Libro di testo addio?

Libro di testo addio?

di Maurizio Tiriticco

Non siamo in pochi a dire che OGGI, con tanto di maiuscole, il libro di testo rischia di essere un limite più che un’opportunità per un proficuo processo di apprendimento,! E sembra che la recente circolare sulle adozioni vada in questa direzione. Ma, andiamo con ordine. Perché è nato il libro di testo? Le ragioni sono molteplici e ovvie: a) una società povera qual era quella della seconda metà dell’Ottocento non aveva facile accesso a testi “colti” o di divulgazione culturale; b) una scuola nazionale nata da poco – siamo all’avvio dello Stato unitario, 1861 – comincia a operare sulla base di programmi altrettanto nazionali, che sono elaborati ed emanati dall’amministrazione centrale, il neo nato Ministero della Pubblica Istruzione; né poteva essere altrimenti; c) un’organizzazione scolastica costruita sulla base di classi di età, di ordini e gradi, di materie distribuite in fasce orarie non poteva non fruire di supporti che tali materie veicolassero in ordine, appunto, alle diverse situazioni; d) i curatori dei primi programmi di studio e dei primi libri di testo si trovarono di fronte a scelte non facili: come presentare lo studio delle diverse materie ad alunni di diverse fasce di età, a volte di “cultura” e di “lingua” diversa, e attivi in diverse tipologie di scuole. E quali contenuti irrinunciabili selezionare?

Di conseguenza, i primi autori di libri che fossero adatti solo per le scuole, le quali anno dopo anno cominciavano a istituirsi sull’intero territorio nazionale, non ebbero compito facile né compito facile ebbero i curatori dei programmi ministeriali. Da quegli anni ebbe inizio l’avventura dei libri di testo; e gli insegnanti ne avevano assoluto bisogno: in effetti non era solo necessario padroneggiare la disciplina di insegnamento, ma occorreva anche sapere che cosa scegliere per quella classe, quali contenuti insegnare e fare apprendere. Va sempre ricordato che un conto è una disciplina, altro conto la materia corrispondente. La disciplina non è un oggetto, non è un contenuto, è un ambito di ricerca, e, come tale, non ha confini né di tempo né di spazio: si autoalimenta – possiamo dire – degli apporti continui che la arricchiscono. E non solo: è in continuo movimento; ora si lasciano alcuni contenuti, ora si aprono nuovi campi del sapere. Le sette arti del trivio e del quadrivio furono seriamente messe in discussione dallo sperimentalismo galileiano. La geografia di Tolomeo non è quella di oggi. E ciò vale per ciascuna disciplina. Per non dire poi della continua nascita di nuovi campi di ricerca e di nuove discipline e di tutte le intersezioni pluri-, inter- e transdisciplinari. Ad esempio, sono discipline “recenti” la sociologia e la psicologia. Una disciplina non è un oggetto fisico, ma una serie di operazioni mentali in continua trasformazione. E’ ovvio che l’alunno che studia oggi deve toccare con mano il libro di storia o di scienze o di grammatica. Per lui sono oggetti da appendere, ma in effetti sono solo strumenti che sollecitano in lui, se ben usati dall’insegnante, processi di apprendimento continuo, critico e significativo, per dirla con Ausubel. Il libro di testo ha avuto, quindi, una sua dignità. E anche quando nel 1962 innalzammo l’obbligo di istruzione, constatammo che i libri di testo scolastici costituivano i primi libri che entravano nelle case di molte famiglie italiane.

