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Attività sportiva scolastica: ulteriore taglio del 50% dei finanziamenti. Adesso basta!!

Attività sportiva scolastica: ulteriore taglio del 50% dei finanziamenti. Adesso basta!!

Martedì 10 dicembre, alla Conferenza nazionale dei coordinatori degli uffici di EFS, il dott. Luciano Chiappetta Capo dipartimento per l’istruzione del Miur, sarebbe intervenuto dichiarando che per l’anno scolastico in corso, le disponibilità finanziarie da gestire in ogni scuola sono quelle definite dal portale al momento dell’iscrizione (106,44 euro per classe) e quindi non ci saranno altre risorse in corso d’anno o se ci saranno potrebbero essere pari ad un aggiunta del 5% (economie provenienti da scuole che non richiedono le risorse).

La dichiarazione del DG Chiappetta è gravissima e nello stesso tempo potrebbe essere vicina alla reale situazione di disponibilità finanziaria del MOF (Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa) se per pagare gli scatti di anzianità ai docenti per l’anno 2012 (circa 380 milioni di euro) il Miur dovesse attingere da tali disponibilità.

Riepilogando: le risorse destinate al MOF sono 984 milioni di euro; 521 di queste sono state impegnate con l’accordo del 26 novembre (all’attività sportiva 106,44 euro per classe) ne rimangono 463. Per gli scatti di anzianità 2012 ci sono disponibili da parte del Tesoro solo 120 milioni (dichiarati una tantum) contro i 380 e con la necessità quindi di trovare altri 260 milioni. Se questi vengono prelevati dal fondo del MOF rimangono poco più di 200 milioni di euro!! Dai quali potrebbero venire altri pochi spiccioli a finanziare le attività delle scuole e conseguentemente anche l’attività sportiva scolastica. Identica situazione si è presentata lo scorso anno con corrispondente riduzione del Fondo. Per le attività complementari di Educazione fisica siamo passati dai 60 milioni dell’a.s. 2011/2012 a 40 milioni del 2012/2013  e a 20 milioni (se rimangono tali) per l’a.s. 2013/2014

Da FLcgil prendiamo il confronto dei finanziamenti degli ultimi 3 anni con esempio un Istituto superiore con 30 classi in organico di diritto dove si coglie il taglio del finanziamento all’attività sportiva e alla quota aggiuntiva dei coordinatori di EF.

capdi

Dal momento che anche per il 2014 la situazione dovrebbe ripetersi (blocco degli scatti di anzianità e dei contratti) per ripristinare gli scatti del 2013 si dovrebbero tagliare altri 400 milioni di euro con il probabile azzeramento del Fondo e quindi anche delle risorse destinate alle attività complementari di Educazione fisica.

Tale situazione è insostenibile perché vorrebbe dire la morte dell’attività sportiva scolastica!!

E’ assolutamente necessario che:

1-   il Governo-Miur reperisca le risorse per coprire lo scatto 2012 (con specifico emendamento alla legge di stabilità 2014?) al fine di ripristinare almeno i 40 milioni dello scorso anno (215 euro per classe) e conseguentemente rimpinguare le risorse per tutte le altre attività del FIS e della scuola dell’autonomia!
2-   Le economie (risorse non richieste dalle scuole) dello stanziamento alle attività complementari di EF vengano reinvestite nello stesso istituto contrattuale come già previsto dalle Intese Miur-OOSS del 18 maggio 2010 “ Eventuali economie verranno reimpiegate nel medesimo anno scolastico, per le stesse finalità, finanziando i progetti non rientranti nella prima ripartizione finanziaria” e del 20 giugno 2013.

Oggi con 106 euro per classe mediamente un insegnante di EF può programmare l’attività mediamente per circa 25 ore (il valore dipende dall’anzianità di servizio) che sono assolutamente insufficienti per qualsiasi seria progettazione di attività sportiva scolastica che abbia le caratteristiche del coinvolgimento di tutti gli studenti, continuità per tutto l’a.s.  e che garantisca una adeguata preparazione ai progetti ministeriali…..

Siamo al ridicolo! Il Miur ha espresso un Progetto Tecnico rinnovato (con il lavoro settembrino e forzato dei coordinatori)  poi presentato a Novembre e per svolgere tali attività mette una miseria!  Sembra, poi, che alla trattativa con il sindacato non ci fosse  nessun rappresentante della Direzione Generale per lo studente a perorare la causa delle scuole!

Già a gennaio 2013 scrivevamo:
…….il rischio è di far partecipare alle gare gli atleti (studenti) che sono fortunatamente iscritti alla scuola invece che promuovere gli studenti(atleti) con una attività di preparazione sportivo scolastica adeguata. In ogni caso poi, riuscire a fare le stesse attività con metà del tempo a disposizione e meno risorse, oltre ad essere professionalmente discutibile, potrebbe far pensare che tutta quella organizzazione e quelle risorse non sono poi così necessarie (se si possono fare le stesse manifestazioni con minore tempo e  minori finanziamenti, perché darne di più!!).

Tra l’altro non sono ancora garantite le risorse a disposizione degli uffici EFS per il funzionamento e l’organizzazione degli stessi Campionati Studenteschi!

DOBBIAMO DARE UNA RISPOSTA FORTE DA PARTE DI TUTTA LA CATEGORIA (COORDINATORI COMPRESI)

Stiamo già ricevendo numerose proteste e prese di posizione da parte dei colleghi (in allegato il documento dell’assemblea dei docenti di EF della provincia di Frosinone che “…..comunicano che per il corrente a.s. svolgeranno l’attività solo per le poche ore fruibili sulla base del finanziamento disponibile  e limitatamente a “Classi in gioco”, escludendo quindi la partecipazione alle varie fasi dei Campionati Studenteschi.

Questa potrebbe essere una posizione condivisa che permetterebbe l’incontro-confronto sportivo tra le scuole (spendendo le risorse) e bloccando tutto il resto. O magari organizziamo dei tornei inter-classi che durino il tempo reale per utilizzare e ore a disposizione!

Prendiamo posizione contro il taglio dei finanziamenti all’attività sportiva scolastica!

