Una, cento, mille maschere di sé
La lettura come strumento per conoscere gli altri e il mondo
di Bruno Lorenzo Castrovinci
La lettura e la visione di storie non sono semplici attività di svago e intrattenimento, ma potenti strumenti di costruzione dell’identità e dell’altro sé. Ogni libro o fumetto letto, ogni film visto, ogni serie tv seguita lascia un’impronta nella nostra mente, contribuendo a modellare la nostra percezione della realtà e il nostro modo di interagire con il mondo. L’atto di immergersi in una narrazione, sia essa scritta o visiva, attiva meccanismi cognitivi e neuroscientifici complessi, che coinvolgono empatia, metacognizione e la strutturazione del pensiero. Questo processo non si limita alla semplice interpretazione della storia, ma agisce come un costante dialogo tra il lettore o lo spettatore e il materiale narrativo, permettendo di ridefinire convinzioni, valori e modelli comportamentali. Le storie fungono da catalizzatori della crescita interiore, offrendo strumenti di analisi della realtà e di sé stessi. La lettura e la visione offrono così una sorta di palestra mentale ed emotiva, in cui possiamo sperimentare emozioni, dilemmi morali e trasformazioni interiori senza dover necessariamente vivere in prima persona quelle esperienze. Inoltre, la narrazione favorisce lo sviluppo dell’intelligenza emotiva e della teoria della mente, capacità fondamentali per la comprensione delle dinamiche interpersonali e sociali. Attraverso i personaggi e le loro vicende, il nostro cervello simula esperienze di vita, preparandoci ad affrontare situazioni reali con maggiore consapevolezza e sensibilità.
Cos’è il sé e l’altro sé?
Per comprendere appieno il concetto di sé e di altro sé, è utile partire da una distinzione fondamentale. Il sé rappresenta la nostra identità più intima e stabile, l’insieme delle nostre esperienze, ricordi, valori e convinzioni che ci definiscono come individui unici. È ciò che ci rende riconoscibili a noi stessi nel tempo, fornendo un senso di continuità e coerenza.
Tuttavia, nella nostra quotidianità, non ci limitiamo a esprimere un unico sé, ma moduliamo il nostro comportamento e le nostre espressioni in base ai contesti e alle persone con cui interagiamo. Questo fenomeno dà origine all’altro sé: una molteplicità di versioni di noi stessi, adattate alle diverse situazioni sociali. Quando parliamo con un familiare, con un amico o con un collega di lavoro, tendiamo a mostrare aspetti differenti della nostra personalità. In un certo senso, siamo tante sfaccettature di un’unica identità, costruite attraverso l’interazione sociale e la narrazione delle nostre esperienze.
Questa capacità di adattamento e trasformazione è al centro del nostro modo di percepire e interpretare il mondo. La letteratura e il cinema riflettono e amplificano questa dinamica, permettendoci di esplorare molteplici versioni del sé attraverso i personaggi e le loro vicende. Grazie a questi strumenti narrativi, impariamo a comprendere meglio non solo noi stessi, ma anche il modo in cui gli altri costruiscono la propria identità.
Lettura, visione e neuroni specchio: l’empatia cognitiva
Le neuroscienze hanno evidenziato come la lettura di romanzi e la visione di film attivino i neuroni specchio, quelle cellule cerebrali che ci permettono di comprendere e condividere le emozioni altrui. Quando leggiamo un libro o guardiamo una scena intensa, il nostro cervello non si limita a interpretare il significato delle parole o delle immagini: vive l’esperienza dei personaggi. Questo fenomeno è stato dimostrato da studi neuroscientifici, come quelli di Vittorio Gallese e Giacomo Rizzolatti, che hanno individuato il ruolo dei neuroni specchio nell’empatia e nella simulazione delle esperienze altrui. Le emozioni trasmesse da un film tratto da un romanzo, come Chiamami col tuo nome o Il grande Gatsby, vengono elaborate in modo simile a quelle vissute nella realtà, rafforzando il nostro senso di immedesimazione e coinvolgimento.
Attraverso questi processi, sviluppiamo un’empatia cognitiva che ci permette di comprendere meglio gli altri, interpretare il loro comportamento e costruire una percezione più sfaccettata del mondo. Martha Nussbaum, nel suo saggio Upheavals of Thought: The Intelligence of Emotions, sostiene che la letteratura e le arti visive sono essenziali per sviluppare una sensibilità etica e sociale. La narrazione, dunque, non è solo uno strumento di intrattenimento, ma un dispositivo che affina le nostre capacità relazionali e sociali, fornendo modelli attraverso i quali possiamo elaborare le nostre esperienze e rafforzare la nostra comprensione del mondo circostante.
La costruzione del sé e dell’altro sé: narrazione e identità
La lettura e la visione non sono atti passivi: ogni storia letta o vista contribuisce alla formazione della nostra identità. Il sé si costruisce nel tempo attraverso l’esperienza diretta e indiretta, e la narrazione offre una forma di esperienza vicaria che arricchisce la nostra comprensione del mondo. Tuttavia, se il sé è uno, l’altro sé sono molti: mille maschere di noi stessi che si adattano ai contesti in cui viviamo e alle persone che conosciamo. Ogni interazione, ogni ambiente sociale ci spinge a proiettare una versione differente di noi stessi, modulando la nostra identità in base alle relazioni che intratteniamo.
