Italia tra i 5 peggiori d’Europa per l’abbandono scolastico

da La Stampa

Italia tra i 5 peggiori d’Europa per l’abbandono scolastico

Lascia i banchi troppo presto il 17,6% degli alunni, con punte del 25% al Sud
L’Italia è tra i 5 Paesi peggiori d’Europa per abbandono delle aule: lascia i banchi troppo presto il 17,6% degli alunni, con punte del 25% nel Mezzogiorno. A renderlo noto è l’Anief, che specifica che “così ci allontaniamo troppo dalla media dei 28 Paesi dell’Ue, scesa al 12,7%, e all’obiettivo del raggiungimento del 10% entro il 2020”. “Secondo la Commissione europea – spiegano dall’Anief – nel 2012 in Italia il tasso di abbandono scolastico ha continuato a rimanere alto: rispetto alla media dei 28 Paesi dell’Ue, scesa al 12,7%, e all’obiettivo del raggiungimento del 10% entro il 2020, ci sono ancora cinque Paesi ancora molto lontani dalla meta. Tra questi figura l’Italia, oggi al 17,6%, che per numero di 18-24enni che hanno lasciato gli studi prima del tempo è riuscita a fare peggio anche della Romania, che è al 17,4%”.

“Non può consolarci sapere – continua l’Anief – sempre dalla Commissione europea, che in Spagna lasciano la scuola prima del tempo, acquisendo al massimo il titolo di licenza media, il 24,9% dei ragazzi. E che anche Malta (22,6%) e il Portogallo (20,8%) sono degli esempi da evitare. Mentre sono sicuramente da prendere in considerazione quei 12 Paesi dell’Unione che hanno già raggiunto e superato l’obiettivo del 10% di dispersione. E pure Germania, Francia e Regno Unito, quasi prossimi al raggiungimento della soglia. Ma come rilevato di recente da Eurostat, anziché pensare agli altri è giunto il momento di tornare ad investire: la situazione risulta particolarmente critica in Sicilia, Sardegna e Campania, dove vi sono aree con punte di abbandoni scolastici del 25%. E il periodo più a rischio abbandono rimane quello dei 15 anni, quando i ragazzi frequentano il biennio delle superiori”.

“L’allontanamento dall’Europa in merito alla dispersione scolastica – ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non è un dato casuale. Ma è legato a doppio filo ai tagli a risorse e organici della scuola attuati negli ultimi anni. In particolare negli ultimi sei, quando sono stati cancellati complessivamente 200mila posti, sottratti 8 miliardi di euro e dissolti 4mila istituti a seguito del cosiddetto dimensionamento (poi ritenuto illegittimo dalla Consulta). Ora, siccome è scientificamente provato che i finanziamenti sono correlati al successo formativo, questi dati non sorprendono: più si taglia e più la dispersione aumenta”.

Dall’associazione fanno sapere inoltre che “il calo di interesse si è manifestato anche all’università, cui ormai si iscrive appena il 30% dei neo diplomati. Anche in questo caso, stavolta a seguito della Legge 240/2010, abbiamo assistito alla progressiva riduzione del personale docente e dei corsi di laurea. E alla perdita del ricercatore. Con il risultato che il numero di giovani che oggi raggiunge la laurea rimane tra i più bassi dell’area Ue. Come se non bastasse, in Italia la spesa in istruzione è sempre più misera: tanto che (dati Ocse) il nostro Paese si piazza per investimenti nella scuola al 31esimo posto tra i 32 considerati. Solo il Giappone fa peggio di noi. Per non parlare degli stipendi degli insegnanti, tra i più bassi: con 32.658 dollari l’anno nel 2010 nella scuola primaria (contro i 37.600 della media Ocse), 35.600 dollari nella scuola media (39.400 Ocse) e 36.600 nella secondaria superiore contro 41.182 dell’area Ocse”.

Il problema – continua Pacifico – è che invece di investire nella formazione, in professionalità, in tempo scuola, in competenze, ad iniziare da quelle nell’Ict, senza dimenticare l’apprendistato, in Italia si continua a considerare l’istruzione un comparto da cui sottrarre risorse. Invece è un settore chiave e deve necessariamente risalire la china. Assieme – conclude il sindacalista Anief-Confedir – ad artigianato, turismo e nuove tecnologie”.