Chiediamo a tutti i colleghi, ai coordinatori di EF e a  tutte le associazioni di informare della grave situazione, di convocare incontri e assemblee degli insegnanti e di dichiarare le decisioni territoriali e di comunicarle al presidente del Consiglio Letta, al Miur, al Ministero dello sport, ai responsabili scuola dei partiti politici, parlamentari, presidente del Coni, OOSS, ai coordinatori di EF, alle Associazioni di categoria, alla stampa..nazionali e locali
Informiamo le nostre scuole i dirigenti, colleghi, gli studenti, i genitori, gli organi collegiali.. della grave situazione.

La Capdi metterà tutti i documenti  e le iniziative proposte nel sito www.capdi.it ! Cerchiamo di fare tutto prima della pausa natalizia per poi riprendere anche con iniziative nazionali da gennaio 2014!

Oggi più che mai rilanciamo il motto Non c’è educazione senza Educazione fisica

Il presidente Flavio Cucco

News e motori di ricerca, in arrivo la norma più severa d’Europa

News e motori di ricerca, in arrivo la norma più severa d’Europa

di , con un articolo di e

da Il Sole 24 Ore
15 dicembre 2013

L’Italia ha adesso la normativa più severa d’Europa, contro il diritto di siti e motori di ricerca di aggregare o indicizzare le notizie dei giornali. Si trova all’interno del disegno di legge collegato alla Legge di Stabilità, varato ieri dal Consiglio dei Ministri insieme con il decreto legge Destinazione Italia.

In sostanza si dice che i siti devono mettersi d’accordo con gli aventi diritto prima di utilizzare (in qualsiasi modo) prodotti dell’attività giornalistica (di qualunque tipo: stampa, tv…) contrassegnati con la dicitura “diritti riservati”.

È il tentativo di obbligare i big come Google a pagare gli editori per qualunque contenuto editoriale indicizzato sul motore di ricerca normale, su Google News, su Youtube. Visto che la terminologia usata è molto ampia, la normativa può avere però ricadute anche su qualsiasi utente che, nel proprio blog o su Facebook, utilizzi contenuti editoriali protetti da diritto d’autore.

La novità arriva negli stessi giorni in cui Agcom ha varato con una delibera un nuovo regolamento sul diritto d’autore online. Nella Legge di Stabilità, ora in discussione alla Camera e che poi con ogni probabilità tornerà al Senato, ci sono inoltre altre due norme che possono avere una forte ricaduta sull’innovazione tecnologica: la web tax sui giganti come Google e l’aumento dell’equo compenso dovuto, sui dispositivi elettronici, alla Siae.

Non a caso, Matteo Renzi, all’assemblea del partito (PD), ha messo insieme le critiche a tutti queste normative , affermando che così «diamo l’impressione di un Paese che rifiuta l’innovazione». Tra tutte le questioni, quella meno nota e che è passata finora sotto traccia è appunto la norma di Destinazione Italia (ieri il tema è stato aperto da Radio24 su 2024 ).

Nel testo si legge: “Laddove sia stata apposta dichiarazione di riserva, la riproduzione, la comunicazione al pubblico e in ogni caso l’utilizzazione, anche parziali, in ogni modo o forma, ivi compresa l’indicizzazione o aggregazione di qualsiasi genere, anche digitale, di prodotti dell’attività giornalistica, compresi la forma e il contesto editoriali, pubblicati a stampa, con mezzi digitali, tele-radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico con altri mezzi, è consentita solo previo accordo tra il titolare del diritto di utilizzazione economica dei prodotti medesimi, ovvero le organizzazioni di categoria dei titolari dei diritti a ciò delegate, e l’utilizzatore, ovvero le organizzazioni di categoria degli utilizzatori a ciò delegate. In mancanza di accordo sulle condizioni anche economiche dell’utilizzazione, dette condizioni sono definite dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, su istanza della parte interessata”.

Come si vede la terminologia è molto ampia e di fatto copre ogni utilizzo possibile e immaginabile (anche semplice link, indicizzazione, citazione parziale) di contenuti giornalistici di ogni tipo, dagli articoli o spezzoni televisivi. Si dà inoltre compito ad Agcom- un nuovo potere, che si somma a quello sul diritto d’autore appena sancito con la nuova delibera- di stabilire il prezzario per questo utilizzo.

È un terremoto rispetto alla prassi attuale. Com’è noto, i motori di ricerca indicizzano tutto fino a prova contraria, senza chiedere autorizzazioni; editori o gestori di una qualsiasi pagina possono decidere di escludere le proprie pagine dall’indicizzazione. Youtube invece elimina in automatico o su segnalazione il materiale protetto da diritto d’autore di editori tv o altri soggetti.

La novità starebbe quindi nell’accordo preventivo e nell’obbligo di pagare gli editori per usare quei contenuti. È prevedibile che i motori di ricerca e altre piattaforme, piuttosto che pagare, reagiranno escludendo a priori tutti i siti giornalistici.

È stata sempre questa, del resto, la posizione di Google ogni volta che è stata ventilata un’ipotesi simile in altri Paesi. Finora solo la Germania ci ha provato, con una legge, che ha però un effetto meno importante rispetto a quella italiana. Il Bundestag, il parlamento tedesco, ha approvato la cosiddetta lex Google, che impone ai motori di ricerca e agli aggregatori di notizie di pagare una tassa di licenza per la pubblicazione dei contenuti editoriali sui rispettivi siti. Nella versione definitiva della legge è stato tuttavia inserito un passaggio per consentire la pubblicazione di singole parole o di parti ridotte dei testi. Di fatto lascia inalterato così lo status quo.

Non c’è la stessa “scappatoia” nella normativa italiana e quindi ora la parola, eventualmente, spetterà al Parlamento nella fase di conversione del decreto in legge. Per altro, il testo della norma italiana non tiene conto del diritto di citazione da parte di qualsiasi utente sul proprio sito o pagina Facebook, aprendo la via a possibili controversie e rischi di (auto)censure. In altre parole, come se fosse una macchina del tempo tarata su tempi pre-internet, la norma non tiene conto della prassi dei social network e del web 2.0.

Ampie le ricadute potenziali anche del regolamento Agcom, che scatta a marzo 2014. L’Autorità, su segnalazione dei detentori di diritto d’autore, chiederà ai soggetti responsabili di rimuovere contenuti pirata presenti sul web. In caso di rifiuto, ordinerà agli hosting provider o ai provider d’accesso internet rispettivamente di rimuovere il contenuto dai propri server o di oscurare il sito. La procedura durerà 35 giorni e l’ordine andrà eseguito in cinque giorni (i tempi scendono a dodici e tre giorni nei casi più gravi e urgenti). I provider rischiano fino a 250 mila euro se non ubbidiscono.