Un romanzo di formazione come L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito permette al lettore di confrontarsi con le sfide della crescita e delle disuguaglianze sociali, mentre Le otto montagne di Paolo Cognetti esplora il rapporto tra amicizia, natura e identità. Sul fronte cinematografico, film come È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino riflettono il percorso di crescita personale attraverso la lente del ricordo e del dolore, mentre la serie Mare Fuori affronta le sfide dell’adolescenza e della marginalità con un realismo intenso. Queste opere ci spingono a interrogarci su chi siamo e su come interagiamo con gli altri, favorendo la costruzione di un altro sé, ovvero una rappresentazione di noi stessi filtrata attraverso le storie. Noi proiettiamo un sé diverso ogni volta che interagiamo con persone diverse, creando così un caleidoscopio di identità che riflettono, modificano e ampliano la nostra comprensione di chi siamo davvero.
Proiezione e identificazione: la narrazione come specchio
Leggere o guardare una storia non significa solo comprendere un intreccio narrativo, ma anche proiettare parti di noi stessi nei personaggi e nei loro percorsi. Questo fenomeno, che Freud e Jung hanno esplorato nei loro studi sulla psiche umana, è alla base del motivo per cui ci identifichiamo con un protagonista, soffriamo per le sue perdite o gioiamo per le sue conquiste. Jung, in particolare, con la sua teoria degli archetipi, ha evidenziato come certi personaggi e situazioni attivino in noi risposte profonde e universali, rispecchiando aspetti del nostro inconscio collettivo.
Il meccanismo di identificazione non si limita all’empatia, ma diventa uno strumento di introspezione e costruzione della propria identità. Leggendo Spatriati di Mario Desiati, ad esempio, possiamo riflettere sulle sfumature dell’identità di genere e della libertà individuale, mentre guardando una serie come Prisma esploriamo le molteplici forme di espressione dell’identità nell’adolescenza. Inoltre, l’identificazione con personaggi complessi ci consente di esplorare alternative al nostro modo di pensare, mettendoci in discussione e ampliando la nostra visione del mondo. Le narrazioni, quindi, fungono da catalizzatori per la nostra crescita interiore, stimolando una rielaborazione personale dei temi trattati. In questo senso, come afferma il filosofo Paul Ricoeur, “il sé si costruisce nel racconto”, unendo le nostre esperienze reali con quelle immaginate, e aiutandoci a dare un senso alla nostra esistenza.
Dalla lettura alla visione: un percorso cognitivo e emotivo
Se la lettura consente un’immersione più intima e personale, il cinema e le serie TV amplificano le emozioni attraverso il linguaggio visivo e sonoro. Un film tratto da un libro, come “Orgoglio e Pregiudizio”, può rendere più immediate certe sfumature emotive, grazie all’interpretazione degli attori, alla colonna sonora e alla fotografia che trasmettono ulteriori livelli di significato. Analogamente, una serie come “The Handmaid’s Tale” non solo rafforza il messaggio distopico del romanzo di Margaret Atwood, ma aggiunge un impatto emotivo grazie all’uso delle inquadrature claustrofobiche, alla recitazione intensa e alla scelta cromatica che evoca un senso di oppressione.
Questa duplice fruizione delle storie, prima attraverso la parola scritta e poi attraverso la sua trasposizione visiva, crea una stratificazione dell’esperienza narrativa che arricchisce la nostra comprensione del mondo. La letteratura ci permette di interiorizzare le emozioni e costruire immagini mentali uniche, lasciando spazio alla nostra interpretazione soggettiva. Il cinema, invece, opera una traduzione visiva che aggiunge dettagli estetici e sonori, indirizzando l’esperienza emotiva e cognitiva dello spettatore. Questa interazione tra i due linguaggi amplifica la profondità del messaggio narrativo, offrendo una comprensione più ampia e multisensoriale delle storie raccontate.
Conclusione: l’umanità raccontata attraverso le storie
Leggere e guardare film non sono semplici atti di intrattenimento, ma veri e propri strumenti di costruzione dell’identità. Ogni storia funziona come uno specchio nel quale ci riflettiamo e un ponte che ci connette con il mondo, permettendoci di esplorare nuove prospettive e dimensioni della nostra esistenza. Le neuroscienze dimostrano come queste esperienze influenzino le nostre connessioni neurali, affinando le capacità cognitive ed empatiche, e favorendo la neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di modificarsi in risposta agli stimoli ricevuti.
In un’epoca dominata dalla rapidità, dalla frammentazione delle informazioni e dalla superficialità dei contenuti digitali, immergersi in narrazioni profonde, che siano romanzi o trasposizioni cinematografiche, rappresenta un atto di resistenza culturale e un’opportunità di arricchimento personale. Le storie non solo ci permettono di evadere dalla realtà, ma ci insegnano a interpretarla con maggiore consapevolezza e sensibilità. Siamo, in definitiva, il risultato delle storie che leggiamo e guardiamo: attraverso di esse, possiamo costruire un’identità più ricca, stratificata e aperta al confronto con il diverso, sviluppando una comprensione più profonda di noi stessi e del mondo che ci circonda.