J. Winterson, Non ci sono solo le arance

Jeanette Winterson agli esordi

di Antonio Stanca

   Di recente, nella serie Oscar Moderni della Mondadori, è comparso Non ci sono solo le arance, primo romanzo della scrittrice inglese Jeanette Winterson. La traduzione è di Maria Ludovica Petta. La Winterson lo aveva pubblicato quando aveva ventisei anni e viveva a Londra dopo essere fuggita da casa perché non accettata, non tollerata si sentiva da quelli che erano genitori adottivi dopo aver rivelato loro la sua natura omosessuale. Trattandosi di persone molto religiose non erano disposte a sopportare una situazione simile. Come un maleficio la intendevano, un’opera diabolica e così pensavano che l’avrebbe intesa l’intera congregazione religiosa alla quale la loro famiglia apparteneva.

   Jeanette era nata a Manchester nel 1959. Adottata da una coppia, era cresciuta ad Accrington, Lancashire, ed era stata destinata ad una vita da missionaria. Ben presto, però, si era vista costretta ad allontanarsi dalla famiglia. Tramite espedienti, sacrifici di ogni genere ce l’aveva fatta, era andata avanti, aveva studiato Inglese a Oxford, a Londra nel 1985 aveva pubblicato il suddetto primo romanzo. L’opera aveva vinto il Whitbread First Novel Award ed era diventata una serie televisiva tra le migliori. Altre opere diventate famose erano state Passione del 1987, Scritto sul corpo del 1992. Altri riconoscimenti le sono stati attribuiti nel 2005 e nel 2018: il primo quale Ufficiale, il secondo quale Commendatore dell’Ordine dell’Impero Britannico “Per i servizi resi alla letteratura”. Molte traduzioni ha avuto, nota a livello mondiale è diventata quella bambina tanto criticata. Tra l’altro ora insegna Nuova Scrittura all’Università di Manchester.

   Fin dalla prima opera è possibile risalire a quelli che saranno i temi e i modi dell’intera produzione della scrittrice. Ricorrente sarà il motivo dell’omofilia femminile, dei pensieri, dei sentimenti che l’accompagnano, la spiegano, la giustificano, delle situazioni che determina, della vita che avviene alla sua insegna. Anche per lo stile si può dire che la Winterson continuerà, nelle opere venute dopo, a mostrarsi riflessiva, attenta e insieme libera, discorsiva. Non è facile ottenere entrambi i risultati, sono il segnale di un’intelligenza molto attiva, molto capace di cogliere e soprattutto trattenere, di rappresentare e soprattutto collocare. Impressiona, attira la scrittrice per come procede, per la chiarezza, la spontaneità con la quale dice di problemi complicati, di argomenti difficili quali quelli dell’interiorità più profonda.

   In Non ci sono solo le arance percorre la sua vita, dalla nascita alla quasi maturità. Niente trascura di quell’Inghilterra di fine ‘900, dei centri e delle periferie, dei monti e dei boschi, delle città e dei sobborghi, delle strade e delle case, delle persone e delle cose, di sé e degli altri, di tutto quanto contribuiva a formare una vita, una società, una storia che si svolgeva tra associazioni, congregazioni di ogni genere. Potevano essere di genere religioso, civile, sociale, ma non mancavano mai di proporsi un servizio utile, di perseguire un bene per la comunità, di combattere l’eresia, la colpa, il reato. In un ambiente così rigoroso, così controllato, così puritano, Jeanette aveva fatto sapere della sua omosessualità e ne avrebbe scritto tanto a lungo. Animata, accesa si sentiva dalla sua passione, era quello il suo amore, come lo si poteva dire impuro? Anche quello era un bisogno dello spirito, era voluto dallo spirito, perché ritenerlo un peccato?

   Era naturale che nel primo romanzo della scrittrice molta parte fosse dedicata a quello che allora era il suo problema. In verità lo sarebbe stato anche dopo dal momento che erano i tempi, gli ambienti a mancare di comprensione riguardo a certe manifestazioni e in ogni opera la Winterson si sarebbe fatta vedere alle prese con quanto costituiva la sua pena maggiore, una condizione che la faceva ammirare ma anche biasimare.

   Nessuno dubiterà delle sue capacità, delle sue qualità ma molti avranno da ridire delle sue preferenze in materia sessuale: sarà un altro di quei casi dove difficile riuscirà giungere ad un giudizio definitivo, unico ma dove un errore sarebbe ridurre quanto è dell’arte a causa del resto.