Anche questa è una norma che ha impatto sui big del web e infatti a quanto risulta Google e altri sono pronti a impugnarla al Tar del Lazio. Li riguarda direttamente la web tax, inoltre, com’è noto: presente all’interno della Legge di Stabilità (ancora non approvata, a differenza delle altre due norme). Prevede l’obbligo di acquisto di pubblicità o servizi di e-commerce da operatori con partita Iva italiana ma anche un calcolo del reddito da tassare in Italia basato non sui costi sostenuti ma su altri indicatori di profitto. A questo si aggiunge il vincolo di tracciabilità nei pagamenti di servizi pubblicitari sulla rete.

Completa il quadro l’aumento – pure previsto nella Legge di Stabilità – per l’equo compenso Siae per il diritto alla copia privata su dispositivi elettronici. Il testo prevede che venga allineato alla media europea e quindi rincarato – secondo le prime stime – di circa il 70 per cento.

Sarà poi un decreto un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ad aggiornare i compensi previsti per ciascun dispositivo, i cui prezzi quindi aumenteranno al pubblico: smartphone, memorie, hard disk, computer, tablet.

«Dobbiamo subito ribadire che nuovi aggiuntivi balzelli non farebbero che penalizzare ulteriormente l’innovazione tecnologica», ha commentato Cristiano Radaelli, presidente di Anitec, l’Associazione Nazionale Industrie Informatica. «Se implementata, questa richiesta si trasformerebbe, di fatto, in un costo aggiuntivo che graverebbe sui consumatori e sulle famiglie, generando il concreto rischio di allargare il digital divide italiano».

Istruzione, i danni postumi di Gelmini: cancellata la Storia dell’arte

da Il Fatto Quotidiano

Istruzione, i danni postumi di Gelmini: cancellata la Storia dell’arte

di Tomaso Montanari

Le colpe dei Padri ricadono sui figli, si sa. Così pagheremo per generazioni l’idea scellerata di affidare l’Istruzione (che una volta era) pubblica a un ministro come Mariastella Gelmini. Tra le eredità più pesanti di quel passaggio fatale si deve contare l’ulteriore estromissione della Storia dell’arte dalla formazione dei cittadini italiani del futuro.

Nonostante la raccolta di oltre 15 mila firme, nonostante l’appoggio esplicito del ministro per i Beni culturali Massimo Bray, nonostante la disponibilità di quasi 2500 precari prontissimi a insegnarla, la ministra Maria Chiara Carrozza non è per ora riuscita a rimediare al grave errore di chi l’ha, purtroppo, preceduta.

Fortemente ridotta negli Istituti tecnici, la Storia dell’arte è stata del tutto cancellata in quelli Professionali: dove è possibile diplomarsi in Moda, Grafica e Turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo o Michelangelo. E nei Licei artistici non si studierà più né il restauro né la catalogazione del nostro patrimonio artistico. Inoltre si chiudono tutte le sperimentazioni che rafforzavano l’esigua presenza della Storia dell’arte negli altri licei (compresi i classici, da sempre scandalosamente a digiuno di figurativo). Numeri alla mano, più della metà dei nostri ragazzi crescerà in un radicale analfabetismo artistico.

Non si tratta di una svista, né di un caso. È stata invece una scelta consapevole, generata dal disprezzo per le scienze umanistiche in generale e da una visione profondamente distorta del ruolo del patrimonio storico artistico del Paese: che non si salverà finché gli italiani non torneranno prima a saperlo leggere. Insomma, oggi non riusciamo a trovare qualche diecina di milioni per insegnare la Storia dell’arte: domani ne dovremo spendere centinaia o migliaia per riparare ai danni prodotti dall’ignoranza generale che stiamo producendo.

Perché un italiano dovrebbe essere felice di mantenere, con le sue sudate tasse, un patrimonio culturale che sente lontano, inaccessibile, superfluo come il lusso dei ricchi? È una domanda cruciale, e se davvero si vuol cambiare lo stato presente delle cose, è da qua che bisogna partire. Per la maggior parte degli italiani di oggi, il patrimonio è come un’immensa biblioteca stampata in un alfabeto ormai sconosciuto. E non si può amare, e dunque voler salvare, ciò che non si comprende, ciò che non si sente proprio. Per non parlare della nostra classe dirigente: la più figurativamente analfabeta dell’emisfero occidentale.

Lo storico dell’arte francese André Chastel scrisse che al Louvre gli italiani si riconoscevano dal fatto che sapevano come guardare un quadro: e lo sapevano perché, a differenza dei francesi, lo studiavano a scuola. Ma proprio ora che i francesi provano ad adottare il nostro modello, noi lo gettiamo alle ortiche.

E se non ci pensa la scuola, è illusorio pensare che lo facciano altre agenzie (potenzialmente) educative. Nei media, nei programmi televisivi, nei libri per il grande pubblico non c’è posto per una Storia dell’arte che non sia il vaniloquio da ciarlatani sull’ennesima attribuzione farlocca, o sulle mostre di un eventificio commerciale che si rivolge a clienti lobotomizzati e non a cittadini in formazione permanente.

Educare al patrimonio vuol dire far viaggiare gli italiani alla scoperta del loro Paese, indurli a dialogare con le opere nei loro contesti, e non in quelle specie di tristi giardini zoologici a pagamento che sono quasi sempre le mostre. Renderli capaci di leggere il palinsesto straordinario di natura, arte e storia che i Padri hanno lasciato loro come il più prezioso dei doni. Perché non dirottare la gran parte dei soldi pubblici spesi per far mostre (in gran parte inutili, anzi dannose) in borse di viaggio attraverso l’Italia per studenti capaci e meritevoli, di ogni ordine e grado? Ma tutto questo non si può fare se manca quel minimo di alfabetizzazione che solo la scuola può dare. E che – paradossalmente – gli insegnanti eroici della scuola dell’infanzia e della scuola primaria offrono spesso molto bene, costituendo un patrimonio di conoscenze che viene poi totalmente dissipato alle superiori.

