Corrado Augias, gli italiani mancano di libertà
di Antonio Stanca
Allegata a la Repubblica è appena uscita un’edizione speciale del terzo dei quindici saggi di storia o religione che compongono la collana dedicata dal giornale alle opere di Corrado Augias. S’intitola Il disagio della libertà (Perché agli italiani piace avere un padrone). È un ampio saggio comparso, la prima volta, nel 2012 per conto di RCS Libri, Milano.
Augias è nato a Roma nel 1935, qui è cresciuto, ha studiato, si è laureato in Giurisprudenza e qui è rientrato dopo essere stato qualche tempo all’estero, New York, Parigi, per lavoro, giornali, televisione. Al giornalismo, quotidiani, settimanali, aveva cominciato a dedicarsi intorno agli anni ’60, erano venuti poi impegni di carattere politico, di scrittura narrativa, saggistica, di teatro e affidati gli erano stati infine quei programmi televisivi che lo avrebbero reso famoso e tra i quali ancora compare qualche volta. In molti modi si è fatto conoscere, sempre presente ha voluto essere nel contesto sociale, politico, religioso, culturale del quale faceva parte, una testimonianza tra le più impegnate ha rappresentato con le sue opere giacché diverso è stato il genere al quale è ricorso, intento ad osservare, valutare, discutere il modo usato. Un interprete, un giudice del suo tempo è risultato in qualunque modo, con qualunque mezzo lo abbia fatto. Molto tradotti sono stati i suoi scritti. Ad attirare è, soprattutto nei saggi, quel procedere in maniera semplice, chiara, quell’aderire alla realtà, alla vita, alla storia fino a mostrarne particolari sempre taciuti e capaci di suscitare la curiosità, di attirare l’attenzione. Sono i casi che si verificano quando un cronista, un giornalista diventa saggista, scrittore e della sua prima maniera continua a servirsi. Una maniera che piace perché sembra di leggere delle favole, quelle che avvicinano persone, luoghi, tempi, eventi che sarebbero rimasti lontanissimi, sconosciuti. Augias li fa diventare familiari, li porta a contatto con chi lo legge o lo sente o lo vede. Così succede pure ne Il disagio della libertà. Questa volta il tema non riguarda un solo tempo o luogo ma fa parte della storia degli italiani, interessa il loro carattere, è un aspetto, un elemento di questo. E per provarlo Augias adduce tantissimi esempi, percorre tutta la storia d’Italia, da Roma al ventunesimo secolo. Vuole far vedere come tante, tantissime volte, si fosse al Nord o al Sud, al Centro o nelle isole, in età antica, medioevale o moderna, in città o in campagna, tra aristocrazia, nobiltà o plebe, in nessun posto era stato possibile assistere ad una presa di coscienza collettiva, ad una diffusa aspirazione a liberarsi da uno stato di sottomissione e agire, procedere liberi, da soli in nome di un’aspirazione, di un ideale uguale per tutti, non imposto da nessuno. È questo un tratto distintivo del carattere degli italiani, sostiene Augias, è un loro modo d’intendere la vita propria e di chi è vicino, familiari, amici, compagni. L’italiano si sente meglio se dipende da qualcuno, sia capo politico, militare o altro, se ha da eseguire dei comandi, se gli è detto quanto deve fare. È come se cercasse una protezione, una tutela e questo atteggiamento, da privato divenuto pubblico, da individuale divenuto sociale, nazionale, ha fatto sì che l’Italia non sia ancora giunta ad avere un’identità propria nel contesto delle altre nazioni che formano l’Europa. A differenza di Inghilterra, Germania, Francia o di altri paesi europei pervenuti da tempo, da secoli, all’acquisizione di quelli che possono essere considerati i segni distintivi della loro gente, non solo i segni esteriori, somatici ma anche quelli interiori, morali, spirituali, tra i quali rientra lo spirito d’indipendenza, l’ambizione ad essere liberi da padroni, in Italia questo non è ancora avvenuto perché tanti sono stati nel tempo gli ostacoli, gli impedimenti. Accanto a quelli di carattere geografico, varietà, particolarità del territorio, vanno rilevati altri risalenti alla storia pur essa così diversa nelle tante parti che compongono la penisola. Poi altro ostacolo è stato rappresentato da una religione spesso intervenuta ad impedire lo sviluppo, il progresso, a far ristagnare le false credenze, la superstizione, a frenare la scuola, la cultura, l’arte, la formazione, la diffusione di nuove atmosfere, di nuovi orientamenti politici, sociali, culturali. Se si è in ritardo in Italia riguardo alla formazione di una propria identità, di una propria libertà, le cause, dice Augias, vanno cercate all’interno del Paese, nelle sue istituzioni, nella sua vita privata e pubblica, in tutto quanto ha continuato a caratterizzarlo nonostante fosse arretrato e superato. È sembrato più sicuro rispetto alla novità. A conclusioni allarmanti giunge il saggista poiché non permettono di prevedere quando in Italia saranno possibili simili conquiste. Non permettono di stabilire quanto tempo ancora si dovrà stare senza quella sicurezza che proviene dall’acquisito spirito di libertà e che serve a migliorare non solo la persona ma anche la vita, la storia.
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