Nulla quindi contro il libro di testo per la funzione positiva che ha avuto, ma tutto contro il libro di testo per la funzione riduttiva che oggi rischia di assumere. In effetti, sono gli stessi autori dei libri di testo che ne hanno cominciato a sanzionare la condanna, se si può dir così. Negli ultimi anni si è innestata una gara “all’ultimo sangue” tra editori e autori, volta a chi produce il libro di testo più ricco, più illustrato, più corredato di letture, di schede di arricchimento e di approfondimento e addirittura di esercitazioni, perché ci sono pure i test e le prove semistrutturate e le prove tipo Invalsi!!! Libri sempre più ricchi, più pesanti, anche su carta patinata, più belli anche, pieni di colori! Pagine su pagine! Libri che costano un occhio e sfiancano le spalle dell’alunno! E mettono in difficoltà l’insegnante; il quale è costretto a chiedersi: tra tanta ricchezza quali sono i contenuti che contano? Quali le abilità che occorre sollecitare? Quali le concrete competenze che l’alunno deve acquisire? Mah! Editori e autori si preoccupano di queste “essenzialità” che un processo di apprendimento deve innescare? A me sembra di no! E purtroppo ciò che per me è semplicemente “sembrare”, per chi insegna e chi apprende è una faticosa “realtà”! Costi altissimi, pagine numerosissime, difficoltà di selezionare l’essenziale! Ricordo il buon Ciampolini con la sua proposta della “didattica breve”! Erano gli anni Settanta, ma aveva visto giusto! Una ricerca e un’esperienza che certi editori e certi autori si son ben guardati dall’accogliere, anzi!

Ora siamo giunti al redde rationem! Ormai abbiamo un altro libro di testo, gigantesco, e sul nostro cellulare! Tutto lo scibile umano tra qualche mese sarà anche al nostro polso: i cellulari di nuova generazione! La mia memoria, l’archivio organizzato nei miei neuroni, oggi dispone di un prolungamento tecnologico che è soltanto mio! Ripeto, mio! Non devo più andare in biblioteca o ricorrere a un libro, di testo o meno, per fruire di un’informazione! Ce l’ho a portata di mano, anzi di dito! Sono questi i nuovi media che dobbiamo utilizzare, e che i nostri insegnanti devono insegnare a utilizzare e utilizzare essi stessi! Quale miglior libro di testo di quello che non viene adottato, comprato, portato da casa a scuola e viceversa, ma quello che viene prodotto dagli alunni stessi sotto la guida intelligente e creativa dell’insegnante? Anzi degli insegnanti in team?

E sarà una svolta storica! Dal libro di testo al “libro di classe”! Certamente non sarà cosa facile! Pensiamo ad esempio alla storia: la successione degli avvenimenti, in verticale (le successioni temporali) e in orizzontale (le corrispondenze degli avvenimenti in luoghi diversi) realizzata con una rappresentazione grafica sarà estremamente necessaria per locotemporalizzare vicende, su alcune delle quali condurre poi ricerche mirate. O alla filosofia, che potrebbe essere affrontata per problemi (gnoseologia, etica, estetica, politica, ecc.) più che con la successione storico-temporale a cui un certo storicismo di maniera ci ha abituato. E l’assenza del libro di testo renderà anche necessaria quella data progettazione educativa e didattica, per quegli alunni e non altri, che finora ha sempre rischiato di adagiarsi sulla successione dei capitoli del libro di testo.

Un conto è leggere, altro conto è ricercare e scoprire! Non sarà un’operazione indolore! E’ certo che all’inizio il lavoro del team degli insegnanti aumenterà. Anzi, l’assenza del libro di testo solleciterà il lavoro cooperativo nonché la stessa didattica laboratoriale, finanche la peer education: ad esempio, storia, letteratura, arte, filosofia non potranno apprendersi unitariamente in un percorso secondario pluriennale e a livello pluridisciplinare? La svolta non richiederà tempi brevi, anche perché l’uso intelligente e produttivo del web e delle Tic non è cosa facile! Occorre superare, non abbandonare ovviamente, il livello dello svago e del pettegolezzo e passare anche all’uso intelligente e costruttivo dell’offerta che ci viene data. E finalmente la finiremo con l’insegnante che trasmette cultura! L’insegnante non deve trasmettere nulla, ma innescare processi perché altri acquisiscano conoscenze, abilità e competenze sempre nuove.