Nel 1941, nell’ora più nera della storia europea, il grande storico dell’arte Bernard Berenson seppe distillare pagine profondissime, e sconvolgentemente profetiche, sul destino della storia dell’arte. In quei mesi, egli intravide un mondo “retto da biologi ed economisti, come guardiani platonici, dai quali non verrebbe tollerata attività o vita alcuna che non collaborasse a un fine strettamente biologico ed economico”. Egli previde anche che “la fragilità della libertà e della cultura” avrebbe potuto aprire la strada a una società in cui ci sarebbe stato spazio per “ricreazione fisiologica sotto varie forme, ma di certo non per le arti umanistiche”. Meno di un secolo dopo ci stiamo arrivando: anche se la Gelmini, nemmeno un Berenson poteva prevederla.

Giovani: 3,7 milioni non studiano né lavorano

da Corriere della Sera

dati istat

Giovani:  3,7 milioni non studiano né lavorano

I  Neet (not in Education, Employment or Training)   under 35 aumentano di 300 mila unità in un  anno. Record al Sud

In Italia ci sono oltre 3,7 milioni di giovani under 35 che non studiano, non lavorano né sono in alcun percorso formativo: il 28,5% della popolazione in questa fascia di età, in crescita e ai primi posti in Europa (più 300 mila rispetto a un anno fa). La fotografia sui Neet (Not in Education, Employment or Training) è stata scattata dall’Istat con riferimento al terzo trimestre 2013 ampliando (come fa l’Eurostat) il limite di età di riferimento dai 29 ai 34 anni. La situazione è drammatica al Sud con quasi il 40% degli under 35 che non studia né lavora (oltre due milioni di persone). Dalle tabelle si evince che su 3,7 milioni di giovani che non studiano e non lavorano, 1,2 milioni non cercano lavoro né sono disponibili a lavorare. Ma per altri 2,5 milioni c’è la disoccupazione (1,333 milioni) o il limbo  delle «forze di lavoro potenziali» (ovvero la condizione di coloro che pur non cercando sarebbero disponibili a lavorare) con oltre 1,2 milioni di persone.  Finora l’Istat aveva diffuso le rilevazioni sui Neet fino ai 29 anni: 2,5 milioni contro i 2,3 del terzo trimestre 2012.  Oltre la metà dei Neet (2 milioni) sono al Sud con una percentuale che sfiora il 40% del totale . Se si guarda agli under 29 nel Mezzogiorno sono fuori dal percorso lavorativo, formativo e di istruzione il 36,2%(1,3 milioni su 2,5 milioni  in tutto il Paese). Nel complesso ci sono quasi 1,2 milioni di Neet tra i 30 e i 34 anni di cui 666.000 al Sud. Sulla cifra totale  di 3,7 milioni ci sono oltre 1,5 milioni di giovani con bassa scolarità (fino alla licenza media), mentre 1,8 milioni hanno il diploma di maturità e 437.000 hanno nel cassetto una laurea o un titolo post laurea.

In qualche scuola vorrebbero risparmiare sui coordinatori di classe

da Tecnica della Scuola

In qualche scuola vorrebbero risparmiare sui coordinatori di classe
di Lucio Ficara
Il taglio sul FIS non risparmia nulla e nessuno. In diverse scuole si sta già pensando a come fare per risparmiare sui compensi. Il rischio sono le dimissioni da incarichi decisivi insopprimibili.
La notizia è di quelle che fa rumore e preoccupa soprattutto i coordinatori di classe di talune scuole. Infatti  visto il gravoso taglio del Mof di 350 milioni di euro, attuato per permettere di sbloccare gli scatti di anzianità del personale scolastico per il 2012, si riducono gli spazi contrattuali, ancora di più rispetto all’anno scolastico passato, tanto da dovere prendere la decisione di ridurre e tagliare, dall’elenco dei compensi, alcune voci, anche di particolare importanza. Ci giunge l’indiscrezione dall’interno di alcune scuole che si stanno facendo i conti sul cosa tagliare, per fare quadrare i conti. Una delle voci incriminate, ma che noi riteniamo indispensabile, per il buon funzionamento delle scuole, è la voce di pagamento dei coordinatori di classe. Questi sono figure delegate del dirigente scolastico, che si occupano di seguire tutto l’andamento burocratico-amministrativo di una data classe. I coordinatori di classe, svolgono anche il compito di  presiedere il consiglio di classe, in assenza del dirigente, che non avendo il dono dell’ubiquità è spesso indisponibile a seguire i consigli di classe e a volte anche gli scrutini. Il coordinatore è una sorta di punto di riferimento per i problemi che sorgono all’interno della classe. È responsabile degli esiti del lavoro del consiglio ed è facilitatore di rapporti fra i docenti. Per questo compito di delega, che comunque risulta particolarmente gravoso, soprattutto nei periodi di scrutini,  il coordinatore viene retribuito, secondo la tabella 5 allegata al contratto scuola, riferita alla voce ore aggiuntive non di insegnamento, il compenso di 17,50 euro lordi l’ora. Di solito nei contratti integrativi d’Istituto, si prevede un pacchetto annuale per ogni coordinatore di 20 ore, quindi per un importo lordo complessivo di 350 euro l’anno. Una scuola con 60 classi, spende per questa figura, circa 21mila euro lordi. Se le scuole dovessero decidere di risparmiare sui compensi dei coordinatori, sarebbe scontato un naturale effetto dimissioni dal ruolo di coordinatore da parte di molti docenti incaricati. Ma è possibile contravvenire alla delega che il dirigente scolastico fa al docente coordinatore di classe? Il docente coordinatore è sicuramente non obbligato, per le norme contrattuali vigenti, ad eseguire tutto il lavoro che attiene per esempio alla raccolta delle programmazioni didattiche, alla stesura del documento del consiglio di classe, a curare i rapporti, in casi di particolare difficoltà didattico-disciplinare, con i genitori degli alunni della classe, alla raccolta di documentazione per il conteggio delle assenze, e per il conteggio, nel caso delle scuole secondarie di secondo grado, dei crediti scolastici, alla compilazione dei moduli per le comunicazioni alle famiglie e altro ancora. Quindi, poiché tutti i compiti suddetti non sono disciplinati dall’art. 29 del CCNL scuola nella parte che attiene agli obblighi delle funzioni delle attività funzionali all’insegnamento, il docente coordinatore può dimettersi dall’espletare questi compiti, mentre potrebbe avere l’obbligo, ma per questo c’è una certa ambiguità normativa, come se fosse un ordine di servizio a presiedere il consiglio di classe come delegato del dirigente scolastico. La cosa stupefacente è quella che si possa pensare di obbligare, con ordini di servizio, i coordinatori a lavorare gratis, perché alle scuole sono state tolte risorse importanti. Speriamo che nessuna scuola avanzi realmente questa surreale ipotesi di taglio di spesa.

