Invalsi, il buco nero dei professionali Il Sud migliora alle elementari

da Corriere.it

Invalsi, il buco nero dei professionali Il Sud migliora alle elementari

In matematica, i tecnici del Nordest uguali ai licei. Confermato il «cheating» nelle regioni meridionali: risultati falsati da professori che suggeriscono le risposte ai ragazzi

di Valentina Santarpia

Si allenta il divario Nord-Sud, almeno alle scuole elementari, e migliorano le performance degli studenti degli istituti tecnici del Nordest nelle prove di matematica: i risultati si allineano, e a volte superano, quelli dei coetanei che studiano nei licei, tradizionalmente più preparati. Sono i primi risultati delle rilevazioni Invalsi, i famigerati test che misurano il grado di apprendimento degli studenti di scuole elementari, medie e superiori in tutta italia. Quest’anno sono state coinvolte circa 13.200 scuole, oltre 122 mila classi e quasi due milioni e 300mila studenti, tra bambini e ragazzi di II elementare, V elementare, III media e II superiore.

Nordest in testa, sorpresa Marche

In cima alla classifica delle regioni virtuose ci sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trento, e, a sorpresa, le Marche, che avanzano a passi grandi sulla strada dell’apprendimento delle competenze. Maglia nera alle regioni del Sud, Sicilia in testa, seguita da Campania e Calabria: in particolare, se gli studenti calabresi delle scuole elementari non peggiorano rispetto allo scorso anno, quelli di scuola media e superiore precipitano verso il basso, con «risultati tra i più bassi in assoluto e significativamente al di sotto della media italiana». Malissimo anche gli istituti professionali, che restano il vero buco nero della scuola, con livelli di preparazione bassissimi e altissime percentuali di dispersione.

Fenomeno «cheating» ovvero l’aiutino dei prof

Confermato anche il fenomeno del «cheating» al Sud: ovvero, risultati falsati, molto probabilmente da professori che suggeriscono le risposte ai ragazzi. Si tratta comunque di dati generali, va detto, che andranno poi approfonditi: il rapporto Invalsi presentato oggi è tradizionalmente una fotografia generalizzata, che si arricchirà a settembre con i risultati scuola per scuola, per permettere poi a tutti i dirigenti scolastici di valutare la propria scuola, anche all’interno del contesto socio- culturale in cui l’istituto è calato. Un 10% delle scuole con le rilevazioni più basse verrà preso in considerazione per eventuali progetti di investimento di risorse.

Più risorse a chi va peggio

«Il sistema di valutazione serve per migliorare il progetto educativo, per mettere in atto tutti quei meccanismi che servano a renderlo più efficace», sottolinea il sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi che ha presentato il rapporto. «La valutazione è fondamentale per capire in quali zone concentrare le risorse del ministero – ha ricordato Reggi- è uno strumento importante di cui non dobbiamo avere paura, ma invece apprezzare tutta l’importanza per migliorare la scuola italiana». Ciò che conta, sottolinea Reggi, «non è tanto il valore assoluto, ma la fotografia di oggi confrontata con quelle degli anni precedenti, cioè il trend di crescita o decrescita del nostro sistema».

L’Invalsi come sistema di autovalutazione delle scuola

«L’Invalsi produce dati su come stanno funzionando le scuole – sottolinea anche il presidente Invalsi, Annamaria Ajello – e fornisce evidenze per migliorare ed evolvere, per formulare giudizi, per aiutare il Miur ad attuare progetti per sostenere le scuole in maggiore difficoltà. Ma anche dati che aiutano le singole scuole a riflettere e ragionare sui propri esiti. L’Invalsi è consapevole che i dati non raccontano tutto ciò che avviene a scuola nel campo dell’apprendimento, ma gli esiti delle prove rappresentano un elemento per avviare il processo di autovalutazione che le scuole effettuano».

Dala parte dei prof, non contro

Due i nodi problematici, secondo la presidente: il «cheating», per cui si bara nei test, è una questione che secondo Ajello va ricondotta ad origini ben precise, sia quando si tratta di ragazzi che copiano sia quando si tratta di professori che suggeriscono: «Non si sa quale sarà le destinazione di questi dati, e quindi si pensa che questi dati siano usati contro gli insegnanti». Un’altra questione riguarda il fatto che le prove Invalsi si fondano su insegnamenti per competenze, non per nozioni, che invece è il metodo tradizionale di apprendimento della nostra scuola, quello che i nostri insegnanti hanno assimilato. Questa discrasia renderebbe conflittuale il rapporto tra insegnanti non più giovani e prove formulate in maniera «moderna».