreto, come abbiamo scritto in precedenza, in quanto il testo del decreto della riforma sul sostegno ha sollevato solleva parecchi dubbi ai membri del Consiglio superiore della pubblica istruzione.

Il dubbio più consistente per il CSPI è il seguente: serve, si legge anche su Il Fatto Quotidiano, una conciliazione tra le esigenze del ministero che vorrebbe garantire la continuità didattica ai supplenti richiesti dalle famiglie e i diritti individuali dei lavoratori. Ovvero: un docente titolare che avrebbe diritto a quel posto per lo scorrimento delle graduatorie potrebbe fare ricorsi di fronte a questa norma.

Ad ogni modo, il CSPI si riunirà il prossimo mese per riprendere il discorso e valutare se e soprattutto come apportare modifiche ad un testo che, se da un lato prova a venire incontro alle esigenze delle famiglie di studenti disabili, dall’altra andrebbe a penalizzare dei docenti che hanno studiato e magari maturato esperienza, titolati per il ruolo.

Ma i tempi si allungheranno comunque, dato che, una volta concluso il parere del CSPI, il testo arriverà al Consiglio di Stato.

Già all’epoca dell’approvazione del decreto, i sindacati avevano storto il naso, come l’Anief, che ritornando sull’argomento fa notare quanto sia sbagliata la scelta, si legge ancora su Il Fatto Quotidiano, che “la conferma di un lavoratore pubblico dovesse passare per il gradimento di un’utenza priva – secondo loro – delle conoscenze e competenze per valutare le tante variabili che entrano in gioco nella didattica speciale”.

Certamente, anche questo rinvio di una norma che potrebbe dare sicuramente continuità didattica, dall’altro potrebbe contribuire al mantenimento dei posti sul sostegno a supplenti spesso neanche specializzazione. Praticamente quello che accade anche quest’anno, con tantissimi supplenti chiamati a gestire e istruire alunni disabili pur non avendo il titolo di specializzazione, mentre gli specializzati restano in panchina.

La denuncia di Sabatini: la scuola ha smesso di insegnare la lingua italiana

da La Tecnica della Scuola

La denuncia di Sabatini: la scuola ha smesso di insegnare la lingua italiana

 

Francesco Sabatini, linguista, filologo e lessicografo, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, che ha presieduto dal 2000 al 2008, e professore emerito all’Università degli Studi Roma Tre, in un lungo articolo per il Corriere della Sera, sottolinea i mali del sistema dell’istruzione che ignora il ruolo della nostra lingua nello sviluppo cognitivo:

“I mali del nostro sistema di istruzione vengono spesso denunciati pubblicamente non dalla scuola, ma dall’Università e, a livelli più avanzati, dagli ordini professionali. Non si contano le lamentele dei professori di Giurisprudenza sull’incapacità degli studenti di quella Facoltà (la chiamo ancora così, anche se questa struttura è stata cancellata) di redigere la tesi o anche solo una tesina in un italiano accettabile. Alcuni docenti hanno deciso di eliminarle, perché sarebbero tutte da riscrivere. Fanno seguito le lamentele dei presidenti degli ordini forensi, nazionali e regionali, che denunciano l’impreparazione linguistica di molti giovani avvocati. Sui concorsi che riguardano questa categoria e anche quella degli aspiranti magistrati cali un velo pietoso (basta leggere le cronache dei giornali a ogni tornata di tali concorsi). Non si contano neppure le lagnanze per l’oscurità delle circolari ministeriali, dei testi normativi (perfino lo schema preliminare del decreto per l’esame di italiano nella maturità!), degli avvisi pubblici, criptici (che cos’è il «luogo dinamico di sicurezza» negli aeroporti, se non un «percorso di fuga» in caso di pericolo?) o pletorici (le Ferrovie dello Stato stanno consultando l’Accademia della Crusca per migliorarli)”.