Edilizia scolastica, arrivano i fondi dello Stato dall’8×1000

da Tecnica della Scuola

Edilizia scolastica, arrivano i fondi dello Stato dall’8×1000
di A.G.
Approvato, dalla commissione Bilancio della Camera, un emendamento del Movimento 5 Stelle alla legge di stabilità: i soldi che i contribuenti destinano allo Stato saranno destinati anche alla ”ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”.
Dal prossimo anno i cittadini italiani potranno molto probabilmente migliorare lo stato edilizio degli istituti scolastici. Nella notte tra il 13 ed il 14 dicembre è stato infatti approvato, dalla commissione Bilancio della Camera, un emendamento del Movimento 5 Stelle alla legge di stabilità. Il provvedimento prevede che i fondi dell’8 per mille che i contribuenti destinano allo Stato saranno destinati anche alla ”ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”.
Si tratta di un provvedimento che, se approvato anche nell’aula Montecitorio con il nuovo maxi-emendamento, porterà non pochi soldi ad un comparto, quello della sicurezza scolastica, che necessita di finanziamenti urgenti.
Intanto,  la commissione Bilancio della Camera ha sospeso l’esame della legge di stabilità. E lo riprenderà domenica 15 dicembre, alle ore 21, per lavorare in seduta notturna. Entro la serata del 14 dicembre arriveranno gli ultimi emendamenti del governo e del relatore Maino Marchi (Pd) sui temi accantonati: i temi vanno dal fondo taglia cuneo fiscale agli esodati, dal dissesto idrogeologico alla sicurezza, dalle spiagge agli stadi agli Lsu (anche gli addetti alle pulizie impiegati negli istituti scolastici) e anche su scuola e università.

Concorso a Ds in Lombardia: troppe le differenze valutative fra prima e seconda correzione?

da Tecnica della Scuola

Concorso a Ds in Lombardia: troppe le differenze valutative fra prima e seconda correzione?
di Aldo Domenico Ficara
Dopo gli esiti della nuova correzione degli scritti al concorso per dirigenti scolastici, che si sta svolgendo in Lombardia, le perplessità di molti candidati, che si sono visti ribaltare l’esito valutativo, sono aumentate esponenzialmente
E’ molto probabile che l’inevitabile conseguenza sarà quella di esercitare il diritto di accesso ai documenti amministrativi. I candidati esclusi dalla seconda correzione vorranno vedere come elaborati valutati nella prima correzione “nettamente negativi“, possano essere stati considerati più che sufficienti nella seconda correzione, mentre i loro scritti valutati in prima battuta sufiicienti non lo sono stati più con la ricorrezione. Si ricorda che più un centinaio di ex idonei a causa della seconda correzione non è stato ammesso all’orale. A tal proposito negli appunti di giurisprudenza della UIL a cura di Domenico Naso si può leggere: “Il Tar Lazio con la sentenza n. 32103/2010, ha stabilito che, in caso di concorso pubblico, il diritto di accesso ai documenti amministrativi prevale sul diritto alla riservatezza, Pertanto, i partecipanti ad un concorso possono accedere ai verbali, alle schede di valutazione ed agli elaborati degli altri candidati senza che il diritto alla riservatezza degli altri candidati ne risulti leso. Infatti, come si legge nella parte motiva della sentenza: “i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione nella quale la comparazione dei valori costituisce l’essenza…”. Inoltre questi atti, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti“. Si ricorda che nella prima correzione furono ammessi alla prova orale 476 candidati, di cui 406 entrarono nella graduatoria di merito, poi annullata per la questione delle buste trasparenti. Oggi i numeri sono cambiati, ma in particolar modo è cambiato il rapporto tra ex idonei e ex non idonei della prima correzione. Infatti, facendo un primo approssimativo conteggio (con una tolleranza massima di errore del 5%) abbiamo circa 604 ammessi alla prova orale, tra i quali dovrebbero esserci 124 ex idonei bocciati e ben 252 ex bocciati (prima correzione) promossi alle fasi successive del concorso. Questi dati potrebbero far scatenare nuove ondate di ricorsi amministrativi, visto che elaborati prima valutati meno di 7/30, ora sono diventati almeno dei 21/30. Prodigi delle griglie di valutazione? Non rimane che attendere i futuri sviluppi concorsuali.

Ata, il 16 dicembre sciopero USB per salvare 22mila ex-lsu

da Tecnica della Scuola

Ata, il 16 dicembre sciopero USB per salvare 22mila ex-lsu
di A.G.
I lavoratori protesteranno contro l’avvio delle procedure di licenziamento per i lavoratori in servizio in circa 4mila scuole, prevalentemente nel centro-sud: le esternalizzazioni sono state un fallimento, l’unica soluzione è il loro passaggio diretto e immediato negli organici del Miur. Il Governo, intanto, si impegna a trovare una soluzione tempestiva.
L’Unione Sindacale di Base conferma lo sciopero degli ex-lsu Ata per l’intera giornata di lunedì 16 dicembre, con manifestazione a Roma, in piazza San Silvestro: dalle ore 10, i lavoratori protesteranno contro l’avvio delle procedure di licenziamento per 22 mila lavoratori e addetti alle pulizie in servizio in circa 4mila scuole, prevalentemente nel centro-sud.
“Dopo che Ministero dell’Istruzione e Governo hanno drasticamente tagliato le risorse destinate al servizio di pulizie nelle scuole, da anni gestito in appalto da Consorzi di aziende e cooperative – ha scritto l’Usb in una nota – è stata indetta una gara Consip con ribassi fino al 70% per le nuova aggiudicazioni. I Consorzi, a cui non è garantita né proroga degli appalti in essere né certezza di futuri affidamenti, hanno cominciato ad inviare le lettere di licenziamento”.
L’Usb, che da anni si batte contro il sistema degli appalti, sottolinea che l’assunzione diretta di questi lavoratori, oltre a dare un futuro certo a migliaia di famiglie, avrebbe determinato un risparmio di circa 60 milioni di euro annui.
l’Usb indice lo sciopero chiedendo il ritiro dei licenziamenti, il blocco dei passaggi di cantiere a ribasso e la piena garanzia per tutti gli addetti pulizia scuole di prosecuzione lavorativa a tempo indeterminato e senza sospensioni o riduzioni. La manifestazione avrà come principale obbiettivo quello di indicare al Governo e al Parlamento quella che oggi sempre più sembra essere l’unica soluzione vera a questa vertenza, visto il disastroso esito delle esternalizzazioni, e cioè l’assunzione dei lavoratori attraverso il passaggio diretto e immediato negli organici del personale Ata e la gestione degli eventuali esuberi con ammortizzatori sociali. Intanto, da parte del Governo si si registra una risposta positiva. Il 13 dicembre il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, ha presentato nel corso del Consiglio dei ministri una relazione proprio sui lavoratori socialmente utili del comparto scuola: “il governo – ha spiegato Carrozza – si è impegnato a individuare soluzioni adeguate e tempestive”. Insomma, qualcosa si muove. Ma lo sciopero del 16 è confermato.

