Il Dirigente scolastico, l’autonomia e il potere

Il Dirigente scolastico, l’autonomia e il potere

di Domenico Ciccone

 

È bastato solo pronunciare l’odiosa affermazione – “ Più poteri ai presidi e più autonomia alle scuole” – per scatenare una guerra mediatica che nuocerà di sicuro alla scuola ed alle sue malridotte condizioni.

Sui social network non si parla d’altro, si sono scomodati perfino scrittori, politici, politicanti, pediatri, portaborse e pseudo – psicopedagogisti dell’ultima ora, tutti legati da una comune contrarietà alla scandalosa figura del preside – padrone o del preside – comandante, che dir si voglia.

Io non mi scandalizzo più di tanto, sono abituato da Dirigente scolastico a prendermi le mie responsabilità ( tantissime e sconfinate) ma, fin da subito, non rinuncio alle prerogative che le norme fin qui mi assegnano nell’esercizio delle mie funzioni.

Il qualunquismo dilagante, che emerge nei giudizi irrispettosi rivolti ai rappresentanti della mia categoria professionale, mi indigna e mi irrita ma devo, per forza di cose – come faccio spesso davanti ai problemi professionali che affronto – analizzare e comprendere per poi trovare una soluzione; nel caso specifico una risposta valida ad intendere il perché di tanto accanimento contro una professione che è spesso esercitata da eroi, sbattuti in frontiera e caricati della responsabilità del servizio scolastico (che OGNI mattina garantiscono) in assenza di strutture, risorse e certezza del diritto.

Negli anni ’90 del secolo scorso la professione del Dirigente scolastico, disegnata da norme, ricerche, pubblicazioni e dibattiti, venne più volte metaforizzata dal compianto prof. Piero Romei. L’autonomia scolastica incompiuta, per conforme volontà politica e sindacale l’ha, di fatto, affievolita e, mediante un’accorta e sistematica politica del “leva e metti” alla dirigenza scolastica, ha creato l’impossibilità oggettiva di dirigere la scuola nel senso vero del termine.

Questa codardia politica, questo indugiare continuo e ricorrente nell’applicare pienamente una riforma radicale della scuola, rappresenta la vera causa dello sbando nel quale versa il sistema scolastico italiano con relativo insuccesso formativo delle nostre nuove generazioni, certificato ad ogni livello.

Altro che “successo formativo” quale unico e nobile scopo funzionale dell’autonomia scolastica! La scuola è stata mortificata e sacrificata in favore della tanto lenta quanto poderosa azione “colpocodista” del burosauro ministeriale che, risorgendo dalle sue stesse ceneri, ha restaurato la scuola autonoma lasciandole l’attributo conferito dall’art. 21 della L. 59/97 ma svuotandola di senso.

Chi lavora nella scuola ed è dirigente scolastico da qualche lustro sa bene che i concetti introdotti dalla ” Buona scuola” del governo Renzi aleggiano sul panorama scolastico da moltissimo tempo.

L’organico funzionale, la nomina diretta di docenti da appositi albi, la possibilità per i dirigente di fare cassa attraverso alleanze e strategie di sviluppo territoriale, sono il senso stesso dell’autonomia scolastica.

Nulla di nuovo sotto il sole per chi naviga da “timoniere” da qualche decennio ma poche possibilità di rinascita della scuola senza una forte azione di responsabilizzazione del Dirigente che, recepita da DDL governativo del 12 marzo scorso, sembra non collidere affatto con le norme generali e di settore esistenti.

Propongo questo schema di riferimento, in cui nella prima colonna i poteri del neo-dirigente, post riforma Renzi, sono tra l’altro enfatizzati da una fonte di parte, per dimostrare, comunque, che quasi nessun cambiamento emerge dalle norme appena proposte.

DDL 12/3/2015 Situazione attuale
assicura – secondo tradizione – il buon andamento della scuola; Nulla di nuovo
elabora, sentito il collegio dei docenti e il consiglio di istituto, il Piano triennale dell’offerta formativa (l’impronunciabile PTOF o POFT); Il POF è generalmente redatto da una commissione sulla base degli indirizzi generali per il funzionamento della scuola dettati dal Consiglio di Istituto. Il documento è approvato dal Collegio dei docenti e adottato dal Consiglio di Istituto.

Il Dirigente scolastico partecipa a pieno titolo ai lavori ed al processo di costruzione e pianificazione dell’offerta formativa

definisce la proposta di organico funzionale: posti comuni e di sostegno, compresi quelli in deroga; Nulla di diverso. Oggi la proposta è sottoposta al vaglio degli uffici periferici del MIUR e quasi sempre decurtata.
indica il fabbisogno di posti per le iniziative di “potenziamento dell’offerta formativa”; Come sopra, spesso senza risultati.
sceglie (e incarica) i docenti da assegnare ai posti dell’organico necessari all’attuazione del POFT, attingendo agli albi territoriali; Cambia completamente la modalità. Tuttavia il Dirigente scolastico compie attualmente continue e, spesso, quotidiane azioni di reclutamento da graduatorie ( supplenze, PON , miglioramento dell’offerta formativa ) . In un contesto di criteri e regole prestabiliti non cambia di molto la sua azione.
propone in modo trasparente, “pubblico” e motivato gli incarichi ai docenti di ruolo senza alcuna restrizione nell’assegnazione delle “cattedre”, delle classi, delle sedi e dei plessi e, ove necessario, eludendo anche il vincolo dell’abilitazione “purché l’insegnante possegga titolo valido per l’insegnamento”; Il modo “trasparente pubblico e motivato” è già operativo, da sempre.