“Ogni tanto lo si proclama, nella nostra scuola, come la disciplina centrale e trasversale per tutti gli studi, ma di fatto non viene coltivato come tale, anche qui per molti motivi, ma tutti riconducibili a una causa profonda: manca ampiamente nel nostro mondo scolastico una cognizione scientifica del ruolo che ha la lingua prima nello sviluppo cognitivo generale dell’individuo. Tutto il curricolo di questo insegnamento (per l’uso parlato e ancor più per l’uso scritto) è inficiato da errori di impostazione che le scienze del linguaggio hanno messo da tempo in evidenza, ma che non vengono conosciuti e riconosciuti nelle sedi responsabili: la formazione universitaria dei futuri docenti; la tradizione dei nostri curricoli scolastici ispirati alle «Indicazioni» ministeriali, ogni tanto ritoccate, ma mai veramente ripensate; di conseguenza anche l’impostazione di molti dei libri di testo, che non osano scalfire l’esistente”.

“Nella scuola Primaria «modernizzata» viene insegnata in maniera sempre più approssimativa, per la mancata considerazione del complicato processo cerebrale che consente il suo apprendimento, attraverso l’attivazione, a fini linguistici, di un nuovo canale sensoriale, la vista, in aggiunta all’udito, con l’apporto fondamentale delle operazioni della mano. Una sottovalutazione che si accompagna da un lato alla convinzione che ormai serve solo la scrittura elettronica (si dimostra di ignorare che lo scrivere a mano coinvolge tutto il nostro corpo), dall’altro a un incontrollato desiderio di molti insegnanti di «andare avanti», per insegnare quanto prima la «grammatica», che ritengono necessaria fin dall’inizio (ma così non è) o per elevare il proprio ruolo e far bella figura con i docenti della Media e con i genitori. Intanto il bambinetto e la bambinetta leggono male e scrivono peggio, beccandosi a volte, a torto, le qualifiche di dislessici e disgrafici, che distorcono tutto il loro percorso scolastico successivo”.

“Il clima generale è in fondo creato dalle attese frettolose delle famiglie: soprattutto di quelle che chiedono di far studiare quello che, secondo loro, serve direttamente a trovar lavoro, meglio se all’estero; tanto, si sente dire da non pochi, «l’italiano prima o poi diventerà un dialetto europeo che non servirà a nessuno». E in questo modo si toglie al cervello dei nostri studenti, dai 6 ai 19 anni, in un contesto già pieno di altre suggestioni, la possibilità di sviluppare al meglio in sé la facoltà linguistico-cognitiva di base, propria ed esclusiva della nostra specie, facoltà ulteriormente evoluta con l’invenzione, estremamente significativa e impegnativa, della scrittura”.

Parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione su esame di terza media e sistema di valutazione (PDF)

da La Tecnica della Scuola

Parere del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione su esame di terza media e sistema di valutazione (PDF)

 

Il 20 settembre scorso il CSPI (il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione) si è riunito per redigere il proprio parere su Regolamento di contabilità, esami di stato del primo ciclo, certificazione delle competenze e Sistema Nazionale di Valutazione.

Ecco il report della riunione in base alle indicazioni fornite dalla FLC-CGIL.

Parere sul Regolamento relativo alla gestione amministrativo-contabile delle scuole (DI 44/2001)

Il CSPI ha evidenziato che il testo di riforma del Regolamento di contabilità (D.I. 44/2001) appare inadeguato a realizzare gli obiettivi prefissati dal co.143 dell’art.1 della L. 107/2015, dato che non fornisce indicazioni esaurienti per garantire l’autonomia finanziaria delle scuole e risolvere una serie di problemi ancora oggi particolarmente delicati, come l’erogazione di fondi a rendicontazione conclusa. Rimane disatteso l’obiettivo di semplificarel’aspetto amministrativo-contabile che più grava oggi sulla gestione delle scuole. E’ presente un riferimento al bilancio di cassa che può essere solo fonte di confusione e si tagliano i tempi degli adempimenti di approvazione, scegliendo la via “commissariale” come illusorio strumento di operatività (in presenza peraltro di risorse umane amministrative falcidiate e non sostituibili in caso di assenza). Di particolare rilievo la richiesta di una puntuale regolamentazione, anch’essa disattesa nella revisione del D.I. 44/2001, del ruolo dei revisori dei conti sempre più invadenti nei confronti dell’autonomia contabile delle scuole, fino ad assumere posizioni e ad esprimere censure non di loro competenza con riguardo soprattutto all’autonomia degli Organi collegiali nell’allocazione delle risorse e nell’elaborazione del PTOF (su cui i revisori nulla dovrebbero eccepire), e con riguardo alle scelte negoziali delle parti in materia di contrattazione d’istituto. (Scarica il parere)