Carrozza: il mio Invalsi con il contributo di tutti

da Corriere della Sera

CONVEGNO TREElLLE-COMPAGNIA DI SAN PAOLO SULLA VALUTAZIONE

Carrozza: il mio Invalsi con il contributo di tutti

Il ministro sfida i critici: voglio candidature di alto livello

Mariolina Iossa

Presto sarà nominato il nuovo presidente dell’Invalsi. Lo dice il ministro Maria Chiara Carrozza al convegno organizzato da TreeLLLe e da Fondazione per la Scuola Compagnia di San Paolo alla Luiss sulle esperienze internazionali di valutazione dei sistemi scolastici. E così risponde alle polemiche di questi giorni su come il Miur e il governo stanno procedendo per la sostituzione di Paolo Sestito alla guida dell’Agenzia di valutazione e sul futuro della valutazione stessa.

IL NODO INVALSI – Sull’Invalsi non si torna indietro, insomma, non ci sono ripensamenti, c’è però, continua il ministro, la ferma intenzione di «lavorare con il coinvolgimento di tutti, della scuola e della società, per il potenziamento del sistema di valutazione. Io non credo in un governo top-down, che “impone”: dunque nessun sistema imposto dall’alto ma linee condivise». Quanto alle candidature per la presidenza dell’Invalsi, Carrozza assicura che sono «aperte a tutti, però voglio un profilo di alto livello, solo così diamo valore al sistema stesso», e anche qui la sua è una risposta indiretta alle critiche al  comitato di saggi che deve sottoporre al ministero una rosa di personalità. Il Miur, dice ancora Carrozza, insieme con il governo elabora un sistema standard, pone gli obiettivi, ma non fa i test, non dice quando vanno fatti. «Io voglio un’agenzia di valutazione indipendente, che lavori in modo indipendente. Invece, il ministero deve fare altro, attuare il regolamento che esiste, scenderanno presto in campo i 59 ispettori, anche se a me non piace il termine ispettore, per me sono valutatori». Il sistema standard che l’Italia deve elaborare, spiega il ministro «dovrà valutare se le competenze degli studenti stanno progredendo, la valutazione deve essere uno strumento che ci consente di raggiungere tre obiettivi, cioè fare in modo che i giovani escano dal sistema della formazione nei tempi giusti, sapendo quello che vogliono fare e che cosa vanno a fare, e avendo la migliore preparazione possibile per quello che devono fare».

SCUOLA E LAVORO – La questione dei tempi, dice Carrozza, non è da poco: «Dobbiamo formare meglio, in minor tempo, e in maniera adeguata alle richieste del mercato del lavoro». Questo non vuol dire, continua il ministro, «che voglio tagliare un anno di superiori e far fare un anno in meno di scuola, significa tener presente che i nostri studenti escono in ritardo, l’università non rispetta il 3 più 2, abbiamo il 15 per cento di quindicenni posticipatari, una dispersione scolastica drammatica che in alcune regioni raggiunge il 25 per cento, il forte divario tra Nord e Sud ma anche a macchia d’olio al centro e al nord».  Carrozza annuncia anche una riforma «complessiva su istruzione, università e ricerca, una riforma che non significhi qualche norma sparpagliata dentro decreti vari o emendamenti alla legge di stabilità».

LE RISORSE – Tutto questo però non si può fare senza risorse. «Non c’è riforma senza risorse – ha proseguito Maria Chiara Carrozza – e non credo che i nostri insegnanti siano troppi rispetto alle esigenze, anzi secondo me ce ne vorrebbero di più».  Ecco perché, intorno al tema della valutazione ci sono anche, secondo il ministro, i temi del «contratto e del reclutamento». I professori hanno dovuto «subire in questi anni il blocco dei contratti, bisogna intervenire su questo aspetto, quanto al reclutamento, ho trovato una situazione caotica, gruppi reclutati in un modo contro altri gruppi reclutati in altro modo, e tutti contro tutti. Per mettere ordine ci vorrà molto tempo».

LA VALUTAZIONE – Che un insegnante vada valutato è necessario, lo hanno confermato tutti gli interventi alla Luiss, qualunque cosa si pensi dell’Invalsi o di altra sperimentazione che sta muovendo i primi passi in questi ultimi anni in Italia, come la sperimentazione di autovalutazione «Valorizza», un sistema che potrebbe «portare a ottimi risultati se fosse gradualmente introdotto nelle scuole ma solo su base condivisa con il corpo docente e non imposto», ha spiegato il presidente di TreeLLLe, Attilio Oliva. Gli ospiti internazionali hanno parlato dei loro sistemi di valutazione. Con approccio molto scientifico, Eric Hanuschek, senior fellow all’Hoover Institution della Stanford University ha sottolineato come finalmente anche negli Usa, nazione che è indietro riguardo ai sistemi di valutazione, ci sono adesso maggiori indicatori da esaminare. «I nostri dati – ha detto Hanuschek – dimostrano che un insegnante che si colloca nella fascia alta della scala di qualità migliora le aspettative di reddito dei suoi studenti fino al 300 per cento della media attuale che è di 50 mila dollari annui». Sempre i dati americani dimostrerebbero che «l’anzianità non ha un grosso impatto in termini di qualità e che invece anche un giovane professore può accedere alle alte fasce di qualità. Ha invece molta importanza una politica di premi, che stimola il docente a fare meglio». Dalla Gran Bretagna arriva invece un riferimento di alta complessità ed efficienza dei sistemi di valutazione. Il visiting professor Institute of Education, Peter Matthews, che è stato anche dirigente dell’Ofsted, istituto di ispezione per la valutazione degli insegnanti inglesi, ha illustrato cosa si fa in Gran Bretagna per valutare: ci sono i test per conoscere il livello di apprendimento degli studenti, c’è il sistema ispettivo dell’Ofsted e ci sono anche sistemi di autovalutazione delle scuole. Da loro esiste forte differenziazione delle retribuzioni tra gli insegnanti a seconda del livello di qualità raggiunto e molta autonomia delle scuole, autonomia su cui tuttavia il governo centrale vigila con le ispezioni.