Anche l’assegnazione di insegnamenti senza abilitazione fa parte della tradizione e della prassi. Chi svolge il lavoro di dirigente scolastico conosce le connesse procedure attuative.

sceglie 3 docenti che lo aiutino in questi compiti amministrativi, gestionali e didattici e di coordinamento; Sceglie già due collaboratori e ne sceglierà tre!
riduce, se lo ritiene necessario e in deroga alla legge, il numero degli alunni per classe (ovviamente con conseguente aumento dell’organico) con lo scopo di “migliorare la didattica”; Oggi queste sono facoltà del DS esercitate sotto forma di proposte agli uffici periferici del MIUR. Spesso le richieste vengono eluse nonostante le motivazioni didattiche, psicopedagogiche e organizzative puntualmente segnalate.

 

licenzia in tronco (“dispensa con effetto immediato, senza obbligo di preavviso”, ma la formula contrattuale sarebbe “dispensa per insufficiente persistente rendimento”) o restituisce al ruolo di provenienza gli insegnanti “per giustificato motivo” ovvero per “scarso rendimento” E’ previsto solo nei confronti del personale supplente. Per il personale titolare non è una misura consueta e non rientra nei poteri del DS che avvia soltanto la procedura. È previsto un sistema blindato di tutele e garanzie per i lavoratori sul quale i fannulloni prosperano.
assegna”, sentito il consiglio di istituto, un bonus agli insegnanti meritevoli pari a una somma media per insegnante di poco più di 200 euro lordi, che possono diventare 2.000 se il premio venisse assegnato al 10% dei docenti di ruolo di una scuola. Non previsto

D’altra parte, visto che c’è da assumersi delle responsabilità, se nessuno deve farsi carico della qualità di un servizio, chi ne risponderà in sede di valutazione? Il Dirigente che non può decidere non sarà incisivo e non otterrà risultati.

Detto in soldoni: se non posso intervenire, in maniera decisa e radicale, sulle variabili più importanti che caratterizzano la qualità del servizio scolastico e, quindi, sulla qualità della prestazione del docente, sulla qualità degli apporti professionali specialistici e sulla azione di “politica territoriale” che possa valorizzare ed integrare la scuola nel contesto di riferimento, non ho che marginali ambiti d’azione e , per forza di cose, il ruolo di Dirigente scolastico resterà secondario come resteranno insoluti molti dei problemi che affliggono la scuola italiana.

I contesti nazionali caratterizzati da forte autonomia scolastica, analizzati da autori come M. Schratz, garantiscono buoni livelli di successo formativo degli studenti che, secondo il suddetto autore, sono il risultato di costanti processi di leadership collaborativa sostenuti da efficaci azioni di management scolastico.

Vale a dire che chi crede nel valore dell’autonomia e della dirigenza scolastica raccoglie spesso buoni frutti sul piano degli apprendimenti degli studenti che, indirettamente, ricevono un beneficio sostanziale in termini di miglioramento delle prestazioni cognitive e relazionali.

Questi concetti, piuttosto risaputi e condivisi nella comunità scientifica internazionale, si scontrano con l’ostilità al cambiamento della scuola italiana che, ormai da troppi anni, ha chiuso il “termostato”, come direbbe Postman, e non consente al cambiamento di permearla in nessun modo.

Vero è che nobody likes change except a wet baby! ( nessuno ama il cambiamento tranne un bimbo bagnato!) . Il cambiamento costa fatica, richiede rigenerazione, autocritica e disponibilità; tuttavia, pare che la metafora più calzante per la scuola italiana sia quella dei due evasi che, intrapresa la fuga sui binari di una ferrovia, continuano a scappare davanti al treno in corsa, sperando di giungere presto al capolinea, ma nemmeno prendono in considerazione l’idea alternativa di proseguire la fuga abbandonando i binari.

L’opinione pubblica italiana rigetta la storica essenza dell’Autonomia scolastica, quella dei cardini sui quali la stessa ratio normativa è impiantata, e lo fa in maniera acritica, pregiudiziale e faziosa. Tra l’altro, nella dizione comune, stampa intransigente e contraria in testa, il termine Preside è utilizzato quale sinonimo di Dirigente scolastico creando una stizzosa reazione di quanti hanno frequentato la scuola solo da discenti e ricordano figure autorevoli ma dichiaratamente ostili alla gestione delle risorse, in quanto votate fortemente alla gestione dei contenuti della cultura umanistica e/o tecnica, caratterizzanti le scuole che dirigevano, pardon, “presiedevano.”

In realtà, evocare il libro “Cuore”, per smontare il sistema di novità introdotto dal DDL del 12 marzo scorso, come ha fatto l’opinionista Merlo su Repubblica, è esattamente la controprova che questi termini, Preside e Dirigente scolastico, sono giustapposti ed assolutamente inconciliabili.

Non è solo un problema di terminologia ma di pura sostanza. Comprendo che a qualche giornalista, Merlo compreso, saranno capitate tante di quelle coincidenze sfortunate nella propria vita scolastica che gli hanno fatto incontrare solo presidi e docenti di qualità infima. Capisco però che con la politica del “no” non si va da nessuna parte e che, come sembra naturale viaggiare in un treno a 300 km/h autolimitati piuttosto che su una diligenza come avveniva nell’800, dovrebbe ormai essere altrettanto naturale concepire una scuola diversa, più efficiente e moderna rispetto a quella descritta da De Amicis, evocata grossolanamente da chi manca di argomenti per convincersi e convincere che il mondo cambia più velocemente delle nostre opinioni.