Valutazione dirigenti

Nuovo serial, prossimamente su reti MPA e MIM: valutazione dirigenti

di Gabriele Boselli

Sono sempre dispiaciute al Potere l’autonomia intellettuale, morale, tecnica e le garanzie di difesa giuridica dei “dipendenti” dello Stato, siano essi uomini di scuola, medici o magistrati. Costante -specie negli ultimi vent’anni- la volontà di farne attraverso sistemi di valutazione appositamente strutturati non dei titolari di funzione ma dei meri dipendenti; e non dallo Stato ma dal Governo.

Anno 41 p.C.n. e successivi

Lo Stato attraversa millenni e secoli, il governo gli anni se non i mesi. I funzionari dello Stato servono lo Stato e dipenderebbero, secondo un’ampia quanto ormai trascurata corrente della filosofia del diritto, dalla Legge e dalla Scienza, più che dai temporanei occupanti i vertici politico-amministrativi di un ministero. I quali vertici, tali divenuti non per comprovate competenze ma per i giochi della pseudo-politica (la politica disgiunta dalla Conoscenza), tendono ad affermare ed estendere il proprio potere assoggettando le competenze tecniche. Cercano periodicamente di farlo attraverso la valutazione dell’operato dei bistrattati “burocrati”, i titolari dei poteri inerenti alle funzioni proprie dell’Ufficio, sia questo una presidenza d’istituto, una direzione generale, un tribunale o un reparto ospedaliero.

La valutazione dei “dipendenti” è il principale strumento di controllo delle “elites” politico- amministrative sui titolari delle varie funzioni dello Stato: funzioni oggi non solo di politica estera, difesa e attuazione del diritto ma riguardanti anche la sanità, la ricerca scientifica, l’istruzione, la tutela dei beni artistici e naturali etc….. La pretesa dei politici senza alcuna competenza in materia e dei loro scherani di sorvegliare, premiare, punire, declassare o promuovere i titolari delle funzioni attinenti a questi campi fu esercitata in sommo grado da Caligola ma con pur diversa sicumera è una costante di tutte le forme di governo, anche di quelle che si dicono “democratiche”. Una pratica da qualche decennio accompagnata da anatemi verso la “tecnocrazia”, giustamente, dal loro punto di vista, percepita come un intrampolo, un peso, un limite. In fondo, l’essenza del potere vero non è la razionalità ma la capacità di coazione attraverso pratiche deterministiche ( C. Schmitt, Sul Leviatano, ed. it. Il Mulino, prefazione di Carlo Galli)

Anno 2016

Uno degli ultimi, periodici tentativi del Potere di assoggettamento dei dirigenti statali e scolastici in particolare -ancora non completamente selezionati in base a test mnemonici e di pensiero convergente- iniziò nel 2016 (operatività: da fine agosto 2017 a novembre 2019), incentrata su elementi di documentazione e su un colloquio, condotto a distanza per circa 45 minuti. Nellle operazioni valutative di sistema non si cercò di capire come stessero davvero le cose ma solo di produrre una rappresentazione utile ai gruppi di potere. Si tentò con la direttiva n.36 del 18/08/2016, scritta dai soliti diligenti estensori di circolari ministeriali, di capire la qualità funzionale dei dirigenti nel cercar di conseguire obiettivi e di produrre risultati ritenuti di gradimento per i decisori. Significativamente, un 35% dei DS non compilò una parte importante della documentazione, il famoso “Portfolio”. Non pochi dirigenti –anche per felice indicazione delle loro associazioni- non compilarono il Portfolio e tale difetto di documentazione portò alla non-assegnazione della massima qualifica a dirigenti prestigiosi e generalmente ritenuti di livello culturale, pedagogico e organizzativo molto elevato. Pure alcuni dirigenti scolastici componenti dei Nuclei di valutazione non compilarono il Portfolio. Inoltre in quella occasione, la valutazione si basò sulla sola voce del dirigente scolastico (considerato più compiacente) e senza far effettuare la visita in loco nè incontrare altri soggetti; risultò così impossibile una effettiva valutazione del contributo dell’azione professionale del DS alla vita della scuola. Come peraltro sempre accade nell’analisi delle situazioni molto complesse, anche se lo si fosse voluto risultò difficile comprendere se, al limite, ci si trovasse di fronte ad una scuola che “gestisce” il preside o a un preside proattivo che “guida” una scuola o, come augurabile, a una comunità di studio e di insegnamento in cui tutte le componenti assolvono degnamente i loro compiti.