Parere su schema di direttiva sullo sviluppo del sistema di valutazione (SNV)

Il CSPI, nel rilevare preliminarmente la sovrapposizione di questa direttiva sul SNV con quella 11/2014 e dunque suggerendo di operare una sostanziale modifica dei riferimenti temporali, riporta una serie di rilievi puntuali allo schema proposto. Soprattutto, nelle conclusioni, richiama il MIUR perché avvii una profonda riflessione sulle problematiche relative alle valutazione e sugli effetti del D.Lgs. 62/2017 (vedi il nostro commento) al fine di dare organicità e coerenza alla normativa sulla valutazione nella sua interezza, di sistema e degli apprendimenti. (Scarica il parere)

 Parere sugli esami di stato del primo ciclo

Pur ritenendo positiva l’esclusione della prova Invalsi come prova d’esame, il CSPI rileva la problematicità che assume la prova Invalsi come requisito d’accesso ed auspica soluzioni organizzative che non impediscano la partecipazione all’esame di stato a quegli alunni che dovessero risultare assenti alla prova. Altrettanto problematica risulta nel parere la scelta di conferire la presidenza degli esami al Dirigente Scolastico dello stesso Istituto di cui è titolare, dal momento che viene meno il principio di terzietà, che dovrebbe caratterizzare un esame di stato. (Scarica il parere)

Parere sulla certificazione delle competenze

Il CSPI, richiamando la funzione formativa della certificazione delle competenze, intesa come un’operazione progettuale e non come un mero atto giuridico-formale, sottolinea la problematicità legata alla restituzione nella certificazione, e dunque alle famiglie degli alunni, degli esiti individuali delle prove INVALSI.

Anche per questo decreto, il CSPI invita il MIUR a ulteriori approfondimenti per studiare misure di accompagnamento che tengano conto dell’impatto che a livello di singola istituzione scolastica e a livello di sistema il cambiamento potrebbe generare, anche in considerazione degli effetti che potrebbero avere sulle famiglie discordanze tra la valutazione delle scuole e i risultati della rilevazione. (Scarica il parere)

Per quest’ultimo decreto il CSPI ha espresso un “parere interlocutorio”, in attesa di ulteriori approfondimenti ritenuti necessari per tutelare il diritto dell’alunno e quello del docente specializzato.

Il CSPI ha presentato obiezioni di merito sulle proposte di modifica che permetterebbero al Dirigente Scolastico, al termine delle operazioni di mobilità e di immissione in ruolo, di confermare sui posti di sostegno rimasti liberi il docente dell’anno precedente in posizione utile nelle graduatorie provinciali, anche se non specializzato, senza il ricorso alle procedure oggettive e trasparenti attualmente previste nel Regolamento delle supplenze (DM 131/2007) e con il solo avallo delle famiglie.

Nel parere si sottolinea come la continuità didattica sia un valore della scuola, da non ricondurre alla mera conferma del docente di sostegno e soprattutto da non realizzare attraverso la reiterazione di forme di precariato, quanto piuttosto attraverso un piano serio e mirato di stabilizzazioni.

Per questi motivi il CSPI ha sottolineato che lo schema di decreto, senza i dovuti e necessari interventi pure indicati nel parere, lungi dal risolvere il problema della copertura dei posti di sostegno con personale stabile e specializzato, causerà nelle scuole  e tra i lavoratori un pesante contenzioso, precludendo allo studente con disabilità quell’assistenza specializzata prevista invece da norme superiori (la L. 104/92) recepite nel regolamento delle supplenze e nelle note annuali emanate dallo stesso MIUR. (Scarica il parere)

Contratti statali, nel DEF ci sarebbero 2 miliardi di euro

da La Tecnica della Scuola

Contratti statali, nel DEF ci sarebbero 2 miliardi di euro

 

Nel documento di economia e finanza volto a tracciare i limiti e le misure della legge di bilancio, trovati 2 miliardi di euro per i contratti degli statali.

