Media e disabilita’

Redattore Sociale del 28-12-2016

Media e disabilita’. Fanti (Invisibili): in 20 anni cambiati linguaggio e percezione

Dossier “Niente stereotipi, per favore”/4. Dieci puntate, dieci professionisti della comunicazione che raccontano come giornali e tv rappresentano la disabilità. L’analisi del giornalista Simone Fanti. Dalla Convenzione Onu alle Paralimpiadi, così è cambiata la percezione. E i media hanno reagito.

ROMA. “Il linguaggio e l’attenzione riservato alle persone con disabilità sono molto cambiati sono negli ultimi 20 anni. Merito di cambiamenti nel modo di percepire la disabilità”. Ne è convinto il giornalista Simone Fanti, firma delle principali testate italiane: da Panorama al Mondo economico (in cui è stato caposervizio per sei anni), dal Corriere della sera alla Gazzetta.it (come collaboratore e redattore). Attualmente lavora per il settimanale Io donna, allegato del Corriere della sera, e per il sito iodonna.it, di cui cura anche la presenza sui social. Dal 2012 scrive per il blog InVisibili presente sul sito Corriere.it, su cui si occupa di temi legati al mondo della disabilità. Dal 2001, a causa di un incidente, è in carrozzina. La sua è una delle voci raccolte nel dossier “Niente stereotipi, per favore”, a il numero di dicembre del magazine SuperAbile Inail, in cui dieci giornalisti, comunicatori e blogger che vivono la disabilità sulla propria pelle (anche se non sempre se ne occupano anche a livello professionale) raccontano come i media raccontano la vita e rappresentano le persone disablii.

-“Le nuove norme di classificazione Icf stabilite dall’Organizzazione mondiale della Sanità nel 2001 hanno “lavorato” sul settore medico sensibilizzandolo. – spiega – La convenzione Onu ha aperto una riflessione nel mondo politico e in quello della pubblica amministrazione. E il mondo dei media ha reagito di conseguenza iniziando a interrogarsi sul suo modo di porsi nei confronti di persone troppo spesso dipinte in chiave pietistica. Altro elemento che ha mescolato le carte in tavola sono state le Paralimpiadi, dove il protagonista era il gesto atletico”. “Dall’altra parte – prosegue Fanti – non è raro leggere espressioni poco aderenti al nuovo inguaggio. Mi riferisco agli “inchiodati alla sedia a rotelle”, “affetti da disabilità”, al “diversamente abili” utilizzato per falso pudore. Come non è raro che il mondo dei media faccia confusione. Chi fa questo mestiere con superficialità può scambiare un ipovedente per un falso invalido solo perché riesce a muoversi senza bastone oppure una persona con sclerosi multipla con un truffatore solo perché in alcuni momenti riesce a compiere qualche passo”.

“Quanto al numero di notizie sui media, si parla molto di disabilità forse anche troppo. – sottolinea Fanti – Quasi come se di colpo si fosse diventati tutti i massimi esperti di questa materia. Ma ogni disabilità è differente e il rischio di generalizzare è dietro la porta. In ogni caso, i buchi principali sono la superficialità e la fretta. Oggi tutto corre troppo in fretta e il tempo di approfondire è troppo limitato. Fioriscono blog su blog, siti su siti che troppo spesso scambiano le opinioni personali per i fatti. Tutti si credono grandi comunicatori. Ma mentre i giornalisti professionisti hanno un codice deontologico da rispettare e un ordine che dovrebbe vegliare sulla correttezza dell’informazione, blogger e informatori amatoriali possono agire secondo la loro discrezionalità. Non solo nel mondo della disabilità. Nessuna legge impedisce loro di spacciare per servizi pezzi che favoriscono una o l’altra azienda”.

“Da un po’ di tempo a questa parte va di moda lo slogan “Niente su di noi senza di noi”. – conclude Fanti – Ebbene, questo pensiero mi vede solo parzialmente d’accordo. È come se il paziente si sostituisse al medico in una diagnosi. La persona con disabilità può partecipare a una discussione, ma non escludere totalmente gli esperti. Sarebbe una ghettizzazione auto indotta. Di pari passo va l’auto-rappresentazione. Sono il primo che in alcuni contesti, come il blog InVisibili del Corriere della sera, racconta da dentro. Esistono concetti che “passano” meglio se corredati da emozioni e racconti in prima persona. Dall’altra parte esistono contesti in cui deve prevalere la figura dell’osservatore che racconta e che fa la cronaca. Un distacco professionale che consente di analizzare la realtà dell’esterno. Un giusto equilibrio fra le due realtà non è facile da trovare. È per questo che non ci si inventa comunicatori o giornalisti”.