Valutazione docenti Apertura del Miur

da Il Sole 24 Ore

Valutazione docenti Apertura del Miur

L’occasione per tornare a discutere di valutazione nella scuola è stato un convegno ieri alla Luiss

Claudio Tucci

In Inghilterra la valutazione dei professori è una realtà da 15 anni, e aiuta a migliorare la qualità dell’insegnamento e l’apprendimento. Un terzo degli Stati americani pratica livelli salariali differenziati per i docenti, e stipendi più alti legati alle performance portano stabilità di organici e attirano anche i migliori laureati. In Norvegia ci sono linee guida per valutare i professori (approvate pure dagli studenti);.e in quasi tutti i paesi europei esistono sistemi di valutazione di scuole e docenti. E in Italia? Dopo un percorso cominciato nel 2001 (e passato attraverso il «Libro Bianco» di Fioroni del 2007 e i decreti Brunetta e Gelmini del 2009 e 2010) nel marzo del 2012, su input dell’Europa, il governo Monti ha varato un sistema nazionale di valutazione (Dpr 8o del 2012), che fa perno sull’Invalsi (affiancato da Indire e ispettori ministeriali). Norme però rimaste ancora sulla carta (sono stati avviati solo alcuni progetti sperimentali, poi frenati dall’ex ministro Profumo); e oggi gli stipendi dei docenti italiani crescono solo per anzianità. A differenza invece di altri paesi, come l’Inghilterra: qui c’è una elevata autonomia delle scuole (assumono, valutano, licenziano i capi d’istituto e tutto il personale); c’è un forte obbligo di “render conto”; ogni professore riceve una valutazione scritta annua della propria attività basata su standard e obiettivi assegnati dal preside; e c’è una differenziazione delle retribuzioni.

L’occasione per tornare a discutere di valutazione nella scuola è stato un convegno ieri alla Luiss, organizzato dai presidenti dell’Associazione TreeLLLe e della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, Attilio Oliva e Anna Maria Poggi, alla presenza del ministro Carrozza, di Andreas Schleicher, responsabile dell’indagine Ocse-Pisa, e dell’ex presidente dell’Invalsi, Paolo Sestito. Il sollecito rivolto al Miur è di fare passi avanti sulla valutazione (e potenziare il progetto

Maria Chiara Carrozza non ha chiuso: ha detto che intende «mettere in atto il Dpr sulla valutazione»; assumere i 59 ispettori del dl Scuola; e scegliere («con candidature aperte») il nuovo presidente dell’Invalsi. Ci sarà quindi un potenziamento del sistema di valutazione, con il coinvolgimento di tutti i soggetti e della società. Del resto, ha concluso il ministro, «il primo obiettivo della scuola è formare alla cittadinanza e al lavoro».

Concorso dirigenti Lombardia: pubblicato elenco ammessi all’orale

da Tecnica della Scuola

Concorso dirigenti Lombardia: pubblicato elenco ammessi all’orale
di R.P.
La commissione del concorso ha concluso l’esame delle prove scritte. Il mese prossimo dovrebbero iniziare le prove orali. Le assunzioni forse già in primavera. L’elenco degli ammessi.
Si sta avviando a conclusione il concorso per dirigenti scolastici in Lombardia. Nella giornata del 13 dicembre, infatti, l’Ufficio regionale ha pubblicato i nominativi dei candidati che hanno superato le prove scritte precisando fin da subito che la lettera estratta per l’avvio delle prove orali è la B. Prove orali che si svolgeranno presso l’IS “Cremona Zappa” di Milano in via Marche 71. Gli ammessi sono 624 e se le prove orali procederanno senza intoppi è possibile che per marzo/aprile ci possano già essere le assunzioni dei vincitori. Le scuole della Lombardia dovrebbero così finalmente iniziare a funzionare in modo più regolare.

Doppio compenso esami di Stato

da Tecnica della Scuola

Doppio compenso esami di Stato
La sentenza del Tribunale di Salerno – Sezione lavoro
Sì al compenso per i professori operanti su una sola commissione con due classi. Questo è quanto ha stabilito il tribunale di Salerno, sezione lavoro. La controversia aveva ad oggetto la liquidazione del compenso forfetario esami di Stato di € 399,00. L’Istituto Scolastico inizialmente non aveva riconosciuto che tale compenso venisse calcolato doppio, in quanto riteneva che i professori, avendo svolto la loro prestazione su una sola commissione con due classi, non ne avessero diritto. L’Istituto riteneva che, invece, solo i colleghi che avevano svolto il loro lavoro su due commissioni avevano diritto a ricevere tale doppio compenso. Il Tribunale di Salerno afferma il contrario riconoscendo il diritto al compenso a quei professori operanti su una sola commissione con due classi, dando così precisa lettura della Legge n. 1 del 11 gennaio 2007, del Decreto Ministeriale attuativo e delle note ministeriali ad essi collegate.