Che fare per promuovere il rispetto dell’autonomia delle funzioni tecniche?

Specie negli ultimi 20/30 anni, ma in fondo da sempre, la fabbrica del disprezzo verso la Pubblica amministrazione e la Scuola ha lavorato (e lavora con rinnovata lena) a pieno regime.

La più nobile linea di difesa dalla supremazia degli inconoscenti/incompetenti, sempre egemoni nel MPA, nel MIUR o nel MIM, è quella culturale: sottoporre a una critica rigorosa i vari tentativi di assoggettamento attraverso la valutazione, intendendo per critica non generiche dichiarazioni di avversità ma l’analisi fondatamente decostruttiva dei testi e delle strategie di dominio. Unita questa a conseguenti proposte di pratiche alternative di valutazione rispettose delle autonomie funzionali. La critica da sola non basta, occorrono anche linee di proposta, altrimenti è la resa incondizionata.

Dirigenti scolastici: quel che varrebbe la pena di capire

Ad avviso di chi scrive le valutazioni estrinseche non attengono al valore ma alla valuta, al valore di servizio riconosciuto dalle élites, ovvero le associazioni-a-comandare variamente formalizzate e di solito prive di un autentico patrimonio di valori. Quel che è scritto sopra potrebbe valere per tutti i tipi di dirigenza pubblica. Per i dirigenti scolastici in particolare avanzo una proposta non originale (in parte era una buona pratica seguita con gli insegnanti fino a una trentina di anni fa): per corrispondere in qualche modo alla domanda di valutazione indotta dai media e iniziare una valutazione che premi quei dirigenti che dimostrino una risposta positiva alle domande che seguono: una riedizione dell’antico “concorso per merito distinto”. Una proposta che mi sembrerebbe utile anche per avviare a soluzione il problema della formazione in servizio: oggi si aggiorna solo chi vuole e alcuni, anche se non molti, abbandonano per sempre i libri senza alcuna conseguenza.

Si tratterebbe di bandire triennalmente un concorso per consentire a chi occupa un 30% dei posti di avere un aumento di stipendio del 10%: il concorso sarebbe basato su analisi delle pubblicazioni, una prova scritta (non a quiz, per carità!), e un esame orale in cui vengano discusse con una commissione di dirigenti e studiosi estratti a sorte e temporaneamente esonerati dal servizio la produzione teoretica e l’azione pratica dei candidati. Non si può infatti lasciare al solo dirigente generale la valutazione dei dirigenti: verrebbero favoriti il clientelismo e altri fenomeni ancor più gravi. Per la vera e propria patologia possono poi essere riattivati meccanismi già previsti per legge ma caduti in disuso, come le verifiche ispettive non solo per incarico disposto ma “motu proprio”dell’ispettore di territorio anche questi periodicamente valutato sulla propria produzione scientifica.

Cercar di comprendere se i dirigenti…

…..studino, pubblichino presso siti, editrici e riviste qualificati, siano soggetti attivi della cultura, coltivino ed esprimano il senso dello Stato, sappiano dialogare, ma in autonomia, con la cultura locale, operino per la libertà della scienza e dell’insegnamento, agiscano sempre in vista di un fine, o inseguano solo l’ effetto o un singolo obiettivo, provino ed esprimano benevolenza verso i cittadini e i colleghi, si preoccupino di ben figurare o di essere utili secondo le ragioni di fondo dell’essere-in-educazione.
La valutazione del personale scolastico è infatti attività -mai tassonomizzabile- di rappresentazione di quanto fra i docenti, gli ispettori, i DS e il mondo della scuola e della ricerca si pensa, si opera, si crea.
La valutazione allora sarebbe attività che verte non tanto sul dato obiettivabile (utile solo per la configurazione degli aspetti marginali) ma sulle fondazioni, sugli esiti e sulle risonanze degli stessi.