A dirlo sarebbe stato il Ministro Padoan che ha spiegato in grande linee la manovra. In buona sostanza non ci sarà aumento dell’Iva, mentre ci saranno le risorse per mantenere gli impegni per la Pubblica Amministrazione.

Di quali impegni parla il Ministro Padoan? Molto probabilmente si riferisce all’accordo del 30 novembre 2016 tra la ministra Madia e i sindacati per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, compreso quello del comparto scuola, università e ricerca.

In tale intesa il Governo si impegnava, confermando la vigenza contrattuale 2016/2018, a riconoscere le attuali risorse previste nella legge di bilancio 2017, aggiuntive a quelle del 2016, utilizzandone la quota prevalente per il rinnovo dei contratti. Inoltre lo stesso Governo garantiva lo stanziamento di altre risorse finanziare che avrebbero consentito incrementi contrattuali in linea a quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori agli 85 euro mensili medi.

Quindi a breve si saprà quante sono realmente le risorse economiche per il rinnovo dei contratti, in quanto la legge di Bilancio va approvata entro il 20 ottobre.

È utile ricordare che in quell’intesa del 30 novembre 2016 non c’era soltanto un accordo di carattere economico, che fissava il punto di partenza di 85 euro mensili medi per il triennio 2016/2018, ma si era anche scritto che il Governo sarebbe intervenuto legislativamente a promuovere il riequilibrio, a favore della contrattazione, del rapporto tra le fonti che disciplinano il rapporto di lavoro per i dipendenti di tutti i settori, aree e comparti di contrattazione, per una ripartizione efficace ed equa delle materie di competenza e degli ambiti di azione della legge e del contratto.

Per tali motivi i sindacati, sulla base dell’accordo raggiunto il 30 novembre 2016, attendono di leggere l’atto di indirizzo dell’ARAN sul rinnovo del contratto della scuola e parallelamente la legge di bilancio di prossima presentazione in Parlamento, per comprendere come avviare il tavolo di negoziazione per rinnovare un contratto scaduto nel 2009.

Com’è il nuovo esame della scuola secondaria di prima grado?

da La Tecnica della Scuola

Com’è il nuovo esame della scuola secondaria di prima grado?

Sta per fare il suo esordio il decreto che, in 18 articoli, modifica gli esami della ex terza media in attuazione della legge 107.
Intanto per essere ammessi agli esami, bisogna aver partecipato alle prove Invalsi e frequentato almeno tre quarti del monte ore annuale, dando così più valore al percorso scolastico.
Tre invece gli scritti: italiano, matematica, lingue straniere (prima lingua inglese e seconda lingua), più il colloquio orale.
Per la predisposizione delle prove scritte in pratica non cambia nulla rispetto a prima:  la commissione prepara le tre tracce, scegliendo tra un testo narrativo, argomentativo, relazione su un argomento di studio, analisi o sintesi di un testo letterario, divulgativo, scientifico. L’argomento scelto potrà essere strutturato in più parti.

Stesso schema per le competenze logico-matematiche: tre tracce, di cui se ne sceglie una,  su problemi articolati, quesiti a risposta multipla, o quesiti a risposta aperta.
La prova scritta di lingue straniere dovrà invece accertare il Livello A2 per l’inglese, e il Livello A1 per la seconda lingua straniera comunitaria. Ci saranno dunque due sezioni distinte.
Sono previsti qestionari, completamenti di un testo, elaborazione di un dialogo, lettere o mail, o sintesi di un testo scritto.
L’orale, come è sempre avvenuto, è  condotto collegialmente da parte della commissione.
L’esame si supera con una votazione finale non inferiore a sei decimi.
La lode si potrà assegnare con decisione unanime della commissione.