Domande di pensione entro il 27 gennaio

da Tecnica della Scuola

Domande di pensione entro il 27 gennaio
di R.P.
Lo ha annunciato in queste ore il Ministero nel corso di un incontro con i sindacati. Ma la nota non è ancora stata firmata ufficialmente e i sindacati chiedono una proroga.
Nella mattinata del 13 dicembre i tecnici del Miur hanno incontrato le organizzazione sindacali per parlare delle operazioni connesse con i pensionamenti del personale per il prossimo anno scolastico. Secondo quanto riferisce CislScuola l’Amministrazione ha già consegnato ai sindacati una bozza di nota che sostanzialmente ricalca quella dello scorso anno e che fissa al 27 gennaio prossimo la data ultima per la presentazione Per i Dirigenti scolastici i termini sono regolamentati da un contratto diverso e sono fissati a 28 febbraio 2014. I sindacati hanno chiesto che i termini per docenti e Ata venga prorogato di una settimana almeno anche al fine di agevolare l’accesso ai Patronati per la presentazione telematica delle domande. Ma la questione più delicata riguarda il calcolo dell’effettivo servizio. Il DL 101/2013, infatti, ha modificato alcune disposizioni precedenti ricomprendendo nell’anzianità contributiva anche le assenze per donazioni di sangue e congedo parentale/astensione facoltativa. Periodi che si aggiungono alla maternità, al servizio militare, agli infortuni, alla malattia e alla cassa integrazione, già previsti dal decreto-legge 216/2011. “A conclusione dell’incontro – rende noto CislScuola – è stato sollecitato un ulteriore confronto sull’applicazione delle norme che riconoscono ai docenti in esubero la possibilità di andare in pensione con i requisiti precedenti la Riforma Fornero” Nulla di fatto invece sulla questione “Quota 96” che sembra ormai destinata ad una non-soluzione a meno che in concomitanza con l’approvazione della legge di stabilità il Governo non decida di tirare fuori il coniglio dal cappello. Ma non ci sembra proprio che questi siano tempi in cui ci si possano attendere magie di questo genere.

“Destinazione Italia”, Detrazioni sui libri al 19%.

da Tecnica della Scuola

“Destinazione Italia”, Detrazioni sui libri al 19%.
Il Governo ha approvato il piano destinazione Italia. “Abbiamo assunto – ha spiegato Letta dopo il Cdm – il piano Destinazione Italia nel suo complesso e approvato in particolare un decreto legge e un disegno di legge. La parte decreto entra in funzione immediatamente, la parte ddl ha aspetti ordinamentali e quindi può avere tempi più lenti”
Il pacchetto contiene, tra le altre cose, un “Bonus per il libri”   Un aiuto alle librerie, soprattutto le più piccole colpite anche loro duramente dalla crisi, e una agevolazione nuova, importante per le famiglie: arriva il bonus libri, che come tutte le altre detrazioni fiscali (ad esempio quelle sanitarie) copre il 19% della spesa totale. Con un tetto massimo di spesa di 2000 euro: 1000 per l’editoria tradizionale e 1000 per la scolastica.   Inoltre è stato introdotto un “digital bonus” sulla falsariga dell’ecobonus: “una agevolazione fiscale per le connessioni digitali delle Pmi” sino al 65% per connessioni internet ad alta velocità (30Mpbs). Previsto anche un voucher per le piccole e medie imprese per l’acquisto di programmi informatici con una dotazione di 100 milioni di euro.

Tar: le paritarie devono accettare gli alunni disabili

da Tecnica della Scuola

Tar: le paritarie devono accettare gli alunni disabili
di P.A.
Una famiglia non voleva più farsi carico del sostegno per il figlio di 10 anni. l’ordinanza del Tar condanna l’ente gestore a 15 mila euro di risarcimento. “Spetta allo Stato finanziare il sostegno, anche nelle paritarie”
Una scuola paritaria di Roma, constato che i genitori non potevano pagare la quota supplementare per il sostegno, ha negato l’iscrizione al figlio. Rivolti alla giustizia amministrativa, il Tar ha accolto il ricorso. Il ragazzo con grave ritardo psicomotorio, fin dal 2003 frequentava lo stesso istituto paritario e i genitori avevano regolarmente pagato la retta scolastica, facendosi pure carico delle spese necessarie per il sostegno. Nel dicembre 2008 la spesa era stata però suddivisa con l’ente gestore dell’istituto che nel corso del tempo si era dimostrato sempre più refrattario a tale scelta, fino al rifiuto dell’iscrizione, perché la scuola sarebbe nell’impossibilità “di continuare ad anticipare i costi degli insegnanti di sostegno”. La decisione dell’Istituto è stata condannata dal Tar come violazione della legge 62/2000, la quale prevede che “le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap”. In particolare, per quanto riguarda la scuola secondaria di primo e secondo grado, “sono garantite attività didattiche di sostegno”, la cui organizzazione rappresenta quindi un obbligo per le scuole paritarie, nonché un requisito per lo stesso riconoscimento della parità. Per quanto riguarda gli oneri economici, l’Ordinanza fa ancora riferimento alle legge 62/200, che prevede “la spesa di 7 miliari di lire per assicurare gli interventi di sostegno previsti”. Ne consegue che, come si legge nell’Ordinanza, “il costo dell’insegnamento di sostegno è posto a carico dello Stato e giammai potrebbe essere posto dagli istituti scolastici paritari a carico dei genitori degli alunni portatori di handicap. (…) In altri termini, poiché gli alunni con handicap che frequentano le scuole statali non sopportano il costo dell’insegnamento di sostegno, a conclusioni diverse non si potrebbe giungere per quelli delle scuole private le quali, nel momento in cui chiedono e ottengono il riconoscimento della parità, con i connessi benefici di legge, si assumono anche i relativi oneri”: tra questi oneri rientra appunto l’organizzazione dell’attività di sostegno, per le quali, tra l’altro, “conservano il diritto di ottenere il finanziamento o il rimborso da parte dei competenti organi pubblici”. La condotta dell’Istituto, in conclusione, presenta le caratteristiche della “discriminazione”, poiché “ha impedito al minore di esercitare, al pari delle persone normodotate, il diritto di usufruire del servizio di istruzione scolastica presso l’istituto da sempre frequentato”. Si riconosce quindi al minore “un danno non patrimoniale valutabile in una somma non inferiore a 15 mila euro”. Il Tar quindi ordina all’istituto di riammettere il ragazzo alla frequenza scolastica e lo condanna al pagamento della somma risarcitoria. Si ribadisce quindi non solo il dovere delle scuole paritarie di ammettere e accogliere i ragazzi con disabilità, ma anche l’obbligo, da parte dello Stato, di farsi carico di quest’onere economico “Questo ultradecennale orientamento della magistratura – commenta Salvatore Nocera, in qualità di responsabile dell’area normativa dell’Osservatorio scolastico sull’integrazione dell’Aipd – se verrà confermato dalle decisioni di merito e, in caso di appello ed oltre contro l’ultima ordinanza, anche dalla Cassazione, costituirà un orientamento del tutto nuovo che produrrà un notevole aggravio all’erario proprio in un momento in cui anche per la scuola statale si soffrono notevoli tagli finanziari”.