Ianes: la “carriera” dell’insegnante di sostegno piace ai genitori, non ai docenti

da Redattore sociale

Ianes: la “carriera” dell’insegnante di sostegno piace ai genitori, non ai docenti

Domani e sabato X Convegno Erickson “La qualità dell’integrazione scolastica e sociale”: esauriti i 4.750 posti. I risultati del sondaggio on line sul futuro del sostegno. Il presidente Ianes: il 70% di insegnanti contrari a ruolo e formazione separati. Ma i genitori sono favorevoli

ROMA – E’ “tutto esaurito” già da due settimane il convegno Erickson su “La qualità dell’integrazione scolastica e sociale”, in programma per domani e sabato a Rimini. Prenotati i 4.750 posti del Palacongressi che lo ospiterà. “In parte perché è la decima edizione e ha un valore simbolico – ci spiega stamattina Dario Ianes, presidente delle edizioni Erickson – ma in parte anche perché c’è una rinnovata fiducia da parte degli insegnanti, passata la fase di contestazione forte della Buona Scuola: fiducia alimentata forse dalle assunzioni dei precari, dal bonus o dalla percezione generale che qualcosa si stia movendo”.

Il “nuovo” insegnante di sostegno, genitori favorevoli Tanti i temi sul tavolo, “tutti quelli a noi più cari dall’inizio della nostra storia – riferisce Ianes – ma uno in particolare mi interessa: l’evoluzione dell’insegnante di sostegno”. A questo proposito, ricorda, “nella Buona scuola è prevista la delega al governo: a quanto pare, si sta cercando di utilizzare il disegno di legge di Fish e Fand, di cui riconosco molti aspetti positivi, ma contesto, insieme a quasi tutti i docenti di Pedagogia speciale, l’idea di creare un percorso universitario e un ruolo separato”. E’ questa infatti una delle più importanti e più discusse proposte di Fish e Fand, “che pare stia entrando nella delega che Faraone vuole portare come decreto”, riferisce Ianes.

70% di insegnanti contrari a “carriere separate”. A questo tema sarà dedicata la tavola rotonda di sabato pomeriggio, in occasione della quale Ianes illustrerà anche i risultati di un sondaggio che ha lanciato on line nei giorni scorsi: “ho posto due domande – ci riferisce – la prima sul percorso universitario distinto per l’insegnante di sostegno e la seconda sul ruolo separato. Hanno risposto 2.020 persone – ci dice – e sono emerse posizioni differenti: in generale, il 70% circa è contrario all’una e all’altra ipotesi”. Interessante però che “se disaggreghiamo i dati di insegnanti e genitori, questi ultimi rovesciano del tutto il risultato, dichiarandosi per lo più a favore tanto della separazione del ruolo quando della differenziazione del percorso formativo. C’è insomma una vera e propria frattura tra chi opera professionalmente nel mondo della scuola e chi invece ne usufruisce come utente. Una frattura che va ricomposta”.

Serve competenza, ma per tutti. Perché i genitori siano tanto favorevoli a questa idea della separazione, Inaes lo spiega così: “per i familiari, come pure per i promotori del disegno di legge, avere un insegnante specifico che compia la scelta del sostegno fin dall’inizio della sua carriere è garanzia di motivazione, qualità, continuità e quindi integrazione. Per noi, invece, si verificherebbe una spaccatura strutturale tra insegnante ‘normale’e e ‘speciale’, accentuando quei meccanismi di microespulsione e di ‘dentro-fuori’ che già troppo spesso si verificano nelle nostre scuole. Se il disegno di legge dovesse essere accolto – spiega ancora Ianes – ai nostri studenti di scienze della formazione primaria e secondaria dovremmo dire di scegliere, dopo i primi tre anni comuni, tra il biennio di specializzazione per insegnanti curriculari e quello destinato invece al sostegno. Noi crediamo invece che, anche in linea con gli altri paesi europei, il superamento dell’istruzione ‘speciale’ debba portare anche il superamento di questa separazione tra docenti: prima si diventa insegnanti a tutti gli effetti, poi ci si specializza”.

Come prima, più di prima. Certo, di casi infelici nelle ultime settimane se ne sono verificati tanti: scuole che non hanno saputo accogliere ragazzi con problemi di salute o relazionali e hanno scelto di “esclude”, anziché includere. Di qui, probabilmente, la forte esigenza, da parte delle famiglie, di una maggiore qualità del sostegno. “Comprendo e condivido – commenta Ianes – e sono convinto che un altro modo di fare sostegno sia possibile e necessario. Penso però che il problema, in particolare quello che riguarda più spesso gli studenti con autismo, si risolva aumentando il livello di competenza per tutti gli insegnanti, non solo per qualcuno. Chi manda il ragazzo disabile fuori dalla classe è infatti l’insegnante curriculare, che con lui non sa come comportarsi. Dobbiamo fare come prima, ma più di prima”. (cl)